#Enrico Marmo
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lepetitlugourmand · 5 months ago
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Balzi Rossi - Chef Enrico Marmo - Cuisine liguriènne étoilée, instinctive et engagée
Située juste en face des grottes Balzi Rossi aux vestiges paléolithiques, l’institution gastronomique que les gourmets de la région connaissent bien a été emportée depuis les années 80 par Giuseppina Belglia, la mamma de tous. C’est le jeune Chef Enrico Marmo, au brillant parcours transalpin et étoilé, qui a repris depuis février 2022 l’orchestration de Ristorante Balzi Rossi. Continue reading…
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stregh · 9 months ago
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Il cimitero di Santa Maria del Pianto ( detto anche cimitero del Pianto) è uno dei cimiteri presenti a Napoli, e si trova in via nuova del Campo, (quartiere Poggioreale).
All’interno di esso, tra gli altri, si trovano le tombe di personaggi illustrissimi quali: il primo Presidente della Repubblica Italiana Enrico De Nicola, il famoso tenore Enrico Caruso, Raffaele Viviani, il grande commediografo Eduardo Scarpetta e gli eterni Nino Taranto e Totò.
Totó, in particolare, continua a ricevere, sulla sua tomba lettere dei suoi infiniti ammiratori da ogni parte d'Italia che intestano così le missive al defunto: "Al Principe Antonio De Curtis, Cimitero del Pianto, Napoli". Le lettere sono lasciate sul sepolcro in marmo bianco recante il suo inconfondibile profilo in altorilievo.
Foto dal web
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lamilanomagazine · 10 months ago
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Frosinone: vernissage per il Parco dell'Arte al Matusa
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Frosinone: vernissage per il Parco dell'Arte al Matusa. Frosinone. Una platea festante ha salutato, ieri, l'inaugurazione del Parco dell'Arte del Matusa. Al vernissage, insieme al Sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli, erano presenti l'on. Nicola Ottaviani, il questore Domenico Condello, il direttore dell'Accademia di Belle Arti Loredana Rea, il dirigente dell'IIS Bragaglia Fabio Giona, gli assessori Rossella Testa e Angelo Retrosi, i consiglieri Corrado Renzi e Andrea Turriziani, Alfio Borghese e una nutrita rappresentanza degli alunni dei quattro comprensivi e del Cpia di Frosinone, accompagnati dai propri docenti. Madrina dell'iniziativa, Adriana Russo. "Cultura e bellezza si incontrano in questo bellissimo parco – ha dichiarato il Sindaco Mastrageli - Il Parco Matusa, già 'casa' dei Canarini, è diventato, dal 2018, un punto di riferimento per l'incontro e l'aggregazione intergenerazionale di giovani, famiglie, bambini, anziani e sportivi. È oggetto di un importante progetto di riqualificazione, che prevede tra l'altro un nuovo impianto di illuminazione ecosostenibile e la creazione di un'area polivalente per il fitness". Quattro le nuove sculture, figurative e astratte, nel Parco del Matusa di Frosinone, che sono state installate allo scopo di ampliare il Parco dell'arte, voluto dall'ex primo cittadino Nicola Ottaviani e confermato fortemente dal sindaco Riccardo Mastrangeli. Di Enrico Roberti "L'Espressione del Libero Arbitrio" in ferro, del 2021, opera che è stata esposta anche nella Biennale di Arte Contemporanea del 2023 ad Anagni; di Leonardo Antonucci "Immutabili Legami", in marmo di Carrara, del 2023, che l'affianca contribuendo a ribadire l'importanza della figura geometrica nella nuova tendenza dell'arte internazionale. Luciano Sarracino, con "La Chiave", bronzo del 2016, propone un elemento importante della sua ricerca portata avanti anche con una scultura che è stata installata presso l'ospedale di Frosinone. Pierluigi Proietti, con "Il Calciatore", acciaio commerciale del 2022, torna al tema originario del Matusa, proponendo una doppia immagine di quelli che sono stati i primi protagonisti a vivere i campi verdi del vecchio stadio di Frosinone. Le opere sono state donate dagli autori e sistemate sui basamenti a cura del Presidente della Biennale di Arte Contemporanea, Alfio Borghese, in collaborazione con l'Assessore alla Cultura Simona Geralico e il Sindaco Riccardo Mastrangeli. I lavori sono stati diretti dall'architetto Bruno Sacchetti. Le quattro opere si affiancano così alle due già installate al centro dell'ingresso nel 2020. L'opera più alta, circa due metri, di Elena Sevi, in bronzo, raffigura Camilla, regina dei Volsci, la mitologica amazzone figlia leggendaria della nostra terra, citata da Virgilio, Dante, Boccaccio, Torquato Tasso e altri poeti e raffigurata da tanti pittori nel corso dei secoli. L'opera è fortemente dedicata al coraggio delle donne, alle donne guerriere e agli uomini che non hanno paura di amarle. La scultura è stata immaginata come se fosse stata rinvenuta nel greto del fiume Amaseno, carezzata dall'acqua e dai secoli. Elena Sevi, diplomata in scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Frosinone, ha esposto in Italia e in tutto il mondo. La seconda, Viola, mezzobusto in bronzo alto 80 centimetri, rappresenta le donne violentate dai militari marocchini incorporati nell'esercito francese, i famigerati goumier, ai quali, dopo aver attraversato la linea Gustav tedesca a Cassino, il generale Alphonse Juin avrebbe concesso 50 ore di diritto di preda. Lo stupro come ricompensa, il furto e la violenza come premio. Ore terribili per le popolazioni inermi e stremate della Ciociaria e non solo. Gente che aspettava fiduciosa l'arrivo dei liberatori e non il nemico. Sono state stuprate più di 60 mila donne, molte uccise insieme a mariti, bambini e genitori. E ancora sofferenza e morte, dopo le violenze subite, per suicidi e malattie. Viola, testimone e testimonianza di questi atroci delitti, è stata realizzata dalle allora allieve del Liceo Artistico di Frosinone: Cecilia e Veronica Caponera, Sara Carbone, Valentina Coccarelli, Giulia Iacovacci, Alice Napoli e Michela Reali nel 2015, in creta, in occasione della manifestazione "Sculture in Piazza" a piazzale Vittorio Veneto, ed è stata poi fusa in bronzo da Alfio Borghese. A dirigere le allieve dell'Anton Giulio Bragaglia l'insegnante Giusy Milone, valente scultrice.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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michelangelob · 10 months ago
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La Scultura del giorno: la Smorfiosa Gaiezza di Enrico Butti
La scultura del giorno che vi propongo oggi è la Smorfiosa Gaiezza di Enrico Butti, scolpita dall’artista nel 1877. Lo scultore volle riprodurre nel marmo un giovane fanciullo in piedi che indossa in modo scomposto una leggera camicia e un cappello di paglia finemente intrecciato. Trascina dietro di sé un carretto di legno pieno di giocattoli e si diverte a fare delle smorfie, guardandosi nello…
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jacopocioni · 11 months ago
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Birreria Cornelio
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Ogni volta che mi trovo a passare da Via de’ Pecori, non posso evitare di immaginare come fosse lo stesso luogo prima della distruzione dell’Arco, prima delle spregiudicate operazioni edilizie effettuate nel centro. Confesso, non mi è mai piaciuta e non mi piacerà mai l’attuale sistemazione di quel tratto stradale, e sono sempre stata affascinata dalle immagini d’epoca che testimoniano il “com’era”.
