#Carlo d’Angiò
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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La battaglia di Colle
La battaglia di Tagliacozzo del 1268 vide Carlo d’Angiò correre in difesa del pontefice Clemente IV, contro il nipote di Federico II Corradino, che era alla guida dei ghibellini. Nonostante venisse proclamata a Roma la vittoria dei guelfi, i ghibellini sconfitti continuarono a perseguitare i loro rivali inseguendoli fino a Lucca, dove presero possesso del castello di Ulignano presso San Gimignano. I comuni circostanti con Colle Val d’Elsa e San Gimignano in testa, decisero allora di attaccare il castello sconfiggendolo e inseguendo i fuggitivi che si stavano dirigendo a Pisa, a Poggibonsi e a Siena.
Nel 1269 il capitano Provenzano Salvani (il nipote odiato di Sapìa) e il podestà conte Guido Novello uscirono da Siena con un esercito di 1.400 cavalieri e 8.000 fanti formato da senesi, pisani, tedeschi, spagnoli, fuoriusciti fiorentini e altri toscani, per accamparsi nei pressi dell’Abbazia di Spugna. I Colligiani che non si aspettavano un assedio, si rinchiusero a Colle Alta mandando dei messaggeri a Firenze per chiederne l’aiuto. Il giorno successivo giunsero le truppe francesi del maresciallo Jean Britaud (conosciuto come Giambertoldo), vicario di Carlo d’Angiò insieme ad un altro contingente di 400 fiorentini, che però non giunse in tempo per partecipare alla battaglia. Il maresciallo schierò durante la notte i francesi sulle mura di Colle Alta riuscendo a conquistare il castello ghibellino. La mattina seguente i ghibellini atterriti sentirono avvicinarsi le truppe inviate da Firenze. Queste in realtà erano ancora a Barberino, ma le loro trombe suonarono talmente forte e gli uomini gridarono così tanto a squarciagola, da far credere ai ghibellini che le truppe fossero ormai vicine e assai numerose. I ghibellini allora intimoriti si ritirarono verso San Marziale, sulla collina di Poggio ai Berci.
Il maresciallo Britaud diede allora ordine alle milizie colligiane di aggirare la collina e di rimanere nascoste fino al momento in cui fossero giunti i rinforzi fiorentini. Durante l’ avanzata il maresciallo fece abbattere il ponte di S. Marziale per impedire un eventuale ritirata dei suoi e costringerli così ad impegnarsi a fondo nella lotta. Contemporaneamente questo espediente avrebbe impedito anche l’auspicata fuga dei senesi. Arrivato in vista dei ghibellini, Britaud diede inizio alla battaglia, intanto i colligiani sbucavano alle spalle dei senesi gridando e brandendo le armi per far credere che truppe numerose fossero in procinto di attaccare. Davanti a questa preoccupante situazione il capitano Salvani minacciò, promise compensi, gridò, ordinò, incoraggiò, ma i soldati ghibellini intimoriti combatterono con poco impeto e slancio, dapprima ritirandosi, poi dandosi alla fuga, inseguiti e poi uccisi dai guelfi. Il Salvani, che non voleva tornare da sconfitto a Siena, si gettò nella mischia venendo ucciso da Regolino Tolomei, un suo nemico giurato. Il Britaud, con soli 800 cavalieri e circa 300 fanti aveva sconfitto con l’astuzia un esercito di ben 9.400 uomini.
Riccardo Massaro Read the full article
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Celestino V e la sua rinuncia storica al Papato
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un concistoro, diede lettura della rinuncia all’ufficio di romano pontefice il cui testo originale, andato perduto, ci è giunto attraverso l’analoga bolla di Bonifacio VIII. Il resto è storia… si dice, anche a confronto di quanto…
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Annibaldo de Ceccano alle terme
di Vincenzo Angeletti Latini, architetto Un interessante documento è custodito nell’Archivio di Stato di Napoli, si tratta di un manoscritto su pergamena, facente parte dell’Archivio Angioino. Un atto del Re Carlo I d’Angiò, redatto nel 1273, e identificato con Registro 1272 B fol. 170 n. 14 nell’Archivio di Stato di Napoli. Un passaporto per recarsi nel Regno di Napoli concesso alla nobil donna…
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Life for Gaza a Napoli
Sono state centinaia le richieste di biglietti extra ricevute per partecipare al concerto pacifista Life for Gaza, in programma domani 25 febbraio al Palapartenope di Napoli ma non vi è assolutamente modo di aggiungere tagliandi al sold out registrato al botteghino con diversi giorni di anticipo. Eugenio Bennato Tuttavia coloro che hanno mostrato solidarietà e compassione con il popolo palestinese, in questa fase di genocidio subito da Israele, possono ugualmente esprimere la propria vicinanza aderendo alla campagna di donazioni ancora attiva sulla piattaforma web Produzioni dal Basso o visitando il sito internet www.pergaza.it. Sarà anche possibile donare 1 euro mangiando una pizza Stop War alla pizzeria Pizza Social Lab adiacente al Palapartenope. La somma andrà a Medici Senza Frontiere. I cancelli di ingresso apriranno alle 18 e a partire dalle 18.50 comincerà quello che è annunciato come un concerto/evento per la pace, promosso dalla Comunità Palestinese Campania e da Assopace Palestina per sensibilizzare l’opinione pubblica, sostenere la causa del popolo palestinese e raccogliere fondi da destinare a Medici Senza Frontiere e Palestinian Medical Relief che operano nei territori occupati dalle azioni di guerra. Nel cast multiplo figurano musicisti, cantanti, attrici, scrittori, fotoreporter, illustratori. Fiorella Mannoia Tra questi, Laura Morante, Enzo Gragnaniello, Osanna, Fiorella Mannoia, Franco Ricciardi, Eugenio Bennato, La Maschera, 99 Posse, Daniele Sepe con Capitan Capitone e i Fratelli della Costa, Elisabetta Serio, Francesco Forni, Dario Sansone, E Zézi, Sandro Joyeux, Ciccio Merolla, Valerio Jovine, Giovanni Block, Massimo Ferrante, Capone & BungtBangt, Lino Cannavacciuolo, Suonno D’ajere, Ars Nova, Carlo Faiello, Marzouk Mejri, Pietro Santangelo Quartet, Nicola Caso, Anastasio, Helen Tesfazghi & Afroblue, Alorem, Frente Murgero Campano, Vauro, Mimmo Lucano, Ascanio Celestini, Valeria Parrella, Alessandro Rak, Rosaria De Cicco, Eduardo Castaldo, Antonio Biasiucci. Condurranno la serata l’attrice Dalal Suleiman e la speaker radiofonica Sara Lotta. Aderiscono anche Moni Ovadia, Sabina Guzzanti, Piero Pelù, Ferzan Özpetek, PeppOh, Marisa Laurito, Saverio Costanzo, Alessandro Bergonzoni, Antonella Stefanucci, Kabìla, Alan De Luca, Lino D’Angiò, Fiorenza Calogero, Claudia Megrè, Fede Torre, La Terza Classe, Il Parto delle Nuvole Pesanti, Annibale, Maurizio Braucci e Falastin Hurra - Collettiva di fumettisti e illustratori italiani e internazionali per la Palestina libera. Laura Morante Ancora: Pagine Esteri, Cultura e libertà per la Palestina, Femminile Palestinese, Memoria in movimento, Santari per Gaza-Napoli, Donna in Nero Napoli, Donne per la pace Napoli, Free Assange Napoli, Rete studentesca per la Palestina. Con il supporto di Time 4 Stream, Pibiesse, Radio zar zak, Pizza Social Lab e Kosmopolis. Read the full article
