#Battaglie celebri
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11 giugno 1289, la battaglia di Campaldino
di Alessandro Ferrini Io fui di Montefeltro, io son Bonconte; … La battaglia di Campaldino è più volte ricordata direttamente o indirettamente da Dante nella Divina Commedia, battaglia alla quale lo stesso poeta partecipò fra le fila dei cavalieri fiorentini. A questo proposito è bene ricordare che in epoca medievale i cittadini erano chiamati alle armi in caso di guerra e dovevano…
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ci sto prendendo gusto a postare in italiano quindi beccatevi un altro mio tema che credo sia una delle cose migliori che io abbia mai prodotto
ENG: i'm enjoying this whole posting in italian thing so now you're getting another one of my essays- which i think is one of the best things i've ever written (use google translate or something)
CORO La vicenda si svolge nell’aldilà, nel labirintico supermercato che tutte le anime sono costrette ad attraversare per raggiungere la pace eterna. Si tratta infatti di una sorta di pellegrinaggio nel quale le anime riflettono sulla loro vita terrena mentre vagano per le corsie alla ricerca di un’uscita. In questo luogo si incontrano alcuni celebri personaggi: l’eroico Don Chisciotte della Mancia, il suo fedele compagno Sancio Panza e il principe di Danimarca Amleto.
[entrano DON CHISCIOTTE e SANCIO PANZA]
DON CHISCIOTTE Per l’amor di Dio, quale misterioso luogo è mai questo? Oh compare, questa è indubbiamente opera del terribile mago Frestone! Ma ora guarda, una schiera di nemici pronta ad attaccarci! [indica una scaffalatura piena di detersivi]
SANCIO PANZA Ma quali nemici? Quelli che stai indicando sembrano a me dei bizzarri recipienti inanimati. Nessuno di loro mi pare in alcun modo una minaccia.
DON CHISCIOTTE Oh Sancio, quanto sei inesperto! Quelli che vedi sono invero dei nemici, ma il tuo occhio ti inganna. Ascolta dunque chi è conoscitore delle avventure cavalleresche dei più nobili condottieri e fatti da parte! [brandisce la spada contro gli scaffali di detersivo]
[entra AMLETO]
AMLETO Ma che diamine state facendo, puntando la vostra arma a quel modo contro dei contenitori?
DON CHISCIOTTE State indietro! Siete disarmato, potreste rimanere ferito! Questi recipienti sono in realtà illusioni create dal temibile mago Frestone, colpevole del furto dei miei preziosi libri. È dunque mio dovere far fronte a questo pericolo, per difendere le donzelle di questa strana selva.
AMLETO E i danesi che davano a me del pazzo! Abbassate quella spada, suvvia! Le accuse di follia quasi mi costarono la vita, quando i miei stessi compagni, che ritenevo leali, mi condussero in Inghilterra perché io fossi ucciso! Voi invece siete qui, già graziati dal sonno eterno, e vi ostinate a combattere dei finti pericoli!
DON CHISCIOTTE Molte volte sono stato chiamato pazzo, ma siete voi incapaci di vedere la realtà per ciò che è e non per come appare. Una volta affrontai con audacia degli orrendi giganti, ai quali Frestone aveva fatto assumere le sembianze di semplici mulini a vento.
SANCIO PANZA Oh, avreste dovuto vedere il coraggio e la temerarietà con cui si scagliava verso i nemici!
AMLETO Non dubito certamente della vostra alacrità e forza! Ritengo tuttavia necessario farvi notare che ciò che voi chiamate nemici pericolosi, sono in verità dei bottiglioni appoggiati sopra ad uno scaffale. Vi invito invece a rivolgere le vostre energie e il vostro desiderio di giustizia nel combattere i veri antagonisti di questo mondo, ovvero gli uomini disonesti e sleali, coloro che sono usurpatori e traditori come lo fu mio zio nell’avvelenare mio padre e sposare mia madre.
DON CHISCIOTTE Non posso che concordare sull’esigenza di contrastare gli uomini malvagi, ma osservate ora attentamente: davanti a noi è posta una schiera di nemici, ordinatamente disposti e camuffati grazie alla magia del mago Frestone! Ma cosa accade ora laggiù? Avanti Sancio Panza, affrettati a soccorrere quella donzella che pare aver creato un grande trambusto urtando il ripiano!
[exit SANCIO PANZA]
DON CHISCIOTTE Decidete dunque se avete intenzione di affrontare insieme a me questo esercito o rimanere in disparte, che è giunto per me il momento di dare prova del mio coraggio!
AMLETO Perdonatemi ma proprio non riesco a capirvi: non credete che sia inutile perdere tempo a combattere quando abbiamo già concluso la più grande delle nostre battaglie, la vita?
DON CHISCIOTTE Che senso c’è allora se non combattiamo per qualcosa, per un ideale? Per quale motivo non lottate? Come fate ad essere in pace con voi stesso?
AMLETO Non ritengo ci sia bisogno di combattere in continuazione, ma è invece necessario ogni tanto soffermarsi a riflettere sulle nostre azioni, su ciò che stiamo facendo e chiederci per quale motivo lo stiamo facendo.
Nella mia vita spesso mi fermai a meditare sugli avvenimenti e sulla moralità delle azioni. Fui pure tentato di porre fine alla mia vita, ma fui frenato dal non conoscere cosa mi avrebbe aspettato nell’aldilà. Oh, come sono grato di essere stato bloccato da questo pensiero, perché se così non fosse stato mi sarei ritrovato prima in questa selva assurda!
#dovrei scrivere più spesso cose di questo genere#spyld posts#spyld#speak your language day#italian#questo vale la pena leggerlo giuro#prima o poi lo tradurrò#intanto usate google
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Rihanna
Rihanna è tra le icone pop più importanti degli anni Duemila.
Donna dalle mille risorse, si è fatta conoscere in tutto il mondo come popstar per poi esprimere il suo eclettismo e creatività, nel cinema e, soprattutto, nella moda.
Cantante, attrice, imprenditrice e diplomatica, ha sposato diverse cause sociali.
Nel 2022 è stata dichiarata la più giovane miliardaria degli Stati Uniti, l’anno precedente era stata nella lista delle 100 donne più potenti al mondo.
Ha venduto oltre 60 milioni di album ed è stata la terza artista, dopo i Beatles e Mariah Carey ad avere più hit al numero uno della classifica statunitense.
