#Battesimo con lo Spirito santo
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È Gesù, il Figliolo di Dio, che battezza con lo Spirito santo
È Gesù, il Figliolo di Dio, che battezza con lo Spirito santo L’apostolo Giovanni riporta la testimonianza di Giovanni Battista che rese di Gesù, che è l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, e tra l’altro, ha detto queste parole: «E Giovanni rese la sua testimonianza, dicendo: Ho veduto lo Spirito scendere dal cielo a guisa di colomba, e fermarsi su di lui. E io non lo conoscevo; ma…
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➡️🌼🙏Domenica 7 Gennaio 2024
S. Raimondo de Peñafort (mf), S. Crispino, S. Ciro
👉❤️❤️❤️BATTESIMO DEL SIGNORE (anno B) – P
Is 55,1-11; Cant. Is 12,1-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza
👉🕍📖❤️VANGELO
Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.
+ Dal Vangelo secondo Marco 1,7-11
In quel tempo, Giovanni predicava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Parola del Signore.❤���🙏
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La Pentecoste, un nuovo inizio per gli Apostoli
L’ultima domenica di maggio è il momento della Pentecoste, che celebra un momento fondamentale nella storia del Cristianesimo… Tra gli Ebrei la Pentecoste era inizialmente denominata festa della mietitura e dei primi frutti, si celebrava il 50° giorno dopo la Pasqua ebraica ed era l’inizio della mietitura del grano, vista dalla Bibbia come una grande festa agricola. In greco Pentecoste significa la 50ª giornata e , riferendosi alla festa delle Settimane, è citato nella storia di Tobia e nel secondo libro dei Maccabei. Così lo scopo di questa festa, era il ringraziamento a Dio per i frutti della terra, cui si aggiunse il ricordo della promulgazione della Legge mosaica sul Monte Sinai. Secondo il rituale ebraico, la festa vedeva il pellegrinaggio di tutti gli uomini a Gerusalemme, l’astensione totale da qualsiasi lavoro, un’adunanza sacra, particolari sacrifici ed era una delle tre feste di pellegrinaggio che ogni devoto era invitato a celebrare a Gerusalemme. L’episodio della discesa dello Spirito Santo in quel girono è narrato negli Atti degli Apostoli, mentre gli apostoli insieme a Maria, la madre di Gesù, erano riuniti a Gerusalemme nel Cenacolo, forse nella casa della vedova Maria, madre del giovane Marco, il futuro evangelista, dove presero poi a radunarsi abitualmente quando erano in città e a Gerusalemme c’erano gli ebrei in gran numero, per festeggiare la Pentecoste. La Bibbia dice che “Mentre stava per compiersi il giorno di Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi”. Il passo degli Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca in greco, continua con la prima predicazione dell’apostolo Pietro, che assieme a Paolo apr�� il cristianesimo all’orizzonte universale, sottolineando l’unità e la cattolicità della fede cristiana, dono dello Spirito Santo. I cristiani inizialmente chiamarono Pentecoste, il periodo di cinquanta giorni dopo la Pasqua, ma fu Tertulliano, apologista cristiano, il primo a parlarne come di una festa in onore dello Spirito Santo. Alla fine del IV secolo, la Pentecoste era un momento solenne, durante la quale era conferito il Battesimo a chi non aveva potuto averlo durante la veglia pasquale. Le costituzioni apostoliche dimostrano la diffusione dell’Ottava di Pentecoste nell’Oriente, mentre in Occidente compare in età carolingia. Se l’Ottava liturgica si conservò fino al 1969;, i giorni festivi di Pentecoste furono invece ridotti nel 1094, ai primi tre giorni della settimana, poi diventati due dalle riforme del Settecento. All’inizio del XX secolo venne eliminato anche il lunedì di Pentecoste, oggi conservato come festa in Francia e nei Paesi protestanti. Il tema della Pentecoste, erano molto diffuse nell’arte medioevale, che mostrava lo Spirito Santo calare sulla Vergine e sugli apostoli nel Cenacolo nella forma di lingue di fuoco e non di colomba. Lo schema compositivo richiama quello dell’Ultima Cena, trovandosi nello stesso luogo, cioè il Cenacolo, e lo stesso gruppo di persone, dove Gesù è sostituito da Maria e il posto lasciato vuoto da Giuda è occupato da Mattia, simbolo dell’unità dell’aggregazione e successione apostolica, pronta a raggiungere i confini del mondo. Read the full article
