#Cambia il vento
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klimt7 · 1 year ago
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La piccola-grande lezione
della Sardegna
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SI SARDI CHI PUÒ !
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Finito l'idillio
fra gli Italiani
e i cerebrolesi?
Ma ora avanti con la Regione Abruzzo: l'appuntamento è per il 10 marzo prossimo.
È come una nuova Lotta
di Liberazione nazionale.
LIBERIAMOCI DAL GOVERNO DEGLI IDIOTI E DEI FASCISTOIDI DI OGNI RAZZA E PARTITO.
L'ITALIA MERITA DI RIVENDICARE IL PROPRIO ANTIFASCISMO E IL DIRITTO ALLA LIBERAZIONE DAGLI ARROGANTI DAGLI IPOCRITI, DAI SEPOLCRI IMBIANCATI, PIENI SOLO DI SE STESSI E DI BIECO EGOCENTRISMO.
Un italiano non può avere nulla in comune con un soggetto tossico per l'intero Paese, come Salvini o con la sua omologa in gonnella
" io sono Giorgia... io sono cristiana, io sono una madre... io ... io... ...io
ioooooooo ?
MA FATEVI CURARE !
Io preferisco una Comunità nazionale, solidale, non divisa e fondata sull'Egocentrismo e sul veleno dell'Odio e del Razzismo.
Vero Matteo? TU, SUBITO
DIETRO LA LAVAGNA!
Io preferisco il "NOI", all'Io!
.
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conilsolenegliocchi · 1 year ago
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~ Il vento cambia ~
Non è vero che non è accaduto niente.
Solo per te è cosi, è evidente.
Sapessi dentro me quante cose si sono smosse, quante crepe nelle certezze, quante scosse.
Quanti piccoli passi nella mente, che hanno accorciato le distanze verso l'impossibile, ma veramente.
Metto via quei progetti, quegli indumenti, quegli oggetti che attendevano da tempo.
Ma non li butto via, avranno certo un senso in un altro momento.
Forse, forse, non è accaduto niente tra noi.
Ma qualcosa accadrà per me, da qui in poi.
@conilsolenegliocchi 🐞
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 5 months ago
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Le mattine come oggi, sono quelle che più mi spettinano i pensieri... È domenica e tutto tace... C'è nell'aria quel silenzio assordante che permette di sentire ogni riflessione... Ogni vuoto e ogni mancanza... Quel niente che ti avvolge completamente e che ti fa sentire appesa alla tua vita... In completa balia del vento freddo dell'autunno... Cadere preda dei rimpianti è troppo facile in queste giornate... Cadere vittima del tempo che inesorabile cambia le cose... Cadere in preda alla malinconia di quello che poteva essere e non è stato... Il passato a volte ci macchia con la sua ombra di tristezza... E non basteranno 1000 sorrisi a ripulirci l'anima... Quel marchio resterà tatuato per sempre sul nostro cuore... E ogni tanto farà male... E bisogna accettarlo... Accettarlo e sopportarlo... E se possibile trasformarlo in un punto di forza... Da quel buio può nascere solo la luce...
~ Virginia ~
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kon-igi · 3 months ago
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UN QUALCOSA DA NON CREDERE
Mi affaccio dal finestrino. Pur essendo un tardo autunno, l'aria non è ancora fredda e il sole sembra emanare un tiepido calore che filtra attraverso le nuvole.
Guardo alla mia destra; la massicciata della ferrovia taglia in due i campi, parallela alla strada che sto percorrendo con la mia macchina, ma nessun treno con cui perdere la gara di velocità. Pazienza. Improvvisamente i binari si inerpicano su un vecchio ponte di pietra e mi tagliano in due la strada. Io sono costretto a passarci sotto, meglio così che un palloso passaggio a livello. Però…
Aggrotto le sopracciglia ma un BIP mi segnala che ho finito il metano nel serbatoio.
Lo sapevo - penso - lo sapevo ed è per questo che ho preso questa strada invece della solita perché più avanti c'è un distributore di
METANO
recita il cartello, e più piccolo 50 METRI A DESTRA.
Percorro cinquanta metri - non uno di più - e poi svolto a destra.
Il distributore sembra uscito da un disegno di Richard Scarry, quello degli allegri animaletti antropomorfi che fanno cose da umani: stranamente pulito, quasi profumato, con le strisce verde pistacchio e celeste nautico che paiono appena pitturate e una signora sorridente che mi dice 'Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?'
Anche se non è più obbligatorio uscire dal veicolo durante il rifornimento, io preferisco sgranchirmi la schiena e prendere una boccata d'aria. C'è un piccolo giardinetto tra le pompe e l'ufficio e dalla panchina posizionata strategicamente sotto un acero campestre intuisco, sorridendo, che quello d'estate è sicuramente un bel rifugio dalla calura. Inoltre dietro alla panchina, appena oltre la recinzione, l'ombra è assicurata anche dagli alti steli del mais che col vento stanno sbattendo contro la rete di metallo.
L'occhio mi cade su un posacenere.
Non è proprio un posacenere ma immagino che venga utilizzato come tale dai clienti e dai gestori per spegnere le sigarette fumate di corsa mentre i serbatoi si riempono.
Nello specifico si tratta di una scatoletta di tonno appoggiata su un trespolo di metallo, forse un vecchio porta estintori.
