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La Befana, il Presepe e l’Epifania in Letteratura

La Befana, il Presepe e l’Epifania in Letteratura La Befana, il Presepe e l’Epifania in Letteratura, un articolo che analizza i legami tra la festa della befana, il presepe, e l'epifania nella letteratura e nella psicanalisi, come stimolo alla creazione artistica e intellettuale. L’ Epifania tutte le feste porta via, infatti una volta giunti al 6 gennaio il periodo vacanziero del Natale si conclude, e con esso le vecchie feste ormai passate e si accoglie l’inizio di un nuovo anno con le sue relative nuove festività. Carl William Brown In ogni casa elegante c’è la porta principale per i signori e c’è la porticina di servizio per i fornitori; ma non deve mancare la porta celeste per gli dei. Si potrebbe dire che la cappa del camino è il tunnel che congiunge la terra al cielo... Per colpa di certe convenzioni, e d’una diffusissima mancanza di coraggio ascensionale, forse questa porta è poco adoperata. Ciò non toglie che la porta della Befana sia la vera porta principale: la porta che si apre sull’universo. Gilbert Keith Chesterton Zitti, zitti bimbi buoni, presto, presto giù a dormire. La Befana è per venire col suo sacco pien di doni. Anonimo Non ho mai fatto una delle mie scoperte attraverso il processo del pensiero razionale. Albert Einstein La Befana, cara vecchietta, va all’antica, senza fretta. Non prende mica l’aeroplano per volare dal monte al piano, si fida soltanto, la cara vecchina della sua scopa di saggina: è così che poi succede che la Befana non si vede! Gianni Rodari La Befana a volte tarda perché ormai è vecchia e sorda, ma a coloro che son buoni lascia sempre tanti doni. Tra la cenere e il carbone ecco a te un suo bacione! Anonimo Ognuno chiudendo gli occhi, sogna dolci e balocchi. E Dori, il più piccino, accosta il suo visino alla grande vetrata per veder la sfilata dei Magi, su nel cielo, nella notte di gelo. Guido Gozzano Viene viene la Befana, vien dai monti a notte fonda. Come è stanca! La circonda neve, gelo e tramontana. Viene viene la Befana. Giovanni Pascoli Arriva la Befana, è già partita da una settimana, con la scopa di saggina, lei vola per arrivare prima. Viva viva la Befana! Anonimo Cara Befana. Prendi un trenino che fermi a casa d’ogni bambino, che fermi alle case dei poveretti con tanti doni e tanti confetti. Gianni Rodari Il dovere di un artista è piuttosto quello di rimanere di mentalità aperta e in uno stato in cui può ricevere informazioni e ispirazione. Bisogna sempre essere pronti per quella piccola Epifania artistica. Nick Cave

Befana, prtesepe, epifania e ricordi Nel folclore italiano, la Befana rappresenta una figura unica e affascinante, profondamente radicata nella tradizione natalizia. Il suo nome deriva da una trasformazione linguistica del termine "Epifania" (dal greco epifáneia, "manifestazione"), passato attraverso il latino epiphaníam fino a diventare "Befana". Secondo la tradizione popolare, la Befana è un’anziana signora che, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, porta doni ai bambini. Coloro che si sono comportati bene trovano calze riempite di dolciumi, frutta secca e piccoli regali, mentre i più dispettosi ricevono carbone o aglio. Anche il carbone, però, spesso si rivela dolce, trasformando la punizione in un gioco indulgente. Le origini della Befana si intrecciano con leggende e tradizioni religiose e pagane. Una delle storie cristiane più conosciute racconta che i Re Magi, durante il loro viaggio verso Betlemme, chiesero indicazioni a una vecchina e la invitarono a unirsi a loro. Lei rifiutò, ma poi si pentì e tentò invano di raggiungerli. Da allora, per espiare il suo errore, porterebbe doni ai bambini di tutto il mondo. Questa leggenda sembra cristianizzare una figura più antica, legata ai riti pagani della dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno, quando si celebrava il ciclo di morte e rinascita della natura. La Befana rappresenta simbolicamente l’anno vecchio, ormai consumato, che si lascia alle spalle. La scopa che porta con sé non è solo un mezzo di trasporto, ma simboleggia anche il gesto di “spazzare via” i problemi dell’anno appena trascorso, unendo così il folclore alla speranza di un nuovo inizio. L’Epifania è anche il giorno in cui, secondo la tradizione cristiana, i Re Magi giungono alla grotta di Betlemme per adorare il Bambino Gesù. La loro figura, citata in appena 12 versetti del Vangelo di Matteo, è stata arricchita nei secoli da dettagli simbolici e narrativi. Non è storicamente provato che fossero tre, né che si chiamassero Baldassarre, Gaspare e Melchiorre, ma queste aggiunte hanno rafforzato il loro significato spirituale e culturale. Nei presepi di tutto il mondo, l’arrivo dei Magi rappresenta un momento culminante. Le loro offerte di oro, incenso e mirra simboleggiano rispettivamente la regalità, la divinità e la sofferenza umana di Gesù. La tradizione del presepe, introdotta da San Francesco d’Assisi, mira a rendere tangibile e familiare la narrazione della nascita di Cristo, creando un legame diretto tra la spiritualità e la vita quotidiana. La Befana principalmente è un'icona tutta italiana. Tuttavia, se per noi l'Epifania è sinonimo di Befana, possiamo dire che viene celebrata anche in altri Paesi, seppur con nomi e usanze diverse. In Francia la befana diventa un re o una regina! La tradizione ruota attorno alla Galette des Rois, un dolce tipico che nasconde al suo interno una fava. Chi la trova nella propria fetta viene incoronato re o regina della festa. In Islanda invece la Befana è la moglie di Babbo Natale e viene celebrata con fiaccolate, fuochi d'artificio e la presenza simbolica di Babbo Natale, insieme al re e alla regina degli elfi. In Romania, i bambini bussano alle porte dei vicini per raccontare storie e ricevono in cambio frutta secca o qualche moneta. Un'usanza semplice e carica di significato che celebra l’arrivo dei Re Magi. In Russia l’Epifania coincide con il Natale ortodosso, celebrato il 6 gennaio. In questa notte speciale, Padre Gelo porta doni ai bambini, accompagnato dalla dolce Babushka, una figura simile alla nostra Befana.

Presepe, epifania e ricordi In Messico il 6 gennaio è noto come El Día de los Reyes, è dedicato all’arrivo dei Re Magi. Protagonista della tavola è la Rosca de Reyes, una ciambella a forma di corona che nasconde al suo interno una statuina di Gesù Bambino. Chi la trova diventa il "padrino" per l’anno successivo. In Bulgaria, l’Epifania si celebra con un rituale spettacolare: un crocifisso viene gettato in laghi o fiumi ghiacciati, e i più coraggiosi si tuffano per recuperarlo. Il vincitore avrà un anno di fortuna e buona salute. In Germania infine il 6 gennaio non è festeggiato ovunque. Nei luoghi dove si celebra, i preti e i chierichetti visitano le case, cantando e raccogliendo offerte. Tuttavia, per molti, è un giorno lavorativo e le scuole rimangono aperte. Il termine "Epifania" comunque non si limita solo alla sfera religiosa, ma trova un posto significativo anche in letteratura. Originariamente indicava una manifestazione divina, come un sogno o una visione. Con il cristianesimo, ha assunto un significato più specifico legato alla rivelazione di Gesù come Figlio di Dio. Per Joyce, il termine "Epifania" riprende il significato originale di "manifestazione", ma lo trasporta in un contesto letterario: si tratta di un’improvvisa illuminazione, un momento in cui qualcosa di apparentemente banale e quotidiano si carica di un significato profondo, rivelando una verità nascosta. Questa epifania non è mai grandiosa o spettacolare, ma si annida nei piccoli dettagli: una frase, un gesto, un oggetto. È un’illuminazione intima e personale che consente al personaggio (o al lettore) di cogliere una connessione tra il mondo materiale e quello spirituale, tra la vita quotidiana e le sue implicazioni più profonde. Ad esempio, nei Dubliners, queste epifanie emergono da momenti quotidiani che, per i personaggi, diventano rivelatori: un’ombra sulla loro vita o una consapevolezza improvvisa delle loro limitazioni, desideri o rimpianti. L’idea joyciana di epifania trova un parallelo nella psicanalisi freudiana, in particolare nell’interpretazione dei sogni e dei lapsus. Freud riteneva che i sogni e i dettagli apparentemente insignificanti della vita quotidiana potessero rivelare i desideri inconsci, le paure e i conflitti interiori di un individuo. Entrambi i concetti - epifania e interpretazione psicanalitica - condividono l’idea che i dettagli ordinari possano aprire una porta verso verità più profonde. In psicanalisi, queste connessioni sono spesso guidate dall’associazione libera: un dettaglio apparentemente insignificante può richiamare emozioni o ricordi nascosti, portando alla luce significati nascosti. Allo stesso modo, nelle epifanie di Joyce, dettagli minimi si trasformano in catalizzatori di rivelazioni emotive e spirituali. La creazione letteraria stessa si nutre di questo processo di connessione. Gli scrittori, come gli psicanalisti, spesso partono da elementi concreti o autobiografici per costruire una narrazione che trascende il personale, trasformandolo in universale. Joyce, con la sua tecnica dello stream of consciousness, esplora questa dinamica: il flusso di pensieri e associazioni dei suoi personaggi riflette il modo in cui la mente umana connette idee disparate, creando nuove intuizioni.