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Sacerdote (1832-1916) Enrico Cormier nacque l’8 dicembre 1832 ad Orléans, importante città della Francia settentrionale, e considerò sempre uno speciale favore della Provvidenza Divina l’essere nato e l’aver ricevuto il battesimo nel giorno dedicato alla Vergine Immacolata, la cui definizione dogmatica doveva avvenire quando il ventiduenne Enrico già pensava all’ideale domenicano come sua scelta di vita. La sua infanzia fu serena, immersa nella pietà cristiana che le famiglie cattoliche del XIX secolo vivevano come base naturale dell’esistenza. Di sua madre, Felicita Bracquemont, egli stesso disse: « La sua vita trascorse parte in campagna, parte negli affari di un umile commercio, parte nella cameretta dove morì dopo parecchi anni di malattia». Fu quindi una donna semplice, ma intelligente, accorta ed attiva, ed affrontò con coraggio l’avvenire della famiglia quando rimase vedova con i figli ancora piccoli. Di suo padre, Francesco, scrisse : «Era tanto pio e laborioso quanto poco ambizioso. La sua passione era la musica. Copiava il canto gregoriano su un quadernetto tascabile, di cui si serviva in chiesa. Il giovedì i tre fratelli organizzavano una specie di concerto e cantavano accompagnandosi ciascuno col suo violino». Morì accidentalmente, in seguito alle ustioni riportate cadendo con una lampada accesa in mano. La mamma affidò la sua educazione ai Fratelli della Dottrina Cristiana , presso la scuola della parrocchia di S. Paolo, dove il bambino progredì nella formazione umana e religiosa. Quando lo zio Teofilo Cormier, prete e professore nel Seminario maggiore di Orléans, morì a trentasei anni di tisi, quasi naturalmente, Eugenio, il fratello maggiore di Enrico, volle prendere il suo posto entrando in seminario, mentre lui si accontentò di continuare a “giocare alla messa”, fino a quando, dopo aver ricevuto la prima Comunione e la Cresima, fu accolto nel Seminario minore La Chapelle: aveva tredici anni. Si rivelò un ragazzo dolce e simpatico, dotato di una naturale propensione al canto, al disegno, alla poesia; più incline ad una certa spensieratezza che all’entusiasmo per lo studio. Ma la morte precoce del fratello seminarista, scomparso a 18 anni, indusse Enrico ad un serio ripensamento e formulò dei propositi così seri, che realizzò in quel momento un vero “distacco dal mondo”, come scriverà egli stesso vent’anni dopo. Tale “conversione” proseguì quando si iscrisse al Seminario maggiore nell’ottobre del 1851, mettendo per scritto un programma particolareggiato di vita con la decisione di custodire e salvaguardare i suoi impegni con la preghiera, «quell’orazione per la quale si dimora in una santa unione con Dio, si ascolta la sua parola, gli si parla a propria volta per domandarGli le sue grazie»: di questa intimità ininterrotta con Dio aveva sete l’animo generoso di Enrico. Fu in questo periodo che maturò la sua decisione per una vita di più stretta imitazione di Gesù Cristo, prendendo in considerazione l’Ordine di S. Domenico, restaurato in Francia da pochi anni ad opera del P. Henri-Dominique Lacordaire. Con lui ebbe anche un incontro, nel quale la sua vocazione domenicana fu giudicata “nulla o non matura” dall’illustre predicatore di Notre-Dame! Evidentemente, la voce interiore dello Spirito indicò con chiarezza al giovane seminarista la via da seguire e quella valutazione negativa non lo disarmò. Fece privatamente i tre voti e terminò i suoi studi conseguendo il grado di baccelliere in teologia. Quando fu ordinato sacerdote, il 17 maggio 1856, essendo già laico domenicano, annunciò anche che sarebbe presto entrato nel noviziato della Provincia francese dei Frati Predicatori, a Flavigny, dove ricevette l’abito insieme ad altri quattro giovani, il 29 giugno seguente, prendendo il nome di fra Giacinto Maria, per mettersi sotto la protezione del santo predicatore missionario polacco e della Vergine Immacolata. La sua vita di novizio, già sacerdote, fu pienamente
centrata in Cristo, pur affrontando le tentazioni e le difficoltà del tutto normali per un neofita. Ma una grande prova doveva ostacolare il suo cammino: la salute precaria preoccupava non poco i suoi superiori e lo stesso P. Vincenzo Jandel, Maestro Generale, cercò una soluzione prospettandogli di finire il noviziato in Italia, dove avrebbe trovato un clima migliore. La sua angoscia fu grande, quando anche sua mamma andò a trovarlo col preciso intento di portarselo via. «Gesù, cambiate il cuore di mia madre» - scrisse sul suo taccuino il 25 gennaio 1857. Alla fine venne deciso, con un procedimento insolito per l’epoca, che egli facesse la professione non in modo perpetuo e definitivo, ma temporaneo, per due anni : ciò avvenne il 29 giugno 1857. In seguito, il Maestro Generale ritenne opportuno condurlo con sé a Roma nell’intento di giovare alla sua salute e per avere vicino quel giovane che si rivelava ricco di doti religiose ed umane. Gli affidò l’incarico di sotto-maestro dei novizi, dimostrando in lui il massimo della fiducia, tenuto conto che non era ancora professo solenne. La sua salute, purtroppo, non migliorò. Venne a trovarlo sua mamma, affrontando un viaggio lungo ed insolito per lei, manifestandogli forse ancora una volta il