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Negli anni Sessanta dell’Ottocento a Firenze si cominciano ad aprire i primi locali che servono birra e, in quello che era il giardino del Palazzo Orlandini del Beccuto, Paolo Cornelio avvia la sua “Brasserie Cornelio”. Il locale era adibito anche a caffè, buffet e rivendita di gelati; oltre a questo, ogni giorno era possibile consultare la stampa europea ed un paio di volte a settimana assistere a concerti musicali.
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Essendo stato aperto in un giardino, inizialmente vennero costruiti tre chioschi con struttura in legno e vetro; il giardino era adornato con fiori, una statua in argilla di una figura femminile e da una fonte. Con il tempo si aggiunsero altre costruzioni, costituite da una veranda, dalla parte di Via dei Naccaioli, con struttura sempre in legno e chiusa da vetrate con dettagli neogotici, che si affacciava sul giardino e che dava su un’altra sala, destinata al biliardo e al gioco delle carte. La veranda terminava in una grande sala, che comunicava con una saletta più piccola. Accanto alla cucina c’era una stanza di piccole dimensioni che, tramite una scala, conduceva al palco destinato all’orchestra.
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Il locale era molto frequentato, come si evince da un quadro di Riccardo Nobili, dove appaiono soldati, damigelle ed eleganti coppiette allegramente e comodamente seduti attorno a dei tavolini di ferro con piano in marmo, chi intento leggere il giornale, chi ad intrattenere amabili conversazioni e tutti con la finalità di godersi bevande e la piacevolezza del luogo. La Birreria Cornelio fu il primo locale di Firenze a dotarsi di impianto di luce elettrica. Nel 1865 il consiglio municipale fissò un orario di chiusura per pensioni, alberghi, caffè e rivendite di birra; questo orario era stabilito alle ore 24:00, tra settembre e marzo, e alle ore 1:00 da aprile ad agosto, soprattutto per un discorso di sicurezza pubblica. Fino a quel momento, la Birreria Cornelio aveva fissato il suo orario di chiusura alle ore 3:00 (le ore piccole venivano fatte anche all’epoca!). La Birreria Cornelio era frequentata da Giosuè Carducci, prima di trasferirsi definitivamente a Bologna per l’insegnamento universitario; qui incontrava la brigata dei suoi “amici pedanti”, Ottavio Targioni Tozzetti, Giuseppe Chiarini, Enrico Nencioni e Giuseppe Torquato Gargani.
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La Birreria Cornelio era pubblicizzata anche su “La Nazione”: BIRRARIA CORNELIO con Caffè, Buffet e Gelati Questa BIRRARIA di recente aperta nel Giardino del Signor Conte Orlandini, situato in via dei Boni, a pochi passi dalla Piazza del Duomo e della Via Cerretani, offre ai concorrenti tutte le comodità di uno stabilimento di questo genere, unico in Firenze. Essa è ridotta sul gusto del Gran Caffè d’Italia, all’Acquasola in Genova.
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Sfarzosa illuminazione di più di 150 fiamme, fontana, statue, fiori naturali ed artificiali, riverberi e scherzi fatti col gas, concorrono a rendere questo giardino un luogo veramente delizioso. Tutti i giovedì e le domeniche, dalle ore 8 e mezzo alle 11 lo Stabilimento è rallegrato da scelto corpo di musica.  Oltre a tutte le qualità di Birra Nazionale ed Estera, trovasi un grande assortimento di Vini e Liquori, ed havvi una cucina sempre provvista per colazioni e digiunè, e mediante preavviso si darà anche qualunque pranzo.  Paolo Cornelio aveva aperto, nel 1865, anche un altro locale, al Canto dei Nelli n. 8, la “Birreria di Chiavenna”, che rimase attivo fino al 1872.
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La Birreria Cornelio invece continuò la propria attività fino al 1° novembre 1894, quando venne distrutta da un devastante incendio che venne ritenuto di origine dolosa e del quale venne accusato il proprietario, Paolo Cornelio, che venne rinchiuso alle Murate. L’allarme dell’incendio venne dato da un fiaccheraio che si trovava a passare di lì e che corse subito alla Caserma dei Pompieri ad avvisare di quanto stava accadendo, ma era ormai troppo tardi. Nell’incendio vi fu una vittima, un cane bulldog di proprietà dello stesso Cornelio. Venne in seguito dichiarato il non luogo a procedere ed il Cornelio venne rimesso in libertà.