Aggrotto le sopracciglia, a onor del vero non per la prima volta.
Il posacenere è in mezzo al prato, lontano dalla strada ma lontano anche dalla panchina sotto l'albero. Troppo lontano perché sia comodo e attorno alla panchina nessuna traccia di mozziconi buttati a terra. Avranno pulito - mi dico ma poi vedo che nel tragitto che va dalle pompe alla panchina l'erba è calpestata fino a mostrare il terriccio, mentre il trespolo del posacenere è in mezzo a erba intonsa.
Mi avvicino e prendo in mano la scatoletta: da lontano sembrava di tonno e lo è decisamente anche da vicino… ovviamente il tonno dentro non c'è ma l'etichetta serigrafata recita TONNO PYTHON IN OLIO DI OLIVA. La porto al naso e cerco di distinguere i vari odori - pesce, nicotina, metallo, olio - aggrotto ancora le sopracciglia, avvertendo un sottile mal di testa farsi largo tra gli occhi.
Questo non è l'odore di una lattina di tonno usata come posacenere - sussurro a mezze labbra - questa è una lista di odori, una lista precisa di odori separati
La volto e ne guardo il fondo... Prodotto in PBD - Sagan Industries, Lyssa Inc.
E poi capisco.
Guardo la panchina, l'acero, il campo di mais e, oltre, la ferrovia, su cui non passano treni.
Ma certo…
Mi dirigo verso la tipa del metano che sta aspettando davanti alla mia macchina: braccia lungo i fianchi, schiena dritta, immobile. Non la vedo in faccia perché è voltata ma posso immaginare la sua espressione.
Quando sono a un metro da lei prendo la rincorsa e poi sollevo la gamba, stampandole una pedata di piatto in mezzo alle scapole e lei vola via, andando a sbattere contro la pompa.
Si volta veloce con un espressione di disappunto e mi dice HEY! poi l'espressione cambia ancora e sorridendo - Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?
Allora allungo una mano e le tolgo dal taschino un taccuino e un pennarello. Lei sorride, come se nulla fosse.
Mi avvicino al posacenere e intanto comincio a scrivere qualcosa su una pagina.
Sai - dico a voce alta ma con tono calmo - a volte se graffia e miagola non c'è nemmeno bisogno di guardare troppo per intuire che è un gatto e capisco che questo meccanismo ti sia stato molto comodo però… PERO'… il raggio minimo di curvatura per un binario ordinario si distribuisce perlomeno su 300 metri e la deviazione è solo di pochi gradi, NESSUN TRENO TI CORRE ACCANTO E POI DEVIA DI 90° A TAGLIARTI LA STRADA SU DI UN PONTE!
Poi, dimmi, quale contadino con un po' di cervello seminerebbe un filare di mais a pochi centimetri da una recinzione metallica senza lasciare lo spazio di 2 metri per il dente esterno della spannocchiatrice? E poi, dai… IL MAIS A NOVEMBRE?!
Ma il tuo errore più grosso è stata La Firma...
Potevi metterla ovunque, persino dentro lo sciacquone della toilette o anche tatuata sul culo della benzinaia, ma no, tu volevi che fosse ben visibile! E allora ricorda questo la prossima volta: la teoria del Desire Path ci insegna che un tragitto viene percorso solo se è comodo, altrimenti vengono scelte altre scorciatoie. Nessuno avrebbe usato mai quel posacenere perché troppo lontano dalla panchina ma non c'erano mozziconi in giro, da nessuna parte. Era pulito ma puzzava lo stesso di sigaretta, nonostante ci fosse una patina di olio… se pulisci la cenere pulisci anche l'olio ma la tua intenzione era solo metterti in mostra, non fare un lavoro preciso e professionale.
Adesso basta così ! - e sollevo verso il cielo il taccuino aperto su cui avevo appena finito di scrivere
raise exception ("wake up!")
L'ambiente circostante perde improvvisamente colore e luminosità, i contorni degli oggetti cominciano a sfumare e tutto viene avvolto da un grigio spento che infine diventa nero.
Mi sveglio.
Mi stacco dalle tempie gli elettrocateteri percutanei in silicone e guardo lo schermo del portatile, su cui svetta la riga di codice del taccuino.
Ancora non ci siamo, Lyssa - mi lamento in direzione della Vasca Axolotl in cui galleggiano i banchi proteici del Databurst Brain - non ho acconsentito ad addestrarti se poi commetti questi errori dettati dalla tracotanza e dal poco impegno. Ora devo andare ma la prossima volta esigo che da Intelligenza Artificiale Metagenerativa quale sei tu faccia un lavoro migliore!
Quando sto per uscire dal laboratorio, lo schermo vibra di un nero leggermente meno scuro Vedrai - sussurra una voce femminile dagli altoparlanti - ti prometto che la prossima volta non te ne accorgerai nemmeno.