desiderio che ritornasse ad essere semplice sacerdote nella sua città, ma ripartì convinta della vocazione religiosa del figlio, il quale lasciò detto a questo proposito:« Mia madre fece il suo sacrificio». Allo scadere dei due anni il P. Jandel, preoccupato della situazione, ne parlò direttamente al Papa Pio IX, il quale risolse la questione dicendo: «Che abbia almeno la consolazione di morire professo!» In questa decisione di umano buon senso non era certo assente lo Spirito Santo, che doveva servirsi dell’opera di quel frate dalla salute delicata per altri…57 anni! Fra Giacinto Maria fece la sua Professione solenne il 23 maggio 1859, nella sala capitolare di Santa Sabina, e si impegnò a cercare la propria perfezione nella manifestazione concreta della Volontà di Dio:«Osserverò la mia regola in tutti gli incarichi, in tutti i luoghi che il Signore mi assegnerà e che sono altrettanti portici della sua casa, cioè del cielo». Queste disposizioni interiori erano davvero necessarie ad un religioso come lui, che avrebbe trascorso la sua vita implicato in incarichi di governo. Ebbe infatti affidatigli una graduale successione di incombenze. Cominciò con l’essere nominato sottopriore a Santa Sabina, poi maestro dei novizi a Corbara, in Corsica, e quasi subito anche priore nella medesima comunità, dove le preoccupazioni erano molte, comprese quelle finanziarie : «Dopo la virtù, quello che manca è il denaro», ebbe a dire. A trentatré anni, fu nominato primo provinciale della Provincia di Tolosa e Marsiglia appena restaurata. La sua mamma, felice di rivederlo nella sua terra, lo incoraggiò: «Gli altri hanno imparato, imparerai anche tu!». In questo incarico si rese partecipe della fondazione di due istituti domenicani: Suore dell’Immacolata Concezione di Tolosa e di Santa Caterina da Siena di Auch. Egli pose a fondamento del suo programma due basi solidissime: l’umiltà e l’unione, poi si mise al lavoro per solidificare ed ingrandire la nuova provincia. A tale opera si dedicò dal 1865 al 1891, durante i ventisei anni in cui fu ininterrottamente superiore, o come provinciale o come priore in diversi conventi; ispirò ogni sua azione alla tradizione domenicana ed attinse a piene mani dalle memorie storiche dell’Ordine, tutto riconducendo ai disegni di Dio. Mantenne sempre una profonda e filiale venerazione per il P. Jandel, di cui si considerò discepolo fedele e ne pianse la “morte preziosa”, come egli stesso la definì nella biografia che gli dedicò. Affrontò con prudenza e coraggio le difficoltà e le persecuzioni che provenivano dalla situazione politica dell’epoca, che aveva soppresso le congregazioni religiose e permetteva saccheggi e violenze nei conv
enti. Si adoperò per la costruzione di chiese e conventi, ma soprattutto si affaticò per riportare allo splendore primitivo lo spirito religioso dell’autentica vita domenicana, servendosi delle visite canoniche per incoraggiare nel cammino dell’osservanza fedele e insistendo sulla pratica delle virtù basilari, tutte riconducibili alla carità. Si prodigò con amorevole attenzione anche per il ramo femminile dell’ordine, sia per le suore di clausura che per le nascenti congregazioni di vita apostolica. Per le monache furono fondati i monasteri di Saint-Maximin e di Prouille: quest’ultimo sorse sul luogo dello storico monastero fondato da S. Domenico, che era stato completamente distrutto durante la rivoluzione francese, e P. Cormier potè introdurvi nella clausura le prime nove monache. Numerose furono in questo periodo le religiose domenicane del Terz’Ordine Regolare che egli aiutò a sorgere o a consolidarsi come congregazioni di vita attiva, seguendole passo passo nel loro sviluppo, animandole con la direzione spirituale e con la predicazione di ritiri, consigliandole in modo concreto nei dubbi e nelle incertezze: nel 1880 si occupò in modo particolare delle Domenicane di Albi. Non esisteva ancora il nome di “famiglia domenicana”, ma P. Cormier ne viveva la realtà, unendo i vari aspetti nell’unico carisma di S. Domenico. Nel 1891 fu eletto Maestro Generale il P. Andrea Frühwirth e prese con sé come “socio” per le province di lingua francese il P. Cormier, il quale giunse a Roma il 1° ottobre. L’incarico di assistente è fatto soprattutto di lavoro nascosto, spesso ingrato, che richiede oculatezza per gli affari dell’Ordine e spirito di abnegazione. L’ex provinciale di Tolosa, ormai sessantenne, aveva le doti necessarie per espletarlo con competenza e la fede robusta per esercitare anche nelle riunioni ecclesiastiche, secondo un suo scritto, «ogni sorta di virtù: preghiera, umiltà, saggezza, fiducia, semplicità, sincerità…». Anche a Roma continuò il suo apostolato presso le comunità religiose e proprio nel 1892 fu per la prima volta presente in occasione di