#30 novembre 1925
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30 novembre 1925, El Bot. In Somalia cade in una imboscata il tenente colonnello Splendorelli
30 novembre 1925, El Bot. In Somalia cade in una imboscata il tenente colonnello Splendorelli
Siamo nel pieno svolgimento della campagna per la pacificazione della Somalia. Operazioni di polizia coloniale gestite dal Governatore de Vecchi di Val Cismom coadiuvato dal maggiore Camillo Bechis e supportate dai Dubat che porteranno alla creazione della Somalia quale oggi conosciamo. ISCRIVITI AL CANALE TELEGRAM “ITALIA COLONIALE” PER RICEVERE TUTTI GLI AGGIORNAMENTI El Bot. Il monumento per…
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Tenta di imbrogliare all'esame di guida ma viene scoperto: denunciato 49enne eritreo
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Tenta di imbrogliare all'esame di guida ma viene scoperto: denunciato 49enne eritreo. Bologna. I Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Bologna hanno denunciato un 49enne eritreo, residente nel ferrarese, per il reato di falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche ai sensi della legge n. 475/1925. È successo alle ore 09:30 del 10 novembre 2023 quando i Carabinieri della Centrale Operativa di Bologna hanno ricevuto la telefonata di un assistente amministrativo della Motorizzazione Civile che chiedeva l’intervento dei Carabinieri per controllare un candidato, poiché notato in atteggiamenti sospetti in procinto di sostenere l’esame di guida sulla parte teorica. All’arrivo dei Carabinieri, sottoposto a controllo, il candidato è stato trovato in possesso di un dispositivo elettronico GSM di ultima generazione dotato di una microcamera ad alta risoluzione, ben nascosto sotto la felpa. La microcamera, dalle dimensioni ridottissime, fuoriusciva da un piccolo forellino applicato sulla parte anteriore del capo di vestiario, ben mimetizzato e difficilmente individuabile a un primo colpo d’occhio. Secondo il piano, il candidato avrebbe ripreso in diretta le domande del test che, grazie alla connessione GSM, sarebbero state ricevute all’esterno da un complice, pronto a risolvere le domande e a inviare le risposte in diretta al candidato, grazie a un micro auricolare ben inserito in profondità nell’orecchio sinistro. Per recuperare l’auricolare, i Carabinieri sono stati costretti a chiamare i sanitari del 118. L’attrezzatura digitale è stata sequestrata e posta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Se vorrà conseguire la patente di guida, per la prossima volta è consigliabile sostituire lo studio all’ingegno.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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corallorosso · 3 years ago
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"Nel 1867 negli USA scoppia un'epidemia di febbre gialla: Mary Harris Jones perde il marito e quattro figli. Distrutta, decide di indossare per sempre abiti di colore nero e cercare di andare avanti: sarta di professione, apre a Chicago una atelier che nel 1871 viene devastato da un incendio. È in questo momento che decide di iscriversi presso i Knights of Labour, un'organizzazione sindacale segreta che aiuta i meno fortunati. Qui si occupa di difendere i bambini impiegati nelle fabbriche e nelle miniere, ma quando cerca di coinvolgere i giornali per denunciare lo sfruttamento del lavoro minorile, si rende conto che non avrà l'aiuto richiesto. Mary decide così di organizzare una marcia con i bambini operai e nel 1903 percorrono 100 miglia a piedi in tre settimane, per denunciare le condizioni dei minori al presidente Roosevelt. Nonostante il clamore dell'evento non verrà accolta dal capo degli Stati Uniti, ma le voci si diffondono e la coraggiosa sarta di Cork diventa per tutti "Mother Jones". Nel 1912 è protagonista dello sciopero di Paint e Cabin Creek, finito con la tragica morte di 50 persone: Mother Jones ormai 75enne, tiene comizi, aiuta i minatori e viene arrestata, diventando così la "donna più pericolosa d'America". Condannata a 20 anni di reclusione, riesce ad avere gli arresti domicilari e nel contempo a mandare una lettera al senatore John Worth Kern, che apre un'inchiesta sulle tragiche condizioni di lavoro dei minatori. Nonostante le precarie condizioni di salute Mother Jones continua le sue battaglie: si trasferisce in Colorado per prendere parte agli scioperi dei lavoratori nelle miniere. Durante un raduno, una milizia privata irrompe nel loro accampamento, uccidendo 25 adulti e 11 bambini, molti dei quali italiani. La Jones vuole incontrare John Rockefeller Junior, miliardario proprietario delle miniere, per informarlo di quello che sta accadendo: viene più volte allontanata, ma dopo che i giornali la osannano come un'eroina popolare, il magnate è costretto ad ascoltarla. La risposta è inaspettata: Rockefeller dichiara di essere stato sino ad allora all'oscuro della situazione drammatica dei suoi operai e che accoglierà le richieste della donna. Mother Jones però non si ferma e nel 1925 due malviventi, ingaggiati da un affarista, l'aggrediscono nella sua stessa abitazione, con lo scopo di eliminarla. Alla veneranda età di 88 anni ha la forza di imbracciare un fucile e uccidere uno dei due criminali. Mary Harris Jones muore a 93 anni e viene sepolta a Silver Spring, accanto ai minatori uccisi nel massacro di Virden del 1898. L’11 ottobre di ogni anno, giorno della festa dei minatori, migliaia di persone raggiungono in pellegrinaggio la sua tomba, dando vita al Mother Jones's Day. Le sue spoglie riposano nel cimitero di Mount Olive, anche se quando in un'intervista le fu chiesto dove vivesse, Mother Jones rispose: "Ovunque ci sia da lottare". Grazie a Cripto per aver ricordato (magistralmente) la storia di questa grande donna, che si spegneva oggi, il 30 novembre. Dalla storia, gli esempi di vita nel presente e nel futuro. L. Cecchi
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furiefrancaise · 4 years ago
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Jacques Cormier
« l’enfant chéri de la victoire »
Jacques CORMIER est né à Cosne sur Loire le 21 mai 1925. Il nous a quittés le 30 mai 2020 en un temps où la Covid bouleversait les cérémonies d’obsèques. Il appartient à une grande famille cosnoise installée dans cette ville depuis plus de deux siècles.
On le dit parfois, une femme ou un homme de caractère sont le plus souvent issus d’une famille de caractère. Cela se vérifie si bien avec Jacques Cormier. Le père de Jacques, Georges CORMIER, eut beaucoup d’influence sur l’éducation et l’orientation de Jacques. Ainsi et par exemple, ce dernier me dit combien, à 6 ans, la visite de l’Exposition coloniale de 1931, le frappa profondément, constitua son premier émerveillement d’enfant et généra ses premiers rêves de découvertes.
Après la période très troublée et dangereuse du conflit mondial, son choix de vie est fait. C’est celui d’un jeune patriote prioritairement attaché à la France : il quitte Cosne en septembre 1944 pour aller préparer le concours de Saint-Cyr au lycée Saint-Louis à Paris, Paris libéré depuis 2 semaines. Quelques mois après, avide d’action et d’engagement en faveur de la Défense de la Nation et sans attendre le résultat du concours de Saint-Cyr, il s’engage pour 8 ans.  Nommé au grade de sergent le 16 mars 1946, il est affecté au 99ème Régiment d’Infanterie, le 99ème RIA, à Bourg St Maurice dont il est rapidement détaché à l’École des Cadres de Rouffach où, pour la première fois, il va faire la rencontre du Général de LATTRE de TASSIGNY. L’histoire nous rappelle que ce Régiment, le 99ème RIA, fut créé, sous le nom de « Régiment des Deux Ponts », par LOUIS XV en 1757, qu’il fut très engagé dans la terrible Guerre de Sept Ans avant de constituer une importante partie du Corps expéditionnaire français qui, avec La FAYETTE et sous les ordres du comte de ROCHAMBEAU, lutta pour l’indépendance américaine, connut plusieurs victoires en Virginie associé aux troupes de Résistants de Georges WASHINGTON jusqu’à la très forte part prise dans la victoire décisive de Yorktown en 1781, victoire qui marqua le début de l’indépendance américaine.
Dans cette période, il est très marqué par la rigueur et la chaleur du Général de LATTRE de TASSIGNY. « Le Roi Jean », toujours très près de ses lieutenants et de ses capitaines, tient à éduquer les jeunes officiers dans tous les domaines : le maniement d’armes et la stratégie bien sûr mais aussi l’hygiène, le respect des autres, la capacité d’écoute, l’aptitude à la synthèse, etc. Bien que toujours très modeste, Jacques gardera la fierté d’avoir été promu sous- lieutenant en octobre 1947 par ce chef de guerre hors pair. A la sortie de Saint-Cyr-Coëtquidan, en 1947 il fait le choix de l’Infanterie Coloniale et est affecté au 1er Bataillon Colonial de Commandos Parachutistes comme il le souhaitait. Il est accueilli par le Colonel MASSU qu’il servira plus tard en opérations. Sa connaissance du saut se perfectionne à l’École des Transports Aéroportés de Pau sur Dakota et JU 52. Il y reçoit le Brevet n° 28 646 le 21 janv. 1949 tandis qu’il se spécialise dans les combats d’infanterie à l’École d’application près du Havre. Toutes ces formations montrent combien est réellement vécue la devise napoléonienne de l’École de Saint-Cyr : « LES SAINT-CYRIENS S’INSTRUISENT POUR VAINCRE ».
Jacques est nommé chef de section au 1er Bataillon Colonial de Commandos Parachutistes. Avec ce premier commandement, il continue de préparer méticuleusement son départ vers l’Indochine : à côté des arts du combat, renforts des qualités humaines, de la morale, de l’exemplarité, de la rigueur font fortement partie de cette préparation du lieutenant Jacques CORMIER. Le 15 novembre, il embarque à Marseille sur le Pasteur et débarque le 7 décembre au Cap St-Jean tout au sud de la Cochinchine, près de Saigon. Il est affecté au 1er Bataillon Colonial de Commandos Parachutistes qui devient le 1er Groupement de Commandos Coloniaux Parachutistes puis le 1er Bataillon de Parachutistes Coloniaux. Une dizaine de Saint-Cyrien de la même promotion se retrouve dans les Commandos Parachutistes. Très peu d’années plus tard, il sera le seul survivant valide, ses camarades étant morts au combat, ou très gravement blessés ou prisonniers des Viets, dans les pires conditions sanitaires et psychologiques.
A son arrivée en Cochinchine, son Bataillon prend ses quartiers à 20 km au nord de Saïgon. Logé chez l’habitant, il communique beaucoup avec les familles qui accueillent ses hommes. Puis, en mars 1950, le Bataillon fait mouvement vers la région de Pursat au Cambodge et conduit des opérations très dangereuses au cours desquelles le capitaine ROGER, son chef direct est tué comme de très nombreux membres de son Commando. C’est dans les très difficiles conditions de ces combats meurtriers menés face à des troupes très entrainées, très renseignées et très efficacement armées et ravitaillées par la Russie de STALINE et la Chine de MAO TSE TOUNG qu’il me dit mesurer très vite, dans l’âpreté et la cruauté des combats, que l’enjeu n’était pas, comme on feignait de le croire ou de le faire croire en France, la conservation des plantations d’hévéas de l’entreprise MICHELIN et la protection d’autres richesses économiques de l’Indochine, mais une lutte à mort pour arrêter, dans cette partie du monde, la prolifération du communisme déjà attaché, localement, à tuer tous les opposants du Sud-Est Asiatique !
En août 1950, il est affecté à la 1ère Compagnie Indochinoise Parachutiste composée de vietnamiens et de cambodgiens. Dans cette Compagnie, Jacques prend le commandement du 3ème Commando Cambodgien qui fut en combat permanent. Son efficace commandement et plusieurs victoires contre les Viets lui vaudront, dès novembre, la première de ses six citations et l’attribution de la Croix de Guerre des Théâtres d’Opérations Extérieures avec Étoile d’argent. Il a 25 ans. Jacques me dit combien la coûteuse défaite de la Route Coloniale 4, la « RC4 », faisant dans notre armé 5 000 tués ou gravement blessés et 3 000 prisonniers dont plus de 2 000 ne reviendront pas de leur captivité, jointe au très mauvais climat entretenu par trop de médias et de responsables politiques indignes en métropole, fut un tournant dans la guerre.
Alors que le moral de l’armée et de la population déclinait, heureusement, l’arrivée du Général de LATTRE de TASSIGNY fut un électrochoc très positif.  Les effets furent immédiats dans les batailles de Vinh Yên et de Mao Khê. Malheureusement ce puissant électrochoc dû à la forte personnalité du Général de LATTRE de TASSIGNY allait être interrompu par son décès.
C’est au cours des combats de septembre à décembre 1951 que ses hommes ont surnommé Jacques CORMIER « l’enfant chéri de la victoire » (ECV). Très présent dans ces combats, sautant le plus souvent en tête de sa compagnie, Jacques CORMIER s’est particulièrement distingué à Nghia Lo, à Hoa-Binh et dans les furieuses batailles de la Rivière Noire. Il se vit décerner, le 19 novembre 1951, la Croix de Guerre avec palme par le Général de LATTRE de TASSIGNY, très épuisé par son cancer avancé mais au visage et aux propos toujours aussi lumineux, me dit Jacques. Quelques jours avant, le 16 novembre, il avait été convoqué, seul, par le général SALAN, futur commandant en chef, afin que Jacques lui présente les actions victorieuses récentes de son unité, actions dont le Général SALAN avait entendu parler dès son arrivée à l’État-major. En décembre 1951, le bataillon de Jacques sera très engagé, avec de très grosses pertes dans de cruelles batailles dont, très marqué par le souvenir du grand nombre de camarades tombés autour de lui, il ne me parla jamais.
Aujourd’hui, sept décennies plus tard, respectons sa volonté de silence et inclinons nous devant le souvenir de tous ses Compagnons morts pour la France dans cette période. A la suite de sa citation à l’ordre de l’armée, le 25 janvier 1952, Jean LETOURNEAU, ministre de la France d’Outre- Mer dans le gouvernement de Georges BIDAULT et le Général SALAN, nouveau commandant en chef, lui remettent la Croix de Guerre des Théâtres d’Opérations Extérieures avec une nouvelle palme et le font Chevalier dans l’Ordre de la Légion d’Honneur... Jacques a 26 ans... je devrais dire n’a que 26 ans ! En février 1952, il est affecté à Paris et part le cœur plein d’émotion tant il dit mesurer sa grande chance : la plupart de ses compagnons embarqués avec lui sur le Pasteur en 1949 sont morts ou prisonniers ou gravement invalides. Le voyage aérien est long, pannes au décollage et changement d’avion, puis escales à Calcutta, à Karachi, à Beyrouth pour toucher Orly huit jours plus tard. Huit jours de profondes réflexions sur cette guerre, sur ses chefs les plus charismatiques, sur son attachement à la religion mais aussi sur la position de trop de Français si peu respectueux de tous ces morts pour notre pays, Français que le jeune parachutiste allait devoir croiser en métropole.
Il a trois mois de permission pour retrouver sa chère famille qui l’a toujours fortement soutenu. Cette permission lui permettra aussi de retrouver Monique d’ESPARBES rencontrée à Cosne avant son départ en Indochine. Durant cette permission, il tint aussi à visiter des familles de compagnons d’armes disparus ou gravement blessés. Puis le lieutenant CORMIER rejoint son unité, le 1er Bataillon de Parachutistes Coloniaux, défile à leur tête aux Champs-Élysées pour le 14 juillet 1952 avant d’être désigné pour une formation au Centre d’Études Asiatiques et Africaines. Il y perfectionnera ainsi sa connaissance du vietnamien.
En avril 1953, il embarque à Marseille sur le Kerguelen pour Saigon où il est mis à disposition du Chef de la Mission Militaire Française près le Gouverneur Royal Laotien avec, pour première mission, en position « hors cadres », celle de reb��tir le 1er Bataillon de Parachutistes Laotiens dont les soldats Laotiens ont, pour la plupart, été tués ou se sont enfuis lors d’une grande offensive vietminh.Le commandant et les officiers français de cette Unité quasi-anéantie ont tous été tués ou portés disparus à l’exception d’un seul sous-officier gravement blessé et miraculeusement rescapé. Jacques dont le charisme est connu retrouve quelques officiers français volontaires pour l’accompagner et accueille un grand nombre de volontaires laotiens au camp de Chinaïmo (la « colline du grillon géant »). Le 1er Bataillon de Parachutistes Laotiens, remis en ordre de marche par Jacques, conduit des opérations dans le Nord Laos sur des terrains très accidentés entre les sommets des montagnes et la rivière Nam Hoie qui coule vers le Mékong depuis la région de Diên Biên Phu, à la frontière du Laos et du Tonkin. Son remarquable comportement lui vaudra une nouvelle citation avec attribution sur sa Croix de Guerre d’une étoile de Bronze Jacques CORMIER m’a expliqué que le Royaume du Laos et la France avaient un accord qui contraignait la France à défendre le territoire laotien en cas d’invasion. Le choix du camp de Diên Biên Phu, situé dans une position si difficile à défendre, doit beaucoup à cet accord car cette position commande l’accès au Nord Laos.
