#Dal Colle
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In un famoso videogioco di Lara Croft la protagonista diceva "credo di stare per innamorarmi", ecco queste sono le sensazioni che ho provato io visitando Pietraporzio e il lago e la successiva frazione di Ponte Bernardo. A una quindicina di chilometri dal Colle della Maddalena! (Provincia di Cuneo)
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“ Lipari è la migliore di tutte le isole in cui sono deportati gli oppositori al regime. Prima del fascismo, vi erano relegati i delinquenti comuni dichiarati incorreggibili. La zona riservata ai confinati era di un chilometro quadrato: attualmente è ridotta a poche centinaia di metri. Sentinelle e pattuglie sbarrano le vie d’accesso. Per cinquecento deportati prendevano servizio trecento agenti e militi fascisti. Attualmente vi sono cinquecento militi fascisti: dietro ogni deportato un milite. Solo pochi deportati, malati o con famiglia, possono abitare nelle case private: gli altri sono obbligati a dormire nelle caserme, dentro le mura di un antico castello. La popolazione simpatizza con i deportati, ma sono vietati i rapporti. In venti mesi, dal novembre cioè del 1927 all’agosto del 1929, io non ho potuto avvicinare che il medico. Il deportato deve vivere segregato dal mondo. I giornalisti stranieri che hanno visitato Lipari non hanno parlato che con gli agenti di polizia. Un giornalista americano, per il Natale del 1927, visitò l’Isola espressamente per passare le feste con il suo amico deputato Morea. Gli fu vietato lo sbarco. Il mare è continuamente guardato da barche, da motoscafi veloci della regia marina e da un canotto da guerra: su tutti vi erano riflettori e mitragliatrici; sul canotto c‘è anche un cannone. Di giorno e di notte, ispezionano le coste. Il controllo sulle navi che approdano nell’Isola, è fatto colle norme del tempo di guerra. Tutti gli estranei che sbarcano nell’Isola sono sottoposti a perquisizioni personali. “
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, introduzione di Giovanni De Luna, Einaudi (collana ET Scrittori n° 1037), 2008⁴, pp. 180-181.
NOTA: Questo memoriale antifascista fu pubblicato dall'autore in esilio a Parigi dapprima nel 1931 per un pubblico internazionale, quindi nel 1933 in lingua italiana (col significativo sottotitolo Fascismo visto da vicino) dalla casa editrice parigina "Critica". Il libro fu edito in Italia già nel 1945 dall'editore Einaudi nella Collana "Saggi".
#Emilio Lussu#memoriale#letture#leggere#libri#saggistica#Marcia su Roma e dintorni#antifascismo#isole Eolie#Lipari#ventennio fascista#antifascisti#evasioni#mar Mediterraneo#Partito Sardo d'Azione#carcere#libertà#citazioni#fuorusciti#confino di polizia#detenzione#Resistenza#Storia d'Europa del XX secolo#dittatuta#politici italiani#esilio#Giovanni De Luna#XX secolo#Mussolini#Storia d'Italia
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Non a torto c’è chi sta ironizzando sull’euforia ennesima della sinistra italiana per un’affermazione elettorale di una sinistra fuor d'Italia: giovedì in Gran Bretagna (vittoria a valanga del Labour); stasera – secondo i pronostici – in Francia per la "resistenza" del Nuovo Fonte Popolare contro il Rassemblement National. (...)
L’ironia sulle “vittorie per procura” intestatesi dalla sinistra in Italia mette alla luce il loto tenersi tiene accuratamente lontani (...) dai tentativi di analisi, occultando ad esempio (che il Labour vince contro i Tory più di sinistra mai visti perché si sposta al centro e) che qui il “Nuovo Fronte Popolare” lo abbiamo già visto all'opera in anni recentissimi. La coalizione fra M5s e Pd ha governato il Paese dal settembre 2019 al febbraio del 2021.
Cos’è stata infatti la pseudo maggioranza posticcia demo-grillina depurata della Lega (Conte II) se non un “Nuovo Fronte Popolare”? Un caso non così dissimile da quello francese odierno: un cartello elettorale d’emergenza di forze politiche perdenti alle elezioni europee.
Anche in Italia infatti, nel 2019, il “ribaltone” chiamato dalla presidenza della Repubblica Garante del Pd (pur non dotato dei poteri del presidente francese e minoritaria sia nelle urne che in Parlamento) ebbe come fine quello di contrastare l’avanzata elettorale del centrodestra: che la Lega, in particolare, puntava a replicare dal voto europeo a elezioni politiche nazionali anticipate. Sarebbe successo nel 2022 e Meloni ringrazia. (...)
Il “campo largo” a sinistra resta un chimerico feticcio elettorale: buono solo per recriminare sulle vittorie mancate. O per festeggiare i successi altrui.