vestizioni e professioni nella nostra Cappella di Casa Madre, in via degli Artisti, presenza che si ripeterà per ben diciotto volte, comprendendo pure la celebrazione di alcune solennità, fino a due anni prima della sua morte. Nel 1896 venne nominato Procuratore Generale dell’Ordine, perciò incaricato di mantenere i rapporti con le Congregazioni della S. Sede e con il Papa stesso. Come prevedeva la consuetudine del tempo, dovette scegliere uno stemma ed un motto. Allo scudo dell’Ordine, bianco e nero, aggiunse il pellicano che nutre i suoi piccoli, immagine di Cristo, ed il suo motto fu: ”Caritas veritatis”, che egli stesso commentò così: “Donare la verità è la più bella carità”. Ebbe molte preoccupazioni in quegli anni a causa delle ostilità del governo francese che voleva separazione netta tra Stato e Chiesa e ostacolava le congregazioni religiose con leggi contrarie. Il 21 maggio 1904 il Capitolo Generale tenutosi nel convento di S. Maria della Quercia (Viterbo) lo elesse 76° successore di S. Domenico, contrariamente ad ogni previsione umana, data la sua salute sempre precaria e l’età avanzata. Dio voleva attuare i suoi disegni proprio servendosi di uno strumento fisicamente inadatto, ma ricco dell’ energia spirituale che deriva dall’umiltà e dalla fiducia in Lui. Il suo generalato si svolse in un periodo molto difficile per la Chiesa cattolica, segnata dalla crisi modernista, dalla rottura dei rapporti col governo francese e dalle gravi tensioni che portarono l’Europa allo scoppio della prima guerra mondiale. Fu anche grazie alla sua saggezza e alla stima che di lui ebbero i Papi Leone XIII, Pio X e Benedetto XV se l’Ordine domenicano superò coraggiosamente questo grave momento storico. Egli portò a termine il suo mandato di dodici anni, adempiendo i suoi doveri con regolarità: presiedette i capitoli generali stabili
ti dalle Costituzioni, effettuò le visite canoniche, regolò gli affari dell’Ordine, continuò ad occuparsi delle congregazioni femminili che si rivolgevano a lui… Ma si dedicò anche ad opere di notevole impulso per la vita dell’Ordine: fondò il Pontificio Collegio Angelico, oggi Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino, comunemente chiamata l’Angelicum, sorvegliandone egli stesso la costruzione e cercando i fondi necessari; si occupò dell’Università di Friburgo, dove la Facoltà Teologica, affidata ai Domenicani, attraversava momenti difficili; protesse e sostenne col prestigio della sua insospettabile ortodossia la Scuola Biblica di Gerusalemme, che rischiava una condanna da parte della Chiesa; si adoperò molto perché l’Università domenicana di Manila, dopo l’avvento del governo americano nelle Filippine, che fece costruire una Università laica, mantenesse intatto il suo prestigio. Nel Capitolo tenutosi a Friburgo, il 3 agosto 1916 fu eletto suo successore l’olandese P. Theissling. Tornato a Roma, l’ottantaquattrenne P. Giacinto Maria si stabilì nel convento di S. Clemente, dove secondo lui era trattato in modo così confortevole, che sembrava gli si volesse « impedire di morire». Ma alla fine di novembre sopraggiunse una pleurite, alla quale il suo fisico non fu più in grado di reagire. Il 16 dicembre chiese che la comunità si radunasse intorno a lui per cantargli la Salve Regina, secondo la consuetudine domenicana. Disse con voce chiara:«Rinnovo i tre voti della mia professione e ringrazio Dio di avermi concesso di perseverare nella vita religiosa». Si spense il giorno dopo, mentre nella Chiesa della Minerva l’Ordine domenicano celebrava il settimo centenario della sua approvazione, alla cui commemorazione aveva contribuito con la sua ultima lettera ufficiale come Maestro dell’Ordine. Stimato ed amato da superiori e confratelli, P. Cormier morì lasciando in chi lo aveva avvicinato fama di santità: non una santità spettacolare, miracolistica, inimitabile, ma una santità del dovere quotidiano compiuto con amore e fedeltà , giorno per giorno, nell’eroicità di una vita silenziosa, attenta a non perdere le occasioni per i piccoli atti di virtù, pronta a donarsi per il bene degli altri con generosità, senza fuggire davanti alla croce e alle spine degli incarichi. Due caratteristiche, in particolare, vennero sottolineate da quanti lo conobbero: «Non aveva mai una parola cattiva o amara per nessuno» e «Non parlava mai di sé». Fu uomo di pace e di unità, perché profondamente umile, e seppe intervenire in ogni circostanza col dono della prudenza soprannaturale, tacendo o parlando nel modo giusto al momento opportuno, nella ricerca sincera e continua della Volontà di Dio su di sé e sugli altri. Fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 20 novembre 1994 ed il suo corpo riposa nella Chiesa dei Santi Domenico e Sisto, presso la quale si è trasferito l’Angelicum nel 1931.