Alors qu’à Paris et Genève commençaient les discussions sur l’avenir de l’Indochine, GIAP, le commandant des forces vietminh, comprend l’importance militaire et surtout politique de ce combat. Il va y engager, avec l’aide considérablement accrue de la Chine de MAO TSE TOUNG, toutes ses forces militaires mais aussi toutes ses capacités d’intendance et celles de ses alliés chinois...Malgré l’importante aide américaine à l’armée française en avions et armes, aide initialement négociée par le Général de LATTRE de TASSIGNY deux ans plus tôt, l’Histoire nous a dit ce qui résulta de cette bataille de Diên Biên Phu. Pour en rester aux seuls parachutistes engagés dans l’Opération « Castor », les forces commandées par le Général GILLES comprenaient le 6ème BPC de Marcel BIGEARD, le 1er BPC de SOUQUET et le 2ème Régiment de Chasseurs Parachutistes de BRÉCHIGNAC. En appui, le 1er Bataillon de Parachutistes Laotiens commandé par Jacques CORMIER et trois autres Bataillons, avaient en charge de contribuer à soulager les assiégés de Diên Biên Phu en conduisant des opérations de dégagement et de harcèlement. Il en fut par exemple ainsi, dans la vallée de Nam Ou, de l’Opération « Condor » qui avait pour but de progresser, à partir de Muong Khoua vers Diên Bien Phu pour s’efforcer d’attirer vers eux une partie des forces ennemies qui étranglaient la garnison française de plus en plus affaiblie. Mais, me dit Jacques, bien qu’arrivées au contact des forces françaises encerclées à Diên Biên Phu, les forces de ces quatre Bataillons, très affaiblies en nombre par leurs actions de harcèlement, n’étaient pas à l’échelle. La chute de Diên Biên Phu, quelques semaines plus tard, le 8 mai 1954, allait marquer la fin de la guerre d’Indochine.
En fait, Diên Bien Phu a été, historiquement et depuis des siècles, la porte habituelle des invasions venues de Chine. Aussi, empêcher les Viets de marcher vers la capitale est un des objectifs du Plan NAVARRE, Plan dont la réussite supposait des renforts humains importants. Le Général NAVARRE est allé à Paris les demander. Ces renforts lui ont été fermement promis par le gouvernement mais ils n’arriveront jamais...
Pour Jacques, profondément patriote, la grandeur et le rayonnement de la France étaient essentiels. Aussi sa déception était cruelle et sa tristesse très profonde. Cette tristesse s’ajoutait à une autre tout aussi profonde, celle que causa l’annonce du décès de son père, grand patriote, annonce portée par un courrier au campement de son Bataillon en avril 1954, en pleine bataille de Diên Biên Phu. Pour services exceptionnels rendus au Royaume du Laos, le Roi SISAVANG VONG introduira le jeune lieutenant Jacques CORMIER dans « l’Ordre Royal du Million d’Éléphants ». L’objectif de cet Ordre créé au début du XXème siècle était, je cite, « d’honorer les hautes personnalités ayant rendu des services exceptionnels au Royaume du Laos ». Je cite le texte accompagnant cette nomination car il est chargé de plusieurs symboles forts pour les Laotiens, « la cérémonie de décoration sera faite le douzième jour de la lune croissante du douzième mois de l’année du cheval» c'est-à-dire, pour nous, le 22 novembre 1954.
Après trois mois de pause oh combien méritée, il est affecté à Bayonne mais détaché à Paris au Centre d’Études Asiatiques et Africaines où il suit, de mars à juin, la formation de la section Afrique du Nord et perfectionne sa connaissance de la langue arabe. Puis il est affecté au 2ème Bataillon de Parachutistes Coloniaux à Marrakech.Tandis que ce Bataillon devient le 6ème Régiment de Parachutistes Coloniaux, il gagne ses galons de capitaine dans les durs combats du Rif marocain en novembre 1955.Son régiment fait ensuite route vers l’Algérie, il débarque à Alger le 11 aout 1957. Après un mois au siège de l’Infanterie de Marine, il devient, à partir d’octobre, l’adjoint du Commandant de la Région de Blida. C’est dans cette fonction qu’il reçoit, le 6 septembre 1958, sa sixième citation du Général commandant le Corps d’armée d’Alger.
Permettez-moi de vous en écrire un extrait montrant bien, à la fois, toutes les qualités de combattant stratège et toutes les qualités humaines et morales de Jacques CORMIER :
« Officier de très grande valeur qui a fait preuve de belles qualités opérationnelles, d’une intelligence vive, d’un sens profond de l’humain et d’une activité inlassable. Il s’est particulièrement distingué en juillet, août et septembre 1957 lors des Opérations NC 15 dans les djebels d’Aïn-Sefra et de Djelfa et encore, plus particulièrement les 13 et 14 septembre à Bou-Hanndes ».
Le Général commandant le Corps d’armée d’Alger poursuit sa citation en disant
« Depuis octobre, dans la Région de Blida, grâce à son sens aigu de l’organisation, il a remarquablement conduit de pair la lutte anti-terroriste et l’action psychologique. Ainsi, il a doublement réussi la destruction de l’infrastructure rebelle de Blida et, dans le même temps, obtenu des résultats humains régionalement fortement appréciés car se traduisant pratiquement par la cessation des attentats et par l’amélioration des relations entre les français de souche et les français d’origine musulmane comme le montre, à titre d’exemple parmi d’autres, la création par lui d’un foyer sportif très largement ouvert aux jeunes musulmans et actuellement en plein essor. »Cette sixième citation comporte l’attribution, le 6 septembre 1958, de la Croix de la Valeur Militaire avec Étoile d’argent. 6 A la suite du Concours 1959 il est, début 1960, admis dans la 21ème promotion de l’École d’État-Major (Journal Officiel du 28 décembre 1959). Diplômé d’État-Major, il arrive, en mission spéciale, à Madagascar, jeune République indépendante, pour être mis à disposition de l’armée malgache en tant que Conseiller technique du Commandant du 1er Régiment d’Infanterie de l’Armée Nationale Malgache, régiment en cours de constitution. Particulièrement apprécié pour son efficacité et son grand sens humain, il est ensuite et très vite affecté, comme Conseiller pour les affaires militaires, à l’État-major particulier du premier Président de la République Malgache, Philibert TSIRANANA.
Jacques CORMIER est promu au grade de Chef de Bataillon, c'est-à-dire Commandant, par décret du 29 juin 1963. Il vient d’avoir 38 ans. Il rentre en France et est admissible à l’ÉCOLE SUPERIEURE DE LA GUERRE à la suite des épreuves écrites du Concours d’Admission de 1965 (Journal Officiel n°37 du 13 février 1965, page 1253). Le 21 septembre 1966, dans la cour des Invalides, Jacques CORMIER, 41 ans, est élevé au Grade d’Officier dans l’Ordre de la Légion d’Honneur par le Général de Corps d’Armée Georges CANONNE. Il est ensuite affecté à l’État- Major de la 1ère Région Militaire le 31 décembre 1966 avant d’être admis, à sa demande, à la retraite le 31 décembre 1968 à 43 ans.
Il poursuit ensuite une carrière industrielle à Paris au sein d’une grande entreprise française durant 20 ans. Ceux qui ont bien connu Jacques savent combien étaient grandes ses qualités humaines, ses capacités d’écoute, sa bonté, son attachement aux valeurs essentielles ou encore sa générosité. Parmi ses qualités humaines, on doit aussi citer son goût et sa capacité à communiquer, sa connaissance de l’anglais, de l’allemand, de l’annamite et de l’arabe contribuant fortement à l’efficacité de son action dans ses différents postes. Aucun n’oubliera non plus sa très grande modestie, son humour et, plus largement, sa très grande intelligence.
Eyquem d'Esparbès
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levysoft · 5 years ago
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4 novembre 1869. Nel Regno Unito s’inizia a pubblicare un settimanale: Nature, si chiama. Farà parecchia strada. Fino a diventare oggi, insieme alla concorrente Science, una delle riviste scientifiche più importanti e prestigiose al mondo. Di cui Elena Cattaneo parla come “marchio di garanzia della ricerca, contributo prezioso a dibattiti sociali importanti come quelli sui vaccini, terreno che mette a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo dati su cui far crescere la scienza”. Qualche numero e dato: nei suoi 150 anni di storia, Nature ha pubblicato un totale di oltre 400mila contenuti; la proporzione delle autrici donne è aumentata nel tempo (si attesta oggi intorno al 30% sul totale); si è allargata anche la provenienza geografica degli autori così come il numero medio di autori per articolo. All’inizio della storia del giornale, le parole chiave che si trovavano più frequentemente nei titoli e negli abstract degli articoli erano aurora, Sole, meteore, acqua e Terra. Rimpiazzate oggi da cellula, quanto, dna, proteina e recettore. Elogi sperticati (e auguri sinceri) a parte, va ricordato che anche riviste blasonate come Nature e Science non sono immuni da critiche: impossibile non citare l’infuocato j’accuse di Randy Shekman, Nobel per la medicina 2013, che le attaccò sostenendo che “rovinano la scienza mercificandone i contenuti e spingendo i ricercatori ad aggiustare i risultati”, un tema che qui su Wired abbiamo trattato estensivamente. Lasciando da parte le controversie, vi proponiamo i dieci articoli più importanti della storia di Nature, quelli che per un motivo o per un altro hanno segnato profondamente la scienza e il modo di fare ricerca.
C’era una volta il kaone
Siamo nel 1947. Due fisici delle particelle, George Rochester e Clifford Butler, che stanno studiando le interazioni tra raggi cosmici e una piastra di piombodel loro rivelatore. E si accorgono di una traccia strana, a forma di V, che nasconde qualcosa di ancora più strano: un piccolo gap tra il vertice della traccia e la piastra di piombo. Il segnale, arguiscono i due, della produzione di una particella invisibile e neutra, circa mille volte più pesante di un elettrone, poi immediatamente decaduta in due particelle neutre. Si trattava del cosiddetto kaone neutro, la cui identificazione darà la stura, a cascata, alla scoperta di molte altre particelle che andranno a comporre il complicato puzzle del Modello standard così come lo conosciamo oggi.
Ecco a voi gli anticorpi monoclonali
1975. Nature pubblica un articolo a firma di due immunologi, Georges Köhlerand César Milstein, in cui si descrive come sia possibile realizzare linee cellulari in grado di produrre anticorpi con una specificità predeterminata. Quelli che passeranno alla storia come anticorpi monoclonali. Ossia anticorpi prodotti da cellule ibride e capaci di riprodursi in vitro all’infinito, in copie identiche o cloni (donde il nome monoclonali): le cellule ibride, o ibridomi, sono a loro volta ottenute dalla fusione tra i linfociti B, un particolare tipo di anticorpi, con cellule di mieloma di topo. Fu proprio questa l’intuizione geniale di Köhler e colleghi – che nove anni più tardi si aggiudicheranno il premio Nobel per la Medicina –: normalmente, infatti, i linfociti B coltivati in laboratorio hanno vita brevissima e quindi non possono essere usati per la produzione di altri anticorpi. L’idea di fonderli con cellule mielomatose, che hanno una sopravvivenza maggiore, rese possibile la produzione di grandi quantità di anticorpi identici e in grado di riprodursi all’infinito. Cambiando così radicalmente la medicina, e in particolar modo l’immunologia e l’oncologia.
Una nuova specie: l’australopiteco
Torniamo indietro al 1925 e cambiamo completamente campo di ricerca, passando alla paleontologia. Raymond Dart, a capo del dipartimento di anatomia della University of Witwatersrand di Johannesburg, in Sudafrica, servendosi dei ferri da maglia di sua moglie estrasse da un pezzo di roccia un fossile piuttosto bizzarro. “Dalla roccia”, racconterà più tardi, “è emersa la faccia di un bambino, con una serie completa di denti da latte. Ero molto orgoglioso del mio bambino di Taungs [Taungs è il luogo di provenienza del fossile, nda]”. Analizzando il reperto, lo scienziato si accorgerà di qualcosa di molto strano. Il fossile ha caratteristiche ibride, simili in parte a quelle di una scimmia e in parte a quelle di un essere umano. Qualcosa di completamente sconosciuto in quel momento. Come racconta su Nature, Dart ipotizzò che il bambino fosse una sorta di anello mancante tra scimmie ed esseri umani e gli assegnò il nome scientifico di Australopithecus africanus. Anche in questo caso, una scoperta del tutto rivoluzionaria.
Dal carbonio al grafene
Si chiama C60, ed è una molecola di carbonio scoperta nel 1985 che appartiene alla stessa famiglia dei più celebri nanotubi di carbonio e del grafene: sono strutture nanoscopiche di atomi di carbonio disposti in un reticolo cristallino. La storia del C60 comincia nel 1970, nei laboratori della Rice University di Houston, in Texas, dove Eiji Osawa, un chimico teorico giapponese, predisse l’esistenza di una molecola stabile di carbonio composta da 60 atomi. La sua intuizione, però, non riscosse particolare interesse dalla comunità scientifica; le cose cambiarono quindici anni dopo, quando il chimico inglese Harry Kroto, esperto in spettroscopia molecolare, si appassionò alla questione e riuscì a identificare con precisione la struttura del C60, esattamente uguale a quella che si vede sulla superficie dei palloni da calcio – una sequenza di pentagoni ed esagoni. È proprio a partire da questa scoperta, premiata con il Nobel per la chimica nel 1996, che si arriverà due decenni più tardi alla scoperta del grafene. E a un altro Nobel, stavolta per la fisica.
C’è un buco nell’ozono
Restiamo nel 1985 e spostiamoci dai laboratori di chimica alla stratosfera sopra i ghiacci dell’Antartide. I dati analizzati da tra scienziati, Joe Farman, Brian Gardiner e Jonathan Shanklin, mostrano senza ombra di dubbio una diminuzione drastica della concentrazione di molecole di ozono sopra due stazioni antartiche, Halley e Faraday. Stando al lavoro dei tre, i livelli di ozono – sostanza indispensabile per schermare il pianeta dalle radiazioni solari – erano cominciati a calare alla fine degli anni settanta, per ridursi di circa un terzo entro il 1984. Un fenomeno che passerà alla storia come buco nell’ozono. E che pare oggi, grazie all’applicazione di protocolli stringenti che hanno vietato la produzione e l’uso di prodotti chimici che si legano all’ozono, essersi fortunatamente ridotto.
Patch-clamp, una rivoluzione per le neuroscienze
Si chiama patch-clamp technique, che forse suona meglio dell’italiano blocco di area, ed è una tecnica sviluppata nel 1976 da Erwin Neher e Bert Sakmann. Una di quelle scoperte che gli anglofoni chiamano breakthrough, rivoluzionaria. E lo è davvero: la patch-clamp technique, con cui si misurano le correnti di ioni che scorrono attraverso i canali posti sulle membrane cellulari, ha consentito ai neuroscienziati di studiare i segnali elettrici con precisione e scala mai raggiungibili prima di quel momento, sia a livello molecolare che di reti di neuroni.
Buchi, buchi, nanobuchi
Trent’anni fa nasce una nuova classe di nanomateriali. Tutto grazie alla formulazione di un principio chimico tutto sommato molto semplice, pubblicato (ovviamente) su Nature: dei template multimolecolari che consentivano l’assemblaggio ordinato di materiali con pori di diametro compreso tra 2 e 50 nanometri. I cosiddetti materiali mesoporosi, che nei decenni successivi, fino ad arrivare ai giorni nostri, hanno trovato larghissimo impiego e applicazioni, specie nel campo del trasporto dei farmaci e della separazione molecolare.
Le cellule diventano riprogrammabili
In principio siamo una sola cellula. Da cui, poi, si originano tutte le altre, che diventano man mano più specializzate e adatte a compiere una particolare attività. È la cosiddetta differenziazione cellulare, un processo che fino agli anni cinquanta si credeva essere sostanzialmente irreversibile. Il lavoro pubblicato nel 1958 da John Gurdon e colleghi cambiò tutto, suggerendo che forse effettivamente poteva esserci un modo per riprogrammare le cellule: una scoperta di importanza epocale per la biologia, da cui deriveranno, in tempi più recenti, i lavori di Takahashi e Yamanaka, che sono riusciti nel 2006 a resettarecellule di topo differenziate e riportarle allo stato pluripotente, quello da cui può originarsi qualsiasi cellula del corpo.
Due eliche, un dna
È probabilmente il paper più famoso della lista, senza voler far torto agli altri. Una paginetta pubblicata il 25 aprile 1953 a firma James Watson e Francis Crick, dal titolo “Molecular structure of nucleic acids: a structure for deoxyrobose nucleic acid”. Tradotto per i non addetti ai lavori: i due scienziati (con la collaborazione di Rosalind Franklin, i cui meriti non sono stati riconosciuti fino ai tempi recenti: ma questa è un’altra – brutta – storia) erano venuti a capo di un mistero rimasto irrisolto per 84 anni. Ossia la struttura dell’acido desossiribonucleico, conosciuto meglio come dna, sede del patrimonio genetico di ogni essere vivente: una doppia elica. E doppio Nobel per la medicina.
