#Ancora una Preda
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pier-carlo-universe · 5 months ago
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Ancora una Preda di Robert Dugoni: un thriller avvincente tra ombre, verità e corruzione
P. J. Mann ci trascina nel cuore di Roma con un’indagine carica di mistero e colpi di scena
Robert Dugoni ci regala un nuovo capitolo mozzafiato nella serie di Tracy Crosswhite Ancora una Preda, decimo volume della celebre serie di Tracy Crosswhite, conferma il talento di Robert Dugoni nel creare trame intricate e personaggi memorabili. Ambientato a Seattle, questo romanzo ci conduce nelle profondità della giustizia, esplorando il lato oscuro della legge e i segreti di un assassino…
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raccontidialiantis · 4 months ago
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La passione della vedova
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Ha perso il marito da un anno: per uno stupidissimo incidente stradale. La rispettano tutti e tutti l'hanno aiutata a rimettersi in carreggiata. Le hanno trovato un bel lavoro nell'azienda di famiglia e s’è rimessa in discussione. Professionalmente non ha voluto sconti e quindi con le unghie e con i denti s’è ritagliata un suo spazio di utile contributo. Oggettivamente è molto brava; nei reparti la sentono, la coinvolgono. Però tutti la trattano sempre come una preziosa e fragile porcellana; cioè con delicatezza e rispetto. In azienda amavano quell’uomo. I beni di famiglia poi hanno aiutato. Tutti si sono prodigati; i suoceri non mancano di prendersi cura dei suoi figli e lei per questo li ama e li ringrazia.
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Un quadretto familiare e privato tutto sommato sereno. Ma le manca il meglio: le urge. Sta impazzendo dentro perché è preda di una follia tutto sommato innocente, ma esternamente ben dissimulata: vuole assolutamente un uomo dentro di lei. Basta delicatezze e guanti bianchi. Vuole carne e sangue, sudore e odore d’amore in un letto. Lenzuola sdrucite e impregnate dei prodotti dell'amore, sporche dei desideri osceni di due amanti sfiniti ma finalmente soddisfatti. Trucco sfatto, che le cola dagli occhi. Animo e sensi felici e appagati. La sua fica desidera essere leccata e mangiata. A lungo: in breve, lei vuole soffocare un uomo d'amore. Anela ad avere nel letto qualcuno che la scaldi, che se la coccoli e che se gli gira la prenda in modo un po’ spartano; come faceva lui.
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O magari anche peggio: è pronta, lo desidera da tanto, da troppo. Con suo marito si sentiva al tempo coccolata ma protetta e poi improvvisamente usata, posseduta. Perché lei era una cosa sua, che egli violava e adoperava quando gli pareva e piaceva, questo era ben chiaro, tra loro. E questa oggettiva condizione di sottomessa, ma comunque adorata e viziata, le piaceva. Moltissimo. Si sentiva desiderata: sia come leale compagna che sessualmente. E lei allora non mancava di provocarlo, per farsi saltare addosso. Lui la divorava letteralmente. Preda appetibile. Si: questo lei si sentiva. Stasera c'è una cena tra amici, a bordo piscina; vestiti pochi e assoluta informalità.
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Si parlerà di libri, di sport e vacanze: problemi seri e lavoro possibilmente fuori dalla porta, per favore. Le amiche le hanno anticipato che tra gli invitati ci saranno tre o quattro bocconcini succulenti; tutti ottimi candidati alla carica di stallone, anche per una notte sola. Si, è proprio ora per lei di rispolverare i basics. Perché proprio non ne può più. Basta romanticherie. Vuole solo scendergli l’intimo a sorpresa, prendere in bocca un bell'uccello lungo e duro, lavorarselo di labbra e di gola, inghiottire il suo seme e poi farsi inculare, scopare e gridare. Le manca proprio gridare liberamente per l'orgasmo raggiunto. Ma finalmente stasera forse c'è una possibilità.
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Anela già sentirlo pompare dentro di sé, con l'urgenza di svuotarsi, troppo la vuole sua. Desidera queste cose con tutta l’anima. Vuole solo fare l’amore: quello che fa male al culo e alla fica. E’ forse peccato mortale, per una donna sana? E dopo due chiacchiere e quattro risate di pausa dopo il primo riuscito amplesso - fantastica nuovamente - vuole mettersi di pancia, allargare le natiche davanti a lui e fargli capire chiaramente che brama prenderlo nuovamente ma stavolta nel culo: vuole letteralmente spompare un uomo e stordirlo, affascinarlo almeno per una notte intera, che poi si vedrà se la cosa proseguirà. Saprà drogarlo di sé. Lo sente.
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E il giorno dopo al lavoro, occhiaie ma soddisfatta, vuole sedersi col culo che le faccia ancora male e brama ricevere il suo messaggio: “quando ci vediamo?" Si, si… non ne può più del rispetto e delle maniere gentili di tutti: vuole un uomo. Uno tosto, uno che la maltratti, che la faccia sentire nuovamente una cosa sua, da usare e che la faccia godere, godere, godere. Gli farà tutto ciò che lui vorrà. Stasera succederà, lo sente: è troppo tempo che non scopa e vuole qualcuno che le faccia dimenticare il passato, l'acqua che ormai non macina più. Lei è qui: viva, bellissima, affascinante e con una passera stupenda, calda, profumata, accogliente, ben rasata e… completamente inutilizzata. Ora è entrata in sala; ha visto le possibili prede ma immediatamente ha spostato lo sguardo verso il bordo piscina e ha deciso:
Ladies and Gentlemen, the winner is…
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RDA
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rederoma · 2 months ago
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Leggo ancora di ragazzi che si vergognano di non aver ancora perso la verginità, tutto questo perché sono preda di una generazione priva di sistema cognitivo, la quale pensa di conoscere il significato del termine “amare” avendo scopato a volontà per puro sfizio personale.