Presepe di porcellana, mamma e ricordi Un esempio è il modo in cui Joyce utilizza dettagli materiali – come una semplice frase o un oggetto – per evocare un mondo interiore complesso. Questo processo è parallelo all’esplorazione psicanalitica, dove i simboli concreti (nei sogni o nei ricordi) vengono interpretati per rivelare significati nascosti. In sintesi, l’epifania joyciana e la psicanalisi condividono l’idea che il banale possa diventare simbolico e rivelatore, creando connessioni tra mondi apparentemente separati. Entrambi i concetti si basano sull’intuizione che i dettagli del quotidiano siano portatori di significati più ampi e profondi, in grado di illuminare la condizione umana. Per la creazione letteraria, queste connessioni sono essenziali, poiché permettono agli scrittori di trasformare l’ordinario in qualcosa di straordinario e di parlare direttamente alla sensibilità del lettore. Anche Gabriele D’Annunzio, nella poesia “I Re Magi” dalle Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi, utilizza l’Epifania per evocare immagini di gloria celeste. In questa visione, il paesaggio, il canto degli angeli e l’arrivo dei Magi diventano simboli di una rivelazione divina che illumina l’umanità. Per concludere possiamo dire che la Befana, il Presepe e l’Epifania in letteratura condividono un elemento comune: la capacità di trasformare il quotidiano in straordinario. Che si tratti della dolce attesa dei doni, della magia del presepe o di una rivelazione letteraria, l’Epifania ci invita a riflettere sul valore delle manifestazioni, grandi o piccole, che illuminano la nostra vita. Buona Epifania a tutti! Se amate il Natale, le feste e la letteratura potete anche leggere i seguenti articoli: Aforismi e citazioni sul Natale Aforismi divertenti sul Natale Mercatini di Natale in Italia Mercatini di Natale in Germania Barzellette sul Natale La favola del pupazzo di neve Aforismi di C.W. Brown sul Natale Pensieri e riflessioni sul Natale Un buon libro per Natale Numeri sul Natale Un Natale surreale Odio il natale (Umorismo) Storielle divertenti sul Natale Una favola per Natale e non solo A Christmas Carol by Charles Dickens Other books by Charles Dickens Fairy tales and other stories by Hans Christian Andersen Best Christmas songs videos and karaoke Christmas markets in England Christmas markets in America Christmas markets in Italy and Germany Christmas quotes 60 great Christmas quotes Christmas tree origin and quotes Christmas jokes Christmas cracker jokes Funny Christmas Stories Amusing Christmas stories Christmas food Christmas thoughts Christmas story Christmas in Italy Christmas holidays Christmas songs Christmas poems An Essay on Christmas by Chesterton Aforismi per argomento Aforismi per autore Pensieri e riflessioni Saggi e aforismi Notizie e opinioni

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Sapienza e Saggezza devono necessariamente camminare insieme, nutrite dalla Fiamma Cardiaca dell'Amore. Era così, all'Inizio dei Tempi, quando il Vento spirava secondo la Sua Legge, la Notte seguiva al Giorno Secondo la Sua Legge, i rettili brucavano l'erba verde ed il Miele del Favo era Mammella del Nutrimento e del Benessere.
Tuttavia, l'uomo dei Tempi, professandosi Unico e Inimitabile, ha staccato la Sapienza dalla Saggezza, vi passeggia in mezzo fra le due, con atteggiamento di superiorità, convinto che possa tenerle insieme, maneggiarle come più gli conviene.
Ma la Sapienza, priva di Saggezza, è soltanto un Corpo Cristico Spezzato a Metà e Mai Riunito, una Fucina di Mente destinata ad armare il Braccio dei Presuntuosi. Come la Saggezza, priva della Sapienza, è il Pruno dell'Oreb che, messo alle Fiamme, invece di rimanere intatto dinnanzi alla Chiamata della Fede, si consuma nella scarsa Sostanza della Risposta e diventa cenere.
Così pure La Sapienza e la Saggezza che vanno assieme, non possono continuare a edificare Nidi di Colomba per la Via del Mondo, se la Veste Nuziale dell'Amore non le avvolge e non le protegge entrambe.
Non v'è discernimento ove manca il "Battito Cardiaco" della Creazione, ove la Verità è costantemente messa in discussione dall'uomo che la distrugge con l'Inganno per crearne una propria. Tutto è freddo, compiuto nel gelo di un intramontabile Inverno.
La pancia di chi si professa "Gigante della Terra" e pone l'Intelletto davanti, dietro e in mezzo a Dio, illudendosi d'essere pari a Lui, è mai saziata e mai dissetata.
Basti osservare il mondo. È ormai frollo di guerre, di spiritualità in caduta libera, l'uomo geme e si torce nel fango, si immerge come un animale nei bordelli del lutto, si fa egoista con orgoglio, disconosce la Parola oppure la rivolta a propria piacere, ma...dov'è mai seduto Dio nella caotica grotta dei suoi pensieri?
Sapienza. Saggezza. Amore.
Sono Doni che Egli ci ha consegnato assieme al Libero Arbitrio. Eppure chi avrebbe potuto accrescerli e accendere più fiammelle di candele, ha cercato di impadronirsi di quel che Mai era davvero tutto Suo, corrompendo il legame puro che, da bimbi, come bimbi, avevamo con il Nostro Creatore.
Fiamma Celeste

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Presentan una obra en homenaje a René Favaloro
#LaPlata #Cultura | Presentan una obra en homenaje a #RenéFavaloro
Como parte de las propuestas que se desarrollan en el Pasaje Dardo Rocha, la Municipalidad de La Plata abre las puertas del Centro Cultural para exhibir la obra “Favaloro, un gran hombre”, inspirada en la vida del reconocido médico platense.La pieza, escrita y dirigida por Adrián Di Stéfano, llegará este martes 12 de julio desde las 20 horas a la sala A del Pasaje Dardo Rocha, con entradas que se…

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Nel crepuscolo dorato dell'amore,
Danza la luna con Venere nel cielo,
Un bacio rubato, senza chiedere,
Senza pretendere, solo sentire.
La lingua danza, un'ardente sinfonia,
Sotto il grande carro celeste in festa.
La notte scivola lenta, melliflua,
Rosso sangue, dolci ore, senza fretta.
Oh, tu, bella indolente che ti muovi,
Il mio povero cuore per te dono.
Uno sguardo dei tuoi occhi raggianti,
Il desiderio che mi sconvolge e sprona.
Come un corvo di cupa bontà,
Ti offriranno fiori di zucchero,
Sotto l'albero di pane e rosa,
Doni preziosi, gesti di vero amore.
Ah! La tua grazia è tormento e delizia,
La mia anima si perde in tale incanto.
Ora sento il ronfare del mio gatto,
E il profumo di un fiore senza prezzo.
E tu, distesa, o Diva della mia vita,
Sulla sabbia bollente desidero giacere,
Vorrei esser ogni granello di quel luogo,
Per donarti tutto il mio amore sincero.
Scrive il mio cuore, lancia queste parole,
Come una poesia che a te si rivolge,
Ti amo, mia musa, con tutto me stesso,
Eterna sarà la nostra danza che evolve.
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« Le maledizioni di Saturno che mi avevano afflitto (freddezza e distacco, ossessioni del pensiero, sindromi depressive che mi paralizzavano nell’azione, preoccupazioni materiali, goffaggine nell’utilizzo di congegni elettronici o in generale di cose a me non familiari, fardelli di responsabilità, periodi di rigidità e intrattabilità verso gli altri e verso me stesso), tutte queste maledizioni erano state valutate solo per la loro apparenza.
Non avevo afferrato la loro efficacia: come esse mi avevano protetto, tenuto sulla via fedele alla mia vocazione, lasciato il tempo di pensare ed apprezzare la solitudine e come avessero permesso che la mia tendenza all’ordine fosse sconfitta in favore dell’assenza e del vuoto.
In altre parole le maledizioni che attribuivo a Saturno erano delle benedizioni. Quel giorno compresi che siamo noi che facciamo di Saturno un pianeta sinistro e maledetto interpretando le sue benedizioni in una visione ristretta ed oppressiva, come pesanti fardelli piuttosto che carichi doni. Scordiamo una metà; la parte celeste del male. Per questa ragione non c’è un Dio che ci maledice; siamo noi che abbiamo maledetto Dio, mal interpretando la sua efficacia. »
James Hillman
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“Oratio de hominis dignitate”, Pico della Mirandola
Non ti ho dato né aspetto, né posto determinato, né alcun dono particolare, o Adamo, in modo che il tuo aspetto, il tuo posto e i tuoi doni fossi tu a volerli, tu a conquistarli e possederli personalmente.
La natura limita altre specie in leggi da me stabilite.
Ma tu, che alcun limite costringe, attraverso il tuo proprio arbitrio, nelle mani del quale ti ho posto, tu ti definisci da solo.
Ti ho posto nel mezzo del mondo perché potessi contemplare ciò che contiene il mondo.
Non ti ho fatto né celeste né terrestre, né mortale né immortale, in modo che di per te, liberamente, come un buon pittore o un abile scultore, realizzassi la tua propria forma.
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Le donne belle sono nate per amare, e per essere amate. E tu forse mi dici sorridendo: lo so meglio di te. Bada; ancora non t' avvedi che mille basse passioni e il cieco delirio dell'amore turbano quasi sempre le delizie del piacere. Imita la celeste Temira. A questa sacerdotessa di Venere ho consacrato le primizie della mia gioventù. Ella amava le buone qualità delle donne, e sfuggiva senza maldicenza i lor vizi. Ammirava in taluna lo spirito, in tal altra il cuore, in questa la gioventù, in quella i vezzi, ed ammirava tutti questi doni in sè stessa... Ma non n'era avara per questo. Viveva e lasciava vivere. Il mistero apriva e chiudeva le cortine del suo letto: -il mistero; intendi?- Era amante per cinque giorni, ma amica per tutta la vita.
A PSICHE, Frammenti di un romanzo autobiografico ( sesto tomo dell'Io), Foscolo.