Nel 2018, dopo che le era stata intitolata la strada dove aveva vissuto, è stata nominata ambasciatrice straordinaria e plenipotenziaria di Barbados, con la responsabilità di promuovere il sistema educativo, il turismo e gli investimenti per l’isola natale. Tre anni dopo, nella cerimonia di proclamazione della repubblica caraibica, è stata dichiarata eroina nazionale dalla presidente Sandra Mason.
Nata col nome di Robyn Rihanna Fenty a Bridgetown, nell’isola di Barbados, il 20 febbraio 1988, da Ronald Fenty, capo magazziniere afro-barbadiano con origini irlandesi e Monica Braithwaite, contabile nativa della Guyana con discendenza afroamericana, che hanno divorziato quando aveva quattordici anni.
Vittima di bullismo a scuola, a causa del suo colorito di pelle troppo chiaro, è cresciuta ascoltando musica reggae e iniziato a cantare a sette anni. A quindici aveva già la sua prima girl band con cui è stata notata dal produttore Evan Rogers che le ha subito proposto un contratto per il quale, l’anno successivo, si è trasferita negli Stati Uniti, dove è avvenuta la svolta pop rock.
Ha debuttato nel 2005, all’età di diciassette anni, con l’album Music of the Sun, entrato alla decima posizione della Billboard 200, il singolo Pon de Replay ha raggiunto la seconda posizione della Billboard Hot 100. Da quel momento la sua carriera è decollata alla velocità della luce. Ha suonato in tutto il mondo e prodotto otto album in studio e numerosi singoli che hanno occupato i primi posti nelle classifiche internazionali ricoprendola di premi e onorificenze.
Donna dai molti record, nel corso della sua carriera ha accumulato nove Grammy Awards, tredici American Music Award, dodici Billboard Music Awards, due BRIT Awards, quattro MTV Video Music Awards, quattro MTV Europe Music Awards, otto People’s Choice Awards e sette iHeartRadio Music Awards. E ancora, l’Icon Award, istituito apposta per lei, per aver influenzato profondamente la cultura pop a livello globale e il Fashion Icon Award dal Council of Fashion Designers of America. Ha ricevuto anche prestigiose onorificenze per il suo impegno umanitario.
Nel 2023 ha ottenuto la sua prima candidatura all’Oscar nella categoria miglior canzone originale per Lift Me Up, tratta dalla colonna sonora del film Black Panther: Wakanda Forever.
Il suo debutto cinematografico è avvenuto nel 2006 nel film Ragazze nel pallone – Tutto o nientea cui sono seguite, negli anni, diverse celebri interpretazioni in una decina di film tra cui Battleship e Ocean’s 8.
Nonostante quella che sembra una vita scintillante, ha subito violenza domestica da uno dei suoi partner.
Da sempre impegnata anche nella moda, ha firmato diverse prestigiose collezioni e lanciato prodotti cosmetici e profumi che l’hanno resa una delle più importanti imprenditrici del pianeta.
Icona fashion, utilizza la sua notorietà per portare avanti messaggi politici, in febbraio 2020 è apparsa sulla copertina di British Vogue indossando il durag, copricapo che veniva utilizzato storicamente dalle schiave nere, con il tempo è diventato un simbolo politico, mai nessuno in precedenza l’aveva indossato sulla copertina di una rivista.
Molto attiva nel sociale, ha dato vita a fondazioni e importanti eventi per sostenere la ricerca contro il cancro e l’AIDS, si è esposta contro numerose battaglie sociali, ha cantato per aiutare le persone vittime del terremoto di Haiti nel 2010 e donato 15 milioni di dollari per la lotta al cambiamento climatico.
Rihanna trasforma in oro e bellezza tutto quello che tocca.
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Carnevale di Nizza 2024
Dal 17 febbraio al 3 marzo 2024 torna l’appuntamento con un Carnevale leggendario a Nizza, nel cuore della Provenza. Per due settimane saranno in programma le celebri Parate carnevalesche (di giorno e notte) e le eleganti Battaglie dei Fiori in Place Masséna e al Jardin albert 1er. Continue reading Carnevale di Nizza 2024
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RACCONTAMI SHAKESPEARE allo Spazio Teatro No'hma - Milano il 17 & 18/01
La stagione di prosa 2023/2024 dello Spazio Teatro No'hma prosegue mercoledì 17 e giovedì 18 gennaio con un spettacolo dedicato a Charles e Mary Lamb, i famosi fratelli inglesi che nel 1807 pubblicarono il volume "Racconti da Shakespeare", che conquistò subito il posto tra i più affermati classici per l'infanzia.
Andrea Cioffi e Sara Guardascione della compagnia Cercamond portano in scena con "Raccontami Shakespeare" la vita tragica di questi due giovani ispirati scrittori, segnati da una terribile vicenda familiare (Mary accoltellò la madre in seguito a un raptus di follia) e le cui esistenze sembrano uscite da una tragedia del Bardo.
Uniti da un vincolo profondo, Charles e Mary Lamb condivisero amicizie e interessi letterari fino a ricevere dall'editore William Godwin – padre di Mary Shelley - l'incarico di adattare alcune opere di Shakespeare in racconti per l'infanzia.
"Abbiamo scelto di fare un lavoro di ricerca su due personaggi storici realmente esistiti perché partendo dalla loro opera abbiamo tratteggiato due caratteri moderni e affascinanti, le cui battaglie sociali e artistiche risultano ancora oggi attuali e necessarie" – spiegano i due interpreti.
"Raccontami Shakespeare" è costruito su un dialogo evocativo e ironico che alterna momenti di narrazione nei quali alcuni dei più celebri personaggi shakesperiani vivono grazie alla voce e ai sentimenti dei due autori. Il racconto diventa così una storia spietata e comica, dalle tinte gotiche, capace di trasformarsi anche in occasione di denuncia contro un sistema educativo antiquato, un teatro autoreferenziato e una deriva sociale che ha come suo stesso motore la discriminazione del più debole e del diverso.
"Questi due fratelli sono stati capaci di evadere da uno scenario macabro come quello del loro vissuto, e dall'isolamento che ne conseguì, attraverso l'amore e la dedizione al teatro, alla letteratura e alla scrittura. La Bellezza li ha salvati e sono diventati tra gli scrittori più importanti della letteratura per l'infanzia. La loro è un'opera sicuramente sovversiva e allo stesso tempo appassionata" – spiega Livia Pomodoro, presidente dello Spazio Teatro No'hma Teresa Pomodoro.
Le date di mercoledì 17 e giovedì 18 gennaio saranno trasmesse in streaming sui canali del teatro.