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La battaglia di Colle val d’Elsa
La resa di Colle val d’Elsa Il 17 giugno 1269 le truppe dei guelfi di Firenze al comando di Jean Britaud de’ Nangis, legato di Carlo d’Angiò e giunto in aiuto con un contingente di cavalieri, e quelle dei ghibellini di Siena capitanati da Provenzan Salvani e dal podestà Guido Novello si scontrarono in una cruenta battaglia nella pianura in prossimità di Colle val d’Elsa.La Valdelsa, regione…
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Torna la festa della "Vidua Vidue": presentati gli eventi in programma sabato 21 ottobre
Torna la festa della "Vidua Vidue": presentati gli eventi in programma sabato 21 ottobre. Bari, sono state presentate questa mattina, a Palazzo di Città, le iniziative in programma sabato 21 ottobre in occasione della festa della “Vidua Vidue”, promossa dall’associazione dei Cavalieri di San Nicola. Istituita nell’anno 1003 d.C. per celebrare la liberazione di Bari dall’assedio saraceno, iniziato il 2 maggio del 1002 e terminato il 18 ottobre dello stesso anno grazie all’intervento di una flotta veneziana, la festa della “Vidua Vidue” si è celebrata per secoli, sino alla metà del ‘900 e poi, ancora, nel 2014 e 2015. A illustrare gli appuntamenti, che vedranno la partecipazione di una delegazione della città di Venezia, legata al capoluogo pugliese nel nome di San Nicola, il presidente dei Cavalieri di San Nicola Giuseppe Massimo Goffredo insieme a Marina Faraguna, presidente dell’associazione “Insieme per San Nicola - Venezia”, e a Marcella Taurino, direttrice dell’ensemble di musiche e danze antiche “La Chirintana”, alla presenza dell’assessora alle Culture Ines Pierucci. Ha moderato l’incontro il giornalista Enrico Tedeschi. ���Sono lieta di presentare oggi questa bella iniziativa - ha detto Ines Pierucci - perché ci offre un racconto del passato della città che rappresenta la nostra identità culturale. Si tratta di un evento storico lontano, che non tutti i baresi conoscono: un tempo che vide Bari invasa dai saraceni e poi liberata dai veneziani. A lungo si è parlato di una contesa tra le due città per le reliquie di San Nicola, ma in realtà, grazie alla condivisione di culture e saperi consolidatisi nel tempo, oggi possiamo parlare di due comunità gemellate. E proprio attraverso questa storia comune trasmettiamo il messaggio di pace rappresentato dalla Vidua Vidue, il grido dei baresi che così salutarono l’arrivo dei liberatori venuti dal mare, come dal mare era arrivato San Nicola. Nel corso del tempo altri popoli con il loro bagaglio di culture, conoscenze e tradizioni sono giunte in città via mare, e Bari le ha sempre accolte, perché qui nessuno è straniero. L’amministrazione ringrazia i Cavalieri di San Nicola per aver organizzato un evento dal significato culturale, storico e divulgativo che contribuisce a preservare una tradizione e una memoria ancora vive nella nostra comunità”. “L’associazione I Cavalieri di San Nicola è una riedizione dell’antica istituzione cavalleresca de “L’Ordine della Nave e i Cavalieri di San Nicola”, fondata a Napoli nel 1381 durante il periodo angioino da Re Carlo III d’Angiò Durazzo - ha spiegato Giuseppe Massimo Goffredo -. Il sovrano, spinto da una forte devozione, pose l’Ordine sotto la protezione del Santo Patrono di Bari. Oggi i Cavalieri di San Nicola è un’associazione culturale con finalità religiose, il cui obiettivo è quello di riportare alla luce gli eventi storici che hanno interessato il Meridione. Abbiamo collaborato con Venezia realizzando la “Traslatio Sancti Nicolai” e organizzato vari convegni su San Nicola. Per la città di Bari abbiamo pensato alla storia della Vidua Vidue. Quest’anno riproponiamo la festa che si svolgerà sabato in due momenti distinti. Nella mattinata ci sarà una passeggiata per il borgo antico che partendo dalla cattedrale di Bari si fermerà sulla balconata del Fortino di Sant’Antonio, da cui assisteremo all’arrivo delle barche che rievocheranno l’arrivo del Doge Pietro Orseolo II. Finiremo con una danza festosa che coinvolgerà il pubblico. Nel pomeriggio, presso il Museo Civico, si terrà un convegno sulla Storia della Liberazione di Bari nell’anno 1002”. “Come amministratrice e devota a San Nicola - ha spiegato Marina Faraguna - ho aderito con entusiasmo a questo progetto, anche perché abbiamo compreso come il vero protagonista di questo momento di condivisione tra comunità sia il mare. Il mare, infatti, non ha limiti e proprio per questa sua caratteristica può annullare tutti i confini. Venezia è città di pace, come dimostra la peregrinatio delle reliquie di San Nicola che lo scorso anno partì dalle Bocche di porto di San Nicolò, una benedizione che, muovendo dalla laguna, esce in mare aperto verso i confini del mondo”. Questo il programma della festività della Vidua Vidue del 21 ottobre: · ore 9.30 - Nicola Pignataro e la contessa Matilde Aurora Tanzi di Blevio guidano una passeggiata tra i vicoli del borgo antico, alla scoperta delle bellezze della Città Vecchia. Incontro presso la piazza antistante la Cattedrale di Bari. · ore 12 - Tre colpi di grancassa annunciano l’arrivo dei veneziani guidati dal Doge Orseolo II su imbarcazioni del Circolo della Vela e, al grido di “vidua vidue…vid…vid”, inizia la farandola dei ballerini che coinvolgono il pubblico concludendo in festa. · ore 17.30 - al Museo Civico di Bari convegno storico “La vidua vidue” a ingresso libero “Storia della Liberazione di Bari nell’anno 1002”. Dopo i saluti istituzionali sono previsti gli interventi di James Rosenthal, presidente della St. Nicholas Society UK, e di Alfredo Castelli, editorialista Bonelli ed esperto di storia nicolaiana. Seguiranno le relazioni di Enzo Varricchio - La “Vidua Vidue” la liberazione di Bari nell’anno 1002, Luigi Antonio Fino - Dieci secoli di amicizia tra Venezia e Bari, Francesco Ciriolo - Rapporti commerciali tra le due città adriatiche, e di Marina Faraguna - Dalla parte dei veneziani.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Celle di San Vito, festa grande per l’inaugurazione della statua di Carlo I d’Angiò. Presente anche Realtà Sannita e Reportages
Un piccolo paese dal grande cuore e dalle salde radici. Celle di San Vito, 140 abitanti, in provincia di Foggia, è il più piccolo comune della Puglia. Graziosissimo e sempre ben tenuto dai suoi abitanti, svetta trai monti con il suo elegante profilo, nel quale sono immediatamente riconoscibili la Porta dei Provenzali e la bellissima chiesa di Santa Caterina. Entrandovi e percorrendo le sue…
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Jacques-Louis David - Parigi - Malmaison - Napoleone valica il Gran San Bernardo - 1803
Napoleone ha costituito uno spartiacque nella storia d’Italia: la generazione cresciuta sotto il suo dominio ha sviluppato ideali che hanno portato al Risorgimento.