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il grande re
domenico albano è il grande re e vive in una grande baracca. negli ultimi tempi ha sconfitto la camorra, un drago, l'artrite reumatoide e scientology. come sempre, nessuno si è preso la briga di ringraziarlo, ma egli è un re comprensivo e sa che il suo popolo è timido e che la sua statura morale mette in soggezione. per questo perdona tutti e accetta i loro tributi. ogni sera, fumando nudo davanti alla porta della sua baracca, legge il proprio nome scavato nel rossore del tramonto e sa che quello è il regalo dei suoi timidi sudditi, e lo accetta con indulgenza. alcuni doni, certo, bisogna dirlo, sono spiacevoli da ricevere. come, per esempio, quella volta in cui ricevette una pioggia di sassate da parte di un gruppo di ragazzini, al grido di vecchio bastardo, oppure quando, al rientro da una dura battaglia, ritrovò la casa piena di escrementi. ma domenico albano è un sovrano che ha imparato saggezza e bontà, non se la prende per le goffe e bizzarre dimostrazioni di affetto dei suoi sudditi, anzi, passa oltre e cerca di aiutarli. sapendo che il regno è stato creato a sua immagine e somiglianza, una volta alla settimana, si spinge nel centro del paese più vicino per tracciare sul muro di un supermercato i punti principali della sua cosmogonia personale. lo fa per rassicurare i suoi sudditi, affinché possano comprendere che dietro le loro vite, spesso difficili e insensate, vi è un piano, e che ogni cosa, persino la più insignificante, è stata creata con uno scopo ben preciso. le finalità della creazione sono le seguenti: 'cose che sono state create con la speranza di vedere albano domenico. cose che sono state create per pronunciare il nome albano domenico. cose create per ringraziare albano domenico. cose create per mostrare l’impossibilità di ringraziare albano domenico. cose create per sfogare la rabbia che nasce dall’impossibilità di ringraziare albano domenico per i suoi sforzi immani.' a dimostrazione del profondo pudore con cui i sudditi accolgono le verità del proprio sovrano, basti sapere che le parole tracciate sul muro vengono puntualmente cancellate, oppure vengono coperte da fotografie ingannevoli di petti di pollo in offerta speciale e prodotti per la pulizia delle superfici lavabili. domenico sa perfettamente che tale opera di rimozione è nient’altro che una supplica nei suoi confronti, un modo per dirgli, dacci la verità, ogni settimana, amen. grazie a questa pratica domenico ha insegnato a molte religioni il concetto di rituale. e dal rituale sono nate molte altre attività debitrici nei confronti del grande re. come l’arte e il teatro, per esempio. o la televisione e la politica. lo sciopero e la guerra. tutte attività nobili. ma, di tanto in tanto, il grande re finisce col perdere la pazienza, in quanto alcuni dei suoi sudditi, giocando a una di queste attività, finiscono col fare troppo rumore o prendersi troppo sul serio. va bene giocare, grida dunque domenico contro il cielo illuminato a giorno dai razzi, ma qui c’è un re che ha appena ridipinto la volta celeste e merita di riposare. solitamente, dopo le sue urla, il cielo si riempie di luci a forma di corolle di fiori, e questo avviene perché i fiori sono una delle creazioni preferite del grande re e, quindi, un bel modo di scusarsi per il gran fracasso. c'è poi il fatto che non è facile sopportare la solitudine del grande re quale lui è. le notti d’inverno, soprattutto, sanno creare una solitudine dolorosa a tal punto da fargli battere forte i denti e costringerlo a tossire uno spesso catarro che va poi sputato.
in alcune di quelle notti, il re si reca in uno dei tanti posti che i suoi sudditi hanno realizzato nella speranza di incontrarlo. questo posto si chiama ospedale in quanto ospita la gente in attesa di poterlo vedere. ma, una volta dentro, i suoi sudditi hanno talmente soggezione di lui da spostarsi e andare a sedersi lontano. addirittura, c'è chi finge che il re puzzi, e lo dice ad alta voce per prendere coraggio, perché l’emozione di trovarsi davanti il grande re è tanta. normalmente, queste notti, finiscono con dei sudditi che indossano camici e gli fanno bere uno sciroppo e gli dicono che poi starà meglio e che dovrebbe avere maggiore cura di sé, che non dovrebbe sprecare così la sua vita, il suo tempo. lui sorride benevolo, perché è saggio e buono, ma in silenzio riflette su quanto essi siano sprovveduti e faciloni. come può trovare il tempo di prendersi cura di se stesso, se ne passa la maggior parte a proteggerli da temibili nemici? altro che spreco... in tali circostanze, il grande re va a letto un po' mesto, preoccupato, perché teme di aver creato un regno di bambini viziati. allora, per scuoterli dal loro torpore, fa una cosa che gli costa tantissimo: abbassa la guardia. pospone le battaglie, ritarda certi provvedimenti, rimanda le decisioni necessarie. in breve, si ubriaca. e lo fa con estrema sofferenza, perché, da grande re quale è, si sente per natura responsabile del suo regno. egli beve diversi cartoni di un liquido alcolico rosso, leggermente frizzante, dal sapore metallico. tale liquido, miscelato in bocca assieme al fumo delle sigarette, lo aiuta ad abbassare la guardia. il grande re, allora, vaga nella notte, instabile e del tutto inadatto a combattere draghi, persino quelli dalle più piccole dimensioni. arriva persino a perdersi nel regno che lui stesso ha creato e che conosce meglio di chiunque, ma spera fortemente, così, che tale lezione serva ai suoi sudditi, per costringerli a crescere. ondeggia sui marciapiedi e osserva le macchine sfrecciargli accanto. sa molto bene che il motore nascosto dentro quelle auto altro non è che uno strumento musicale di ferro che produce un unico suono che significa 'perdonaci nostro sire', ma il re, in tali notti di ubriachezza e sconforto, è risoluto. mette un passo dopo l'altro e non importa quanti motori si avvicinino e urlino la loro supplica. quasi sempre, in questo procedere e perdersi, domenico finisce per incontrare un gruppo di donne un po' particolari. si tratta di alcune suddite che, non importa quanto il freddo sia pungente, lo aspettano notte dopo notte in uno stesso angolo della strada e ci tengono talmente a dimostrargli il loro affetto da farsi trovare sempre nude, ritenendo, probabilmente, il grande re, sensibile ai piaceri della carne. immancabilmente, gli si fanno incontro schioccando rumorosamente baci con le bocche tutte lucide di rossetto, mentre alcune, le più affettuose, gli mettono la mano tra i pantaloni e gli sussurrano 'come è grosso, tesoro', riferendosi naturalmente all’amore e al rispetto che nutrono nei suoi confronti. il re, allora, sente il cuore riempirsi del sentimento per i suoi sudditi e fa per tornare verso casa. a questo punto, però, queste suddite che lo aspettano, notte dopo notte, si arrabbiano, perché vorrebbero stare sempre con il loro re, e gli gridano cose sulla vecchiaia e l'avarizia perché vorrebbero che il re fosse più generoso e concedesse loro più tempo da passare assieme e arrivano a gridargli di fottersi sua madre, che è un modo molto contorto, certo, per dire di preoccuparsi di dare loro un suo discendente, un altro re buono e saggio come lui, che il tempo, inesorabile, passa. ingenue fanciulle, pensa domenico, che il grande re non ha bisogno di fare figli, perché è immortale. e questa è la verità, assolutamente.
eppure, una mattina di febbraio, perfino lui sentì un dubbio a riguardo. accadde quando avvertì una violenta fitta al cuore e il respirò gli si incastrò in gola. domenico vide un buio denso come l’acqua delle fogne, e per un istante ebbe paura. per un istante. poi, si ricordò di essere immortale e si distese per terra, dove si trovava, con le braccia lungo i fianchi. se dormo non sento il dolore, concluse. e, chiudendo gli occhi, si addormentò. il dolore effettivamente svanì. perché il grande re ha sempre ragione. anche quando muore.
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🌹🌹 NOVENA DELLE ROSE in onore di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona di questo gruppo, dal 9 al 17 settembre September 08, 2021 at 05:50PM

NOVENA DELLE ROSE In onore di santa Teresa di Gesù Bambino Dottore della Chiesa
Il 3 dicembre 1925, il gesuita Padre Putigan cominciò una novena chiedendo una grazia importante. Desiderava ricevere una rosa in dono quale garanzia di aver ottenuto la grazia. Non fece parola con nessuno della novena che stava facendo. Al terzo giorno, ricevette la rosa richiesta ed attenne la grazia.
Cominciò un'altra novena. Ricevette un'altra rosa e un'altra grazia. Allora prese la decisione di diffondere la novena "miracolosa" detta delle rose.
Oggi in tutto il mondo si pratica questa novena. Si può incominciare in qualsiasi giorno del mese. Di solito, devoti ed amici di Teresa la fanno dal 9 al 17 di ogni mese.
NOVENA DELLE ROSE In onore di santa Teresa di Gesù Bambino Dottore della Chiesa
Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io Vi ringrazio per tutti i favori e le grazie di cui avete arricchito l'anima della Vostra serva Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, Dottore della chiesa, durante i suoi ventiquattro anni trascorsi su questa terra. Per i suoi meriti concedetemi la grazia che ardentemente desidero (qui si formula la grazia che si vuol ricevere: per la salvezza delle anime, per i sacerdoti, per questa Missione e per MDM, per questo gruppo in particolare e per ogni suo membro e le intenzioni di preghiera che riceviamo in questo gruppo, aggiungere le richieste di grazie personali - potete lasciare le vostre intenzioni per cui preghiamo nei commenti qua)
Aiuta la mia fede e la mia speranza, o Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Realizza ancora una volta la tua promessa di passare il tuo cielo "a fare del bene sulla terra", permettendo che io riceva una rosa come segno della grazia che desidero ottenere.
Si recitano 24 Gloria, in ringraziamento a Dio per i doni concessi a Teresa nei ventiquattro anni della sua vita terrena.
Ad ogni Gloria segue l'invocazione:
Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, prega per noi.
Preghiera a Santa Teresa di Gesù Bambino
Santa Teresa di Gesù Bambino, che durante la tua esistenza terrena hai amato Dio sopra ogni cosa e ti sei offerta vittima al Suo amore misericordioso, aiutami a rendere preziosi tutti gli istanti della mia vita, trasformandoli in atti di vero amore.
Concedimi di seguire la tua piccola via, di vivere cioè nello spirito di evangelica semplicità e umiltà, in un totale abbandono ai voleri del Signore.
Insegnami ad accettare ogni sofferenza come dono prezioso fatto a chi più ama.
Possa anch'io chiudere la mia vita terrena ripetendo le tue ultime parole: Dio mio, ti amo.
Crociata di preghiera (97) – per Unire i Gruppi della Crociata di Preghiera
O amata Madre della Salvezza, ti prego di unire, attraverso le Tue preghiere, tutto l’esercito rimanente di Dio, in tutto il mondo.
Copri tutti i gruppi della Crociata di preghiera con la Grazia della Salvezza, riversata su di noi, attraverso la Misericordia di Tuo Figlio, Gesù Cristo.
