#DS e docenti
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pier-carlo-universe · 17 days ago
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Lucio Zaniboni, gigante della poesia e della cultura: l’omaggio del Prof. Carmelo Aliberti al Maestro di vita e di parole
Alla cortese attenzione della DS e DOCENTI. Per il lodevole e proficuo risultato, concretamente e magistralmente conseguito, con una strategia comunicativa, imperniata nell’abilità di coniugazione tra cultura specifica della disciplina e negli individuali percorsi curriculari e nella realizzazione di stesure di testi interpretati e articolate in proiezioni singolari della soggettività, nel…
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ancorunavolta · 5 years ago
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ancora una volta
DAD o DIP?
Per le ragioni contingenti note a tutti, connesse all’emergenza sanitaria e alla necessità della didattica a distanza, la classe è oggi un laboratorio, in cui la dimensione relazionale in presenza è completamente virtuale. Sul piano didattico, il laboratorio è un ponte fra teoria e prassi; va pensato, costruito, progettato; quindi si analizzano le pratiche e infine si archiviano i risultati. Ancora una volta dobbiamo imparare e insegnare che la competenza è relazione e lavoro condiviso. E se già prima era nostra prerogativa lavorare al come più che al cosa insegnare, al processo più che al prodotto dell’insegnamento, oggi finalmente siamo obbligati a lavorare altrimenti. Pazienza se i dipartimenti e i consigli di classe sono ridotti a incontri via meet in cui ci comunichiamo difficoltà e possibilità. Pazienza se prendiamo atto di decreti e note ministeriali che capiamo poco senza l’interpretazione del DS. Pazienza se le google classroom raddoppiano le diciotto ore settimanali e le nostre preoccupazioni, tanti sono i materiali che abbiamo bisogno di preparare e di correggere per le videolezioni. Speriando tempi migliori, ripenso all’anno scorso, quando facevamo il laboratorio “Suono e immagine in progetto”. Era aprile. Ricordo che a un certo punto una studentessa ha chiesto: “Che cosa vinciamo col video che stiamo realizzando?”. Era una ragazza del secondo anno; poneva questa domanda perché come sapete di solito i colleghi d’indirizzo finalizzano la pratica del laboratori artistici con gli studenti del triennio alla partecipazione a concorsi. Oggi capisco meglio che non ha senso fare didattica senza aver discusso e concordato in anticipo con altri colleghi come strutturare un’attività per determinati ragazzi, per scegliere insieme le opzioni fondamentali. Solo per citare alcuni aspetti della media education: scrivere un soggetto, fare uno storyboard, una scenografia, una regia, una colonna sonora, un montaggio. Già definire con attenzione quali sono le opzioni e quante di queste si possono realizzare a scuola dovrebbe essere compito non del singolo docente ma dell’intero gruppo di lavoro. Ciascuno dovrebbe sentire il bisogno di discutere prima in teoria e poi in pratica (o viceversa) le diverse alternative per trovare l’accordo concreto su una determinata opzione, anche perché alcune di queste possono essere abbastanza contestate. In questo momento di transizione a nuove forme della didattica, vorrei però sgomberare il campo da una polemica inutile: programma-progetto vs esperienza-laboratorio. Di solito infatti, la didattica fatta per laboratorio tiene conto tanto dell’uno quanto dell’altra, in caso contrario l’obiettivo didattico viene finalizzato alla realizzazione di un prodotto col rischio di irrigidirsi in funzione del merito. Di solito a questa polemica si sovrappongono le prerogative della singola disciplina di studio: cineforum vs esperienza audiovideo, per ritornare alla disputa dell’anno scorso. Oggi mi permetto un’osservazione sulla irrilevanza di questa distinzione. La didattica sana progredisce con un dialogo fra attività diverse, senza che sia necessaria una presa di posizione a favore di progetti sul territorio che confinino esperienze didattiche che potrebbero continuare, per esempio. Cosa vorrei dire oggi della media education? Solo un’idea semplice: si può fare didattica a distanza così come si progetta e si realizza un ambiente educativo interattivo. Più precisamente, si possono insegnare i principi di media education partendo dall’uso quotidiano di Internet. Internet non esiste solo per la videolezione del singolo docente. Esistono ambienti analogici o digitali, in presenza o a distanza, per una pluralità di esperienza: l’insegnamento in classe di storia o la media storia, per esempio; l’insegnamento in classe di filosofia o la media filosofia, l’insegnamento in classe di matematica o la media matematica, l’insegnamento in classe d’arte o la media arte, l’uso personale o pubblico dei social, e così via. Chiunque di noi insegni non dice ‘sono un giurista, un filosofo, un matematico o un artista’; al massimo, con supponenza dirà: ‘insegno diritto, filosofia, matematica o arte’ a scuola oppure on line. Questo per tornare alla domanda su come sta andando oggi, in conseguenza dell’emergenza sanitaria. Personalmente ritengo che la risposta sia la più semplice: secondo la natura del mezzo (media) a disposizione. Per esempio, forse in discipline plastiche o pittoriche non conviene procedere su classroom, mentre in inglese o matematica forse sì. Per fare sostegno forse sarebbe meglio procedere con un ambiente meno rigido di classroom, ci sono diverse piattaforme didattiche, si potrebbero provare quelle ibride. E per fare un laboratorio per gioco non c’è bisogno di sottrarre spazio alla disciplina o al territorio. Altra cosa. Se è vero che con la DAD l’apprendimento resta legato alla relazione di conoscenza pregressa fra studente e insegnante, che non può esserne separata, la caratteristica del mezzo (piattaforma o app) condiziona fortemente il rapporto reale degli studenti con i materiali di ogni disciplina, gli elementi vitali per l’apprendimento e gli aspetti operativi della connessione internet, dei dispositivi e delle app di cui si dispone.
Un aspetto importante relativo al sostegno a distanza è il rafforzarsi della relazione fra ragazzo con DF e insegnante di sostegno e il progressivo indebolirsi del rapporto con i compagni di classe. Forse i PEI a obiettivi minimi dovrebbero essere ulteriormente semplificati e sistematizzati dall’insegnante di sostegno, e non solo in qualche disciplina, come capita ora a causa delle inevitabili sovrapposizioni orarie. Nelle videolezioni in cui non partecipa l’insegnante di sostegno gli studenti con diagnosi funzionale sono infatti spesso disorientati, non potendo apprendere le strutture fondamentali delle discipline in funzione dell’adattamento degli argomenti di studio e perché si sentono messi costantemente alla prova nella loro capacità di sperimentare la nuova forma di DAD. Forse i PEI a obiettivi differenziati dovrebbero avere più punti di contatto con l’attività della classe, per garantire almeno un minimo di socializzazione, sebbene virtuale. Immagino che in queste settimane tutti noi abbiamo la sensazione di non sapere come valutare, perché non ci siamo ancora confrontati con quelli che prima di noi hanno fatto DAD e siamo gravati di una quantità di lavoro che attualmente impedisce la riflessione comune e appesantisce la preparazione delle lezioni e dei materiali... Tuttavia mi sembra che ci siano almeno alcuni vantaggi inerenti la media education: 1- è più facile apprendere ad argomentare e a riflettere insieme, docenti e studenti, sulla nuova eesperienza di DAD, avendo simultaneamente consapevolezza della difficoltà comune. 2- Muovendoci tutti in ambiente sconosciuti, gli studenti potranno imparare ad automotivarsi in funzione dell’attenzione da accordare a e della capacità di muoversi in nuovi ambienti digitali. 3- La varietà delle piattaforme didattiche, nel confronto con la coerenza pedagogica delle discipline, può permettere una pluralità di metodologie didattiche, per ciascuna disciplina e per ciascun laboratorio. 4- Sulle pratiche specifiche e all’interno di discipline specifiche, è più facile vedere a grandi linee la forza o la debolezza di una soluzione tecnica. Certamente si tratta di fare scelte didattiche. Quella di uniformarsi alle Google Apps è una scelta didattica per esempio, che ha però un costo più alto per la pratica di laboratorio, potendone compromettere l’interattività (a parte discipline grafiche direi). Senza tralasciare la riflessione sui media digitali che hanno un elevato potenziale di dipendenza e che nel lungo periodo possono danneggiare l’organismo, se non sono adeguatamente utilizzati.