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Dopo circa tre anni da questi accadimenti, Paolo Cornelio si tolse la vita. Al posto della Birreria Cornelio venne in seguito costruito un basso edificio adibito a “latrine pubbliche e private, bagni ed altri locali per comodo del pubblico”. Attualmente, in quell’isolato si trova un Self-Service. Ecco, questa è tutta la storia della Birreria Cornelio (forse la più dettagliata pubblicata finora), della quale ci restano pochissime immagini.
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Gabriella Bazzani Read the full article
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personal-reporter · 1 year ago
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Custodi di arte e fede: Duomo di Modena
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Il Duomo di Modena è considerato uno dei più significativi esempi del Romanico europeo e fa parte del patrimonio dell’umanità Unesco. La sua storia cominciò quando il cantiere, affidato all’architetto Lanfranco, fu aperto nel 1099, per dare una nuova chiesa alla città ed una nuova sepoltura al patrono di Modena, San Geminiano. La proposta architettonica di Lanfranco era improntata alla campata di base quadrata, una delle strutture più significative dell’architettura romanica europea, infatti la pianta della chiesa è di tipo basilicale, a tre navate, senza transetto sporgente, mentre la facciata a salienti evidenzia i rapporti interni tra navata centrale e navate laterali, oltre a un motivo unificante per interno ed esterno, ovvero il triforio entro una grande arcata, donando eleganza all’insieme, dove la cripta in cui è deposto il sepolcro di Geminiano è sotterranea, mentre il presbiterio è sul modello di Cluny. Sulla struttura di Lanfranco si innestò, con straordinaria armonia, la scultura di Wiligelmo, che popola di motivi vegetali e di esseri fantastici i capitelli della loggia, le mensole dei sottostanti archetti e le lastre ornamentali, come nei Rilievi della Genesi e nei decori del Portale maggiore. Legati al cantiere del Duomo sono i maestri che decorarono la Porta dei Principi o del Battesimo e quella della Pescheria, a cui si unì il Maestro delle Metope e le opere da lui realizzate, unitamente ai reperti provenienti dalle chiese di Modena precedenti quella romanica,  sono custodite nel Museo del Duomo. Con gli anni Trenta del XII secolo si concluse la prima fase di costruzione e nel 1184 papa Lucio III consacra l’edificio. Dal 1190 subentrarono nei lavori i Maestri Campionesi che sopraelevarono l’area presbiteriale, aprirono il rosone in facciata e la Porta Regia, che è l’ingresso monumentale su Piazza Grande. L’impianto dell’edificio è suddiviso in tre navate con falsi matronei, dove pilastri cruciformi scandiscono le cinque campate della navata centrale alternati a colonne di marmo sormontate dai capitelli di Wiligelmo. Tra le varie opere custodite nella cattedrale ci sono il Presepio in terracotta opera del plasticatore modenese Antonio Begarelli (1527), l’affresco della cosiddetta Madonna delle Ortolane di un pittore locale (1345), l’Altare delle Statuine di Michele da Firenze (1440), la Cappella Bellincini di Cristoforo da Lendinara (1475), San Sebastiano fra i Santi Girolamo e Giovanni Battista, tavola di Dosso Dossi (1518-1522), il coro ligneo intarsiato (1465) e i quattro pannelli con gli Evangelisti (1477) di Cristoforo e Lorenzo Canozi da Lendinara, il Pulpito di Enrico da Campione (1322) oltre al Pontile con scene della Passione, opera dei Campionesi. Nel presbiterio si trova la cripta, a tre navate, sostenuta da colonnine con capitelli d’arte lombarda della fine dell’XI secolo, con il Sepolcro di San Geminiano e, nell’abside destra, il gruppo in terracotta policroma della Madonna della Pappa di Guido Mazzoni (1480-1485). Read the full article
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abr · 2 years ago
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solo ora con la formazione del governo, "il centrosinistra ha realizzato appieno che la destra ha vinto le elezioni. Un’abitudine autoassolutoria e lenitiva della realtà gli aveva finora impedito di vedere che il voto del 25 settembre ha consegnato allo schieramento opposto la maggioranza assoluta". (...)
Mentana mette nero su bianco le illusioni dei dem. Questi ultimi - spiega sulle colonne del Quotidiano Nazionale - erano convinti che "questa destra continuasse ad avere una sorta di complesso di inferiorità (...), così da scegliere (...) persone e argomenti in grado di piacere o almeno compiacere al campo progressista". E invece niente, Giorgia Meloni ha tirato dritto. 
(...) "Ora non è più così: la destra fa la destra, e ha fatto incetta di voti col partito meno ammanicato e consociativo della scena (...)’".
Infine il giornalista consiglia (...) un esame di coscienza (sul)la batosta elettorale. " (...) i fatti si sono incaricati di spiegare al Pd che la fase del 'non sanno governare e (noi siamo qui) per salvare la baracca' è finita. Serve capire perché li votano gli appagati e i benpensanti ma non gli arrabbiati e gli emarginati, perché gli abitanti dei centri storici ma non quelli delle periferie, perché i manager ma non gli operai". 
via https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/33584806/enrico-mentana-lezione-pd-appagati-benpensanti-finita.html
Mentana è uno di quelli svegli: afferra il senso delle cose ... solo dopo che son successe. C'è comunque di peggio: quelli a cui parla rimangono a vita nella fase della negazione e della rabbia gne gne. Infatti ma quale Resistenza: al massimo manderanno avanti i più dementi a tirar duomi di marmo in faccia.
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artcademy · 4 years ago
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Cappella degli Scrovegni - Giotto - 1300ca.
La capacità di concentrarsi nella caratterizzazione fisica e psicologica dei personaggi rappresenta una delle innovazioni più straordinarie della pittura di Giotto. Appare particolarmente evidente negli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, la cui complessa rappresentazione occuperà l’artista dal 1303 al 1305.