Manda i tuoi Angeli a proteggere ciascuno di noi, e soprattutto, quei sacerdoti che conducono i gruppi della crociata di preghiera. Aiutaci a evitare le distrazioni, che causano divisioni tra noi, e proteggici con il dono della Tua armatura, così da diventare immuni agli attacchi, che dovremo sopportare, a causa del nostro amore per Gesù Cristo, in questa Santa Missione per salvare le anime.
Amen.
Crociata di Preghiera (132) Rinunciare a Satana per proteggere questa missione. O Madre della Salvezza, vieni in aiuto di questa Missione. Aiuta noi, il Piccolo Resto dell’Esercito di Dio, a rinunciare a Satana. Ti preghiamo di schiacciare la testa della bestia con il tuo tallone e di rimuovere tutti gli ostacoli nella nostra missione per salvare le anime. Amen.
La Preghiera per diventare piccoli*
Estratta dal Messaggio di venerdì 2 marzo 2012.
“Padre Celeste, aiutami a diventare piccolo come un bambino, ai Tuoi Occhi. Chiedo che le Tue Grazie siano riversate su di me, così che io possa rispondere al Tuo Appello per salvare tutti i Tuoi figli. Amen.”
"Restare piccolo è
riconoscere il proprio nulla, è attendere tutto dal buon Dio, è non
inquietarsi a dismisura delle proprie colpe. Infine non è guadagnare
fortuna, non inquietarsi di nulla. Anche presso i poveri, finché il bimbo è
piccolo, gli si da' quanto è necessario. Ma appena diventa grande, suo
padre non vuole più mantenerlo, e gli dice: «Adesso lavora! Puoi bastare a
te stesso». Proprio per non sentire questo non ho mai voluto crescere. Non
mi sento capace di guadagnarmi la vita, la vita eterna".
(Santa Teresa di Gesù bambino e del Volto Santo, in Storia di un'anima, Epilogo)
"Solo quando verrete a Me come un bambino troverete veramente pace nella vostra anima.
Questo è l’unico modo per accogliermi nel vostro cuore". (Gesù, Libro della Verità, 29 gennaio 2012)
"Per ricevere il Dono dello Spirito Santo dovete diventare piccoli davanti a Mio Figlio, come un bambino piccolo" (Madre della Salvezza, Libro della Verità, 22 agosto 2012).
"Solo quando vi affidate completamente alle Mie cure, potete sentirvi al sicuro, protetti e in pace. Il Mio Amore, quando lo cercate, vi ricoprirà, quando tendete le braccia e Mi invocate come un bambino. I bambini, quando sono piccoli, ripongono tutta la loro fiducia nei propri genitori. Sanno solo la differenza tra ciò che sembra bene e ciò che sembra male e così si affidano completamente all’adulto perché li protegga. I bambini non ci pensano due volte a correre dai loro genitori per essere consolati e per cercare rifugio. La fede di un bambino è forte. Egli non si pone problemi, perché egli crede veramente che troverà la sicurezza tra le braccia degli amorevoli genitori.Io sono affidabile, perché tutto ciò che Mi chiedete vi sarà concesso, se è per il bene dell’anima". (Gesù, Libro della Verità, 3 maggio 2014) Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 18,1-5.In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?».Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:«In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
Questo è il gruppo delle anime più piccole dell'Esercito rimanente di Gesù in Italia. Siamo sotto la protezione della nostra Santa Patrona: Santa Teresa di Lisieux,qua

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Surbo e la sua “Madonna vestita d’Oro”
Surbo e la sua “Madonna vestita d’Oro”: un patrimonio di fede e tradizioni
Il Martedì dell’Ottava di Pasqua, Surbo festeggia la Madonna di Loreto, sua celeste Patrona
di Vincenza Musardo Talò
La Puglia, da sempre terra di incontro di luminose civiltà e naturale avanporta dell’Oriente, fin dal sec. XV vanta una consolidata tradizione del culto della Madonna di Loreto e dell’insigne reliquia della Santa Casa. In aggiunta, per il suo essere fin dall’alto medioevo meta di pellegrinaggio verso i numerosi santuari regionali (quello micaelico in primis) e luogo di raduno dei crociati in partenza per la Terra Santa, questa regione ha veicolato in numerosi centri demici del suo esteso territorio il suggestivo narrato della traslazione lauretana e dato testimonianza degli eventi prodigiosi ad essa afferenti. E così, più insistentemente lungo la costa adriatica (divenuta una sorta di baluardo contro i turchi frontalieri, soprattutto a partire dai fatti di Otranto del 1480), dalla Terra di Capitanata all’estremo lembo della Terra d’Otranto, da subito essa ha documentato momenti altissimi di devozione. Numerosi sono i santuari, gli altari di parrocchie o le cappelle urbane e rurali che riferiscono della dedicatio alla Vergine di Loreto, la cui diffusione non appare condizionata da mirate scelte insediative, tanto la rete di simili luoghi di culto mostra una sorta di omogeneità sull’intero territorio regionale, sia pure con una insistenza lungo i litorali dell’Adriatico, da Manfredonia a Santa Maria di Leuca. Il fenomeno cultuale tra i secoli XV e XVII si lega anche a una fioritura dei rituali del pellegrinaggio da parte dei devoti pugliesi.
Di tanto è dato sapere dai Registri dei Doni, conservati presso l’Archivio storico del Santuario lauretano, in cui si attesta un nutrito elenco di doni votivi, offerti dai pellegrini di Puglia o inviati da noti membri delle famiglie feudatarie del tempo, non escluse le commende dei cavalieri di Malta o le Domus dei templari, sommamente devoti alla Madonna di Loreto.
Tralasciando, per ovvi motivi, un più esteso e puntuale tracciato storico delle vicende pugliesi legate a tale indirizzo devozionale, ecco che nel primo Seicento, nei pressi dell’attigua cinta muraria a borea di Lecce, si origina il culto della Vergine di Loreto, praticato da quanti vivevano nel minuscolo casale di Surbo (suburbum), per secoli casale de corpore della città di Lecce.
Un culto che poi si è radicato e alimentato nel tempo; già nel 1724, è attestato che fosse il clero di Surbo e non quello di Lecce a festeggiare, il Martedì dopo Pasqua, presso il vicino santuario di S. Maria di Arurìo, la Gran Madre di Dio venerata non più sotto l’antico titolo di S. Maria di Aurìo ma come S. Maria di Loreto.
Invece, per quel che attiene il titolo di patrona, pare che la comunità di Surbo abbia preso a invocare il suo patrocinio a partire dal 1838. Non a caso la sua prima solenne celebrazione nel casale di Surbo, si tenne all’indomani della ricomposizione di una contesa, sorta nel 1837 tra il clero della parrocchia di S. Maria del Popolo di Surbo e quello della Chiesa di S. Maria della Porta di Lecce (per inciso, proprio quest’anno ricorre il 180.mo anniversario di quella storica, prima festa della Vergine lauretana a Surbo).
Tuttavia, per trovare l’incipit di tale devozione dei surbini, bisogna rifarsi alla tradizione locale, la quale riferisce di un prodigioso rinvenimento in un fondo vicino alla chiesa di Santa Maria (sec. XI), ubicata nel diruto casale medievale di Aurìo, nato dopo l’arrivo di una comunità di monaci basiliani e spopolatosi intorno al sec. XVI. Il toponimo Aurìo rimanda al termine greco layrion, laura (proprio dei tanti minuscoli cenobi bizantini del Salento greco) e compare per la prima volta in un diploma di epoca normanna, quando nel 1180, Tancredi d’Altavilla ne fa donazione al monastero benedettino dei Santi Niccolò e Cataldo di Lecce.
Stando alla tradizione, ai primi del ‘600, proprio in un fondo limitrofo alla chiesa di S. Maria di Aurìo, un contadino di Surbo rinvenne, in un tronco cavo d’ulivo, una piccola statua in legno scuro, che effigiava una Madonna in apparenza priva delle braccia, col divino Infante. Senza indugio, l’uomo lasciò la campagna e tornò in paese, portando la statua nella chiesa matrice di S. Maria del Popolo, dove accorsero i fedeli, toccati da quell’evento straordinario. Ma con grande sconcerto del popolo, il giorno seguente il prezioso simulacro era scomparso, per poi essere ritrovato nel medesimo luogo, da cui era stato asportato il giorno precedente.
Da subito, le fattezze di quel simulacro richiamarono nei fedeli surbini una certa somiglianza con la Vergine lauretana, giù venerata in tutto il Salento. Ma a Surbo, il culto della Madonna di Loreto nasce – a dire di alcuni studiosi – dalla somiglianza e dalla commistione fonetica tra layrion e Loreto, generando così la successiva assimilazione del culto della Madonna di Aurìo a favore di quello della Madonna lauretana, pur mantenendone la festa nella data antica, il Martedì dopo Pasqua. Tanto, in considerazione del fatto che nel casale basiliano di Aurìo, secondo il Sinassario bizantino, la festa della Madonna cadeva il Martedì dell’Ottava di Pasqua. E parimenti i devoti di Surbo vollero mantenere – e mantengono – in quella data la festa della Madonna di Loreto, che nel tempo si è denominata “Madonna vestita d’Oro”.
Pur tenendo in debito conto queste ipotesi, da parte mia, invece, depongo a favore di un dato più probante, afferente al già consolidato culto lauretano nella cristianissima Lecce del primo ‘600, sotto la cui amministrazione municipale cadeva pure il casale di Surbo. Tra i suoi trenta conventi, erano attivi due monasteri di donne claustrali, che andavano sotto il titolo di Santa Maria di Loreto: quello delle Carmelitane scalze, fondato sul finire del ‘500, e l’altro più tardo delle Cappuccine francescane. In aggiunta, l’influenza devozionale che arrivava da Lecce e l’opera di un qualche zelante predicatore venuto a Surbo, potrebbero aver concorso più verosimilmente a mutare l’antico indirizzo del culto mariano di Aurìo in quello della Vergine di Loreto, di cui vi è traccia materiale anche nei seicenteschi Registri dei Battezzati della Matrice, col dato certo dell’imposizione alle nuove nate del nome Auritana, Auretana, Lauretana e Lauria.