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La giustizia di Dio
La giustizia di Dio
L’evento del battesimo di Gesù nel Giordano a opera di Giovanni, evento in seguito al quale lo Spirito di Dio viene su Gesù (Mt 3,13-17), è preannunciato dalla figura del Servo del Signore su cui Dio pone il suo Spirito (Is 42,1-4.6-7) e proclamato da Pietro nella sua predicazione come atto con cui Dio ha “unto” in Spirito santo Gesù (At 10,34-48). Lo Spirito di Dio che rimane su Gesù significa…
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Luciano Manicardi "Comunione con Dio"
Luciano Manicardi “Comunione con Dio”
Battesimo del Signore (Anno A) (08/01/2023) Vangelo: Mt 3,13-17 🏠 L’evento del battesimo di Gesù nel Giordano a opera di Giovanni, evento in seguito al quale lo Spirito di Dio viene su Gesù (Mt 3,13-17), è preannunciato dalla figura del Servo del Signore su cui Dio pone il suo Spirito (Is 42,1-4.6-7) e proclamato da Pietro nella sua predicazione come atto con cui Dio ha “unto” in Spirito santo…
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Striscia di fuoco (Salvatore Lovaglio - 2007) Nella seconda domenica di Avvento risuona per tre volte la domanda: “che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3,10b.12b.14a). È il Battista il protagonista vocato a dare risposta. Il suo è un “battesimo di conversione” (Lc 3,3b) annunciato con toni apocalittici e polemici. Cristo, nel ministero, si scosterà da questa immagine troppo umana e metterà in difficoltà lo stesso Suo precursore. “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16c). Si ha l’impressione, a volte, di come ancora predichiamo un annuncio stantio e un battesimo troppo lontano da quello del Cristo. Il rischio è quello di assumere toni pre-cristiani. Il rischio è fare un cristianesimo senza Cristo. https://www.instagram.com/p/ClPoqdTKTOh/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Nome: Battesimo di Cristo Autore: Sconosciuto Data: fine V - inizio VI sec. Collocazione: Battistero Ariano, Ravenna Tecnica e materiale: mosaico che riveste la cupola, tessere vitree Descrizione: Nel mosaico è raffigurato un giovane Cristo completamente nudo, imberbe e con i capelli lunghi, immerso per metà nelle acque del Giordano. S.Giovanni Battista posto sulla destra della raffigurazione gli impone la mano sul capo, mentre la colomba che simboleggia lo Spirito Santo fa scendere su Gesù l'acqua che porta nel becco. Sulla sinistra della scena si trova una figura con i capelli bianchi, avvolto sino alla cintola da un panno verde, con in mano una canna palustre e sulla testa chele di gamberi: è la personificazione del fiume Giordano. Come nel Battistero Neoniano, la scena del Battesimo di Cristo è circondata dal una teoria di Apostoli, ognuno dei quali è separato dall'altro da una palma stilizzata dalla quale pendono datteri.
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È arrivato da solo Francesco, ha attraversato il sagrato in una Piazza vuota che piangeva.
La sua preghiera è stata straordinaria, potente e lucidissima, illuminata dalla dolorosa introspezione di questo mondo malato e dalla speranza della Fede.
Se questo non è il manifestarsi dello Spirito Santo non so come altro definirlo.
La nostra fragilità era in lui, nel suo ansimare affannato e provato dal cammino, nello zoppicare investito di una responsabilità del Verbo, nel cercare il silenzio e trovarlo
La notra forza era in lui, nella speranza e nella fortuna di poter credere, nella fiducia di abbandonarsi all’Amore del Signore, nel cercare la compassione e condividerla
Nessuno sconto, nessuna omissione di reposnsabilità, nessuna cecità spirituale
Francesco dimostra che possiamo vedere benissimo il mondo intorno e continuare però ad alimentare quello interiore che ci forgia e ci eleva.
Il valore di una preghiera oggi si è manifestato con una potenza infinita, e i nostri cuori nudi e lavati da quell’acqua salvifica hanno costruito un baluardo di Amore laddove lo sconforto e la disperazione ci stavano facendo vacillare.
Abbiamo bisogno di tutto questo, abbiamo bisogno che Dio si manifesti dentro di noi per poter agire l’uno per l’altro. “Nessuno si salva da solo” ha detto, e oggi eravamo tutti figli benedetti e confortati.
Con l’anima scossa da questa preghiera, sperando che faccia crollare tutte le fondamenta dell’egoismo e delle disuguaglianze, io ripenso a quella pioggia che lambiva il Crocifisso…sembrava accarezzarci e riportare la vita in un terreno arido e assetato di Amore. Lavava via il sangue di Gesù e lo accarezzava per accoglierlo nel suo oceano celeste e portava via con sè il nostro disperato vagare nel buio come in nuovo Battesimo.
Una preghiera personale: non attaccatelo mai un cuore nudo, fareste soltanto del male a voi stessi con la stessa furia e violenza che si può fare all’innocenza di un bambino.
Francesco è uno di noi, è con noi, e vuole condurci per mano lungo la rotta per “Venire a te e fidarsi di Te”.
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Dottrine pentecostali!
Dottrine pentecostali! Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, è sorto all’interno delle Chiese Protestanti il movimento di risveglio spirituale chiamato “Pentecostalismo”; quel termine venne usato per indicare quel movimento che pone una particolare enfasi sul battesimo con lo Spirito santo con il segno esteriore del parlare in altre lingue, iniziato il giorno della Pentecoste, come descritto…
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"il Battesimo"
" IL BATTESIMO"
Sesta notte in bianco, quel viso stanco e le forze iniziavano a vacillare... Pensieri, angoscia, timore e litigi continui.
Quel segreto la distrusse e non tanto da scoprire che la sua amica Lana Martinez fosse in realtà sua sorella, ma scoprirne di essere figlia ad un'uomo potente, il capo mafia, un'uomo privo di emozioni, il quale interesse supremo era la sua ricchezza, distruggere chi lo contradiceva..
Pensava a lei, alla sua vita e l'immenso dolore che era ancora vivo in lei, nei suoi racconti rivedeva gli occhi di una lana bambina, in quei occhi ne vedeva le atrocità.
Pensieri, ancora pensieri durante quei preparativi, quella mattina era il giorno più importante della sua GRACE🌺, un battesimo..
[...]
Giunse a quella chiesa, non vi era nessuno, non per volontà, ma per la loro protezione, la notizia che Pablo Martinez era in città, la sua villa rasa al suolo e quelle continue telefonate sconosciute che le mettevano terrore, chi era non lo sapeva, non parlava, solo il respiro intenso né percepiva e la disabilizava.