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empito · 12 days ago
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Ogni frammento di me è stato donato fino all'ultima briciola. Il vuoto ora abita dove un tempo risiedeva il mio essere. Il sole calava sulla pianura, tingendo di rosso un cielo che sembrava riflettere il mio sangue versato goccia a goccia nei giorni, nei mesi, negli anni di continuo dare. Ho offerto le mie mani finché non sono diventate ruvide come corteccia antica, ho prestato i miei occhi finché la luce in essi non è diventata fioca come una candela sul punto di spegnersi. Le pareti della casa custodiscono l'eco di promesse mantenute a caro prezzo. Tra queste mura ho svuotato i cassetti dell'anima, uno dopo l'altro, distribuendo sogni e forze come si distribuisce pane in tempi di carestia. Non ho mai contato, non ho mai misurato – ho semplicemente dato. Ora guardo le mie mani vuote. Sono come un pozzo prosciugato dopo che tutti hanno attinto alla sua acqua; come un albero che ha dato tutti i suoi frutti e non ha più linfa per generarne altri. Non è amarezza quella che sento, ma una strana leggerezza, quasi impalpabile. Quando non possiedi più nulla, anche il peso dell'esistenza cambia natura. Il vento soffia attraverso questo involucro che chiamavo me stesso. Porta via anche gli ultimi granelli di ciò che ero, spargendoli in direzioni che non posso seguire. C'è una bellezza terribile in questo svuotamento totale, in questa erosione dell'identità. Eppure, nel punto più profondo del nulla, sento una scintilla. Forse è proprio quando siamo completamente svuotati che possiamo essere riempiti di nuovo. Forse è necessario consumarsi completamente per rinascere. Mi sono spogliato fino all'essenza, fino all'osso bianco della mia esistenza. E in questo spazio vuoto, dove ho sacrificato tutto, percepisco il primo battito di qualcosa di nuovo che chiede di nascere.
Empito
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diceriadelluntore · 3 days ago
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Storia Di Musica #372 - Banco Del Mutuo Soccorso, Canto Di Primavera, 1979
Nella Domenica di Pasqua (Auguri e un grande abbraccio) il disco "primaverile" della serie di Aprile ci porta nell'Italia del 1979. Un paese dilaniato dalla tensione politica, con la paura del terrorismo, il radicamento delle questioni, con il culmine nel rapimento e l'omicidio di Aldo Moro e gli uomini della sua scorta. Ma dal punto di vista musicale fu un anno fecondissimo: dischi come Lucio Dalla, Banana Republic dello stesso Dalla con De Gregori, Buona Domenica di Antonello Venditti. E sebbene all'estero fosse ormai scomparso sotto le sferzate arroganti del punk, perfino il progressive regala gemme. Come il disco di oggi, ad opera del Banco del Mutuo Soccorso.
La band si era formata 10 anni prima a Marino, in provincia di Roma quando i fratelli Vittorio e Gianni Nocenzi mettono su un primo gruppo, con Franco Coletta, Fabrizio Falco e Mario Achilli. Registrano un provino per la RCA che comparirà in una compilation su nastro, tesoro dei collezionisti, Sound 70, dove cantano tre brani. La formazione già cambia (se ne vanno Achilli e Coletta, entrano Claudio Falco e Franco Pontecorvi) e registrano altro materiale che si pensava fosse andato perduto, ma invece recuperato uscirà solo nel 1989 su Donna Plautilla. La svolta avviene al Festival Pop alle Terme di Caracalla (uno dei grandiosi Festival musicali di quegli anni), dove i fratelli Nocenzi incontrano Marcello Todaro, chitarrista dei Fiori Di Campo, e tre musicisti di un altro gruppo, Gli Esperienze: il batterista Pierluigi Calderoli, il bassista Renato D'Angelo ma soprattutto un cantante, con piccole esperienze cinematografiche, Francesco Di Giacomo, dalla voce particolarissima e capace di usarla come uno strumento aggiuntivo. Nasce così una line up che fa la leggenda del progressive mondiale, apripista della "via mediterranea del prog", contaminando la musica di canti tradizionali, folk, influenze arabe, greche, gitane su una base che si rifà apertamente alla musica classica, amata dai fratelli Nocenzi. I primi tre dischi sono tre capolavori: prodotti dalla Ricordi, Banco Del Mutuo Soccorso (con la leggendaria copertina a salvadanaio, 1972), Darwin (grande disco concept sull'origine dell'uomo e della sua evoluzione, uscito nel 1972 a pochi mesi dall'esordio) e Io Sono Nato Libero (1973) che vede l'ingresso del nuovo chitarrista Rodolfo Maltese al posto di Todaro, li impongono come uno dei gruppi più importanti della scena prog, e lo dimostrano le esibizioni di spalla ai gruppi stranieri ma soprattutto il passaggio all'etichetta Manticore di Emerson, Lake & Palmer che pubblica Banco, nel 1975, con le loro canzoni più famose tradotte, e nel 1976 la doppia versione di Come In Un'Ultima Cena, che diventa As In A Last Supper con i testi da tradotti Angelo Branduardi.
Nel momento di difficoltà del genere, spostano ancora di più l'attenzione verso la musica particolare: nel 1978 pubblicano un album strumentale, Garofano Rosso, colonna sonora di un film su Elio Vittorini, poi ne pubblicano un altro ...Di Terra con l'accompagnamento di un'orchestra di 25 elementi. E l'anno dopo, nel 1979, tornano alla forma canata con il disco di oggi, Canto Di Primavera.