Il primo esopianeta attorno a un simil-Sole
Questa è storia più recente, appena tornata agli onori delle cronache. Siamo nel campo dell’astrofisica, e più precisamente nell’ambito della ricerca degli esopianeti, corpi esterni al nostro Sistema solare qualcuno dei quali – si spera – possa avere caratteristiche abbastanza simili alla Terra al punto tale da farci sperare che possa essere la dimora di altre forme di vita. E a questo proposito nella top ten di Nature non poteva mancare il lavoro di Michel Mayor e Didier Queloz, scopritori di un esopianeta orbitante attorno a una stella molto simile al nostro Sole. Il primo del suo genere, distante 50 anni luce dalla Terra, poi battezzato 51 Pegasi b, dal momento che la sua stella si chiama 51 Pegasi.  La loro scoperta ha rappresentato una grande rivoluzione nel campo: da allora, le osservazioni terrestri e quelle effettuate dai telescopi in orbita hanno permesso di scoprire migliaia di nuovi mondi, differenti per forma, dimensione, orbita, tipo di stella madre, ampliando significativamente la nostra conoscenza in materia di formazione planetaria. E aiutandoci a capire dove guardare per cercare altre forme di vita.
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surpasserlarealite-blog · 5 years ago
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Frise chronologique :
1917 Guillaume Apollinaire utilise pour la première fois le mot surréaliste. Les artistes André Breton et Louis Aragon se rencontrent
1919 Mars : La revue Littérature qui est dirigée par André Breton, Philippe Soupault et Louis Aragon publie sont premier numéro Mai : L'écriture automatique est née des mains d'André Breton et Philippe Soupault lorsqu'ils rédigent Les Champs magnétiques.
1920 17 janvier : L'artiste Tristan Tzara débarque à Paris. 23 janvier : Le Palais des fêtes à Paris fait son premier Vendredi de Littérature 30 mai : Publication des Champs magnétiques au Sans Pareil.
1921 14 avril : Rupture entre André Breton et Tristan Tzara lors d'une dernière manifestation du Dadaïsme. 13 mai : Scandale au procès Barrès salle des Sociétés savantes. Décembre : À Paris se tient une exposition collective des oeuvres de Joan Miro et Man Ray à Paris
1922 Formation du « mouvement flou », qui deviendra le surréalisme au cours de l'année 1924 Mars : nouvelle parution de Littérature avril : André Breton quite finalement le mouvement Dada
1923 Juillet : Tristan Tzara organise une soirée au théâtre Michel avec le poète russe Iliazd. Septembre : l'artiste André Breton fait la rencontre du poète Saint-Pol-Roux.
1924 15 octobre : L'écrivain André Breton publie le Manifeste du surréalisme 1er décembre: Le premier exemplaire de La Révolution surréaliste est publié
1925 juin : La Galerie Pierre tient une exposition de l'artiste Joan Miro à Paris août : À l'occasion de la guerre du Maroc, le mouvement surréalisme se tourne vers le communisme
1926 Mars : Man Ray fait scandale avec ses statues océanienne, dite indécentes, exposée à Paris
1927 Janvier : Le fondateur du surréalisme, André Breton se joint au parti communiste. Juin : la Galerie Surréaliste tient une exposition de peintures réalisée par Yves Tanguy.
1928 Un chien andalou, célèbre film surréaliste, de Salvador Dali et Luis Buñuel est présenté devant public pour la première fois.
1929 Juin : La revue Variétés publie un numéro spécial : « Le surréalisme en 1929 ». octobre : Un Chien andalou film par Salvador Dali et Luis Buñuel est projeté au studio 28 de Paris
1930 Mars : Le troisième manifeste, du surréalisme par Robert Desnos est publié, juin : Le Second manifeste du surréalisme est publié aux Éditions Kra. juillet: Le premier numéro du Surréalisme au service de la révolution, dirigé par André Breton est publié
1931 Première exposition des artistes surréaliste (Dali, De Chirico, Ernst, Miró) à Hartford aux États-Unis Salvador Dali et Luis Buñuel récidivent avec le film L'Âge d'Or
1932 l'Association des écrivains et artistes révolutionnaires est créée À New York se tient une exposition surréaliste
1933 Mai : Le groupe pragois Devestil se joint au mouvement surréaliste. Juin: La revue surréaliste Minotaure publie un premier numéro
1934 Salvador Dali visite la ville de New York Le Musée Royal tient une exposition d'œuvres surréalistes à Bruxelles
1935 Février : L'artiste Alberto Giacometti est évincé du groupe. 9 avril : Premier numéro du Bulletin international du surréalisme . 18 juin : Décès tragique de l'écrivain René Crevel à Paris Octobre: Fondation du groupe surréaliste Contre Attaque. Novembre : La galerie Pierre tient une exposition des oeuvres de Victor Brauner
1936 Mars : Le groupe surréaliste Contre Attaque décide de se séparer Mai : La galerie Charles Ratton tient une exposition surréaliste à Paris Juillet : À Londres se tient une deuxième exposition internationale du surréalisme, y présentent des artistes tels : Duchamp, Giacometti, Picasso... Décembre : Le musée MoMa tient une exposition sur l'art surréaliste et Dada à New York
1937 André Breton publie le livre De l'humour noir.
1938 La Galerie des Beaux-Arts présente une exposition internationale du surréalisme à Paris. André Breton rencontre Léon Trotski au Mexique pour écrire le Manifeste pour un art révolutionnaire indépendant.
1939 Exile des surréalistes vers les États-Unis Coup de tonnerre, l'artiste Salvador Dali se fait rejeter du surréalisme
1940 À Mexico se tient l'exposition internationale du surréalisme Dans le Midi de la France, les artistes surréalistes se regroupent.
1941 Juillet : À cause de la guerre, André Breton s'exila à New York
1942 La galerie Art of this Century de Peggy Guggenheim célèbre sont inauguration à New York.
1945 À Paris se tient une rétrospective des oeuvres de Max Ernst
1946 André Breton est de retour en France
1947 Expositions internationales du surréalisme
1949 La galerie Drouin tient une rétrospective des tableaux de Francis Picabia à Paris
1950 La galerie Drouin tient une exposition des oeuvres de Max Ernst à Paris
1952 18 novembre : Décès de Paul Éluard à Charenton-le-Pont en France
1953 30 novembre : Décès du peintre Francis Picabia à Paris
1954 Les lauréats de la Biennale de Venise sont Max Ernst, Jean Arp et Joan Miró
1955 15 janvier : Décès de l'artiste français Yves Tanguy à Paris
1956 À Berlin se tient une rétrospective des oeuvres de Max Ernst
1957 1 janvier : Décès tragique de l'artiste Óscar Domínguez à Paris
1959 Le Musée d'Art Moderne tient une rétrospective des oeuvres de Max Ernst à Paris
1960 Une grande Exposition internationale sur le Surréalisme se tient à Paris
1963 25 décembre : Décès du célèbre Tristan Tzara à Paris en France
1964 La galerie Charpentier tient une rétrospective sur le surréalisme à Paris
1965 Le Musée d'Art Moderne tient une rétrospective du travail d'André Masson à Paris
1966 Fin historique du surréalisme. 7 juin : Décès de Jean Arp à Basel en Suisse 28 septembre : Décès du poète André Breton à Paris
1967 15 août : Décès de l'artiste René Magritte à Lessines en Belgique.
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molosaniles1g · 3 years ago
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Temps de lleure (capítol 3)
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"SLOW TV" A TRAVÉS DE L'ART
Descobrim el Museu Picasso passejant entre les seves obres
En un llarg pla seqüència d'una hora, recorrem les sales del museu i ens aturem sense cap pressa en les obres més emblemàtiques.
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carmenvicinanza · 4 years ago
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Elena Luzzatto Valentini la prima laureata in architettura in Italia
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Elena Luzzatto Valentini, architetta, pioniera del Razionalismo italiano.
Una donna coraggiosa che è riuscita a affermarsi nella sua professione nell’epoca fascista, totalmente ostile alla progettazione femminile.
Nacque a Ancona il 30 ottobre 1900 da Vittorio Valentini e Anna Luzzatto Gabrielli.
Si iscrisse alla Regia Scuola Superiore di Architettura di Roma nel 1921, nell’anno di apertura dell’istituto.
È stata la prima donna laureata in architettura, nel 1925, con una tesi dal titolo “Sanatorio nei pressi del lago di Como”.
Sua madre, dopo aver praticato la professione senza un titolo di studio ufficiale, si laureò due anni dopo di lei, diventando così la seconda architetta italiana.
Nel 1926, Elena Luzzatti venne assunta come libera professionista dall’Ufficio Tecnico del Comune di Roma. Fino al 1934 lavorò all’Università come assistente volontaria presso la Facoltà di Ingegneria. Tra le sue prime opere c’è stata una villa a Ostia, nel 1928, per Giuseppe Bottai, esponente di rilievo del partito fascista, allora Sottosegretario del Ministero delle Corporazioni.
Negli anni successivi, Elena Luzzatto, si dedicò, da sola o in collaborazione con il marito, l’ingegnere Felice Romoli, alla progettazione di edilizia residenziale e di complessi monumentali.
Ha esposto anche alla Triennale di Milano.
Numerose furono le sue opere pubbliche e i concorsi vinti per progetti di diverse tipologie, tra cui uno studio per l’Unione Agricola Coloniale in Somalia, nel 1932.
Nel 1938, fu costretta a cambiare nome e acquisire quello materno per evitare le leggi razziali.
Nella sua lunga carriera ha costruito più di quaranta edifici, disegnato steli funerarie nel Cimitero del Verano di Roma, stazioni, sanatori e ospedali, come quelli di Viterbo e Bolzano, chiese e scuole, negozi e mercati. Tra le grandi opere pubbliche realizzate ricordiamo il Cimitero Militare nel 1944, il Cimitero di Prima Porta nel 1945, il mercato di Primavalle nel 1950, la Scuola Media di Villa Chigi nel 1960 e l’attuale mercato coperto, ancora in uso, di Piazza Alessandria, a Roma.
Dal 1958 al 1964, è stata capogruppo per l’Istituto INA-Casa per la realizzazione di case popolari nell’Italia meridionale, tutte opere progettate e costruite in tempi record.
Elena Luzzatto seppe adattare i suoi progetti all’ambiente, senza imporre la sua cifra stilistica.
Lavorò per il Comune fino al 1958, continuando la libera professione fino all’età di 77 anni.
È morta a Roma il 4 novembre 1983.
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paoloxl · 5 years ago
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Pietro Tresso nasce nel 1893 a Magrè di Schio, in Veneto. Figlio di un lavoratore tessile, ha iniziato a lavorare all'età di nove anni, prima come apprendista sarto e subito dopo in un'azienda di lana. Molto giovane si è unito a Gioventù Socialista e all'età di 16 anni è diventato organizzatore del Circolo Giovanile Socialista “Avvenire”. Nel 1914, iniziò le sue attività nel movimento sindacale dei lavoratori rurali in Puglia, un'attività che fu interrotta nel 1915 quando fu convocato dall'esercito. Nella primavera del 1917 fu arrestato, accusato di aver diffuso propaganda contro la guerra alle truppe. A causa della mancanza di prove non fu condannato, ma come punizione fu trasferito dal reggimento.
Nel 1918, Tresso contrasse la tubercolosi e passò attraverso diversi ospedali, fino a quando non fu dimesso nel settembre del 1919. Tornò così all'attività sindacale nella sua città natale, diventando responsabile della Federazione Tessile di Schio. Fu da quel momento che affrontò l'ala riformista del Partito socialista e la progressiva rimozione del gruppo massimalista, guidato da Giacinto Menotti Serrati. Si avvicinò all'ala sinistra del partito, allineandosi con le posizioni di Amedeo Bordiga. La rimozione dell'ala Serrati fu consolidata con il Congresso del Partito Socialista di Livorno nel 1921, in cui l'ala sinistra del partito decise di sciogliersi e fondò il Partito Comunista d'Italia (PCd'I). Tresso è stato delegato al Congresso e ha partecipato alla fondazione del nuovo partito comunista.
È diventato segretario della sezione provinciale di Vicenza e direttore del quotidiano La Lotta Comunista, mentre continua la sua attività sindacale presso la Confederazione Generale del Lavoro (CGL), dove cerca di costruire una fazione comunista. Dopo aver subito un attacco da una banda fascista a causa della sua attività nei sindacati, Tresso si trasferì a Milano nella primavera del 1921, dove fu nuovamente attaccato, e poi a Berlino, dove collaborò con la rivista pubblicata Rote Gewerkschaftsund Internationale dalla Red Union International. Nel 1922, partecipò come delegato al II Congresso del Sindacato Internazionale e al IV Congresso dell'Internazionale comunista, in rappresentanza del giovane partito italiano, quando iniziò una stretta relazione con Antonio Gramsci.
Il 28 ottobre 1922, i fascisti marciarono su Roma e tre giorni dopo Benito Mussolini assunse l'incarico di capo del governo italiano. Tresso tornò in Italia pochi mesi dopo, a metà del 1923, stabilendosi a Milano dove assunse il ruolo di leader regionale del PCd'I. Negli anni seguenti avrebbe concentrato la sua attività sul movimento sindacale. Controllato dalla polizia politica, Tresso fu arrestato nel maggio del 1924, rilasciato poco dopo e nuovamente arrestato nel giugno del 1925. Per evitare la persecuzione emigrò a Parigi, dove partecipò alla creazione del Comitato Centrale Antifascista.
I conflitti tra l'ala guidata da Amedeo Bordiga e quello di Antonio Gramsci si sono intensificati negli ultimi anni. Tresso si schierò con Gramsci, interrompendo il rapporto politico che aveva avuto con Bordiga. L'ultima battaglia con la fazione bordighist ebbe luogo al Congresso PCd'I tenutosi a Lione, in Francia, nel gennaio 1926. Le tesi sulla situazione politica approvate al congresso affermarono la necessità di "collegare rivendicazioni politiche parziali a quelle di carattere economico, per trasformare i movimenti "democratici rivoluzionari" in movimenti rivoluzionari operai.
Poco dopo il Congresso di Lione, Tresso fu arrestato dalla polizia francese e trascorse due mesi in prigione. Dopo aver lasciato la prigione, tornò clandestinamente in Italia, prendendo il nome in codice Blasco, in onore dello scrittore e repubblicano spagnolo Blasco Vicente Ibañez. Nell'autunno del 1926 si stabilì a Roma e iniziò a gestire l'Ufficio Tecnico Organizzativo del Partito, responsabile del lavoro illegale e della corrispondenza con l'Italia e l'estero. La repressione fascista divenne più acuta dopo l'attacco a Mussolini, il 31 ottobre di quell'anno, e il governo adottò nuove misure di eccezione,
L'8 novembre iniziò l'offensiva contro i comunisti. Solo tre deputati riuscirono a fuggire dal carcere, gli altri undici furono arrestati, tra cui Antonio Gramsci. Una lettera del leader comunista Camilla Ravera a Palmiro Togliatti mostra l'entità della repressione: nei successivi otto giorni si verificarono 1.690 arresti a Milano, furono pestati 151 militanti, tra cui Alfonso Leonetti che fu ricoverato in ospedale e 40 case e quartier generali del partito furono distrutti.
Praticamente l'intera direzione del partito è stata arrestata. Nel gennaio del 1927 fu ricostituito il Comitato Centrale e Tresso ne divenne parte e in estate si trasferì a Genova, dove fu installato il centro sindacale del partito di cui sarà responsabile.
Gli arresti sono continuati durante tutto l'anno e il centro esterno ha deciso di rimuovere la maggior parte dei leader, tra cui Tresso, dall'Italia, spostandoli a Basilea, in Svizzera. Più tardi sarebbe andato a Zurigo e poi a Parigi. Tra luglio e settembre 1928, Tresso partecipò al VI Congresso dell'Internazionale comunista, a Mosca. Leon Trotsky era già stato espulso ed era in esilio.
Nella storiografia del PCd'I, questa nuova fase del partito divenne nota come "la svolta". Ha provocato un intenso dibattito nei ranghi dell'organizzazione, sebbene gli argomenti non fossero sempre molto chiari. Nel giugno del 1928, quindi, prima del ritorno, Tresso aveva già protestato contro una risoluzione del Comitato Centrale del PCd'I che definiva la lotta alle opposizioni interne come uno dei compiti principali dei comunisti.
Le differenze erano maggiori nel campo organizzativo. La prospettiva che una nuova situazione rivoluzionaria potesse avere luogo in Italia con la crisi del fascismo implicava uno sforzo per ricostruire il partito all'interno del Paese. Alla fine di dicembre del 1929 Luigi Longo presentò alla segreteria la proposta che "tutte le organizzazioni di partito" tornassero in Italia. Leonetti, Tresso e Ravazzoli erano fortemente contrari. Non era la prima volta che si dividevano su questioni organizzative. Poco dopo il primo confronto di Tresso con la linea politica del Comitato Centrale, nel giugno del 1928, lui e Leonetti fecero aspre critiche a Togliatti riguardo agli errori organizzativi che consentirono alla repressione di massacrare facilmente i comunisti e portare all'arresto della maggioranza. dei suoi leader. In quella occasione Leonetti propose un ritirata all'estero "Non possiamo avere alcun apparato in Italia", ha detto. E Tresso aggiunse con enfasi altre critiche: “Abbiamo scoperto che al partito è stato chiesto più di quanto potesse dare, per questo si diceva che eravamo pessimisti e che avevamo preoccupazioni personali ”.