Per concludere, alcune osservazioni sul lab video “Montaggio in gioco” (gioco come ludus, esercizio che si fa senza fatica, a tempo perso) e sul coinvolgimento degli studenti. La struttura dominante videolezione-restituzione nel laboratorio audiovisivo non è molto efficace e perde terreno, quindi è probabile che progressivamente la abbandoneremo. Gli studenti sviluppano le loro capacità creative solo se messi in condizione di esercitarle liberamente, con lo studio e la pratica solitaria e con il costante stimolo dell’insegnante a esercitare autorientamento e pensiero critico insieme ai compagni di classe. Capisco ogni giorno di più che per innescare processi di conoscenza serve tanto l’immaginazione quanto il ragionamento. Di conseguenza, lo sviluppo di comportamenti cognitivi appropriati alla DAD richiede protocolli di osservazione prima ancora di strumenti di valutazione. Non ritengo sia il caso che l’insegnante si limiti a far leva sulla responsabilità degli studenti a seguire tutte le videolezioni proposte e a rispettare la scadenza delle consegne. Occorre anche responsabilmente limitare l’uso dei dispositivi digitali da parte degli adolescenti.
Per tutti questi motivi, segnalo anche alcune forme di media education che potrebbero essere alternate alla videolezione vera e propria. Alcune le ho già provate per il sostegno e per il laboratorio, altre sono in costruzione.
Ricerca-consultazione. Si individuano una serie di materiali multimediali per la consultazione ragionata su internet, ma diluita nel tempo, da suggerire agli studenti. Per ogni materiale lo studente potrebbe essere valutato più per lo studio e le domande che pone all’insegnante che per la comprensione dei contenuti e la capacità di riferire sugli argomenti.
Schematizzazione scritta. Si potrebbe assegnare in streaming o in agenda un unico testo da leggere, perché i ragazzi elaborino uno schema scritto, semplificando l’argomentazione e ripulendola da ridondanze e elementi superflui. Dal confronto degli schemi, scrivendo a sua volta ai ragazzi o invitandoli a una videolezione, l’insegnante potrebbe spiegare l’argomento, che così viene rivisitato nella sua complessità.
Girato a tema. L’insegnante può fissare i temi di un video collettivo da realizzare e spiegare che lo spirito del laboratorio è quello di cimentarsi nella scelta autonoma del soggetto, nella regia e nel montaggio sui temi scelti e con gli strumenti a disposizione (smartphone e software di montaggio). Sentendomi personalmente coinvolta, constato che lo studente tenuto a produrre un microfimato di un numero di secondi definito dovrebbe seguire precise consegne, soprattutto se il suo filmeto deve essere assemblato con i filmati degli altri compagni.
Blog e percorsi Edpuzzle. Per esperienza so che il laboratorio a distanza esige un ambiente interattivo on line. Gli incontri ridotti a poche videolezioni non sono sufficienti. La pratica del montaggio, che secondo il mio personale approccio è particolarmente appropriato a realizzare la media education, è un percorso complesso, che potrà confluire nel futuro prossimo con la creazione di un vlog. Per esperienza so che la lettura per immagini e l’ascolto in crescendo può sottolineare la capacità di ogni studente a operare scelte consapevoli e strutturare l’uso responsabile dei media. Ma perché ciò avvenga, occorrerebbe forse svincolarsi dall’idea di programma tradizionale. In ogni caso, andrebbero adattati i manuali esistenti per lasciare spazio a brevi testi tematici e opere integrali ‘leggere’. Ho indicato la piattaforma Edpuzzle perché può interfacciarsi a classroom ma è più versatile di classroom con classi aperte; soprattutto, permette di realizzare percorsi ibridi che gli studenti possono attraversare seguendo passo passo videolezioni asincrone complete di domande e note audio, adattando così modi e tempi personali di apprendimento.
Queste sono solo alcune possibilità, ancora da approfondire. L’ultima è molto impegnativa, ma è sicuramente la più efficace. Si dovrebbe imparare a studiare e a creare opere audiovisive montando testi, foto, audio, video. Il tutto in una classe aperta. I ragazzi sono stimolati a usare app per scopi reali e credibili, in un contesto non individuale o competitivo, ma pubblico; possono vedersi ed essere visti; sperimentano come un’opera nasca sempre da un’effettiva volontà di comunicare, dalla necessità di esprimere; capiscono che il messaggio ha bisogno di un mezzo appropriato.
Sul terreno specifico del sostegno, resta fondamentale il coinvolgimento dei colleghi dei laboratori artistici. Mai come in questo momento ciascuno fa ciò che può e impara dagli altri.
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finalmenteitalia · 3 years ago
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9 settembre 2022
Padre Tonino, fondatore della scuola Sainte Marie di Jangany, incontra i docenti dell’IC di Pino Torinese e la nuova DS Silvia Bollone.
Il gemellaggio tra le scuole trova nuova linfa in questo incontro, atteso da tre anni, periodo in cui padre Tonino non ha potuto raggiungere l’Italia a causa delle restrizioni COVID.
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giancarlonicoli · 4 years ago
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29 apr 2021 08:36
DAVVERO DOVREMMO ABBOCCARE ALL'IDEA CHE LA TRATTATIVA PER PORTARE ALLA JUVENTUS LUIS SUAREZ, SUPER STELLA PER DARE L'ASSALTO ALLA CHAMPIONS, FOSSE UNA QUESTIONE CHE ANDREA AGNELLI PRATICAMENTE IGNORAVA, DELEGANDOLA AL DS PARATICI, SU CUI ORA SCARICA OGNI RESPONSABILITA'? IL PRESIDENTE, AI PM CHE INDAGANO SULL'ESAME FARSA DI ITALIANO DEL GIOCATORE, HA OPPOSTO I SUOI TANTI "NON RICORDO" - LE CHAT SUL TELEFONINO DI PARATICI: "SIAMO LA JUVE E LA PREFETTURA NON CI RICEVE…"
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Fulvio Fiano per il "Corriere della Sera"
L'appassionato presidente che esulta in tribuna quando la sua Juventus vince è stato uno spettatore quasi distaccato nella caldissima trattativa che doveva aggiungere alla squadra bianconera il (costoso) tassello per dare l'assalto alla Champions League. O almeno così sembra descriversi lo stesso Andrea Agnelli nella sua deposizione come testimone nell' inchiesta della Procura di Perugia sulla «farsa» dell' esame di italiano sostenuto all' Università per stranieri della città umbra da Luis Suárez per avere il passaporto italiano.