I fratelli Nocenzi erano molto interessati alla etnomusicologia, e l'influenza di questo interesse è ben presente nelle 8 tracce del lavoro: storie di gitani, suoni mediterranei (come il canto a tenores sardo), melodie delicate che richiamano il mare, il vento, pochi barocchismi. Si parte con uno strumentale struggente, Ciclo, che si apre con le tastiere, poi si aggiunge una seconda tastiera. Un suono più pieno dopo un minuto, poi i fiati a 3 minuti e il pianoforte che segue. Canto Di Primavera, altra meraviglia, è l'ennesima prova emozionante della voce di Di Giacomo. Sono La Bestia presenta le percussioni all'inizio prima di entrare con la voce. Seguono i fiati. È un brano uptempo con così tanto movimento fino a quando non si assesta splendidamente a 2 minuti e mezzo. Niente è rilassata con una voce contenuta come il brano come il successivo E Mi Viene Da Pensare, Interno Città si apre con pianoforte e voce ma anche in questo ci sono una sezione fiati, le tastiere e un suono pieno con una parte strumentale molto coinvolgente. Lungo Il Margine, che dura quasi 7 minuti è spaziale si conclude con Circobanda, che riprende in parte l'inizio di Ciclo, a chiusura di un disco delicato e bellissimo.
La band continuerà a suonare, ma abbandonando le strutture splendide del loro prog per un rock più lineare ed essenziale. Ancora oggi ha un affezionato nucleo di fan, sparsi per il mondo (cosa comune ai gruppi nprogressive) che ricordano i dischi del Banco del Mutuo Soccorso carichi di una magia fatta di tinte delicate, di profumi speziati e una voce che, anche se scomparsa da più di dieci anni, emoziona ancora tantissimo.
Buona Pasqua!
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rederoma · 3 months ago
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Se queste ali saranno come due remi,
remando controcorrente
precipito perché un vento incoerente cambia il livello,
chi spinge verso l'oceano
chi resta nel suo torrente,
chi ha fatto un biglietto aereo,
chi parte con il cervello, e se hai coraggio
apri gli occhi adagio quando ti infrangi,
qui è un macello
qui c'è un buio lancinante e ti lanci
qui c'è un acqua allucinante, pioggia pisci o piangi,
stanotte gli angeli daranno i calci
E se la libertà porta fuori
tu ci incarceri nei paraggi
ci imprigioni come piccioni,
viaggiatori senza messaggi,
quando il sole sta taciturno
quando ruzzola coi suoi raggi
ma che lusso il cielo notturno quando
è bussola dei miei viaggi
Ora le stelle vanno a slalom, tutti attenti
tutti agitati tanto che ho imparato a volare
e sono sempre tutti girati,
prima toglierai con un camion le foglie secche dagli isolati,
dopo si sta come d'autunno sopra quegli alberi quei soldati
E gli equipaggi del pacifico lo dicono già da un'era
che chi regna incontrastato in cielo in terra non si rivela,
e per un albatro se il vento tira ai lati è già primavera,
perché sull'albero della nave è già fiorita la prima vela.
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vaerjs · 5 months ago
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L'insegnamento - nella scuola dell'infanzia e primaria, quanto meno - è una delle professioni più sottovalutate che conosca.
Il percorso formativo impone diploma di maturità, laurea magistrale quinquennale a ciclo unico con abilitazione professionale, concorso di idoneità e nuova abilitazione (e magari bastasse superarne uno solo). Durante gli anni di formazione si devono sostenere e superare 30-40 esami che spaziano da fondamenti e didattica delle discipline a psicologia, pedagogia, neuropsichiatria. Si frequentano e si superano con valutazione 4 anni di tirocinio non retribuito. Si certifica la conoscenza della lingua inglese ad un livello non inferiore a C1. A questo, ogni anno si aggiunge la formazione obbligatoria con corsi e laboratori serali, per non parlare delle iniziative private con cui la persona dell'insegnante si documenta costantemente per accogliere i bisigni della classe.
Eppure sembra che nessuno si renda davvero conto delle competenze che si sviluppano per fare degnamente questo mestiere.
Mi è capitato di parlare con adulti dell'età dei miei genitori a cui abbiamo accennato il desiderio di andare all'estero e i loro comenti sono stati "e lei cosa può fare? andiamo là a insegnare italiano?". A poco è servito spiegare che l'abilitazione professionale e le competenze necessarie non cambiano se si cambia la lingua in cui si divulgano i contenuti. Ancor meno spiegare che l'insegnamento in lingua straniera (all'interno UE) fa parte della nostra formazione, che in Erasmus all'estero ho svolto la mia professione nella lingua del paese ospitante, che il livello di inglese che ci è richiesto è altissimo.
L'aspetto che mi delude di più è quando questi commenti arrivano da altri professionisti che gravitano intorno alla scuola e che con la scuola hanno a che fare di continuo. Quando una NPI mette in dubbio il mio lavoro con la classe e con il team perché il bambino non ha fatto i progressi che avrebbe voluto lei in SOLI tre mesi di scuola primaria, classe prima; quando mi chiede se uso strategie per prevenire le crisi e non quali, per coordinare i nostri sforzi - come se io provassi piacere a tornare a casa ogni giorno con morsi lividi graffi e il viso gonfio di schiaffi a cui su sua indicazione non reagisco per evitare un rinforzo del comportamento.