Nel contesto della svolta, i problemi organizzativi hanno assunto una nuova dimensione. Togliatti ha sostenuto la risoluzione di Longo e ha spinto per un riorientamento del partito secondo le linee guida dell'Internazionale comunista. Alla riunione dell'Ufficio Politico del 10 gennaio 1929, la divisione iniziò a prendere una forma definita: Pietro Secchia, Camilla Ravera, Luigi Longo e Palmiro Togliatti votarono a favore della risoluzione; Ravazzoli, Leonetti e Tresso erano contrari. Ignazio Silone, che era malato in Svizzera, annunciò immediatamente che era anche contrario alla risoluzione. Ravazzoli fu quindi invitato a partecipare a un incontro a Mosca, insieme a Togliatti e altri, in cui la nuova linea politica del PCd'I fu sanzionata senza che fosse espressa una forte opposizione. Ma in Italia il dissenso è continuato.
Le differenze tra Ravazzoli, Leonetti e Tresso con la maggioranza iniziarono a manifestarsi nel campo della politica durante l'incontro del CC che si tenne tra il 20 e il 23 marzo. Togliatti aveva precedentemente proposto di espellere i dissidenti. Sconfitti nella riunione del CC, furono tutti rimossi dalle loro posizioni. Lo stesso incontro all'unanimità ha votato per espellere Amedeo Bordiga dal partito, accusato di simpatizzare con le idee di Trotsky. La campagna contro gli oppositori fu lanciata immediatamente. Sul giornale Lo Stato Operaio di aprile-maggio 1930 furono pubblicati due articoli contro le loro posizioni.
Il 6 Aprile 1930 viene fondata a Parigi l'opposizione di Sinistra Internazionale, con la partecipazione di otto gruppi frazionisti di diversi partiti comunisti, Pietro Tresso e presente. Da qui si sviluppa il percorso, spurgato dalla solita battaglia politica contro "gli elementi piccolo borghesi, propagandisti,estremisti e settari, che porterà alla nascita nel settembre 1938 della Quarta Internazionale.
Da quel momento iniziò la costruzione della Nuova Opposizione Italiana (NOI), che segnava le sue differenze con la vecchia opposizione di Bordiga e si allineava con l'opposizione di sinistra internazionale. Tra il 10 aprile 1931 e il 15 giugno 1936, l'opposizione pubblicò 16 numeri del Bollettino dell'Opposizione Comunista Italiana [Bollettino dell'Opposizione Comunista Italiana]. Sotto molti aspetti, l'analisi della situazione politica italiana condotta nel Bolletino e l'orientamento politico proposto, sintetizzato nella richiesta di un'Assemblea costituente, era vicino a quello di cui Gramsci discusse con i suoi compagni in prigione. È risaputo che, in prigione, ha espresso le sue perplessità alla nuova politica del partito diretto da Togliatti, che ha proposto che i comunisti difendano la convocazione di un'assemblea costituente, che ha cercato di informarsi sul destino di Tresso e altri espulsi.
Dalla metà degli anni '30, Tresso era membro della Ligue Comuniste ed è stato eletto nel suo Comitato Esecutivo. In seguito avrebbe partecipato attivamente alle discussioni per la fondazione della Quarta Internazionale e fu delegato al suo congresso di fondazione nel 1938, essendo eletto al Comitato Esecutivo Internazionale. Lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'occupazione della Francia da parte dei nazisti nel maggio 1940 rese estremamente pericolose le attività politiche di Tresso e nell'estate del 1941 lasciò Parigi per trasferirsi a Marsiglia, che non era sotto l'occupazione tedesca. Riprese immediatamente le sue attività, integrando la guida del Parti Ouvriere Internationaliste (POI), un nome che l'organizzazione trotskista aveva adottato nel 1936.
Nei primi giorni del giugno 1942, un'ondata repressiva colpì i trotskisti francesi. Diversi furono arrestati dalla polizia francese, incluso Tresso, che fu torturato. Condannato dal tribunale militare a dieci anni di lavoro forzato, fu imprigionato nella prigione di Lodève. A novembre fu trasferito nella prigione di Mauzac e subito dopo a Puy-en-Velay. Nella notte del primo ottobre, fuggirono 79 prigionieri, tra cui Blasco e i suoi compagni trotskisti, a seguito di una azione di partigiani francesi.
I trotskisti furono separati dagli altri e condotti in un campo nell'alta Loira controllato dagli stalinisti del Pcf La minaccia era costante e lo storico Marc Bloch, leader di spicco della resistenza, cercò invano di liberarli. Uno dei trotskisti riuscì a fuggire e salvarsi. Probabilmente tra il 26 e il 27 ottobre Tresso e i suoi compagni furono eliminati, i resti di Blasco non verranno mai ritrovati.
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ecoledeschartes · 5 years ago
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Stairway to heaven
Aurélien Arnaud effectue son stage de 4e année au Metropolitan Museum of Art, New York (États-Unis). Voir la carte des stages
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Escalier menant au 2nd Floor (équivalent de notre 1er étage)
À l’échelle des plus grands musées du monde
Le Metropolitan Museum of Art (MET) ne souffre pas la comparaison avec le Louvre ou l’Ermitage à Saint-Pétersbourg. Chaque jour, plus de 2000 employés s’activent pour assurer l’ouverture et le confort aux visiteurs, transporter des œuvres d’art jusqu’au quai de chargement pour un prêt à l’étranger ou encore épousseter les tableaux avant l’arrivée du public. Si l’on devait trouver un équivalent pour qualifier ce musée, on pourrait parler d’une ruche. Chacun a une mission bien précise à remplir et tout semble régler comme sur du papier à musique. Après avoir essuyé une grave crise financière ces dernières années, le MET a annoncé une année 2018 plus que réussie et les expositions se font toujours de plus en plus nombreuses. Celle tout récemment ouverte et dédiée à Félix Vallotton (1865-1925) n’est qu’un des nombreux événements prévus dans l’année, parmi « l’Employee Art Show » par exemple où le personnel du musée est invité à présenter et à exposer ses créations.
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Entrée principale du MET
Parmi les chantiers en cours, la construction d’une skylight (grandes lucarnes) pour le département des peintures européennes prive le public de l’ouverture de salles mais apportera, à terme, un nouvel éclairage. Le musée est donc toujours en train de se réinventer même s’il ne connaît pas l’effervescence de la création d’ailes supplémentaires. C’est au cours du XXe siècle que le MET prit l’architecture qu’il affiche désormais. Sous les directions de Sir Caspar Purdon Clarke (1904-1910) et d’Edward Robinson (1910-1931), de nombreux travaux permirent par exemple de créer de nouvelles galeries. Francis Henry Taylor, qui dirigea notamment le musée entre 1940 et 1944, est l’un de ceux qui façonna le plus le musée, non architecturalement parlant, mais en accentuant la démocratisation du lieu et en développant un programme d’éducation artistique et culturelle très poussé. Il supervisa également le musée durant les années du second conflit mondial et plus particulièrement l’évacuation d’œuvres d’art en dehors de la ville. En effet, les Américains craignaient d’éventuels bombardements aériens de la part des Allemands. Un chiffre donne à lui seul une idée de l’importance des collections : entre le 9 février 1942 et le 15 mai 1942, 2% des collections soit 15 000 objets ont gagné Whitemarsch Hall, situé à environ 100 kilomètres de New York. Une évacuation, lancée peu après l’attaque de Pearl Harbor, qui impliqua de nombreux membres du musée[1] et qui concerna bien entendu le département d’art médiéval.
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Vue de Whitemarsh Hall
Le département d’art médiéval : le trésor des églises et des collectionneurs
Les collections médiévales du musée couvrent toutes les périodes, techniques et aires de création. Il faut compter également avec les Cloisters, l’antenne du MET dévolue uniquement à l’art européen médiéval à partir de l’époque romane. Des chiffres à donner le vertige : un peu plus de 10 000 œuvres au sein du département, en comptant les collections des Cloisters. Pour conserver et mettre en valeur cet ensemble exhaustif, l’équipe du département rassemble des profils très divers : conservateurs spécialistes de l’art byzantin, assistants-conservateurs tout juste nommés, stagiaires, bénévoles… Même les conservateurs émérites reviennent de temps en temps pour renouer avec les ressources inépuisables du musée : on ne quitte jamais réellement le MET. La recherche est au cœur du travail et l’appel à des personnes qui ont déjà travaillé au musée ou qui souhaitent apporter leur aide est toujours bienvenu. Les va et vient entre le Metropolitan Museum of Art et les Cloisters sont courants et les fonds sont innombrables tant dans un lieu que dans l’autre. Que ce soit downtown au MET ou uptown aux Cloisters, une bibliothèque spécialement dédiée à l’art médiéval offre aux chercheurs une aide des plus précieuses dans leur travail.
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Vue d'une vitrine regroupant des émaux de Limoges
Pour donner un aperçu de la richesse de la collection, il faut se tourner vers les émaux de Limoges (du XIIe et du XIIIe siècle), dont la qualité et la diversité n’ont que peu d’égal. Les vitrines, splendides et réaménagées au début des années 2000, regroupent divers types d’émaux limousins tous de très grande qualité. La collection de John Pierpont Morgan est, depuis 1917, date du legs de milliers d’œuvres d’art par son fils, le noyau du département. Mais ce n’est pas la seule source d’enrichissement des collections. Chaque département peut compter sur une opération de fundraising permettant de réunir des fonds qui peuvent compléter l’enveloppe d’argent prévue par le musée pour l’achat d’une œuvre. Les ressources privées sont omniprésentes aux États-Unis et contrastent avec les méthodes françaises. Pour la publication d’un catalogue des collections ou encore l’organisation d’une exposition, la manne financière privée est non négligeable. Si l’on devait évoquer une autre grande différence avec le système français, il faudrait mentionner le deaccessionning qui consiste à retirer un objet des collections, à s’en séparer par l’intermédiaire d’une vente aux enchères pour en faire éventuellement rentrer un autre grâce à l’enveloppe financière perçue par la vente du premier. Aux États-Unis, l’inaliénabilité des collections n’est donc pas un sujet aussi polémique comme récemment en France, malgré quelques protestations[2]. En revanche, face à l’ampleur du musée et le calendrier des travaux et restaurations, le Gothic Hall qui rassemble notamment des sculptures de la fin du Moyen Âge aurait besoin, malgré les illuminations de l’arbre de Noël de style baroque, d’un nouvel éclairage chassant l’impression de ce que l’on appelle communément les Dark Ages.
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L'arbre de Noël : kitschy ?
Recherches de provenance ou savoir mener l’enquête
Pour évoquer quelques missions qui me furent confiées, j’aimerais insister sur le travail effectué auprès de Christine Brennan, Senior Researcher and Collections Manager au sein du département d’art médiéval. Cherchant à identifier entre quelles mains sont passées les œuvres qui constituent la collection de ce département, elle mène un véritable jeu de piste par la consultation d’archives et en recoupant les informations qu’elle glane au fil de ses recherches. Elle a notamment participé au programme d’échanges avec d’autres institutions, américaines comme allemandes, pour faire progresser la recherche dans ce domaine et partager les ressources aussi bien que les méthodes[3]. J’ai pu l’assister au sein de travaux qui visaient par exemple à déterminer si un sarcophage avait été présent dans la collection de William Randolph Hearst[4], l’un des collectionneurs américains les plus influents du XXe siècle.
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William Randolph Hearst (1863-1951)
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Sarcophage avec un physicien grec, début du IVe siècle, marbre, Metropolitan Museum of Art
Récemment, je me suis rendu à la Frick Library, bibliothèque du musée portant le même nom, située non loin du Metropolitan Museum of Art. Cette bibliothèque constitue une référence dans le domaine des catalogues de vente, par exemple celles de chez Christie’s. À partir d’informations recueillies dans les dossiers d’œuvres de la collection d’art médiéval, je devais tenter de retracer le parcours de bustes reliquaires en bois du début du XVIe siècle afin de déterminer les précédents propriétaires, souvent d’éminents galeristes.
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Vue de la Tefaf Fall à New York
Pour illustrer cette relation entre collectionneurs et musées, l’un des rendez-vous artistiques de l’année avait lieu du 1er au 5 novembre au Park Armory Show. La Tefaf Fall est toujours prisée des conservateurs et chefs des différents départements des musées pour se tenir au courant de l’évolution du marché de l’art et éventuellement repérer des pièces susceptibles d’être achetées. Le MET et particulièrement le département d’art médiéval a par exemple eu plusieurs échanges avec la Blumka Gallery, dont le stand était présent à la Tefaf. La fréquentation de cette foire d’art international permet notamment de s’interroger sur les recherches de provenance d’œuvres d’art. Sur les cartels d’antiquités, une longue liste de précédents propriétaires se déploie et annonce une transparence ainsi qu’une tra��abilité irréprochables. L’une des périodes de l’histoire de l’art les plus chaotiques est sans contexte celle de la Seconde Guerre mondiale. Pour ce sujet, le MET fait l’effort de retracer le parcours de ses collections pour déterminer entre quelles mains telle œuvre a pu passer. Cela va parfaitement dans le sens de la relance récente des recherches sur les spoliations et restitutions en France. Des projets d’ouverture et de numérisation des archives se succèdent à l’INHA et au Mémorial de la Shoah. Mais le chemin est encore long et il est certain que la France peut gagner à échanger davantage avec ses homologues outre-Rhin ou outre-Atlantique.
Notes
Pour l’exposition anniversaire du Metropolitan Museum of Art « Making the Met, 1870-2020 » (March 30-August 2, 2020), une section sera consacrée au destin et à la vie du personnel du musée pendant la Seconde Guerre mondiale.
Que penser de musées américains qui souhaitent se séparer d’œuvres d’art pour rééquilibrer une situation financière délicate ?
The German/American Provenance Exchange Program for Museum Professionnals (PREP), Washington DC, 21-26 October 2019.
LEVKOFF Mary L., Hearst the collector, Abrams, Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles, 2008.
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redazionecultura · 5 years ago
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Per il ciclo di incontri a cura della Biblioteca Civica, Martedì 12 novembre 2019, alle ore 17:30 la Sala del Romanino dei Musei Civici agli Eremitani ospita la presentazione del volume “Marinetti – Majakovskij. 1925. I segreti di un incontro” di Gino Agnese, edizioni Rubbettino. Un grande scenario: quello dell’Exposition Internationale des Arts Décoratives et …
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dissidentdeflandres · 5 years ago
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Cent ans de national-socialisme : 1919-2019
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L’année 2019 marque le 100e anniversaire de la naissance du mouvement national-socialiste. Le 12 septembre 1919, Adolf Hitler assiste à une réunion du Parti ouvrier allemand à Munich, et quatre jours plus tard, le 16 septembre, il rejoint officiellement le groupe.
Personne à l’époque n’aurait pu se rendre compte des implications décisives de cette occasion apparemment insignifiante, mais l’histoire la reconnaît comme le début de la carrière politique d’Hitler, un événement qui allait changer le monde à jamais.
Pour raconter en détail l’histoire centenaire du national-socialisme, il faudrait plus qu’un seul article, ou même plus qu’un seul livre. De nombreux volumes seraient nécessaires pour cette tâche. Cependant, nous pouvons passer en revue certains des faits saillants importants de notre héritage, car dans une certaine mesure, notre passé est un prélude à notre avenir.
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Définitions
Au début était l’idée nationale-socialiste, qui a germé de l’esprit d’Adolf Hitler.
L’idée implique implicitement la notion de lutte nationale-socialiste, car Hitler n’a jamais voulu que sa vision du monde n’existe que sous la forme d’une construction abstraite que les intellectuels puissent admirer avec détachement, mais plutôt qu’elle soit mise en œuvre par l’action.
La lutte se déroule par l’intermédiaire du Mouvement qui, historiquement, a pris une forme concrète en tant que Parti.
De même, l’Idée s’articule sous la forme définitive de la Parole, en particulier telle qu’elle est énoncée avec autorité dans Mein Kampf.
L’idée nationale-socialiste ne se définit pas étroitement comme une idéologie ou une philosophie. Il s’agit plutôt d’une vision du monde (Weltanschauung), qui est une attitude fondamentale à l’égard de l’existence humaine qui est plus englobante que les idéologies et les philosophies.
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Évolution du mouvement
Il n’est pas surprenant que le Mouvement ait évolué au cours du siècle dernier. Si ses principes fondamentaux sont restés constants, ses politiques et programmes spécifiques ont été adaptés pour répondre aux exigences d’un monde en mutation, car le monde en 2019 est très différent de ce qu’il était en 1919. Cette évolution est la preuve que le national-socialisme est une entité dynamique et vivante, et pas seulement les restes fossilisés d’un mouvement politique mort depuis longtemps des générations précédentes.
Cette évolution peut être observée dans le développement de la pensée nationale-socialiste, tant dans le domaine de la politique raciale qu’ailleurs, ainsi que dans la structure formelle d’organisation du Mouvement.
Mais dès les premiers jours de la lutte, le Führer a établi des lignes directrices inébranlables pour son développement. Toute l’évolution du Mouvement s’inscrit dans ce cadre.
S’adressant à la session finale du congrès de 1934 du NSDAP, il a énoncé ces principes d’organisation de base, qui fusionnent la vision du monde national-socialiste avec la politique pratique :
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« Quand notre Parti n’avait que sept hommes, il exprimait déjà deux principes : premièrement, il voulait être un véritable Mouvement conditionné idéologiquement ; et, deuxièmement, il voulait donc être le seul pouvoir en Allemagne.