La storia della letteratura italiana, ai cui albori vi è la volgarizzazione del latino soprattutto in chiave goliardica e l’influenza di altre culture (Chretien de Troyes e i minnesanger cortesi) può essere descritta secondo le seguenti tappe.
1059 - Il normanno Roberto il Guiscardo riceve dal Papa il potere sull’Italia meridionale
1077 - Gregorio VII accoglie a Canossa Enrico IV all’apice della lotta per le investiture
1095 - Urbano II lancia la prima crociata, atto di forza politica dopo aver prevalso sull’Impero nella lotta per le investiture.
1168 - Fondazione di Alessandria
1176 - Federico Barbarossa sconfitto a Legnano dai Comuni della Lega Lombarda. Da quel momento l’Italia del Nord, in assenza di sovrani, è territorio dei Comuni.
1189 - Terza crociata con Filippo Augusto di Francia, Enrico I d’Inghilterra e Federico Barbarossa
1202 - Nella quarta crociata, Zara viene assediata a vantaggio di Venezia
1220 - Nipote del Barbarossa e figlio dell’ultima esponente dei Normanni di Sicilia, Costanza d’Altavilla, Federico II è eletto imperatore. Si sviluppa la scuola siciliana (Cielo d’Alcamo, Giacomo da Lentini) in un ambiente di confluenza fra la cultura araba filosofica e scientifica e quella normanna e cavalleresca: l’amor cortese è ideale, non reale.
1224 - Cantico della Creature (San Francesco)
1260 - Nella battaglia di Montaperti, i ghibellini prevalgono sui guelfi a Firenze, ma Farinata degli Uberti impedisce la distribuzione della città.
1266 - Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX, sconfigge Manfredi a Benevento. Gli Angioini dominano l’Italia meridionale.
1277 - dopo la battaglia di Desio, i Visconti a capo del Comune di Milano
1282 - I siciliani, dopo il trasferimento della capitale da Palermo a Napoli, insorgono nei Vespri.
1284 - Pisa è sconfitta da Genova nella battaglia della Meloria
1289 - Con la battaglia di Campaldino sono i guelfi a prevalere a Firenze
1301 - Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, favorendo i Neri, entra a Firenze. Dopo aver mandato in esilio l’amico Guido Cavalcanti e il cognato Corso Donati, Dante è esiliato a sua volta mentre è a Roma in una ambasceria con Bonifacio VIII. A Firenze domina l’amor gentile (“Tanto gentile e tanto onesta pare”).
1306 - 1321 Divina Commedia
~ Tu sei il mio maestro e il mio autore
~ l’amico mio e non de la ventura
~ nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria
~ divenir del mondo esperto de li vizi umani e del valore
~ loco d’ogni luce muto
~ la gente nova e i subiti guadagni
~ Libertà va cercando ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta
~ State contenti, umana gente, al quia; ché se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria
~ facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sè non giova, ma dopo sè fa le persone dotte
~ Credete Cimabue nella pittura, tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura
~ Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale
~ I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando
~ O voi ch’avete li ’ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ’l velame de li versi strani
1338 - Il Canzoniere (Petrarca), opera che non presenta più l’anelito mistico medioevale della Commedia, ma proprio per questo risulta connotata da una malinconia che segna la fine di un’epoca. L’amore di Petrarca è platonico, incapace di esprimere la vita vera eppure è più partecipato della lezione stilnovista.
~ E veggio ’l meglio, et al peggior m’appiglio
~ Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
Solo et pensoso
Solo et pensoso i piú deserti campi / vo mesurando a passi tardi et lenti, / et gli occhi porto per fuggire intenti / ove vestigio human / l’arena stampi. / Altro schermo non trovo che mi scampi / dal manifesto accorger de le genti, / perché negli atti d’alegrezza spenti / di fuor si legge com’io dentro avampi: / sì ch’io mi credo omai che monti et piagge / et fiumi et selve sappian di che tempre / sia la mia vita, ch’è celata altrui. / Ma pur sí aspre vie né sí selvagge / cercar non so ch’Amor non venga sempre / ragionando con meco, et io co’llui.
1349 - 1351 Decameron (Boccaccio), eredità dell'enciclopedismo classico (Ovidio) e medioevale (Novellino), testimonianza della Peste nera, ma anche espressione di un mondo nuovo, lontano dagli ideali cavallereschi e dal misticismo medioevale, capace di aprirsi alla società comunale e borghese del tempo. Personaggi delle novelle sono: il mercante abbindolato Andreuccio da Perugio, l’innamorato Federigo degli Alberighi, Nastagio degli Onesti e il suo amore tossico, il venditore di reliquie Frate Cipolla, ….
1378 - tumulto dei Ciompi
1381 - Venezia e Genova si scontrano nella battaglia di Chioggia
1434 - Con il rientro dall’esilio a Venezia, Cosimo il Vecchio estende il potere dei Medici a Firenze. Per contrastare i dissidi fra le fazioni comunali, emergono le Signorie.
1454 - Con la Pace di Lodi, la Milano di Francesco Sforza, Venezia e la Firenze di Cosimo il Vecchio creano le condizioni per lo sviluppo del Rinascimento.
1478 - Congiura dei Pazzi
1483 - Orlando innamorato (Boiardo)
1490 - “Chi vuol essere lieto, sia. Del doman non c’è certezza” (Lorenzo de’ Medici). Le rime di Lorenzo, l’erudizione di Poliziano, la concretezza di Leon Battista Alberti rappresentano l’apice dell’Umanesimo prima che le vicende politiche ne decretino la fine.
