#Fiore di Roccia
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Fiore di roccia di Ilaria Tuti: Un tributo alle Portatrici, eroine dimenticate della Grande Guerra. Recensione di Alessandria today
Un romanzo che celebra il coraggio e la resilienza delle donne delle Alpi, pronte a tutto per salvare vite
Un romanzo che celebra il coraggio e la resilienza delle donne delle Alpi, pronte a tutto per salvare vite. Fiore di roccia è un romanzo storico scritto da Ilaria Tuti, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale e incentrato sulla storia delle Portatrici, donne delle Alpi italiane che rischiavano la vita ogni giorno per trasportare viveri, medicinali e munizioni ai soldati in trincea.…
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LA LEGGENDA DELLA STELLA ALPINA
Una volta, tanto tempo fa, una montagna malata di solitudine piangeva in silenzio.
Tutti la guardavano stupiti: i faggi, gli abeti, le querce, i rododendri e le pervinche.
Nessuna pianta però poteva fare qualcosa, poiché legata alla terra dalle radici. Così neppure un fiore sarebbe potuto sbocciare tra le sue rocce.
Su dal cielo, se ne accorsero anche le stelle, quando una notte le nuvole erano volate via per giocare a rimpiattino tra i rami dei pini più alti, una di loro ebbe pietà di quel pianto e senza speranza scese guizzando dal cielo. Scivolò tra le rocce e i crepacci della montagna, finché si posò stanca sull’orlo di un precipizio. Brrr!!! … Faceva freddo …
Era stata proprio pazza per aver lasciato la serena tranquillità del cielo!
Il gelo l’avrebbe certamente uccisa… Ma, la montagna corse ai ripari, grata per quella prova d’amicizia data col cuore. Avvolse la stella con le sue mani di roccia in una morbida peluria bianca. Quindi, la strinse legandola a sé con radici tenaci…
E quando l’alba spuntò, era nata la prima Stella Alpina…
-- Leggenda
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Quando ti ho sognato eri una goccia
In un oceano di gomma
Credo in te come tu credevi in me
Un fiore d'oppio in porcellana e roccia
Beh almeno tu sei vero
Anche se sei solo pensiero
Chi di noi due è reale
Tu non sei più vivo e io non sono mai stato capace di amare
#oceano di gomma#afterhours#manuel agnelli#il cacciatore#the deer hunter#robert deniro#deniro#de niro#christopher walken#mickey and nicky#nick and michael#michael vronsky#nikanor nick chevotarevich#nick chevotarevich#one shot#un colpo solo
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Non avrò mai il giusto numero e tipo di stimoli finché sono chiusa in casa: potrò fare la spola quanto voglio fra le varie app e social, ricaricare mille volte la mail; non sarà mai come: avere mille cose magari simili ma sempre diverse da guardare, un fiore, una foglia, un animale, una roccia, un paesaggio, una nuvola, poter correre saltare muoversi sperimentarsi nel mondo, interagire, modificare
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Museo nazionale del Qatar
Il Museo nazionale del Qatar di Doha (Qatar) è noto come “Rosa del deserto”. Questo è un altro luogo molto particolare per la sua struttura architettonica perché l’architetto Jean Nouvel si è ispirato proprio alla meravigliosa forma della roccia sedimentaria formata da cristalli di gesso che ricordano i petali di un fiore. Qui si parla però di una gigantesca rosa del deserto: oltre 40.000 metri quadri di superficie con una struttura composta da 539 dischi che si incastrano tra loro, il tutto ricoperto da circa 74 mila pannelli di calcestruzzo.
Oltre ad una notevole valenza ingegneristica ed architettonica, il museo è importante perché presenta la storia del Qatar attraverso 8 mila oggetti: reperti archeologici, opere d’arte, tessuti e vestiti, imbarcazioni, macchinari, gioielli, libri, reperti naturalistici e documenti storici.
E’ molto coinvolgente percorrere le 11 gallerie (il percorso è lungo circa 1,5 km) perché l’esperienza è multisensoriale: ad esempio ci si ritrova immersi nella natura, si assiste alla tradizionale cerimonia del caffè o alle attività dei pescatori di perle.