Il ciclo di affreschi viene commissionato da Enrico Scrovegni, la sua decisione di costruire una cappella di famiglia e di farla affrescare da uno degli artisti di maggior prestigio del momento è attribuita alla volontà di voler riparare ai peccati di usura commessi dal padre Reginaldo; studi approfonditi trovano motivazioni più complesse ed economiche. Grazie a questa cappella Enrico riesce a dare prova tangibile di potere e ricchezza a tutta la città. Questo gli permette di ampliare la sua rete di relazioni e prestigio personale.
La piccola costruzione era dedicata in origine a Santa Maria della Carità e a quel tempo si chiamava anche dell’Annunziata all’Arena.
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Gli affreschi
La cappella, forse progettata dallo stesso Giotto, ha una struttura molto semplice. Presenta un’unica navata coperta con volta a botte e illuminata da sei monofore, terminanti con archi a tutto sesto poste sul lato destro. Il modesto portale è sormontato da una trifora gotica di gusto toscano a sua volta inserita in un arco a tutto sesto.
L’artista affresca le due pareti laterali e l’arco trionfale della cappella con storie tratte dalle Vite di San Gioacchino e Sant’Anna della Vergine e di Cristo.
La volta è dipinta di azzurro a suggerire un cielo trapunto di stelle dorate, viene decorato con dieci medaglioni raffiguranti: Gesù, Maria e vari Profeti.
Sulla controfaccia d’ingresso realizza un grandioso Giudizio Universale.
Rispetto al ciclo di Assisi che si inseriva in un complesso preesistente, quello di Padova è concepito interamente da Giotto. Questo consente all’artista di studiare con attenzione la disposizione dei propri affreschi in modo da adattarli alla struttura muraria della cappella.
Pittura e architettura si fondono armonicamente tra loro senza che la prima debba necessariamente porsi come complemento alla seconda. La pittura, dà l’impressione di voler sfondare le pareti, mentre l’architettura volutamente sobria costituisce il contenitore ideale per mettere in risalto la narrazione pittorica giottesca.
Gli affreschi si svolgono da sinistra a destra e dall’alto in basso, sono suddivisi in tre ampi registri sovrapposti. Ogni scena è separata dalla successiva da una larga cornice dipinta a motivi geometrici e dopo l’ultima scena di ogni parete la cronologia riprende dalla parete di fronte, in una sorta di ininterrotto dialogo narrativo speculare.
Nella parete destra le cornici dipinte che dividono le varie scene fungono anche da realistica inquadratura per le sei monofore che insieme alla trifora della facciata sono le uniche fonti di illuminazione della cappella. Alla base del registro inferiore, lungo tutto il perimetro interno della costruzione, corre uno zoccolo dipinto ove le raffigurazioni allegoriche delle sette Virtù (a destra) e dei sette Vizi Capitali (a sinistra) realizzate in monocromia si alternano a zone affrescate in modo da imitare un rivestimento marmoreo secondo il gusto dell’antica pittura romana a incrostazione.
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Il giudizio universale
DATI: Affresco, 1000×840 cm
Questa grandiosa rappresentazione, attribuibile direttamente a Giotto, è estremamente indicativa della nuova concezione che il maestro ha dell’arte. Essa nonostante il soggetto sia di pura fantasia, non tende più a raffigurare qualcosa di estraneo alla realtà quotidiana ma, al contrario, ne utilizza molti elementi, con il risultato di accrescere il realismo complessivo della scena.
È interessante notare come il committente, inginocchiato in basso al centro, ai piedi della croce della Passione, venga di fatto rappresentato come facesse parte della narrazione stessa dell’affresco. Sopra di lui, in una mandorla con i colori dell’arcobaleno, circondata da dodici angeli, giganteggia la figura di Cristo giudice, seduto su un trono di nuvole fra le schiere celesti degli angeli, dei santi e dei beati.
Alla sua destra gli eletti iniziano la loro gioiosa ascesa verso il regno dei cieli, mentre alla sua sinistra i dannati vengono sprofondati negli orrori dell’inferno. In questo modo la presenza di un personaggio reale come lo Scrovegni e quella di invenzione del Giudizio Universale, finiscono per avere la stessa importanza agli occhi di chi osserva.
Il modello della cappella dà all’insieme un’ulteriore nota di concretezza e di quotidianità. L’edificio in muratura, infatti, è rappresentato prospetticamente in modo fedele.
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L’incontro a Porta Aurea
DATI: Affresco, 200×185 cm
In questo affresco, che pure è uno dei primi del ciclo, sono già presenti tutti gli elementi caratteristici della grande pittura giottesca. In esso vengono rappresentati Anna e Gioacchino, futuri genitori della Vergine Maria, che si sarebbero dovuti incontrare proprio sotto la Porta Aurea, uno dei luoghi-simbolo di Gerusalemme.
La narrazione si svolge da sinistra verso destra. Il giovane pastore che accompagna Gioacchino, all’estremo margine sinistro, è per metà fuori dal dipinto stesso, come se Giotto volesse farci capire che ciò che rappresenta non è che un piccolo frammento di una realtà sempre più vasta e complessa. Il senso di questa realtà, può essere colto sia nella serena tenerezza con la quale i due personaggi principali si abbracciano, baciandosi castamente sulla bocca, sia nell’emozione delle donne. I corpi di San Gioacchino e di Sant’Anna sono descritti con vigore e decisione. Anche le due aureole splendenti d’oro che si fondono in una sola contribuiscono a sottolineare il senso di indissolubilità del vincolo che lega i due personaggi.
Tra le donne in lontananza che avevano accompagnato Anna all’incontro notiamo in particolare quella avvolta nel mantello nero. È una figura densa di mistero, probabile personificazione della vedovanza, della quale Giotto ci mostra solo uno spicchio di volto e due dita di una mano. Nonostante ciò essa riempie di sé tutto il dipinto, ponendosi come ideale punto di stacco tra gli altri personaggi opposti.
