#75 anni copertine
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fashionbooksmilano · 11 days ago
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OGGI 1939-2014
La nostra storia attraverso 75 anni di copertine
a cura di Paola Bergna e Livio Colombo, testi di Salvatore Giannella, progetto grafico Lorenzo Giuffredi, ricerca icongrafica Pierpaolo Anelli, impaginazione Ralph Minoia e Antonio Pertrone
RCS Libri, Milano 2014, 288 pagine, 23,5x33,5cm, ISBN 978-88-17-079-7
euro 15,00
email if you want to buy [email protected]
"Attuale e di lettura: così era il nostro giornale, così è stato e così è tuttora. In questo libro troverete una selezione delle copertine più belle, più significative, più importanti, più curiose. Attraverso di esse potrete leggere in filigrana la storia d'Italia dalla Seconda Guerra Mondiale fino ai giorni nostri. Anzi: la storia degli italiani, con i drammi e le tragedie, le mode e le infatuazioni, l'evoluzione dei costumi, i grandi personaggi che, nel bene ma anche nel male, hanno segnato la nostra crescita come Paese e come nazione unitaria." (Umberto Brindani)
29/01/25
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diceriadelluntore · 4 months ago
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Storia Di Musica # 342 - The Beach Boys, Pet Sounds, 1966
Per cause di forza maggiore, loro che sono stati i sovrani delle copertine con le spiagge non sono comparsi tra le scelte del mese scorso. Ma si rifanno con i fiocchi nell'ultimo appuntamento dei dischi di band con più di due fratelli. I congiunti della band di oggi sono tre, Brian, Dennis e Carl Wilson, a cui si aggiunsero un cugino, Mike Love, e il compagno di liceo di Brian, Al Jardine che formano la line up originale di uno dei gruppi più importanti della storia della musica occidentale, The Beach Boys. In seguito, nel 1964, dopo che Brian Wilson si prese una pausa almeno dai concerti per problemi di salute, dopo una serie clamorosa di 12 album usciti nei primi quattro anni (1960-1964) si aggiunse la star della musica country, e già collaboratore musicale dei nostri, Glen Campbell. Questi nel 1965 lasciò in maniera fragorosa il gruppo e fu sostituito da Bruce Johnston, che suonava le tastiera e come gli altri era bravissimo a cantare.
I Beach Boys non solo sono uno dei gruppi più di successo nella storia (si calcola in 400 milioni di copie le vendite totali di tutte le loro pubblicazioni), 36 singoli nella Top 40 statunitense e 56 nella Top 100, 4 numeri uno, ma sono tra i pochi che hanno non solo segnato l'immaginario musicale, ma hanno creato un genere, il surf rock, che ha portato la California ad essere la meta dei sogni degli anni '60 dei giovani di mezzo mondo.
La storia del disco di oggi tuttavia inizia quando, nel dicembre del 1965, dopo il successo di Barbara Ann, uno dei loro brani iconici, Brian Wilson ha tra le mani Rubber Soul dei Beatles, uscito qualche settimana prima. Rimane affascinato dalla coerenza del disco, dal fatto che è composto solo di brani autografi e dal suono fresco e coinvolgente che i quattro di Liverpool furono capaci di fare. Si mette in testa di realizzare "il più grande disco rock mai realizzato". Manda gli altri in tour nelle Hawaii e in altre zone dell'Oriente e inizia a lavorare a questo progetto. Chiama un pubblicitario, Tony Asher (che diventerà un fido collaboratore futuro) a scrivere dei testi, organizzandosi così: lui dava ad Asher delle idee generali, Asher li trasformava in testi. Brian Wilson, a cui non mancavano tempo e risorse, continuò a lavorare su questo progetto per altri 5 mesi, un'enormità rispetto ai ritmi di un disco ogni 2 mesi fino ad allora mantenuto. Spese 75 mila dollari, una cifra spaventosa all'epoca, per le registrazioni, con un'orchestra intera, i migliori musicisti sulla piazza anche di musica classica e di jazz (gruppo che arrivò a contare 75 persone, soprannominato The Wrecking Crew) e un'idea musicale che si ispirava al wall of sound di Phil Spector: Wilson creò prima le basi con l'intera orchestra che suonava dal vivo, per poi aggiungere le parti vocali. Proprio come Spector, Wilson fu un pioniere dell'uso dello studio come strumento: esplorava le nuove combinazioni di suoni che emergevano dall'uso simultaneo di diversi strumenti elettronici e le univa alle voci con eco e riverbero. Spesso raddoppiava le parti di basso, chitarra e tastiere, accorpandole con suoni di strumenti insoliti per inventare nuovi sound, spesso usando novità assolute per la prima volta: nella sua orchestra insieme ai violini, ottoni, pianoforte, clavicembalo, armonica, fisarmonica, sassofono, flauto, clarinetto, vibrafono, triangolo, marimba, tamburello, campanelli, due bassi, chitarre, batteria, percussioni varie c'era, per la prima volta su un disco pop, una variante del theremin. Wilson registrò tutto, e attese gli altri solo per le parti vocali e per qualche aggiunta strumentale. Ma la reazione degli altri fu niente affatto entusiasta: il più arrabbiato fu Mike Love, che impaurito che questo distacco dal suono familiare della band potesse essere un fiasco disse "Chi ascolterà questa merda? Le orecchie di un cane?", da cui Wilson in maniera beffarda scelse il titolo a questa opera, Pet Sounds.