Abbiamo a che fare con famiglie che sono interdette alla scuola. Con genitori che ci minacciano, carabinieri che blindano le uscite "per sicurezza" e il consiglio di non allontanarci da sole o dare a parlare a familiari nei dintorni.
La scuola in cui lavoro promuove corsi di educazione all'affettività, corsi di genitorialità e spazi di ascolto. Eppure ci sono giorni in cui mi sento veramente demotivata e stanca di lottare contro i mulini a vento per una scuola che non può cambiare se la società non vuole che cambi.
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worldofdarkmoods · 5 months ago
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Ci sono amicizie che, per un tempo, sembrano l’universo intero. Persone che entrano nella nostra vita con un impatto devastante, come stelle cadenti che illuminano ogni angolo della nostra esistenza. Con loro, condividiamo segreti, pensieri, speranze e dolori, intrecciando le nostre vite come se nulla potesse mai scioglierle. Ci convinciamo che quei legami, così profondi e preziosi, dureranno per sempre. E poi, un giorno, senza un motivo chiaro, senza un segnale evidente, le strade iniziano a divergere. Passano giorni, mesi, anni, e quella presenza fondamentale si allontana, fino a diventare solo un’ombra lontana.
All'inizio, fa male. Un dolore acuto, come una ferita aperta che non sembra voler guarire. Ogni luogo sembra risuonare della loro assenza, ogni oggetto un richiamo ai momenti passati insieme. Era come vivere in una casa piena di fotografie di un tempo che non esiste più, ma da cui è impossibile distogliere lo sguardo. Tutto sembrava richiamare quella persona, ogni piccolo dettaglio, anche quelli che un tempo sembravano insignificanti. Ogni sorriso, ogni risata, ogni segreto condiviso diventava un nodo in gola, un peso nel cuore. Era come camminare in una casa dove le pareti sono ricoperte di ricordi che non vuoi dimenticare, ma che fanno male ogni volta che li osservi.
Col tempo, però, il dolore si smussa. Non scompare, ma diventa una presenza silenziosa, una sorta di eco lontano che non lacera più, ma che fa parte di noi. È strano, quasi spaventoso, rendersi conto di come il cuore impari a convivere con il vuoto, di come l’assenza si fonda con la nostra normalità. E ci si sorprende nel ritrovare una parvenza di serenità anche senza quella persona che, un tempo, sembrava indispensabile.
Ma forse la cosa più dolorosa, quella che ci spaventa di più, è proprio la facilità con cui il cuore si abitua. Guardarsi allo specchio e rendersi conto che quel legame, un tempo così intenso, ora è diventato una presenza sfocata, un ricordo che non riesce più a suscitare le stesse emozioni di una volta. È un pensiero che ci fa sentire fragili, vulnerabili. Come se la nostra stessa capacità di amare, di creare legami profondi, fosse in realtà limitata, destinata a consumarsi con il tempo.
È spaventoso pensare a quanto tutto sia effimero, a come le persone che hanno significato tutto possano diventare niente. È come vivere in un mondo fatto di sabbia, dove ogni passo che lasciamo dietro di noi viene lentamente cancellato dal vento. Ci spaventa la consapevolezza che anche i legami più forti possano svanire, che l’affetto e l’amore possano trasformarsi in ricordi sempre più vaghi, fino a dissolversi completamente.
E così, impariamo a convivere con questo vuoto. Impariamo ad abitare una casa spoglia, a riempire le nostre giornate di gesti nuovi, di volti nuovi. Eppure, ogni tanto, quando meno ce lo aspettiamo, il passato torna a bussare alla porta. Basta un profumo, una canzone, un luogo particolare, e tutto quel dolore che sembrava addormentato si risveglia, ricordandoci di quanto abbiamo amato e perso. È un dolore che non ci travolge più, ma che si insinua piano, come un’ombra che non possiamo scacciare del tutto.
A volte mi domando se sia giusto così, se sia giusto accettare che anche le persone più importanti possano svanire come nebbia al sole. Mi domando se sia possibile costruire qualcosa di eterno, o se siamo destinati a perdere, a dimenticare, a trasformare tutto in ricordi. Ma forse, il senso di tutto questo sta proprio qui: nell’accettare che ogni incontro, ogni legame, è una parte del nostro cammino, una tappa preziosa che ci arricchisce e ci cambia, anche se non sarà per sempre.
E così, continuiamo a camminare. Portiamo con noi i frammenti di quelle persone, di quei momenti, anche se ormai sono solo ombre nel nostro passato. Forse, alla fine, ciò che conta non è quanto dura un legame, ma quanto ci ha fatto sentire vivi, quanto ci ha permesso di scoprire parti di noi che non conoscevamo. Forse è questo il dono che ci lasciano le amicizie passate: la consapevolezza di essere stati amati, di aver vissuto qualcosa di unico, anche se solo per un breve istante.
E in questo silenzio, in questo vuoto che a volte sembra pesare troppo, continuiamo a camminare
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abr · 1 year ago
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Breve storia del clima.
In epoca romana, dal 250 a.C. al 450 d.C., la temperatura era di almeno 2ºC più alta di oggi (i più nerd tra i medioman vi diranno che c'erano variazioni, senza rendersene conto confermando la tesi: le variazioni climatiche avvengono "da sole" non certo per colpa dell'uomo. I più fessi, quelli che non sapendo leggere ma solo ubbidire chiedono "le fonti?", sostengono che i romani aumentarono la CO2 ... bruciando legna. La fonte? ndr).