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Annuncio a Sant’Anna
DATI: Affresco, 200×185 cm
La scena, straordinariamente innovativa, raffigura Sant’Anna, in ginocchio al centro della propria abitazione, nel momento in cui l’angelo di Dio le annuncia che diventerà madre di Maria.
L’invenzione giottesca sta soprattutto nel trattare l’architettura della casa di Anna come una meravigliosa scatola prospettica che ci consente di osservarne l’interno.
La profondità spaziale è suggerita dai mobili, disposti fra loro perpendicolarmente e dalla cassettonatura del soffitto.
A sinistra l’ancella è intenta al suo lavoro, serena e inconsapevole.
A destra, al contrario, l’angelo irrompe con impeto attraverso la piccola finestra, protendendo la mano destra a ribadire la solennità dell’annuncio. A fronte del concreto realismo degli oggetti, Giotto attribuisce all’angelo caratteristiche assolutamente soprannaturali. L’artista non rappresenta la parte del corpo rimasta all’esterno, che in base alla collocazione prospettica, avrebbe dovuto essere ben visibile.
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Il bacio di Giuda
DATI: Affresco, 200×185 cm
Realizzato nel terzo quadro del registro inferiore della parete di destra, mostra uno dei momenti di massima maturità espressiva dell’arte di Giotto.
Al centro del dipinto Giuda bacia Cristo, avvolgendolo in un abbraccio che fa delle due figure un unico solidissimo blocco, che l’ampio mantello giallo dell’Apostolo traditore panneggia con compostezza solenne. Attorno ai protagonisti, si agita la folla tumultuosa delle guardie (sulla destra) e quella degli Apostoli (sulla sinistra).
Anche in assenza di qualsiasi riferimento paesaggistico o architettonico il senso della profondità spaziale è suggerito in modo straordinariamente realistico dal convulso agitarsi di lance e alabarde che si stagliano nitidamente contro l’azzurro intenso di un cielo già notturno.
I corpi dei personaggi minori sono realizzati in modo massicciamente compatto e anche la scelta dei colori delle vesti, alternativamente caldi e freddi, contribuisce a evidenziare la maestosa solidità fisica delle figure.
La posizione frontale, tipica di tutti i dipinti di tradizione gotica e bizantina, presuppone che le scene siano composte appositamente per essere guardate, come su di un palcoscenico teatrale. In Giotto, al contrario, i personaggi appaiono sempre intenti all’azione e incuranti degli eventuali spettatori, tanto che possono tranquillamente permettersi non solo di non guardarli direttamente, ma anche di voltare le spalle. I personaggi visti da dietro sono un espediente per coinvolgere lo spettatore nell’azione.
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La Carità (Kàritas)
DATI: Affresco, 120×60 cm
Nello zoccolo monocromo con le allegorie delle sette Virtù e dei sette Vizi Capitali, il grande pittore fiorentino si cimenta nel simulare una ricca fascia decorativa in marmi policromi e di rendere, con il chiaroscuro, il senso del rilievo e del volume tipico di una scultura a tutto tondo.
Si tratta di una prova di abilità straordinaria, per realizzare la quale Giotto ha studiato i marmi antichi (a Roma) e quelli bizantini. Nella celebre allegoria della Carità (Karitas) l’artista rappresenta una statua in marmo bianco, riuscendo a dare l’illusione concreta della terza dimensione.
I modelli di riferimento sono probabilmente ripresi dalle sculture di Giovanni Pisano.
Il personaggio veste i panni di una fanciulla che regge con la mano destra un cestino, simbolo dei frutti che la terra dona in tutte le stagioni; con la sinistra, offre sorridente il proprio cuore a Gesù. La rappresentazione della statua è all’interno di una nicchia in prospettiva, anticipando il senso dello spazio rinascimentale.
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Coretti
DATI: Affresco
Dove il gioco prospettico si fa più raffinato e ardito è nei due cosiddetti coretti posti ai lati dell’arco trionfale subito sopra lo zoccolo perimetrale dipinto a finto marmo.
Essi sono inquadrati attraverso due archi a sesto acuto e simulano la presenza di due ulteriori locali retrostanti coperti con volte a crociera e illuminati grazie a esili bifore.
Dal centro delle crociere dei coretti, infine, pendono due lampadari cilindrici in ferro battuto, che aiutano ad accrescere l’illusione della profondità spaziale.
La prospettiva giottesca libera i personaggi, le architetture e gli oggetti dall’immobile astrattezza della tradizione pittorica gotico-bizantina, cercando di proiettarli in una dimensione più vicina alla realtà quotidiana.
È per questo motivo che le narrazioni bibliche della cappella sono così cariche di spontaneità ed efficacia, come se quegli antichissimi avvenimenti si stessero svolgendo sotto i nostri occhi.
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italystorytelling · 4 years ago
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Ho sempre visto Tignale come un sinonimo di monotonia e ora che sono lontana e vivo nel caos della città quella routine mi manca. Parcheggio la macchina sempre nello stesso lato del piazzale Francesco d’Assisi, saluto il signor Enrico e lancio uno sguardo alla facciata in pietra del municipio ancora scaldata dal sole. Sapendo che sicuramente incontrerò almeno un paesano che mi saluterà con un “ehi milanese” mi dirigo verso la piazza Umberto I, un porto sicuro dove da bambina saltellavo da una lastra all’altra di marmo che creano una stella indicante il cuore di Tignale, lì mi siederò al solito tavolino del bar Roma per bere un’acqua e menta. Quella piazza mi fa sentire sicura, protetta e nei giovedì sera d’estate quando si scalda di musica e risate è il posto perfetto dove non pensare a nulla.
Rebecca Bontempi
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heyitsararts · 4 years ago
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MONUMENTO FUNERARIO DI MARGHERITA DI BRABANTE
Nome🌹: monumento funerario di margherita di brabante
Autore🌹: Giovanni Pisano
Data🌹: 1313-14
Materiale e tecnica🌹: marmo
Contesto originale🌹: Fu commissionata per la morte della moglie di Enrico VII di Lussemburgo. Margherita inoltre, che morì a Genova a soltanto trent'anni, fu sepolta nella Chiesa di San Francesco di Castelletto e fu immediatamente venerata come una santa.