Uno degli album più importanti di tutti i tempi esce nei negozi il 16 maggio del 1966, in copertina delle foto scattate allo Zoo di San Diego dopo che fu scelto il nome, con le caprette che mangiavano bocconcini dalle mani dei nostri. Eppure il primo brano, divenuto celeberrimo, era molto rassicurante: Wouldn't Be Nice non si scosta tanto dal suono "surfin'" del repertorio precedente, ma è quasi un gioiello canoro per sviare dal resto, fatto di brani dove la stratificazione musicale e vocale arriva a vette insuperate, come nei primi singoli Caroline, No (che nasce da un errore, Asher scrisse Caroline, I Know, ma Wilson sbagliò a cantare il testo), dolente e malinconica, e da Sloop John B, in origine un vecchio brano folk tradizionale caraibico delle Indie occidentali, intitolato The John B. Sails, portato al successo dal Kingston Trio: Al Jardine, grande appassionato di musica folk, fece sentire la melodia a Brian, che prima in maniera timida, poi più convinto, ne fece una cover cambiando anche leggermente il testo. Il disco è dominato dalla malinconia, nelle memorabili Don't Talk (Put Your Head On My Shoulder), I Know There's An Answer, I'm Waiting For The Day. Ma c'è un aspetto più sottotraccia, che lo stesso Love anni dopo userà per attaccare Brian, e cioè l'uso dell'LSD come "motore ispiratore", che non fece altro che sprigionare tutto "l'ego" di Wilson: tra l'altro i brani, pur se nei crediti hanno i nomi dei vari componenti, furono tutti opera di Brian, che concesse agli altri solo minime correzioni. Non si può lasciare in questo disco altre due perle, una che c'era, e l'altra che all'ultimo momento fu scartata. God Only Know, quella che c'è, è una delle primissime canzoni a far comparire Dio nel titolo, uno dei pezzi più sofisticati, per melodia e orchestrazione mai registrati su un disco pop; Good Vibrations, che non c'era, fu concepita per essere una sorta di "sinfonia tascabile: registrata secondo la leggenda in 26 take, con le più sofisticate tecniche dell'epoca, sembrava pronta, ma all'ultimo momento Brian decise di scartarla, non ancora contento. Ci lavorò ancora per mesi, finchè non uscì come singolo nell'ottobre del 1966.
Il disco è una pietra miliare: presente in tutte le classifiche dei dischi più importanti di tutti i tempi, fu un pugno nello stomaco. Come preannunciato da Love, il disco fu di minor successo commerciale, ma fu il motore creativo che Wilson si preannunciava. I Beatles, sentito Pet Sounds, si innamorano di questa idea di album totale, e l'anno successivo sfornarono Sgt. Pepper's And Lonely Hearts Club Band. Wilson, così fiero del suo lavoro, ascoltando il capolavoro dei Beatles, e così follemente innamorato di quella musica, decise di raccogliere nuovamente la sfida, spronato a rispondere a quell'opera d'arte. Ma quel progetto, Smile, lo portò ad una sorta di esaurimento nervoso che ne segnerà la carriera. Una sfida alla perfezione che in quel momento lo vide soccombere: riprenderà quel progetto solo quasi 35 anni dopo, pubblicandolo nel 2011.
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afnews7 · 8 months ago
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Papersera dixit: Topolino 75 anni di copertine
http://www.afnews.info segnala: Tra nostalgia, filologia e curiosità La copertina del volume celebrativo dei 75 anni di Topolino Libretto. In questo volume pubblicato in occasione dei 75 anni dal primo numero del Libretto, celebriamo le copertine che hanno accompagnato le sue uscite in edicola. Per ogni anno a partire dal 1949 è presente una pagina dove vengono riassunti… Leggi il resto su…
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newsintheshell · 5 years ago
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Planet Manga, le uscite del 31 ottobre
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Di seguito trovate tutte le nuove uscite targate Planet Manga, disponibili da oggi in libreria, fumetteria e store online.
JUJUTSU KAISEN - SORCERY FIGHT #1 di Gege Akutami
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Direttamente dalle pagine di Shonen Jump, un fumetto di cui non potrete più fare a meno. Un destino maledetto di scontri, misteri e stregoneria e un ragazzo con il coraggio di compiere una scelta sconvolgente. Lui è Yuji Itadori ed è iscritto al Club di Ricerca sull’Occulto…
7 volumi - In corso - Standard € 4,90 4,16 Variant € 6,50 - Acquista su Amazon
NEON GENESIS EVANGELION - ANIMA #1 (Romanzo) di Ikuto Yamashita, Hiroyuki Utatane
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UN FINALE ALTERNATIVO RISPETTO A QUELLO NARRATO IN THE END OF EVANGELION! Sono passati tre anni da quando Shinji Ikari impedì la realizzazione del Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo e ora il ragazzo deve affrontare uno dei cloni di Rei, responsabile del Network di ricerca e annientamento degli Angeli, improvvisamente entrato in modalità berserk…
5 volumi - In corso - € 14,90 12,66 - Acquista su Amazon
KILLING MORPH #1 di Masaya Hokazono, Nokuto Koike
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Sconvolta da visioni su uno psicopatico dopo un massacro in una strada affollata di Tokyo, una giovane liceale deve mettere in discussione la propria sanità mentale per capire se ciò che vede sta accadendo realmente. Chi è l’uomo dalla maschera calcata sul volto?
4 volumi - Concluso - € 7,00 - Acquista su Amazon 
MARRY GRAVE #1-5 (Cofanetto) di Hidenori Yamaji
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In un mondo in cui mostri e demoni, fate e umani si contendono ogni oncia di terra, Sawyer viaggia in cerca degli ingredienti necessari a preparare la Ricetta del Morto: un elisir capace di riportare in vita Rosalie. Potrà mai riabbracciare la donna che si è sacrificata per lui?
5 volumi - Concluso - € 35,00 29,75 - Acquista su Amazon
DISPONIBILI ANCHE I VOLUMI SINGOLI A € 7,00 L’UNO.
RWBY di Shirow Miwa
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IL PRIMO ANIME IN COMPUTER GRAFICA 3D AMERICANO IN VERSIONE MANGA! Ruby, Weiss, Blake e Yang. Sono le affascinanti cacciatrici protagoniste della Web-serie che sta spopolando in Rete. A loro viene dedicato un irresistibile volume unico che ne approfondisce il passato e le presenta in tutto il loro talento combattivo.
Volume unico - Concluso - € 7,90 - Acquista su Amazon
TRACCE DI SANGUE #3 di Shuzo Oshimi
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IL VERO INCUBO? ASSISTERE IMPOTENTI MENTRE CHI HAI DI PIÙ CARO TI DIVORA ANIMA E CUORE! La famiglia è il luogo in cui diamo sfogo alle nostre pulsioni più profonde, nel bene e nel male. Nel terzo appuntamento con il manga dell’autore di Happiness e I fiori del male la follia assume nuovi volti… e Seiichi inizia a manifestare uno strano disturbo.
6 volumi - In corso - € 7,00 - Acquista su Amazon
GUNSLINGER GIRL #3 di Yu Aida
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Lo scontro fra l’Ente pubblico per il benessere sociale e gli indipendentisti della Padania è sanguinoso. L’obiettivo dei terroristi è il ponte sullo stretto di Messina… mentre Triela dovrà vedersela con un ragazzo addestrato ad uccidere fin da bambino!