L'ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria. Per informazioni consultare il sito www.nohma.org o scrivere a [email protected].
Spazio Teatro No'hma
Stagione 2023/2024 – In Viaggio
RACCONTAMI SHAESPEARE
liberamente tratto da "Racconti da Shakespeare" e dalla vita di Charles e Mary Lamb
drammaturgia e regia: Andrea Cioffi
con Andrea Cioffi e Sara Guardascione
scene: Trisha Palma
costumi: Rosario Martone
musiche: Emanuele Pontoni
disegno luci: Danilo Cencelli
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Nino Benvenuti: Il Campione Italiano del Pugilato
Nino Benvenuti, nato il 26 aprile 1938 a Isola d'Istria (oggi in Croazia), è uno dei pugili italiani più celebri della storia del pugilato. La sua carriera nel ring è stata una storia di successo, determinazione e vittorie indimenticabili che hanno reso il suo nome una leggenda nel mondo dello sport. I Primi Passi nel Mondo del Pugilato La passione di Nino Benvenuti per il pugilato è iniziata fin da giovane. Cresciuto in un'area dell'Italia con una forte tradizione pugilistica, ha iniziato ad allenarsi e a combattere come dilettante. La sua abilità sul ring e la sua dedizione lo hanno rapidamente portato al successo nelle competizioni giovanili. Nel 1955, all'età di 17 anni, ha partecipato ai Campionati Europei di Pugilato, vincendo la medaglia d'oro nella categoria dei pesi leggeri. Questa vittoria lo ha fatto emergere come una stella nascente nel pugilato italiano e internazionale. La Carriera da Campione del Mondo Nel corso della sua carriera, Nino Benvenuti ha combattuto in diverse categorie di peso, ma è nei pesi medi che ha ottenuto la fama mondiale. Nel 1965, ha affrontato il leggendario pugile americano Emile Griffith per il titolo mondiale dei pesi medi. La lotta è diventata una delle più memorabili della storia del pugilato, e Benvenuti ha vinto per decisione unanime, diventando il campione del mondo. Benvenuti ha difeso con successo il suo titolo in diverse occasioni, consolidando la sua reputazione come uno dei pugili più formidabili del suo tempo. Le sue abilità sul ring includevano una difesa solida, una tecnica superba e una precisione micidiale nei colpi. Era noto per il suo stile calmo e misurato, che spesso confondeva gli avversari. Le Battaglie Iconiche Nino Benvenuti ha partecipato a molte battaglie iconiche durante la sua carriera. Tra queste, la rivalità con Emile Griffith è la più famosa. Dopo aver perso il titolo per decisione controversa contro Griffith, Benvenuti ha fatto un ritorno straordinario, sconfiggendo Griffith per riprendersi il titolo. Questi incontri epici hanno reso la loro rivalità una delle più celebri nella storia del pugilato. Il Ritiro e il Post-Pugilato Dopo una carriera da campione, Nino Benvenuti ha annunciato il suo ritiro dal pugilato nel 1971. Tuttavia, la sua influenza nel mondo dello sport non si è esaurita con il suo ritiro. Ha lavorato come commentatore sportivo e ha condiviso la sua conoscenza e la sua esperienza nel pugilato con il pubblico italiano. Nino Benvenuti è stato un modello di perseveranza e determinazione nel mondo del pugilato. La sua storia è un esempio di come la dedizione, l'allenamento duro e la passione possono portare al successo in un campo altamente competitivo. La sua influenza nel pugilato italiano è incancellabile, e il suo nome rimarrà per sempre legato alle vittorie e ai trionfi all'interno del ring. Nino Benvenuti è un'icona dello sport italiano e un campione che ha ispirato generazioni di pugili e appassionati di pugilato in tutto il mondo. La sua eredità è stata scolpita con la determinazione, la disciplina e la passione che hanno reso il suo nome immortale nella storia dello sport. Foto di kalhh da Pixabay Read the full article
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6 ago 2023 17:36
GIORGIA MELONI DEVE DECIDERE: O COLLE OPPIO O IL GOVERNO – LA “RESTITUZIONE” DELLA STORICA SEDE DEL MSI A ROMA A FRATELLI D’ITALIA NON FA GIOIRE GIORGIA MELONI, STRITOLATA COM'È TRA LE ISTANZE IDENTITARIE DEI "GABBIANI" E LA NUOVA VERSIONE, DEMOCRISTIANA IN POLITICA INTERNAZIONALE – MA SE VUOLE FARE IL SALTO DI QUALITÀ, DEVE ABBANDONARE I VECCHI FASCI (PARDON, FASTI) E ABIURARE – POLITO: “DA UN LATO DEVE TENERE ANNODATO UN QUALCHE FILO CON LA SUA TRADIZIONE, PER SFUGGIRE ALL’ACCUSA DI AVERNE TRADITO GLI IDEALI. MA DALL’ALTRA DEVE DISFARSENE AL PIÙ PRESTO…” -
Estratto dell’articolo di Antonio Polito per il “Corriere della Sera”
La «Colle Oppio», come a Roma è nota la prima sezione del Msi in Italia, rappresenta per la destra post-fascista ciò che le catacombe rappresentano per i cristiani: il posto dove tutto è cominciato, il mito originario, il tempio venerabile. Ne racchiude in sé i luoghi sacri e i luoghi comuni.
In quella specie di grotta di 70 metri quadri, ricavata tra i ruderi delle antiche Terme di Traiano, trovarono rifugio i primi esuli istriani in fuga dal comunismo di Tito, accolti nel 1946 dai reduci della Repubblica Sociale che avrebbero poi fondato il Movimento Sociale Italiano. Base per scorribande o fortino da difendere dalle scorribande altrui, Colle Oppio ha vissuto da protagonista gli anni di piombo.
[…] Nei turbolenti anni ‘70 è stata forse il confine tra il post-fascismo e il neo-fascismo, il luogo più estremo e radicale della destra missina che non è però mai passato dalla parte della destra eversiva. E anche un luogo di sperimentazione politica ardita, promossa dal gruppo dei Gabbiani guidato da Fabio Rampelli, nel quale Giorgia Meloni ha fatto il suo apprendistato.