« En tant que Parti, nous devions rester minoritaires parce que nous devions mobiliser les éléments les plus précieux de la lutte et du sacrifice du Reich, qui, à tout moment, ont représenté non pas une majorité, mais une minorité. […]
« Ce ne sera toujours qu’une partie de la nation qui sera composée de combattants vraiment actifs, et on en demandera plus que les millions d’autres citoyens. Pour eux, le simple serment « Je crois » ne suffit pas ; ils jureront plutôt « Je combattrai ».
« Le Parti représentera pour toujours l’élite de la direction politique du peuple allemand.
« Il sera immuable dans sa doctrine ; dur comme de l’acier dans son organisation ; tactiquement flexible et adaptable ; dans son entité cependant, il sera comme un Ordre Saint ! […]
« Mais l’objectif doit être que tous les Allemands loyaux deviennent national-socialistes. Seuls les meilleurs national-socialistes sont membres du Parti ! »
Aujourd’hui comme par le passé, ce sont les lignes directrices que nous suivons.
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Chronologie
Période d’incubation, 1919-1923 – Le Parti ouvrier allemand (Deutsche Arbeiterpartei) a été officiellement fondé le 5 janvier 1919, mais ce n’est que le 16 septembre de la même année qu’Adolf Hitler a rejoint le Mouvement tel que nous le connaissons. Au cours de ses quatre premières années d’existence, il a jeté les bases de l’avenir. Munich est devenue la base d’opérations du Mouvement ; son nom est devenu le Parti national-socialiste ouvrier allemand (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei) ; la Swastika en est devenue le symbole ; la Sturmabteilung (section d’assaut) la milice du parti et le Völkischer Beobachter (Observatoire populaire) son journal officiel.
Les 8 et 9 novembre 1923, le NSDAP et la SA, soutenus par d’autres formations populaires, ont mené en vain un soulèvement contre la République de Weimar, et en conséquence, le Mouvement a été interdit et plusieurs de ses dirigeants emprisonnés.
Période d’interdiction, 1923-1925 – Bien qu’officiellement déclaré illégal, le Mouvement a continué à fonctionner sur une base réduite pendant la période de l’interdiction. Alfred Rosenberg a été nommé par Hitler pour diriger le Mouvement pendant cette période. Il a formé un remplaçant ad hoc pour le NSDAP appelé la Communauté populaire de la Grande Allemagne (Grossdeutsche Volksgemeinschaft). D’autres formations nationales-socialistes sont également apparues, comme le Mouvement national-socialiste pour la liberté et le Bloc populaire de Bavière. La SA est restée une organisation clandestine connue sous le nom de Frontbann.
L’événement le plus important de cette période fut l’écriture du premier volume de Mein Kampf par le Führer. Il y a codifié la vision du monde du N.S. sous une forme définitive et y a établi les lignes directrices opérationnelles pour l’avenir.
Période d’opposition d’avant-garde, 1925-1930 – Le Führer est libéré de prison en décembre 1924. Il refonde officiellement le NSDAP en février 1925. Pendant les cinq années suivantes, le Mouvement a été un petit parti d’avant-garde en marge de la scène politique. Elle a continué à diffuser son message auprès du peuple allemand et a progressivement développé sa force. Le 9 novembre 1925, la SS fut fondée et le 3 juillet 1926, les Jeunesses hitlériennes furent fondées.
La percée et la lutte pour le pouvoir, 1930-1932 – Après des années d’errance dans le désert politique, le NSDAP a fait une percée politique décisive le 14 septembre 1930. Il a remporté 107 sièges au parlement allemand, ce qui en fait le deuxième plus grand parti politique en Allemagne. La lutte pour le pouvoir politique national commença alors pour de bon. Aux élections du Reichstag du 31 juillet 1932, le NSDAP est devenu le plus grand parti politique. Conformément aux pratiques établies de la République de Weimar, Hitler aurait dû être invité à former un gouvernement national à cette époque. Cependant, les conservateurs bloquèrent son chemin, et ce n’est que le 30 janvier 1933 qu’Hitler fut nommé chancelier. Il a immédiatement commencé le travail de construction de l’Etat national-socialiste.
Des années de paix, 1933-1939 – Il est impossible de résumer toutes les réalisations du national-socialisme en Allemagne en quelques courts paragraphes. Au départ, le Mouvement s’est concentré sur la consolidation de la révolution nationale-socialiste et la prévention de la contre-révolution, que ce soit de gauche ou de droite. La consolidation du pouvoir a été accomplie vers le milieu de 1934. En 1936, l’Allemagne était sortie de la Grande Dépression, bien qu’elle ait été la nation occidentale qui avait été la plus durement touchée. Les forces armées allemandes sont reconstruites, les chaînes injustes du traité de Versailles sont brisées et les Allemands des régions frontalières coupés du Reich sont réintégrés dans la patrie. En six ans à peine, le Mouvement avait transformé l’Allemagne, qui était au départ l’homme malade de l’Europe, en une grande puissance mondiale. Le chômage, le sans-abrisme et la pauvreté, qui avaient tous caractérisé la République de Weimar, appartiennent au passé.
En plus de renforcer l’Allemagne sur les plans économique et militaire, l’État national-socialiste a également connu des progrès spectaculaires dans les domaines de la culture, de la science, de la technologie, de l’agriculture et de l’éducation. Le célèbre réseau autoroutier – le premier du genre au monde – a été construit pour relier toutes les régions du Reich.
Bien que le NSDAP n’ait reçu le soutien que de 40 % de la population allemande en 1933, en 1939, 98 % de la population allemande était national-socialiste avec enthousiasme. Le NSDAP fut le mouvement politique le plus réussi de l’histoire moderne, et Adolf Hitler fut le leader national le plus populaire de tous les temps.
Années de guerre, 1939-1945 – Hitler avait dit à ses généraux que la guerre serait imposée à l’Allemagne en 1942. Toutefois, l’optimisme qu’il nourrissait en espérant une longue période de paix était injustifié. En 1939, les Britanniques et les Français, à l’instigation des Juifs, ont transformé un conflit frontalier local entre l’Allemagne et la Pologne en guerre mondiale. Après cinq ans et demi de lutte héroïque, l’Allemagne nationale-socialiste et ses alliés ont été submergés par une alliance impie de l’Union soviétique avec les ploutocraties occidentales. Jusqu’à la fin, l’écrasante majorité du peuple allemand a maintenu sa foi dans le Führer et dans la vision du monde nationale-socialiste.
Le mouvement d’après-guerre – Pour des raisons pratiques, la guerre prit fin le 8 mai 1945, lorsqu’un armistice fut signé par le Grand Amiral Karl Dönitz, qu’Hitler avait nommé comme son successeur à la tête de l’Etat. Dans un premier temps, les national-socialistes purs et durs ont poursuivi une campagne militaire contre les Alliés et les Soviétiques par le biais du mouvement de guérilla « Werwolf ». Cependant, en 1946, on a reconnu que cet effort était futile. Les national-socialistes se sont regroupés en une succession de partis politiques pro-NS, qui ont cherché à promouvoir l’idée d’une manière qui ne violait pas l’interdiction du national-socialisme qui a été déclarée après la guerre par les Alliés et les Soviétiques (et qui reste en vigueur en Allemagne et en Autriche aujourd’hui).
Le parti socialiste du Reich (Sozialistische Reichspartei Deutschlands), qui a été déclaré illégal en 1952, est le plus remarquable de ces partis à remplacer le NSDAP. Il a été reconstitué sous une forme affaiblie sous le nom de Parti du Reich allemand (Deutsche Reichspartei). En 1964, le DRP et plusieurs autres organisations ont fusionné pour former le Parti démocratique national allemand (Nationaldemokratische Partei Deutschlands, ou NPD), qui existe encore aujourd’hui.
Dans le passé comme dans le présent, certains camarades N.S. ont préféré la lutte souterraine ou semi-souterraine qui prônait ouvertement le national-socialisme. Le Front d’action des nationalistes-socialistes (années 1980) et l’Underground national-socialiste (2010) sont des exemples de ces formations. De nombreux groupes purs et durs ont été approvisionnés par du matériel de propagande imprimé aux États-Unis par Gerhard Lauck et le NSDAP-AO.
Le Mouvement hors d’Allemagne
Avant 1945 – Dès ses débuts, dans les années 1920, le Mouvement a attiré des adeptes à l’extérieur de l’Allemagne. Le NSDAP s’intéressait peu à ces groupes, à l’exception de celui de l’Autriche, qui était considéré comme faisant partie du Reich allemand. Le parti autrichien des N.S. n’était qu’une extension du NSDAP. Après l’occupation allemande des Pays-Bas en 1940, le Mouvement national-socialiste néerlandais (Nationaal-Socialistische Beweging in Nederland) a été officiellement reconnu par le NSDAP.
D’autres partis N.S. existaient au Danemark, en Suède, au Chili et ailleurs, mais n’ont pas reçu de reconnaissance officielle. Il y avait un petit groupe en Grande-Bretagne, le Mouvement national-socialiste, qui était issu de l’Union britannique des fascistes et national-socialistes de Sir Oswald Mosely. Aucune de ces organisations n’a été reconnue par le mouvement allemand. Aux États-Unis, le Bund germano-américain était la première formation N.S. Hitler, cependant, a estimé que le Bund a fait plus de mal que de bien à l’image de l’Allemagne aux Etats-Unis, et il a mis autant de distance entre lui et les Bundistes qu’il pouvait.
Le développement le plus important du national-socialisme extra-allemand a eu lieu dans la Waffen-SS, où des dizaines de milliers de non-Allemands se sont portés volontaires pour lutter pour le Troisième Reich. Si la guerre avait pris fin différemment, ces volontaires étrangers auraient sans doute formé le noyau des gouvernements national-socialistes dans leurs pays respectifs.
Après 1945 – Ironiquement, c’est en dehors des frontières du Reich que le national-socialisme ouvert a vu le jour après la guerre. En 1959, George Lincoln Rockwell forma le Parti nazi américain aux Etats-Unis. Il l’a rebaptisé Parti national-socialiste du peuple blanc en 1967. New Order, l’organisation qui a succédé au NSWPP, a été créée en 1983 et existe encore aujourd’hui. En Grande-Bretagne, Colin Jordan a fondé le Mouvement national-socialiste en 1962. Il existe aussi aujourd’hui sous le nom de Mouvement britannique. En 2019, le Mouvement nordique de résistance (Nordiska motståndsrörelsen), basé en Suède, est la formation N.S. la plus importante et la plus viable. Elle possède également des succursales en Norvège, au Danemark et en Islande.
En août 1962, Rockwell, Jordan et des camarades de diverses nations européennes se sont réunis pour former l’Union mondiale des national-socialistes. C’était la première fois que le Mouvement recevait une structure internationale officielle.
Il convient de noter que ces organisations national-socialistes d’après 1945 sont d’une taille, d’une influence et d’un soutien public infimes par rapport au mouvement de l’avant-guerre en Allemagne. Au mieux, le Mouvement contemporain en dehors de l’Allemagne se trouve dans une situation similaire à celle de la phase d’avant-garde du NSDAP (1925-1930) évoquée plus haut.
Nationalisme allemand et internationalisme pan-aryen
Sans aucun doute, Adolf Hitler était le nationaliste allemand prééminent de l’ère moderne, et peut-être de tous les temps. Le mouvement national-socialiste, tel qu’Hitler l’a conçu, était d’abord et avant tout un moyen de restaurer la grandeur de l’Allemagne, même aux dépens des autres nations et peuples. Et pourtant, dès le début, on s’est rendu compte que le peuple allemand et le Reich allemand étaient construits sur des bases raciales que les Allemands partageaient avec les autres peuples aryens d’Europe, et que le destin et la fortune de l’Allemagne étaient indissociables de ces autres nations aryennes. En particulier, Hitler a reconnu l’Angleterre comme une grande nation-frère du peuple allemand.
Sans abandonner le nationalisme allemand d’un seul coup, il a également défendu le pan-aryanisme. Écrivant en 1927, il a noté :
« Nous ne devons pas permettre que la grande communauté raciale (die grössere Rassegemeinschaft) soit déchirée par la différence des peuples individuels (Völker). La lutte qui fait rage aujourd’hui vise de très grands objectifs. Une culture combinant des millénaires et embrassant l’hellénisme et le germanisme se bat pour son existence. » (Mein Kampf, volume II, chapitre 2, p. 423 ; s/ 476 auf deutsch).
Il y avait donc une certaine tension, même dans l’esprit d’Hitler, entre le nationalisme allemand et l’unité panaryenne. Nous pouvons voir cette tension se résorber lentement à travers les déclarations d’Hitler au fil des ans.
Hitler commença sa carrière politique – sans doute sans le reconnaître au moment où il le fit – par une allocution impromptue à une réunion privée du Parti ouvrier allemand le 12 septembre 1919. Concrètement, il s’est prononcé contre une proposition visant à ce que la Bavière fasse sécession de la Prusse et du reste de l’Allemagne et forme un Etat indépendant. L’idée a scandalisé Hitler : pour lui, toutes les subdivisions politiques constitutives de l’Allemagne appartenaient ensemble dans un Reich uni.
Cinq mois plus tard, en tant que chef du Mouvement, il promulgue officiellement le programme politique du parti, les fameux 25 Points. Le premier point « exigeait » l' »union de tous les Allemands » (alle Deutschen)….dans une Grande Allemagne. »
Quatre ans plus tard, il écrit le premier chapitre de Mein Kampf. Il commence son livre – comme il a commencé les 25 Points – par un appel à l’union de tous les Allemands en un seul Reich. Mais ici, il étend l’idée de l’unité pan-allemande de ces camarades populaires vivant à l’intérieur du Reich aux Allemands d’Autriche également. « Le sang apparenté appartient à un Reich commun », écrit-il.
Pendant la période du Troisième Reich, ceux qui avaient la citoyenneté allemande formelle étaient appelés Reichsdeutsche ; ceux de sang allemand qui vivaient hors d’Allemagne, mais qui conservaient leur langue et leur culture allemande, étaient appelés Volksdeutsche. Littéralement, cela se traduit par « Allemands populaires », mais il est peut-être préférable de le traduire en français par « Allemands ethniques ». Quoi qu’il en soit, le concept est clair : le national-socialisme représentait l’unité de tous les Allemands, quel que soit leur pays d’origine, en un seul État-nation. En tant que chancelier du Reich, le Führer a ramené dans le Grand Reich allemand non seulement les Autrichiens, mais aussi les Allemands des Sudètes, du Memelland, de Silésie, d’Alsace et de Lorraine, du Tyrol du Sud et autres.
Mais il ne s’est pas arrêté là. Le peuple allemand, étroitement défini, n’est qu’un élément de la grande famille germanique des peuples. Surtout après le début de la guerre, on a envisagé à long terme d’incorporer tous les peuples germaniques dans un seul Reich, probablement à commencer par les Hollandais.
Dans « Les Propos de table », Hitler dit:
« Dans le nouveau monde que nous construisons, il importe peu qu’un homme soit originaire d’une région ou d’une autre – qu’il vienne de Norvège ou d’Autriche – une fois que les conditions de la pureté raciale auront été établies. (Soirée du 1er au 2 novembre 1941)
Le fait d’inclure des Allemands non allemands dans les frontières d’un futur Reich constituait un changement radical dans le nationalisme allemand traditionnel.
Les Pourparlers en table ronde indiquent également que le Führer a dit à un major danois dans le Waffen-SS :
« Je comprends qu’il peut être difficile pour un jeune Hollandais ou un jeune Norvégien de se retrouver appelé à former une unité commune, dans le cadre du Reich, avec des hommes d’autres origines germaniques. Mais ce qu’on leur demande n’est pas plus dur que ce qu’on demandait aux tribus germaniques à l’époque des grandes migrations. À cette époque, l’amertume était si grande que le chef des tribus germaniques [Arminius] fut assassiné par des membres de sa propre famille. Ce que l’on demande aux pays qui ont formé le Second Reich est semblable à ce que nous demandons aujourd’hui, et à ce que nous avons demandé récemment aux Autrichiens. » (Soirée du 22 février 1942)
Son intention d’inclure d’autres peuples ouest-allemands ainsi que les Allemands du Nord dans un seul Reich unifié peut également être vue dans l’intention du Führer de renommer un Berlin d’après-guerre élargi comme « Germania ».
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Pour résumer :
1. En 1919, il commence par exiger l’unité de tous les Reichsdeutsche dans un Etat unifié.
2. En 1924, il étend son appel à l’unité aux Allemands d’Autriche.
3. Dans les années 1930, il intègre les Allemands dans les territoires frontaliers dans le cadre du Reich.
4. Après le début de la guerre en 1939, il rappelle les Volksdeutsche vivant dans les Balkans et ailleurs dans le Reich.
5. Au fur et à mesure que la guerre progresse, il élargit son appel pour inclure les peuples germaniques de Scandinavie et des Pays-Bas, et pas seulement les Allemands au sens étroit.
Mais cela ne s’arrête pas là. Dans son testament politique, écrit le 29 avril 1945, la veille de sa mort volontaire, il se présente comme le défenseur des « enfants européens des nations aryennes », et pas seulement comme le chancelier du Reich allemand ou un leader pan-germanique. Il écrit :
En outre, je n’ai laissé personne dans le doute que cette fois-ci, des millions d’enfants européens des nations aryennes n’allaient pas mourir de faim (dass dieses Mal nicht nur Millionen Kinder von Europäern der arischen Völker verhungern werden), et des millions d’hommes adultes n’allaient pas mourir et des millions de femmes et d’enfants ne devaient pas être brûlées et piégées dans les villes, sans que les véritables coupables aient à expier leur faute, même avec plus de courage, même par des moyens humains.