Il museo ospita anche mostre: nel periodo in cui l’ho visitato vi era “A SNEAK PEEK AT QATAR AUTO MUSEUM PROJECT” dove ho potuto ammirare un esemplare di Ferrari 250 GTO del 1963, una Pontiac Plexiglass Deluxe Six del 1939 conosciuta come la “Ghost Car” per via della sua carrozzeria trasparente ed una lussuosa Delahaye 175 S Roadster.
Estasiata invece davanti alle magiche luci dell’installazione immersiva di Pipilotti Rist “YOUR BRAIN TO ME, MY BRAIN TO YOU” che rappresentano i neuroni che si attivano e comunicano costantemente tra loro.
#viaggi#museo nazionale del qatar#rosa del deserto#storia#reperti archeologici#video#immagini#oggetti#auto#architettura#doha#qatar
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Per tanto tempo ho tenuto il mio cuore al riparo dai sentimenti e dalla paura di affezionarmi di nuovo a qualcuno. Ho sempre negato a chiunque di avvicinarsi a me, non perché avrei potuto scottare ma perché avrebbe sentito solo il freddo. Di quello che brucia, che ustiona, quel gelo che si insinua nelle ossa e non ti fa più muovere.
Ho negato sorrisi, abbracci spontanei, parole dolci, ho negato quanto più di caro a me avessi: la mia essenza vera.
Ma quando le paure sono insormontabili al punto da non credere più a nulla, arriva quel vento di primavera che scioglie lo strato di ghiaccio più duro. Quel vento caldo, accogliente ma non impetuoso, che ti scombina i capelli e ti fa alzare il naso al cielo per assaporare ogni odore di fiore in schiusura, ogni rondine che dopo un lungo viaggio ritorna a casa, ogni raggio un po’ più luminoso.
Ciò che mi sta accadendo, dopo tanto tempo, lo definirei così. Una primavera che finalmente si affaccia dopo anni e anni di inverno artico. Le vene pulsano di più, il sangue torna a circolare e il cuore, sotto lo strato diamantato di freddo e buio, inizia ad avere qualche crepa. Qualche spiraglio di luce si insinua e lo illumina, lo riscalda.
Non ero pronta a questo, mi ero preparata per affrontare un momento del genere, ma anche la più razionale e tempestiva persona di questo mondo non può controllare la primavera. E sapete bene cosa io intenda per primavera.
Le paure sono sempre lì, nascoste negli angoli degli occhi che per tanto tempo sono stati spenti e delusi. Ma la bocca, le mani, le gambe, ogni piccola parte del mio corpo trema al pensiero di quel vento delicato che si è insinuato nella mia vita, piano piano e senza pretese.
Un giorno mi dissi ‘non aprire il tuo cuore fin quando non troverai qualcuno disposto a raccogliere quei pezzi ancora traballanti e sistemarli con cura al loro posto’.
Mi sono presa cura di me, ho ricucito tutto con del fil di ferro, ma ora quel vento caldo sta districando anche quelle cuciture che al mio cuore non facevano altro che male. Perché è questo ciò di cui si tratta, mi sono inferta più dolore per poter superarne altro. Non ho cosparso le ferite con unguenti delicati, ma le ho unite con violenza, con la rabbia di chi si sarebbe ripromesso di non permettere a nessuno più di giocare con qualcosa di così unico e prezioso.
E allora l’ho riconosciuto nel verde dei prati e degli alberi che vivono nei suoi occhi, nella roccia e nelle insenature che adornano la sua schiena, nel sole di mezzogiorno delle sue mani che con dolce violenza mi accarezzano il corpo, nel rumore del mare della sua voce e nella quiete di inizio Giugno del suo modo di parlarmi.
Io non so se questo inverno sia davvero passato, ma so per certo che la primavera è qui.
Dentro di me.