[….] Se «io sono Giorgia» appare una leader non fabbricata in laboratorio, ma quasi un prodotto della Prima Repubblica nonostante la sua giovane età, è proprio per quella esperienza. In quel gruppo si riscoprirono Tolkien e la Terra di Mezzo, una dimensione di ascetismo pagano fatta di camminate in montagna e divieto di alcolici, ma anche di comunitarismo spinto al limite della setta: Francesco Lollobrigida e la moglie Arianna Meloni si conobbero lì, e lì si formò Giovambattista Fazzolari, oggi sottosegretario a Palazzo Chigi, uno dei pochissimi di cui la premier si fidi . Per Rampelli quel luogo e quella storia continuano tutt’oggi a rappresentare lo zenit della sua vicenda politica.
Il movimento dei Gabbiani era anche un partito nel partito, una lobby interna, un gruppo di pressione, e comunque una scuola politica di indiscutibile efficacia, se ha prodotto una presidente del Consiglio. Rampelli si era fatto un cruccio dello sfratto deciso nel 2020 dall’allora sindaca Raggi, la quale adducendo motivi di morosità riuscì a togliere l’antro di Colle Oppio alla destra. Tanto ha detto e tanto ha fatto, alla fine ha convinto Gualtieri, il nuovo primo cittadino della Capitale, a restituire la storica sede alla destra (lo ha raccontato il Foglio ), ma con la promessa di trasformarla in un museo che celebri la vicenda degli esuli dall’Istria.
Si sa che Rampelli da tempo non è più la guida né spirituale né politica di Giorgia Meloni, si potrebbe anzi dire che l’allieva ha rinnegato il maestro, o almeno l’ha commissariato, visto che pochi mesi fa il partito romano di Fratelli d’Italia è stato decapitato per decisione della ex ragazza che vinse il congresso dei giovani missini alla guida della lista dei Figli d’Italia. Ma riprendendosi e riaprendo Colle Oppio, non è detto che Rampelli abbia fatto un favore alla sua leader.
Da molti punti di vista questo luogo è diventato nel tempo anche un baluardo identitario, ricorda battaglie e ideali che oggi non vanno più di moda, e anzi possono essere imbarazzanti per una premier che pranza con Biden e cena con Macron. Non è un caso se proprio davanti alla sede di Colle Oppio nell’ottobre dello scorso anno apparve uno striscione nostalgico e polemico dipinto sul verso dei manifesti elettorali della Meloni: «Ritorna il vecchio sogno», c’era scritto nei tipici caratteri grafici neofascisti imitati dalle lettere runiche, e aveva a fianco il logo storico della sezione, con la C e la O attraversati da una saetta.
Il rapporto con l’identità è infatti il punto più delicato della metamorfosi di Giorgia Meloni. Da un lato deve tenere annodato un qualche filo con la sua tradizione, per sfuggire all’accusa, da quelle parti infamante, di averne tradito gli ideali. Ma dall’altra deve disfarsene al più presto, o almeno farli dimenticare perché, come ha detto il senatore Mario Monti, «la ragione per cui è apprezzata in Italia e all’estero è perché è brava, inattesamente brava». Non certo perché viene da Colle Oppio e dalla sua «comunità di ribelli » .
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CIRO IL GRANDE, UN CONQUISTATORE SAGGIO E GENEROSO
CIRO IL GRANDE, UN CONQUISTATORE SAGGIO E GENEROSO
La storia delle grandi conquiste è resa famosa da celebri e sanguinose battaglie e dal nome dei loro condottieri. Ma il valore dei veri grandi conquistatori va misurato anche secondo altri parametri: nessun combattimento merita menzione se, dopo, non si sono verificati profondi cambiamenti di ordine sociale, politico e amministrativo. Dunque, solo ad alcuni conquistatori del mondo antico spetta…
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Celebri battaglie in terra di Toscana
Azzo di Masetto – Scontro tra cavalieri (particolare di affresco fine sec. XIII) La battaglia di Alalìa fra Etruschi, Greci e Cartaginesi (540 a.C. circa) La battaglia di Talamone tra Celti e Romani del 225 a.C. La battaglia di Talamone narrata da Polibio Annibale dalla Trebbia al Trasimeno 217 a.C. La battaglia di Pistoia (62 a.C.) La battaglia di Scarperia del 542 d.C. La battaglia di…
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Bari, da oggi apre al pubblico "I love Lego"
Bari, da oggi apre al pubblico "I love Lego". Si è svolta questa mattina, a Spazio Murat, la preview riservata alla stampa di “I Love Lego”, la mostra sui mattoncini colorati più famosi al mondo, alla quale ha partecipato anche il sindaco Antonio Decaro. “In questo periodo al Museo archeologico di Santa Scolastica, al Teatro Margherita, al Castello Svevo e al Museo Civico sono in corso una serie di mostre pensate per i pubblici più diversi - ha commentato il sindaco -. A questa offerta si aggiunge da oggi anche I Love lego a Spazio Murat, che richiamerà gli appassionati di ogni età e sarà una festa specie per i più piccoli, ai quali abbiamo voluto dedicare idealmente questo Natale a Bari, con il Villaggio di Babbo Natale e la giostra dei cavalli a due piani in piazza Umberto, e il grande l’Albero di Natale in piazza del Ferrarese, proprio a un passo da qui. Il mio augurio è che questo Natale possa rappresentare un momento di gioia per i bambini della città e per tutti quelli che verranno a trovarci da fuori, e di serenità, anche per i commercianti baresi”. “La mostra I love Lego - ha dichiarato l’assessora alle Culture Ines Pierucci - si inserisce nel percorso delle esposizioni che abbracciano un pubblico trasversale e per questo Natale riunisce la comunità di tanti curiosi e numerosi appassionati senza età. L'assessorato alla cultura della città di Bari intende favorire un'occasione unica attraverso il gioco, che da sempre aiuta i bambini e i più grandi a ritrovarsi uniti in un’esperienza positiva, con contenuti che coniugano intrattenimento e apprendimento. Ringrazio The Hub e Giusi Ottonelli per aver accolto e collaborato a questa mostra nel solco del suo impegno a Spazio Murat per l'avvicinamento del pubblico dei più piccoli al design e all'architettura, nonché il gruppo Arthemisia e Nicolas Ballario per aver scelto Bari tra le mete di questo importante appuntamento espositivo, che appena annunciato ha già riscosso grande interesse”. “Spazio Murat è felice di ospitare questa mostra - ha sottolineato Giusy Ottonelli, founder della società The Hub Bari, gestore di Spazio Murat -. I mattoncini sono uno strumento non solo ricreativo ma anche di formazione per tantissime bambine e bambini. Una formazione giocosa e consapevole vicina al processo che lo spazio fa con la scuola di architettura per bambine e bambini. Intere generazioni hanno giocato e giocano con questi mattoncini, grandi e piccoli, genitori e figli, nonni e nipoti potranno attraverso questa mostra incontrarsi e scoprire nuovi modi di creare e di giocare con la propria fantasia”. In un