1494 - Calata di Carlo VIII poi sconfitto a Fornovo, chiamato da Ludovico il Moro. I francesi, finita la Guerra dei Cent’anni, si rivolgono ad un’Italia ricca e divisa.
1498 - Morte di Savonarola
1513 - Il principe (Machiavelli, tanto homini nullum par elogium) in cui sono affrontate, senza vincoli morali, le virtù - quelle del leone e della volpe - che possono condurre alla nascita dello Stato. Ciò che stava avvenendo presso gli altri Paesi europei e non accadrà in Italia.
"Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro".
1516 - Orlando furioso (Ariosto). È il poema dell’immaginazione, dell’ironia, della fantasia: dipinge un mondo cavalleresco consapevole della sua fine, ma senza lo scherno di Cervantes che scriverà cento anni dopo, nel mondo successivo a Lepanto e alla scoperta dell'America. Senza valori cortesi o cristiani, con la perdita della ragione di Orlando sentenzia in metafora la fine del Rinascimento.
“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto”
1518 - Mandragola (Machiavelli)
1525 - Prose de la volgar lingua (Bembo)
1526 - Sonetti lussuriosi (Aretino)
1528 - Il cortegiano (Castiglione)
1530 Carlo V e Clemente VII (Giulio de’ Medici) ripristinano il potere dei Medici a Firenze. Ricordi (Guicciardini).
1552 - Baldus (Teofilo Folengo)
1555 - Galateo (Della Casa)
1559 - Pace di Cateau - Cambresis: Milano e Napoli sotto la dominazione spagnola
1563 - Emanuele Filiberto trasferisce la capitale del Ducato a Torino
1581 - Gerusalemme liberata (Tasso), effetto della battaglia di Lepanto (1571)
1589 - Della ragion di Stato (Botero)
1623 - Adone (Marino)
1647 - Rivolta popolare di Masaniello
1706 - A seguito della guerra di successione spagnola, Milano passa all’Austria
1737 - Si estingue la dinastia dei Medici: Firenze entra nell’orbita dell’Austria
1751 - La locandiera (Goldoni), donna borghese che intende sedurre i suoi nobili ospiti, è l’opera più famosa di un autore che supera lo schematismo della commedia dell’arte e inscena personaggi borghesi con un intreccio e un canovaccio preciso.
1763
Il giorno (Parini)
Storia dell’arte nell’antichità (Winkelmann)
1764 - Dei delitti e delle pene (Beccaria)
1798 - Le ultime lettere di Jacopo Ortis (Foscolo) da cui traspare la delusione per il Trattato di Campoformio
1803 - Alla sera (Foscolo)
Forse perché della fatal quïete / tu sei l'immago, a me sì cara vieni, / o Sera! E quando ti corteggian liete / le nubi estive e i zeffiri sereni, / e quando dal nevoso aere inquïete / tenebre e lunghe all'universo meni / sempre scendi invocata, e le secrete / vie del mio cor soavemente tieni / Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme / che vanno al nulla eterno; e intanto fugge / questo reo tempo, e van con lui le torme / delle cure onde meco egli si strugge; / e mentre io guardo la tua pace, dorme / quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
1806 - Vita (Alfieri)
1807 - Sepolcri (Foscolo)
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno / della morte men duro? / Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi / egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti
1816 - Con la pubblicazione dell'articolo "Sulla maniera e sull'utilità delle traduzioni" di Madame De Stael, in Italia si innesca il dibattito fra classico e romantico. Il romanticismo, reazione al regime neoclassicista francese, assegna all'arte (Schelling) la facoltà creatrice per eccellenza ponendo al centro la natura, il popolo, la Nazione, il Medioevo.
1821 - Ei fu (Manzoni)
Ei fu. Siccome immobile, / dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro, / così percossa, attonita / la terra al nunzio sta, / muta pensando all’ultima / ora dell’uom fatale; / né sa quando una simile / orma di piè mortale / la sua cruenta polvere / a calpestar verrà. / Dall’Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno; / scoppiò da Scilla al Tanai, / dall’uno all’altro mar. / Fu vera gloria? Ai posteri / l’ardua / sentenza / Ei si nomò: due secoli, / l’un contro l’altro armato, / sommessi a lui si volsero, / come aspettando il fato; / ei fe' silenzio, ed arbitro / s’assise in mezzo a lor.
1828 - Sonetti (Belli)
1831 - Canti (Leopardi)
"Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta" (Nelle nozze della sorella Paolina)
1832 - Le mie prigioni (Pellico)
1842
I promessi sposi (Manzoni)
~ Pensino ora i miei venticinque lettori
~ Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi
~ Che vuol ch’io faccia del suo latinorum
~ Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire
~ All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle
~ Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
~ E Dio non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande
~ La sventurata rispose
~ Comanda chi può e ubbidisce chi vuole
~ Il coraggio, uno non se lo può dare
~ Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune
1848 - Cinque giornate di Milano e prima guerra di indipendenza
1849 - il generale Oudinot e Luigi Napoleone (poi Napoleone III) costringono alla resa la Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi
1859 - Seconda guerra di indipendenza ed armistizio di Villafranca
1861 - Proclamazione del Regno d’Italia
1866 - Terza guerra di indipendenza e annessione del Veneto
1870 - Sconfitta francese di Sedan e conquista di Roma capitale d’Italia
1877 - Odi barbare (Carducci)
San Martino
La nebbia a gl’irti colli / piovigginando sale, / e sotto il maestrale / urla e biancheggia il mar; / ma per le vie del borgo / dal ribollir de’ tini / va l’aspro odor de i vini / l’anime a rallegrar. / Gira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando: / sta il cacciator fischiando / sull’uscio a rimirar / tra le rossastre nubi / stormi d’uccelli neri, / com’esuli pensieri, / nel vespero migrar.
Pianto antico
L’albero a cui tendevi / la pargoletta mano, / il verde melograno / da’ bei vermigli fior, / nel muto orto solingo / rinverdì tutto or ora, / e giugno lo ristora / di luce e di calor. / Tu fior de la mia pianta / percossa e inaridita, / tu de l’inutil vita / estremo unico fior, / sei ne la terra fredda, / sei ne la terra negra / né il sol più ti rallegra / né ti risveglia amor.
1881 - I Malavoglia (Verga)
1896 - X Agosto (Pascoli)
San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla / arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. / Ritornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra i spini; ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. / Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; / e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. / Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; / e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono. / Ora là nella casa romita, / lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita / le bambole al cielo lontano. / E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, / oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!