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A noter également l’anecdote fréquemment répétée concernant le général belge Léon Degrelle, Waffen-SS. Hitler lui aurait dit : « Si j’avais un fils, je voudrais qu’il soit comme toi. » Degrelle n’était ni allemand ni germanique – mais il était un Aryen.
Il restait à George Lincoln Rockwell de mener cette trajectoire raciale à sa conclusion naturelle. Dans son essai novateur In Hoc Signo Vinces (1960), il affirme que les intérêts des différentes nations aryennes sont subordonnés au bien-être de la race blanche dans le monde. Il écrit :
Nos problèmes aujourd’hui ne sont pas des problèmes « américains », « britanniques », « français », « allemands », « européens » ou « africains », mais des problèmes de survie pour tous les hommes blancs. […]
La seule chose à laquelle je puisse être loyal avec une conviction profonde, la seule loyauté qui ait un sens, c’est ma fraternité RACIALE, et donc culturelle, avec mon propre peuple, peu importe où il est né ! Lorsque cette loyauté est contestée et que mon peuple est en danger, il est monstrueux de prétendre que nous devons nous méfier les uns des autres simplement parce que nous vivons au-delà de frontières géographiques imaginaires, et que, sur la base d’une préparation et d’une agitation appropriées par une bande de Juifs internationaux, nous devons marcher pour nous entretuer et nous bombarder les uns contre les autres et pour nous détester sans cesse les uns contre les autres, car nous sommes « des concurrents commerciaux » ou « la démocratie américaine » ou l’empire britannique ou pour tout autre élément dans le monde.
Je suis un HOMME BLANC, et un frère pour tous les autres hommes blancs, et j’entends me tenir à leurs côtés et, si nécessaire, les mener au combat pour survivre contre la menace indescriptible des populations de couleur de la Terre…
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Dans le même essai, Rockwell inclut le passage suivant, dans lequel il cherche à mettre fin à l’inimitié séculaire entre les Allemands et les peuples slaves :
Et cela inclut nos frères aryens russes, qui sont aussi des hommes blancs. Bientôt, ils se retrouveront à nos côtés contre les hordes colorées de la Chine.
Ainsi, alors que le national-socialisme continue de progresser vers le XXIe siècle, l’unité raciale globale de la race aryenne l’emporte désormais sur le nationalisme étroit et mesquin, dont les racines remontent au XIXe siècle et même avant.
Pour le futur : Une vision tridimensionnelle du monde
La dimension raciale du national-socialisme est la caractéristique la plus importante du Mouvement, dans le passé comme dans le présent. C’est comme il se doit, car le national-socialisme est la seule voie réaliste – en fait, la seule envisageable – pour l’humanité aryenne.
Aujourd’hui comme hier, cependant, le national-socialisme n’est pas un mouvement racial unidimensionnel ; il englobe plutôt toutes les facettes de la société moderne.
– Le national-socialisme remplace la société de consommation moderne par la communauté populaire, dans laquelle chaque homme, femme et enfant aryen est reconnu comme un camarade populaire. Elle est également anticommuniste et anticapitaliste, et elle exige l’élimination des différences et des inégalités de classe.
– Il s’agit d’une restructuration révolutionnaire du système éducatif qui met autant l’accent sur la condition physique et le développement du caractère que sur les études universitaires traditionnelles.
– C’est le » mouvement vert » original. Il reconnaît que l’homme n’est qu’une partie de l’ordre naturel et, par conséquent, elle exige un environnement sain comme condition préalable à un peuple sain.
– Il reconnaît que la famille traditionnelle, avec un seul soutien de famille et des rôles clairement définis selon le sexe, est l’élément social de base de la communauté populaire.
Contrairement à ce qu’affirment ses nombreux ennemis, le national-socialisme ne fait pas et n’a jamais fait partie de l’extrême droite. Ce n’est pas non plus une partie de la gauche. L’Ancien Ordre – l’exception existante – a son aile droite et son aile gauche. Mais le national-socialisme ne fait pas partie de l’Ancien Ordre, et par conséquent, il ne peut être véritablement placé nulle part dans son spectre politique. Au lieu de cela, il se démarque, et pour un Nouvel Ordre résurgent pour notre race qui transcende l’ancienne dichotomie gauche-droite.
Après 100 ans de lutte incessante, nous nous trouvons à un moment crucial dans l’histoire de notre race. Notre existence biologique même est attaquée et, en effet, nous sommes confrontés à l’extermination en tant que peuple. Seul le national-socialisme fournit la lumière, l’espoir et la voie pour une humanité aryenne en difficulté. Alors que le Mouvement hitlérien se prépare à entrer dans son deuxième siècle, ses dirigeants et ses membres sont conscients de la nature profondément historique de leur lutte. Ils se conduiront en conséquence.
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spazioliberoblog · 5 years ago
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di CLAUDIO GALIANI ♦
LA SQUADRA DI MARONCELLI
La banda Maroncelli si costituisce subito dopo l’8 settembre. All’inizio si compone di circa venticinque elementi. In breve tempo, con la propaganda e con l’immissione di sottufficiali e militari sbandati, si allarga notevolmente.
Questo è l’elenco dei partigiani combattenti, riconosciuto dalla Commissione regionale del Lazio il 13 gennaio 1949, con i gradi partigiani e la loro corrispondenza alla gerarchia militare.
Oltre ai settantaquattro partigiani combattenti, di cui tre feriti e quattordici morti, sono stati riconosciuti 189 patrioti, a dimostrazione di un’estesa fascia di sostenitori.
Nucleo iniziale dell’8 settembre 1943
Maroncelli Ezio                     Comandante                           Capitano
Morra Antonio                       Commissario                                “
Foschi Antonio                       Comandante                           Tenente
Antonini Secondiano             Commissario                                “
Conti Riccardo                         Comandante                                  “                                                  
Volpi Eldo                                  Commissario                                 “   
Pistolesi Vidio                                    “                                              “
Mori Libero                                        “                                              “
Foschi Alessandro                  Vice Comandante                           “
Del Duca Giulio                     Vice Commissario                            “
Morra Giuseppe                     Ispettore Organizzativo                “               
Pagani Anna                           Comandante                           S.Tenente
Zamparini Orzio                                 “                                        “      ferito il 6 giugno a Veiano
Pierucci Enrico                                   “                                        “
Catalani Fiore                                     “                                        “
Mazzella ?                              Commissario                               “
De Paolis Mario                     V. Comandante                           “
Salerni Giulio                         V. Commissario                           “
Olivieri Ermanno                  Intendente                                   “
De Santis Agostino               Ispettore                                        “
Scotti Remo                           Capo di S. M.                                “
Niedda Pietro                                     “                                       “
Abbadini Aldo                       Com.te di Squadra                 Maresciallo    
Foschi Amerigo                                 “                                        “     
Comite Franco                       Sergente Maggiore                 ferito il 7 giugno ad Allumiere
Inseriti il 24 settembre
Minio Alfonso                        Comandante                           S. Tenente
Conte Raffaele                                   “                                       “
Giordani Paolo                       Capo  di S.M.                            “
Terribili Eritreo                     Commissario                           ”
Pierotti Italo                                       “                                     “
Salerni Settimio                     Ispettore Organizzativo        “
Piroli Nemesio                       V. Comandante                       “
Galli Antonio                         V. Commissario                       “
Ravaioli Domenico                Capo di S.M.                            “
Mattera Francesco                  Com.te di Squadra                 Maresciallo
Vittori Vincenzo                                “                                     ”   
Laurindi Alberto                                “                                    “    ferito il 29 ottobre a Bieda
Angelini Mario                                  “                                     “
Bianchi Gervasio                               “                                    “
Galletti Gualtiero                               “                                    “
Rinallo Diego                         Com.te di Nucleo                   Sergente
Scotti Paolo                                        “                                      “
Gaudenzi Guerrino                           “                                      “  
Panico Angelo                                    “                                      “
Peris Domenico                                 “                                      “  
Busnengo Arrigo                               “                                      “
Inseriti nelle settimane successive
 Morra Alfonso                       Comandante                           S. Tenente
Faccenda Francesco               Commissario                            “
Lucidi Roberto                       Com.te di Squadra                 Maresciallo
Stefanini Ottorino                              “                                        “
De Somma Gino                                 “                                         “
Struelli Gottardo                                “                                         “
Morra Domenico                                “                                        “
Giudice Agostino                               “                                         “
Amanti Marcello                                “                                        “
Piendibene Renato                 Comandante di nucleo            Sergente
Vegro Alberto                                    “                                          “
Maroncelli Altero                              “                                         “
Rocchi Antonio                                  “                                         “
Bartolini Elio                                      “                                        “
 Caduti civili
Consolati Romeo                   La Bianca, 6 ottobre 1943
Caciornia Angelo                   Casalone,  17 novembre  1943
Gabrielli Luigi                                   “
Belfiore Carlo                                    “
Santi Emiliano                                   “
Speroni Dino                          Aurelia, 11 febbraio 1944
Fanelli Felice                                     “
Caduti militari
Russo Luigi
Nobili Mariano
Nobili Orsio
Piras Antonio            
Caddu Antonio
Casamassima Franco
Lai Francesco
 L’identikit
Ezio Maroncelli, muratore di 33 anni, è il Comandante militare. Rilasciato il 16 agosto da Regina Coeli, dove è recluso da aprile, promuove con altri l’ organizzazione della banda. E’ interessante la testimonianza che più tardi renderà sul valore formativo che per lui ha avuto l’esperienza del carcere, dove ha potuto stringere contatti importanti. In particolare, con Filiberto Sbardella, uno dei capi di “Bandiera Rossa”, formazione comunista molto attiva a Roma e ben radicata in alcuni Comuni, come Viterbo,Tarquinia e Tuscania.
In polemica con il PCI, “Bandiera Rossa” resta ostile al Governo Badoglio e rifiuta l’ingresso nel C.L.N.
Ezio Maroncelli
  Antonio Morra è il Commissario politico. Su di lui c’è poco da scoprire. Iscritto sin dalla fondazione al Partito comunista, in prima fila in tutte le azioni degli Arditi del popolo, sorvegliato speciale, confinato tre volte, agitatore permanente, garantisce anche i contatti con i militanti tolfetani, dove ha formato dal 1937 una cellula comunista.
Un ruolo di primo piano hanno Giulio Del Duca, impiegato ragioniere, e i fratelli Foschi, Antonio, Alessandro, Amerigo, commercianti.
Alessandro è anche membro del C.L.N. che si è formato il 10 settembre, riunito in un bosco di castagni, dove rappresenta la componente comunista con Antonio Morra e  Persilio Persi.
I socialisti sono rappresentati nel C.L.N. da Vincenzo Benedetti e Domenico Pierucci, i democristiani da Gatta Cheren, Ortensio Pierantozzi e Agostino Mendola, il Partito d’Azione da Giocondo De Dominicis e Pietro Amorosi.
Settimio Salerni appartiene, con i fratelli Benedetto, Menotti e Augusto, ad una famiglia leggendaria del sovversivismo anarchico cittadino. Il padre Adamo e lo zio Settimio sono stati tra i più accesi partecipanti alla lotta dei portuali del 1897, arrestati e processati, ma assolti, per l’accusa di minacce verso un caporale.
Agitatore antimilitarista,  tra i fondatori dell’ Arditismo locale, spirito combattente impegnato in tutti i conflitti contro le squadre fasciste, Settimio ha scontato tre anni a Lipari.
Con lui è il nipote Giulio, figlio di Menotti. Militare alla Maddalena, rientrato in continente e recluso per un breve periodo al Forte Boccea,  appena liberato si trasferisce ad Allumiere per unirsi alla banda.
Italo Pierotti, portuale, è anche lui tra gli ammoniti della polizia, sotto controllo dal 1930 al 1932, noto alla polizia per la frequentazione di altri sovversivi, come Morra e Pucci.
Il padre, Pietro, è stato nel 1895 tra i fondatori  del circolo socialista Karl Marx, ha guidato nel 1897 le lotte dei portuali nel corso delle quali è stato arrestato insieme a Giuseppe Alocci, è stato tra i fondatori della Cooperativa tra i lavoratori del porto.
Secondiano Antonini, nato a Priverno, muratore, è legato strettamente ad Antonio Morra. Rilasciato dal carcere insieme a Ezio Maroncelli, gli resta a fianco nella costituzione della banda.
Antonio Galli, comunista, è controllato dalla polizia sin dal 1931, perché tenta di organizzare l’eversione tra gruppi di giovani, senza apparenti successi. Ha in progetto di espatriare con Edmondo Marcucci e Gottardo Struelli. I suoi movimenti vengono seguiti costantemente fino al 1942.
Gottardo Struelli, amico di Antonio Morra, è uno dei sovversivi che hanno frequentato la famigerata osteria di via Trieste 43, vigilato speciale fin dal 1931.
Tra i patrioti vicini a Morra, di Tolfa, troviamo Gino Chiavoni, anche lui spedito al confine, Domenico Fronti e Augusto Ruina, impegnati nella nascita della cellula comunista di Tolfa alla fine degli anni 30.
Nemesio Piroli, di Allumiere, è un maturo militante, sorvegliato dal 1931. Tra i patrioti c’è il figlio Ennio, giovane universitario.
Nella lotta, cinquantenni come Antonio Morra e Nemesio  Piroli militano a fianco di giovani come Marcello Amanti, diciassettenne.     
Alcuni, come Renato Piendibene,  Domenico Peris, Giulio Salerni, Ottorino Stefanini o Ennio Piroli non hanno compiuto i venti anni o li hanno superati da poco.
Carlo Belfiore, ucciso nel corso di in un rastrellamento, ne aveva 12.
Renato Piendibene è fuggito da La Spezia, dove era marinaio. Antifascista, oltre che per tradizione di famiglia, ”per amore del Jazz”. E’ stato arrestato dai tedeschi dopo l’8 settembre, è riuscito a fuggire travestito da prete e, raggiunta avventurosamente Allumiere, si è aggregato alla banda.
Domenico Peris,  figlio di un portuale antifascista che ha partecipato alla fondazione della Cooperativa, si è allontanato dopo l’8 settembre da Roma, dove prestava servizio nel reparto  dei carabinieri a cavallo, e si è unito ai partigiani di Allumiere.
Giovani sono, naturalmente, i militari aggregati, compresi i morti nello scontro a fuoco di Monte Cucco.
Abbiamo sottolineato alcuni casi, ma tutti i membri della banda, partendo dalla A di Angelini, passando per Riccardo Conti e gli Scotti, fino alla V di Vincenzo Vittori e Eldo Volpi, sono convinti militanti antifascisti.
La base sociale é sostanzialmente popolare, ma variegata: molti gli operai e i portuali, qualche artigiano e alcuni, come i Foschi, commercianti.
Gli anarchici
In entrambe le formazioni partigiane militano molti anarchici. Non è un fatto consueto.
Gli anarchici preferiscono, dove possono, formare loro proprie organizzazioni o associarsi ad altre meno ostiche al loro credo “libertario”, come “ Bandiera Rossa” o “Giustizia e Libertà”.
La loro confluenza ad Allumiere e a Bieda non si spiega col fatto banale che convivono come sfollati. Le ragioni di questa  collaborazione sono forti e antiche.
Richiamano le lotte del movimento degli Arditi, una consuetudine cospirativa che si protrae lungo il ventennio, per alcuni l’ esperienza comune del confino.
Per qualche categoria, come i portuali, opera la solidarietà maturata sul posto di lavoro.
Tutti condividono  in fondo una cultura della ribellione, che in alcuni casi ha reso naturale lo spostamento da un’organizzazione all’altra.
Non va sottovalutato lo spirito cameratesco temprato nelle osterie cittadine, divenute  punto di ritrovo degli inquieti sovversivi, che ad ogni stormir di fronda si riaccendono e sognano il riscatto, brindando al sole dell’avvenire.
L’ora del riscatto sembra essere giunta e non si può assolutamente lasciarla sfuggire.
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Le donne
All’interno di un universo quasi interamente maschile, nelle due bande operano alcune donne.
Quattro, patriote, nella banda Barbaranelli: di Bieda sono le sorelle De Santis, Maria e Caterina, e Gnocchi Antonia, di S. Giovenale Canaletti Francesca.
Quattro sono anche le donne impegnate nella banda Maroncelli.
Una, Anna Pagani, 46 anni, è partigiana combattente, le altre, la diciassettenne Adriana Randazzo, Alba Volpi e Adele Cima, sono patriote.
Adele è la degna componente di una famiglia impegnata da decenni. Salvatore Cima è stato segretario della Sezione PCI di Civitavecchia fino al 1925 e ha subìto una condanna al confino, mentre i due fratelli Aurelio e Aristodemo per il loro atteggiamento sono stati sottoposti al controllo costante della polizia.
Anna viene invece citata in una testimonianza, riportata da Ferdinando Bianchi nella  sua “Storia dei Tolfetani” , resa da  uno degli arrestati del 7 aprile: “ Non ci fucilarono perchè una donna di Allumiere, Anna Pagani, aveva fatto in tempo a nascondere tutte le armi destinate alla banda, i libri di Lenin e altri volantini partigiani. Se li avessero trovati non ci saremmo salvati.”