15 volumi - Completo - € 7,00 - Acquista su Amazon
L'IMMORTALE #1 (Complete Edition) di Hiroaki Samura
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NUOVA EDIZIONE DELUXE E COPERTINE INEDITE PER IL CAPOLAVORO DI HIROAKI SAMURA Torna l’appassionante saga storica di un grande maestro del manga. Il sangue di cento uomini macchia le mani del ronin Manji che, per liberarsi dal peso di un corpo che non può morire, è pronto a lavare le proprie colpe prendendo la vita di mille criminali…
30/15 volumi - Concluso - € 14,90 12,66 - Acquista su Amazon
BESTIARIUS #7 di Masasumi Kakizaki
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Ultimo volume! Padre e figlio contro l’Impero Romano. Fin, il Bestiarius, e l’ultima viverna Durandal combattono l’ultima battaglia per la libertà contro l’Imperatore Domiziano. E per salvare il popolo libero dal massacro, dovranno sconfiggere anche Cyrus e la chimera Longinus. L’incredibile conclusione dell’epica saga di Bestiarius!
7 volumi - In corso - € 4,90 - Acquista su Amazon
OSSA - STAND BY ME, MY DEAR #7 di Yae Utsumi
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LA CONCLUSIONE DEL THRILLER CHE HA SEGNATO IL SCINTILLANTE ESORDIO DI YAE UTSUMI Shintaro sta per svelare ciò che ha scoperto… e ormai è chiaro che il colpevole della morte di Akira è uno dei suoi amici. Ryu, Tsubaki o Haruka: chi è il mostro contro cui gli altri stanno combattendo? È arrivato il momento di espiare i peccati commessi!
7 volumi - Concluso - € 6,50 - Acquista su Amazon
Disponibili anche le seguenti ristampe:
Seraph of the end #8
Seraph of the End #9
BLAME! #1 (Ultimate Deluxe Collection)
Black Butler - Il maggiordomo diabolico #15
Black Butler - Il maggiordomo diabolico #16
L'Attacco dei Giganti #10
One-Punch Man #2
One-Punch Man #9
Fire Force #2
Fire Force #3
Vagabond #36 (Deluxe)
Autore: SilenziO))) (@s1lenzi0)
[FONTE]
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theoldbookwormsnest · 7 years ago
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È solo una storia d'amore, Anna Premoli
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Scheda del libro
Autore Anna Premoli
1ª ed. originale Novembre 2016
Editore: Newton Compton (Anagrammi)
Pagine 320
Genere Rosa
Lingua originale Italiano
Sinossi Cinque anni fa Aidan Tyler ha lasciato New York sul carro dei vincitori, diretto verso il sole e il divertimento della California. Fresco di Premio Pulitzer grazie al suo primo libro, coccolato dalla critica e forte di un notevole numero di copie vendute, era certo che quello fosse solo l'inizio di una luminosa e duratura carriera. Peccato che le cose non stiano andando proprio così: il suo primo libro è rimasto l'unico, l'agente letterario e l'editore gli stanno con il fiato sul collo perché consegni il secondo, per il quale ha già incassato un lauto anticipo. Un romanzo che Aidan proprio non riesce a scrivere. Disperato e a corto di idee, in cerca di ispirazione prova a rientrare nella sua città natale, là dove tutto è iniziato. E sarà proprio a New York che conoscerà Laurel, scrittrice di romanzi rosa molto prolifica. Già, "rosa": un genere che Aidan disprezza. Perché secondo lui quella è robaccia e non letteratura. E chiunque al giorno d'oggi è capace di scrivere una banale storia d'amore... O no?
Dettagli
Inizio lettura: mercoledì 17 gennaio 2018, sera, intorno 23.30. Camera mia (anche se ho letto solo un capitolo, ma siamo fiscali).
Fine lettura: mercoledì 24 gennaio 2018, pausa pranzo, intorno 14.30. Camera mia.
Tempo di lettura: 6h per 258 p/m
Acquistato (quando, dove e perché): Acquistato prima di Natale da Libraccio.it, nel cofanetto “Il regalo perfetto: Batticuore. Tutta colpa del cuore”. Avevo un buono da spendere e la buona vecchia Newton mi uccide sempre con quei suoi 3x9.90€. La cosa divertente? L’ho letto in formato ebook.
Rating: ★½ (Voto IBS: ★★★★½ )
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Questo libro è esteticamente troppo bello per il suo contenuto *sigh*
I say… Molte chiacchiere, troppi pensieri… sì, ma la sostanza?
Anna Premoli, siamo alla resa dei conti. Io ti do sempre un��altra possibilità, sempre una di troppo, ma questa volta hai decisamente toppato. Il tuo è stato un diminuendo, sei partita alla grande con “Ti prego lasciati odiare” e poi scendi in picchiata fino a quest’ultimo libro. Che ti è successo, cara Anna?
Molti – lei stessa – l’hanno accostata a Laurel, la protagonista di questo libro. Una prolifica scrittrice di libri rosa, autoironica e tagliente, con una sua opinione per qualunque cosa, ma a cui il termine “rosa” sta ormai stretto. Okay, fin qui ci siamo: Anna Premoli non è di certo una scrittrice ad alto tasso glicemico, la accosterei più ad un tiramisù, dolce e al tempo stesso amaro. Nessuna sorpresa. E poi, dal 2012 ha tirato fuori dal cappello ben dieci libri, quindi Laurel urla A-N-N-A a grandi e chiare lettere.
E poi c’è Aidan, il suo protagonista maschile. Come al solito, gli uomini risultano sempre più gradevoli delle protagoniste femminili premoliane. Sbruffone, egocentrico, a tratti paradossale. Ed è qui che comincia il divertimento: perché per me, la Premoli è più Aidan che Laurel. Aidan ha vinto un Pulitzer cinque anni prima dell’inizio di questo libro, un premio pesante che non ha fatto altro che aumentare le aspettative su un secondo libro che non è mai riuscito a scrivere.  
Insomma, non ci serve disturbare chissà quale filosofo per capire l’antifona. La Premoli, dopo aver vinto il Premio Bancarella col suo primo libro, ha avuto gli occhi puntati addosso come dei fari su un cerbiatto sulla statale. La pressione si è fatta sentire, libro dopo libro.
Ora, però, il problema è che, anziché migliorare sé stessa, come ha fatto Aidan, e scrivere un libro rosa-ma-non-rosa, come ha fatto Laurel, lei non ci è riuscita.