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* La pietra e la farfalla Un giorno, in un bosco di montagna, una farfalla meravigliosa svolazzando tra un fiore e l'altro, si posò su di un fiore nato vicino ad una pietra. La pietra vedeva passare ogni giorno quella farfalla e quel giorno, visto che le era così vicina, le disse: "Ciao, che meravigliosi colori che hai e come è bello vederti svolazzare, io invece sono qui immobile e posso vedere ben poco del mondo e poi..., ho solo questo colore grigio!". La farfalla un po' vanitosa rispose: "Si, ho dei bellissimi colori, tutti mi ammirano e vado dove voglio. Tu invece sei sempre lì. Ma non ti annoi?". La pietra ci pensò un poco e rispose: "No, non mi annoio perché comunque posso vedere le cose belle del mondo che riesco a vedere di qui e ho tanti amici alberi attorno a me, però mi sento un po' male se penso che non posso andare dove vorrei, come te". A quel sentire, un faggio maestoso che aveva ascoltato tutto intervenne e disse: "Cara mia vecchia amica pietra, se tu non fossi qui, io come altri alberi e altra vegetazione attorno a te non potremmo vivere perché le nostre radici sono affondate nel terreno e si abbracciano con forza a te per sostenerci. Tu che sembri una piccola pietra sei invece maestosa e imponente ed è proprio perché sei lì da secoli immobile che hai permesso a noi alberi attorno a te di crescere stabili. E' vero quindi che non hai i colori della farfalla ma la tua bellezza sta nell'essere roccia. Tu invece cara piccola farfalla, è vero che sei splendida con i tuoi colori ed è bello vederti volare quei pochi giorni della tua vita, ma non potresti esistere se non ci fosse questa vegetazione che abbraccia le proprie radici a rocce maestose come questa che sembra una piccola pietra, ma non lo è". Da quel giorno, la farfalla andò a trovare ogni giorno la pietra per raccontargli del creato che lei vedeva, e quando la farfalla fu sul punto di morire la pietra le disse: "Cara amica mia ti ricorderò per sempre perché, anche se pochi giorni, hai rinunciato a svolazzare un po' del tuo tempo per raccontarmi le cose belle del mondo che io da qui non posso vedere". Lovecchio Stefano https://www.instagram.com/p/CnXyAI4L3DB/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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"Se una goccia si fa pioggia e la pioggia diventa grandine, c'è un fiore che sboccia su una roccia nell'antartide."
- Mostro, Niente pioggia niente fiori.
Una persona che non è in grado di emozionarsi non è umana, ma un robot. Un'emozione, che sia positiva o negativa, permette all'essere umano di crescere. Non è possibile vivere in una maniera oggettivamente perfetta, sarebbe troppo irrealistico non soffrire per nemmeno un secondo della propria vita. Sarebbe bello poter ridere ed essere sempre sorridenti, ma la verità è che esistono pure occasioni in cui si piange. Una folla è composta da alcuni individui che commettono sbagli, altri invece sono vittime di essi. La reazione al compimento di un errore può essere il pianto e grazie alle lacrime sono state create tante belle opere d'arte, come un fiore che sboccia su una roccia nell'antartide. Nella vita ci sono sempre poche certezze, ma una persona che crede di avere sempre ragione non migliorerà mai. Bisogna abbracciare qualsiasi tipo di emozione senza disconoscerle, buttare fuori i pensieri perché altrimenti finiranno per uccidere.
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Se
Potessi
Tornare
Indietro
mi mostrerei la verità,
senza fingere di essere perfetta,
senza nascondermi.
Mi racconterei
della bambina lasciata da sola,
della ragazza che mendica il suo posto,
della donna che sembra di roccia,
e invece è un piccolo fiore ostinato.
Se
Potessi
Tornare
Indietro
non inseguirei un lieto fine,
non fuggirei, non più.
Mi verrei a cercare,
lì dove sono senz’ossa,
e avrei cura di me, senza nulla aspettare.
So
Che indietro
Non posso
Tornare.
Ma
Posso sempre
Ricominciare.
Qui dove Sono.
Ripartendo da me.
Margherita Roncone
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Come vento cucito alla terra - Ilaria Tuti. La storia epica delle prime donne chirurgo durante la Prima Guerra Mondiale. Recensione di italianewsmedia.com
Come vento cucito alla terra è una nuova opera di Ilaria Tuti, autrice di successo già conosciuta per il suo romanzo Fiore di roccia.