La citazione sottolinea  il ruolo attivo di queste donne e  la loro vigile concretezza.
In pochi giorni la banda ha raggiunto una dimensione complessa.
“ Alla fine di settembre, avendo la banda partigiana raggiunto un numero di componenti facilmente individuabili, è stato necessario stabilire vari accampamenti e creare un’organizzazione per l’approvvigionamento dei viveri e delle armi come pure all’equipaggiamento dei vari nuclei dislocati nei boschi della zona”.
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L’altra metà della Resistenza: Targa commemorativa in ricordo del contributo femminile alla Resistenza; Ancora fischia il vento; Olema Righi;  Partigiana Juna.
  CLAUDIO GALIANI
… continua (il prossimo capitolo (IV) venerdì 19 luglio 2019)
ANATOMIA DI DUE BANDE (III) di CLAUDIO GALIANI ♦ LA SQUADRA DI MARONCELLI La banda Maroncelli si costituisce subito dopo l’8 settembre.
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levysoft · 6 years ago
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Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana
Albino Abico
Di anni 24 – operaio fonditore – nato a Milano il 24 novembre 1919 -. Prima dell’8 settembre 1943 svolge propaganda e diffonde stampa antifascista – dopo tale data è uno degli organizzatori del GAP, 113a Brigata Garibaldi, di Baggio (Milano), del quale diventa comandante -. Arrestato il 28 agosto 1944 da militi della "Muti", nella casa di un compagno, in seguito a delazione di un collaborazionista infiltratosi nel gruppo partigiano – tradotto nella sede della "Muti" in Via Rovello a Milano – torturato – sommariamente processato -. Fucilato lo stesso 28 agosto 1944, contro il muro di Via Tibaldi 26 a Milano, con Giovanni Aliffi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale.
Carissimi, mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti,
mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione. Mi sento però calmo e muoio sereno e con l’animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia.                                
Il sole risplenderà su noi "domani" perché TUTTI riconosceranno che nulla di male abbiamo fatto noi.                                                                          
Voi siate forti come lo sono io e non disperate.                                        
Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albuni che sempre vi ha voluto bene.
Armando Amprino (Armando)
Di anni 20 - meccanico - nato a Coazze (Torino) il 24 maggio 1925 -. Partigiano della Brigata " Lullo Mongada ", Divisione Autononia " Sergio De Vitis ", partecipa agli scontri del maggio 1944 nella Valle di Susa e a numerosi colpi di mano in zona Avigliana (Torino) -. Catturato nel dicembre 1944 da pattuglia RAU (Reparto Arditi Ufficiali), alla Barriera di Milano in Torino - tradotto alle Carceri Nuove di Torino Processato dal Tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia) di Torino Fucilato il 22 dicembre 1944, al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino da plotone di militi della GNR, con Candido Dovis.
Dal Carcere, 22 dicembre 1944
Carissimi genitori, parenti e amici tutti,
devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido, tutt'e due, siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani. Io sono sempre vicino a voi.        
Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir cosí... Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e pregherò per tutti voi. Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina.                                
Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione. Andate poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito.               Pregate per me. Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri.              
Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po' di denaro. Prendetelo e fate dire una Messa per me. la mia roba, datela ai poveri del paese.  Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me. Voi fatevi coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi. Termino con mandarvi tanti baci e tanti auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo. Arrivederci in Paradiso.
Vostro figlio Armando
Viva l'Italia! Viva gli Alpini!
Franco Balbis (Francis)
Di anni 32 - uffìciale in Servizio Permanente Effettivo - nato a Torino il 16 ottobre 1911 - Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d'Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1a Classe - all'indomani dell'8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino - è designato a far parte del 1°Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi e di collegamento -. Arrestato il 31 marzo I944, da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Bracciní, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano eGiuseppe Perotti -. Medaglia d'Oro e Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Torino, 5 aprile 1944                                                                                  
La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all'Italia sui campi d'Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l'olocausto supremo di tutto me stesso all'Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l'unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell'ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l'altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d'armi, che in terra d'Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d'aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d'esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.                  
Possa il mio grido di "Viva l'Italia libera" sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l'avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!
Franco Balbis
  Achille Barilatti (Gilberto della Valle)
Di anni 22 - studente in scienze economiche e commerciali - nato a Macerata il 16 settembre 1921 -. Tenente di complemento di Artiglieria, dopo l'8 settembre 1943 raggiunge Vestignano sulle alture maceratesi, dove nei successivi mesi si vanno organizzando formazioni partigiane - dal Gruppo " Patrioti Nicolò " è designato comandante del distaccamento di Montalto -. Catturato all'alba del 22 marzo 1944, nel corso di un rastrellamento effettuato da tedeschi e fascisti nella zona di Montalto - mentre 26 dei suoi sono fucilati immediatamente sul posto e 5 vengono salvati grazie al suo intervento, egli viene trasportato a Muccia (Macerata) ed interrogato da un ufficiale tedesco ed uno fascista -. Fucilato senza processo alle ore 18,25 del 23 marzo I944, contro la cinta del cimitero di Muccía Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Mamma adorata,
quando riceverai la presente sarai già straziata dal dolore. Mamma, muoio fucilato per la mia idea. Non vergognarti di tuo figlio, ma sii fiera di lui. Non piangere Mamma, il mio sangue non si verserà invano e l'Italia sarà di nuovo grande. Da Dita Marasli di Atene potrai avere i particolari sui miei ultimi giorni.                                                              
Addio Mamma, addio Papà, addio Marisa e tutti i miei cari; muoio per l'Italia. Ricordatevi della donna di cui sopra che tanto ho amata. Ci rivedremo nella gloria celeste.
Viva l'Italia libera!
Achille
Mario Bettinzoli (Adriano Grossi)
Di anni 22 - perito industriale - nato a Brescia il 21 novembre 1921 - sottotenente di complemento di Artiglieria - catturato una prima volta nel settembre 1943 per resistenza armata a forze tedesche e condannato a morte, evade dalla cella ove è stato rinchiuso - rientra a Brescia - si unisce a Giacomo Perlasca nella organizzazione delle formazioni di Valle Sabbia - ne diventa il více-comandante ed è comandante della 3' Compagnia preposta alla organizzazione dei campi di lancio -. Arrestato una seconda volta il 18 gennaio I944 acl opera di fascisti, in via Moretto a Brescia, mentre con il comandante Perlasca si reca al Comando Provinciale per riferire sulla situazione della zona -. Processato il 14 febbraio I944 dal Tribunale Militare tedesco di Brescia, quale organizzatore di bande armate -. Fucilato il 24 febbraio I944, presso la Caserma del 30° Reggiinento Artiglieria di Brescia, con Giacomo Perlasca.
Ore 21 del 23.2-1944
Miei carissimi genitori, sorelle, fratello, nonna, zii e cugini,                          
il Signore ha deciso con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di aiuto alla famiglia.. Sia fatta la sua volontà santa. Non disperatevi, pregate piuttosto per me affinché Lo raggiunga presto e per voi affinché possiate sopportare il distacco.          
Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l'esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono: ma almeno muoio cristianamente e questo deve essere per voi un grande conforto.                                        
Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso: ma spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo Ministro.    
Domattina prima dell'esecuzione della condanna farò la Santa Comunione e poi. Ricordatemi ai Rev.Salesiani e ai giovani di A.C. affinché preghino per me.  
Ancora vi esorto a rassegnarvi alla volontà di Dio: che il pensiero della mia morte preceduta dai SS. Sacramenti vi sia di conforto per sempre.              
Immagino già le lagrime di tutti quanti quando leggerete questa mia, fate che dalle vostre labbra anziché singhiozzi escano preghiere che mi daranno la salute eterna. Del resto io dall'alto pregherà per voi. Ora, carissimi, vi saluto per l'ultima volta tutti, vi abbraccio con affetto filiale e fraterno; questo abbraccio spirituale è superiore alla morte e ci unisce tutti nel Signore. Pregate!  
Vostro per sempre Mario
Paolo Braccini (Verdi)
Di anni 36 - docente universitario - nato a Canepina (Víterbo) il 16 maggio 1907 -- Incaricato della cattedra di zootecnia generale e speciale all'università di Torino, specializzato nelle ricerche sulla fecondazione artificiale degli animali presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte e della Liguria - nel 1931 allontanato dal corso allievi ufficiali per professione di idee antifasciste - all'indomani dell'8 settembre 1943 abbandona ogni attività privata ed entra nel movimento clandestino di Torino - è designato a far parte del I° Comitato Militare Regionale Piemontese quale rappresentante dei Partito d'Azione - pur essendo braccato dalla polizia fascista, per quattro mesi dirige l'organizzazione delle formazioni GL -. Arrestato il 31 marzo 1944 da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, Con Franco Baibís ed altri sei membri del cmrp. - Medaglia d'Oro al Valor Militare.
3 aprile 1944
Gianna, figlia mia adorata,                                                                        
è la prima ed ultima lettera che ti scrivo e scrivo a te per prima, in queste ultime ore, perché so che seguito a vivere in te.                                        
Sarò fucilato all'alba per un ideale, per una fede che tu, mia figlia, un giorno capirai appieno.                                                                                      
Non piangere mai per la mia mancanza, come non ho mai pianto io: il tuo Babbo non morrà mai. Egli ti guarderà, ti proteggerà ugualmente: ti vorrà sempre tutto l'infinito bene che ti vuole ora e che ti ha sempre voluto fin da quando ti sentì vivere nelle viscere di tua Madre. So di non morire, anche perché la tua Mamma sarà per te anche il tuo Babbo: quel tuo Babbo al quale vuoi tanto bene, quel tuo Babbo che vuoi tutto tuo, solo per te e del quale sei tanto gelosa.                                                                            
Riversa su tua Madre tutto il bene che vuoi a lui: ella ti vorrà anche tutto il mio bene, ti curerà anche per me, ti coprirà dei miei baci e delle mie tenerezze. Sapessi quante cose vorrei dirti ma mentre scrivo il mio pensiero corre, galoppa nel tempo futuro che per te sarà, deve essere felice. Ma non importa che io ti dica tutto ora, te lo dirò sempre, di volta in volta, colla bocca di tua Madre nel cui cuore entrerà la mia anima intera, quando lascierà il mio cuore.
Tua Madre resti sempre per te al di sopra di tutto.                                      
Vai sempre a fronte alta per la morte di tuo Padre.
Antonio Brancati
Di anni 23 - studente - nato a Ispica (Ragusa) il 21 dicembre 1920 -. Allievo ufficiale di Fanteria, il 1° marzo 1944 entra a far parte del "Gruppo di Organizzazione" del Comitato Militare di Grosseto, di stanza a Monte Bottigli sopra Grosseto ~. Catturato il 22 Marzo 1944 sul monte Bottigli, nel corso di un rastrellamento di forze tedesche e fasciste che lo sorprendono assieme ad altri dieci compagni nella capanna in cui dormono -. Processato il 22 marzo 1944 nella scuola di Maiano Lavacchio (Grosseto) da tribunale misto tedesco e fascista -. Fucilato lo stesso 22 marzo 1944, a Maiano Lavacchio, con Mario Becucci, Rino Cíattini, Silvano Guidoni, Alfiero Grazi, Corrado Matteini, Emanuele Matteini, Alcide Mignarri, Alvaro Nfinucci, Alfonso Passananti e Attilio Sforzi.
Carissimi genitori,                                                                                    
non so se mi sarà possibile potervi rivedere, per la qual cosa vi scrivo questa lettera. Sono stato condannato a morte per non essermi associato a coloro che vogliono distruggere completamente l'Italia.                              
Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all'Italia, nostra amabile e martoriata Patria.                
Voi potete dire questo sempre a voce alta dinanzi a tutti.                          
Se muoio, muoio innocente.                                                                    
Vi prego di perdonarmi se qualche volta vi ho fatto arrabbiare, vi ho disobbedito, ero allora un ragazzo.                                                          
Solo pregate per me il buon Dio. Non prendetevi parecchi pensieri. Fate del bene ai poveri per la salvezza della mia povera anima. Vi ringrazio per quanto avete fatto per me e per la mia educazione. Speriamo che Iddio vi dia giusta ricompensa.  
Baciate per me tutti i fratelli: Felice, Costantino, Luigi, Vincenzo e Alberto e la mia cara fidanzata.
Non affliggetevi e fatevi coraggio, ci sarà chi mi vendicherà.                         Ricompensate e ricordatevi finché vivrete di quei signori Matteini per il bene che mi hanno fatto, per l'amore di madre che hanno avuto nei miei riguardi. Io vi ho sempre pensato in tutti i momenti della giornata.                
Dispiacente tanto se non ci rivedremo su questa terra; ma ci rivedremo lassù, in un luogo più bello, più giusto e più santo.                                  
Ricordatevi sempre di me.
Un forte bacione
Antonio
Sappiate che il vostro Antonio penserà sempre a voi anche dopo morto e che vi guarderà dal cielo.
Giordano Cavestro (Mirko)
Di anni 18 - studente di scuola media - nato a Parma il 30 novembre 1925 -. Nel 1940 dà vita, di sua iniziativa, ad un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti - dopo l'8 settembre 1943 lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma -. Catturato il 7 aprile 1944 a Montagnana (Parma), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti - tradotto nelle carceri di Parma -. Processato il 14 aprile 1944 dal Tribunale Militare di Parma - condannato a morte, quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio -. Fucilato il 4 maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma), in rappresaglia all'uccisione di quattro militi, con Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti.
Parma, 4-5-1944
Cari compagni, ora tocca a noi.                                                                
Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d'Italia.                                                                                      
Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l'idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.                                                                      
Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.                              
Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.                    
La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.        
Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.
Bruno Frittaion (Attilio)
Di anni 19 - studente - nato a San Daniele del Friuli (Udine) il 13 ottobre 1925 -. Sino dal 1939 si dedica alla costituzione delle prime cellule comuniste nella zona di San Daniele - studente del III corso di avviamento professionale, dopo l'8 settembre 1943 abbandona la scuola unendosi alle formazioni partigiane operanti nella zona prende parte a tutte le azioni del Battaglione "Písacane", Brigata "Tagliamento", e quindi, con funzioni di vice-commissario di Distaccamento, dei Battaglione "Silvio Pellíco " -. Catturato il 15 dicembre 1944 da elementi delle SS italiane, in seguito a delazione, mentre con il compagno Adriano Carlon si trova nella casa di uno zio a predisporre i mezzi per una imminente azione - tradotto nelle carceri di Udine - più volte torturato -. Processato il 22 gennaio 1945 dal Tribunale Militare Territoriale tedesco di Udine -. Fucilato il 1 febbraio 1945 nei pressi dei cimitero di Tarcento (Udine), con Adriano Carlon, Angelo Lipponi, Cesare Longo, Elio Marcuz, Giannino Putto, Calogero Zaffuto e Pietro Zanier.
31 gennaio 1945
Edda                                                                                                
voglio scriverti queste mie ultime, e poche righe. Edda, purtroppo sono le ultime si, il destino vuole così, spero ti giungano di conforto in tanta triste sventura.  
Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l'idea che c'è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso.   Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l'idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente.                          
Edda il destino ci separa, il destino uccide il nostro amore quell'amore che io nutrivo per te e che aspettava quel giorno che ci faceva felici per sempre.  Edda, abbi sempre un ricordo di chi ti ha sempre sinceramente amato. Addio a tutti.
Addio Edda
Franca Lanzone
Di anni 25 - casalinga - nata a Savona il 28 settembre 1919 -. Il 1°ottobre 1943 si unisce alla Brigata "Colombo", Divisione "Gramsci", svolgendovi attività di informatrice e collegatrice e procurando vettovagliamento alle formazioni di montagna -. Arrestata la sera del 21 ottobre 1944, nella propria casa di Savona, da militi delle Brigate Nere - tradotta nella Sede della Federazione Fascista di Savona -. Fucilata il I° novembre 1944, senza processo, da plotone fascista, nel fossato della Fortezza ex Priamar di Savona, con Paola Garelli e altri quattro partigiani.
Caro Mario,                                                                                        
sono le ultime ore della mia vita, ma con questo vado alla morte senza rancore delle ore vissute.                                                                    
Ricordati i tuoi doveri verso di me, ti ricorderò sempre                      
Franca
Cara mamma,  perdonami e coraggio. Dio solo farà ciò che la vita umana non sarà in grado di adempiere. Ti bacio. La tua                          
Franca
Ugo Machieraldo (Mak)
Di anni 35 - ufficiale in Servizio Permanente Effettivo - nato a Cavaglià (Vercelli) il 18 luglio 1909 -. Maggiore di Aeronautica Ruolo Navigante, quattro Medaglie d'Argento al Valor Militare, due proposte di Medaglia d'Argento al Valor Militare - dall'autunno del 1943 si collega all'attività clandestina in Milano - nel 1944 si unisce alle formazioni operanti in Valle d'Aosta, dapprincipio come partigiano semplice, poi come ufficiale di Stato Maggiore della 76' Brigata Garibaldi operante in Valle d'Aosta e nel Canavese -. Catturato la notte tra il 29 e il 30 gennaio I945 in località Lace (Ivrea), in seguito a delazione, da militari tedeschi - incarcerato a Cuorgnè (Torino) -. Processato dal Comando Militare tedesco di Cuorgnè -. Fucilato il 2 febbraio 1945 contro la cinta del cimitero di Ivrea, con Riccio Orla e Piero Ottinetti -. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Mia cara Mary,
compagna ideale della mia vita, questa sarà l'ultima lettera che tu avrai dal tuo Ugo! Ed io spero che sappia portarti tanto conforto. Il tribunale militare tedesco di Cuorgnè mi ha condannato a morte mediante fucilazione ed io attendo con altri due patrioti (Orla Riccio di Borgofranco e Ottinetti Piero di Ivrea) di passare da un momento all'altro a miglior vita. Sono perfettamente sereno nell'adempiere il mio dovere verso la Patria, che ho sempre servito da soldato senza macchia e senza paura, sino in fondo. So che è col sangue che si fa grande il paese nel quale si è nati, si è vissuti e si è combattuto. Come soldato io sono sempre stato pronto a questo passo ed oggi nel mio animo è grande più che mai la forza che mi sorregge per affrontare con vera dignità l'ultimo mio atto di soldato. Bisogna che tu, come compagna ideale e meravigliosa del tuo Ugo, sappia come lui sopportare da sola con la nostra cara Nena il resto della tua vita che porterà il tuo Ugo nel cuore.  