Per carità, un plauso alla dialettica che l’ha sempre contraddistinta, ma dalle sue pagine traspare una pomposità ed una antipatia che – sebbene già presente negli altri suoi romanzi – qui è decuplicata. Non è “solo una storia d’amore”, perché la storia d’amore non c’è. Vi dico solo che l’e-reader segnava circa il 75% quando i protagonisti si sono scambiati il loro primo bacio! L’amore qui fa solo da misero sfondo, è un personaggio che intravediamo dietro il sipario delle sue costanti critiche, del suo punto di vista onnipresente, della sua voce narrante fin troppo prepotente.
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La presa in giro sta nel far dire ai suoi personaggi determinate cose, e fare lei stessa tutto il contrario! Il rosa è un genere prima di tutto di intrattenimento, le seghe mentali di pagine e pagine lasciamole fuori.
“Io non credo nella crescita personale dei personaggi, la gente non cambia!”. E la “crescita personale” dei due personaggi avviene con una porta sbattuta in faccia per lui ed una chiacchierata sul divano con l’amica per lei.
“Io non ho bisogno di un uomo per vivere!” e capitola per un mazzo di fiori rosa.
“Io non confondo i miei personaggi con persone reali!” e “Ma chi sto baciando? Aidan (personaggio della Premoli), Adam (personaggio del libro di Aidan) o Andrew (personaggio del libro di Laurel)?”.
Li chiamavano Miss e Mister Volontà di Ferro.
Insomma, cara Anna, anche io sono stanca di libri che “io sono sua e lui è mio”, “solo io posso salvarlo”, “i nostri corpi combaciano alla perfezione”, ma pure tu… ci hai messo il carico da 100! Cos’è, avevi paura che scrivendo un saggio o un articolo, la tua onnipresente opinione non sarebbe stata ascoltata?
Anna Premoli aveva qualcosa da dire, e l’ha voluto fare a tutti i costi. Il suo Pro Rosa per riabilitare l’opinione contro “le donnine fragili e indifese” che leggono “libri superficiali e leggeri” dalle copertine fucsia ha toppato. Anche perché, se i validi rappresentanti del genere sono i personaggi di questo libro, con la loro confusione, frustrazione ed arroganza, non stiamo messi proprio bene, eh.
Chicca iniziale? Il libro di Laurel che si chiama “Ti prego lasciati odiare”.
Chicca finale? Anna Premoli che scrive:
… da oggi in poi non avrò alcun problema a pubblicare rosa in quanto tale. Lo farò a testa alta, perché ho tutta l’intenzione di difendere il fatto che anche le donne intelligenti possono leggere e scrivere rosa. E, sorpresa delle sorprese, non abbiamo affatto bisogno di giustificazioni per farlo.
E l’intero libro è una giustificazione per lei che scrive e legge rosa.
 Mood: la noia. La Premoli si prende troppo, troppo sul serio.
 Citazioni
«Quand’è stata l’ultima volta che ti sei innamorato?», mi incalza. «Chi, io? Ma io m’innamoro tutti i giorni!». E gli rifilo il mio sorriso più convincente. La palpebra tremante di Norman è un chiaro indizio del fatto che sta per perdere la pazienza. È a tanto così dall’esplodere e stringere direttamente il mio collo. O colpirmi con quel tomo fucsia. Dio, non posso morire ucciso da uno stupido libro rosa. «Aidan, sto dicendo innamorato sul serio! Lo so bene che sei infatuato ogni giorno di una donna diversa e che perdi l’interesse non appena questa apre bocca!», mi rimprovera. Come mi conosce bene. Purtroppo. Mai mettersi in affari con chi conosce i tuoi difetti, è uno svantaggio non da poco. «Motivo per cui cerco di non farle mai parlare molto». «Aidan…», sospira esasperato.
«Ma che diavolo è successo tra di voi?», mi chiede il mio agente, osservando le occhiatacce che continuiamo a scambiarci io e l’uomo più arrogante del globo. «Abbiamo solo preso un caffè insieme», gli rispondo. «Non abbiamo solo preso un caffè», si inserisce Aidan. «Che non vi venga mai in mente di andare a cena fuori!», esclama preoccupato Norman. «L’umanità non è ancora pronta per un evento così catastrofico».
Per fortuna la cena si rivela essere molto meno tesa dell’antipasto: Aidan rimane il bersaglio preferito delle critiche dei suoi genitori, ma è evidente che è stato messo in secondo piano perché stanno tutti gareggiando a fare domande sui temi più imbarazzanti possibili. Tipo il sesso. A cena. Con gente appena conosciuta. Un vero sogno.
Sospira, cercando di calmare la sua ira. «Senti, non ti pare di aver fatto già abbastanza?». Lo osservo curioso. «Io? Perdonami, ma a costo di farti notare l’ovvio, non ti ho mica spinto. Ho solo detto Alex. Cosa c’è, non possiamo più nominarla?». Lo so che sto giocando con il fuoco ma, appurato che per fortuna Norman sta bene, sono intenzionato ad andare a fondo della questione. Qui c’è puzza di bruciato… «Possiamo, possiamo tranquillamente pronunciare il suo nome», mi dice rimettendosi in piedi, con il tono più lugubre che io gli abbia mai sentito usare. «Ok, allora dillo». «Dire cosa?», chiede facendo finta di non capire. Sì, ho visto che si è fatto male alla caviglia e zoppica, ma non riuscirà a impietosirmi. «Il suo nome». «Aidan…», mi avverte. «Forza, cosa vuoi che sia, no? Passi le tue giornate a ripetere il mio…». È a tanto così dal prendermi a pugni. Lo so. Ma amo il rischio. «Alexandra», pronuncia infine, visibilmente esasperato e con una sfumatura roca nella voce. «Wow», commento sinceramente impressionato. «Wow cosa?» «Wow, mi sono quasi innamorato anch’io di te», lo prendo in giro. «Aidan…». Sempre quel tono cupo. Per non parlare dell’espressione tumultuosa. Sono quasi tentato di chiamare Laurel o almeno di fargli una foto: Norman sarebbe un meraviglioso eroe romantico, ora che ci faccio caso…
La sua risata rimbalza sulla mia guancia, tanto è vicino ormai. «Voi scrittrici di rosa siete un po’ fissate. E va bene il femminismo e la libertà sessuale, ma te l’hanno mai detto che c’è anche altro, oltre il sesso?». Lo fisso per nulla convinta. «Tipo?» «Tipo il secondo bacio», sussurra prima di decidersi finalmente a baciarmi.