Con Grace tra le braccia percorre la navata, il vescovo lì ad attenderla per la funzione, gli sorrise lievemente e con un cenno del capo gli diede il consenso di iniziare.
Lo ascoltava, quelle parole divine che profanavano amore, il rispetto l'uno per l'altro.. Pace, conforto, ecco cosa provava in quell'attimo.
Giunti al momento si alzò al cenno del vescovo e lo raggiunse alla conca battesimale, all'interno quell'acqua limpida e sacra, la conchiglia in argento a riempirsi di essa ed avvicinarsi al capo della piccola..
Vescovo: dal potere conferito dal padre, io ti battezzo Grace.. *solleva lo sguardo verso di lei attendendo che gli disse il cognome*
Lei lo guarda negli occhi e si bloccò, abbassò lo sguardo e incontrò gli azzurri di Grace, specchi inconfondibili, ove ne riuscì a rivedere i momenti, l'amore incondizionato per Coop, il concepimento..
Sospirò e le mormorò acarezzandoli la sua guancia rosea
René :
"possano i tuoi occhi non conoscere odio, le tue labbra parlare solo d'amore,le tue mani stringere sempre altre mani e le tue narici respirare il profumo della felicità..
Possano le tue gambe portarti ove il cuore ti condurrà, possa la tua anima essere grande e tenace e continuare ad andare avanti anche se sarai stanca..
Possano le tue spalle essere forti da sopportare il peso delle emozioni e non averne mai rimpianti"
*chiuse gli occhi e ne fece un respiro profondo, sollevò lo sguardo verso di lui*
Grace... Grace Foresta
Vescovo: io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo... GRACE FORESTA🌺
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I miracoli di Gesù
I miracoli di Gesù
Voi sapete quello che è avvenuto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni, vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret: come Dio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza; e com’egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. (Atti 10:37-38) I miracoli di Gesù non…
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Quanto più
Roberto Pasolini Cappuccino
La liturgia di questa domenica ci fa volgere lo sguardo verso «il mistero della preghiera» che Cristo «ci ha insegnato» e testimoniato anzitutto con il suo stesso modo di vivere la nostra umanità. Il richiamo proposto dall’intreccio delle letture descrive i tratti di una preghiera semplice e filiale, da farsi «con fiducia e perseveranza» (cf. colletta).
Già nel libro della Genesi scopriamo il volto di un Dio attento e premuroso di fronte alle vicende dell’umanità da lui stesso creata:
«Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!» (Gen 18,20-21).
Inutilmente potremmo rintracciare in queste parole l’esplosione di una rabbia che vuole frettolosamente giudicare e castigare gli uomini. Esse ci pongono piuttosto davanti allo sconforto di un Padre, capace di soffrire e incapace di restare insensibile di fronte alle grida di dolore della sua umanità. Abramo è l’uomo che intuisce il mistero di una prevalenza, in Dio, della misericordia rispetto al giudizio. La Scrittura lo coglie e lo descrive nell’atto di avvicinarsi a Dio per ingaggiare con lui un serrato patteggiamento — «Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio» (18,25) — fino a scoprirsi capace di piegare il cuore di Dio verso una scelta di piena compassione:
«Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,32).
Il presagio di sconfinata bontà contenuto nel dialogo tra Dio e Abramo diventa certezza nelle note esplicative con cui Gesù accompagna la preghiera del Pater noster, facendoci capire che il modo con cui ci rivolgiamo a Dio è quasi più decisivo dei contenuti che scegliamo di proporgli con la nostra voce. Attraverso la parabola dell’amico invadente, che osa andare di notte a chiedere la carità di tre pani, il Signore Gesù manda in crisi gli atteggiamenti — inutilmente devoti — con cui crediamo di dover comparire davanti a Dio per essere graditi ed esauditi:
«Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?» (Lc 11,11-12).
La principale «tentazione» (11,4) da affrontare nella preghiera è sempre la sfiducia nei confronti di un Dio avvertito come distratto o, addirittura, un po’ crudele nei nostri confronti. Con estrema franchezza, il Maestro ci smaschera e ci salva, dichiarando che non è Dio a essere cattivo, ma è il nostro cuore a trasformarsi in un luogo alieno e ostile alla nostra umanità, un vero e proprio «documento scritto contro di noi» (Col 2,13), incapace di attendere le cose migliori. Cattivi, infatti, lo siamo quando chiediamo briciole anziché pane, quando inseguiamo rassicurazioni nel volto di Dio anziché l’autorizzazione a diventargli simili fino in fondo:
«Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,13).
Secondo il vangelo non basta dunque essere fiduciosi, occorre diventare invadenti. La santa esuberanza spirituale suggerita dal Signore Gesù sembra essere la capacità di porsi in un rapporto con il Padre che è nei cieli come alleati e non più come servi. Questa profonda sinergia di spirito è il «carattere» indelebile che il battesimo può generare in chi entra nell’esperienza della vita nuova in Cristo:
«Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti» (Col 2,12).
Solo attraverso una rinnovata fiducia nella realtà, il labirinto dei nostri giorni può tornare a essere una strada percorribile, dove le cose — alla fine — si trovano e le porte si aprono. Solo attraverso una santa e serena «invadenza» la vita si dilata, anche quando le cose — desiderate e necessarie — sembrano assenti o difficili da reperire. Eppure, in fondo al cuore, resta una grande e irriducibile speranza: «Il Signore farà tutto per me» (salmo responsoriale).