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Alessandro Gilioli
Può sembrare che un po' abbiano ragione i fascisti di Acca Larenzia: la commemorazione con i saluti romani c'è sempre stata, dal 1979 in poi, perché quindi lo scandalo a questo giro?
Forse, tuttavia, un breve - brevissimo - riassunto di storia recente può darci qualche informazione in più, sul perché.
Storia molto recente: siamo nel gennaio del 2012. Quando, sempre nel giorno dell'anniversario, i neofascisti cambiarono in via Acca Larenzia una serie di cose, a iniziare dalla targa che commemorava le tre vittime.
Quella precedente era stata posta nel 1978 in una cerimonia guidata da Gianfranco Fini, allora segretario generale del Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile del Msi. Le tre vittime della strage, in quella prima lapide, erano definite "vittime della violenza politica". C'era anche un appello: "Per la libertà e per un'Italia migliore".
Ecco, in quel sabato 7 gennaio 2012 quella lapide venne sostituita da un gruppo di ex missini che contestavano a Fini la sopravvenuta svolta moderata e la condanna del fascismo. Sulla nuova targa c'era scritto che i tre erano stati uccisi "dall'odio comunista e dai servi dello Stato". La firma: "I camerati". I muri attorno alla targa vennero dipinti con murales d'ispirazione tra il romano-imperiale e il fantasy ma soprattutto con una gigantesca croce celtica.
Chi erano quei giovani ex missini che nel gennaio del 2012 inscenarono un restyling commemorativo così identitario, rivendicativo del fascismo e di fatto polemico verso Fini?
Era il gruppo che solo dieci mesi dopo avrebbe fondato Fratelli d'Italia, inclusa l'attuale premier Giorgia Meloni. Con lei, a deporre la targa firmata "i camerati", c'erano tra gli altri Federico Mollicone e Fabrizio Ghera, entrambi tra i fondatori di Fratelli d'Italia. Con loro, quasi tutti i camerati di Colle Oppio, l'ex sede del Msi di Meloni da cui è uscito l'attuale gruppo dirigente del Paese.
In altre parole: quella commemorazione del 2012 - con i suoi saluti romani, la sua nuova targa, la sua grande croce celtica, i suoi richiami imperiali e i suoi "presente!" - è di fatto l'atto fondativo del partito che oggi governa l'Italia. Una fondazione realizzata in contrapposizione al vecchio gruppo dirigente finiano che dal Msi-An era confluito nel Pdl.
Forse per questo ha qualche senso parlarne. E forse per questo Meloni non è esattamente estranea alla sceneggiata dell'altro ieri.
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Esci dalla statale a sinistra e
scendi giù dal colle. Arrivato
in fondo, gira ancora a sinistra.
Continua sempre a sinistra. La strada
arriva a un bivio. Ancora a sinistra.
C’è un torrente, sulla sinistra.
Prosegui. Poco prima
della fine della strada incroci
un’altra strada. Prendi quella
e nessun’altra. Altrimenti
ti rovinerai la vita
per sempre. C’è una casa di tronchi
con il tetto di tavole, a sinistra.
Non è quella che cerchi. È quella
appresso, subito dopo
una salita. La casa
dove gli alberi sono carichi
di frutta. Dove flox, forsizia e calendula
crescono rigogliose. È quella
la casa dove, in piedi sulla soglia,
c’è una donna
con il sole nei capelli. Quella
che è rimasta in attesa
fino a ora.
La donna che ti ama.
L’unica che può dirti:
“Come mai ci hai messo tanto?”
Raymond Carver
Dipinto di Edward Hopper
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if you could re-draft the 2014 draft, how would it look like?
The top three are pretty much non-disputable:
1st - Leon Draisaitl (originally 3rd)
2nd - David Pastrnak (originally 25th)
3rd - William Nylander (originally 8th)
Dylan Larkin would have definitely been higher than the original 15th, Brayden Point as well (the guy was drafted 79th), Sam Reinhart would drop out of his original 2nd and so would Aaron Ekblad from his 1st. Jakub Vrana would have also been much lower than 13th - he is talented, with a great shot, but too many hold-backs surrounding and encountering him.
It's literally crazy how many complete busts that draft had in its first round - Michael Dal Colle (5th), Jake Virtanen (6th), Haydn Fleury (7th), Nick Ritchie (10th), Brendan Perlini (12th), Julius Honka (14th)... It's insane to realize that all these guys were drafted WAY before Pasta and it shows you that a high draft position doesn't automatically secure you success in the league.