E sempre intorno alla metà del ‘600 o appena dopo è da datarsi una anonima tela, conservata presso la chiesa della Madonna di Loreto in Surbo, il cui tema iconografico tratta del miracolo della traslazione della Santa Casa. Il dipinto, visionato da P. Giuseppe Santarelli – come riferisce O. Scalinci – è da ritenersi posteriore al 1638, anno in cui il re di Francia Luigi XIII donò alla Vergine del Santuario di Loreto una preziosa corona, simile a quella effigiata nella tela di Surbo; mentre in precedenza, la Vergine esibiva una corona a forma di triregno, donata nel 1498 dai devoti di Recanati e che compare sulle teste della Vergine e del Bambino di Loreto fino al 1642.
Ma è dal 1838, che a Surbo partono i primi festeggiamenti della Madonna di Loreto, curati dalla erigenda Confraternita della Beata Maria Vergine Lauretana, che fin dal ‘700 si era embrionalmente costituita con un gruppo di devoti, un Corpo morale. Questa viene giuridicamente istituita nel 1858, con il Regio placet di Ferdinando II, re di Napoli e approvata con la bolla dell’ordinario di Lecce, mons. Nicola Caputo, in data 22 maggio del 1858. Primo priore fu Pietro P. Paladini. In aggiunta, nel 1860, sempre con decreto di Francesco II, viene ordinato al Comune di Surbo di concedere gratuitamente alla Congrega della SS. Vergine di Loreto, un suolo pubblico, destinato all’ampliamento della chiesa-oratorio, che portava il medesimo titolo. Questo periferico edificio di culto, già dedicato a S. Stefano, è attestato fin dal 1610 nei verbali di Santa Visita di mons. Scipione Spina, vescovo di Lecce. Più volte chiusa e poi riaperta al culto, nell’Ottocento perde l’antica intitolatio e prende il titolo mariano. Tanto è certificato nel 1882, quando l’ordinario diocesano, mons. Luigi Zola, visita la chiesa, che si presenta con due altari: quello centrale dedicata alla Madonna di Loreto e l’altro, in cornu Epistulae, dedicato a S. Stefano, primo titolare della chiesa. Al suo interno si custodiva l’antica statua della Madonna bruna e la tela del ‘600, raffigurante il viaggio – da Nazareth a Loreto – della Santa Casa. La Vergine e il Bambino, incoronati, mostrano fattezze celestiali; la Madre appare vestita di un abito rosso con decori dorati e preziosi ricami floreali. Dopo la reale approvazione giuridica del 1858, la locale Confraternita mariana prenderà in custodia detta chiesa, in cui fissa anche il suo oratorio.
In questo luogo sacro abita la statua della bella Madonna vestita d’Oro. E a tal proposito va detto che questa è una riproduzione della statua storica del ‘600, che ebbe in sorte quella di bruciare, quasi un comune destino con quella lauretana, la quale venne pure distrutta nel 1921 da un incendio. Si era negli anni dolorosi della prima guerra mondiale e per l’insistenza di tante famiglie, che avevano i loro cari al fronte, la statua venne tolta dalla teca dell’altare ed esposta alla devozione dei fedeli. La presenza abnorme di candele e lumi votivi fu la causa dell’incendio che distrusse la venerata icona. La riproduzione di un primo manufatto non simigliante a quello distrutto, portò a una seconda statua, bella come l’antica ma di colore chiaro, come oggi è dato osservare. Non una foto rimane a ricordare le fattezze della statua delle origini; pare che una devota avesse messo in salvo sola una manina del Bambinello, che poi custodì sotto campana, ma di cui oggi non vi è traccia.
Venendo all’oggi, caleidoscopica e ricca di rituali segnici è la festa della Madonna vestita d’Oro, che si tiene, ab antiquo il Martedì dell’Ottava di Pasqua, una data simbolica, ricca di riferimenti storici, di fede e di consolidate tradizioni.
I festeggiamenti si aprono il Lunedì dell’Angelo con la spettacolare fòcara serotina, un rito che mi ricorda i falò lauretani della notte del 10 dicembre, accesi a memoria della Venuta della Vergine a Loreto. Nel passato, erano i confratelli che andavano alla questua della legna e accendevano il falò sullo spazio antistante la chiesa, ancora fuori dal centro urbano. Poi, prima dell’alba del Martedì (alle ore tre), i confratelli e alcune pie donne o delle religiose (perché mai avrebbero potuto farlo le mani di uomini), compiono il devoto rito della vestizione della Vergine e del Bambino, che si mostrano integralmente coperti del corredo di monili, mentre la presenza di alcuni carabinieri vigila il prezioso cofanetto degli ori votivi, ogni anno più ricco, perché segno di una consolidata e continua donazione dei devoti.
Dopo il rito quasi privato della vestizione, all’Angelus mattutino, la chiesa della Madonna di Loreto si apre dinanzi a una folla di fedeli in attesa di entrare e rivedere, dopo un anno, la Madonna vestita d’Oro. Con l’arrivo del vescovo, salutata da spari di mortaretti, inni e ovazioni corali e la musica delle bande, ha inizio la processione. Alla folla, alle autorità cittadine e alla Congrega, si uniscono i bambini “vestiti”, le donne devote – scalze e con un cero – che pubblicamente esprimono alla Vergine il loro bisogno di una grazia o di una intercessione; e non mancano segni o gesti di commossa pietà popolare. In questo particolare momento della giornata (bello o brutto che sia il tempo prima e dopo la processione), da sempre, quasi un prodigio, i surbini hanno testimoniato la presenza del sole, che mostra la straordinaria bellezza della Gran Madre di Dio, adorna di una sorta di dalmatica luccicante, fatta di ori, perle e pietre preziose di vario colore. Portata poi nella Chiesa parrocchiale, prima e dopo la celebrazione eucaristica, la Vergine riceve il filiale omaggio del popolo tutto; quindi, la sera del Mercoledì, giorno riservato ai festeggiamenti civili, la statua viene riportata nella sua Chiesa, dove si ripete il rito inverso a quello della vestizione. I confratelli, deposti in luogo sicuro gli ori della loro Madonna, pensano già alla festa dell’anno dopo.
Un ultima riflessione ci viene dal considerare il caso raro, se non unico, della spettacolare dote di gioielli votivi posseduta dalla Madonna lauretana di Surbo. Per noi resta un esempio il Gesù Bambino dell’Aracoeli a Roma (miseramente trafugato) o l’esempio di altre madonne dotate, ma mai in maniera tale da ricoprirle integramente e tanto riccamente di preziosi come la Madonna surbina.
E’ da credere che tali donativi debbano riferirsi a simbolismi profondamente stratificati nell’immaginario collettivo. Oltre che tributi di ringraziamento, questi – e a me sembra essere il caso di Surbo – sono fondamentalmente chiara manifestazione di una forma di preghiera materializzata, quasi il desiderio di ognuno e di tutti di accorciare le distanze col sacro, calandosi in un rapporto ravvicinato, di devozione diretta con la divinità stessa, tanto è forte il senso di intima appartenenza, a cui pure non è estraneo, ma non preminente, il rito dell’ex voto. Dunque, per il popolo di Surbo, simile corredo di preziosi donativi sarebbe il segno di un (conscio o inconscio) desiderio individuale e corale di stretta e materiale vicinanza con la sua Madonna.
Un atteggiamento collettivo che trova la sua legittima e più alta espressione nella continuità del suo prezioso e delicato omaggio alla Patrona, che si rende visibile nella plurisecolare devozione e soprattutto nella festa più attesa e più bella dell’anno. Ed è questo il momento in cui la devota Surbo condivide, rafforza e rivive i miti antichi delle sue radici, della sua storia e della sua granitica identità comunitaria civile e religiosa insieme.
#Aurio#Madonna di Loreto#S. Maria della Porta di Lecce#S. Maria di Aurìo#Surbo#Vincenza Musardo Talò#Spigolature Salentine#Tradizioni Popolari di Terra d’Otranto
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“Months” Serie
Acrylic on Wood
#gennaio :
Il primo mese dell’anno è legato al dio Giano (bifronte), antica divinità romana il cui compito sarebbe stato quello di presiedere ai passaggi, in senso ampio. L’iconografia classica lo vuole rappresentato con due volti: l’uno più vecchio che guarda il passato, l’altro più giovane che guarda al futuro. Giano presiederebbe le porte, i passaggi, i ponti, le soglie materiali e immateriali. È il dio della vita, della religione, degli inizi, del tempo storico e mitico. L'introduzione di gennaio, così come quella di febbraio, è venuta solo con Numa Pompilio.
#febbraio
:Il nome di febbraio deriva da “februare”, purificare, in onore del dio etrusco Februus, dio della morte e della purificazione (è da intendersi anche come “rimedio agli errori”). Passò poi nella mitologia romana e il nome venne modificato in Febris e associato alla guarigione dalla malaria. Febris (da intendersi come dea) è nota da iscrizioni in molte parti dell'impero, a volte accompagnata dalla dea Tertiana e la Dea Quartiana, le dee della malaria, ovvero la febbre terzana e quartana, così chiamate perché la febbre tornava ogni terzo o quarto giorno.
#marzo :
Il mese di marzo rendeva omaggio a Marte, dio della guerra ma anche della natura e della fertilità. Secondo la mitologia più arcaica era anche dio del tuono, della pioggia e della fertilità. Marte è il nome dato dai romani alla divinità greca Ares (non era una divinità benefica e benvoluta, assunse una diversa connotazione successivamente con il nome di Marte appunto). Secondo Ovidio, sua madre Giunone, moglie di Giove, lo avrebbe concepito senza il concorso del marito, ma semplicemente portandosi al cuore un fiore miracoloso, dono della dea Flora.
#aprile :
Qualcuno dice che prenda il nome dalla dea Apru o Aprus (derivazione di Afrodite che verrebbe da Aphrodite, da cui Aphro e da cui Apru), altri sostengono che l'origine del nome sia legato al verbo latino "aperire", cioè aprire, a segnare l'avvento della stagione in cui si schiudono i fiori.Non è da confondere con la dea Flora, la dea della fioritura delle piante per la produzione di alimenti, in particolare cereali e alberi da frutto. C'è da dire che anche Aprus si occupava di fioritura essendo in effetti la dea della Primavera.Poiché la dea provocava al suo passaggio l'apertura delle corolle si avviò una serie di rappresentazioni della stessa ornata di nastri e veli; al suo passaggio con piedi nudi sulla terra i fiori si schiudevano.