gioco di colori e prospettive, tra spettacolari diorami e creazioni artistiche, fino al 19 marzo 2023 sarà possibile divertirsi a Spazio Murat all’interno di scenari minuziosamente riprodotti e ambienti realizzati in decine di metri quadrati con oltre mezzo milione dei mattoncini più famosi del mondo. I LOVE LEGO presenta in scala ridotta dettagliatissime riproduzioni di fantastici mondi: dai castelli ispirati alle epiche battaglie medievali a scene della seconda guerra mondiale; dalla frenesia della città contemporanea coi suoi grattacieli, centro storico, aree ricreative e stazioni ferroviarie agli scorci delle vie del centro storico di tipici villaggi bavaresi; dalla conquista dello spazio, alla suggestiva riproduzione di un paesaggio natalizio estroso e pieno di sorprese. Costruzioni e non solo. Attraverso una “caccia al personaggio” - tra grattacieli e palazzi, tra astronavi e cavalieri - il visitatore è invitato a cercare personaggi celebri (e non) nascosti all’interno delle installazioni: da Harry Potter a Dart Fener, diversi gli ospiti a sorpresa i delle installazioni: da Harry Potter a Dart Fener, diversi gli ospiti a sorpresa inseriti nelle divere installazioni che accompagnano nella visita tutti coloro che vogliono divertirsi a scovare tra i mattoncini. A dimostrare quanto i moduli più famosi del mondo siano in grado di “creare arte a 360°”, in mostra allo Spazio Murat immancabili saranno anche le tele di Stefano Bolcato, rivisitazioni in versione ‘omini LEGO’ delle più grandi e famose tele e capolavori della storia dell’arte, dalla Gioconda ai più attuali quadri di Frida Kahlo; ma anche le vignette/installazioni comiche del collettivo LEGOlize - autori nel 2016 dell’omonima pagina umoristica che oggi conta oltre 2 milioni di followers sui social - dove la comicità diventa arte. La mostra I LOVE LEGO, organizzata con il patrocinio del Comune di Bari, è prodotta e organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia. La mostra non è direttamente sponsorizzata da LEGO ma realizzata grazie ad alcuni dei più grandi collezionisti del mondo. La mostra aprirà al pubblico a partire dalle ore 15.00 di oggi. I DIORAMI WINTER VILLAGE Questo villaggio invernale, realizzato nel 2018 con circa 62.000 pezzi, è il risultato di un lavoro di studio e costruzione durato 5 anni. Il paesaggio e gli edifici in questo diorama non si trovano in commercio ma sono stati creati partendo dalla mia immaginazione, progettato al CAD e raccogliendo i singoli pezzi in tutto il mondo. L’ispirazione principale è passione per la montagna, la neve e la magia del Natale. Molti particolari o edifici sono stati ispirati alla realtà e a momenti legati all’infanzia del costruttore. Il villaggio è stato pensato con l'idea di creare dei "moduli" agganciabili tra loro, permettendo così di farlo crescere anno dopo anno. In questo modo si è riuscito a renderlo sempre più ricco di edifici, scene e dettagli che ricreino l’incantevole atmosfera natalizia di un villaggio invernale di montagna. Oggi il villaggio è composto da 42 moduli e 230 personaggi, molti dei quali insoliti o famosi che non c'entrano nulla con un villaggio natalizio ma che contribuiscono ad arricchirlo e a renderlo unico! GRANDE DIORAMA CITY Il Grande Diorama City del 2018, coi suoi circa 160.000 pezzi, è la massima espressione del tema cittadino rappresentato da costruzioni uniche e irripetibili, realizzate interamente con mattoncini originali e utilizzando sia tecniche di costruzione tradizionali sia tecniche anticonvenzionali. I costruttori progettano e realizzano indipendentemente le loro opere usando ispirazioni e stili diversi, utilizzando schizzi, disegni tecnici ma anche software di progettazione assistito dedicati ai mattoncini Lego. La collezione di queste creazioni viene arricchita costantemente da nuove opere composte da migliaia di mattoncini e ricche di particolari. L’assetto urbano viene definito usando software CAD più convenzionali; si delineano così i quartieri del centro storico, i moderni grattacieli, stazione, scalo merci e tratte ferroviarie, zone verdi e aree ricreative. OPERAZIONE NAKAM Questo spettacolare diorama del 2017 ricostruisce, attraverso circa 160.000 pezzi, lo scenario di un avvenimento storico avvenuto nel 1945 in Friuli (regione del Nord Italia). Rappresenta la vendetta (nakam in ebraico) della brigata antinazista che in quel periodo cercava giustizia nelle terre di tutto il paese. La cura dei dettagli e la passione con la quale è stato realizzato sono il punto di forza di questa opera che non conosce precedenti. DIORAMA CLASSIC SPACE Ideato e progettato nel 2019 da uno dei più grandi collezionisti al mondo di set e pezzi originali della serie anni ’80 Lego® Classic Space il grande diorama “Spazio” riproduce con circa 50.000 pezzi un insediamento minerario lunare. In questo futuristico scenario l’uomo si avvale dell’aiuto di astronavi, droidi e macchinari per la ricerca di nuove risorse. La sua realizzazione è in continuo divenire in quanto di volta in volta si arricchisce di nuovi elementi unici e irripetibili creati dal costruttore che trae ispirazione oltre che dalla serie originale anche dalle più importanti saghe di fantascienza cinematografiche. VILLAGGIO TIROLESE Questo diorama del 2017 è la riproduzione un villaggio Tirolese, nessun paese in particolare ma si ispira all'atmosfera unica che si respira nelle vie di quei luoghi di montagna. Alcuni edifici sono parziali riproduzioni di edifici realmente esistenti delle zone dell’Alto Adige (regione del Nord Italia). Progettato senza l’ausilio di strumenti CAD, coi suoi circa 90.000 pezzi, ha richiesto 2 anni di lavoro per la sua realizzazione per via della difficolta del reperimento dei pezzi e per il vero e proprio impegno nella costruzione. GRANDE DIORAMA CASTELLO Il grande diorama castello nasce nel lontano 2011 dalla voglia di ricreare i famigerati scenari del medioevo. Il diorama è stato soggetto a numerosi cambiamenti nel corso degli anni e si evolve di anno in anno con l’aggiunta di nuove zone e costruzioni. Il diorama ha una superficie totale di circa 13 m2 ma in alcune esposizioni tenute in Italia il diorama ha raggiunto la superficie record di 35 m2. Qui, coi suoi circa 250.000 pezzi, riproduce le foreste attraversate dai cavalieri e il forte del re, la città fortificata e i sentieri che portano al lago. In questa foresta, dove risiedono alcuni fuorilegge, è pericoloso addentrarsi senza una valida scorta! Al centro di questi fantastici scenari si sviluppano le fattorie dove i contadini lavorano instancabili.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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LA STRAORDINARIA VITA DI LEE MILLER, DA MODELLA A REPORTER DI GUERRA.