#nhl#nhl players#2014 nhl draft#nhl draft#nhl re-draft#leon draisaitl#david pastrnak#william nylander#dylan larkin#brayden point#sam reinhart#aaron ekblad#jakub vrana
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Hi! Any 'hockey but Something's Different' recs that you have?
obviously as soon as i saw this question i forgot everything i've ever read in my life. anyway, jess @bropunzeling is really good at this imo, and i've really enjoyed all of her contributions to the genre (supernatural elements, omegaverse, women in the nhl, werewolves, soulbonds)
anyway having perused my bookmarks and crowdsourced with some friends, in no particular order:
jeff/mike where jeff is a demon
ovi + nicky + werewolves
leon + michael dal colle + vampires
pk + carey + daemons
pk + carey + fae
roman + shea + talking animals
usntdp mutants (the fic is jack/nico)
mason mct + connor b + women in the nhl
matthew + leon + animal transformation
there's tons more i'm sure but i reached a point in my bookmarks where i simply could not look at things i saved in 2014 and wonder why i was ever even compelled by those two people together any more. so i stopped. please feel free to share your own contributions!
#realized in compiling this that the first hockey fic i ever read kinda fits the brief. but telling you that spoils the twist. oh no#i did not include it but if you ask me in like a week or something i'll say what fic it was 😂#anyway there's a lot of stuff that i didn't rec because i'm not comfortable reccing fic about the people involved anymore 😵💫#or because i have one-sided (or mutual) beef with the author#i will grimly say that if you go into the mce/ichel tag there's a lot of magic/soulbonds/other stuff that probably qualifies for this#and is well written. however. i saw e*chel's twitter likes in november of 2016 so. yeah.#honestly considered excluding the ovi one lmao. there’s a reason there’s only one#ask maggie
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ARRIVA IL ROBOT CHE ELIMINA I PESTICIDI NELLE VIGNE
Si chiama ICARO X4 il rover elettrico sviluppato dalla start-up trevigiana Free Green Nature allo scopo di ridurre l’utilizzo di pesticidi in agricoltura. Il robot a guida autonoma contrasta funghi e microrganismi presenti sui vigneti mediante l’uso di radiazioni Uv-c, prevenendo malattie come la peronospora, l’oidio e la botrite. Le radiazioni emesse hanno una lunghezza d’onda tale da attraversare la parete cellulare dei più comuni patogeni causandone così l’inattivazione e stimolando, al contempo, le difese immunitarie della vite.
Ad azionare il rover provvede un laboratorio ambientale installato su un palo che analizza tramite speciali sensori fattori come: velocità del vento, temperatura, umidità e punto di rugiada. Un algoritmo analizza i dati raccolti e, al verificarsi delle condizioni per una possibile infezione, invia un segnale radio di attivazione al robot per stabilire velocità di navigazione, potenza di emissione e frequenza dei passaggi; fattori chiave per la tempestività del trattamento poiché le radiazioni, a differenza dei normali pesticidi chimici, non permangono a lungo sulle foglie. ICARO X4 può coprire, a seconda delle condizioni del terreno, fino a 15 ettari di vigneto con un’autonomia di 72 ore ed è frutto di oltre 30 anni di sperimentazioni del suo inventore, Valter Mazzarolo, che dal 1992 ha iniziato a testare le potenzialità dei raggi ultravioletti in agricoltura. La start-up con sede nel piccolo comune di Colle Umberto, in provincia di Treviso, sta sperimentando l’uso del rover in altre colture, come i meleti dell’Alto Adige.
___________________
Fonte: Free Green Nature; foto di Maschio Gaspardo
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Il mio omaggio a #Outlander
Ho finito Outlander, non ne avrò più di nuovo fino a Novembre, oltretutto è finito su un cliffhanger devastante, e io in questo momento, in preda a una vera e propria sensazione di astinenza come mi era successa soltanto con qualche libro da giovane, vorrei potermi smemorizzare come un hard disk.
Invidio chiunque di voi là fuori, anime affini, che non l’abbia ancora visto.
Probabilmente non è pane per i denti di tutti - ad esempio per me la scintilla non è mai scattata con Game of Thrones, e nemmeno con quel freddissimo capolavoro di Boardwalk Empire, per citare alcune serie che scaldano il cuore dei più ma non il mio- ma se amerete Outlander come l’ho amato io in questo mese, in cui mi ha tenuta calda la sera prima di dormire, come avevano potuto fare soltanto i libri della mia infanzia, state per godervi una delle storie più appassionanti degli anni duemila.
Claire (pure il nome!), infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale sui fronti orientali e africani e nelle retrovie del D-Day, nel 1945, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore.
Irrequieta e vivacissima, intelligente e piena di bontà, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, anche lui militare britannico dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono, per cercare di salvare il proprio matrimonio, di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, in una vacanza nei pressi del borgo medievale di Inverness, sulle montagne del nord del paese, per tornare a riconoscersi.