#maggio :
Per alcuni il nome potrebbe esser stato un omaggio alla dea Maia, protettrice della fertilità e dell'abbondanza. Maia è madre del dio Ermes (messaggero degli dei) e figlia di Atlante (titano) e Pleione (ninfa oceanica); fa parte delle ninfe Pleiadi (aveva sei sorelle: Alcione, Celeno, Elettra, Merope, Sterope, Taigete).Secondo un'altra tradizione sua madre è Sterope (cioè una di quelle che nell'altra storia sarebbe sua sorella). In antichità Maia aveva un nome che non poteva essere pronunciato ma se si può definire in qualche modo potremmo identificarlo con “Grande Madre”.
#giugno :
Il mese del Sole e della libertà; il suo nome rendeva omaggio a Giunone, dea del matrimonio, del parto, protettrice degli animali (in particolare il pavone che era a lei sacro). In antichità era anche legata al ciclo della Luna (di fatti è spesso rappresentata con un diadema a forma di spicchio lunare). Giunone rappresenta in senso molto ampio e sfumato la cosiddetta “femminilità dell'Universo”.
#luglio :
Nel 44 a.C. il nome originale del mese che era “Quintilis”, cambiò in Julius in onore del console Gaio Giulio Cesare (nato in questo mese).Secondo rituali pagani e neopagani dedicati al principio femminile della divinità (Esbat) questo è il mese della raccolta, della Luna piena (il rituale legato a luglio è chiamato anche “Luna di Paglia”, “Luna di Sangue” - ma ha anche altri titoli). Una divinità che spesso è associata al mese è Khepri (o Khepera); dio dell'antico Egitto, veniva raffigurato con un intero scarabeo al posto del viso. Rappresentava il sole del mattino (spingeva Ra, il dio Sole, fuori dall'oltretomba).
#agosto :
Il nome originale del mese che era “Sextilis”, cambiò in Augustus in onore dell'imperatore Augusto e gli fu aggiunto un giorno (di modo che potesse essere uguale a luglio). Mese associato in particolare ad Ecate (Hecate, Hekate, Hekat o Zea); in antichità questa era la dea delle terre selvagge, successivamente assunse anche altre connotazioni (per esempio dea della stregoneria e delle arti magiche, definita anche in alcuni casi “Regina degli Spettri”). La sua raffigurazione la vede tripartita (cioè tre corpi in uno – celeste, terrestre e marina) o con sembianze di cane (o cani vicini) dal momento che era considerata anche la protettrice di questo animale.
#settembre :
Il nono mese dell'anno secondo il calendario gregoriano prende in realtà il nome dal numero sette, in quanto nell'antica Roma prima che Giulio Cesare promulgasse il calendario giuliano spostando l'inizio dell'anno al 1° Gennaio questo era il settimo mese dell'anno. Per quanto riguarda il calendario celtico e neopagano, l’equinozio d’autunno prende il nome di Mabon. Questa festività veniva anche chiamata Michaelmas in onore dell’Arcangelo Michele. (Nell'Apocalisse di Giovanni l'Arcangelo è destinato a suonare la tromba che annuncerà il grande giudizio finale)
#ottobre :
questo mese mantiene il suo collegamento con l'originaria posizione occupata nel calendario di Romolo, cioè l'ottava. Per un breve periodo venne chiamato “Invictus”, in onore dell'imperatore Commodo, ma dopo la sua morte si tornò a chiamare con il suo nome originale. La divinità di riferimento di ottobre è ancora Marte.“Il cavallo di ottobre” (“October Equus”) era un sacrificio in onore di Marte che si celebrava il 15 ottobre, in coincidenza con la fine della stagione agricola e delle attività militari. Per i romani ottobre era in realtà un mese di feste dedicate anche ad altri dei (uno fra altri Fontus – dio delle fonti – che era figlio di Giano e una ninfa di nome Giuturna). A ottobre si tiravano le somme per prepararsi all'inverno.
#novembre :
prende il nome dalla sua posizione originaria sul calendario che lo vedeva come nono mese."Lu jornu di li morti" – Il 2 Novembre in Sicilia; incredibile a dirsi ma la Sicilia (tutta) viene identificata, da alcune correnti esoteriche, con una delle porte per l'Aldilà e spesso è considerata una delle ultime tappe del ciclo di reincarnazioni. La parola morte è associata sempre a qualcosa di terribile invece in questo caso ha una connotazione diversa; per principio generale: “Le anime sante dei loro cari non muoiono, non scompaiono: perché nessun essere vivente scompare finché esiste la memoria, il ricordo, il racconto di quella persona che, in questo modo, continuerà a vivere in noi.”I cari defunti, durante questa celebrazione “proteggono e portano doni” e nelle varie usanze hanno diversi “comportamenti” (che differiscono in base alla città di riferimento).Nel mondo anglosassone "novembre" era chiamato in antichità Blōtmōnaþ, il Mese del Sacrificio, perché si compivano offerte in onore agli dei.
#dicembre :
prende il nome dalla sua posizione originaria sul calendario che lo vedeva come decimo mese.Questo è il periodo dell’anno nel quale convergono maggiormente le tradizioni di moltissime religioni che hanno origine antica, con i loro rituali arcaici profondamente radicati. Il tema principale è sempre legato alla luce ed alle tenebre, al solstizio d’inverno, all'eterno passaggio da una condizione all'altra, dalla fine di un ciclo all'inizio di quello nuovo, allo scambio di ruolo e inversione.Un esempio: “Saturnalia”. Durante questi festeggiamenti (romani) si ribaltavano i ruoli tradizionali e gli schiavi comandavano e venivano serviti dai padroni.Anche la tradizione induista sembra avere qualche contatto con i miti romani e il principio di creazione/distruzione in un ciclo “cosmico” legato a Saturno; secondo tradizione Satyavrata riceve da Vishnu l’incarico di salvare l’umanità dalla distruzione di un cataclisma realizzando un’arca in cui salvare la forza vitale del mondo. Dopo la catastrofe Satyavrata rivelerà agli uomini la “Parola divina”, cioè il Veda e ricreerà così nuovamente il mondo.
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Regali e ricordi per Santa Lucia

Regali e ricordi per Santa Lucia Regali e ricordi per Santa Lucia, un articolo che ripercorre la storia, le tradizioni, il folklore popolare e i ricordi della festa della mitica Santa Lucia. Zitti, zitti fate piano vien la Santa da lontano, porta a tutti dolci e doni soprattutto ai bimbi buoni. Ma se un bimbo è cattivello, oltre tutto un po’ monello, nulla trova nel tinello. Quindi bimbi birichini diventate un po’ bravini, e i cuoricini tutti spenti con la Santa si fan contenti. Grazie, grazie Santa Lucia, il tuo incanto mi porti via. Filastrocca di Santa Lucia Ormai è già più di un anno che è morta mia madre, e lo sconforto misto ad una profonda malinconia mi angosciano sempre parecchio, soprattutto in questo mese di Dicembre in cui le festività amplificheranno ancora di più il senso di vuoto e di perdita della persona a cui per forza di cose ero più legato. Il fatto poi di non avere una famiglia propria e di essere figlio unico, peggiora ancora di più la situazione, perché non si pensa quasi più al futuro, ma si è completamente assorti nei ricordi del passato. Per alleviare un po' questa tristezza faccio dell'attività fisica in casa e quasi ogni giorno vado a fare una camminata che abbino alla solita spesa per sopravvivere, tuttavia i miei pensieri sono sempre volti più alla mia vita trascorsa, che non a quella presente. Capita così un giorno che passando verso sera davanti a Toys, un negozio di giocattoli situato nel parco commerciale di Campo Grande alle porte di Brescia, mi sono ricordato di quanto ero spensierato e felice nel giorno di Santa Lucia, quando da piccolo ricevevo appunto i doni e i giocattoli per celebrare questa antica tradizione. Chiariamo subito che in quel periodo non sapevo molto di Santa Lucia, se non che veniva con il suo asinello, suonando un campanellino i giorni precedenti alla data fatidica, e che era cieca. Ritornerò sulle emozioni che questa occasione mi procurava alla fine di questo articolo, ma prima voglio spiegare chi fosse questa santa, anche perché la sua festa, celebrata il 13 dicembre, anticipa il Natale ed è molto sentita in diverse regioni del Nord Italia, come il Veneto, la Lombardia e l'Emilia-Romagna. Santa Lucia è considerata la patrona della vista e della luce, e il suo culto è legato sia alla tradizione cristiana che a elementi di folklore locale. Secondo l’Enciclopedia Bresciana di don Antonio Fappani, l’usanza originaria era esporre le scarpe vuote sui davanzali e proprio così era stata descritta dal poeta Cesare Arici, nel 1811: "Costume si è quello de' fanciulli che espongono le loro scarpe sulle finestre nella notte di santa Lucia. È pia credenza nella buona fede de' ragazzi, che quella Santa con certo suo alato asino celeste, svolazzi quella notte su pei balconi delle case e riempia di doni le scarpe che si trovano esposte, di ciambelle, di canditi e di confetti". Una filastrocca diffusa anche a Brescia, inoltre, recita: "Santa Lucia questa notte, viene giù dalle sue grotte, viene avanti pian pianino, si nasconde nel camino. Ma se sente a brontolare, a far capricci o bisticciare porta via tutti i doni lascia cenere e carbone. E poi monta sopra il tetto, mentre noi andiamo a letto, e nel buio della notte fa ritorno alle sue grotte".