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ideeperscrittori · 9 months ago
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HO UN LINFOMA E FARÒ DEL MIO PEGGIO
Fra un mese compio 51 anni e pochi giorni fa ho scoperto di avere un Linfoma Non Hodgkin. È una patologia abbastanza aggressiva ma è stata presa in tempo. Ed è ben curabile, perché la scienza sta facendo passi da gigante nella cura dei linfomi.
Vivo a pochi passi di distanza da un ospedale all'avanguardia che mi ha preso in carico. Sotto molti aspetti, sono davvero fortunato e privilegiato rispetto a molte persone.
Quale sarà il mio atteggiamento di fronte alla malattia? Mi conosco bene e posso prevederlo, perché c'è una parola che lo definisce con precisione. È una parola significativa, addirittura emblematica, che riguarda il mio tasso di maschitudine alfa. Come potete intuire, non mi riferisco a "guerriero", quindi le metafore belliche possiamo tranquillamente metterle da parte.
La parola misteriosa è "mammoletta". Sì, sarò una mammoletta. Questo vuol dire che non vi darò lezioni filosofiche. Non diventerò un maestro di vita pronto a snocciolare grandi verità come "quello che non ci uccide ci rende più forti", "le sofferenze fanno parte dell'esistenza", "l'importante è apprezzare le piccole cose".
Sarò una mammoletta perché lo sono sempre stato, per esempio quando ho scoperto di avere una massa all'inguine. Era un rigonfiamento, duro come un sasso, grande come una pallina oblunga. La mia reazione? Due settimane senza far nulla. Mi sono detto: "Magari passa. Vuoi vedere che fra qualche giorno non ci sarà più? Non ho voglia di affrontare visite ed esami per un falso allarme. Odio gli ospedali".
Questo mio atteggiamento nasce anche da un'idea completamente sbagliata e irrazionale: la paura che gli esami possano creare malattie dal nulla. In pratica una zona oscura del mio cervello ragiona (si fa per dire) più o meno così: sei perfettamente sano, fai l'esame e ti trovano qualcosa. Lo so, non c'è niente di logico in questa convinzione, ma la mia mente non è mai stata fatta di pura logica.
Per quasi due settimane ho cercato di non pensarci anche perché ero in preda all'imbarazzo. Tra tutti i posti, proprio all'inguine doveva capitarmi? Ma la massa non ha dato cenni di sparizione e alla fine mi sono attivato.
Ho riscritto cinquanta volte il messaggio su WhatsApp prima di inviarlo alla mia dottoressa per fissare una visita, perché ogni volta il testo mi sembrava una molestia sessuale: "Buona sera, dottoressa, ho questa massa dura all'inguine e vorrei chiederle un appuntamento per mostrargliela". "Buona sera, dottoressa, ho un rigonfiamento...". Dopo un numero incalcolabile di tentativi, ho trovato le parole giuste e ho scritto un messaggio asettico, inequivocabilmente sanitario, con un perfetto stile burocratico ospedaliero.
Sono stato una mammoletta nei tre mesi e mezzo necessari per giungere alla diagnosi.
Sono stato una mammoletta nel giorno della TAC con mezzo di contrasto. Quella mattina sono giunto all'ospedale in autobus, dopo una notte insonne. Alla fermata ho controllato la cartella che conteneva i documenti. C'erano referti di ecografie, pareri medici e soprattutto l'impegnativa da presentare per svolgere l'esame. Ho controllato perché sono una persona molto precisa, di quelle che tornano indietro mille volte per verificare di aver chiuso il gas. "Non manca nulla", mi sono detto. Ho rimesso i documenti nella borsa. Ho raccolto le forze, mi sono alzato dalla panchina e ho raggiunto l'accettazione dell'ospedale. Senza la borsa. Vi lascio immaginare questa sequenza di eventi: imprecazione, insulti molto pesanti rivolti contro me stesso, corsa a perdifiato verso la fermata. La borsa era ancora lì. Nessuno me l'aveva fregata.
Per fortuna scelgo solo borse brutte.
Sono stato una mammoletta in occasione della PET, che ha rispettato un copione simile a quello della TAC. Venivo da una notte insonne e non ero in grado di comprendere istruzioni elementari, perché la mia intelligenza svanisce quando affronto esami medici. Mi chiedevano di porgere il braccio sinistro e porgevo il destro. Mi chiedevano il nome e recitavo il codice fiscale.
Sono stato una mammoletta quando mi hanno comunicato il risultato della biopsia. Per un considerevole lasso di tempo non ci ho capito nulla. La mia coscienza era come una trasmittente che passava una musica di pianoforte triste sentita mille volte in TV: quella che certi telegiornali usano per le notizie strappalacrime.
Ora guardo al futuro e la mia ambizione non ha limiti: raggiungerò nuove vette nel campo del mammolettismo. So di essere fortunato per molti motivi: l'ematologo, un tipo simpatico, mi ha rassicurato. Le terapie esistono e sono molto efficaci.
Ma mi lamenterò tantissimo, perché non voglio correre il rischio di essere considerato una persona ammirevole da qualcuno. Non lo ero, non lo sono e non lo sarò mai. Rivendico il diritto di essere fragile e fifone. Lasciatemi libero di essere una mammoletta. Per citare un motto di Anarchik, il mio piano è questo: farò del mio peggio.