Qui Claire, durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle, dove la notte precedente lei e suo marito, storico militare, avevano assistito a una danza di un gruppo di persone del luogo che avevano salutato l’alba con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”: la storia non lo spiega ma qualche rara persona, forse per un retaggio magico e soprannaturale, per qualche lascito genetico extraterrestre o fatto della stessa essenza della Scozia immortale, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh na Dun, nel cerchio di pietre, Claire, ipnotizzata dal loro canto, che solo lei può sentire, si appoggia ad una di esse e improvvisamente viene catapultata indietro di 200 anni, nel bel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover (gli odierni Windsor).
Da questo inizio sorprendente parte un’avventura alla “Angelica” che attraversa quarant’anni di storia europea e americana, vista attraverso gli occhi puri di Claire, eroina indomita e indimenticabile, pronta ad attraversare tempo e spazio per restare fedele al suo cuore e a quella che è, sempre in dubbio se poter cambiare la storia che lei conosce, o lasciare che le cose (e il dolore che ne deriva) facciano il loro corso ineluttabile.
Outlander è una storia indefinibile, non bene inquadrabile e molto originale, nessuno aveva mai pensato di ambientare un’opera sostanzialmente di fantascienza classica (c’è tutto Herbert G.Wells) nell’ambito delle guerre continentali tra settecento e primi dell’Ottocento, rappresentate come in un romanzo storico più che in un romance di costume e in costume.
L’originalità è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” con la protagonista che si laurea in medicina, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia e vive sostanzialmente una vita dissociata (lei è *sempre* straniera, “outlander”, “sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi) nella Boston della Golden age del secondo dopoguerra, poi torna dal suo grande amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie nel settecento, ma vent’anni dopo, ed entrambi hanno già qualche filo grigio tra i capelli.
Si tratta di una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, ma di una qualità stellare.
Con momenti anche di stanca (avrei evitato sia la storia del pirata nella quinta stagione sia quella dello stupro di gruppo, c’è qualche scena d’amore sessuale di troppo per i miei gusti, io sono per il vedo non vedo), ma anche momenti di poesia purissima - l’episodio dello schiavo nella piantagione americana salvato da Claire soltanto per poi doverlo poi consegnare, il vecchio crudele abbandonato nella cabina dalla sua moglie bambina; le prime stagioni (meravigliose) che vedono “in diretta” la fine di un mondo ancora quasi medievale come quello delle highlands, in cui si usavano ancora le spade seicentesche di Toledo, per forza di quelli (gli inglesi) che erano a tutti gli effetti degli oppressori, le scene di battaglia nel nuovo mondo e tutto il filone sulla rivoluzione americana, le scene caraibiche degne di Stevenson e i suoi tesori nascosti, le traversate degne di Patrick O’Brian se non di Conrad, il mistero delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”, il personaggio struggente di Lord John, capo militare inglese, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita sapendo di non poterlo mai avere, la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento (Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega)… come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, come dice Jodorowsky. E in questo Ronald Moore (Battlestar Galactica) e Toni Graphia (Dr.Quinn, Medicine Woman) sono maestri.
Elegantissimo pastiche (polpettone? Polpettone sia), Outlander per me resta una delle cose più belle di sempre, degna dei miei libri di bambina, e del ricordo della mia mamma che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, ne è valsa davvero la pena.
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Rara Avis
Moda in volo alle Uccelliere Farnesiane
a cura di Sofia Gnoli
testi di Emanuele Coccia, Karen Van Godtsenhoven, Peter McNeil, Natsumi Nonaka e Simona Segre-Reinach
Marsilio Arte, Venezia 2024, 129 pagine, 17x24cm, ISBN 9791254632086
euro 24,00
email if you want to buy [email protected]
Di magia e metamorfosi parlano gli abiti e gli accessori protagonisti della mostra Rara Avis. Moda in volo alle Uccelliere Farnesiane, dedicata all’arcana corrispondenza che lega la moda al mondo ornitologico. In occasione dell’esposizione visitabile dal 24 aprile al 21 luglio 2024 alle Uccelliere Farnesiane sul Palatino, Marsilio Arte pubblica il catalogo Rara Avis. Moda in volo alle Uccelliere Farnesiane a cura di Sofia Gnoli, studiosa di moda e curatrice della mostra. Grazie alle ricche illustrazioni e ai testi di Emanuele Coccia, Karen Van Godtsenhoven, Peter McNeil, Natsumi Nonaka e Simona Segre-Reinach, il volume accompagna il lettore alla scoperta di una vera e propria ornitologia della couture, in un creativo e fantasioso dialogo tra mondo umano e mondo animale.
