#Crimini partigiani
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Stragi partigiane: 5 maggio 1945, l'eccidio di Valdobbiadene
Siamo nei primi giorni del maggio 1945, qualche giorno prima, precisamente il 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale ha proclamato l’insurrezione generale contro le forze di occupazione tedesche e le autorità della Repubblica Sociale Italiane-. Con le forze americane che hanno sfondato la linea gotica e le forze britanniche che avanzano ormai senza quasi incontrare resistenza sul fronte…
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#ANPI#Crimini partigiani#Guardia Nazionale Repubblicana#Repubblica Sociale Italiana#Resistenza#Salò#X MAS
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Padova esercitò un ruolo centrale nella Resistenza veneta
I conti con la storiaI 20 mesi della Repubblica sociale italiana di Salò sono stati una sorta di prosecuzione della guerra civile spagnola fuori dai confini della penisola iberica. Stessa irriducibile contrapposizione tra le parti, stesso anelito all’annichilimento dell’avversario, analoghe, purtroppo, le atrocità. Non è che in Italia si siano raggiunti i picchi di crudeltà dell’esperienza…
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#1944#Cas#Concetto Marchesi#crimini#donne#epurazione#fascisti#Gabriele Coltro#Mario Mancini#nazifasciste#Padova#partigiani#processi#Resistenza#RSI#Salò#Silvio Trentin#tedeschi#Veneto
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Padova esercitò un ruolo centrale nella Resistenza veneta
I conti con la storiaI 20 mesi della Repubblica sociale italiana di Salò sono stati una sorta di prosecuzione della guerra civile spagnola fuori dai confini della penisola iberica. Stessa irriducibile contrapposizione tra le parti, stesso anelito all’annichilimento dell’avversario, analoghe, purtroppo, le atrocità. Non è che in Italia si siano raggiunti i picchi di crudeltà dell’esperienza…
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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Il documento sulle foibe redatto dai partigiani italiani, sloveni e croati è stato pubblicato ieri ma è (giustamente) passato sotto silenzio. (L)a musica che i partigiani suonano dal 2004 (anno in cui è stato istituito il Giorno del Ricordo) è sempre la stessa. Ed è sempre stonata.
A leggere il documento, infatti, (si passa furbettamente dal becero negazionismo degli anni del PCI a) “giustificare” il comportamento dei partigiani titini. (...)
Scrive l’Anpi: “Furono uccisi molti responsabili di crimini, ma anche persone innocenti e persino alcuni collaboratori del movimento di liberazione. In altri casi le foibe furono causate da una cieca volontà di vendetta ed in altri ancora da veri e propri delinquenti. Condanniamo le esecuzioni sommarie e rispettiamo il dramma dell'esodo che ha colpito tanti italiani che vivevano in Istria e in Dalmazia; prendiamo anche atto che la ricerca storica dimostra che vi sono state e persistono pesanti esagerazioni e strumentalizzazioni (...)”.
La ricerca storica dimostra, sic. Bene: guardiamo ai numeri. Parlando della Slovenia, c’è una fossa o foiba ogni 27 chilometri quadrati, con una media di 135 vittime ciascuna, secondo le stime di una loro commissione governativa. Altri numeri: a guerra finita, Tito fece massacrare 250mila persone, soprattutto (sloveni serbi e croati che) avevano combattuto dalla parte sbagliata della storia e civili, ma pure migliaia di italiani, spazzati via e nascosti nelle viscere della terra in nome di una pulizia etnica (...) attuata con ferocia (...).
Il problema, giustamente afferma l’Anpi, non è solamente italiano. (...) (L)a strada per portare il paradiso comunista in terra è sempre lastricata di pietre con inciso il nome di centinaia di migliaia di morti spariti per sempre nel nulla.
da https://www.ilgiornale.it/news/nazionale/riparte-l-assalto-dei-partigiani-foibe-solita-storia-2115233.html
Fu pura pulizia etnica. Avidità.
Due lezioni: la prima, la Storia si ripete quando la travisi, e infatti la pulizia etnica se la sono ri-ciucciata per bene, da quelle parti.
La seconda: l'unico motivo per cui un comunista non ti massacra per derubarti e violentare, è la paura. Appena si sente "coperto", lo fa. E s'inventa scuse per "giustificare".