Stile e descrizione🌹: Questo monumento funerario era addossato alla parete ed era composto da un sarcofago sorretto dalle quattro virtù cardinali (scelta che fu molto fortunata in seguito, ma che per l'epoca era innovativa). Margherita era raffigurata come se appunto uscisse dal sarcofago, sollevata da due angeli: questa è l'iconografia dell'elevatio animale (la rapprentazione dell'anima che la potenza divina attraverso a sé nell'istante in cui la persona muore). Dunque questo gruppo, quello dell'elevatio animae, forma la parte più consistente del monumento. L'iconografia è originale e inoltre tramite dei fori la luce contibuiva ad animare con un gioco di luce il volto dell'imperatrice. La fascia che incornicia il volto di Margherita è decisamente il solo elemento che effettivamente ricorda il vero volto dell'imperatrice. Inoltre troviamo la stola immortalis, ovvero una benda incrociata sul petto, che era un elemento che contraddistingueva i santi.
Collocazione attuale🌹: Genova, Museo di Sant'Agostino.
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istanbulperitaliani · 5 years ago
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Hagia Sophia
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Hagia Sophia (Saggezza Divina) o Basilica della Santa Sofia è il maggior esempio di architettura bizantina al mondo.
Visto che potete trovare maggiori informazioni praticamente ovunque mi limito a qualche dettaglio.
La costruzione della chiesa fu voluta dall'imperatore Giustiniano e realizzata nel 532. Nel cortile d'ingresso si possono ammirare alcuni resti della chiesa precedente all’attuale edificio e risalenti all’imperatore Teodosio II.
Si accede nella basilica dalla porta imperiale che era riservata al solo imperatore bizantino e al suo seguito. Ciò che colpisce una volta varcato l'ingresso sono le vaste proporzioni del'ambiente e la bellissima cupola.
“Il paradiso terrestre, il secondo firmamento, il veicolo dei Cherubini, il trono della gloria di Dio” questa era Hagia Sophia per i bizantini.
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Quando gli ottomani conquistarono la città nel 1453 la basilica venne convertita in una moschea con l'aggiunta dei minareti. Potete notare il mihrab vicino all'abside che indica la direzione della Mecca.
Il piano superiore è decorato con mosaici che rappresentano veri capolavori dell'arte bizantina. Tra questi segnalo quello raffigurante la deesis dove la Vergine Maria e Giovanni Battista chiedono l'intercessione a Cristo. Quando l’edificio venne trasformato in una moschea gli elementi di arte cristiana vennero o coperti o camuffati.
Sui parapetti della Basilica sono presenti anche dei graffiti in runico lasciati dai guerrieri vichinghi che formavano la Guardia Variega, il corpo armato a servizio dell'Imperatore. In un angolo c‘é la tomba del doge veneziano Enrico Dandolo.
Potete notare le deformazioni degli archi: una chiara testimonianza dei 1500 anni di età di questo edificio.
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Nel 1934, il primo presidente turco e fondatore della Repubblica turca, Mustafa Kemal Atatürk, trasformò l'edificio in un museo. I tappeti della moschea vennero tolti e l'antico pavimento di marmo riapparve dopo secoli in cui erano stato coperto. L'intonaco bianco che copriva molti dei mosaici venne abilmente eliminato restituendo l'antico splendore ad uno dei monumenti più visitati e importanti di Istanbul.
Il museo dal 24 luglio 2020 é ritornata ad essere una moschea. Il piano superiore é visitabile a pagamento.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città.
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Carrara: Con-vivere Carrara Festival, edizione 2023 dedicata al tema "umanità"
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Carrara: Con-vivere Carrara Festival, edizione 2023 dedicata al tema "umanità". Sarà dedicata al tema dell'umanità l'edizione 2023 di Con-vivere Carrara Festival. L'evento, che si svolge dal 7 al 10 settembre a Carrara ed è promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, è stato fondato e curato per quattordici edizioni da Remo Bodei ed ogni anno si è avvalso della collaborazione di un consulente scientifico, scelto sulla base del tema: Chiara Saraceno ha curato l'edizione "diritti", Telmo Pievani il programma 2021 dedicato a "cura", Maurizio Ferraris l'edizione 2022 su "tracce". "Il festival è ormai una tradizione per la città di Carrara e per tutta la provincia - ha detto il consigliere regionale Giacomo Bugliani - uno dei più importanti per lo sviluppo della cultura e del pensiero. Gli orizzonti che Con-vivere ha raggiunto sono ampi e si aprono ad esperienze anche estere. Il nostro territorio si identifica in questa manifestazione che ogni anno riesce a toccare temi di grande delicatezza, quest'anno l'umanità colta in tutte le sue sfumature anche come rispetto del prossimo". "La Toscana – ha aggiunto la presidente della commissione regionale Cultura Cristina Giachi - si conferma una terra ricca di eventi culturali radicati nei territori e pronti ad aprirsi ad un pubblico e una comunità sempre più ampi. Un patrimonio di grande valore che come amministrazione regionale continueremo a sostenere e a promuovere, affinché la cultura si consolidi come motore di crescita e di benessere, diffuso e accessibile a quante più persone possibili". Questa edizione vedrà più di venti incontri di parola fra conferenze, dialoghi e dibattiti, sei spettacoli e oltre trenta eventi collaterali fra laboratori di cucina, spazio bambini, mostre, incontri, passeggiate a tema alla scoperta del territorio e tra gli ospiti ci saranno Stefano Massini, Alessandro Bergonzoni, Stefano Mancuso, Roberto Cingolani, Maurizio Ferraris, Telmo Pievani, Chiara Saraceno. E poi ancora la musica dei Tiromancino, dell'Orchestraccia e della talentuosa Frida Bollani Magoni; un evento omaggio a Bob Dylan e uno spettacolo dedicato ai temi del cambiamento climatico con Elisa Palazzi e Stefano Taddia. "Il tema di questa edizione di Con-vivere - ha detto Laura