Per gente come Laurel scrivere è facile. Per me è un processo complicato e pieno di ostacoli. E sì, sono cosciente di essere io stesso il primo ostacolo, ma questo non cambia le cose. Per dare qualcosa in pasto alla pagina bianca ho un disperato bisogno di nutrirmi di sensazioni, emozioni, intuizioni. In presenza di Laurel riesco a provare così tante cose che quasi non arrivo a scrivere tutto quello che sento. Ecco perché la sto rincorrendo per il Paese nemmeno fossi un drogato alla ricerca della prossima dose. E perché mi sono sentito vagamente offeso per essere stato tenuto all’oscuro dei suoi piani. Non che Laurel debba davvero condividerli con me, ma non sarebbe stato almeno gentile, visto il tipo di rapporto che si è sviluppato tra di noi?
«Non ti agitare», mi raccomanda Norman al mio fianco. «Chi, io?», fingo indignazione. «Sì, tu. Hai la brutta abitudine di far uscire da quella bocca un sacco di sciocchezze quando sei sotto pressione». «Ma io non sono mai sotto pressione!», esclamo sorridendo. Mi sto esercitando a fingere. «Uhm…», mormora il mio amico perplesso. «Conosco quel tono, caro mio», lo avverto. «Promettimi che rifletterai almeno venti volte prima di rispondere». «Ma non bastavano dieci?» «Dieci vale per la gente normale. Tu non rientri nella categoria», afferma imperturbabile.
«Andrà tutto bene», provo a rassicurarlo. «Non puoi saperlo», mi fa notare cupo. «In effetti non posso. Ma illudersi aiuta. Credo. Dicono». «Chi, chi lo dice?» «La gente che vive meglio di noi». «Tutti vivono meglio di noi, nel caso non te ne fossi accorto». «Sì, ci sto pian piano arrivando. E voglio tirarmi fuori dalla categoria dei derelitti umani». «Lavorando…». «Sì!». «Innamorato?» «Sì!». «Bene, vai con Dio», mormora incredulo, scuotendo la testa. «Ma tu non credi in Dio», gli ricordo ridendo.
Una volta uscito dall’ascensore mi trovo faccia a faccia con Laurel, che mi attende sull’uscio con la porta spalancata. L’ultima volta che ci siamo visti, due lunghissimi e deprimenti mesi fa, non mi ha permesso di mettere dentro casa sua nemmeno un dito. Motivo per cui oggi sono provvisto di fiori. Sì, spero che comportarmi secondo un cliché continui a funzionare o che sia almeno la mia buona stella a fare il miracolo. «Davvero?», esclama incredula, alzando gli occhi al cielo. Vuoi vedere che regalare fiori a questa donna non sortisce mai gli effetti sperati? «Ma sono blu!», le faccio notare.
«Lo sai che mi accuseranno di raccontare sciocchezze e che nessuna mia lettrice crederà mai all’esistenza di una persona come te?», lo accuso colpita. «Diranno che creo aspettative irrealistiche nelle donne!». «E tu di’ loro di aspettare. Prima o poi quello giusto arriva sempre…». E mi bacia ancora.
 Note
Io ci vedo una costante dal 2014, voi no?
Ti prego lasciati odiare, 2012
Come inciampare nel principe azzurro, 2013
Finché amore non ci separi, 2014
Tutti i difetti che amo di te, 2014
Un giorno perfetto per innamorarsi, 2015
L'amore non è mai una cosa semplice, 2015
L'importanza di chiamarti amore, 2016
È solo una storia d'amore, 2016
Un imprevisto chiamato amore, 2017
Non ho tempo per amarti, 2018
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giancarlonicoli · 5 years ago
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10 DIC 2019 10:48
ZALONE RINGRAZIA PER LA PROMOZIONE - PIROSO: ''QUANDO CAMILLA NESBITT SCRIVE ALLA MAMMÌ CHE S'INDIGNA PER IL FILM DI CHECCO E NON PER LE COPERTINE DEL SUO 'ESPRESSO', LE PIACE VINCERE FACILE. ECCO ALCUNE COPERTINE ULTRA-SEXY DELL'EPOCA…'' - CAZZULLO: ''ZALONE NON È RAZZISTA, NON FA SATIRA SUGLI IMMIGRATI, FA SATIRA SU DI NOI E LE NOSTRE PAURE''
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ALESSANDRA MAMMI': ECCO PERCHE' NON VEDRO' IL FILM DI ZALONE
https://m.dagospia.com/alessandra-mammi-moglie-di-marco-giusti-zalone-e-divisivo-persino-in-famiglia-non-e-satira-ma-221176
CAMILLA NESBITT: ''STUPORE E RACCAPRICCIO DAVANTI ALL'ARTICOLO DI ALESSANDRA MAMMI'''
https://m.dagospia.com/stupore-e-raccapriccio-camilla-nesbitt-scrive-a-dagospia-e-risponde-alla-mammi-221184
1 - IL VIDEO DI ZALONE E’ SESSISTA PER LA FIRMA DE “L’ESPRESSO”. LE COPERTINE OSE’ INVECE NO
Antonello Piroso per “la Verità”
Sono solo canzonette. Ma anche no. Da venerdì 6 dicembre Immigrato, cioè il video-colonna sonora dell'ultimo film di Checco Zalone, Tolo Tolo, ha totalizzato oltre due milioni e mezzo di visualizzazioni su Youtube.
Merito anche delle polemiche intorno al significato "metapolitico" da appioppare al testo, su cui si è già intrattenuto su queste colonne Francesco Borgonovo sabato scorso.
Tutto grasso che cola, in vista dell'arrivo in sala il prossimo primo gennaio, per l'attore-regista pugliese e quell'altra faina incanutita che è il suo produttore Pietro Valsecchi.
Come se ciò non bastasse, a fare ulteriore pubblicità all'ultimo manufatto zaloniano è anche il confronto a distanza tra Alessandra Mammì, firma dell'Espresso, e Camilla Nesbitt, moglie di Valsecchi.
Motivo della singolar tenzone? Il ruolo della donna nella canzone di cui sopra.