[L'Ideota]
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messaggioinbottiglia · 11 days ago
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Penso che il seme delle modalità atroci con cui organizzo il mio lavoro in ambito divulgativo e accademico abbia avuto origine quando avevo otto anni.
Ricordo che all'epoca la maestra ci diede da leggere un piccolo libricino che conteneva una storia illustrata e fissò una data in cui avremmo dovuto parlare del suo contenuto in classe. Io come al solito procrastinai la faccenda più a lungo possibile, ritardando innumerevoli volte l'avvio del compito. Il problema fu che persi rapidamente il conto dei giorni e così mi ritrovai la sera prima del fatidico colloquio col volumetto che giaceva ancora intonso. Preso dal panico mi accinsi a sfogliare alacremente il racconto, ma dopo otto pagine mi addormentai. Il mattino seguente giunsi a scuola con la tremarella: ero ovviamente in preda all'agitazione. La docente entrò in classe e, fatto l'appello, cominciò a interrogare. Faceva una o due domande ciascuno. Io ascoltavo; intanto mi crogiolavo nel pentimento e attendevo il mio turno con timore e angoscia. Raggiunsi in brevissimo tempo l'orlo del tracollo psicologico e scelsi, pur di far terminare la tortura della situazione, di ammettere la vergognosa inadempienza. La mia mano stava per alzarsi quando venni interpellato. Mi arrabattai parafrasando cose appena udite e condendole con dettagli che mi parvero plausibili. Conclusi la farraginosa trattazione che ero pronto a subire un sonoro e meritato rimprovero. Invece, con mia somma sorpresa, dalla bocca dell'insegnante emersero soltanto tre semplici parole: Bravo, Carlo. Ottimo.
La sensazione di gioia e onnipotenza che si sprigionò in quell'istante segnò la condanna a un'esistenza di corse e disgreganti sforzi mentali dell'ultimo secondo.
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be-appy-71 · 6 months ago
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Credo che guardare la propria donna in preda all'imminente orgasmo, sia il gesto romantico più bello.
Credo che guardarsi mentre ci si dà piacere,
sia l'apoteosi del fare l'amore.
Credo che amarsi selvaggiamente, sia lo sfinimento più dolce che esista.
Credo che l'abbraccio forte dopo aver fatto l'amore, valga più di un “sei bellissima”.
Credo che regalare un orgasmo lento alla propria donna, valga più di un diamante.
Credo che tutta la dolcezza dell'amore, sia racchiusa in un bacio sul naso o sulla fronte.
Ma credo che anche guardare la propria donna dormire, sia un gesto d'amore.
In un letto ad una piazza e mezza magari, dove in due, non si sta né troppo stretti e né troppo larghi. Nello stesso letto dove, qualche ora prima, si stava abbracciati in un unico respiro, dove fare l'amore e parlarsi era un tutt'uno, dove far l'amore era un'esigenza, dove il mondo cessava di esistere con le sue albe e i suoi tramonti.
E ora guardarla, addormentata stanca, con addosso ancora il profumo degli orgasmi e con indosso solo la tua camicia... ♠️🔥
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fioredialabastro · 7 months ago
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Amare per sempre
Questi giorni convulsi e ventosi hanno rischiato di mandare nuovamente in subbuglio i miei fragili equilibri faticosamente conquistati. "Non sei una donna da amare per sempre", sussurrò l'altro ieri una voce maligna e menzognera dalle ferite ancora fresche, inerpicandosi come un'edera velenosa e infestante sulle pareti della mia mente agitata. "È già la terza volta che un uomo, sia in amore che in amicizia, conquista la tua fiducia, dimostra di volerti bene e poi, dal nulla, senza spiegazioni logiche, cambia natura, ti umilia, ti allontana. Fossi in te, mi farei qualche domanda; tu spaventi: leggi le anime altrui con estrema naturalezza e facilità, mettendo in luce elementi che loro non avevano notato, o meglio, non volevano far emergere; sei terribilmente scomoda, una spina nel fianco, soprattutto perché quella instancabile attività di introspezione la metti in opera innanzitutto in te stessa, poi in ogni situazione che ti circonda, diventando praticamente insostenibile. Inoltre, non potendo fare affidamento su una bellezza estetica impattante, tu seduci con la mente e con l'anima, ma con un'intensità tale da atterrire e assopire ogni desiderio virile. Insomma, non sei una donna da amare per sempre: gli uomini ti stimano, ti ammirano, al massimo ti scelgono come amica fidata, ma alla fine ti lasciano sola e corrono sempre tra le braccia di un'altra, evidentemente più semplice da tollerare." Rimasi in silenzio, osservando il vento che strattonava la mia chioma e quelle dei tigli e delle betulle dinanzi a me: "È incredibile come il male riesca a mentire pur mostrandoti la verità", sussurrai flebilmente. Improvvisamente, scossi il capo, come se mi fossi destata da un sortilegio; osservai il cielo annuvolato e m'inondai d'avorio, gli occhi bacini di lacrime ricolme di gratitudine. "Sì, Dio mi ha creata insostenibile, come il peso delle montagne; eppure, anche se solo Lui è in grado di sollevarle e alleggerirle, tra gli uomini c'è sempre chi è capace di amarle e scalarle!" Esclamai, squarciando con la lama i rami soffocanti del funesto rampicante; poi mi misi a correre controvento, ridendo come una menade in preda alla follia, pensando ai miei affetti più cari, che ogni giorno scelgono di starmi accanto e condividono il cammino, rendendo speciale ogni passo, alla cagnolina della vicina disposta a prendersi la pioggia pur di coccolarmi appena giunta a casa, alle civette impavide ululanti sopra i tetti prima che sopraggiungano le tenebre, ma soprattutto al fatto che sono una donna che ama per sempre, e questo mi basta.