Come vento cucito alla terra è una nuova opera di Ilaria Tuti, autrice di successo già conosciuta per il suo romanzo Fiore di roccia. In questo libro, l’autrice racconta una storia di grande intensità, ispirata a fatti reali e focalizzata sulla lotta per l’emancipazione e il coraggio di un gruppo di donne che sfidarono le convenzioni del loro tempo. La protagonista del romanzo è una chirurga…
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Ilaria Tuti - Fiore di Roccia - di Serenella Mariani
FIORE DI ROCCIA ILARIA TUTI “Fiore di roccia” di Ilaria Tuti dire che è un libro bellissimo è restrittivo, si è catturati dalla prima all’ultima pagina con il desiderio di non smettere di leggerlo. Con la sua scrittura evocativa, l’autrice ci porta nell’atmosfera della grande guerra e nello specifico nel ruolo avuto dalle portatrici. Nessuna parola è superflua e ogni citazione entra dritta nell'anima permettendo profonde riflessioni. Ma chi erano queste portatrici? Erano donne che durante la prima guerra mondiale trasportavano ai soldati viveri, munizioni e quanto altro con le gerle sulle spalle, attraverso sentieri impervi. Nello specifico in questo libro si narra la storia di Caterina, Viola, Lucia, Maria e in particolare di Agata, voce narrante. Agata è una donna forte che vive con il padre malato, che cerca di vivere alla giornata; ma la guerra la metterà alla prova facendole affrontare molte battaglie difficili, come anche alle altre protagoniste che hanno una loro vita: sono mammee dedite alla famiglia… attraverso loro viene fuori tutta la tenacia, la determinazione, la fragilità di queste donne che mai si arrendono, che cercano di fare la cosa giusta in ogni circostanza senza mai perdere di vista il valore primario della giustizia e della solidarietà. Con le loro gerle cariche di esplosivo, rifornimenti, flaconi di tintura di iodio, lettere, bende, le donne si incamminano per quelle vette che conoscono come le loro tasche, pronte a privarsi del cibo e di quanto altro pur di contribuire alla sopravvivenza dei soldati. E’ attraverso i loro occhi che riviviamo la guerra che ci sembra così lontana e che invece con questo libro la sentiamo sulla nostra pelle. tra queste donne e i soldati si crea un rapporto di rispetto e di fiducia. L’incontro di Agata con il diavolo bainco, cecchino delle file nemiche, biondo e chiaro di pelle, diverso, ma con lo stesso sguardo spaventato che accomuna tutti, fa capire che anche il nemico è un uomo con una sua vita di padre, di figlio, di marito. In questo libro si parla di sentimenti senza mai scendere nel sentimentalismo, anzi…. Ringrazio questa scrittrice per aver riportato alla luce la storia di queste donne di cui non ne conoscevo l'esistenza, non ne avevo sentito parlare neanche nei libri di storia; la ringrazio per averle fatte rivivere per aver dimostrato, ancora una volta, il valore delle donne anche nei momenti più difficili, celebrandone il coraggio, al resilienza, la capacità di abnegazione di umili contadine, ma forti. Ascolta la recensione play_arrow FIORE DI ROCIA SERENELLA MARIANI Read the full article
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Io so bene dove sei, ma là non ti cercherò.
Non su terra fertile
sulla roccia seminerò fiori
in attesa che sboccino.
A dispetto di tutto.
A denti stretti,
di tutte le strade sceglierò
il sentiero da te più lontano,
là dove non ti possa incontrare,
dove tu non mi compaia d’improvviso davanti.
Nascesse, fra gli sguardi,
l’amarezza pesante del fiore degli anni.
Io so bene dove sei,
ma là tu non mi servi.
Vizma Belševica
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«Io andavo lungo il sentiero, tu venivi, il mio amore cadde tra le tue braccia,il tuo amore tremò nelle mie. Da allora il mio cielo di notte ebbe stelle e per raccoglierle la tua vita si fece fiume. Per te ogni roccia che toccheranno le mie mani dev’essere sorgente, aroma, frutto e fiore»
(Pablo Neruda)
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Fiore di roccia di Ilaria Tuti: un’eroica e fragile durezza
“Se non fossi quello che sono, fuggirei. Invece resto inchiodata al terreno, assieme alle altre.” – Fiore di roccia Fiore di roccia di Ilaria Tuti Fiore di roccia di Ilaria Tuti è un romanzo, ma è soprattutto un poema. Il che significa tutto, tante cose, oppure nulla. In altre parole: è una narrazione appassionata e poetica. Non è soltanto la vicenda storica e psicologica che interessa l’autrice,…
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Sono Quasi Sicura che avrai pensato che il Quasi Morto si darà agli eccessi per quel fine settimana, agli atti estremi, pericolosi, illeciti.