Ussignur, mi verrebbe da dire: siamo ancora qui a disquisire dell'uso dell'immagine femminile, Il corpo della ragassa volendo citare il titolo di un romanzo di Gianni Brera del 1969, da cui 10 anni dopo il regista Pasquale Festa Campanile ricavò l'omonimo film con una ultrasexy Lilli Carati? Quasi all'alba del terzo decennio del terzo millennio, in cui le donne rivendicano pubblicamente la libertà della propria fisicità, financo sessuale, perfino come pornostar?
A dar fuoco alle polveri è stata Mammì, scrivendo a Dagospia per annunciare che non andrà a vedere il film nonostante l'entusiasmo del marito Marco Giusti (critico cinematografico che sempre per il sito aveva sfornato una recensione tutt'altro che negativa: "Zalone è l'unico in grado di affrontare la confusione ideologica degli italiani"): "Quel che mi ha più irritato non è il legittimo sospetto di vedere uno spot razzista (nientemeno, nda) ma la certezza di essere di fronte a un messaggio sessista".
Cioè? "Ma l'avete vista la moglie -bianca traditrice- che occhieggia alla virile prestanza del nero? Fa ridere, dice il marito (mio). Questa non è satira, ma brutale maschilismo".
Eh, la peppa. Su due piedi, a me sarebbe venuto da replicare: "Signora, ma lei ha mai sentito Zalone quando intona Uomini sessuali sui gay? Oppure La Taranta del Centrodestra, maramaldeggiando con le rime baciate dedicate a Mara Carfagna a Mariastella Gelmini? A voler essere un gendarme del politicamente corretto, anche lì sì ci sarebbero stati gli estremi dell'omofobia e del sessismo, ma non ricordo alcuno a sinistra inalberarsi per quel perculamento molto più che abrasivo".
Nesbitt è invece intervenuta sul serio, con un incipit che non lascia spazio a dubbi: "Ho letto con stupore e raccapriccio la lettera di Mammì...".
Raccapriccio perchè -scrive lady Valsecchi- avremmo voluto leggere cotanto risentimento quando il di lei marito Giusti ha pubblicato il Dizionario stracult della commedia sexy, ovvero un viaggio di 528 pagine sui film "a luci rosse" degli anni 70 (nel presentare la sua fatica, Giusti peraltro ha messo in mezzo un altro esponente della sinistra massmediologica: "Ricordo perfettamente il lancio che Carlo Freccero, allora responsabile dei film di Canale 5, fece di quelle pellicole con Edwige Fenech e Gloria Guida").
Stupore perchè "dov'era Mammì quando il suo giornale, l'Espresso, ha riempito per anni la copertine di donne scollacciate? L'Espresso sì, Zalone no. La solita doppia morale della sinistra".
Diamo per scontato che la controindignazione di Nesbitt sia sincera e non faccia parte di un'abile strategia di marketing, cui l'intemerata di Mammì ha offerto un'occasione d'oro per battere il ferro promozionale.
Sia come sia, sulle cover dell'Espresso a Nesbitt piace vincere facile.
Chi scrive ha iniziato a far (male) questo mestiere scrivendo per Panorama diretto da Claudio Rinaldi, chiamato affettuosamente dalla truppa "la mente criminale". Che sapeva benissimo che se voleva recuperare un po' di copie vendute rispetto a un numero "moscio", doveva schiaffare in copertina una bonazza per recuperare un buon 15% di vendite, e stiamo parlando di 75 mila copie su 500 mila vendute, non esattamente bruscolini.
Difficile dire chi avesse cominciato: Panorama per adeguarsi all'Espresso (cui si accodavano volentieri -ma con tirature più basse- Epoca e Europeo)? O viceversa? Di certo, c'è che lasciando il primo per passare al secondo, Rinaldi non mutò approccio.
E se l'Espresso di Livio Zanetti (direttore dal 1970 al 1984) nel 1975 aveva provocato con una copertina-scandalo sull'aborto, una vera donna incinta fintamente crocifissa, da lì in poi ogni pretesto fu buono per impaginare, con titoli grondanti sapienti doppisensi, donne giovani e micro (o affatto) vestite.
Non si rimane delusi: si va da "Vita da single" a "Un tuffo nella crisi", da "Anni d'oro" a "In vacanza con lo spread", da "Voglio una vita leggera" (e quindi senza vestiti) a "Vincere le allergie", da "Rinascere nel 1995" (con Claudia Koll desnuda) a "Malati di test" (con un paio di chiappe in primo piano, certo: con gli elettrodi), da "Nudo anch'io" (in cui il protagonista era Vittorio Sgarbi bello "biotto", in risposta alla copertina di Panorama che riproponeva un manifesto pubblicitario di Luciano Benetton nudo);
PIROSO
da "Povera Rai, poveri noi" (con signorina piegata in doggy style) a "Diario del Viagra" (dove uno s'immaginerebbe di trovare un uomo, come dire?, felice di essere vivo, e invece no: c'è una donna nuda a cavallo della pillolina blu), da "A tutta coca" (dove c'è sì una narice imbiancata, ma la prima cosa che si nota sono le labbra turgide e dischiuse) all'autoreferenziale e autopromozionale "Nudi in copertina: si può? Non si può?";
fino a, e qui siamo davvero al capolavoro, "Tutti da Ciampi sabato sera" (sottotitolo: "Da Castelporziano a Capalbio-Indagine sulle spiagge dei potenti", e quindi con quale scatto corredare l'inchiesta? Ma è ovvio: una ragazza che con una mano si copre il seno, e con l'altra ammicca all'abbassamento delle mutandine con il pollice a tirare l'elastico...). Serve aggiungere altro?
2 - IL TRAILER DI ZALONE NON È RAZZISTA FA SATIRA SULLE NOSTRE PAURE
Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
È chiarissimo che la geniale canzone di Checco Zalone non fa satira sugli immigrati. Fa satira su di noi. L' immigrato all' inizio pare una seccatura e alla fine si rivela una fregatura. Esattamente le paure inconsce - ma anche esplicite - degli italiani. Con tanto di presa in giro degli slogan leghisti - «prima l' italiano!» - e finale a petto in fuori sul balcone. (E con il rovesciamento dello schema di Cetto La Qualunque: non è più il marito a portare l' amante straniera a letto con la moglie, ma la moglie a portare l' immigrato a letto con il marito).