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La prima giornata del ricordo fu istituta dalla Repubblica Sociale Italiana per "commemorare" le "vittime" dei partigiani comunisti jugoslavi quando i fascisti commisero crimini contro gli slavi e fecero l'italianizzazione forzata dopo la prima guerra mondiale nella Venezia Giulia e nella Dalmazia.
La "giornata del ricordo" istituita nel 2004 per iniziativa del centrodestra e poi abbracciata dalla sinistra ha come scopo criminalizzare l'eroica resistenza jugoslava e i popoli jugoslavi e glorificare il fascismo.
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Le foibe sono un crimine di guerra, su questo non ci possono essere dubbi. Uccidere nemici inermi, dopo la cattura, al di fuori del combattimento e senza un giusto processo (come è spesso avvenuto in quelle circostanze) è sempre un crimine. Specie se ciò avviene alla fine di una guerra, quando si suppone che ci sia il tempo per giudicare i responsabili di reati commessi in precedenza, come avvenuto infatti a Norimberga, ma non (vale la pena ricordarlo) per i criminali di guerra italiani. Tuttavia, come sanno tutti gli storici, le vittime delle foibe non state uccise «solo perché italiane», a differenza di ciò che viene ossessivamente ripetuto nella vulgata politico-mediatica. Decine di migliaia di italiani combattevano nelle file dell’esercito partigiano jugoslavo, ovvero dalla parte di chi ha commesso quei crimini, e non hanno subito, ovviamente, alcuna violenza. Inoltre fra le vittime della resa dei conti condotta dalle forze jugoslave a fine guerra, gli italiani rappresentano tra il 3 e il 5%; gli altri sono jugoslavi (serbi, croati, sloveni, ecc.): tutti uccisi perché ritenuti fascisti, nazisti, spie, collaborazionisti o contrari alla conquista del potere da parte delle forze partigiane. I liberatori jugoslavi dunque se la prendono contro specifici nemici identificati in base all’appartenenza politica e militare, non nazionale.
[...]
Da circa vent’anni sono state istituite due giornate commemorative, quella della Memoria dei crimini nazisti e quella del Ricordo delle foibe. Tali celebrazioni sono simili nella denominazione, vicine nel tempo (27 gennaio e 10 febbraio) e hanno lo stesso identico peso formale. Ripeto per essere più chiaro: i crimini contro l’umanità commessi dai nazisti nelle logiche che sono state ricordate, e che hanno ucciso 10 milioni di persone, sono commemorati alla stessa stregua delle violenze condotte dai partigiani jugoslavi contro 5.000 persone, molti dei quali condividevano il campo nazista.
Nei discorsi istituzionali e nella propaganda mediatica sulle foibe si parla di «pulizia etnica», si afferma che le vittime sarebbero state uccise «solo perché italiane» e si ribadisce il paragone con la Shoah, ignorando al tempo stesso i crimini fascisti e nazisti commessi in precedenza in quello stesso territorio. Come credo sia ormai chiaro, tutto ciò è assurdo, offensivo, umiliante, di fatto «negazionista» o almeno enormemente «riduzionista» nei confronti della Shoah e dei crimini nazisti e fascisti. Per di più negli ultimi anni il giorno del Ricordo ha acquisito un’importanza politica addirittura maggiore rispetto a quello della Memoria. La Rai ha prodotto due film sul tema, se ne interessano programmi televisivi di ogni genere, se ne parla addirittura a Sanremo durante il festival dei fiori; politici di tutti gli schieramenti ne strumentalizzano la vicenda, enti pubblici di ogni livello intitolano strade, piazze, parchi, monumenti a Norma Cossetto o ai «martiri delle foibe»; il Ministero dell’Istruzione dirama circolari-fiume sul tema («Linee guida» di ben 90 pagine), i prefetti di tutta Italia chiedono alle scuole di insegnare la falsa «pulizia etnica» ai loro studenti e il Parlamento ha da poco approvato lo stanziamento di milioni di euro per incentivare la propaganda antistorica delle associazioni nostalgiche, finanziando «viaggi del ricordo» scolastici al confine orientale.