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smokingago · 1 year ago
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Credo che guardare la propria donna in preda all'imminente orgasmo, sia il gesto romatico più bello che ci sia, come sentire l'effetto che si fa sul proprio uomo.
Credo che guardarsi mentre ci si provoca piacere, sia l'apoteosi del fare l'amore.
Credo che fottersi selvaggiamente sia lo sfinimento più dolce che esista.
Credo che un pompino ben fatto valga più di un ‘ti amo’’.
Credo che l'abbraccio forte dopo il sesso valga più di un “sei bellissima”.
Credo che regalare un orgasmo lento alla propria donna valga più di un diamante.
Credo che tutto l'amore che c'è sia racchiuso nel bacio sul naso.
Credo che guardare la propria donna dormire, sia il gesto d'amore più bello che ci sia; in quel letto, lì, a una piazza e mezza, dove in due non si sta nè troppo stretti, nè troppo larghi,in quel letto lì dove qualche ora prima ci si stava stretti in un unico respiro, dove fare l'amore e parlarsi era un tutt'uno, dove far l'amore era una esigenza, dove il mondo cessava di esistere con le sue albe e i suoi tramonti, ed ora guardare la propria donna dormirci è bellissimo.
E lo è ancora di più, se si è addormentata stanca con indosso ancora il profumo degli orgasmi o la tua t-shirt, e se, nel sonno, distrattamente, ti cerca con le gambe, le labbra, le mani.
Quello è l'amore.
Lo senti.
Di notte, quando tutto tace.
Nebulosa di Venere
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pier-carlo-universe · 5 months ago
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Ancora una preda di Robert Dugoni. Un thriller mozzafiato che riapre vecchie ferite. Recensione di Alessandria today
Tracy Crosswhite contro il serial killer della Route 99
Tracy Crosswhite contro il serial killer della Route 99. Recensione Con il suo ultimo capolavoro, “Ancora una preda”, Robert Dugoni ci regala un thriller carico di suspense, tensione emotiva e colpi di scena. L’autore, noto per la sua abilità nel costruire intrecci investigativi intricati, torna a raccontare le indagini della detective Tracy Crosswhite, una delle protagoniste più amate del…
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raccontidialiantis · 3 months ago
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Nemesi d’amore
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Era inevitabile, che succedesse. Lavati la coscienza, oltre che il culo e la fica, puttana. Sono venuta a spiarti di nascosto nel bagno delle donne qui vicino agli uffici. Per osservare il tuo intimo, per cercare di capire cos'è quello che cercano tutti, da te. Sgualdrina da postribolo: faresti certamente dei bei soldi, se scegliessi quella via. Da quando sei arrivata nella nostra piccola azienda a conduzione poco più che familiare, ho potuto percepire chiaramente e immediatamente l’interesse di mio marito per te. T’ha assunta direttamente e senza esitazioni. Dopo solo pochi giorni di prova. No: non soltanto perché sei oggettivamente molto brava con i clienti, i colleghi e i fornitori, ma anche perché sei oggettivamente una gran bella gnocca.
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E poi profumi di sesso a un chilometro: chiunque abbia a che fare con te subisce la tua forte influenza erotica. Uomini o donne. Era matematico che me l’avresti scopato: sono sicura che il destino tiene per ciascuno la contabilità delle gioie e delle sofferenze per amore. E nel tempo ri-bilancia di conseguenza. Ero sicura che prima o poi mi sarebbe successo. Perché da ragazza anche io, per puro sfizio, vanità e assoluta incoscienza, ho fatto cadere un uomo sposato. Ho sfasciato una famiglia. Con figli piccoli. Lo volevo: era proprio bono. Mi piaceva e alle conseguenze francamente non pensavo minimamente. Ci misi solo tre giorni, a farlo crollare. Nell’intimo, dopo che capitolò ero assolutamente fiera: avevo scoperto che il potere della mia fica giovane, stretta e sofisticata era enorme.
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Gongolavo. Quella è una storia che comunque è finita dopo poche settimane e che io ho dimenticato presto, anche se le conseguenze sono state tragiche: avvelenamento da barbiturici di sua moglie dopo la scoperta. Salvata per un pelo. E poi separazione, soldi, avvocati, indigenza. Ma non mi fregava molto, francamente. Ero egoista e stupida. Come si può essere egoisti, stupidi e sicuri dell’invincibilità solo a vent’anni o poco più. M’è solo rimasto ben impresso in mente il viso della moglie, quando è venuta nel mio appartamento di universitaria appena dopo averci scoperti. All'improvviso me la sono trovata davanti. Voleva assolutamente vedermi: le ho aperto la porta, l’ho vista e l’ho fatta entrare. Mi dicevo: “uffa, sentiamo questa che cacchio vuole, adesso…”
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Però lei invece stava immobile e non riusciva neppure a parlare. A ripensarci con l’esperienza di oggi, devo dire che in quel frangente appariva proprio disperata. Le lacrime le scendevano dagli occhi assieme al rimmel, che colava impietoso e le insozzava il viso. “Declino di una donna; poverina” pensai. Mi fissò a lungo e mi disse solo: “si, sei bellissima, devo riconoscertelo. Ma vedrai, quando capiterà a te. Perché ti succederà, io lo so.” Praticamente mi lanciò una fatwa. Girò i tacchi e andò via. Di loro non ho poi saputo più nulla. E adesso eccomi qui a pagare; a soffrire come una preda ferita. Per lo stesso, medesimo motivo. Stavolta nella parte della cornuta ci sono io. Mea culpa, lo so: me lo sento nell’anima. Ancora fingo di non sapere, ma muoio dentro ogni giorno un po’ di più.