Beolla, consulente scientifica 2023, -attraversa la mostra vita quotidiana, le nostre paure ma anche le nostre speranze. Sarà questo il filo conduttore degli incontri: come imparare a essere umani oggi? Occorre una grammatica dell'umano per comprendere cosa ci rende umani oggi in un mondo in cui tutto sta cambiando". "E' un'edizione ricca per i 18 anni del festival - ha aggiunto la direttrice del festival Emanuela Mazzi - con circa 70 eventi e iniziative che ruoteranno attorno a un tema chiave per leggere la contemporaneità. L'immagine, che abbiamo scelto per rappresentarlo, rimanda all'idea di una umanità in cammino chiamata a riflettere sul proprio futuro" Enrico Isoppi, presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara ribadisce che "il festival mette in moto una rete ampia di sostenitori e partner dal Comune di Carrara, all'Accademia di Belle Arti di Carrara, Camera di Commercio Toscana Nord Ovest, Fondazione Marmo oltre ad associazioni, scuole e operatori culturali e turistici, a cui quest'anno si aggiungono Acri e Lucca Film Festival, che contribuiscono ad arricchire il programma" Per gli incontri di parola, i relatori affronteranno ciascuno un argomento relativo al tema del festival, per indagare, attraverso conferenze e dialoghi a due voci, il confine fra umanità e disumanità, i "luoghi" in cui oggi il nostro essere umani entra in fibrillazione, le esperienze attraverso le quali possiamo definire i contorni della vita su questo pianeta. Gli spettacoli offriranno un percorso ricco e variegato che attraverserà anche più generi musicali: il jazz, la lirica, la musica popolare e la musica leggera: il 7 settembre con Frida Bollani Magoni, a seguire la Fantomatick Orchestra; l'8 settembre il concerto "E in un sol bacio e abbraccio tutte le genti amar" organizzato dal Circolo "Amici della lirica A. Mercuriali" e "Un uomo chiamato Bob Dylan": scritto e interpretato dal giornalista, scrittore e musicista Ezio Guaitamacchi. La musica della terza serata del festival, il 9 settembre sarà all'insegna della festa, del canto popolare e del ballo. Protagonista sarà l'Orchestraccia un gruppo di musica folk-rock ispirato alla tradizione e cultura romana. La chiusura del festival sarà dedicata il 10 settembre alla grande musica cantautoriale italiana con i Tiromancino. Fra le attività interattive del programma si segnalano, in particolare il progetto Human library della Biblioteca Civica "Lodovici" di Carrara, l'8 settembre dal titolo "Diritti... è una lunga storia" (8-9 settembre). Fra le mostre, Noocene, curata da Silvia Vannacci. Lucca Film Festival quest'anno si impegna a portare il cinema, in alcune città della Toscana con il progetto "LFF sotto le stelle" con il sostegno della Camera di Commercio Toscana Nord Ovest. La partnership con con-vivere permetterà di realizzare una serata cinematografica speciale, arricchita dalla presentazione e proiezione di un film selezionato, "Tropic of Violence"... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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palazzomondo · 2 years ago
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Nel gennaio del 1818 Antonio Canova, ormai all’apice della sua fama europea, firmava per garantire il contratto di locazione del suo “studio di uso di scultura”, a favore del suo allievo prediletto, il promettente Adamo Tadolini: i locali situati all’angolo di Via del Babuino e Via dei Greci, nella zona di Roma tradizionalmente animata dalle botteghe degli artisti, già da anni erano occupati dal Canova stesso il quale vi aveva condotto a termine numerose commissioni. Con Adamo instaurò un intenso rapporto di collaborazione, ritenendolo il più capace dei suoi allievi e forse l’unico erede spirituale, affidandogli numerosi incarichi, concedendogli il compito di riprodurre, sotto stretta sua osservanza, le sue opere più celebri. Dal 1818 al 1967 l’Atelier di Via del Babuino è rimasto in possesso di quattro generazioni di scultori appartenenti alla famiglia Tadolini: di padre in figlio si è tramandata l’arte della scultura animata, di volta in volta, dallo spirito culturale del tempo. Si conserva in questi ambienti, la memoria di due secoli di scultura italiana: modelli preparatori di opere finite conservate in ogni parte del mondo, sculture in marmo ed in bronzo, esercitazioni anatomiche, strumenti del mestiere custoditi secondo la casualità, secondo l’originario, fascinoso disordine che fu dello studio. Il restauro conservativo ha voluto mantenere inalterata la particolarissima atmosfera rispettando i colori, i materiali e il casuale accostamento delle opere: preziosa, probabilmente unica testimonianza del genere, la collezione non segue un criterio di catalogazione ma accosta esemplari dell’arte senza tempo di Canova e di Adamo, ad opere di spirito romantico, polito di Scipione o Giulio, ad opere di carattere più intimo e privato di Enrico: dall’eleganza della grazia neoclassica alla dimensione borghese del XX secolo grazie ad un eccezionale raccolta di sculture (presso Museo Canova Tadolini) https://www.instagram.com/p/Ciun8w0g5ZNMftWX5ti3K4_7hleXA3_kX4gwJE0/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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floweredalmond · 3 years ago
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Sepolcro della famiglia Stuart, Antonio Canova, 1817-1819, marmo scolpito a tutto tondo.
Il monumento funebre è rappresentato da una struttura a piramide tronca sormontata da una cornice scolpita. In alto, al di sotto di tre ghirlande classicheggianti, sono scolpiti i busti di profilo degli Stuart. Al si sotto, al centro della facciata, sono poste le epigrafi mentre in basso, centralmente è visibile un grande portone a due battenti. Infine, ai lati, due angeli nudi, guardiani dell’aldilà presidiano l’ingresso. La luce scivola sulla superficie del monumento e crea deboli chiaroscuri per via delle forme poco rilevate. Il monumento funerario è dedicato a Giacomo Stuart III ed ai suoi figli Carlo Edoardo ed Enrico, cardinale, che morirono in Italia.