Di fatto Agnelli scarica ogni responsabilità sul direttore sportivo, Fabio Paratici, indagato per false informazioni ai pm assieme all' avvocato della Juventus Luigi Chiappero (le loro posizioni sono sospese in attesa che venga definito il fascicolo per falso e rivelazione di segreto di ufficio a carico dei vertici e dei docenti dell' ateneo). Allegati agli atti ci sono mail, chat Whatsapp, sms. Compreso quello rintracciato sul telefonino di Paratici dove è scritto: «Siamo la Juve e la prefettura non ci riceve».
«Premetto che il modello di gestione della Juventus - esordisce Agnelli di fronte ai pm - è articolato su un' area business e un' area sportiva diretta da Paratici che ha ampia delega nell' ambito del budget assegnato per la scelta dei calciatori. Naturalmente mi informa in modo occasionale e casuale; durante le mie visite al centro sportivo capita di essere aggiornato in merito alle opportunità in corso».
Tra queste ultime, ricorda, rientrò Suárez: «Durante un pranzo, mi pare a fine agosto, Nedved, il nostro vice presidente, mi disse che il calciatore si era proposto con un sms. All' inizio di settembre fui informato che il suo ingaggio era di difficile realizzazione perché non aveva la cittadinanza comunitaria». I pm chiedono ad Agnelli se venne informato della proposta inviata via email al legale del calciatore. «Non ricordo questa mail - risponde -.
Tuttavia io non mi occupo delle condizioni contrattuali». Quando e da chi venne informato della impossibilità di tesseramento di Suárez?
«Non ricordo esattamente ma a logica ritengo sia stato Paratici quando rientrai dal periodo di isolamento sanitario volontario intorno al 14 settembre». E sull' attività per fare avere a Suárez la cittadinanza comunitaria? «Non ricordo di essere stato informato di alcuna attività in corso. Venni a sapere dell' esame dai giornali e ricordo che chiamai il calciatore in un' unica occasione per ringraziarlo di essersi proposto. Quanto alla notizia dei contatti tra il nostro staff e i ministri dell' Interno e delle Infrastrutture, non mi ha sorpreso; conosco l' amicizia tra Paratici e Paola De Micheli. Come mera richiesta di informazioni non mi è parso che ci fosse nulla di strano».
La Procura umbra ha sentito come testimoni anche Francesco Maccarone, segretario generale del consolato italiano a Barcellona, che riferisce di aver ricevuto dall' avvocato di Suárez una richiesta di informazioni sulle pratiche per la cittadinanza nel 2019 e poi il primo settembre 2020 e di avergli spiegato che anche in caso di esame superato non ci sarebbero stati i tempi tecnici per tesserare il calciatore.
Maccarone conferma inoltre che la Juventus si adoperava per l' esame di lingua del calciatore uruguaiano: «Mi contattò anche Maurizio Lombardo (segretario generale della Juventus, ndr ) e gli dissi che l' esame non poteva essere svolto a Barcellona». Lombardo, parlando di una delle proposte inviate al legale di Suárez, spiega di avere prima chiesto il nulla osta a Paratici.
«Paratici mi ha scritto di mandarla prima al presidente Andrea Agnelli. Io risposi che avevo già mandato tale proposta al presidente un' ora prima, perché Paratici mi aveva detto di procedere in tal senso. L' 1 settembre Paratici mi disse che Suárez non aveva il passaporto italiano ma che mancava poco per farglielo avere».
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pietroguerravideo · 6 years ago
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Controllo biometrico sui DS: ‘cornuti e mazziati’
Controllo biometrico sui DS: ‘cornuti e mazziati’
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A differenza di quasi tutti i dirigenti pubblici, i dirigenti scolastici operano anche sulle sedi periferiche dipendenti
Caduta nel vuoto la richiesta sindacale ai senatori di maggioranza diescludere dal provvedimento il controllo biometrico per i dirigenti scolastici, come era stato previsto invece per i docenti, il ddl voluto dal ministro Giulia Bongiorno ora è legge e, dopo la…
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marikabi · 6 years ago
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Le parole sono importanti
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La casa editrice Einaudi pubblicò nel 2002 un piccolo epistolario tra Miriam Mafai, Alfredo Reichlin e Vittorio Foa, dal titolo Il silenzio dei comunisti.
Si trattava di alcune dolenti missive scritte dal 1995 in poi, in cui tre nomi illustri della sinistra di allora cercavano - già allora! - di capire perché la sinistra italiana (identificata solo con il comunismo) era diventata afasica.
Già s’intravedevano, nelle accorate parole dei tre, i gravi problemi di oggi, ora acuiti senz’altro dalla crisi: ceto medio in disfacimento, aumento delle diseguaglianze, sfaldamento del welfare (diventato anch’esso clientelare), inapplicabilità della socialdemocrazia in Italia, laddove in altri Paesi europei pure aveva contribuito allo sviluppo e alla pace sociale (Scandinavia, Germania).
Se la socialdemocrazia storica si basava sulla redistribuzione, quella moderna avrebbe potuto basarsi sull’aumento di ampiezza della formazione, perché se non puoi dare mezzi di sussistenza economici, almeno distribuisci opportunità, di cui l’istruzione e la cultura sono la base. In Italia, tuttavia, manco questo è successo e la prova è l’aumento dei costi dello studio (a qualità in scadimento), con conseguente impoverimento culturale (siamo tra gli ultimi in Europa per numero di giovani laureati), stratosferici tassi di disoccupazione ed ancor più inoccupazione, fuga di cervelli, massiccia emigrazione giovanile verso il nord Europa (vanno via più giovani Italiani di quanti giovani centrafricani accogliamo).
Insomma, cosa è successo alla sinistra italiana? Di conseguenza, potremmo chiederci, cos’è successo al progetto di socialdemocrazia italiana?
Togliatti diceva che sbagliando analisi, poi finisce che sbagliamo pure la soluzione. E sono d’accordo. La regola è talmente importante che la sinistra e, quindi, il centro-sinistra in Italia hanno perso e stanno perdendo tempo ad analizzarsi l’ombelico, perdendo completamente l’orientamento. Tutto un discorso sul metodo (a sentirli certi giovani delegati! Tutto metodo e critica del metodo) e pochi contenuti.
Il faro del centro-sinistra italiano (dal PDS in poi) è stato quello di diventare iper-reattivo ai media, più che sviluppare le antenne verso la società: il partito, cioè, si aggiustava e si aggiusta ancora a seconda delle critiche dei media e dei maître-a-penser.
Vi faccio un esempio.
Secondo me, è una strabiliante ottima idea quella di eliminare la pubblicità dei siti e delle agenzie di scommesse. D’altronde già è successo con le sigarette. Qualcuno potrà obiettare che non è diminuito il numero dei fumatori né diminuirebbe quello degli scommettitori. Però, almeno lo Stato ammetterebbe il gravissimo problema delle ludopatie, anche se guadagna con i monopoli e il gioco. Una pubblicità è un incentivo (e a me non è mai piaciuto che Claudio Amendola si prestasse alla propaganda di un sito di scommesse sportive) e, dunque, si può eliminare un incentivo ad un serio problema sociale.