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Eppure t’ho trattata come una figlia. Porca miseria: sono stata una moglie perfetta, fedele, impegnata e ho lavorato assieme a lui come una bestia. Abbiamo sofferto e gioito insieme a lungo. Sessualmente c’è sempre stata un’intesa ottima. Gli ho fatto e fatto fare di tutto, col mio corpo. Ma adesso ti vedo: nuda nella doccia femminile qui in azienda, mentre ti lavi dopo essere stata con lui in un cantiere difficile, sporco e fangoso. Hai sudato e vi siete insozzati nel fare l’ispezione necessaria, per poter così fare un preventivo corretto e dettagliato. Nessuno può resisterti, ora mi è ancor più evidente. Per dirla tutta, ti vorrei anche io. Mi piacerebbe succhiarti la lingua, la fica e farti vibrare di piacere tutta. Lo confesso: mi piaci da morire, puttana che hai portato l’inferno nella mia famiglia. 
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Si: soffro molto e mi sento umiliata, ferita, degradata. Anche se ancora non riesco a trovare la forza di far esplodere la cosa. Lui rientra in ufficio o a casa fischiettando, bello allegro. Io fingo una normalità che ormai non esiste più. Ma no: tranquilla, non verrò a casa tua. Perché so esattamente che cosa dovrei dirti e capisco anche che dentro di te al momento non c’è neppure l’ombra di uno scrupolo, di un senso di colpa nei miei confronti: pensi solo a godere con lui di nascosto e a farti pagare bene a fine mese. Forse mio marito fuori busta ti allunga anche qualche centinaio di euro in più; per farsi grande ai tuoi occhi, o forse per gli… straordinari particolari.
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Tanto, il grand’uomo non sa quello che io invece so per vie traverse: che hai inviato già domanda in varie aziende concorrenti più grandi della nostra.Ti devi sistemare per bene, grandissima troia. Io per parte mia farò probabilmente finta di nulla, perché è matematico che troverai presto una nuova, migliore collocazione lavorativa e che ben difficilmente continuerai a vedere il mio uomo. Perché lui è mio e nonostante tutto lo amo. Si: lo amo ancora di più. Per amore si gode. E si soffre. Tanto. Tutta la vita. Che è una ruota.
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RDA
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miciagalattica · 3 months ago
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Un sogno che sembrava troppo reale
PARTE SETTIMA
Verso le 20,00 Carla suonò il campanello. L’ansia e il terrore erano  a mille. Quell’animale era una macchina del sesso ed io ero ancora bagnata di lui, sembrava che il liquido di Dicky continuasse a fluire, mi aveva riempita a litri, specialmente nell’ultimo giorno, “sicuramente sospetterà qualcosa” al solo pensiero rabbrividii e allo stesso tempo ero sopraffatta dalla eccitante sensualità proibita di tutto ciò. Appena entrò l’abbracciai, il cane era molto confuso, combattuto tra la padrona e la sua amante. Fece le feste alla sua padrona senza eccedere. Carla mi disse che era felicissima di essere tornata nonostante fosse stanchissima, mi chiese se poteva alloggiare da me la notte, perché suo marito era andato a trovare sua madre che versava in cattive condizioni all’ospedale. Le preparai la camera degli ospiti e mi congedai. Non si manteneva in piedi e crollò sul letto. Io andai in sala e mi sdraiai sul divano.
Dicky fu al mio fianco, scodinzolando, gli diedi una pacca sulla testa, ma lui non aveva bisogno di un ulteriore incoraggiamento. In un secondo il suo muso era sotto la mia gonna corta e mi stava annusando, lo spinsi e gli dissi che la padrona era nella stanza accanto. Dicky si fermò un secondo ma poi si spinse avanti con maggiore determinazione. Pensava che stessi giocando, secondo lui facevo solo finta di dire no, ma poi gli avrei dato quello che voleva. Dicky m ringhiò e puntò il muso tra le mie gambe.  Iniziavo a preoccuparmi perché il cane faceva  rumore e questo avrebbe potuto svegliare Carla. Pensai “ Se lo lasciassi leccare un po’?”, aprii le gambe, con il solito entusiasmo iniziò a leccarmela. Abbassai lo sguardo e vidi emergere la sua durezza, iniziai a essere preda del panico, Carla era proprio nella camera a fianco, serrai le gambe e intimai al cane di smetterla. Dicky cominciò a ringhiare di nuovo, abbaiò una prima e una seconda volta spinse il suo corpo contro di me, il suo intento era inequivocabile. Non potevo e non volevo che Carla si svegliasse e mio mal grado.  Sentii la mia eccitazione aumentare, nonostante il pericolo e il buon senso. Mi abbassai, mi tolsi le mutandine, mi misi in posizione. Il cane posò le zampe sul divano ai suoi lati, mi girai e vidi tutta la sua durezza, lo raccomandai di fare subito, mi aprii completamente e sentii tutto il suo peso mentre scivolava dentro di me. Sentivo il suo cazzo estremamente appuntito e vivido mentre mi possedeva. Ero consapevole che Carla stava nella stanza accanto, ma trovavo il tutto profondamente eccitante e proibito. M strinsi a lui mentre sentivo l’impeto del primo orgasmo, mi morsi le labbra per stare zitta, mi contorcevo durante l’orgasmo trattenendo il respiro. Il cane iniziò ad ansimare più forte mentre pompava dentro di me, il suo ansimare era in crescendo. Prima d’ora non avevo mai realizzato che fosse così