Da qui la domanda: ma quelli che hanno dato del razzista a Checco sono gli stessi che non riescono a capire quello che leggono, o in questo caso vedono? Forse la vera risposta è un' altra. Sui social tutti parlano, molti insultano, calunniano, minacciano, e quasi nessuno ascolta. Per farsi sentire si avverte la necessità di alzare la voce. A costo di dire palesi sciocchezze. Forse dovremmo tutti prendere i social, e pure noi stessi, meno sul serio. Rinunciare a considerarli specchio della realtà, e ridurli a quello che sono: specchio del narcisismo di massa.
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pangeanews · 6 years ago
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“Da bambina leggevo Pinocchio e Piccole donne… i miei preferiti di sempre sono Rimbaud, William Blake, Melville e Burroughs, il mio maestro”: la biblioteca ideale di Patti Smith
Lo scorso venerdì 7 giugno Patti Smith è passata da Taranto, sul palco del Medimex. Chi l’ha sentita in quell’estremo punto sul mare si ricorderà dell’evento – Patti accanto alle cozze e ai pescatori, qualcosa di eccitante oggi che le abitudini americane ci sbattono ogni sera in faccia la pubblicità della cocacola da assortire con gli spaghetti.
Patti è un’americana di un’altra generazione, di diversa stoffa. Non è quella che cerca i suoi feticci americani in giro per il mondo. Quindi se arriva nella nostra docile periferia italiana, sia essa Bologna, Firenze o Taranto, si lascia travolgere da quel che vede. Una sola parola per lei: artista, poeta.
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Patti Smith è come quei santoni che giravano nel mondo pagano quando i suoi abitanti non sapevano se passare al cristianesimo. Ogni volta che lei appare, poi, sbuca la lista delle sue letture consigliate: così si crea una lista affastellata ed è meglio non soffrire di vertigini perché i cantanti modaioli ci fanno scordare che ci sono eccezioni come Patti Smith: una lettrice onnivora. Poeta. Di nuovo. C’è solo questa parola per chi stila un elenco come quello che trovate qui e che rimane invariato da un decennio.
Davanti al profluvio d’arte che incrocia la vita e si scatena in una lista errabonda è inutile tentare di arrivare al cuore del labirinto classificando gli autori selezionati, pesando chi compare due volte e chi una sola e quanti autori parlano la stessa lingua. Meglio lasciarsi travolgere, farsi attraversare dalla preghiera di parole per cercare scampo negli autori amati.
La playlist di Patti Smith è quindi composta da Il Maestro e Margherita, da una doppietta di Herman Hesse e di Melville, dai sacri Burroughs, Ginsberg, Blake e Rimbaud. Poi, dalla meno scontata Charlotte Brontë, dalle preziosità di Wilde (Il principe felice) e di certo Gerard Nerval (Donne del Cairo). E ancora: dal potente Sotto il vulcano, dall’inquietudine di Pessoa, dalle bizzarrie di Daumal (La gran bevuta), di Lovecraft e Sebald. La scelta di Patti Smith si orienta poi verso libri più celebrali e saggistici come Huntley (The divine proportion) e si fionda in salvo in un angolino (Poeta a New York di Lorca e L’onore perduto di Katharina Blum di Böll).
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Questi elenchi. È come se chi li inventa componesse un romanzo, più che un mosaico. Prendete un bibliotecario coraggioso come Borges, di lui rimane l’elenco formulato per Maria Ricci con La biblioteca di Babele (che palle quei caratteri elegantini, quelle copertine blu! per rubare l’opinione di Carmelo Bene al riguardo…). Del resto, chiedere un elenco è come cercare un medicamento: servirà? E quanto? Pensate un po’ che le ultime parole in USA sono un genere letterario-editoriale.
Ora miscelate le due cose: passione per le ultime volontà e lista dei libri imperdibili, e con Borges il risultato è tremendo, irriconoscibile, come quando si fa dire l’impossibile al destinatario delle nostre preoccupazioni.
Così, per la gioia dei folli, l’ultimo elenco stilato da Borges per Hyspamerica e tranciato, incompiuto, dalla morte dell’autore, si compone certo di libretti che da noi si chiamano ‘adelphine’. Ma spuntano poi ovunque certi autori impensabili per Borges, per come lo conosciamo dalle pagine scritte. Si trovano elencati Wilkie Collins (un Dickens fallito), Buzzati coi suoi tartari (come dire: Borges che si plagia), Ibsen (la noia astrofisica), Nobel improbabili (O’Neill) e scelte, appunto, da bibliotecario che ti volta le spalle e si fa i fatti suoi (Ariwara no Narihara).
Ecco perché oggi gli argentini veri sono scettici verso questo Borges mistificato, di maniera, reliquia pop e virtuale tirata su con elenchi postumi come quello per Hyspamerica.
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Va sempre così, l’elenco è quello, si stratifica ma poi cambia poco. Ecco spiegato perché Patti Smith lo mantiene negli anni. Ed è comunque una lista più avventurosa di quella che girava da noi con le Centopagine, un ritrovato grazioso di Italo Calvino che ebbe vita postuma (la dannazione degli elenchi!) come supplemento de l’Unità.
Per dire, Calvino voleva rifilare al pubblico italiano questi filetti indigesti: Iginio Ugo Tarchetti, Fosca; Henry James, Daisy Miller; Edmondo De Amicis, Amore e ginnastica; Gaetano Chelli, L’eredità Ferramonti; Marchesa Colombi, Un matrimonio in provincia; Angelo Costantini, La vita di Scaramuccia; Guido Nobili, Memorie lontane;  Nyta Jasmar, Ricordi di una telegrafista… insomma, su 77 titoli il tremebondo languore italico sfondava, nei desideri di Calvino. Pensate che incluse anche questo lavoro di Giovanni Cena, Gli ammonitori, che leggete qui.
Conclusione lapalissiana: non si sbaglia mai così tanto, per gusti ed azzardi, come quando si redige un elenco. In questo contesto dove i sommi Borges e Calvino ci inducono a perplessità per le loro scelte di libri, è un toccasana dare uno sguardo all’America, alla sua poesia, alla sua musica. Meno male che Patti Smith ha toccato le coste italiane. Per capirla ancora meglio, eccovi una delle sue ultime interviste per Rolling stone. È stata rilasciata lo scorso dicembre prima del concerto al Greenwich Village di New York. Per il genere di domande gli yankee, quali gli asciutti puritani che sono, si tratta di un’intervista “ingenua”. Evviva le ingenuità allora, se vanno più a fondo degli alambicchi editoriali di Italo Calvino.
Andrea Bianchi
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Libri favoriti da bambina.