Molti, dunque, hanno plaudito (ed io con questi) alla proposta pentastellare di abolire gli spot di questa categoria. A me piace tanto che qualcuno finalmente l’abbia detto e non me ne importa niente dei mancati introiti dei club, come qualche testata ha paventato.
Orbene, se questa proposta l’avessero fatta i parlamentari del Piddì (periodo ipotetico del terzo tipo), sarebbe successo il finimondo. Oltre ad essere tacciati mediaticamente di maoismo, sarebbero stati accusati di moralismo, nonché di arretratezza. Il Piddì - semmai avesse pensato di eliminare gli spot sulle scommesse - non ha avuto coraggio a fare una cosa di sinistra, perché la proposta pentastellare è una cosa di sinistra.
Nanni Moretti implorava Massimo D’Alema a dire qualcosa di sinistra, per poi concludere - vista l’afasia - che con la classe dirigente del PdS (poi DS e poi PD) non si andava da nessuna parte. Infatti.
Ottima idea (secondo esempio) quella di abolire la chiamata diretta nelle scuole (introdotta dal decreto La Buona Scuola renziano). Spero che venga davvero attuata la proposta - anch’essa pentastellare - perché in Italia, Paese dell’immeritocrazia, non si può dare così tanto potere ai dirigenti scolastici. Fossimo negli States, i dirigenti sceglierebbero tra i migliori curriculum, ma in Italia si finisce (come si è finito) per scegliere tra i migliori parenti/nipoti/figli-degli-amici/figli-degli-amici-degli-amici, dando uno strumento in più alla raccomandazione, al nepotismo, al familismo, allo scambio personale. Pertanto, è meglio rendere tutti gli aspiranti docenti uguali e non discriminare sulla base di un presunto (e farlocco) metodo meritocratico. Questa della parità è una cosa di sinistra. Punto.
Insomma, il problema massimo del centro-sinistra (non posso scrivere sinistra, perché parole come ‘sinistra’ e ‘comunismo’ sono diventate sacrileghe, grazie ai dirigenti del partito leggero) è l’ombelichismo dei dirigenti che da monadi parlano ormai al vento di sé stessi e non delle soluzioni per i problemi sociali.
Il centro-sinistra ha perso le parole. Ma anche gli iscritti e i voti.
© Orticalab
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sciscianonotizie · 7 years ago
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aletheiaonline · 5 years ago
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Scuola, Unicobas: il 24 non rientra nessuno
Scuola, Unicobas: il 24 non rientra nessuno
UNICOBAS: IL 24 AGOSTO NON RIENTRA NESSUNO!!! ILLEGITTIMA OGNI IMPOSIZIONE SULLE FERIE DEI DOCENTI E DEGLI ATA Gli insegnanti potranno usufruire delle FERIE fino al 31/08/20 così come sempre. Capita però che alcuni DS, i soliti “presidi-sceriffo”, stiano procedendo con la richiesta di rientro il 24/08/20. Anche se chi sta agendo in tal senso è una minoranza di dirigenti , bisogna comunque mettere
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cutulisci · 5 years ago
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vesuvianonews-blog · 5 years ago
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San Giorgio a Cremano (NA), ITI “E. Medi”: scuola all’avanguardia per la formazione docenti, l’innovazione tecnologica e i percorsi di cittadinanza attiva
Diretto da circa tre lustri dalla DS Nunzia Muto, l’ITI “E. Medi” di San Giorgio a Cremano (NA) è una scuola all’avanguardia non solo nel campo della formazione docenti, basti pensare che grazie all’egregio lavoro di progettazione e gestione del triennio appena trascorso è stata confermata come Scuola Polo per il PNFD dell’Ambito 20 della Regione Campania, non solo nel campo dell’istruzione e…
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tmnotizie · 6 years ago
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ANCONA – Mancano ancora un pio di mesi all’ inizio dell’anno scolastico 2019-2020 con la Flc Cgil che lancia un grido di allarme con un comunicato stampa firmato dal segretario Lilli Gargamelli che riportiamo integralmente.
“Il nuovo anno scolastico si sta avvicinando velocemente e i problemi della scuola italiana, ormai da troppi anni, sono gli stessi: organici sottodimensionati, mancato reclutamento del personale docente e A.T.A (persone tecnico e amministrativo), mancanza di Dirigenti Scolastici, Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi, figure apicali nella scuola dell’autonomia.
E’ notizia di questi giorni che il TAR Lazio ha annullato il concorso dei Dirigenti scolastici, già espletato, per 2900 posti con decorrenza dal 1° settembre 2019 su un organico nazionale di 7859 unità. A questa sconcertante realtà si deve aggiungere che mancano all’appello,  a livello regionale 72  direttori dei servizi generali e amministrativi; pertanto circa il 31% delle scuole marchigiane potrebbero essere private sia della dirigenza scolastica  ( 73 dirigenti scolastici in meno), sia della direzione amministrativa.
Tutto questo avrebbe  conseguenze disastrose per il regolare avvio dell’anno scolastico 2019/2020. Per i Direttori dei servizi generali amministrativi, il concorso , avviato nel dicembre 2018, è appena alle battute iniziali: effettuate le prove preselettive e non ancora calendarizzate  quelle scritte.
La situazione scolastica marchigiana non si discosta di molto da quella nazionale per cui si sollecita il MIUR ad adottare tutte le misure straordinarie con la certezza dei tempi nella loro realizzazione, per garantire il diritto costituzionale allo studio a  tutte le scuole del territorio, regionale e nazionale.
Come in un film già visto, la Flc Cgil Marche aspetta per le Marche le 609 assunzioni di personale ATA, i 111 docenti di scuola dell’infanzia, i 439 docenti della scuola secondaria di primo grado e i 602 del secondo grado. Accanto a questi numeri, ci sono  i volti dei docenti e del  personale Ata che, da anni,  garantiscono la scuola pubblica  con professionalità e attendono una  stabilità come i 300 docenti specializzati sul sostegno.
Questi numeri rappresentano solo una piccola parte del bisogno di scuola nelle Marche perchè non è stata garantita la copertura dei posti che si sono liberati per effetto del pensionamento con quota 100 e altrettanti saranno i posti che si renderanno disponibili per gli incarichi annuali.
Questo è l’obbiettivo che dovrebbe avere il Ministro e la  Regione: garantire il recupero della povertà educativa e  pensare il profilo del cittadino di domani.
Contrariamente, l’attenzione è rivolta al tema dell’autonomia differenziata: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vogliono garantire più scuola ai loro ragazzi, il bisogno di più scuola per non ripartire con un settembre nel caos, la stessa  richiesta è delle Marche come di tutte le regioni italiane.
Per  Lilly Gargamelli, segretaria generale Flc Cgil Marche: “Occorre contrastare i risultati denunciati dal ministro sull’incapacità dei nostri ragazzi di comprendere un testo scritto o la scarsa formazione matematica, vuol dire garantite più scuola, edifici adeguati , tempi prolungati, relazioni educative professionalmente formate e disponibili da subito”.