Inquietanti o benevoli, comunque metaforici, gli uccelli fanno parte del lessico delle apparenze sin dall’antichità. Pappagalli, aquile, struzzi e pavoni hanno periodicamente incantato cavalieri e regine, principesse e muse del gusto. Attraverso le stupefacenti creazioni di celebri e innovativi designer, da Dior a Gucci, da Jean-Paul Gaultier a Thierry Mugler, da Chanel a Schiaparelli, come una contemporanea Wunderkammer Rara Avis. Moda in volo alle Uccelliere Farnesiane racconta un percorso suggestivo che si snoda tra abiti-uccello visionari ed eccentrici e accessori piumati.
Apre il volume il contributo Rara Avis. Moda in volo alle Uccelliere Farnesiane della curatrice Gnoli, in cui un excursus storico sul rapporto tra moda e mondo ornitologico fa da spunto per un approfondito racconto della mostra e del percorso espositivo. La storica dell’arte Natsumi Nonaka in Le Uccelliere Farnesiane sul Palatino a Roma analizza questi due padiglioni gemelli che sorgono sul colle romano, ripercorrendone la storia e gli utilizzi. Livree da sogno. L’abito come luogo di metamorfosi è il saggio del filosofo Emanuele Coccia, una riflessione storico-antropologica sul rapporto tra moda, metamorfosi e mondo ornitologico. Karen Van Godtsenhoven firma Donne alate, moda e femminismo, testo in cui l’autrice indaga sull’immagine metaforica della donna-uccello come riflesso del fluttuante status del femminile nella società per le sue associazioni con purezza, sessualità, vizio, fragilità, morte, rinascita e immortalità. Segue il contributo Leggera come una piuma: la moda tra desiderio e disgusto dello studioso Peter McNeil, in cui viene affrontata la funzione sociale e culturale delle piume nel promuovere idee sull’abbigliamento e sul corpo umano. Volare alto. Verso un’industria più etica e responsabile è il testo di Simona Segre-Reinach che descrive la il progresso e le conquiste raggiunte nel campo della protezione degli animali impiegati nella moda, dagli uccelli a quelli da pelliccia. Completa il catalogo l’elenco delle opere in mostra.
10/05/24
#Rara Avis#Moda in volo#fashion exhibition catalogue#Sofia Gnoli#Uccellerie Farnesiane Roma 2024#Marlene Dietrich#Anna Piaggi#Gucci#Dolce&Gabbana#Capucci#Dior#Mugler#Givenchy#fashion books#fashionbooksmilano
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Selezione di foto (realizzate con macchina fotografica) a Pietraporzio e il lago e la successiva frazione di Ponte Bernardo. A una quindicina di chilometri dal Colle della Maddalena! (Provincia di Cuneo)
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GIAN LORENZO BERNINI: NETTUNO E TRITONE
Il cardinale Alessandro Damasceni Peretti Montalto, pronipote di Sisto V, era un uomo magnanimo e gioviale, un munifico committente tanto benvoluto che, alla sua morte, il pittore Giovanni Bricci (padre di Plautilla, futuro architetto) licenziò un libello molto apprezzato nel quale si tessevano le lodi di quello che, se non fosse mancato prematuramente – per una congestione – a poco più di cinquant’anni, avrebbe potuto diventare papa nel conclave del 1623, che vide poi invece eletto Maffeo Barberini.
Il cardinale Montalto, come tutti lo chiamavano, era figlio della nipote Sisto V e, ad appena quattordici anni, fu adottato dal prozio che lo creò così giovanissimo cardinale. La nonna di Alessandro, Camilla, era la sorella di Sisto V, colei per la quale fu coniato il modo di dire “Camilla, tutti la vònno, nessuno pija…”, nonché proprietaria del terreno che avrebbe poi ospitato la favolosa villa che, con lui, sarebbe divenuta la villa privata più estesa di Roma. Un posto che, a giudicare dalle incisioni e da alcune foto di fine Ottocento, doveva essere incantevole e che il cardinale, raffinato collezionista, arricchì con tante opere d’arte.
La peschiera Montalto era la più grande “piscina” di Roma e si trovava a due passi dalla casa paterna di Bernini (Via Liberiana), sua prima casa romana. A pianta ovale con diametri di mt 36,50x24,50 essa, secondo la descrizione di Giuseppe Bianchini a commento della tav. 194 del X Libro delle Magnificenze di Roma di Giuseppe Vasi, 1761: “Nasce dal clivo del colle Viminale […] a destra si alza, quasi custode della delizia, un Ercole colla mazza, e a sinistra un Fauno con una zampogna, come se volesse accrescere il delizioso mormorio delle acque. Gira attorno alla peschiera una balaustra con di marmo con dodici statue sopra, e fra una e l’altra tante tazze dalle quali si drizzano altrettanti zampilli di viva acqua verso il centro della peschiera. Nel sito più alto, ove spiccano più copiose le acque, si alza la statua di nettuno col suo tridente in atto di domare quell’elemento e ai lati in sito più basso le statue di Orfeo e di Mercurio…”. (In realtà le statue a decorazione erano sedici, tutte raffiguranti dèi pagani e imperatori dell’Antica Roma).