1889 - Il piacere (D’Annunzio)
1902 - La pioggia nel pineto (D’Annunzio)
1908 - L’umorismo (Pirandello)
1916 - Il porto sepolto (Ungaretti)
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Famiglia Sapiti prima parte
Notai fiorentini famosi in Inghilterra Antica famiglia fiorentina originaria del paese dell’Ancisa (anticamente chiamato anche Lancisa), oggi si chiama Incisa Val d’Arno Superiore, dal 2014, si è fuso con il vicino paese di Figline Val d’Arno, assumendo il nome di Figline e Incisa Val d’Arno. I componenti della famiglia giunsero a Firenze nel tredicesimo secolo con Andrea di Ser Philippi Sapiti Notaro Procuratore “de civitate “del Sesto di Oltrarno, riuscì ad emergere e a diventare importante dando lustro alla famiglia, risulta iscritto nella matricola dei Giudici e Notai nel 1291. Tra il 15 febbraio 1292 e il febbraio 1294, è annoverato fra i Notai della Repubblica di Firenze. Nello stesso periodo è addetto come ufficiale alle costruzioni, ancora risulta come Notaio dei Priori 1292/1298 e membro dei consigli. Fra l’11 giugno e il 10 settembre 1298, è Notaio di San Giacomo d’Oltrarno, rogato in due atti da un altro Notaio d’Oltrarno Biagio Boccadibue componente di una famiglia di Notai legati ai Mercanti Bardi. Grazie alla frequentazione della società mercantile dei Bardi, aventi affari con la Curia, riuscì a farsi accettare alla corte del Papa Benedetto XI, ricevette il titolo di “tabellione” nel gennaio 1304, e in seguito Notaio apostolico. Presta anche la sua opera ai mercanti fiorentini. Nel marzo 1304 durante la sua permanenza a Roma, dai mercanti Cerchi riceve l’incarico di rogare alcune carte. In esse Andrea aggiunge ai titoli di Notaio apostolico e imperiale, quello di Notaio del “praefectus alme urbis”(prefetto di Roma). Inizia a collaborare con Giovanni Frescobaldi, canonico di Salisbury – Inghilterra, della omonima compagnia fiorentina, per i Peruzzi e i loro affari con la camera apostolica e con Carlo II d’Angiò. Queste frequentazioni e la rappresentanza della famiglia Frescobaldi, gli servirono per sé stesso e la sua famiglia di farsi conoscere in Inghilterra.
I contatti con la compagnia mercantile dei Frescobaldi prima fra le compagnie presenti, favorirono l’ingresso di Andrea e della sua famiglia in Inghilterra. I suoi fratelli, Francesco e Ranuccio sono annoverati fra i fattori della società i Inghilterra dal 1306. Andrea è presente in Inghilterra come funzionario del Vescovo di Worcester, pagato per i suoi servizi 100 sterline annue. Dal 1309 sempre Andrea si trova nel priorato cluniacense di Payenne diocesi di Losanna, come procuratore “ad impetrandum”. Nel tredicesimo secolo i procuratori erano Notai, lavoravano come liberi professionisti presso la Curia. Venivano assunti di volta in volta, dovevano seguire un percorso obbligatorio burocratico, fino a raggiungere la giusta pratica per compilare dei documenti, dalla petizione fino alla spedizione della supplica. Il procuratore veniva impiegato all’ufficio delle suppliche con la procura del “petente” (colui che chiede con una petizione ad una autorità, un procuratorium, con il quale di volta in volta doveva rappresentare il cliente davanti alla Curia. Latinismo raro usato nel linguaggio burocratichese, al posto di richiedente o postulante. In queste suppliche a partire dalla fine del tredicesimo secolo, si può sapere chi è il compilatore, rintracciando il “signum procurationis” posto sul verso della pergamena, dove è scritto il nome o la sigla del procuratore responsabile del negozio in questione. I Sapiti si salvarono dal fallimento della compagnia dei Frescobaldi fra gli anni 1310 – 1312 con il bando dei componenti la compagnia dall’isola. Dall’inchiesta sui mercanti fiorentini, ordinata dal re Eduardo I, Ranuccio Sapiti suo procuratore, ne uscì pulito riuscendo a farsi assegnare un lasciapassare per sé, altri soci e fattori della Compagnia per rientrare in Firenze. Anni dopo mentre la Compagnia cercava di riorganizzarsi ad Avignone entrò in gioco Andrea, che figurava fra i clienti dei mercanti fiorentini, con i quali intratteneva rapporti di lavoro, rogando atti e lettere di credito e riscuotendo per loro i debiti. Una nuova indagine sul fallimento dei Frescobaldi, ordinata da re Eduardo II non trovò alcuna compromissione della famiglia Sapiti con la Compagnia Frescobaldi. Nel periodo 1322 – 23, Ranuccio venne nominato rappresentante di Andrea in Inghilterra e Irlanda. Dal 1311 contrariamente agli altri mercanti fiorentini costretti a lasciare l’isola, lavorò esclusivamente per gli inglesi e gli irlandesi. I suoi committenti erano i rappresentanti più in vista della Curia e della corona inglese: l’Arcivescovo Rolando di Armagh, l’Arcivescovo di Canterbury Walter Reynolds (già cliente prima della traslazione da Worcester), i Vescovi Giovanni di Winchester, Tommaso di Hereford, Lodovico di Beaumomt Vescovo di Durham, Rodolfo di Down, Riccardo Kildare, Enrico di Lincoln, baroni e funzionari del re: Bartolomeo Burghersli, Nicola di Cantalupe, Guglielmo di Montagu, e il re Eduardo II d’Inghilterra e suo figlio Eduardo III.