Mentre la FLC-CGIL denuncia tutto questo, conclude Gargamelli, “si chiede alla Regione un’attenzione negli atti programmatori e una tempistica certa all’Ufficio scolastico regionale;  contemporaneamente,  la Flc Cgil si fa carico di garantire una formazione che, da anni, persegue attraverso l’associazione professionale Proteo Fare Sapere Marche, vicina alle esigenze formative degli operatori scolastici,  DS, DSGA, docenti e ATA”. Proprio per il 23 luglio, dalle ore 17 nella sede della CGIL di Ancona, la Flc Cgil presenterà il corso di formazione per le prove scritte del concorso DSGA, e continuerà nelle proposte  formative perchè la scuola e la formazione deve’essere un obiettivo che unifichi il Paese e non lo divida tra chi ha di più da chi ha  meno”.
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paoloxl · 8 years ago
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Chi è il nuovo ministro dell’Interno? L’uomo che vuole riaprire i CIE, altri 16 oltre i 4 ancora funzionanti a singhiozzo? Uno dei suoi primi atti è stato un tour nel Mediterraneo per trattare con i vari governi il blocco delle partenze e il rimpatrio rapido dei migranti indesiderati. Antonio Mazzeo sul suo blog ne traccia un lucido profilo. Ve proponiamo di seguito alcuni stralci: “(…) La promozione di Domenico “Marco” Minniti da sottosegretario con delega ai servivi segreti a ministro dell’Interno rappresenta una novità più che inquietante alla luce dei nuovi programmi di contrasto delle migrazioni “irregolari” o di gestione dell’ordine pubblico e repressione del dissenso. Non è certo un caso, poi, che il cambio al Viminale avvenga alla vigilia dei due appuntamenti internazionali che hanno convinto a rinviare sine die la fine della legislatura: la celebrazione del 60�� anniversario della firma del Trattato istitutivo della Cee (il 25 marzo a Roma), ma soprattutto il vertice dei Capi di Stato del G7 a Taormina il 26 e 27 maggio. Marco Minniti, di comprovata fede Nato, vicino all’establishment ultraconservatore degli Stati Uniti d’America e alle centrali d’intelligence più o meno occulte del nostro Paese appare infatti come il politico più “adeguato” per consolidare il giro di vite sicuritario sul fronte interno e strappare a leghisti e centrodestra il monopolio della narrazione sul “pericolo” immigrato. Curriculum vitae e trame tessute in questi anni ci spiegano come e perché. Originario di Reggio Calabria, una laurea in filosofia e una lunga militanza nel Pci prima, nel Pds e nei Ds dopo, nel 1998 Minniti viene chiamato a ricoprire l’incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (premier l’amico Massimo D’Alema), anche allora con delega ai servizi per le informazioni e la sicurezza; l’anno seguente, con le operazioni di guerra Nato in Serbia e Kosovo, Minniti assume il coordinamento del Comitato interministeriale per la ricostruzione dei Balcani. Nel 2001 viene eletto per la prima volta alla Camera dei deputati e con la costituzione del governo Amato, è nominato sottosegretario alla Difesa per la cooperazione militare con Ue, Nato e Stati Uniti e la promozione dell’industria bellica (ministro Sergio Mattarella).Con il ritorno di Silvio Berlusconi alla guida di Palazzo Chigi, Minniti assume il ruolo di capogruppo Ds in Commissione Difesa e componente della delegazione italiana all’Assemblea dei parlamentari presso il comando generale della Nato. A Bruxelles il politico calabrese fa da relatore del gruppo di lavoro sull’Europa sud-orientale e la partnership Ue-Nato, perorando l’ingresso nell’Alleanza di Albania, Croazia e Macedonia. Nel novembre 2005 è Minniti a presiedere ilconvegno nazionale Ds su “difesa e industria bellica in Italia”, relatori, tra gli altri, ministri, capi delle forze armate e manager delle holding belliche. “Chiedo un maggiore impegno a sostegno del complesso militare-industriale, per ottenere finanziamenti aggiuntivi per nuovi sistemi d’arma e rafforzare la difesa europea con la costituzione di battaglioni da combattimento che si coordino con la Forza di pronto intervento Nato”, fu l’accorato appello di Minniti ai compagni di partito. Con Romano Prodi alla guida del governo (2006), Minniti torna a fare il viceministro dell’Interno dedicandosi in particolare alle prime “emergenze” sbarchi di migranti in sud Italia. L’anno dopo, l’(ex) fido dalemiano offre il proprio appoggio nelle primarie per la scelta del segretario del neonato Pd a Walter Veltroni e ottiene l’incarico di segretario regionale in Calabria. Rieletto alla Camera nel 2013, Minniti è nominato sottosegretario della Presidenza del Consiglio da Enrico Letta, con delega ai servizi segreti, incarico confermatogli dal successore Renzi. La guerra a tutto campo contro il “terrorismo islamico” diviene un pallino fisso del capo politico dell’intelligence. Il 1° settembre 2016 a Palazzo Chigi s’insedia un’inedita creatura di Minniti: la “commissione di studio sul fenomeno dell’estremismo jihadista”. Coordinatore il prof. Lorenzo Vidino, docente alla George Washington University (accademia privata che ha forgiato alcuni potenti funzionari del dipartimento di Stato Usa e della CIA), in commissione siedono docenti di atenei italiani, la ricercatrice dell’Institute for National Security Studies di Tel Aviv Benedetta Berti e alcuni noti editorialisti come il direttore diLimes Lucio Caracciolo, Carlo Bonini di Repubblica e Marta Serafini del Corriere della Sera. Nei giorni scorsi Minniti e Gentiloni hanno presentato una prima elaborazione del pool di esperti. “I percorsi di radicalizzazione si sviluppano soprattutto in alcuni luoghi: nelle carceri da un lato e nella rete web dall’altro”, ha spiegato Gentiloni. “Insieme alla vigilanza massima e alla prevenzione per il rischio che la minaccia si riproponga, il governo è impegnato su politiche migratorie che devono coniugare l’attitudine umanitaria con politiche di rigore ed efficacia nei rimpatri”. Meno diplomatico il neoministro Minniti che ha preferito ai rimpatri la declinazione “espulsione”, preoccupato per il “pericolo crescente” della connectionmigranti irregolari – terrorismo. Con l’obiettivo di accelerare le espulsioni e rafforzare il controllo militare alla frontiera meridionale, Marco Minniti ha pianificato un tour mediterraneo per incontrare capi di Stato e ministri. I primi di gennaio si è recato a Tunisi e Tripoli per discutere di cooperazione bilaterale contro l’immigrazione clandestina e la “minaccia terroristica”. La missione in Libia, in particolare, segna “l’inizio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi”, dicono dal Viminale: Minniti e al Sarraj hanno concordato l’impegno ad affrontare insieme ogni forma di contrabbando e protezione delle frontiere, in particolare al confine meridionale, quello con Ciad e Sudan. Sempre a gennaio Minniti si recherà a Malta e in Egitto. Il governo chiede ai paesi nordafricani e ai partner sub-sahariani (Niger, Ciad, Somalia, Nigeria, Mali, Senegal) d’implementare i programmi elaborati in ambito Ue per impedire – manu militari – che i migranti provenienti dalle zone più interne del continente raggiungano le coste del Mediterraneo, creando altresì in loco grandi centri-hub di “assistenza e rimpatrio” di chi fugge da guerre e carestie. Alle onerose missioni navali per intercettare i barconi di migranti, il Viminale preferirebbe invece puntare sull’uso di sofisticati apparati d’intelligence, come ad esempio i satelliti militari Cosmo Skymed e i droni, sia quelli spia che armati, “strumenti fondamentali in ogni contesto asimmetrico”. Per coloro che riusciranno a