La peschiera, che fu ancora per l’Ottocento un acquario molto vario, aveva anche uno “scherzo”, uno di quei trucchi tanto apprezzati nel Seicento: uno scalino calpestabile che correva tutt’intorno alla vasca sotto il pelo dell’acqua così che, nel calpestarlo, bagnava le caviglie degli ospiti, e fu descritto come: “Uno scalino falso che inaqua un poco le gambe”.
La fontana-laghetto creata da Domenico e Giovanni Fontana ai tempi di Sisto V – le cui insegne ricorrevano sotto le statue della balaustra – fu “coronata” dal Nettunoberniniano per volontà del cardinale Alessandro, con un basamento che recava le proprie insegne: al momento della commissione, attorno al 1619, Bernini aveva appena 20 anni. Per Leone Strozzi, che aveva la propria villa vicina a quella di Monalto, suo padre Pietro aveva già licenziato alcune statue (e lo stesso Gian Lorenzo gli venderà, sebbene l’avesse scolpito per sé stesso, il San Lorenzo sulla graticola oggi coll. Contini Bonacossi presso Uffizi, Firenze) per le quali aveva in parte coinvolto anche il giovane figlio. Potrebbe esser stato dunque un “passaparola” tra ricchi mecenati a far sì che Montalto affidasse al giovane Lorenzo un gruppo da porre in piena vista nel suo fantastico giardino. Che il giovane avesse talento per i gruppi, il cardinale lo sapeva comunque avendo visto senz’altro il gruppo di Enea, Anchise e Ascanio (o Fuga da Troia) licenziato nel 1619 per il cardinale Scipione Borghese.
A Gian Lorenzo Bernini Montalto avrebbe commissionato tre opere in tutto: il Nettuno, il busto ritratto oggi ad Amburgo (1622) e il David oggi alla Galleria Borghese (1621-3).
Alcune incisioni mostrano come il gruppo del Nettuno e Tritone fosse posto a coronamento della peschiera che si ergeva all’estremità della proprietà, smembrata a fine ‘800 per far posto alla stazione Termini, nella parte più rialzata (l’unico edificio rimasto della villa, cmq modificato, è l’attuale Palazzo Massimo alle Terme): da lì si aveva una vista sopraelevata dell’abside di Santa Maria Maggiore, dov’era sepolto il prozio del cardinale, Sisto V, e dove Montalto stesso sarebbe stato prematuramente sepolto (sebbene il suo cuore si trovi in Sant’Andrea della Valle, i cui lavori di realizzazione aveva profusamente finanziato).
Il Nettuno ha una resa aspra, quasi ruvida, coerente con la destinazione all’aperto e l’esposizione alle intemperie: troneggia sulla vasca a gambe divaricate su una conchiglia, barba e baffi arruffati, quasi imbrinati di salsedine, e punta il tridente in basso con piglio deciso in un avvitamento turbinoso come il mare in tempesta che gli spazza il viso mentre il panneggio gli lambisce i fianchi come fosse al centro di un ciclonico mulinello.
Tra le gambe del dio spunta un tritone che con la sx si aggrappa al suo polpaccio sx, mentre con la dx tiene una buccina della quale pare ancora di udire il richiamo. Sotto al gruppo, l’acqua fluiva nel bacino sottostante formando una cascata su tre gradini.
Si è a lungo supposto che la fonte iconografica fosse da individuare in Virgilio, EneideI, 132 e segg., ma è più probabile che la fonte sia da ricercarsi in Ovidio, MetamorfosiI, 330-48:
“Cessò l’ira del mare, il dio delle acque depose l’asta tricuspide, chiamò il ceruleo tritone che sovrastava il pelago profondo con le spalle coperte di natie conchiglie e gli comandò di dar fiato alla conca fragorosa, per fare ormai, con quel segnale, rientrare i flutti e le correnti. Quegli prese la cava buccina tortuosa che va dal principio allargandosi in ampia spirale, la buccina che, quando in alto mare si empie d’aria, introna del suo suono i lidi che si stendono dall’oriente all’occaso. E anche allora, appena ebbe toccato la bocca del dio dalla barba stillante, e gonfia annunziò l’ordine della ritirata, fu udita da tutte l’acque della terra e del mare, e tutte le onde che l’udirono raffrenò e respinse. Il mare ebbe ancora le sue rive, i letti contennero i fiumi rigonfi, si abbassarono le correnti, si videro i colli riapparire fuori, sorse la terra, si ingrandirono le cose col decrescere delle acque e, dopo lunghi giorni, le selve mostrarono le loro cime, spogliate, e avevano ancora su le fronde il limo lasciato dai flutti. Il mondo era rinato.”