Era un periodo di riscaldamento globale. La popolazione è aumentata (...). L'agricoltura del clima caldo poteva essere intrapresa in aree a latitudini e altitudini molto più elevate di adesso. (La vite in Inghilterra, ndr). Questo riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
Seguirono i secoli bui. Questo è stato un periodo di freddo pungente di fallimento dei raccolti, carestia, malattie, guerra, spopolamento, espansione del ghiaccio e aumento del vento. (...) Bande assassine di rifugiati climatici vagarono per l'Europa in cerca di prede. Civiltà come i Maya crollarono.
Il successivo riscaldamento medievale (900-1300 d.C.) fu un periodo (positivo) per la vita sulla Terra. Le calotte glaciali, i ghiacciai e il ghiaccio marino si contrassero, consentendo l'esplorazione e l'insediamento del mare ad alte latitudini. Colture di cereali, bovini, ovini, fattorie e villaggi furono stabiliti in Groenlandia, almeno 6ºC più calda di oggi.
Sebbene ci sia stato un periodo freddo di 40 anni nel riscaldamento medievale (i clcli del clima che cambia COSTANTEMENTE, ndr), i fallimenti dei raccolti e la carestia erano rari. La popolazione aumentò (...). La ricchezza creata (...) è stata utilizzata per costruire cattedrali, monasteri e università. Il riscaldamento medievale era globale. Ancora una volta il riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
La piccola era glaciale iniziò alla fine del XIII secolo con una diminuzione dell'attività solare. La piccola era glaciale è stata caratterizzata da un clima rapidamente fluttuante, e periodi straordinariamente freddi durante l'inattività solare: (1280-1340, 1450–1540, 1645–1715 e 1795–1825). Faceva molto freddo (i carri dei rifornimenti a Venezia potevano passare sulla laguna ghiacciata d'inverno, ndr). È stato un cambiamento climatico globale. C'era il fallimento del raccolto, la carestia, la malattia (peste nera, peste manzioniana, ndr), la guerra e lo spopolamento.
Ci fu uno spaccamento sociale (rivoluzione francese). I prezzi del cibo aumentarono nei periodi di debole attività solare. I vichinghi in Groenlandia si estinsero. Non era un buon momento per vivere. La piccola era glaciale terminò nel 1850 e da allora c'è stata una tendenza al riscaldamento con periodi più freddi (1940-1976 e 1998-2005). Storia, archeologia e geologia dimostrano che attualmente viviamo in un clima interglaciale e variabile.
I cambiamenti che possiamo osservare con la strumentazione moderna sono molto piccoli. Sia i tassi che l'entità del cambiamento climatico sono inferiori ai cambiamenti negli ultimi 1000, 10.000 o 100.000 anni.(...) La storia e l'archeologia ci mostrano che il raffreddamento globale provoca siccità, sconvolgimenti sociali, migranti climatici, carestie, malattie, guerre, spopolamento, collasso di civiltà ed estinzioni di piante e animali. Le grandi civiltà prosperarono in tempi caldi. Viviamo nei tempi migliori che gli esseri umani abbiano mai avuto sul pianeta Terra.
Siamo l'unica generazione di umani a temere un clima caldo! Il riscaldamento globale ci ha sempre reso più ricchi e più sani. La storia è li a ricordarcelo ma, come la matematica e le scienze, oggi non si studia più.
via https://twitter.com/climacritic/status/1738157567820312714
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libero-de-mente · 1 year ago
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Dopo aver postato i miei addii alla chihuahua Minù e al gatto Alvin, scomparsi davvero troppo presto e a distanza di trentasei ore tra di loro, ho potuto constatare quanto la presunzione di superiorità dell'essere umano sia di quanto più lontano dall'essere davvero umani.
Semmai disumani.
Per molti lo strazio che alcuni esseri umani provano per la scomparsa di un animale domestico è una deriva.
Una preoccupante deriva, dove si pongono sullo stesso piano i nostri amici a quattro zampe con la vita di un altro essere umano.
Non credo che una persona psicologicamente equilibrata voglia mai paragonare la perdita di un cane o di un gatto con quella di un genitore, di un amico o un altro parente.
Ma resta sempre un dolore comunque, che può essere molto profondo se per la persona colpita dal lutto, l'animale, era tutta la sua famiglia. Nessun altro.
Un vuoto resta un vuoto.
A prescindere da tutto questo mio preambolo, per esperienza personale, posso dire che il vedere morire un essere umano e vedere morire un animale che ha condiviso la sua vita con te ha dei punti in comune.
Lo sguardo. Ti cercano come per avere la conferma che non saranno soli, in quel momento, che qualcuno a cui hanno voluto bene sia lì con loro.
Ho visto morire mio padre, mi ha guardato e poi con un sorriso ha guardato in alto ed è spirato.
La mattina che Alvin è morto ero uscito per un appuntamento di lavoro, dovevo portarlo al mio rientro dal veterinario eppure prima di uscire, mentre mi ero chinato su di lui per confortarlo, mi ha guardato e con la zampa mi tratteneva il braccio. Usando gli artigli.