La festa di Santa Lucia In origine Santa Lucia era una giovane martire cristiana di Siracusa (Sicilia), vissuta tra il III e il IV secolo, durante le persecuzioni di Diocleziano. La sua festa cade appunto il 13 dicembre, che secondo il calendario giuliano era il giorno del solstizio d'inverno, il più corto dell'anno. Per questo motivo, il suo nome, che significa "luce" (dal latino lux), è stato associato al ritorno graduale della luce solare, tanto è vero che un famoso detto popalare recita anche che a Natale i giorni si allungano di un passo del gallo, e in dialetto Bresciano ci sta anche la rima, ovvero - A Nedàl i dé i sà slonga d'ön pas del gal -. Molti luoghi celebrano la santa con processioni e messe solenni, spesso accompagnate da canti tradizionali e dalla benedizione degli occhi. In città come Verona, Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona, Santa Lucia è vista come una figura benevola che porta doni ai bambini, simile a San Nicola o alla Befana. La notte del 12 dicembre, i bambini lasciano biscotti, latte e fieno (per l'asinello della santa), sperando di ricevere giocattoli o dolci in cambio. Da considerare inoltre che un tempo il solstizio d’ inverno cadeva proprio nella giornata del 13 dicembre e in tale circostanza nelle campagne era uso praticare una specie di perequazione: chi aveva avuto raccolti più abbondanti ne donava una parte ai meno fortunati. Si riallaccia ad analoga forma di solidarietà la storia di un presunto miracolo che risale al sedicesimo secolo. Si narra infatti che il Bresciano fosse stato colpito da una grave carestia e che alcune signore di Cremona avessero organizzato una distribuzione di sacchi di grano da lasciare anonimamente sulle porte di tutte le famiglie. Così una carovana di asinelli carichi raggiunse Brescia presa nella morse della fame: ma poiché la distribuzione avvenne di nascosto, la notte tra il 12 e il 13 dicembre, si pensò che fosse stata una grazia della martire. L’ antica ospitalità, poi, voleva che si accogliessero nelle case i pellegrini che cercavano riparo dal freddo e questi ultimi, a loro volta, prima di ripartire, dovevano lasciare un dono sulla porta della casa che li aveva accolti. Con il trascorrere del tempo si consolidò così l’usanza di fare regali in occasione del 13 dicembre. Lucia, come abbiamo detto, era una giovane siracusana del III-IV secolo, ed è una figura tra storia e leggenda. Promessa in sposa a un patrizio, si dedicò ai poveri dopo aver ricevuto una visione di Santa Agata mentre pregava per la guarigione della madre malata. Tornata a Siracusa, ruppe il fidanzamento e distribuì la sua dote ai bisognosi. Il fidanzato, offeso e interessato alle ricchezze, la denunciò come cristiana al prefetto Pascasio. Nonostante torture e minacce, Lucia non rinunciò alla sua fede, dimostrandosi incrollabile. Arrestata, fu protagonista di un miracolo: il suo corpo divenne così pesante che nessuno riuscì a spostarlo. Inoltre prima della sua esecuzione, avvenuta il 13 dicembre, ricevette l'Eucaristia e profetizzò la fine delle persecuzioni cristiane. Una leggenda narra anche che donò i suoi occhi a un giovane innamorato, ma questi le ricrebbero miracolosamente e di fronte al rifiuto di cederli nuovamente il giovane alla fine la uccise con una coltellata al cuore. Per questo Lucia è ricordata come un simbolo di fede e carità. La cosa strana è che pur essendo Lucia originaria della Sicilia, i paesi del Nord Europa, come la Svezia, hanno da sempre avuto una forte devozione per lei, e il Nord Italia, essendo geograficamente più vicino, potrebbe averne ereditato alcune tradizioni. La celebrazione della festa di Santa Lucia è attestata per la prima volta nel Medioevo e continuò dopo la Riforma protestante negli anni 1520 e 1530, sebbene la celebrazione, nei modi odierni, abbia solo circa 200 anni. Santa Lucia è ancora oggi uno dei pochi santi celebrati dal popolo nordico prevalentemente luterano: danesi, svedesi, finlandesi e norvegesi, compresi quelli emigrati in nord America (negli Stati Uniti e in Canada). In Scandinavia, come in tutta l'Europa protestante, fino alla metà del XVIII secolo, questa era la notte più lunga dell'anno in coincidenza con il solstizio d'inverno, in quanto era impiegato ancora il calendario giuliano. Tanto che il poeta inglese John Donne scriverà poi la poesia "A Nocturnal upon St. Lucy's Day", che riporto alla fine del testo. Sia i protestanti che i cattolici partecipano a queste processioni, e i ragazzi impersonano di solito altre figure legate al Natale, come Santo Stefano. In Norvegia, in Svezia e nelle regioni di lingua svedese della Finlandia, si cantano canzoni a tema e le ragazze, vestite da Santa Lucia, portano in processione biscotti e panini allo zafferano, come metafora del "portare la luce del Cristianesimo attraverso le tenebre del mondo". Si dice che celebrare compuntamente la giornata di Santa Lucia aiuterà a vivere le lunghe giornate invernali con sufficiente luce. Santa Lucia è celebrata anche in Argentina, nel paese sudamericano, gli italo-argentini originari di o nati a Siracusa e residenti a Buenos Aires (in particolare nel barrio de La Boca) e a Mar del Plata, festeggiano Santa Lucia in maniera molto simile, quasi identica, a quanto avviene in Sicilia. Per ritornare ora alle mie esperienze personali devo dire che l'attesa della Santa, della sua festa e principalmente dei doni era circondata da un’atmosfera più che magica. La festa era scandita da una serie di rituali che venivano rispettati fedelmente e cominciavano già all’inizio di dicembre. Io naturalmente non sapevo che i giocattoli e i dolci li avrebbero acquistati i miei genitori e così ero tutto contento ed emozionato quando sentivo il campanellino a suonare. Si doveva anche andare a dormire presto perché si diceva che se si fosse vista la Santa, tutto l'incantesimo sarebbe svanito e non si sarebbero ricevuti i regali. Considerate che eravamo negli anni 60, non c'erano ancora i computer, né tantomeno i telefonini, e noi bambini eravamo ancora piuttosto ingenui e creduloni. Così al mattino del 13 ci si svegliava presto, anche perché poi mio Papà doveva andare a lavorare, ed io sul tavolo della saletta trovavo i vari giocattoli che avevo richiesto, e un mucchio di dolci, cioccolatini, caramelle, marzapane, monete di cioccolato, torroncini e via dicendo. Ogni anno arrivavano doni e giocattoli nuovi, dal famoso trenino, al meccano, dai mattoncini lego alle pistole o ai fucili dei cow boys, dai soldatini con il loro fortino, ai modellini di macchine o di aerei, e dopo l'inizio delle scuole elementari anche dei libri degli autori Inglesi o americani più famosi, naturalmente in versione tradotta, ridotta e adattata per bambini, con le copertine disegnate e colorate. Anche l'azienda dove lavorava mio padre, La Breda meccanica, oggi Leonardo per intenderci, regalava ai figli dei dipendenti vari doni, che ovviamente bisognava scegliere in anticipo, ed è così che anno dopo anno mi ero creato anche la mia prima raccolta delle Garzantine, anche se io in verità non le usavo molto, anche perché per le ricerche prima c'era l'enciclopedia Conoscere dei nonni, o per meglio dire, di mia zia Gabriella, che aveva una decina d'anni più di me e faceva le Magistrali, quando poi andai in prima media arrivò quella della De Agostini di Novara in 13 volumi, chiamata Universo, che mia mamma aveva acquistato a rate dal libraio Baronio. Così per ritornare ai giorni nostri, mentre camminavo appunto in Campo Grande davanti al negozio Toys, e rievocavo tutti questi momenti sereni, emozionanti e spensierati di quando ero bambino, ancora inconsapevole della triste realtà del mondo che mi avrebbe circondato in seguito, e protetto e viziato dall'affetto e dall'amore dei miei genitori, pensavo che se mai ci fossero stati dei momenti nella mia vita in cui ero stato veramente felice e contento, beh senza dubbio questi erano da associare alla festa di Santa Lucia, il 13 Dicembre di tanti anni fa, e come al solito questi pensieri non potevano che suscitarmi ancora più tristezza e malinconia, perché ormai tutto ciò non vive che nel mondo nostalgico dei ricordi, ma nella realtà è tutto scomparso, come mio papà Luciano, come mia mamma Innocenza, o come i miei nonni materni, Emilio e Stella, e come il piccolo Brunetto che era così soddisfatto e radioso nel vedere i suoi giocattoli. Ma, caro John, eh si, chi dice Ma, cuor contento non ha! Tutto intorno a me appare moribondo, triste, desolato, eppure a guardare meglio sembra quasi che la realtà si diverta, se confrontata con me, che sono il suo epitaffio. Carl William Brown Via John Donne A Nocturnal upon St. Lucy's Day By John Donne 'Tis the year's midnight, and it is the day's, Lucy's, who scarce seven hours herself unmasks; The sun is spent, and now his flasks Send forth light squibs, no constant rays; The world's whole sap is sunk; The general balm th' hydroptic earth hath drunk, Whither, as to the bed's feet, life is shrunk, Dead and interr'd; yet all these seem to laugh, Compar'd with me, who am their epitaph. Study me then, you who shall lovers be At the next world, that is, at the next spring; For I am every dead thing, In whom Love wrought new alchemy. For his art did express A quintessence even from nothingness, From dull privations, and lean emptiness; He ruin'd me, and I am re-begot Of absence, darkness, death: things which are not. All others, from all things, draw all that's good, Life, soul, form, spirit, whence they being have; I, by Love's limbec, am the grave Of all that's nothing. Oft a flood Have we two wept, and so Drown'd the whole world, us two; oft did we grow To be two chaoses, when we did show Care to aught else; and often absences Withdrew our souls, and made us carcasses. But I am by her death (which word wrongs her) Of the first nothing the elixir grown; Were I a man, that I were one I needs must know; I should prefer, If I were any beast, Some ends, some means; yea plants, yea stones detest, And love; all, all some properties invest; If I an ordinary nothing were, As shadow, a light and body must be here. But I am none; nor will my sun renew. You lovers, for whose sake the lesser sun At this time to the Goat is run To fetch new lust, and give it you, Enjoy your summer all; Since she enjoys her long night's festival, Let me prepare towards her, and let me call This hour her vigil, and her eve, since this Both the year's, and the day's deep midnight is. https://www.youtube.com/watch?v=C9f6zxo6X0s Se amate il Natale, le feste e la letteratura potete anche leggere i seguenti articoli: Aforismi e citazioni sul Natale Aforismi divertenti sul Natale Aforismi e citazioni sulle feste Barzellette sul Natale La fiaba del pupazzo di neve Aforismi di C.W. Brown sul Natale Pensieri e riflessioni sul Natale Un buon libro per Natale Numeri sul Natale Odio il natale (Umorismo) Aforismi per autore Aforismi per argomento Riflessioni e pensieri Saggi e aforismi Read the full article