rumoroso mentre mi scopava. Sentii un altro orgasmo travolgermi. Era troppo l’emozione da tutto questo fare proibito, lasciarsi scopare dal cane di mia cugina, mentre lei dormiva a pochi metri di distanza. Dicky rallentò mentre il suo nodo si gonfiava dentro di me, bloccandomi a sé, la sua calda vena cominciava a ribollire dentro di me mentre mi riempiva tutta. Cercai di allontanarmi ma ero attaccata a lui, “Legata” a lui, questo mi procurò un altro orgasmo. Se Carla fosse uscita in quel momento, non avrei potuto fare nulla. Ero innegabilmente legata al cane e rimanemmo in quello stato ancora per molti minuti. Mi calmai per facilitare la sua uscita e nel frattempo iniziai a pensare alle potenziali conseguenze del mio atto avventato. Dicky, indifferente, continuò a riempirmi del suo caldo piacere. Ero impotente nella sua presa e infine lo sentì uscire.  Rotolai da sotto di lui, sentendo la sensazione ormai familiare del suo calore che trasudava da me. Ero proprio una pazza ad averlo fatto proprio lì a poca distanza dalla sua padrona.  Avevo il viso in fiamme, corsi in bagno a ripulirmi come meglio potevo sapendo che avrei gocciolato per tutta la notte. Ero sicura che l’indomani Carla avrebbe notato il suo odore su di me.  Inoltre il cane mi vorrà ancora, rabbrividiì rivivendo quelle sensazioni più e più volte, e arrossendo di vergogna e di lussuria, pensavo: “Che cosa farò glielo permetterò? “. Caddi in un sonno agitato mentre le "prove" del suo amante lentamente, ma innegabilmente filtravano fuori, lasciando una grande macchia bagnata sulle lenzuola.
P.S.
Pubblicato da me Pestifera (la sua compagna) sul suo profilo, secondo le sue volontà, perchè Micia è impossibilitata per il momento a farlo.
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xerotere · 2 months ago
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La mia anima è affamata, ma non so di cosa.
Le ho dato: lacrime, cibo scadente (a volte in quantità eccessive, a volte centellinato al grammo), fumo di sigarette, sacrificio, duro lavoro, umiliazione, poi libri di filosofia, musica buia, musica luminosa, film autoriali, quadri ad acrilico, paesaggi ad acquerello, versi di poesie, piante in vaso, poi ancora città esotiche, cieli meravigliosi, panorami infiniti, sentieri di montagna, bagni al mare, e poi ancora vino buono, parole care, qualche abbraccio, pianti di gioia, un bacio sentito ogni tanto.
Ma la fame non passa, e il vuoto non cambia.
Che sia una voragine senza fondo? O che non abbia ancora trovato il nutrimento adatto?
A tratti piange, come un neonato, a volte, come un lupo affamato, si aggira sbavando per la prossima preda.
La mia anima ha fame, e a volte penso che mangerà anche me.
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parmenida · 3 months ago
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L' officina dei pensieri.
Un paese ci vuole
.....Qualche giorno fa, il caso ha voluto che mi recassi nella parte vecchia del mio paese, Castelnuovo della Daunia. Realizzai in quel momento che, non ci andavo da decenni, fui preda di ricordi. Incantata dal luogo mi addentrai nei vicoletti, giù per le scale, mi fermai in una piccola piazzetta, con al centro un grande albero frondoso, sotto al quale c'erano delle panche, messe lì dagli abitanti della strada. È evidente che servono per sedere all' ombra nelle calde giornate d'estate, un tavolino abbandonato in un angolo, mi fa immaginare dei vecchietti che siedono al fresco per giocare a carte nelle afose sere d'agosto. La mia attenzione viene attratta da un arco, lo attraverso e.....mi ritrovo in un cortile. All' interno una scala di pietra che porta all'ingresso di una vecchia casa, un portoncino smaltato di verde, come usava un tempo. Chiuso! La terra portata dal vento ha creato dei mucchietti, sui quali sono nate sparute piantine. Sulla facciata di pietra cresce la parietaria l'erba dei muri, così la chiamavamo da bambini. Questa pianta, tra l'altro urticante, ha le foglie che, attaccavamo sulle nostre magliette. Facevamo a gara a chi attaccava le più belle. Gli infissi verdi delle finestre, come il portone erano rovinati dagli anni e dalle intemperie, oramai all' abbandono come il resto del cortile.
Una mi ha attratta!
Piccola,dietro ai vetri oramai opachi, una tendina di pizzo che, ricordava tempi migliori, sostenuta da una cordicella, uno stretto davanzale dove si poteva sistemare un solo vaso.
C'era un vaso.
Un grosso barattolo di alluminio, uno di quelli dove una volta si vendevano le alici salate, ancora evidente tra la ruggine un disegno che mostrava una scena di pesca, con una barca di pescatori in un mare blu. La meraviglia non fu solo questa, bensì la pianta di garofani che ci " viveva dentro".
Certo! viveva.
Dopo anni ed anni di abbandono, non mi spiego come possa vivere e ri-fiorire questa pianta di garofani. Tra qualche foglia secca ed altre verdi, erano fioriti radi garofani rossi. Da tempo immemore, non vedo più quel genere di garofani sui balconi del mio paese. È una pianta che raggiunge una bella dimensione, coltivata nei vasi, non ha vegetazione eretta, tende ad essere cascante, come certi geranii. I fiori, crescono verso l'alto. Hanno uno stelo lungo e, dritto, in cima al quale, fiorisce il garofano, qualche volta più di uno.