Ho interpretato dopo, quando rientrando di corsa l'ho trovato riverso a terra, che probabilmente mi stava chiedendo di non andarmene. Di restare lì con lui.
Ho letto un post recente dove un veterinario affermava che 9 su 10 i proprietari di cani o gatti non vogliono assistere al trapasso dell'animale.
Che questi prima di essere sedati per il trapasso cercano con lo sguardo colui, o colei, per cui è valsa la pena vivere scodinzolando o facendo le fusa.
Molti credono che gli animali non abbiano un'anima, eppure animale è una parola che viene dal latino "animalis" che vuol dire "animato" o qualcosa che crea la vita. Affine al greco "anemos" (vento, soffio) e al sanscrito "atman", di uguale significato.
Anche mio padre cercò qualcuno e c'ero solo io. Altri erano usciti dalla stanza. Qualcuno addirittura se n'era andato, con una scusa.
Eppure l'essenza della riconoscenza verso un'anima sta proprio nello stargli vicino, quando quell'anima lascerà il suo corpo terreno.
Non si dovrebbe privare nessuno di questo riconoscimento, a meno che la morte non giunga inaspettata e all'improvviso sia chiaro.
Nel corso della propria esistenza le persone hanno svariati interessi e priorità. Ma per gli animali, quello che noi definiamo il loro padrone, è la cosa più importante di tutto. Di tutti.
Lo sguardo degli umani, durante l'esistenza, cambia a seconda dei sentimenti. Che sia amore o rabbia, a volte anche odio.
Ma nel momento in cui una persona capisce che è giunta la sua ora cerca il perdono, oppure di perdonare.
Un cane o un gatto non si devono far perdonare nulla da chi li ha amati. Ti guarderanno con lo stesso sguardo del primo giorno che li avrete visti. Con amore incondizionato.
Perché nell'attimo in cui se ne vanno, inizia il ricordo e l'amore si consolida nel cuore. Per alcuni umani invece rimane anche una parte di rabbia e di cose incompiute.
E nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce
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fioredialabastro · 7 months ago
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Amare per sempre
Questi giorni convulsi e ventosi hanno rischiato di mandare nuovamente in subbuglio i miei fragili equilibri faticosamente conquistati. "Non sei una donna da amare per sempre", sussurrò l'altro ieri una voce maligna e menzognera dalle ferite ancora fresche, inerpicandosi come un'edera velenosa e infestante sulle pareti della mia mente agitata. "È già la terza volta che un uomo, sia in amore che in amicizia, conquista la tua fiducia, dimostra di volerti bene e poi, dal nulla, senza spiegazioni logiche, cambia natura, ti umilia, ti allontana. Fossi in te, mi farei qualche domanda; tu spaventi: leggi le anime altrui con estrema naturalezza e facilità, mettendo in luce elementi che loro non avevano notato, o meglio, non volevano far emergere; sei terribilmente scomoda, una spina nel fianco, soprattutto perché quella instancabile attività di introspezione la metti in opera innanzitutto in te stessa, poi in ogni situazione che ti circonda, diventando praticamente insostenibile. Inoltre, non potendo fare affidamento su una bellezza estetica impattante, tu seduci con la mente e con l'anima, ma con un'intensità tale da atterrire e assopire ogni desiderio virile. Insomma, non sei una donna da amare per sempre: gli uomini ti stimano, ti ammirano, al massimo ti scelgono come amica fidata, ma alla fine ti lasciano sola e corrono sempre tra le braccia di un'altra, evidentemente più semplice da tollerare." Rimasi in silenzio, osservando il vento che strattonava la mia chioma e quelle dei tigli e delle betulle dinanzi a me: "È incredibile come il male riesca a mentire pur mostrandoti la verità", sussurrai flebilmente. Improvvisamente, scossi il capo, come se mi fossi destata da un sortilegio; osservai il cielo annuvolato e m'inondai d'avorio, gli occhi bacini di lacrime ricolme di gratitudine. "Sì, Dio mi ha creata insostenibile, come il peso delle montagne; eppure, anche se solo Lui è in grado di sollevarle e alleggerirle, tra gli uomini c'è sempre chi è capace di amarle e scalarle!" Esclamai, squarciando con la lama i rami soffocanti del funesto rampicante; poi mi misi a correre controvento, ridendo come una menade in preda alla follia, pensando ai miei affetti più cari, che ogni giorno scelgono di starmi accanto e condividono il cammino, rendendo speciale ogni passo, alla cagnolina della vicina disposta a prendersi la pioggia pur di coccolarmi appena giunta a casa, alle civette impavide ululanti sopra i tetti prima che sopraggiungano le tenebre, ma soprattutto al fatto che sono una donna che ama per sempre, e questo mi basta.
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yellowinter · 4 months ago
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Mi abbandono al dolore, rimango immobile, in silenzio, con la lacrime che scendono ininterrottamente... mi sdraio a terra e chiudo gli occhi, ormai tutto ciò che vedo non mi piace e mi fa paura. Conto i respiri e i giorni che rimangono, il pensiero di non esistere più è l'unica cosa che mi dà sollievo, è ormai l'unica cosa che desidero. Per me non rappresenta una sconfitta, ma una liberazione... il tutto non diventa niente, quando qualcosa muore semplicemente cambia forma, non smette di esistere. So che rimarrò comunque parte dell'universo, so che sarò nel vento, tra gli alberi, nella terra, nel cielo.