Non ci possono essere dubbi: nella nostra memoria pubblica le violenze dei partigiani a fine guerra hanno acquisito un peso molto maggiore dei crimini nazisti, e sono probabilmente oggi più conosciute e ritenute più rilevanti dall’opinione pubblica. Può sembrare assurdo e paradossale, ma è così. Eppure manca ancora un tassello, la beffa oltre al danno.
Che fine hanno fatto i crimini fascisti? Su questo semplicemente non esiste una memoria pubblica. Chi davvero uccideva intere popolazioni solo per la propria appartenenza, chi ha davvero ucciso «etiopi solo perché etiopi» e «jugoslavi solo perché jugoslavi», non viene nemmeno menzionato sui libri di scuola, non merita film, vie, parchi, lapidi né uno straccio di dichiarazione pubblica di condanna.
E dunque, in definitiva: si mente sulle reali motivazioni del crimine delle foibe per cercare di farlo passare come un crimine fascista; e intanto si ignorano i veri e propri crimini del fascismo, finendo per far passare i fascisti come innocenti e anzi vittime dei partigiani. Si dedicano energie politiche e risorse economiche straordinarie per diffondere tali falsità e si cerca in questo modo di fare percepire all’opinione pubblica le foibe come addirittura più gravi dei crimini nazisti e della Shoah.
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ANTOLOGIA MACABRA
Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, evoca la teoria complottista e razzista della sostituzione etnica (19 aprile). Ma poi, stupito delle reazioni inorridite, ci rassicura: tranquilli, la mia è solo ignoranza (20 aprile).
Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dopo approfondite ricerche sulla storia del pensiero politico, scopre che il fondatore della destra in Italia è Dante Alighieri (14 gennaio), mescolando con signorile nonchalance il grande intellettuale medievale con concetti del moderno pensiero politologico e, perché no, un po’ di capre e un po’ di cavoli.
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, individua la vera causa che porta milioni di persone a scappare dalla loro terra: il problema non va cercato nel periodo coloniale che ha sconvolto le società che l’hanno subito, e neanche nelle guerre spesso fomentate dal mondo ricco, né, tanto meno, nel cambiamento climatico; il problema è l’opinione pubblica italiana (25 marzo) che, evidentemente, deve essere raddrizzata, in un modo o nell’altro. Lo stesso Ministro ci informa anche che i veri colpevoli della morte di tanti bambini nei viaggi della disperazione sono i loro genitori (27 febbraio) che non li fanno viaggiare su comode e sicure imbarcazioni. Negare i problemi e trovare un colpevole, uno qualunque.
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ci rende partecipi della sua personalissima teoria pedagogica: per i bambini che non si conformano allo standard, lo strumento educativo migliore è l’umiliazione (21 novembre). Signor Ministro, alcuni miei amici e io consideriamo questa affermazione aberrante e ritengono che un’educazione fondata sull’umiliazione formi tanti piccoli nazisti, non menti libere e aperte, sia cioè la negazione dell’educazione stessa. Ma, come dice lei Ministro, forse il nostro pensiero è roba vecchia, figlio del periodo dell’”egemonia culturale della sinistra gramsciana che è destinata a cessare” (28 dicembre) (non voglio sapere, per il momento, come pensa di farla cessare). Adesso siamo nell’anno primo dell’era … (già, di quale era?) e tutto è cambiato.
Intanto, il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, riscrive la storia dell’attentato di via Rasella e, con un colpo di bacchetta magica, trasforma i nazisti invasori stragisti in una innocua banda musicale di pensionati (31 marzo) e i partigiani in assassini di quegli allegri musicanti.
Il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, persona gentile e equilibrata, storpiandone il cognome in Bàkelet, ci fa intendere di non aver mai sentito parlare dell’omicidio di Vittorio Bachelet sulle scale della Sapienza, degli anni di piombo e del più ampio problema della strategia della tensione che ha segnato, forse fino ai giorni nostri, la storia italiana (20 aprile).
Sembra un’antologia di umorismo macabro, ma sono dichiarazioni dei più alti rappresentanti delle istituzioni. La verità è menzogna e la menzogna è verità. Forse ha ragione il Ministro Lollobrigida, è solo questione di ignoranza (20 aprile). L’ignoranza, di per sé, non è una colpa. Ma l’ignoranza, che spesso fa rima con arroganza, unita al potere, è un’arma di distruzione di massa, innanzitutto di massa cerebrale.