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Quesito Buongiorno p. Angelo, ho letto sul sito tutte le risposte in merito alla cremazione e dispersione in natura. Mia madre ha chiesto entrambe le cose. Ora vorrei chiederLe se a parte una preghiera al momento della dispersione ci sono altre pie pratiche o preghiere fa fare. (anche per la dispersione si deve dare una notifica alle pubbliche autorità) Grazie. cordiali saluti. s.b. Risposta del sacerdote Carissima, 1. la Chiesa preferisce la sepoltura dei corpi, sebbene acconsenta alla loro cremazione. 2. E questo per quattro motivi menzionati dall'Istruzione Ad resurgendum cum Christo della Congregazione per la dottrina della fede, che porta la data del 15 agosto 2016. 1) “Seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne”. 2) “Intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia” 3) “Inoltre, la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti, che mediante il Battesimo sono diventati tempio dello Spirito Santo e dei quali, come di strumenti e di vasi, si è santamente servito lo Spirito per compiere tante opere buone”. 4) Infine la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana, nonché la venerazione dei martiri e dei santi". 3. In questa Istruzione viene ricordato che proprio attraverso la sepoltura dei corpi nei cimiteri, nelle chiese o nelle aree ad esse adibite, è stata tenuta desta la comunione tra i vivi e i defunti. Nello stesso tempo si è ovviato al pericolo di nascondere un evento al quale tutti dobbiamo prepararci. Ugualmente si rimedia ad un altro pericolo qual è quello di privatizzare la morte di una persona cara, dimenticando la dimensione sociale ed ecclesiale di ogni persona per la cui nascita ci si è rallegrati, con la quale si è vissuti insieme, che è stata partecipe della gioia e del dolore degli altri, della quale si è fruito del suo apporto e alla quale ci si è donati. 4. Privilegiando dunque la sepoltura o l’inumazione, tuttavia “laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi”. La cremazione è vietata solo nel caso in cui venga “scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana”. 5. Fatta la cremazione per ragioni legittime, “le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica. 6. La conservazione delle ceneri in un luogo sacro può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose. 7. Conseguentemente l’Istruzione dichiara: “Per i motivi sopra elencati, la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita”. Vi si legge inoltre: “Non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di proced
ere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione”. Questo per evitare di pensare che con la morte finisca tutto e venga troncato il rapporto con i vivi. 8. Sarebbe stato bello se l’Istruzione avesse ricordato l’importanza del sepolcro e della preziosità di essere sepolti in un luogo sacro. A questa lacuna supplisce San Tommaso ricordando l'importanza del monumento funebre, anche se la parola monumento dà l'impressione di qualcosa di grandioso, mentre è sufficiente un sepolcro, un loculo. Dice testualmente: “Tale pratica giova ai morti perché chi guarda i sepolcri ricorda i defunti e prega per loro” (Somma teologica, Supplemento, 71,11). “la sepoltura in luogo sacro giova al defunto: poiché si deve credere che il morto stesso, o un altro, nello scegliere la sepoltura del corpo in un luogo sacro affidi l'anima alla protezione e alle preghiere di qualche santo; e anche al patrocinio di quanti sono addetti a quella chiesa, in quanto pregano spesso per i morti tumulati presso di loro”. In passato i cimiteri venivano legati al nome di qualche santo, soprattutto martire. Con questo si intendeva affidare le anime dei defunti all'intercessione del santo patrono del cimitero. Oggi vi supplisce l'intercessione del santo patrono di quel territorio o di quella parrocchia. Ora disperderli per l'aria o nell'acqua del mare significa sottrarli alla speciale intercessione dei santi protettori di quel luogo sacro. Ti benedico, ti ricordo nella preghiera e ti auguro ogni bene. Padre Angelo
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PAOLO VI
ANGELUS DOMINI
Domenica, 4 luglio 1976
Fra i tanti motivi che stimolano oggi la nostra preghiera uno vi è che ne sollecita l’urgenza ed il fervore; ed è il motivo della siccità, che colpisce non solo le regioni settentrionali di questo Paese, ma inaridisce altresì in misura insolita e tremenda Nazioni intere dell’Europa del Nord, e di altre parti del mondo, con danni incalcolabili all’agricoltura e agli allevamenti, e con pericoli anche per le condizioni sanitarie ed economiche delle popolazioni. Calamità grave e che non ha altro rimedio per ora se non nella economia del consumo dell’acqua e nella più calcolata distribuzione delle risorse idriche.
Che cosa si può fare? Vi è certo chi pensa e cerca di provvedere a questo enorme malanno. E Dio benedica la saggezza di questi esperti operatori. Ma poi, noi, noi credenti nella divina Provvidenza e nella efficacia della preghiera, noi non potremo, anzi non dovremo forse fare ricorso a quel Dio, Padre nostro, che domina anche le leggi inesorabili della natura, affinché risolva in vantaggio, e presto, dell’umanità, e degli animali stessi, questa sventura meteorologica? Egli lo può; e forse attende l’umiltà e la fede d’una nostra filiale invocazione per restituire l’equilibrio alle stagioni, fecondità alla terra, fluidità ai fiumi, refrigerio alla sete dei viventi.