Tra i primi, Pinocchio, non la versione Disney ma quella di Collodi. Ho ancora la mia copia sbrindellata di Un giardino di versi per bambini di Stevenson e Uncle Wiggily che andava di moda un secolo fa. E poi Piccole donne!
Tra Piccole donne e un personaggio inventato per le sognatrici come Jo March, ti sembra che ogni generazione cada nel mal d’amore per le stesse cose?
Sai che io mi vedo in lei, era un po’ mascolina quando si arrampica sugli alberi e lassù leggeva libri, scriveva. Sono cresciuta negli anni Cinquanta, il genere era molto definito, come devo dirti? Ero molto stranita davanti a quel che mi si chiedeva in quanto ragazza, così incontro Jo ed è davvero come me: un’epifania, lei era responsabile e amava la famiglia ma si manteneva riservata e non si lasciava fasciare dalle aspettative del genere “come devo vestire e comportare?”. E questo è accettatissimo, oggi. Se guardi il retro di Horses, è del ’75, era una copertina fatta per provocare e resistere, diceva “oltre il genere”. Non volevo essere identificata in termini di genere – la mia identità doveva essere quella dell’artista.
Hai eseguito Horses recentemente, dall’inizio alla fine. Quel vinile resiste al tempo, che dici?
Se le persone vogliono ascoltare Because the night dopo, diciamo, 2000 volte che l’hanno sentita, io lo farò per loro finché gliela posso restituire con reale entusiasmo. Non farò un falso: se rientro in quell’impulso iniziale che me la fece scrivere, la canto ancora. (…)
Film o serie tv che guardi ogni settimana.  
Guardo tutte le serie di detective UK: non lo facevo mai, poi vent’anni fa mi è saltato il matto e ho cominciato a guardare i detective di ogni paese europeo. (…)
La musica che ti scuote. 
Amo troppo l’opera, da Wagner a Puccini, ma quando scrivo mi piace la musica senza parole, quindi potrei sentire Glenn Gould o – proprio ora – la mia colonna sonora ideale è quella di Ghost in the Shell, ma non il film, proprio il manga su schermo, l’ho fatto arrivare dal Giappone.
Le tue letture, oggi. 
Murakami ha un libro in arrivo che sembra buono, ho avuto occasione di leggerlo, mi piace molto l’autore. Roberto Bolaño: amore. Perché l’amore espande le cose come fa lui coi libri, quando li lega l’uno all’altro, ha proprio stabilito un nuovo calco entro il quale colare libri, paesaggi, esperienze con maestria di linguaggio. Inteso che amo allo stesso modo Modiano, sai che mi piace l’invenzione nei libri anche se per la maggior parte i libri che leggo sono in traduzione, per fortuna qui i traduttori lavorano bene. Quand’ero ragazza gravitavo verso la Francia letteratura e ora dedico più tempo alla Germania, al Giappone. Se sei lettore non cambi né cambierai: quando viaggio, dimentico calzini, spazzolini, intimo. Posso vivere senza. Se dimentico un libro non riesco a stare seduta tranquilla.
Alla mostra su Bowie è stata esposta una sua biblioteca portatile, stava in una valigia che si portava in giro. L’hai vista? 
No, ma penso che anche Bob Dylan vada in giro con pile di libri, io invece ne prendo un paio perché voglio essere leggera, almeno il mio bagaglio è il più leggero tra quelli della band e ho solo una piccola Rimowa: in aereo me lo metto ai piedi, altrimenti niente. Comunque l’idea di Bowie era carina: anche se in viaggio puoi fare scoutismo libresco e trovare quel che ti va ovunque tu vada.
Il miglior consiglio ricevuto. 
Ero abbastanza giovane, 1970 o 1971, mi era offerto molto denaro per fare un film e poi incidere un album ma quella proposta voleva mettermi in una forma che non era la mia. Non avevo soldi, lavoravo in libreria. E stavo seduta a parlarne con William Burroughs e mi dice “La cosa migliore che tu possa fare come artista è mantenere lindo il tuo nome”. Divenne il mio amuleto. Ti associano agli anni Settanta.
Cosa ti manca di quel periodo? 
Bene, la struttura economica, e la sua architettura, e poi la pizza! la pizza costava 25 centesimi a fetta ed era fatta in modo naturale, ovunque andassi, era squisita. Ora viene 4 dollari a fetta e non sembra nemmeno una cosa reale al palato. So che è un dettaglio, ma è indicativo di molte altre cose.
Essere madre – come si ripercuote sul lavoro? 
Da giovane artista, diventi il centro dell’universo o qualcosa di simile. Sei molto… compiaciuta. Anzi no, preoccupata solo per te stessa. Fa solo parte dell’orgoglio mitologico dell’artista. E poi per una volta hai una famiglia, intuisci che quel centro non c’è più, è stata una buona lezione da apprendere perché sono ancora in grado di svolgere il mio lavoro – solo con maggior disciplina che da giovane.
Spesso sali sul palco coi tuoi figli. Dicci. 
Mi piace, siamo famiglia. Abbiamo tutti responsabilità professionali, ma sono sempre la loro mamma, vedi, e loro i miei bambini, a volte è divertente, altre volte confortevole. Ma dico sempre ai miei figli “non vi preoccupate se qualcosa va male a causa vostra o mia – fate il vostro meglio e rimanete in collegamento”. Amo lavorare con loro perché hanno qualcosa di loro padre [Fred Smith, già chitarrista degli MC5] ed era in gamba come musicista. Entrambi gli fanno onore. Uno di loro ha un tono con la chitarra uguale a suo padre e mia figlia un modo di comporre al piano come lui, e quindi ne sento la compagnia quando suoniamo insieme.
La morte ti spaventa? 
No, voglio dire che vorrei vivere a lungo perché ho tanto da fare. Vorrei vedere crescere ancora i miei figli, ho moltissime idee. Così spero soltanto di sapermi prendere cura di me stessa e avrò tempo per il resto. Mai avuto problemi coi vizi, unica dipendenza il caffè: e poi anche amare è un’altra dipendenza. Non state a preoccuparvi per me.
* le traduzioni sono di Andrea Bianchi
L'articolo “Da bambina leggevo Pinocchio e Piccole donne… i miei preferiti di sempre sono Rimbaud, William Blake, Melville e Burroughs, il mio maestro”: la biblioteca ideale di Patti Smith proviene da Pangea.
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