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mughetto03 · 2 months ago
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La donna è l'Eden della vita,
fonte sacra, tenerezza ardente.
Sulla sua pelle sbocciano sogni silenziosi, nel suo petto arde un sole straripante.
È la fiamma che brilla nella notte buia, la brezza che bacia con dolce tenerezza.
È un fiume che scorre cercando la sua stella, è una luna d'argento, è una sentinella luminosa.
Nella sua risata danzano le note del vento, nel suo grido crescono lenti oceani.
Le sue mani sono ali che guariscono le ferite, la sua voce è un tubare di calma infinita.
Tu sei la forza,e il vulcano, universo, fuoco, calma, verso e bacio.
È terra fertile, è pioggia ed è grido, è guerra ed è pace, è amore benedetto.
Quando ami, il suo amore infiamma i cieli, non c'è paura o ombra che possa spegnere il suo fuoco.
Se soffri, lascia sbocciare nel suo petto una stagione, perché nel suo dolore nasce una sfida.
È una madre, è una sorella, è una musa ispiratrice e un'amante, è una dea sulla terra, uno spirito errante.
Le sue labbra sono petali rossi di vita, la sua anima, un rifugio che non sarà mai dimenticato.
La donna è fuoco, tempesta e calma, sangue e gloria, pelle e anima.
È un grido nella storia, è un'eco ed è grana, è un bacio in guerra, è la pace nella tua mano.
La luce del domani brilla nei miei occhi, è un faro di notte, è un fiore sulla spiaggia.
È un infinito che non finisce mai.
È dolce, è eterno, è forza divina.
Benedetta sia la donna, sublime ed eterna!
Quello che dà tutto, quello che non si rompe mai.
Colei che ama senza paura, colei che sogna senza fretta, colei che cambia il destino con una sola risata.
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canesenzafissadimora · 6 months ago
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Non smettere mai di fare domande
neanche quando ti dicono che va bene così
neanche quando il mondo sembra
troppo grande per ascoltare la tua voce.
Resta tu, la parola che sfugge
la goccia che sborda e si ribella
il passo che sconfina dal sentiero tracciato.
L’errore che diventa meraviglia
il dettaglio che cambia la storia
la macchia che diventa capolavoro.
Continua a praticare la tua rivoluzione
gentile e silenziosa
perché non sono le grida
che spostano le montagne
ma il vento che passa ogni giorno
lento, costante, innamorato.
E continua a perderti ogni giorno
in nuovi occhi
in viaggi che non sai dove portano
in abbracci che parlano lingue sconosciute.
Perché è lì che la vita ti aspetta
nei dettagli che ancora non hai vissuto
nelle mani che non hai ancora stretto.
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Andrew Faber
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empito · 2 months ago
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Mi sorprende sempre la velocità con cui alcune persone riescono a trasformarsi da rifugio sicuro a silenzio assordante. Una volta le avevi lì, pronte a dirti: “Ci sono”, con la fermezza di una promessa eterna. Poi, in un attimo, come un filo che si spezza senza preavviso, resti lì a stringere il vuoto. Non capisci. Ti chiedi se hai sbagliato qualcosa, se hai detto la parola sbagliata, se il tuo sorriso ha smesso di essere abbastanza. Ma la verità, spesso, è che non c’è un perché. Non c’è una spiegazione. E questo fa ancora più male. Le relazioni, quelle vere, sono fatte di presenza. Non di perfezione, non di grandi gesti, ma della semplice certezza che ci sia qualcuno dall’altra parte. Eppure, a volte, quella certezza evapora. Ti svegli un giorno e capisci che quella persona, che sembrava un’ancora, ha deciso di lasciarti andare alla deriva senza nemmeno voltarsi indietro. Non ci sono preavvisi. Non ci sono addii. Solo un’assenza che cresce, come un’ombra che si allunga fino a inghiottire tutto. La cosa che fa più male, però, non è la perdita in sé, ma il senso di smarrimento che lascia. Non è solo la persona a sparire: è il mondo che avevi costruito attorno a lei. I messaggi, le risate, i piccoli dettagli che rendevano speciale ogni giornata. Ti trovi a camminare per strade che prima avevano un senso e che ora sembrano vuote, a guardare oggetti che un tempo parlavano di “noi” e che ora gridano solo: “Io”. Ma forse è questo il punto. Forse, alla fine, dobbiamo imparare a vivere con queste assenze, a portarle con noi come cicatrici che non si vedono, ma che sentiamo sotto la pelle ogni volta che il vento cambia. Forse dobbiamo accettare che non tutti coloro che promettono di esserci lo faranno davvero. E che va bene così. Non perché non faccia male, ma perché non possiamo controllare chi resta e chi va. Possiamo solo scegliere di restare fedeli a noi stessi, di non lasciare che queste ferite ci trasformino in persone che spariscono a loro volta. E così, impariamo a camminare con il vuoto accanto, ma senza farci definire da esso. Impariamo che l’amore, quello vero, non ha bisogno di promesse urlate, ma di gesti silenziosi e continui. Forse un giorno, qualcuno resterà davvero. Fino ad allora, impariamo a restare per noi stessi. Sempre.
Empito
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