portare a termine dolorose odissee nel deserto e pericolose traversate in mare, onde “prevenire e reprimere” ogni possibile collegamento tra il fenomeno dell’immigrazione clandestina e il terrorismo, Marco Minniti prevede un ulteriore giro di vite in termini di indagini, identificazioni e prelievo forzato di impronte digitali, possibilmente anche le schedature informatiche biometriche e del dna. “Dobbiamo ricondurre a unità il duplice problema della minaccia terroristica interna fatta di foreign fighters e potenziali lupi solitari e, dall’altra parte, del contrasto all’Isis attraverso un’efficace gestione dei flussi migratori che ne arricchiscono le finanze”, scrivono i più stretti collaboratori del ministro. Una prima bozza di piano anti-migranti 2017 è stata presentata a fine anno da Minniti e dal capo della Polizia Franco Gabrielli. Annunciando una “stagione di tolleranza zero”, si punta a raddoppiare in pochi mesi il numero delle espulsioni grazie al coinvolgimento delle forze dell’ordine e degli enti locali. In tutto il territorio nazionale saranno istituiti nuovi centri di identificazione ed espulsione “da 80-100 posti al massimo”, confinanti con porti e aeroporti. “In questi nuovi Cie saranno trattenuti solo gli immigrati irregolari che presentino un profilo di pericolosità sociale, come spacciatori o ladri”, annuncia il Viminale. Rimpatri volontari o assistiti e “lavori socialmente utili” per i sempre meno numerosi migranti “regolari” o quelli legittimati a richiedere l’asilo. L’ennesima controffensiva in nome della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo trova un suo retroterra ideologico nelle elaborazioni della poco nota ma influente Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis), centro studi sui temi d’intelligence costituito a Roma nel novembre 2009 da Marco Minniti e dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. (…). Qui potete ascoltare un’intervista a Mazzeo della redazione info di Blackout Di seguito vi proponiamo una scheda sull’ICSA curata sempre da Mazzeo. Eterogeneo per ideologie e orientamenti politici anche se in buona parte i cuori battono per l’ordine sociale e la conservazione, il consiglio scientifico della Fondazione ICSA testimonia la portata e la forza della rete di relazioni istituzionali, nazionali e internazionali, realizzata nel tempo da Marco Minniti. Si tratta di una lunga lista di Capi di Stato Maggiore delle forze armate e dell’Arma dei carabinieri; comandanti dei reparti speciali della Nato e dei servizi segreti; segretari e consiglieri militari di presidenti del consiglio e ministri; diplomatici, magistrati, responsabili della security di importanti holding economiche; giornalisti, professori universitari e finanche consulenti e analisti della CIA e dei dipartimenti statunitensi per la lotta al terrorismo. Coordinatore del Consiglio scientifico della Fondazione ICSA il sociologo Italo Saverio Trento. Membri Amm. Gianfranco Battelli, dal 1979 al 1983 a capo del cosiddetto “ufficio I” incaricato della valutazione, produzione e aggiornamento di tutti i documenti d’intelligence della Marina Militare; successivamente capo di Gabinetto del ministero della Difesa e dal 1996 al 2001 direttore del Sismi (i vecchi servizi segreti militari) e infine consigliere della Corte dei Conti. Amm. Sergio Biraghi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2004 al 2006 e poi consigliere militare del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Gen. Carlo Cabigiosu, già vicecomandante del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato in Germania, poi Capo di Stato maggiore del Comando Regionale delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (il primo generale italiano ad assumere tale carica, da sempre ricoperta da militari Usa), comandante della Forza Nato in Kosovo (2000-01), rappresentante dell’Italia al Senior Official Group (SOG) della Nato per la revisione della struttura di Comando dell’Alleanza e infine consigliere militare della Missione italiana in Iraq (2003-04). Gen. Vincenzo Camporini, dal 2008 al 2011 Capo di Stato maggiore della difesa e poi consulente dell’allora ministro degli esteri Franco Frattini; oggi è vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali e membro della Fondazione Italia-Usa. Giovanni De Carli ed Edoardo Esposito, generali della Guardia di Finanza. Gen. Giampaolo Ganzer, già comandante dei reparti dei Carabinieri impegnati contro la colonna veneto-friulana delle Brigate Rosse e delle teste di cuoio che liberarono il generale Usa James Lee Dozier sequestrato dalle Br a Verona nel 1981. Nel 2002 è stato nominato comandante del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dell’Arma dei Carabinieri, incarico ricoperto sino al luglio 2012 nonostante la condanna in primo grado a 14 anni per “associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati”, commessi nel corso di alcune operazioni antidroga dei ROS. Dopo la riduzione della condanna in secondo grado a 4 anni e 11 mesi di reclusione, lo scorso anno è scatta la prescrizione per i reati dopo la revisione della Cassazione. Gen. Fabio Mini, esperto di geostrategia, ex comandante della missione Nato in Kosovo dal 2002 al 2003, autore di articoli per Limes, l’Espresso, la Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Gen. Mario Nunzella, già Capo di Stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, ex consigliere per la sicurezza del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, poi responsabile del coordinamento delle forze di polizia presso il Ministero dell’Interno. Nel giugno 2000 è stato nominato comandante del ROS dei Carabinieri. Gen. Stefano Panato, ex sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica (si è interessato ai programmi di sviluppo dei cacciabombardieri Tornado, Amx ed Eurofighter 2000), poi presidente del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), l’organismo di più alto livello nel campo della formazione e degli studi di sicurezza e vicedirettore del Sismi e dell’AISE (l’agenzia che sovrintende alla gestione dei servizi segreti). Dal 1999 al 2002 è stato consigliere militare presso la Rappresentanza d’Italia al Consiglio Atlantico a Bruxelles; oggi ricopre il ruolo coordinatore del Centro Studi Militari Aeronautici (Cesma) “Giulio Dohuet” di Roma. Gen. Luciano Piacentini, già comandante del battaglione d’assalto “Col Moschin” e successivamente capo di Stato Maggiore della brigata paracadutisti “Folgore” e consigliere per la sicurezza in diverse aree del continente asiatico. Gen. Sergio Siracusa, prima addetto militare presso l’ambasciata d’Italia a Washington, poi sottocapo di Stato maggiore presso il Comando Forze terrestri alleate del Sud Europa di Verona, direttore del Sismi dal 1994 al 1996, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 1997 al 2002 e infine Consigliere di Stato. Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ed ex collaboratore dei ministri della prima Repubblica Sebastiano Vassalli e Virginio Rognoni. Stefano Dambruoso, ex magistrato a Milano dove ha condotto inchieste sulle cellule anarco-insurrezionaliste e sul terrorismo jidahista in Italia, dal 2008 Capo dell’Ufficio coordinamento attività internazionali del ministero della Giustizia, poi membro del Consiglio direttivo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e dal febbraio 2013 deputato alla Camera, eletto in Lombardia con Scelta Civica e transitato nel gruppo scissionista Civici e Innovatori. Membro anch’egli della Fondazione Italia-USA, nel gennaio 2016, unitamente al parlamentare Pd Andrea Manciulli (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO) ha presentato la proposta di legge “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”. Nicola Di Giannantonio, prefetto fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio nel 2000 e successivamente direttore della Sovrintendenza Centrale dei Servizi di Sicurezza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Domenico Vulpiani, prefetto e direttore dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, dal 1978 al 1988 responsabile dei servizi di protezione dei Presidenti della Repubblica Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, di alcuni presidenti del Consiglio e ministri dell’Interno. Dal 1990 al 1996 presso la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione ha ricoperto diversi incarichi in materia di antiterrorismo; dal 1996 al 2001 è stato a capo della DIGOS di Roma, dal 2001 al 2009 direttore del Servizio Polizia Postale, ufficio specializzato nel contrasto ai crimini postali ed informatici e del Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche del Paese. Giovanni Castellaneta, già ambasciatore d’Italia negli Usa dal 2005 al 2009 (anni in cui vengono sottoscritti accordi strategici con Washington in campo militare e industriale, come ad esempio la coproduzione dei cacciabombardieri F-35, l’installazione del terminale MUOS a Niscemi e dei droni d’intelligence a Sigonella); successivamente presidente del consiglio di amministrazione di SACE (il gruppo assicurativo-finanziario a favore delle imprese italiane che operano all’estero, interamente controllato dalla Cassa depositi e Prestiti) e membro del Cda di Finmeccanica (l’holding a capo del complesso militare-industriale italiano). È stato inoltre consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio Berlusconi e suo rappresentante personale per i Vertici del G8 del 2001 e del 2005. Guido Lenzi, ambasciatore, già rappresentante permanente presso l’OSCE a Vienna, direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e consigliere diplomatico presso il ministero degli affari esteri e della difesa. Andrea Monorchio, originario di Reggio Calabria, ex ragioniere generale dello Stato, docente di materie economiche presso l’Università di Siena e la Luiss di Roma, per alcuni anni presidente del Cda di Infrastrutture S.p.A. (società voluta dal ministero del Tesoro per finanziare le grandi opere pubbliche) e dei collegi sindacali di Eni, Fintecna e Telespazio (gruppo Finmeccanica). Nell’ottobre 2011 è stato nominato vicepresidente della Banca popolare di Vicenza. Paolo Savona, già direttore generale e poi amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro (1989-1990), presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (dal 1990 al 1999 e dal 2010 al 2014), dei Cda di holding e società come Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, Banca di Roma, membro dei Cda di RCS, TIM Italia, Capitalia. Savona è stato pure presidente della Commissione d’indagine sul nucleare in Italia e membro delle Commissioni Ortona e Jucci per la riforma dei servizi di sicurezza. Asher Daniel Colombo e Marzio Barbagli, docenti di sociologia dell’Università di Bologna, consulenti di fiducia del ministero dell’Interno e autori di diverse pubblicazioni sulle migrazioni internazionali e le “relazioni” immigrati-sicurezza-criminalità in Italia. Salvatore Tucci, docente di Calcolatori elettronici presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “Tor Vergata” di Roma, dal 1999 al 2008 responsabile del sistema informativo della Presidenza del consiglio dei ministri. I giornalisti Andrea Nativi direttore della Rivista Italiana Difesa e Carlo Panella ex dirigente di Lotta Continua, collaboratore de Il Foglio e responsabile delle tribune politiche Mediaset, nominato da Marco Minniti quale membro della Commissione di studio sulla Jihad in Italia. I direttori della security e protezione aziendale, Raffaele Di Lella di ENAC (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) e Franco Fiumara delle Ferrovie dello Stato (quest’ultimo ha pure diretto le compagnie della Guardia di finanza di Mondragone e Gela e il Nucleo centrale Polizia tributaria di Roma – Sezione Stupefacenti; nel dicembre 2014 è stato eletto presidente di Colpofer, l’Associazione internazionale dei Capi delle strutture di sicurezza aziendale ferroviaria di 24 paesi e della Polizia dei trasporti). Luisa Franchina, ingegnere elettronico ed esperta di strategie di sicurezza delle reti e dell’informazione, dal 2011 al 2013 direttrice generale del Nucleo operativo per gli attentati NBCR (nucleari, biologici, chimici e radiologici) presso la Presidenza del Consiglio e successivamente delegata italiana per la Protezione civile presso il comando Nato di Bruxelles. Gli ispettori generali della Police nationale francese, Hélène Martini (già consigliere tecnico per la sicurezza interna del Presidente della Repubblica) ed Emile Pérez, direttore del Service de Coopération Technique Internationale de Police e presidente di Francopol. Frances Fragos Townsend, ex consigliere per la sicurezza nazionale e le politiche di lotta al terrorismo del presidente Usa George W. Bush, nonché inviata speciale per le ispezioni alla prigione-lager “Abu Ghraib” in Iraq, nota al mondo per i crimini commessi dai militari statunitensi a danno dei reclusi. Tra il 2006 e il 2007, l’allora vice-ministro all’interno Marco Minniti e il prefetto Carlo De Stefano (al tempo direttore centrale della Polizia di prevenzione e coordinatore del Comitato di analisi strategica antiterrorismo) ebbero modo d’incontrare più volte a Roma e Washington la consigliere Townsend per uno “scambio di informazioni Italia-Usa sulla “minaccia terroristica”. Kurt Volker, ex ambasciatore Usa alla Nato (su nomina del presidente George W. Bush) ed ex analista internazionale della CIA, managing director del Centro per le Relazioni Transatlantiche alla Johns Hopkins University. Già consulente del senatore ultraconservatore John MacCain e vicedirettore dell’allora Segretario generale della NATO George Robertson (1998-2001), Volker ha ricoperto l’incarico di consulente del Dipartimento di Stato in preparazione dei summit Nato di Praga (2002) e Istanbul (2004).
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giancarlonicoli · 5 years ago
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26 set 2020 12:41
“HO PARLATO CON GLI AVVOCATI DELLA JUVE, DOPO SUAREZ FACCIAMO UN ACCORDO, CI MANDANO I CALCIATORI DELLA PRIMAVERA” - SONO LE PAROLE DEL DIRETTORE DELL'UNIVERSITÀ PER STRANIERI DI PERUGIA, SIMONE OLIVIERI: “MI HA CHIAMATO PARATICI, IL DS DELLA JUVE, PER SUAREZ. TOCCA FARE LE COSE PER BENE, SENNÒ PASSIAMO DA MERCENARI” - E CONFERMA LA PROMESSA RICEVUTA DAL L'AVVOCATESSA MARIA TURCO, CHE LAVORA NELLO STUDIO CHIAPPERO, DA ANNI LEGALE DEL CLUB BIANCONERO
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Fiorenza Sarzanini per “il Corriere della Sera”
Ho parlato con gli avvocati della Juve, dopo Suarez facciamo un accordo, ci mandano i calciatori della Primavera». È l'11 settembre, il direttore dell'Università per stranieri di Perugia Simone Olivieri parla con Lorenzo Rocca, il docente che dovrà esaminare il calciatore uruguaiano Luis Suarez per la prova di italiano che serve a fargli ottenere la certificazione B1. Detta la linea. E conferma la promessa ricevuta dal l'avvocatessa Maria Turco, che lavora nello studio di Luigi Chiappero, da anni legale del club bianconero: se la questione Suarez sarà risolta, si stabilirà una collaborazione duratura.