Nel 1913 Gustave Flaubert pubblicò un libro in cui raggruppava, in maniera enciclopedica, tutti luoghi comuni diffusi nella società parigina, e quindi occidentale, di allora. A distanza di oltre un secolo, non tutti i cliché contenuti nel Dictionnaire des idées reçues sono totalmente scomparsi: uno dei più duri a morire è quello secondo cui “la donna artista non può che essere in realtà una semplice sgualdrina”. La storia dell’arte, costellata da figure di primissimo livello già in età antica, sconfessa ovviamente questa affermazione. Scardinare certe convinzioni non è mai facile, soprattutto se provi a farlo quando sei al contempo anche una delle bellezze più affascinanti del tuo tempo.
Lo scoprirà a sue spese Elizabeth Miller, per tutti “Lee”, che nel 1913 ha solo sei anni ma ha già iniziato a condividere col padre Theodore la passione per la fotografia. La piccola di casa non si limita infatti a fare da semplice modella per lui, ma studia anche le sue tecniche. L’anno dopo Lee rimane vittima di un episodio ancora non del tutto chiarito, destinato a lasciare una ferita indelebile nella sua vita. Nel 1914, la madre Florence MacDonald è costretta al ricovero in ospedale e la bambina viene affidata ad alcuni amici di famiglia a Brooklyn. Qui la piccola Lee viene abusata, probabilmente proprio da chi la stava ospitando e, per reazione, inizia a chiudersi nel carattere duro e poco incline ai compromessi per cui diverrà famosa.
Nella lista delle cose da non fare a New York, pubblicata nel 2014, la rivista Condé Nast Traveler sconsiglia ai turisti di passeggiare per zone centrali e trafficate come Times Square. Lee Miller sarebbe probabilmente la testimonial ideale della bontà di questo consiglio: nel 1926, è una studentessa di scenografia alla Art Students League della Grande Mela quando rischia di essere investita da un’auto proprio a Manhattan. A salvarla dall’impatto è per un caso del destino Condé Montrose Nast. L’editore resta colpito dalla bellezza elegante di Lee Miller ma anche dal suo senso dello stile e le propone lì, in mezzo alla strada, di diventare uno dei volti da copertina del suo giornale, Vogue. Negli anni seguenti, Lee diventa una delle modelle più celebri d’America e un’icona della moda. Questa celebrità non rappresenta la sua aspirazione primaria ma lei sta al gioco, un po’ perché ha bisogno di denaro e un po’ perché posando può osservare all’opera i migliori fotografi del Paese.
La carriera da it-girl di Miller procede senza scossoni fin quando non entrano in gioco gli assorbenti. Parlare di mestruazioni è complicato ancora oggi, ma nel 1927 era un assoluto tabù. Quando Lee Miller diventa la prima donna a prestare il suo volto alla campagna pubblicitaria di un marchio di tamponi, la sua carriera da modella nell’America bigotta degli anni Trenta è finita. Non ne fa una tragedia: non vuole essere più una musa, bensì l’artista dietro la macchina da presa. Una delle sue frasi più famose, destinata a essere ripresa in eterno è: “Preferisco fare una foto che essere una foto”. Per realizzare i suoi progetti non c’è posto migliore della Parigi di quel periodo. Con la sfrontatezza che le è propria, Miller bussa alla porta della casa parigina di chi allora stava riuscendo meglio a mischiare fotografia e arte: l’altro emigrante newyorchese Man Ray. L’artista non è propriamente entusiasta all’idea di avere un’apprendista come Lee Miller, ma ci mette poco a ricredersi: in poco tempo tra loro nasce un sodalizio professionale che sfocia in un’intensa storia d’amore. Si completano, hanno lo stesso gusto surrealista e diventa difficile capire quali foto siano effettivamente opera di lui e quali di lei.
Insieme inventano fortuitamente anche la tecnica della solarizzazione. Un giorno, mentre sono entrambi nella camera oscura, Lee Miller accende inavvertitamente la luce. Le parti del negativo che non dovevano essere esposte hanno incontrato inavvertitamente questa luce improvvisa: ora il fondo e l’immagine non si uniscono e rimane il tratto nero che caratterizza qualcosa di nuovo, la “solarizzazione” appunto. Da questa tecnica nascono foto iconiche come il ritratto solarizzato dell’artista surrealista Meret Oppenheim, una delle tante amiche e colleghe della coppia insieme a personaggi del calibro di Picasso e Breton. Miller ammira molto Man Ray, ma non è più soddisfatta da quella relazione basata sulle dinamiche tra allieva e maestro: sa di essere una fotografa completa e autonoma e, pur essendo ancora affezionata a lui e a Parigi, torna a New York per aprire finalmente il suo studio al numero otto della East 48th Street. Con lei c’è il fratello Erick, che ha già collaborato col fotografo di moda Toni Von Horn. Miller è ancora conosciuta nell’ambiente newyorchese: trova clienti importanti come Helena Rubinstein e riesce addirittura a lavorare con le due maggiori stiliste del tempo, allora acerrime rivali, Elsa Schiaparelli e Gabrielle Chanel.
Miller è però inquieta e sempre alla ricerca di nuove sfide. Stanca della fotografia commerciale e dei lavori per il mondo della moda, abbandona di nuovo New York. Sedotta dal facoltoso Aziz Eloui Bey e dalla prospettiva di emigrare con lui in Egitto, abbandona il lavoro di fotografa e parte per l’Africa. Nelle passeggiate nel deserto, unico vero passatempo della sua nuova vita egiziana, Miller riprende a fotografare e lo fa con un occhio più surrealista che mai: nei suoi scatti si incontrano persone ritratte solo dai piedi fino alla vita, specchi e addirittura ombre di piramidi riprese dall’alto. Eppure, di nuovo stanca della routine, si sente un’altra volta in trappola: scappa a Parigi, dove conosce il curatore d’arte Roland Penrose, che sposerà.