Ma vedi, ci sono cosi tanti modi di viversi la vita, che spesso quelli più felici ci sfuggono, o li deridiamo, o li guardiamo solo per un attimo, o ci passiamo sopra come un guidatore passa sopra ad un procione e finisce per accorgersene solo quando trova i suoi resti sotto la ruota.
Il Quasi Morto Analfabeta sfrutterà quel fine settimana leggendo.
- Ti immagini se nell'aldilà non ci fossero le biblioteche?
Gli analfabeti in una settimana potrebbero quantomeno far qualcosa per poter dialogare con gli amici morti.
Il Quasi Morto Innamorato e mai ricambiato sfrutterà quel fine settimana nel tentativo di strappare un bacio all'amato.
- Ti immagini se nell'aldilà non ci fossero i baci?
Il Quasi Morto Miscredente sfrutterà quella settimana avvicinandosi a una qualche religione.
- Ti immagini se un uomo che muore miscredente è destinato nell'aldilà a restare da solo?
ETERNA SOLITUDINE: mai ci fu binomio più triste.
Amore, caro amore mio.
Noi saremo il monumento continuo di nuovi desideri che corrono giù dalle montagne più veloci della paura di soffrire.
Vestiremo splendore con la detterminazione di mille inverni. Faremo esplodere il consenso in cielo e lo guarderemo piovere diamanti in tutte le direzioni.
Parleremo per immagini, per riparare l'ideale, e il nostro cinismo farà sbocciare nuovi sogni.
Innescheremo la macchina della volontà per produrre domande che spostino cattedrali.
Affinché tutto accada di nuovo oltre che nulla vada perduto.
Saremo il fatale prevalere dell'azione.
Amore, caro amore mio.
Chiudo gli occhi e vedo il tuo volto, le tue mani che stringono i miei polsi. Sublime sofferenza. Mi tieni saldamente, il mondo continua ad andare avanti mentre noi siamo fermi. I miei piedi sul bordo del muretto, le braccia aperte come se attendesi l'abbraccio eterno. Gli occhi chiusi e labbra distese in un mezzo sorriso.
Lasciami cadere. Lasciami schiantare contro il cemento freddo della strada. Contro le terra che da cosi tanto tempo mi chiama a lei . E tu non guardarmi amore mio. Chiudi gli occhi. Lo sai che la gente parlerà di me come "la ragazza della musica di Ludovico". Un nome così completo, pieno. Un nome adatto a lui, che mi ha accompagnata cosi tante volte nella strada verso l'oblio. Ma tu vivi. Togliti le cuffie perché è ormai finita. Sto per tornare a casa
Amore, caro amore mio.
Tu non conosci il dolore che sentirò e non dovrai saperlo. Saremo scritti nel vento con i pennarelli di pioggia che svaniranno al sole. Prima o poi. Spariremo, come qualcosa che non è mai esistito. Come un sogno che al mattino non te lo ricordi più, ed anche se ci provi ti sfugge.
Non ti ricorderai di me ed io non mi ricorderò di te. Ci perderemo a vicenda, ci rincorreremo per finire sempre col perderci, come nel quadro del riccone cazzuto.
Amore, caro amore mio.
Prendi la parte che più ti piace di me.
Dimmi parole dolci.
Costringimi alla sofferenza.
Calpestami.
Non chiedere scusa.
Sono una roccia.
Un pezzo di ferro.
Un fiore in primavera.
Una foglia d'autunno.
Prendi una parte di me.
Strappa pezzo per pezzo a morsi.
Sputa in terra.
Calcia ogni parte di me coperta di salate lacrime, mie.
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« In un’altra vita sarei stato attratto da te. Al primo impatto sembri delicata e glaciale, candida e fredda come una stella alpina. Ma in verità sei un fiore di roccia. Dentro hai un mondo variegato di colori. »
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