Si trova nella Basilica di San Pietro (Città del Vaticano).
Approfondimento:
https://checkinblog.it/luoghi-degli-stuart-scozia-a-roma/
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personal-reporter · 1 year ago
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Una collezione inattesa alle Gallerie d’Italia a Milano
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Il dialogo tra le diverse ricerche scultoree di alcuni protagonisti del XX secolo sarà in scena alle Gallerie d’Italia di Milano fino al 22 ottobre con il percorso espositivo temporaneo Una collezione inattesa. Viaggio nel contemporaneo tra pittura e scultura, a cura di Luca Massimo Barbero, curatore associato delle Collezioni di Arte Moderna e Contemporanea della Banca. Una selezione di oltre 70 opere, solitamente non esposte nella sede milanese, come le più recenti acquisizioni della Collezione Intesa Sanpaolo, è in un dialogo tra le diverse ricerche scultoree di alcuni degi artisti del XX secolo a confronto con importanti approfondimenti sulla pittura del secondo dopoguerra. A rappresentare la raccolta di sculture della Collezione Henraux, nel monumentale spazio di ingresso nel museo, è la grande opera in marmo bianco Femme Paysage di Jean Hans Arp, del 1966. Se le prime sale ospitano grandi artisti del Novecento come Arturo Martini con La Pisana, Marino Marini con la Pomona e Giacomo Manzù con il Grande Cardinale Seduto, raramente esposte insieme, riunite adesso come emblematiche delle radici della scultura italiana, la sala dedicata a Fausto Melotti presenta per la prima volta un ricco corpus fittile del maestro, protagonista anche della scultura ceramica, con 19 opere rappresentative dei suoi contenitori e vasi ceramici tra cui quattro importanti Korai. Tra i protagonisti di una delle sale spicca Lucio Fontana in  rimando al tema dello Spazialismo, con opere come il grande Concetto spaziale. Attese del 1965. Per dare continuità alla tradizione della scultura in ceramica sono stati riuniti per l’occasione alcuni piatti denominati Antica Savona, oltre all’importante nucleo delle tre Nature in bronzo e terracotta. L’azzeramento e la monocromia nell’arte contemporanea internazionale dei primissimi anni Sessanta hanno il loro cuore nella scultura Complex Form di Sol LeWitt, entrata da poco nelle collezioni Intesa Sanpaolo, con un confronto tra un maestro del minimalismo americano come Robert Ryman e i protagonisti della ricerca italiana come Piero Manzoni, Alberto Burri, Toti Scialoja e Enrico Castellani, quest’ultimo presente con Superficie bianca 35 del 1966.  Le ricerche legate all’astrazione e al segno della pittura alla fine degli anni Cinquanta hanno in dialogo Carla Accardi con l’opera Senza Titolo, Giulio Turcato e Antonio Sanfilippo con Superficie 45/C/6, oltre a Il flauto di canna di Corrado Cagli, che incarna la continuità del grande pittore aprendo le sperimentazioni degli anni Sessanta e introdce idealmente al nucleo di sculture di Pietro Consagra, come Bifrontale malachite, dedicate al tema della ricerca sulle Pietre e sui Marmi che l’artista conduce tra il 1970 e il 1980. Il percorso include opere di artisti che, partendo dall’astrazione classica, arrivano al secondo dopoguerra con una pittura minimale, come Bice Lazzari  con Misura 9. Inoltre il museo di Milano, insieme a quelli di Napoli, Torino e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola, executive director Arte, Cultura e Beni Storici della Banca. La mostra si potrà visitare martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì dalle 9.30 alle 22.30. Read the full article
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abr · 4 years ago
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A scagliarsi contro il leader della Lega (a Pontassieve, Fi) è stata una giovane 30enne originaria del Congo, immigrata regolare in Italia. La donna (...) si è avvicinata al leghista urlando più volte "Io ti maledico". Poi gli ha strappato camicia e catenina (...). Subito bloccata dalle forze dell'ordine, la 30enne è stata denunciata. (...) (...) Se Salvini ha dichiarato di non "usare il fatto per la campagna elettorale", quanto accaduto nel comune toscano potrebbe comunque influire sui risultati delle urne. A pensarlo è Enrico Mentana. Sul suo profilo Instagram, il direttore del TgLa7 ha commentato l'aggressione (...) spiegando che "rischia di essere, a parti invertite, un episodio chiave come la scena del citofono a Bologna". (...)  Secondo molti analisti, (quell') episodio (ebbe) un ruolo nella sconfitta della candidata di centrodestra, Lucia Borgonzoni. Ora invece le cose potrebbero andare nel verso opposto.
https://www.ilgiornale.it/news/politica/salvini-aggredito-profezia-mentana-episodio-chiave-1888929.html
Gli episodi “pesano” così tanto? Mah, non lo so, cmq. che lo pensino fa capire quanto la gara sia in bilico, e che lo sia è già un mezzo successo. 
Positivo comunque che i ben-pensanti simpatizzanti per qualunque cosa non sia Salveneeh come Mentana, esecrino un episodio VIOLENTO (cosa che la citofonata non fu: concordo Mentana, i due episodi NON vanno posti sullo stesso piano). 
Chissà che da noi questi anticorpi preservino la sinistra da derive Antifa e Blm like come in Usa e questi “duomi di marmo in faccia” rimangano confinati alle reazioni reazionarie di elementi isolati. Indirettamente, chissà che tale presa di distanza “spieghi” anche agli immigrati che qui non esiste tolleranza per import di impulsività fuori controllo voodoo in nessuna situazione, né pubblica né privata. 
Si, ho la tendenza a vedere il bicchiere mezzo pieno: per un Mentana sai quanti i coglioni dillà che si credono spiritosi e fan battutone dismissive che eccitano il demente di turno. 
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