Nel 1939 lascia definitivamente Bey e l’Egitto per trasferirsi con Penrose a Londra. L’idillio inglese della coppia dura però poco: a interromperlo dopo poco è l’inizio della seconda guerra mondiale. Penrose viene chiamato a prestare servizio al fronte e la fotografa rimane sola, in una capitale che inizia a essere bombardata da frequenti blitz aerei. In quel periodo, Lee Miller si guadagna da vivere come fotografa di moda per Vogue ma, ancora una volta, non si accontenta della stabilità lavorativa raggiunta: sente che non può vivere in una bolla mentre fuori il conflitto mostra già le prime tragiche conseguenze. Miller comincia così a unire la fotografia di moda al reportage di guerra, regalando foto stranianti quanto ricche di significato. Le due modelle ritratte all’ingresso di un rifugio anti-bombardamento, con le loro ingombranti maschere di protezione in Fire Masks o la Rose Descat ritratta a Parigi in un negozio di cappelli, sono le protagoniste di scatti con cui Miller testimonia come la guerra mini anche il quotidiano di chi, fino a quel momento, ha provato a ignorarla.
In una lettera del 1944, Lee Miller spiega ai genitori che ormai per lei non è più il tempo di lavorare per le riviste patinate: “Mi sembra piuttosto stupido continuare a lavorare per una rivista frivola come Vogue, che può essere buona per il morale del Paese, ma un inferno per il mio”. Lee trova un accredito stampa e, assieme all’amico e collega David E. Scherman di Life, parte al seguito dell’esercito americano in Europa. È forse proprio Scherman a ritrarla in divisa da ufficiale prima della partenza: alle spalle di Lee c’è un numero di Vogue con una patriottica bandiera americana e, sul cappello e sulla giacca, si legge la scritta war correspondent. La Miller è la prima donna a cui è permesso di stare così in prima linea: fotografa senza remore gli ospedali di guerra, le SS morte nei canali, i campi di concentramento e cattura addirittura le struggenti immagini di bambini morenti. Ed è l’unica reporter che riesce a documentare l’assalto alla fortezza di Saint Malo.
Sempre in compagnia di Scherman, Lee riesce persino a entrare nell’appartamento di Hitler. La sua foto mentre si fa il primo bagno dopo settimane nella vasca del Führer diventa il simbolo della vittoria: il Terzo Reich è stato annientato, scomparso come il celebre chalet di Hitler, il Nido d’Aquila, che Lee stessa riesce a fotografare avvolto nelle fiamme. Lee Miller ha vinto anche la sua guerra personale: ha dimostrato che una donna può essere un’artista, riuscendo a dare il meglio nelle situazioni più difficili ed estreme. Quando però torna finalmente a casa non ha più la forza per festeggiare il successo: le tante battaglie combattute l’hanno stremata e svuotata. Tornata in Inghilterra, i fantasmi di quello che ha vissuto la perseguitano anche nella tranquilla tenuta dove Penrose sperava di passare con lei una serena vecchiaia. I disturbi post-traumatici e le crisi depressive si fanno sempre più forti per Miller, che inizia a bere. Ha un figlio e i suoi amici di sempre: Picasso, Max Ernst e anche il vecchio amore Man Ray, le restano vicino fino all’ultimo, fino alla sua scomparsa nel 1977.
Lee Miller ha messo tutta se stessa in quello che faceva e i successi di donne come lei hanno aiutato tante ragazze a capire che non bisogna mai accontentarsi o censurarsi per assecondare le convenzioni. Avrebbe potuto limitarsi a sfruttare la sua bellezza, scegliere di rimanere confinata al ruolo di sex symbol di un’epoca, ma ha voluto sempre di più perché desiderava far sentire la sua voce attraverso l’arte. Ancora oggi il suo coraggio dovrebbe essere di esempio per tante altre donne.
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La breve storia triste dei negazionisti della neve Il 2020 è stato l’anno dei negazionisti. Ne sono comparsi in tutte le salse. In origine erano i terrapiattisti con le loro sgangherate teorie smentite a tutte le latitudini. Poi la pandemia ha reso celebri le battaglie di chi considerava (e forse considera ancora) il Covid come un male inesistente. In Italia, poi, abbiamo incontrato i negazionisti dei camion frigoriferi e anche quelli dell’arte. Ma se noi piangiamo, in Spagna non si ride affatto. Ed ecco comparire la frotta dei negazionisti della neve. (...) Secondo la donna protagonista del video virale sui social, quella caduta dal cielo non è neve, ma plastica. E prova a sostenere questa sua tesi (sbagliata) prendendo un accendino e avvicinando la fiamma al piccolo cumulo appena creato prendendo la neve dal pavimento del suo terrazzo. Perché i negazionisti delle neve hanno torto? Proviamo a spiegarlo con evidenze scientifiche (che si palesano anche guardando quel video). La macchia nera che si forma nella zona entrata in contatto con la fiamma è provocata dalla combustione del gas (butano) presente all’interno dell’accendino, ricco di impurità che – se vengono bruciate – producono quel colore scuro. Ma perché la neve non si scioglie? Qui entra in ballo il Leidenfrost: quando la neve entra in contatto con una superficie che ha una temperatura ben al di sopra il punto di ebollizione (la neve è composta, per lo più da acqua, quindi parliamo di 100 gradi centigradi) la superficie stessa di quella palla di neve ha una reazione scientifica. La zona di contatto inizia il processo di sublimazione che forma del vapore (vediamo quella piccola dose di fumo anche nel video) che, per sua natura, respinge il calore impedendo (nel giro di poco tempo) di farla sciogliere. di Enzo Boldi
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Riccardo Tennenini
IL TRAMONTO DEL MONDO BIANCO
La società multiculturale, tra “grande sostituzione” e Black Lives Matter
Le proteste scaturite dalla morte di George Floyd hanno assunto una portata planetaria. I saccheggi e le sommosse, accompagnati dalle roboanti campagne mediatiche e dall’abbattimento delle statue, hanno mostrato i limiti di un modello multiculturale che sembra essere proiettato verso il baratro della furia iconoclasta e delle perenni tensioni, nel solco della nuova narrazione funzionale al “pensiero unico” e ai meccanismi di mercato.