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Custodi di arte e fede: Complesso di Santa Chiara a Napoli
Uno dei monumenti più noti ed amati di Napoli… La costruzione del Complesso di Santa Chiara ebbe inizio nel 1310, per volontà del re Roberto d’Angiò e della sua seconda moglie Sancia di Maiorca, sotto la direzione di Gagliardo Primario prima, e Lionardo di Vito poi. Nel 1340 la chiesa fu aperta al culto, con due conventi contigui ma separati, uno femminile, destinato ad accogliere le clarisse, e l’altro maschile, per i frati minori francescani. La chiesa si presenta oggi nelle sue forme gotiche provenzali, con una facciata a larga cuspide, nella quale è incastonato l’antico rosone traforato, con il pronao dagli archi a sesto acuto, dove al centro campeggia la tomba di Roberto d’Angiò realizzata dai fratelli Bertini, mentre le due tombe sul lato destro, destinate ad accogliere le spoglie di Carlo di Calabria e Maria di Valois, si devono al grande maestro Tino di Camaino. Nel 1742 la chiesa subì delle modifiche per opera di Domenico Antonio Vaccaro, che diede al complesso un aspetto barocco. Il 4 agosto del 1943 la chiesa venne del tutto distrutta da un bombardamento aereo, ma fu ricostruita e restaurata sotto la direzione di Mario Zampino. Alle spalle dell’altare maggiore è situato il Coro delle clarisse, ambiente dal quale le monache partecipavano alle funzioni religiose, composto da tre navate, due delle quali coperte da volte a crociera. Il Chiostro Maiolicato del monastero ha subito nel corso dei secoli varie trasformazioni, ma la struttura trecentesca, è rimasta invariata, mentre il giardino è stato completamente modificato. Le decorazioni delle maioliche si devono agli artigiani Donato e Giuseppe Massa, che hanno armonizzato la policromia del Chiostro con gli elementi architettonici e naturali circostanti. Al termine di due dei bracci del Chiostro si nota l’ingresso al Museo dell’Opera. Suddiviso in quattro sale, il museo restituisce una parte di storia napoletana, dall’antichità al XX secolo, e conserva alcuni tesori del monastero scampati al bombardamento del 1943. L’itinerario prosegue nell’Area Archeologica, con resti di uno stabilimento termale romano scoperto nel dopoguerra, che apparteneva a una villa patrizia, oggi la testimonianza più completa a noi pervenuta delle antiche thermae di Neapolis, di struttura simile a quelle di Pompei e di Ercolano. L’edificio era composto da due livelli, uno ipogeico, l’altro costituito dagli ambienti termali veri e propri, dove sono visibili il frigidarium, la cisterna, lo spogliatoio, il laconicum e la natatio. All’uscita del Chiostro, si accede alla sala dove è conservato un presepe con pastori del Settecento e dell’Ottocento, con personaggi e scene della vita quotidiana dell’epoca, riprodotti con minuziosa cura, fino nell’utilizzo della stoffa di uso comune. Inoltre, nel rispetto della tradizione napoletana, la scena si allarga, fino a raffigurare uno spaccato tipico di quella Napoli, dove i personaggi sacri sono invece rappresentati secondo i canoni della tradizione figurativa cristiana. La natività posta al centro della scena non è in una stalla, bensì in un monumento romano diroccato, che simboleggia la nascita della nuova era cristiana sulle macerie del paganesimo, ma è anche riflesso del grande interesse suscitato dalla scoperta di Ercolano, avvenuta agli inizi del XVIII secolo. La scenografia è realizzata in cartapesta, sughero e legno, mentre i pastori hanno il corpo in ferro filato e stoppa, con arti e volti in terracotta. Read the full article
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Su @costruire.storie Di @nicomaggio.inthemiddleage L’Assedio angioino di Messina (2 giugno - 26 settembre 1282) rappresenta una pagina cruciale nella storia della città dello Stretto, nell’evoluzione della rivolta del Vespro e, per estensione, di tutto il contesto geopolitico mediterraneo a cavallo tra XIII e XIV secolo. La città portuale, dopo essersi elevata a Comune autonomo il 28 aprile del 1282, si solleva contro Carlo d’Angiò, ponendosi sotto la signoria della Chiesa di Roma - abbraccia, dunque, soltanto in un secondo momento la causa della Communitas Siciliae - e annienta la guarnigione francese presente nella Clavis Siciliae agli ordini del vicario Eriberto d’Orleans. Il ritardo nella partecipazione dei Vespri siciliani si spiega tenendo presente che Messina godeva, sotto l’amministrazione angioina, di diversi privilegi rispetto alle altre universitas siciliane, che la rendevano, de facto, la prima città demaniale dell’isola per importanza politica, strategica, economica (Carlo farà di Messina sede del Vicariato e dell’ammiragliato, potenzierà il porto, favorirà i commerci e i ceti mercantili locali). Al di là delle macro cause dei Vespri siciliani (eccessivo fiscalismo del governo angioino, spostamento della capitale da Palermo a Napoli e annullamento dei poteri e delle funzioni del Regio Parlamento), i motivi principali che spingono Messina a ribellarsi e ad abbracciare il Vespro, dunque, vanno ricercati in un graduale distacco tra potere centrale e ceti urbani e nelle aspirazioni di quest’ultime ad una sempre maggiore autonomia. La rivolta e successiva resistenza vittoriosa della città peloritana, che coinvolge tutti i ceti sociali cittadini senza distinzione di sesso o età, segna la prima vera sconfitta di Carlo d'Angiò durante la rivolta del Vespro. Una vittoria che ci è stata tramandata dalle cronache siciliane e catalane filoaragonesi, si pensi all' "Historia Sicula" di Bartolomeo Neocastro, intrisa di patriottismo civico "peloritano", o alla "Cronica" dell'almogavero Ramon Muntaner, al servizio di Pietro III d'Aragona. #assediodimessina #1282 #vesprisiciliani #vespro #vesprosiciliano #carlodangiò #pietroiiidaragona #costruirestorie (presso Messina, Italy) https://www.instagram.com/p/CoE6uHotlS2/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#assediodimessina#1282#vesprisiciliani#vespro#vesprosiciliano#carlodangiò#pietroiiidaragona#costruirestorie
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“ L’Italia è uno dei pochi paesi la cui identità moderna si è costruita intorno al fatto d’essere stata ripetutamente invasa. L’Inghilterra si vanta di non aver mai più subito un’invasione straniera dopo il 1066. Da noi, dopo quella data, ci sono state l’invasione dei Normanni, le calate di Federico Barbarossa e dei suoi successori, l’invasione di Carlo d’Angiò, quella di Carlo VIII, ripetute invasioni francesi e asburgiche fino a Napoleone e oltre, e poi l’invasione austriaca fermata sul Piave, quella nazista dopo l’8 settembre, e infine quella degli Alleati: l’ultima, finora, e una di quelle accolte con più sollievo da gran parte della popolazione. Le invasioni in Italia sono ossatura di manuali scolastici e spunto di riflessione storiografica, tanto che un fortunato libro di Girolamo Arnaldi s’intitola proprio L’Italia e i suoi invasori, e rilegge tutta la storia della Penisola attraverso questa peculiare prospettiva. Terra di conquista dunque, l’Italia, ma anche di reazione e di resistenza, dove la lagnanza sulla debolezza d’un paese femmineo e sempre pronto a farsi sottomettere si alterna con l’orgogliosa chiamata alle armi contro lo straniero. Nel Risorgimento nasce e si divulga una visione della storia nazionale tutta costruita intorno a vacui – e per lo più inventati – episodi di resistenza isolata all’invasore straniero, da Pier Capponi a Ettore Fieramosca, da Francesco Ferrucci a Balilla. L’applicazione al passato dello schema risorgimentale “italiani vs stranieri” comporta di necessità l’introduzione della nuova figura del traditore, che tale, ovviamente, non era nella logica del suo tempo. Così, nel racconto della disfida di Barletta diventa infame traditore quel Grajano d’Asti che combatte nelle file francesi, cancellando il fatto che Asti era all’epoca, e da un bel pezzo, possedimento degli Orléans e fedelissima ai suoi principi; diventa traditore e sinonimo di fellonia il Maramaldo, e addirittura austriaco l’occupante di Genova contro cui fischia il sasso di Balilla, Botta Adorno, a onta del fatto che quel generale era al servizio sabaudo oltre che imperiale e, soprattutto, di nascita era genovese. Tutte mistificazioni consolatorie, dunque; ma non del tutto inani, giacché in epoca risorgimentale suonavano comunque premessa a una fiera stagione di riscatto nazionale contro gli eredi degli antichi invasori. “
Maurizio Bettini, Alessandro Barbero, Straniero. L'invasore, l'esule, l'altro, EncycloMedia, 2012. [Libro elettronico]
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Addentriamoci nei mille collegamenti di Napoli con l’ALBERO della VITA. Ci faremo guidare da LEUSIA e dal nostro mitico Narratore poiché…
Napoli è molto più di quel che si vede…
- Eccomi. Cominciamo! Tanti segni e tanti misteri sono celati in questa città e nei suoi dintorni. Chissà se li potremo scoprire mai tutti! -
Dunque…Albero della Vita… Ne sapevano già tanto gli Egizi, i Sumeri, gli Assiri, gli Indiani e anche i popoli nordici. Quello che conosciamo, e che chiamiamo anche ALBERO SEFIROTICO, è arrivato a noi nel III secolo attraverso la Cabala ebraica. È la rappresentazione delle energie che, provenendo dal Creatore, operano nel MACROCOSMO (Universo) e nel MICROCOSMO (Essere Umano).