Ma il problema ancor più serio è che – mi pare – ci stiamo assuefacendo ad ascoltare queste parole prive di senso, o dotate di un senso macabro, restando indifferenti. Questa assuefazione, questa indifferenza è ciò che fa paura. E’ importante, oggi più che mai, ricordarci l’un l’altro e insegnare ai giovani che le menzogne non sono opinioni, che i crimini sono crimini, che il bene comune è superiore al bene individuale, che i confini sono punti di contatto, che i bambini sono sacri e non possono essere piegati attraverso umiliazioni senza distruggerli. E che il conflitto fra valori di vita e disvalori di morte non ha niente a che fare con la normale dialettica democratica.
@Riccardo Cuppini
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Firenze era una città ormai a ridosso del fronte, e infatti un mese dopo sarebbe stata liberata.
In quel luglio del ’44 reparti tedeschi e corpi della Repubblica Sociale Italiana stavano già abbandonando la città, ma non prima di essersi lasciati andare a diversi atti di violenza arbitraria e gratuita.
In questo quadro si inserisce il terribile eccidio di Piazza Torquato Tasso.
Nel pomeriggio del 17 una camionetta piena di militi della famigerata Banda Carità, guidata da Giuseppe Bernasconi, raggiunse il quartiere fiorentino di San Frediano. Si appostarono nell’angolo tra via Giovanni Villani e viale Francesco Petrarca e aprirono il fuoco senza preavviso sulle persone che si trovavano per strada. Cinque furono le vittime immediate di tale efferata azione, tra loro il piccolo Ivo Poli, di soli otto anni, che secondo le testimonianze venne falciato mentre correva disperato verso la porta della propria abitazione. Insieme a lui morirono Aldo Arditi, Igino Bercigli, Corrado Frittelli e Umberto Peri. Vi furono inoltre numerosi feriti. Non paghi di quello che avevano fatto, i fascisti rastrellarono anche diverse persone di cui si persero le tracce. Solo nel 1957, durante alcuni lavori di scavo, i corpi dei rastrellati vennero ritrovati sul greto del fiume Arno, presso il parco delle Cascine. Erano stati fucilati e seppelliti lì, insieme ad alcuni partigiani e altri uomini presi a caso. In tutto diciassette persone.
Sulle motivazioni della strage e del rastrellamento di piazza Tasso gli storici si sono a lungo interrogati, senza trovare alcun tipo di spiegazione. Probabilmente gli uomini di Bernasconi, in partenza da Firenze, volevano congedarsi così dalla città colpendo uno dei quartieri antifascisti che spesso offriva asilo ai partigiani. Non era certo il primo atto efferato del Reparto dei Servizi Speciali, meglio noto come Banda Carità, dal nome di Mario Carità, aguzzino, truffatore, picchiatore che aveva raccolto intorno a sé il peggio che la RSI era riuscita a mettere in campo. Un manipolo di assassini, spie e torturatori avvezzi al continuo uso di cocaina. Destinati soprattutto alla guerra contro i partigiani, gli uomini di Carità parteciparono ai rastrellamenti e alla deportazione degli ebrei, torturarono e assassinarono numerosi uomini della Resistenza ma rapinarono anche banche, sinagoghe e case private.
Spesso quando abbiamo parlato di stragi nazifasciste qualcuno ci ha scritto che avremmo dovuto togliere il suffisso e parlare solo di eccidio nazista. Abbiamo spiegato che a molte stragi uomini della RSI parteciparono come guide, fornendo appoggio logistico, o indicando le vittime da prelevare e giustiziare.
Oggi invece possiamo togliere il prefisso, questa fu una strage tutta fascista.
Cronache Ribelli
Di questo e di decine di efferati crimini fascisti contro i civili parliamo in Ventennio di sangue. Info nel primo commento.