L'utilità che ha fatto scattare le verifiche per il reato di corruzione per cui sono indagati lo stesso Olivieri e la rettrice Giuliana Grego Bolli, oltre al falso contestato pure ai due docenti Stefania Spina e Lorenzo Rocca. Le intercettazioni telefoniche e ambientali ricostruiscono quanto avvenuto nei giorni precedenti al 17 settembre, quando il giocatore arriva nel capoluogo umbro per fare il test e dopo 12 minuti esce con il certificato, non prima di aver scattato alcune foto con il gruppo dei docenti.
Le conversazioni svelano l'affannarsi dei vertici dell'ateneo per accontentare le richieste che provengono dai dirigenti della Juventus. Il primo a chiamare è il direttore sportivo Fabio Cherubini. Nato a Foligno conosce bene il rettore della Statale Maurizio Oliviero e a lui chiede informazioni per l'esame di Suarez. Oliviero spiega che lo metterà in contatto con l'Università per stranieri e avvisa Olivieri. Quando parla con il direttore generale specifica che bisogna fare in fretta: «Il nostro centravanti non lo possiamo mandare a metà ottobre. Se mi dici che si può fare chiamo la rettrice».
E dopo aver ricevuto conferma effettivamente contatta Grego Bolli. Si crea dunque un contatto diretto tanto che l'11 settembre, in un'altra intercettazione si sente Simone Olivieri affermare: «Mi ha chiamato Paratici, il diesse della Juve, per Suarez». E rivolto a Rocca si raccomanda: «Tocca fare le cose per bene, sennò passiamo da mercenari». In realtà sembrano tutti consapevoli sin dall'inizio che l'esame sarà una farsa tanto che Rocca ad un certo punto si preoccupa: «Non potremo fare irregolarità su irregolarità».
Però trova anche la soluzione: «Possiamo sfruttare 'sta cosa del Covid che il pubblico non può entrare», lasciando intendere che in presenza di testimoni sarebbe impossibile far durare l'esame 12 minuti ponendo solo le domande concordate che peraltro il calciatore ha già imparato a memoria.
Una circostanza accertata dalla Guardia di Finanza che ha sequestrato il Pdf spedito dalla professoressa Stefania Spina, che aveva preparato Suarez, proprio a Rocca. Alla fine l'esame si svolge il 17 settembre nell'ufficio della rettrice, ma è quasi una formalità. «Tanto con le norme post Covid basta l'orale», conferma Rocca. Ora si stanno esaminando le altre conversazioni. Il sequestro dei telefoni ha consentito infatti di recuperare i messaggi che i protagonisti si sono scambiati attraverso WhatsApp in quei dieci giorni di settembre.
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sciscianonotizie · 7 years ago
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sciscianonotizie · 7 years ago
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marikabi · 4 years ago
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Una cosa buona
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Brutto periodo, le notizie cattive si susseguono.
Siamo così messi male che in tivvù ho sentito il lapsus di un giornalista, il quale ha citato il Ministro della Speranza, volendo indicare Roberto Speranza, Ministro della Salute. Alla fine, non è stato un lapsus, bensì il segno di un profondo scoramento.
Non abbiamo nessuna ragionevole motivazione per stare allegri, solo qualche augurio di sfangarla come si può. A lungo termine, supereremo anche questa tragedia, ma nel momento siamo locked (allucchettati, potremo tradurre con un assonante lemma) nei nostri tristi pensieri.
Ci manca la socialità, la convivialità, i viaggi, ma anche le spintonate nelle calli affollate d’estate, diciamocelo. Ridefiniamo il confinamento fisico come atto snob, per non morire di rarefazione sociale. Ci disabituiamo agli altri, ai loro mondi, alle loro storie, concentrati a salvarci la pelle e la sanità mentale. Ciò farà molto male alla società, sappiatelo, ma adesso non c’è alternativa.
Anche per chi - come me - non è in smart working ed un minimo di, molto asettiche, relazioni professionali l’ha potuto mantenere, è comunque un mondo nuovo, soprattutto privo di giovialità.
Così, quando mi è giunto l’invito a partecipare al webinar del DiM Project (fra poco vi spiego che cos’è), l’ho accolto con gioia, per diversi motivi, tra cui l’amicizia che mi lega agli operatori del CPIA di Avellino (innanzitutto alla Prof. Lia Pensabene), la mia inarrestabile curiosità, ma soprattutto la materia del progetto: lingue e comunicazione tra le genti.
DiM Project è un Dizionario digitale multilingue interattivo per dispositivi mobili, sviluppato da un’idea della Prof. Pensabene del CPIA di Avellino, diretto dalla DS Maria Stella Battista. Il progetto - nato nel 2018 - ha coinvolto una serie di partners europei (inserito nell’ambito di Erasmus+, con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione) e sabato 7 novembre il prodotto è stato presentato al pubblico attraverso un webinar in collegamento internazionale.
(Trovate tutte le notizie, la storia, la descrizione, la demo, le partnerships ed altro a questo link.)
Le lingue considerate sono, per ora, undici, scelte tra quelle veicolari e di destinazione (inglese, neogreco, maltese, russo e italiano) e gli idiomi nazionali parlati da particolari raggruppamenti etnici d’immigrazione in Europa (India, Iran, Filippine, Eritrea, Senegal, Bangladesh) .
Eh già, perché il Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) si occupa anche dell’alfabetizzazione dei migranti (istruzione di base, accordi d’integrazione, test d’Italiano per i richiedenti il permesso di soggiorno) e l’esigenza di avere un immediato e maneggevole ausilio alla costruzione di un personale vocabolario essenziale per vivere in Europa è emersa forte.
Le particolarità del DiM consistono nel collezionare i termini per eteronimi e gruppi semantici; essere open source; popolato con la collaborazione degli stessi studenti (pronuncia e immagini, per la multisensorialità e la migliore permanenza cognitiva); contenere cenni storico-linguistici di idiomi tanto lontani da noi, ma anche così interessanti.
Così, sabato mattina, collegata via Zoom (ah, la tecnologia, che grande aiuto!), ho ascoltato (ottimo il servizio di interpretazione fornito) i panelists collegati finanche dall’India, docenti, esperti, studenti (e perfino il nostro immarcescibile Sindaco Gianluca Festa, il quale ha voluto salutare con il suo inscalfibile entusiasmo l’iniziativa). 
Ho sorvolato Malta nel sole (foto in copertina), visitato virtualmente i centri di studio in Scozia, a Cipro, ad Atene.
Sabato, sì, ho viaggiato e mi ha fatto bene all’anima.
V’invito a sostenere e promuovere il DiM Project e a ringraziare il CPIA della nostra Città, che in tempi bui ha acceso una piccola luce ad Avellino.
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Nella foto, in primo piano Lia Pensabene e alle sue spalle, a favor di obiettivo, la DS Maria Stella Battista, del CPIA di Avellino.
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