- UNA CURIOSITA’: esiste una pianta particolare: l’Arborvitae (Thuja) utilizzata dagli Egizi durante l’imbalsamazione e usata in omeopatia per agire positivamente sull’umore e sul sistema nervoso.
Anticamente la stessa parola era usata per indicare la sostanza bianca del cervelletto. Un caso? Lascio a voi la riflessione -
Iniziamo il percorso dalla famosa Cappella SANSEVERO fatta erigere dal misterioso Principe RAIMONDO di SANGRO e piena zeppa di simboli esoterici. Per fare un esempio: alla base della bellissima statua denominata La Pudicizia, e dedicata a sua madre, troviamo un albero della Vita.
Ma non basta! Potremmo continuare per ore ed ore descrivendo i significati di ogni singolo elemento della Cappella. Diciamo solo che le 10 statue presenti ai lati della Cappella e raffiguranti le Virtù indicano il cammino spirituale che ogni uomo deve fare per raggiungere la comprensione e il perfezionamento di sé.
- 10 statue? Ma nell’Albero della Vita ci sono proprio 10 centri energetici! –
Tali centri sono chiamati SEPHIROTH e collocati su tre pilastri verticali paralleli che corrispondono alle tre vie che ogni essere umano ha davanti: Misericordia (a destra), Rigore (a sinistra), Conoscenza (al centro). -
Percorrendo la via centrale, detta anche ‘via regale’, è possibile giungere all’UNIONE degli OPPOSTI del maschile (a destra) e del femminile (a sinistra) insiti in ognuno di noi.
La stessa cosa accade nell’Universo: è necessario che le due polarità dell’esistenza, ovvero luci e ombre, bianco e nero, diventino collaborativi anziché contrastarsi reciprocamente.
- LA COLLABORAZIONE COME NECESSITÀ! Mi piace particolarmente questo concetto -
Ma ora dirigiamoci verso via Foria, alle cui spalle troviamo un’oasi di verde di 1000 metri quadrati: il Giardino di BABUK (chiamato così nei primi anni 2000 dopo un lungo restauro).
Si tratta di un giardino annesso ad un palazzo del 1500 appartenuto alla nobile famiglia Caracciolo Del Sole che lì vicino, nella meravigliosa Chiesa di San Giovanni a Carbonara, ha una splendida cappella in cui riposano le spoglie di Sergianni Caracciolo (1372 circa - 1432) noto per essere stato l'amante della Regina Giovanna II D’Angiò (detta la Pazza).
- Non ci facciamo distrarre da Giovanna e dagli strani racconti (sessisti e di parte) circa l’amara sorte che riservava ai suoi innumerevoli amanti e ritorniamo al giardino di BABUK e ai suoi MISTERI –
Tra la ricca vegetazione spicca un grande faggio del 1800 ai piedi del quale si dice siano seppelliti i corpicini dei neonati, figli delle monache violentate dai soldati francesi nel 1799.
- E che dire dell’ipogeo ritrovato durante i lavori di ristrutturazione? -
La sua camera principale è piena di misteriosi simboli esoterici, croci, salamandre… e di lì si dipartono cunicoli non ancora esplorati che non si sa dove mai possano arrivare…
- Un giorno vi parlerò anche del significato della SALAMANDRA, ma ora LEUSIA mi dice che dal 1500 devo fare un salto temporale al 1700 quando Napoli era la meta ambita dei turisti stranieri alla scoperta di bellezza e cultura. Ma perché saltare! Chi me lo fa fare! Viaggiare nel tempo è troppo pericoloso. È meglio che mi dedichi a studiare l’altro grande mistero dell’universo: le donne. Ehm… scusate… mi sono lasciato trasportare dalle citazioni cinematografiche… (avete indovinato il film?). Ma torniamo a noi. Saltiamo al 1700… -
Fu in questo periodo che nacque il famoso MIGLIO D’ORO: più di 100 dimore costruite tra il Vesuvio ed il mare e proprietà delle famiglie nobili che volevano vivere vicino al Re Carlo III di Borbone, il quale trascorreva molto tempo nella sua bellissima Reggia di Portici.
Queste ville, collocate attorno a Napoli, tra Barra, Ercolano, Portici e San Giorgio a Cremano avevano grandi e meravigliosi giardini.
- Ed è proprio qui che troviamo altri MISTERI! -
I giardini erano considerati luoghi di incontro e, poiché interesse comune dei nobili partenopei erano l’alchimia e le scienze ermetiche, erano progettati in modo molto particolare!
Tre esempi sul territorio di Barra: nel giardino del palazzo Pignatelli di Monteleone troviamo che i rondò, posti nei punti di incontro della griglia dei viali, sono disposti come un albero sefiròtico; nel giardino del Principe di San Nicandro alcune aiuole ricordano il tema dell’uovo filosofico e nel giardino del palazzo del Principe di Bisignano compaiono elementi di costruzione riferibili ad opere di Giordano Bruno.