Le meraviglie della vita!
In quel cortile dove tutto è abbandonato e vittima della incuria, una pianta sopravvive e fiorisce.....
Il ricordo del paese come era, come si viveva, della mia fanciullezza mi assale, ma viene ostacolato dallo scorrere del tempo che, inesorabilmente ci allontana da quella età felice. Tutto è cambiato,nello stesso centro storico, c'è un fiorire di cemento,infissi in alluminio, vasi di plastica, c'è una sorta di gara a chi li mette più grandi e più belli... Si può dire belli?
Che bella quella solitaria tinozza di zinco con un piccolo nespolo.
Allora mi chiedo..... Dove eravamo quando hanno-abbiamo distrutto il fascino delle case, dei vicoli, delle piazzette, delle scalinale?
Quel fascino che sembra sopravvivere solo in quel piccolo cortile ricco di storia. Di quella storia che abbiamo perso nel tempo. Perso una identità che, ci collocava come paese più bello del Subappenino, dove esisteva la banca, piccole aziende e negozi .
Una buona economia.
La scuola, palazzi padronali, una biblioteca, il teatro, il cinema.
La cultura.
È già..... Abbiamo perso anche quella!
Senza cultura non c'è più neanche la capacità di sperare e, di credere in una rinascita di questo nostro paese. Ci resta il ricordo che,diventa un conforto, inevitabile con i cambiamenti subiti dalla realtà.....
<< Un paese ci vuole , non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non
essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, anche
quando non ci sei resta ad aspettarti.....>>
La luna e i falò, CESARE PAVESE.
Edito da CONTATTO
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venetianeli · 3 months ago
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Ti amerò per sempre, ma non tutti i giorni
Sono ancora troppo fragile
Per non dare anche un po' di spazio
Alle mie improvvise tristezze senza senso
Alcuni giorni dovrò dedicarli ai miei draghi di passaggio
Nascondermi per non rischiare di incendiare
Le nostre librerie, i nostri sguardi buoni, i nostri incanti
Ho capito che a volte
Per prendersi cura del tuo amore più vicino
È necessario il coraggio della lontananza
Alcuni giorni saranno tenaci come notti
Gli incubi in preda al fuso orario
Busseranno ai miei mezzogiorni
Quei giorni lì, apparecchierò la tavola per molti
Dedicherò loro tempo e torte
Imparerò a memoria le loro abitudini
Così che potrò evitare di incontrarli ancora
Alcuni giorni serviranno al silenzio
Per conoscermi sempre meglio
Per vedere se sono ancora al centro
Alcuni giorni, invece, saranno battaglie invisibili
Dove tu non meriti di essere colpita
Altri giorni, questo festoso paradiso
Lascerà al mio piccolo inferno l'occasione di esprimersi
E io ti amerò per sempre, ma non tutti i giorni
Perché alcuni giorni dovrò usarli per lavorarmi dentro
Per distruggermi, migliorarmi
Però una cosa la so
È che in quei giorni no
In quei giorni in cui dovrò distruggermi
Io comunque sceglierò
Sempre e solo te.
Gio Evan
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be-appy-71 · 9 hours ago
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Credo che guardare la propria donna in preda all'imminente orgasmo, sia il gesto romantico più bello che ci sia.. come sentire l'effetto che si fa sul proprio uomo..credo che guardarsi mentre ci si provoca piacere, sia l'apoteosi del fare l'amore.
Credo che "amarsi" selvaggiamente sia lo sfinimento più dolce che esista....credo che del sesso orale ben fatto valga più di un ‘ti amo’’!...credo che l'abbraccio forte dopo il sesso valga più di un “sei bellissima”...credo che... regalare un orgasmo lento alla propria donna valga più di un diamante... che tutto l'amore che c'è... sia racchiuso nel bacio sul naso....credo che guardare la propria donna dormire, sia il gesto d'amore più bello che ci sia; in quel letto.. lì..a una piazza e mezza.. dove in due non si sta né troppo stretti, né troppo larghi..in quel letto lì dove qualche ora prima ci si stava stretti in un unico respiro.. dove fare l'amore e parlarsi era un tutt'uno, dove far l'amore era una esigenza, dove il mondo cessava di esistere con le sue albe e i suoi tramonti,.. ed ora guardare la propria donna dormirci è bellissimo.