Cronache Ribelli FB
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"Mio nonno ordinò il massacro nazista di San Polo. Ora io chiedo perdono" Roma, 10 luglio 2024 – L’attimo in cui scoprì che uno degli uomini più importanti della sua vita, quello che l’aveva consolata, le aveva raccontato le favole da bambina e insegnato a costruire sogni pieni di speranza, suo nonno, era stato un boia nazista durante la seconda guerra mondiale in Italia, fu il più atroce della sua esistenza. Fu come se anche lei, oggi madre e giornalista affermata, Laura Ewert, fosse stata ammazzata insieme ad altri 64 innocenti tra cui donne e bambini dagli uomini del tenente Wolf Ewert, il suo carissimo nonno, all’alba di un pallido mattino di sole del giorno 14 di un luglio ormai lontano, nel 1944, nel piccolo paese di San Polo, vicino ad Arezzo. Aveva un tono dimesso, velato dalla tristezza e dalla commozione Laura, quando pochi giorni fa, in collegamento web dalla Germania con la sala consiliare del Comune di Civitella della Chiana, in occasione di un convegno sulle stragi naziste dimenticate organizzato dal Comune con il giornalista Udo Gümpel e lo storico Carlo Gentile, è stata chiamata ad intervenire per portare la sua diretta testimonianza. “Quando ho scoperto cosa era accaduto a San Polo sono stata sommersa da sentimenti di tristezza, dolore e vergogna – ha detto –. Mi sono fatta molte domande sulla mia famiglia, sul perché non abbiamo mai parlato o affrontato questo argomento. Perché non siamo mai andati a San Polo per parlare con chi ha vissuto quella tragedia, chiedere perdono, immedesimarci per un qualcosa per il quale è difficile trovare parole adeguate". Già. Difficilissimo scavare nel vocabolario e trovare le parole giuste per definire crimini di questa portata che in Italia tra il 1943 e il 1945 hanno causato circa venticinquemila vittime innocenti, la maggior parte senza giustizia. Altrettanto complesso però è trovare quelle che descrivano la forza di questa donna che si porta addosso senza colpe l’eredità sanguinosa di un nonno criminale impunito, e riesce a redimersi pubblicamente dopo ottanta anni e a chiedere, in un atto d’amore sincero ed estremo, umilmente perdono alle vittime ed ai loro familiari. Lei che addosso non porta nessuna macchia, lei che però, con una dignità infinita, chiede scusa al posto del nonno ormai morto tanti anni fa. Perché se lui fino in fondo non comprese la gravità dei gesti compiuti e mai si pentì, lei ha almeno carpito la portata catastrofica che hanno avuto quei massacri sui sopravvissuti e sulle comunità colpite. È impossibile conoscere davvero cosa si celi nel fondo del pozzo dell’abisso dei familiari delle vittime che fino alla tomba si sono portati dentro l’ergastolo del dolore senza aver mai ottenuto giustizia. Più facile districarsi nella storia e tornare a quel drammatico giorno di luglio, due giorni prima della liberazione di Arezzo, quando Wolf ed i suoi uomini, con un improvviso attacco, liberarono alcuni commilitoni prigionieri, catturarono numerosi partigiani e le persone sfollate nella zona, uccisero alcuni civili, tra cui donne, anziani e bambini, e condussero il resto a San Polo. Li massacrarono dopo ore di spietate violenze. In quarantotto furono obbligati a scavarsi la fossa nei giardini di Villa Gigliosi, furono seppelliti vivi e fatti saltare in aria con la dinamite. Tra loro anche il ragazzo che portava i panini ai tedeschi. Gli altri furono portati fino a San Severo e massacrati tutti. L’operazione repressiva nella zona si concluse con la morte di 64 persone, in uno scenario di raccapricciante brutalità. Sono passati ottant’anni. La morte per gli indagati è arrivata prima della Procura e quindi della giustizia. A differenza delle sue vittime, il tenente Ewert ha fatto in tempo a ricostruirsi una vita dopo la guerra e a veder crescere la nipote Laura. È morto prima di trovare la forza di raccontare. Ma siccome la vita si rigenera nel grembo materno, sarà proprio lei, sua nipote, domenica prossima, a venire a San Polo di Arezzo appositamente dalla Germania, ad abbassare lo sguardo e a chiedere perdono per una colpa che non è sua. Perché se per la giustizia può esserci un tempo, la forza del perdono è come quella dell’amore: può non morire mai, può rigenerarsi e tramandarsi di padre in figlio. E questo dà alle famiglie ed ai popoli la forza di non perdere mai la speranza nell’umanità.