Preghiamo dunque oggi, e domani se ancora è necessario, affinché l’acqua desiderata riprenda a scorrere benefica e pacifica sul suolo inaridito e nell’alveo essiccato dei suoi corsi naturali e artificiali.
Oh! l’acqua, terribile, se nemica; provvida e benedetta, se amica! Si rivolga ad essa, creatura di Dio, la nostra apostrofe, con la voce di Ambrogio, cantata nell’amministrazione del battesimo: O acqua, «sii benedetta per il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, che in Cana di Galilea ti trasformò mirabilmente in vino, che camminò sulle tue onde, che in te si immerse, in te fu battezzato da Giovanni.. . acqua sorgente di vita, che Egli lasciò scaturire dal suo fianco insieme col suo sangue, per comandare infine ai suoi discepoli: andate e portate il Vangelo a tutte le genti e battezzatele. . . Sii benedetta per l’efficacia dello Spirito Santo...».
Un’evocazione liturgica, sì, dove l’elemento sensibile e materiale assurge a strumento e a simbolo di misteri spirituali; la quale evocazione, mentre accresce in noi il valore e la stima di questa meravigliosa creatura terrena, che è l’acqua buona e pura, ce ne accresce ora il desiderio e la speranza, e vi associa l’inalienabile ricordo dei nostri trascendenti destini.
Maria ci ottenga la pioggia dell’acqua e della grazia; preghiamo.
UNA PREGHIERA PER LA PIOGGIA
Dio, nostro Padre, Signore del cielo e della terra (Matth. 11, 25),
tu sei per noi esistenza, energia e vita (Act. 17, 28).
Tu hai creato l’uomo a tua immagine (Gen. 1. 27-28)
perché con il suo lavoro faccia fruttificare
le ricchezze della terra
collaborando così alla tua creazione.
Siamo consapevoli della nostra miseria e debolezza:
nulla possiamo senza di te (Cfr. Io. 15).
Tu, Padre buono, che su tutti fai brillare il tuo sole (Matth. 5, 45)
e cadere la pioggia,
abbi compassione di quanti soffrono duramente
per la siccità che ci ha colpito in questo giorni.
Ascolta con bontà le preghiere a te rivolte
fiduciosamente dalla tua Chiesa (Luc. 4, 25),
come esaudisti le suppliche del profeta Elia (1 Reg. 17, 1),
che intercedeva in favore del tuo popolo (Iac. 5, 17-18).
Fa’ scendere dal cielo sopra la terra arida
la pioggia sospirata,
perché rinascano i frutti (Ibid. 5, 18)
e siano salvi uomini e animali (Ps. 35, 7).
Che la pioggia sia per noi il segno
della tua grazia e benedizione:
così, riconfortati dalla tua misericordia (Cfr. Is. 55, 10-11),
ti renderemo grazie per ogni dono della terra e del cielo,
con cui il tuo Spirito soddisfa la nostra sete (Io. 7, 38-39).
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, che ci ha rivelato il tuo amore,
sorgente d’acqua viva zampillante per la vita eterna (Ibid. 4, 14).
Amen.
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DOMENICA 09 GENNAIO 2022 - ♦️ BATTESIMO DI GESÙ ♦️ Il battesimo di Gesù nel cristianesimo si riferisce al battesimo ricevuto da Gesù da parte di Giovanni Battista, così come narrato nel Vangelo secondo Marco (1,9-11), nel Vangelo secondo Matteo (3,13-17) e nel Vangelo secondo Luca (3,21-22). Il battesimo di Gesù da parte di Giovanni Battista è narrato nei vangeli sinottici, mentre il Vangelo secondo Giovanni presenta la testimonianza da parte di Giovanni Battista della discesa dello Spirito Santo su Gesù, ma non parla del suo battesimo. L'episodio si colloca nell'ambito dell'attività di Giovanni Battista, che battezza il popolo nelle acque del Giordano. Nel Vangelo secondo Marco Gesù si reca da Nazaret (in Galilea) sulle rive del Giordano, dove viene battezzato da Giovanni Battista. Uscendo dall'acqua, vede i cieli aprirsi e lo Spirito scendere su di lui sotto forma di colomba, mentre si ode una "voce dal cielo" che dice «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Anche nel Vangelo secondo Matteo Gesù va dalla Galilea alle rive del Giordano per farsi battezzare da Giovanni; in questo vangelo, però, si narra anche di come Giovanni Battista cerchi di impedirglielo dicendogli «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?», ma Gesù lo convince rispondendogli «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Come in Marco, anche in Matteo Gesù, uscendo dalle acque, vede il cielo aprirsi e discendere lo Spirito di Dio sotto forma di colomba, mentre una voce dal cielo afferma «Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». Nel Vangelo secondo Luca "tutto il popolo" è battezzato e anche Gesù si fa battezzare; mentre è raccolto in preghiera, il cielo si apre e scende su di lui lo Spirito sotto forma di colomba, mentre si ode una voce celeste che dice «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Nel Vangelo secondo Giovanni non si parla, invece, di battesimo, ma solo di discesa dello Spirito sotto forma di colomba. Giovanni Battista rende infatti testimonianza dicendo che colui il quale lo aveva mandato a battezzare con acqua lo aveva avvisato che colui sul quale avrebbe visto sc (presso Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia) https://www.instagram.com/p/CYgTcnvMf-7/?utm_medium=tumblr
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