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Quesito Salve padre Bellon, mi chiamo Francesca (…). Volevo farvi una domanda e ho trovato questo contatto sul blog amici domenicani. Una mia amica mi ha chiesto se c’è una qualche connessione tra il misticismo di Santa Teresa e il RNS (rinnovamento nello spirito), perché per alcune persone la vera forma di preghiera è quella di S Teresa e affermano che, chi fa parte di un gruppo di preghiera tipica carmelitana non può far parte anche del rinnovamento dello spirito. Riguardo alle fonti storiche potrei citare San Giovanni Paolo II che ha appoggiato tantissimo il RNS, Papa Francesco e l’associazione CHARIS che comprende tutte le associazioni carismatiche esistenti e i discorsi di Papa Francesco sull’unità nella diversità. Mi piacerebbe partire dalle congruenze spirituali comuni perché sia in Santa Teresa e sia nel RNS agisce la Trinità (perché sappiamo che dove si trova una persona lì ci sono anche le altre 3 e dove c’è il Padre, troviamo anche la sua corte celeste) per poi far capire che i carismi nella chiesa sono tanti e infatti esistono tante associazioni che sottolineano di più un aspetto ( magari sono più legati ad un sacramento del cristianesimo) senza però perdersi gli altri aspetti del cristianesimo e la forma di preghiera non ci rende più o meno fedeli, ma tutti: carmelitani, RNS, domenicani, neocatecumenali….hanno un modo di pregare che li differenzia, ma hanno lo stesso scopo, quello di essere sempre più vicini allo stesso Dio e di mostrarne la gloria. Come posso trovare il nesso mistico tra S Teresa d’Avila (con il suo castello interiore) e il RNS? Quali esempi o esperienze di santi posso riportare? Grazie mille e resto in attesa di una sua risposta. Buona giornata Francesca Risposta del sacerdote Cara Francesca, 1. è necessario distinguere tra la natura (e lo sviluppo) della preghiera e i carismi che la possono accompagnare. 2. Ciò che Santa Teresa d'Avila ha descritto nel Castello interiore corrisponde alla natura e allo sviluppo della vita di preghiera. Posso dire che questo è immutabile, sebbene nelle varie spiritualità si possa accentuare un aspetto oppure un altro. 3. Mentre ciò che avviene nell'RNS appartiene ai carismi, e cioè ad alcuni doni particolari che accompagnano la preghiera. Questi carismi vengono dati da Dio indipendentemente dal perfezionamento spirituale del soggetto. Sono gratiae gratis datae e non appartengono all'organismo soprannaturale. Il Signore li dà a chi vuole a titolo di incoraggiamento oppure di attestazione di una preghiera profonda. Non sono legati pertanto alla santità di vita. Possono essere dati anche a chi è in peccato mortale. 4. Invece l'evoluzione della preghiera secondo le mansioni o le tappe descritte da Santa Teresa è intimamente legata ad una vita di preghiera che si perfeziona e che si accompagna con la santità della vita. 5. Ecco ad esempio la prima delle sette mansioni descritte da Santa Teresa d’Avila: “Mi diceva ultimamente un gran teologo che le anime senza orazione (vale a dire: contemplazione) sono come un corpo storpiato o paralitico che ha mani e piedi, ma non li può muovere… Sono tante le anime che si limitano a stare solo nei dintorni, là dove stanno le guardie, senza curarsi di andare più innanzi, né sapere cosa si racchiuda in quella splendida dimora, né chi l’abiti e quali siano i suoi appartamenti. E se queste anime non cercano di capire e di porre rimedio alla loro grande miseria resteranno come statue di sale proprio come la moglie di Lot che voltò il capo all'indietro invece di cercare di guardarsi dentro” (Castello interiore, I,6). “Per quanto io ne capisca, la porta per entrare in questo castello è l'orazione e la meditazione. Non sto più per la mentale che per la vocale, perché dove si ha orazione occorre che vi sia pure meditazione. Non chiamo infatti orazione quella di colui che non considera con chi parla, chi è che parla, cosa domanda e a chi domanda, benché muova molto le labbra” (Ib., I,7). La porta dell’orazione si trova solo se si
è liberi dal peccato mortale. “Prima di andare innanzi, vi prego di considerare come si trasformi questo castello meraviglioso e risplendente, questa perla orientale, quest'albero di vita piantato nelle stesse acque vive della vita che è Dio, quando s'imbratti di peccato mortale. Non vi sono tenebre così dense, né cose tanto tetre e buie, che non ne siano superate e di molto” (Ib., II,1). “Non dovete figurarvi queste mansioni le une dopo le altre, come una fuga di stanze. Portate il vostro sguardo al centro, dove è situato l'appartamento o il palazzo del Re” (Ib., II,8). “Perciò, figliuole, fissiamo gli occhi in Cristo nostro bene e nei suoi santi, e vi impareremo la vera umiltà... Questa mansione, benché sia la prima, è così eccellente e preziosa che se l'anima sa sottrarsi agli animali che l'ingombrano, non lascerà di andare innanzi” (Ib., II,11). “Eppure per entrare nelle seconde mansioni bisogna che si disbrighi da tutte le cure ed affari che non siano indispensabili, sia pure in conformità al suo stato. Ciò è di tanta importanza che se non comincia subito a farlo, non solo non arriverà alla mansione principale, ma sarà pure impossibile che, senza grande pericolo, rimanga nella mansione che occupa, benché già nel castello” (Ib.). Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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Chiedete lo Spirito santo e lo riceverete
Chiedete lo Spirito santo e lo riceverete
Chiedete lo Spirito santo e lo riceverete Gesù insegnando ai suoi discepoli, a riguardo della preghiera dice, tra le altre, queste parole: «Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano!» (Luca 11:13) Le parole di Gesù ci dicono che sono i figlioli di Dio solamente che devono…

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Baby shower, la festa del bambino che dovrà nascere
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Baby shower, la festa del bambino che dovrà nascere

Se la vostra amica o parente è in attesa e aveste intenzione di renderle omaggio, potreste organizzare un baby shower.
Si tratta di un party dedicato al bambino che dovrà nascere. Di origini americane, nell’ultimo periodo sta avendo un grande successo in tutta Europa, specialmente in Italia. Qui possono prendere parte le conoscenze più strette, così come tutta la famiglia (cugini, zii e così via).
Insomma, un’occasione per donare felicità e tanto amore, sia alla futura mamma che al nascituro. Ma quali sono gli addobbi, i regali e i temi da seguire per questa festa? A seguire vi diamo una serie di consigli a riguardo:
Baby shower quando farlo
Non esiste una data ben precisa su quando fare un baby shower.
Allo stesso tempo però, si consiglia vivamente un mese/qualche settimana prima del lieto evento. Questo perché sarà ancor più suggestivo, in quanto mancherà pochissimo alla nascita. Tra l’altro, organizzare un baby shower a gravidanza inoltrata, dà modo di scegliere accuratamente il tema e i colori (per esempio rosa o celeste, a seconda del sesso).
Non deve essere la mamma a preparare questa festicciola. L’organizzatore sarà o un’amica, o una sorella. E si può scegliere tranquillamente di fare un party tutto al femminile, oppure generico, includendo anche i nonni e il papà.
La cosa più importante è che si crei un’atmosfera magica e piena di amore (anzi, una “doccia” di affetto, giusto per far riferimento al significato letterale di shower).
Baby shower dove si fa
Ma dove si fa un baby shower?
Potete organizzarlo tranquillamente a casa sua (ad insaputa della futura mamma), oppure a casa di qualche amica.
Se non dovesse esserci alcuna abitazione ospitabile, allora potete recarvi in un locale che dispone di una saletta o comunque di ampi spazi. Chiaramente, dipende anche da quanti saranno gli invitati.
Altre location consigliate: sala feste, parchi (durante la primavera – estate sono perfetti) oppure un bel giardino, così se ci sono altri bimbi, si sentiranno liberi di giocare in piena libertà. Ovviamente, tenete a mente un posto alternativo, nell’eventualità in cui dovesse portare pioggia.
Baby shower addobbi
Per gli addobbi, date libero sfogo alla vostra fantasia.
Sì a palloncini, festoni, cupcakes a tema e piccoli doni da regalare ai partecipanti. E logicamente, non potrà di certo mancare una bella torta da piazzare al centro del tavolo o vicino a un piccolo buffet. Per le inspo della torta, date un’occhiata sul web, ad esempio su pinterest, ci sono tantissime idee favolose!
Oppure vi basterà cercare baby shower party e troverete numerose tipologie di addobbi, anche di un tema specifico. Così facendo, riuscirete a stupire la futura mamma e tutti gli invitati per il tocco originale!
Sappiate che comunque non ci sono delle regole precise a cui sottostare. I temi più gettonati per baby shower sono sia quelli classici (rosa e celeste), oppure animaletti (elefante, volpina, giraffa, leoncino, orsetto, cicogna). Ma anche: ciucci, fiocchetti ecc.
In merito alla tavolata, potete sia scegliere di fare un buffet (pizzette, panini, focacce e così via), che una semplice tavola di dolci. A tal proposito, vi consigliamo di far realizzare dei cupcake a tema, con il nome del futuro nascituro.
Cercate di creare una bella composizione e al centro, mettete una bella torta, sempre con il nome del bambino che arriverà. Oppure, fate inserire delle scritte riguardanti il parto imminente, tipo: loading 99%… oppure: ti aspettiamo baby “X” e via dicendo.
Baby shower cosa regalare
Cosa regalare ad un baby shower?
Di solito, vanno bene sia piccoli pensierini per il bimbo che nascerà che per la mamma.
Ecco alcune idee:
Ciucci e Tutine
Scarpette, mussoline
Una mommy bag
Un set di creme viso/corpo
Vari vestitini
Giocattoli per la prima infanzia
E così via…
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