E lo è ancora di più... se si è addormentata stanca con indosso ancora il profumo degli orgasmi o la tua t-shirt.. e se, nel sonno, distrattamente, ti cerca con le gambe...le labbra, le mani...quello è l'amore...lo senti di notte, quando tutto tace !!.. ♠️🔥
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diceriadelluntore · 9 months ago
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Storia Di Musica #333 - Elvis Costello & The Attractions, Get Happy!!, 1980
Quando, in una sera del 1976, gli venne l’idea di presentarsi con un nome d’arte omaggio alla sua nonna, pensava forse che sebbene volenteroso, il suo vero, Declan Patrick Aloysious McManus, sarebbe stato preso per uno scherzo. Quella sera si presenta come D.P. Costello, che cambierà nel definito Elvis Costello, come omaggio al Re del Rock’n’Roll. Occhialoni alla Buddy Holly, look che esibiva orgogliosamente il suo essere fuori moda, a metà degli anni ’70 Costello è un giovane arrabbiato che ha le carte in regole per dire la sua, in modo interessante, oltre il nichilismo furbetto del punk. Quando Nick Lowe, suo amico e collaboratore, gli trova un ingaggio per la Stiff Records, lui non essendo in totale fiducia decise di non abbandonare il proprio posto da operaio nella ditta di cosmetici Elizabeth Arden (a cui dedicherà una stupenda canzone, I’m Not Angry). In effetti non erano tempi da cantautori, ma bastano i primi guizzi di My Aim Is True (1977) per sgombrare il campo: l’offensiva antifascista di Less Than Zero unite a doti melodiche di alto livello (la mitica Alison, suo pezzo culto) presentano al pubblico un nuovo modo di raccontare musicalmente i tempi. La seconda prova è ancora meglio: This Year’s Model (1978) lo vede insieme ai The Attractions, il gruppo di Stevie Nieve (alle tastiere) e Bruce Thomas (basso) e Pete Thomas (batteria, i due non erano parenti), e in un disco multiforme, dai testi lunghissimi, sciorina la sua bravura in canzoni stupende come I Dont’ Want To Go To Chelsea, Pump It Up (altro inno di quegli anni), Little Triggers e Night Rally. È richiestissimo e parte per Tour in Europa e Stati Uniti. Nelle pause delle date, scrive sull’onda dell’entusiasmo altre canzoni, che compongono il terzo disco in tre anni, Armed Forces (1979): segnato dallo stress e dai primi, evidenti eccessi di vita, è un disco ansiogeno e un po’ frettoloso, che alle belle e ormai garantite belle canzoni aggiunge riempitivi. Sarebbe tutto normale, ma le cose stanno prendendo una brutta piega: le dipendenze da alcool e droga lo rendono nervoso e aggressivo e durante il tour americano, a Columbus, in Ohio, si incontrò con Stephen Stills nel bar dell’Holyday Inn. Qui in preda a deliri alcolici sbiascica pesantissimi insulti razzisti a James Brown e Ray Charles, litiga fino alle mani con la cantante Bonnie Bramlett (che era diventata famosa nel duo con il marito Delaney & Bonnie) e vede in un attimo disintegrarsi la sua reputazione negli Stati Uniti. Ci furono ulteriori polemiche poiché la vicenda fu quasi semi oscurata dai giornali britannici. Le successive scuse in una goffa conferenza stampa non servirono a nulla. Torna in patria e nel 1979 produce il primo, storico, album degli Specials, fa l’attore in Americathon (semisconosciuto film di Neil Israel, dove Costello si esibisce cantando Crawling In the USA). Durante la produzione del disco degli Specials, scrive e suona da solo tutti gli strumenti per del nuovo materiale nei piccoli studi di registrazione Archipelago (scritto così) di Pimlico, nei sobborghi londinesi. Costello ha la necessità di dare un taglio al suono precedente e per il nuovo si ispira alla musica afroamericana degli anni ’60, allo ska, e ha tantissime cose da dire.
Get Happy!! (che esce nel 1980) prende il titolo dalla canzone omonima composta da Harold Arlen, con i testi scritti da Ted Koehler, negli anni ’30 del ‘900, che riprendeva un testo di tipo evangelico. Fu portata al successo da Judy Garland e negli anni è divenuto uno standard per centinaia di artisti. Registrato tra Londra e i Paesi Bassi, a Hilversum, prodotto da Nick Lowe e Roger Béchirian, è un disco-mondo dove Costello mette 20 brani, molti dei quali brevissimi, meno di 2 minuti. È una prova di amore per quella musica, e anche di liberazione in un certo senso (nonostante anche durante le sessioni perdureranno i problemi con alcool e droghe). Ci sono due cover: I Can't Stand Up For Falling Down di Sam & Dave e I Stand Accused dei Merseybeats come omaggio al mai abbandonato amore per il suono di Liverpool. Per il resto, l’enormità (per l’epoca dove esistevano solo i vinili) dei 18 pezzi rimanenti passano dagli omaggi fin troppo sfacciati (Temptation è in pratica la Time Is Tight di Booker T & The MG’s con un testo diverso),a canzoni stupende come Love Me Tender (che apriva il disco), Possession, King Horse fino ai capolavori come New Amsterdam elegia sulla selvaggia New York, High Fidelity, doloroso e drammatico affresco sulle delusioni dell’amore e Riot Act, canzone scritta sui fatti di Columbus. L’omaggio alla musica r’n’b è evidente nella copertina: dalla grafica e dai colori cari alla Stax di Memphis, vedeva tre foto identiche di Costello sfalsate in colori acidi, e aveva una particolarità: l’effetto vissuto del cerchio bianco proprio al centro, a imitare il consumo dell’uso eccessivo. Tra l’altro le prime edizioni avevano la scaletta scritta al contrario, con Riot Act primo brano e Love Me Tender ultima, e valgono di più nel mercato dei collezionisti.
Il disco all’epoca fu accolto con grande favore dalla critica e dal pubblico: numero 2 in Gran Bretagna e un sorprendente numero 11 negli Stati Uniti. Negli anni il disco ha guadagnato ancora più favori, sottolineando la scelta niente affatto facile di Costello di distaccarsi sempre con intelligenza dai generi imperanti per la ricerca di una via personale alla sua necessità di musica. Scriverà un altro disco capolavoro, Imperial Bedroom (1982) che è una grande prova di pop d’autore, che aprirà le porte ad una nuova trasformazione verso un colto, raffinato, ma un po’ meno eccitante, modello di voce-pianoforte che diventerà il modulo classico della maturità costelliana. Ne ha fatta di strada in decenni quel tipo con gli occhialoni che prese in prestito dalla nonna il suo nome d’arte per la celebrità.
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