Nella meravigliosa Villa Vannucchi di San Giorgio a Cremano, invece, abbiamo le figure geometriche dei viali e delle fontane da interpretare come segni alchemici e massonici voluti dai primi proprietari, i Caramanico. Dall’alto la forma del giardino come una enorme rosa non lascia alcun dubbio!
Il giardino alchemico, a Napoli e dintorni era, insomma, un dato di fatto! È proprio in questi luoghi meravigliosi che si comunicavano messaggi tramite le aiuole, le fontane, le statue…I profumi delle varie piante, poi, erano fondamentali per la meditazione…
- Lasciatemi finire con una osservazione: questi messaggi, come potete immaginare, sono compresi solo da chi possiede la ‘CONOSCENZA’!!! –
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Storia Di Musica #122 - Nuova Compagnia Di canto Popolare, La Gatta Cenerentola, 1976
Poche città posso vantare un legame alla musica come Napoli. Vuoi per il fascino misterioso e incredibile della città, vuoi per il mito esotico che da sempre la segue, essendo stata per secoli fulcro culturale europeo e del Mediterraneo, la musica napoletana rappresenta un unicum. Come altre cime della cultura partenopea, anche la musica vive del miscuglio tra colto e popolare, tra accademico e farsesco, tra saloni di balli e danze di strada. Tra l’altro la storiografia della musica individua proprio nella nuova canzone napoletana dell’Ottocento uno dei primi movimenti di musica “pop” in senso avanguardista, aiutato anche dall'incredibile fortuna degli spartiti prima e delle prime incisioni poi, che renderanno i classici della canzone napoletana dei veri e propri successi internazionali, cantati e suonati in tutto il mondo. Accanto a questi però, esisteva una tradizione di musica folk incredibilmente variegata e interessante, che prendeva spunto non solo dalla commistione di cui sopra, ma anche dalle tradizioni delle dominazioni storiche e culturali che si erano sedimentate a Napoli in secoli di regni e protettorati stranieri. A questo fine nacque nel 1967 un gruppo musicale su iniziativa di Eugenio Bennato e Giovanni Mauriello, a cui si unirono Lucia Bruno, Mario Malavenda, Claudio Mendella e Carlo D’Angiò, che propose il nome di Nuova Compagnia Di Canto Popolare (anche in acronimo NCCP). I primi progetti prendono però forma vera e compiuta solo qualche anno più tardi, all’inizio del 1970, quando nella formazione arrivano le voci di Peppe Barra e Fausta Vetere e la consulenza e l’organizzazione di Roberto De Simone, musicologo, compositore, studioso della musica popolare del Sud Italia. Inizia così una delle avventure musicali e discografiche più significative di quello che sarà il “folk italiano”, che avrà seguito inaspettato, tanto che persino Canzonissima in quegli anni aveva uno spazio per le canzoni della tradizione popolare. Nel 1971 danno alle stampe Nuova Compagnia Di Canto Popolare: in repertorio la reinterpretazione di musiche del ‘500, le famose villanelle, che riporteranno in auge dopo secoli di oblio, le tarantelle che proprio in quegli anni si stavano riscoprendo anche grazie agli studi di Ernesto De Martino sui “tarantolati” e un brano, Lo Guarracino, canzone d’amore del ‘700 che parla di un pesce innamorato (il guarracino è un piccolo pesce di colore scuro tipico dei bassi fondali campani) diventerà famoso e darà il nuovo nome alla ristampa dell’album per la Ricordi (con bellissima copertina). Inizia qui un periodo di intentissima attività: non solo dischi, tra cui nel 1974 il meraviglioso Li Sarracini Adorano Lu Sole che contiene le splendide In Galera Li Panettieri, Ricciulina ma soprattutto Tammuriata Nera, ma anche teatro, con la grande affermazione di critica e di pubblico con la messa in scena de La Cantata Dei Pastori, e concerti che li porteranno in tutto il mondo (testimonianza ne è il disco che raccoglie esibizioni dal vivo del 1978 Aggio Girato Lu Munno). E proprio verso il teatro che, spinti da De Simone, il gruppo si muove, e il loro capolavoro fu pubblicato nel 1976 come disco, e prodotto come opera teatrale con prima al Festival Dei Due Mondi di Spoleto. La Gatta Cenerentola è un’opera in tre atti che si basa sul racconto contenuto ne Lo Cunto de li Cunti overo lo trattenemiento de peccerille, una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana scritte da Giambattista Basile, edite fra il 1634 e il 1636 a Napoli. L'opera, nota anche con il titolo di Pentamerone (cinque giornate), è costituita da 50 fiabe, raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni, in omaggio al Decameron boccaccesco, e nonostante il titolo le tematiche non sono affatto infantili, sia per la complessità dei temi sia per il linguaggio schietto e allusivo dei testi. De Simone aggiunge personaggi, “attualizza” alcune tematiche pur restando nell’ambito di una Napoli barocca, caravaggesca nei luoghi e nelle situazioni, dove si spiega al massimo quella commistione alto basso dei temi, delle musiche, dei personaggi. In scaletta 20 pezzi, spesso dialoghi cantati dei personaggi, che variano tra le famose villanelle, qui affiancate da moresche ( forma di pantomima mascherata, probabilmente dal nome di origine crociata o quantomeno del basso mediterraneo), e le famose tammuritate (la più famosa espressione musico-coreutica della Campania). Alcuni brani, come Jesce Sole, sono riprese da lavori precedenti e rielaborati anche nella lingua napoletana usata per l’opera, un mix magico e particolarissimo di lingua dell’epoca con elementi modernissimi, che mostrano in maniera definitiva l’incredibile capacità del napoletano (inteso come lingua) e dei suoi parlanti a prendere termini e suoni dalle altre lingue. La prima dell’opera al Festival di Spoleto, diretta da Domenico Virgili, divenne un successo, con 175 repliche nei primi anni: da allora è un classico, con produzioni in tutto il mondo. Quest’opera centrale e magnifica fu però il canto del cigno del gruppo storico: De Simone e Barra si allontanano per dedicarsi al teatro, Bennato, che al teatro non vuole guardare, continuerà il recupero musicale e la rielaborazione delle musiche popolari del Sud con i Musicanova: ma gli NCCP non scompaiono, anzi hanno un nuovo vigore tra fine anni ‘80 e ‘90, con una nuova ondata di interesse per la musica popolare, e pubblicano uno splendido disco, Medina (1992) con il perno della voce di Fausta Vetere, che diventerà uno dei più bei dischi europei di “world music”. Oltre il pittoresco e la gioia “manualistica” dello spirito partenopeo, questo disco rimane uno dei più importanti esempi di ricerca, di rielaborazione, di rispetto per una tradizione immensa e inestimabile, che vive nelle tradizioni delle nostre regioni, e che aspettano solo di essere conosciute.
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