Rispetto al testo ovidiano, che Gian Lorenzo avrebbe letto a fondo di lì a breve anche per Apollo e Dafne, il suo Nettuno non ha ancora posato il tridente e sembra ancora piuttosto contrariato: Bernini lo rappresenta nell’acme dell’azione. Il tritone invece è stato reso abbastanza calzante al testo, e in esso vediamo un concetto che tornerà in tutte le sue fontane successive: l’acqua che emerge alla luce da un essere umano, mitologico o animale.
L’episodio ovidiano, che narra del mito di Pirra e Deucalione, trova corrispettivo nel racconto biblico del diluvio universale; la clemenza di Nettuno che, di concerto col fratello Giove, permette alla coppia di sopravvivere e rigenerare il genere umano, corrisponde al passo di Genesi: 8,1: “Or Iddio si ricordò di Noè, di tutti gli animali e di tutto il bestiame che era con lui nell’arca, e Dio fece passare un vento sulla terra, e le acque si calmarono.”
La pietasdivina che dopo il caos ristabilisce la quiete era allusione alla munificenza del cardinale Montalto, mentre il senso del contrasto tra l’agitazione di Nettuno e lo specchio piatto dell’acqua nella peschiera era chiaro: Nettuno aveva appena placato una tempesta per permettere che gli ospiti di Montalto potessero ammirare con calma i pesci che la popolavano e, in generale, il suo elemento.
Chi poteva aver suggerito un collegamento pagano-cristiano così sottile? Se è vero che il cardinale faceva segretamente parte dell’Accademia degli Intronati con lo pseudonimo di Profundus, è stato suggerito anche tuttavia il nome dell’allora cardinale Maffeo Barberini, da sempre appassionato di poesia, ma il quesito rimane senza risposta.
Nettunolasciò Roma parecchio tempo prima della demolizione di villa Montalto ormai Negroni: nel 1784 il ricco commerciante Giuseppe Staderini comprò la villa dai Negroni (che l’avevano acquistata a loro volta nel 1696) e iniziò una vendita sistematica di tutto ciò che essa conteneva, alberi compresi.
Tuttavia, da una lettera scritta da Raphael Mengs da Madrid nel 1767 al cav. D’Azara, deduciamo che forse i Negroni avevano già tentato di piazzare il gruppo berniniano: “Desidererei sapere quanto costerebbe il gruppo del nettuno del Bernini”. Non se ne fece evidentemente nulla se nel 1777 il viaggiatore De la Roque, in visita alla villa, affermò che Nettuno si trovava in una rimessa annessa alla peschiera, dunque già “smontato” in vista di un trasloco ma ancora a Roma. Dopo un periodo in custodia presso Villa Borghese, infine, nel 1786, il gruppo fu acquistato da sir Joshua Reynolds e venduto, dopo la sua morte, a Lord Yarborough nella cui famiglia è rimasto fino al 1950.
L’idea del Nettuno sarà ripresa da Bernini per il mai realizzato progetto della Fontana di Trevi al quale aveva dato principio sotto Urbano VIII Barberini poi abbandonato per mancanza di fondi, stornati sulla guerra di Castro: la prima idea prevedeva un complicato gioco architettonico e scultoreo dove sarebbe apparsa la Virgo della leggenda (colei che aveva permesso ad Agrippa e ai suoi soldati di trovare la fonte dell’Acqua Virgo che serve la fontana) mentre la seconda, se la prima non fosse piaciuta al papa, contemplava appunto la figura del dio marino.
Sotto Innocenzo X Pamphili Bernini rispolverò l’idea di una fontana sormontata da un Nettuno per la “terza” fontana di piazza Navona, dopo la Fontana dei Quattro Fiumi e il Moro: anch’essa rimase però irrealizzata per la sopraggiunta morte di papa Pamphili e quella che anche oggi non a caso ritrae il dio del mare (opera di Antonio della Bitta) mostra come l’idea di Bernini per essa fosse nota e tenuta in considerazione. Infine, l’idea del Nettuno fu ripresa da Salvi nella figura di Oceano che oggi vediamo proprio in trionfo nella fontana di Trevi.
di Claudia Renzi ©
In foto: Gian Lorenzo Bernini, Nettuno e tritone (Londra, Victoria and Albert Museum).