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Festa della Liberazione, Mattarella: «Senza memoria non c'è futuro»
Festa della Liberazione, Mattarella: «Senza memoria non c'è futuro». «Senza memoria, non c’è futuro». Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 25 aprile, celebrando l'anniversario della Liberazione a Civitella in Val di Chiana, in Toscana, dove nel 1944 i nazisti trucidarono 244 persone. «Aggiungo - utilizzando parole pronunciate da Aldo Moro nel 1975 - che “intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare”, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico», ha affermato il Capo dello Stato. «All’infamia della strage di Marzabotto, la più grande compiuta in Italia, seguì un corollario altrettanto indegno: la propaganda fascista, sui giornali sottoposti a controlli e censure, negava l’innegabile, provando a smentire l’accaduto, cercando di definire false le notizie dell’eccidio e irridendo i testimoni. Occorre – oggi e in futuro - far memoria di quelle stragi e di quelle vittime e sono preziose le iniziative nazionali e regionali che la sorreggono. Senza memoria, non c’è futuro». «Con queste barbare uccisioni, nella loro strategia di morte, i nazifascisti cercavano di fare terra bruciata attorno ai partigiani per proteggere la ritirata tedesca, di instaurare un regime di terrore nei confronti dei civili perché non si unissero ai partigiani, di operare vendette nei confronti di un popolo, considerato inferiore da alleato e, dopo l’armistizio, traditore. Si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale e all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità», ha affermato. In mattinata Mattarella accompagnato dai presidenti del Senato, Ignazio La Russa, della Camera Lorenzo Fontana, del Consiglio Meloni, della Corte costituzionale Augusto Barbera, dal ministro della Difesa Guido Crosetto, e dalle alte cariche militari, ha reso omaggio all'Altare della Patria, deponendo una corona di alloro sulla tomba del Milite ignoto, in occasione della Festa della Liberazione. "Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari. Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo, e quelli di oggi, che siamo determinati a contrastare con impegno e coraggio". Lo scrive su Instagram la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. "Continueremo a lavorare - aggiunge - per difendere la democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà. Viva la libertà!”. “Il 25 aprile è la festa della Liberazione e di tutta la Repubblica, la festa in cui si ricorda chi ha dato la vita e con tanto sacrificio ha costruito le basi per la democrazia e per la libertà di questo Paese e per la difesa dei valori della nostra Costituzione”. Così la segretaria del Pd Elly Schlein arrivando al corteo milanese per le celebrazioni del 25 aprile. “Questa - aggiunge Schlein - è una giornata in cui va rinnovato l’impegno della lotta per la difesa della nostra Costituzione e per la sua piena attuazione. Per questo dobbiamo ricordare la Resistenza che ci ha liberato dai nazifascisti”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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25 Aprile, ecco chi ci ha liberati davvero,
Ci hanno liberati gli ALLEATI ! non la cosiddetta “Resistenza”.
Cioè: Coloro che sono sbarcati in NORMANDIA è sono morti a migliaia e migliaia per ridarci una libertà perduta.
!I crimini commessi dal nazifascismo li conosciamo tutti ed è inutile enumerarli.
Più di qualcosa però viene sempre dimenticata, o meglio, nascosta ! La Resistenza ha avuto anche dei meriti indiscutibili ma anche molti lati oscuri che é doveroso ricordare sempre ma…a quale carissimo prezzo ?
Per fare delle valutazioni corrette occorre tenere bene in mente che la maggior parte delle stragi naziste furono la diretta conseguenza di attentati messi in atto dai partigiani, che non essendo militari regolari non erano riconosciuti come combattenti secondo le convenzioni internazionali di guerra.
Le legge di guerra dell’epoca era chiara e conosciuta da tutti: “Per ogni tedesco ucciso da non militari sarebbero stati uccisi 10 italiani, a meno che non si fossero consegnati gli attentatori per far rilasciare gli ostaggi.”
Uno solo si consegnò ai nazisti per salvare gli ostaggi, ed era innocente: Salvo d’Acquisto.
Non si hanno notizie di altri che per salvare ostaggi offrirono la loro Vita.