Se è vero che “le vite dei neri contano”, che cosa accade al “mondo bianco”? Quale futuro si prospetta - nella cosmopoli globale del terzo millennio - per gli europei e per i loro discendenti d’oltreoceano? Afflitto dal declino demografico e sottoposto ad una forte pressione dal Terzo Mondo, l’Occidente si avvia stancamente al tramonto della propria Civiltà originaria. Tra “white guilt”, inginocchiamenti di massa, rimozione forzata della storia e livellamento delle appartenenze, dunque, si impone una discriminazione strisciante e “politicamente corretta”.
Questo saggio affronta il tema della “società aperta” alla radice, riportando dati, fatti e testimonianze che non trovano spazio nei media mainstream: dalle “no go areas” nel cuore del Belgio alle celebri banlieue francesi; dal melting-pot inglese alla metamorfosi della società americana; dal nuovo caos svedese alla violenta trasformazione sudafricana; dalla tragedia rhodesiana all’Untergang tedesco, passando per l’evoluzione di Haiti e per l’attuale contesto italiano.
L’autore, inoltre, dedica particolare attenzione al fenomeno del cosiddetto “antirazzismo”, ripercorrendone le tappe e gli effetti: dalle prime battaglie per i diritti degli afroamericani alla genesi del “potere nero”, fino al più recente fenomeno dei “Black Lives Matter”, che trova aperto sostegno nei gangli vitali del sistema globale.
Un viaggio nel mondo che verrà, dove la disgregazione delle identità rischia di produrre inutili “guerre tra bande” e pericolose derive razziali.
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Matteo Renzi: «Non lascio Italia viva, noi decisivi nel 2023. Letta meglio di Zingaretti»
[...]La crisi del governo Conte è stato un vero e proprio big bang per Pd e M5S. Con Letta al Nazareno, i rapporti si fanno più difficili o più facili?
«Non so se più facili, sicuramente più semplici. Zingaretti aveva consegnato a Conte la leadership del centrosinistra. Letta invece rivendica un profilo riformista. Meglio Enrico, su questo. Vediamo però se dalle parole si passerà ai fatti perche il problema sarà capire se riesce a concretizzare ciò di cui parla. E il primo banco di prova, ovviamente, sono le amministrative a cominciare dalla Capitale».
Ovvero presidente?
«Il voto romano è il più importante delle prossime elezioni. Mi auguro che il Pd non si farà risucchiare da un accordo con la Raggi».
Dica la verità: si è pentito di quell’Enrico stai sereno di sette anni fa?
«Le parole volano, i fatti restano. Il cambio di governo fu una decisione pressoché unanime della coalizione per dare una scossa all’azione dell’esecutivo. Io non sono pentito di ciò che abbiamo fatto negli anni di governo, anzi. Agli altri lascio gli slogan io mi tengo le statistiche di Pil, occupati, tasse. In quegli anni c’era chi aumentava l’Iva e chi toglieva l’Imu. Ma non mi interessa tornare su un argomento che per me ormai è passato remoto. Io sono sereno davvero, come vede. Molto sereno».
A proposito di sue frasi celebri: lei ha parlato di Nuovo Rinascimento in Arabia Saudita ignorando l’omicidio del giornalista Khashoggi nel 2018...
«Ho condannato l’omicidio Khashoggi già nel 2018, quando non ne parlava nessuno. Ma adesso attaccarmi sull’Arabia è diventata la magra consolazione di chi in Italia ci considerava morti e sepolti e si è dovuto arrendere davanti all’operazione Draghi. Per mesi ci hanno considerato superflui. Quando si sono accorti che non era così e anzi eravamo stati decisivi hanno spostato l’attacco sulla questione Saudita. Non mi tiro indietro e rispondo punto per punto. L’Arabia Saudita è un paese chiave nella lotta all’estremismo islamico. Certo, non è una democrazia occidentale, anzi. E dunque vanno incoraggiati tutti gli sforzi nella direzione delle riforme. A cominciare dai diritti delle donne: fino a cinque anni fa in Arabia Saudita non potevano nemmeno guidare, oggi le ragazze sono presenti in molti ruoli di responsabilità».
Parliamo di un giornalista assassinato, presidente.
«E infatti ho condannato ogni attacco alla libertà dell’informazione in tutti i Paesi del mondo, non solo a Riad, ma anche in Turchia, in Iran, in Russia, ovunque. Trovo davvero strumentale questa polemica».
Il portavoce di Amnesty Italia la accusa di «fare un cattivo servizio ai diritti umani». Cosa risponde?
«Più della metà dei cittadini del pianeta vive in regimi non democratici. Aiutare questi Paesi a scegliere la strada delle riforme incoraggiando la difesa dei diritti umani, a cominciare dai diritti delle donne, è l’impegno di chi fa politica. Le Ong giustamente fanno un altro mestiere: chi fa politica invece deve coltivare relazioni perché i leader dei paesi non ancora democratici incoraggino e valorizzino i diritti. È un tema che riguarda moltissimi Stati, io nel mio piccolo lavoro in questa direzione. I diritti umani si difendono con le faticose riforme quotidiane più che con le rivoluzioni appariscenti: la penso così da tempo e non ho cambiato idea. Questo è vero più che mai nel mondo arabo».
Lei è molto spesso all’estero, l’ultimo fine settimana a Dakar. Non è che sta pensando di lasciare il Parlamento per dedicarsi a tempo pieno a queste relazioni internazionali senza doverne render conto a nessuno?
«Non lascerò il Parlamento anche se capisco che piacerebbe a molti miei avversari. E rendo conto di tutto, dei miei soldi come delle mie battaglie. Finito il lockdown girerò l’Italia con un nuovo libro, perché non mi fermo davanti alle polemiche, anzi rilancio. Continuerò inoltre a viaggiare. Sono stato e tornerò in Africa, in Arabia Saudita, in Cina, negli Stati Uniti. Ovviamente senza gravare di un solo centesimo sul contribuente italiano».
Quindi non abbandona la sua creatura: che futuro immagina per Italia viva?
«Siamo stati decisivi in tutti i passaggi di questa legislatura, soprattutto dopo la crisi aperta da Salvini e dopo quella aperta da Conte. Dicono che abbiamo il 2%, ma non si rendono conto che l’importante non sono i sondaggi ma la capacità di fare politica. E anche chi mi odia deve riconoscere che noi l’abbiamo fatta. Abbiamo due anni davanti per crescere, avvicinare i più giovani, alimentare un dibattito sulle idee. Se faremo questo, saremo decisivi anche nel 2023 per la prossima legislatura»[...]
di Barbara Jerkov - Il Messaggero
il tersite ciarlatano
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