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Dieci anni di monarchia assoluta. (...) Poi a gennaio 2015, King George aveva lasciato il trono perché proprio non ce la faceva più. (...) Altrimenti, potete starne certi, sarebbe rimasto ancora là (...) a comandare le operazioni, a fare e disfare governi, a organizzare ribaltoni (...). E anche dopo, fuori dalla reggia (...) per un bel po' si è fatto sentire: (a)ltro che pensionato. (...) quella di Giorgio Napolitano non è stata una presidenza leggera, neutra, notarile, ma sempre al limite e talvolta debordante. Come banale non è stata la sua intera vita pubblica. (...) Giorgio Napolitano era nato a Napoli (...). Figlio di un avvocato (...), studi classici, (...). Elegante, sobrio, parlava un inglese perfetto: nel Pci per le sue posizioni lo chiamavano l'amerikano. Oppure re Umberto (...). (A)ll'università si era iscritto al Gruppo Universitari Fascisti (...), nel 194(5) entrò nel Pci. Deputato dal 1953, (...), diventò presto uno degli esponenti di maggior peso dell'ala riformista, i cosiddetti miglioristi (...). (A)lla morte di Enrico Berlinguer (...) gli fu preferito (come segretario del Partito) il più (...) ortodosso Alessandro Natta. (...) Nel 1992 venne eletto presidente della Camera. (...) Nel 1996 Romano Prodi lo scelse come ministro degli Interni (...). Dopo la caduta del governo del Professore, (...) Ciampi lo nominò senatore a vita. Il dieci maggio 2006, (...) superando Massimo D'Alema, venne eletto undicesimo presidente della Repubblica italiana. (...) Due anni dopo Silvio Berlusconi rivinse le elezioni e per Napolitano si aprì un difficile periodo di coabitazione. Seguendo le orme di Ciampi, re Giorgio cercava di limitare il Cav con la moral suasion e successi alterni. (...) (Ne)l 2011 Berlusconi, indebolito da alcune defenzioni nella maggioranza, malvisto da Francia e Germania e (messo) sotto pressione con lo spread (...), fu fortemente convinto a passare la mano a Mario Monti, che nel frattempo King George aveva prontamente nominato senatore a vita. Regista dell'operazione, voluta da Bruxelles (Parigi e Berlino) e ritenuta un golpe (...), Napolitano. Monti e i suoi tecnici governarono un annetto (...). Nel 2013 nuove elezioni con la vittoria dimezzata del Pd (e il trionfo del m5s) (...). Il sistema si bloccò. (...) Senza governo, senza un accordo, senza un nome per la presidenza: (l')ingorgo istituzionale (...). Il 20 aprile 2013 nacque il Giorgio II. Tre giorni più tardi, dopo un discorso di fuoco di Napolitano alle Camere, Enrico Letta si insediò a Palazzo Chigi a capo di un esecutivo di unità nazionale (...). Letta tirò avanti per un po', finché il Quirinale non lo sostituì con l'astro nascente Matteo Renzi. Per Napolitano un paio d'anni (di benevolo controllo remoto), fino alle dimissioni nel 2015. Una lunga monarchia condizionata dalla crisi economica e dal vuoto di potere della politica che il Re della Repubblica ha riempito, segnata pure da ruvidi scontri tra Colle e magistratura, fatta di tanti rimproveri ai giudici «protagonisti», culminata con l'intercettazione «casuale» di un colloquio tra il presidente e Nicola Mancino e il conflitto di attribuzione con la procura di Palermo.(...)
Ritratto accurato di un AVVERSARIO ben più lucido e pericoloso di tutto il resto della masnada idealista autoinculante, cui rivolgere RIP e onesto omaggio - ha combattuto efficacemente; di M.Scafi su https://www.ilgiornale.it/news/politica/record-e-giravolte-politico-che-ha-segnato-nostra-repubblica-2214770.html
L'iscritto al Guf che diventa comunista, da Kruschev all'Amerika dei Dems., l'Internazionalista che diventa Gauleiter di Franza e Cermania, la difesa del proletariato che si fa golpe di Palazzo : medieval machiavellico (è un complimento), ma quale vita ricca di contraddizioni, fu sempre perfettamente lucido e fedele alla linea nella sua vita.
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Sono così stordito del niente che mi circonda, che non so come abbia forza di prendere la penna per rispondere alla tua del primo. Se in questo momento impazzissi, io credo che la mia pazzia sarebbe di seder sempre cogli occhi attoniti, colla bocca aperta, colle mani tra le ginocchia, senza né ridere né piangere, né muovermi altro che per forza dal luogo dove mi trovassi.
Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perchio la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita, dove non viene più a consolarmi neppure il dolore. Questa è la prima volta che la noia non solamente mi opprime e stanca, ma mi affanna e lacera come un dolor gravissimo; e sono così spaventato dalla vanità di tutte le cose, e della condizione degli uomini, morte tutte le passioni, come sono spente nell'animo mio, che ne vo fuori di me, considerando ch'è un niente anche la mia disperazione.
Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Giordani (1819)
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