Leggi tutto il resto che non è poco: https://www.pittografica.it/il-25-aprile-e-la-resistenza/
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Va considerato che Borsatti fosse il collaborazionista più importante che si trovava a disposizione della Commissione di Giustizia nei giorni della liberazione
Il procedimento contro Odorico Borsatti fu l’unico fra quelli aperti dalla Commissione di Giustizia e giunti sulla scrivania del procuratore di Stato a compiere l’intero iter procedurale dalla fase istruttoria, al dibattimento, al pronunciamento del verdetto, alla formulazione e all’esecuzione della sentenza. Il procedimento lasciò tracce profonde in tutte le fasi restituendo molti elementi per…
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#1943#1944#1945#crimini#Fabio Verardo#fascisti#maggio#Odorico Borsatti#Palmanova#partigiani#SS#tedeschi#tenente#Udine
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Va considerato che Borsatti fosse il collaborazionista più importante che si trovava a disposizione della Commissione di Giustizia nei giorni della liberazione
Il procedimento contro Odorico Borsatti fu l’unico fra quelli aperti dalla Commissione di Giustizia e giunti sulla scrivania del procuratore di Stato a compiere l’intero iter procedurale dalla fase istruttoria, al dibattimento, al pronunciamento del verdetto, alla formulazione e all’esecuzione della sentenza. Il procedimento lasciò tracce profonde in tutte le fasi restituendo molti elementi per…
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Quale immagine associata al presidente della Repubblica e al dramma delle foibe era così disturbante da essere coperta da Facebook?
Un revisionista dell'ANPI?
Un comunista che fucila dei partigiani perché sono cattolici?
Centinaia di uomini, donne e bambini giustiziati perché italiani?
Dei cadaveri vilipesi e appesi a testa in giù?
Cosa potrà mai aver pubblicato un quotidiano online, regolarmente registrato, di così crudo da essere oscurato?
Ecco la risposta, a voi le conclusioni:
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Ogni 25 aprile è la stessa e noiosa storia dei soliti revisionisti, negazionisti, opportunisti, doppi moralisti e non solo parlo dei fascisti.
Si ripete sempre la solita storia dei cosiddetti "anche i partigiani hanno commesso crimini", "tutti i partigiani antifascisti erano dei comunisti filosovietici", "partigiani e fascisti sono uguali", e via dicendo.
Il solito e squallido revisionismo storico che vuole mettere sullo stesso piano comunisti e fascisti in quanto estremisti. Questa retorica mi ha veramente rotto le ⚾️⚾️⚾️. È una retorica che da' ragione ai fascisti, riabilita e legittima il fascismo condannando e ripudiando la resistenza non solo dei comunisti che ne furono alla testa, ma anche dei socialisti, dei democratici, dei cattolici, ecc.
Ciò che i liberali dimenticano, negano e ancora perseverano è che essi hanno contribuito al fascismo di salire al potete con lo scopo di reprimere le lotte sociali dei lavoratori e delle lavoratrici. Essi negano o ignorano la loro collusione con la dittatura fascista per tale scopo e perseverano la collusione con i gruppi neofascisti che purtroppo ce li ritroviamo al governo. Inoltre, è ormai evidente la collusione dei liberali e dei "progressisti" con il regime di Kiev e con le bande armate neonaziste ucraine nella guerra in Ucraina (anziché sostenere movimenti antifascisti ucraini e milizie delle repubbliche separatiste anti neonaziste).
Dopo il 25 aprile, tutto viene dimenticato come se fosse superato totalmente. Purtroppo le cose si ripetono giornalmente: riorganizzazione dei gruppi fascisti sotto diverse forme, uso della violenza dello Stato e dei padroni contro le lotte sociali di lavoratori, sfruttati e studenti.
Non è con il gender fluid, con il multiculturalismo e con le retoriche umaniste si combattono il neofascismo e il neonazismo. Non si può essere antifascista se metti fascisti e partigiani comunisti sullo stesso piano. Non si può essere definiti tali se sostieni la "Resistenza" ucraina e i "ribelli" jihadisti in Siria e Libia. Bisogna saper sempre fare delle distinzioni e delle eccezioni in determinati contesti.
E l'unico errore del 25 aprile fu quello di posare i fucili.
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