Vado ora a morire ma non posso neanche finire, ti bacio forte forte con Nena, tuo
Ugo
Rino Mandoli (Sergio Boero)
Di anni 31 - meccanico alla SIAC - nato a Genova il 13 dicembre 1912 -. Dal 1935 membro del Partito Comunista Italiano e diffusore di stampa clandestina - il 25 aprile 1939 arrestato una prima volta - tradotto alle carceri Marassi di Genova, poi a Regina Coeli di Roma - condannato dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato a otto anni di reclusione - deferito al penitenziario di Castelfranco Emilia (Modena) -. Rilasciato dopo il 25 luglio 1943 - dopo l'8 settembre 1943 torna all'attività clandestina - è commissario politico operante nei dintorni di Genoso di una azione di pattuglia nei pressi dei Laghi di Lavagnino, è catturato da reparto fascista -. Tradotto nelle carceri di Alessandria, nei ripetuti interrogatori mantiene il falso nome di Sergio Boero- trasferito alla Questura di Genova, dove è indentificato, e quindi alla 4° Sezione delle carceri Marassi-. Fucilato in seguito all'attentato al Cinema Odeon di Genova, il 19 maggio 1944, nei pressi del Colle del Turchino, con Valerio Bavassano, altri quindici partigiani e quarantadue prigionieri pollitici-. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Ai miei cari famigliari e agli amici e compagni tutti,                                
vada in questa triste ora il mio piú caro saluto e l'augurio migliore per l'agognato "avvenire". Non piangete e ricordatemi. Questo è il solo premio a cui ambisco.  
Ricordate che l'Italia sarà tanto più grande quanto più sangue il suo popolo verserà serenamente.
Mandoli Rino
Irma Marchiani (Anty)
Di anni 33 - casalinga - nata a Firenze il 6 febbraio 1911 -. Nei primi mesi del 1944 è informatrice e staffetta di gruppi partigiani formatisi sull'Appennino modenese - nella primavera dello stesso anno entra a far parte del Battaglione " Matteotti ", Brigata " Roveda ", Divisione "Modena" - partecipa ai combattimenti di Montefiorino - catturata mentre tenta di far ricoverare in ospedale un partigiano ferito, è seviziata, tradotta nel campo di concentramento di Corticelli (Bologna), condannata a morte, poi alla deportazione in Germania - riesce a fuggire - rientra nella sua formazione di cui è nominata commissario, poi vice-comandante - infermiera, propagandista e combattente, è fra i protagonisti di numerose azioni nel Modenese, fra cui quelle di Monte Penna, Bertoceli e Benedello -. L'11 novembre 1944, mentre con la formazione ridotta senza munizioni tenta di attraversare le linee, è catturata, con la staffetta "Balilla", da pattuglia tedesca in perlustrazione e condotta a Rocca Cometa, poi a Pavullo nel Frignano (Modena) -. Processata il 26 novembre I944, a Pavullo, da ufficiali tedeschi del Comando di Bologna -. Fucilata alle ore 17 dello stesso 26 novembre 1944, da plotone tedesco, nei pressi delle carceri di Pavullo, con Renzo Costi, Domenico Guidani e Gaetano Ruggeri "Balilla") -. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Sestola, da la "Casa del Tiglio", 1° agosto 1944
Carissimo Piero, mio adorato fratello, la decisione che oggi prendo, ma da tempo cullata, mi detta che io debba scriverti queste righe. Sono certa mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l'ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito, faccio già parte di una Formazione, e ti dirò che il mio comandante ha molta stima e fiducia in me. Spero di essere utile, spero di non deludere i miei superiori. Non ti meraviglia questa mia decisione, vero?                        
Sono certa sarebbe pure la tua, se troppe cose non ti assillassero. Bene, basta uno della famiglia e questa sono io. Quando un giorno ricevetti la risposta a una lettera di Pally che l'invitavo qui, fra l'altro mi rispose "che diritto ho io di sottrarmi al pericolo comune?" t vero, ma io non stavo qui per star calma, ma perché questo paesino piace al mio spirito, al mio cuore. Ora però tutto è triste, gli avvenimenti in corso coprono anche le cose più belle di un velo triste. Nel mio cuore si è fatta l'idea (purtroppo non da troppi sentita) che tutti più o meno è doveroso dare il suo contributo. Questo richiamo è così forte che lo sento tanto profondamente, che dopo aver messo a posto tutte le mie cose parto contenta. "Hai nello sguardo qualcosa che mi dice che saprai comandare", mi ha detto il comandante, "la tua mente dà il massimo affidamento; donne non mi sarei mai sognato di assumere, ma tu sì". Eppure mi aveva veduto solo due volte.                
Saprò fare il mio dovere, se Iddio mi lascierà il dono della vita sarò felice, se diversamente non piangere e non piangete per me.                                
Ti chiedo una cosa sola: non pensarmi come una sorellina cattiva. Sono una creatura d'azione, il mio spirito ha bisogno di spaziare, ma sono tutti ideali alti e belli. Tu sai benissimo, caro fratello, certo sotto la mia espressione calma, quieta forse, si cela un'anima desiderosa di raggiungere qualche cosa, l'immobilità non è fatta per me, se i lunghi anni trascorsi mi immobilizzarono il fisico, ma la volontà non si è mai assopita. Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi. Pensami, caro Piero, e benedicimi. Ora vi so tutti in pericolo e del resto è un po' dappertutto. Dunque ti saluto e ti bacio tanto tanto e ti abbraccio forte.
Tua sorella  Paggetto
Ringrazia e saluta Gina.
Prigione di Pavullo, 26.11.1944
Mia adorata Pally, sono gli ultimi istanti della mia vita. Pally adorata ti dico a te saluta e bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Credimi non ho mai fatto nessuna cosa che potesse offendere il nostro nome. Ho sentito il richiamo della Patria per la quale ho combattuto, ora sono qui... fra poco non sarò più, muoio sicura di aver fatto quanto mi era possibile affinché la libertà trionfasse.
Baci e baci dal tuo e vostro Paggetto
Vorrei essere seppellita a Sestola.
Luigi Mascherpa
Di anni 51 - contrammiraglio - nato a Genova il 16 aprile 1893 Osservatore aeronautico nella prima guerra mondiale - decorato di Medaglia d'argento al Valor Militare -. Comandante nel settembre 1943 della base navale di Lero (Egeo), dopo l'armistizio italiano ne organizza la difesa e assume il comando delle isole dell'Egeo -. Dopo i massicci bombardamenti aerei tedeschi, iniziati su Lero il 26 settembre e l'attacco navale tedesco dei 12 novembre successivo, dirige la difesa dell'isola sino all'esaurimento delle munizioni e alla conseguente resa, avvenuta il 14 novembre 1943 -. Fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Polonia - nel gennaio 1944 tradotto a Verona nelle carceri Gli Scalzi e, nell'aprile successivo, a Parma nelle carceri San Francesco - semidistrutte quest'ultime in seguito a bombardamento aereo e quindi assalite da partigiani che ne liberano i detenuti politici, rifiuta, con l'ammiraglio Ingo Campioni, di sottrarsi all'imminente processo -. Processato il 22 maggio 1944 dal Tribunale Speciale di Parma -. Fucilato il 24 maggio 1944, al poligono di tiro di Parma, con l'ammiraglio Inigo Campioni Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Frida mia,                                                                                                
sii forte e coraggiosa. Iddio ti proteggerà... Ti abbraccio con tutta l'anima e con te mia Madre, i miei fratelli, la nonna tutti. Prega per me nelle tue preghiere come io dall'alto. dove Dio vorrà mettermi, ti seguirò sempre. Ti lascio un nome intemerato che ha una sola colpa: avere amato la Patria! Addio, Frida mia, perdonami dei dolori - di tutti i dolori - che ti ho dato nella vita. Il Padre Abate De Vincentis mi ha assistito fino all'ultimo - ti dirà di me. Coraggio ancora, Frida mia: Iddio ti farà sopportare tutto... un ultimo bacio terreno dal tuo
Luigi
Aldo Mei
Di anni 32 - sacerdote - nato a Ruota (Lucca) il 5 marzo 1912 -.Vicario Foraneo del Vicariato di Monsagrati (Lucca) - aiuta renitenti alla leva e perseguitati politici - dà ai partigiani assistenza religiosa -. Arrestato il 2 agosto 1944 nella Chiesa di Fiano, ad opera di tedeschi, subito dopo la celebrazione della Messa - tradotto a Lucca, sotto l'imputazione di avere nascosto nella propria abitazione un giornalista ebreo-. Fucilato alle ore 22 del 4 agosto 1944, da plotone tedesco, fuori Porta Elisa di Lucca.
4 agosto 1944
Babbo e Mamma,                                                                                
state tranquilli - sono sereno in quest'ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti: solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte - I° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l'anima, 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti - aver nascosto la radio.  
Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell'odio io che non ho voluto vivere che per l'amore! << Deus Charitas est>> e Dio non muore. Non muore l'Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro.....E' l'ora del grande perdono di Dio! Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l'intero mondo rovinato dal peccato - in uno spirituale abbraccio di misericordia. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati - e per la santificazione dei sacerdoti.
Oh! la santificazione dei sacerdoti. Oggi stesso avrei dovuto celebrare Messa per questa intenzione - invece di offrire a Gesù - offro me a Lui, perché faccia tutti santi i suoi ministri, tutti apostoli di carità - e il mio pensiero va anche ai confratelli del Vicariato, che non ho edificato e aiutato come avrei dovuto. Gliene domando umilmente perdono. Mi ricordino tutti al Signore. Sia dato a ciascuno un'offerta di 75 lire per una applicazione di S. Messa a suffragio della povera anima mia.
Almeno 100 Messe che siano celebrate per riparare eventuali omissioni e manchevolezze e a suffragio dell'anima mia.
A Basilio - Beppe e loro mogli e figli carissimi - alla Nonna e Argia - alla zia Annina, Carolina, Livia, Giorgina - Dante, Silvio, Annunziato, ecc., e a tutti i parenti - a tutti i conoscenti, a tutti i Ruotesi, cosa dirò? Quello che ho ripetutamente detto ai figli di adozione, i Fianesi. Conservatevi tutti nella grazia de Signore Gesù Cristo - perché questo solamente conta quando ci si trova davanti al maestoso passo della morte - e così tutti vogliamo rivederci e starsene indissolubilmente congiunti nella gioia vera e perfetta della unione eterna con Dio in cielo.
Non più carta - all'infuori di questa busta - e anche la luce sta per venir meno. Domani festa della Madonna potrò vederne il volto materno? Sono indegno di tanta fortuna. Anime buone pregate voi tutte perché mi sia concessa presto - prestissimo tanta fortuna!
Anche in questo momento sono passati ad insultarmi - << Dimette illis - nesciunt quid faciunt>>. Signore che venga il Vostro regno! Mi si tratta come un traditore - assassino. Non mi pare di aver voluto male a nessuno - ripeto a nessuno - mai che se per caso avessi fatto a qualcuno qualche cosa di male - io qui dalla mia prigione - in ginocchio davanti al Signore - ne domando umilmente perdono.
Al sacerdote che mi avviò al Seminario D. Ugo Sorbi il mio saluto di arrivederci al cielo. Ai carissimi Superiori del Seminario, specialmente a Mons. Malfatti e al Padre Spirituale D. Giannotti - l'invito che mi assistano nel punto più decisivo della mia esistenza - la morte - mentre prego il Signore a ricompensarli centuplicatamente come sa far Lui.
4 agosto - ore 5
Alla donna di servizio Perfetti Agnese. Il Signore vi ricompensi per quanto avete fatto per me e in aiuto al mio ministero. Vi chiedo perdono di non avervi sempre dato esempio di santità sacerdotale. Vi raccomando di diventare Santa...
Vi raccomando la povera Adriana e cose sue - per quella famiglia - perché il Signore salvi tutti io volentieri principalmente muoio....
Alla Biblioteca Parrocchiale che tanto raccomando all'Azione Cattolica lasciò La vita di G. C. di Ricciotti e i due volumi del Messaggio Sociale di Giordani. Le raccomando caldamente l'A.C. specialmente ai cari giovani e alle care giovani - che siano tutti e sempre degni dell'altissimo ideale.
Ringrazio affettuosamente, saluto e Benedico tutti i catechisti per la generosa cooperazione e consolazione prestatami nel mio ministero.
Un pensiero particolare di incoraggiamento e di lode alla Mery. L'Oratorio lo affido al Cuore Sacratissimo di Gesù, fiat voluntas tua.
Il Signore ricompensi tutte le anime buone che nel mio ministero mi sono state di consolazione e di aiuto. Il più largo e generoso perdono a chi in qualche modo mi avesse potuto addolorare. Un pensiero ed una esortazione caldissima a quei poveri fratelli che sono più lontani dalla pratica religiosa. Ho fatto troppo poco in vita per queste pecorelle più sbandate. Ora in morte l'assicuro che anzitutto per essi e perla loro salvezza offro la mia povera vita.
Muoio anzitutto per un motivo di carità. Regina di tutte le virtù Amate Dio in Gesù Cristo, amatevi come fratelli. Muoio vittima dell'odio che tiranneggia e rovina il mondo - muoio perché trionfi la carità cristiana.
Amate la Chiesa - vivete e morite per Lei - è la Vita e la Morte veramente più bella.
Tutto il popolo ricordi e osservi il voto collettivo di vita cristiana. Fuggite tutti il peccato unico vero male che attrista nel tempo e rovina irreparabilmente nella eternità.
Grazie a quanti hanno gentilmente alleviato, con preghiere e con altro la mia prigionia e la mia morte.
Il povero Don Aldo Mei, indegno Parroco di Fiano.
Bruno Parmesan (Venezia)
Di anni 19 - meccanico tornitore - nato a Venezia il 14 aprile 1925 -. Partigiano nel Battaglione "Val Meduna", 4^ Brigata, I Divisione delle Formazioni Osoppo-Friuli -. Catturato nel gennaio 1945 a Meduno (Udine), in seguito a delazione, per opera di militi delle Brigate Nere -. Processato il 2 febbraio 1945 dal Tribunale Militare Territoriale tedesco di Udine -. Fucilato alle ore 6 dell'11 febbraio 1945, contro il muro di cinta del cimitero di Udine, con Gesuino Manca ed altri ventidue partigiani.
Udine, 10 febbraio 1945
Caro Papà e tutti miei cari di famiglia e parenti,                                          
dalla soglia della morte vi scrivo queste mie ultime parole. Il mondo e l'intera umanità mi è stata avversa. Dio mi vuole con sé.                        
Oggi 10 febbraio, il tribunale militare tedesco mi condanna. Strappa le mie carni che tu mi avevi fatto dono, perché hanno sete di sangue.                
Muoio contento perché lassù in cielo rivedrò la mia adorata mamma. Sento che mi chiama, mi vuole vicino come una volta, per consolarmi della mia dura sorte. Non piangete per me, siate forti, ricevete con serenità queste mie parole, come io sentii la mia sentenza.                                            
Ore mi separano dalla morte, ma non ho paura perché non ho fatto del male a nessuno; la mia coscienza è tranquilla.                                          
Papà, fratelli e parenti tutti, siate orgogliosi del vostro Bruno che muore innocente per la sua terra.                                                                    
Vedo le mie care sorelline Ida ed Edda che leggono queste ultime mie parole: le vedo così belle come le vidi l'ultima volta, col loro dolce sorriso. Forse qualche lacrima righerà il loro volto. Dà loro coraggio, tu Guido, che sei il più vecchio.
Quando finirà questa maledetta guerra che tanti lutti ha portato in tutto il mondo, se le possibilità ve lo permetteranno fate che la mia salma riposi accanto a quella della mia cara mamma.
Guido abbi cura della famiglia, questo è il mio ultimo desiderio che ti chiedo sul punto di morte. Auguri a voi tutti miei cari fratelli, un buon destino e molta felicità. Perdonatemi tutti del male che ho fatto. Vi lascio mandandovi i miei più cari baci.
Il vostro per sempre
Bruno
Luigi Pierobon (Dante)
Di anni 22 - laureando alla facoltà di belle lettere di Padova - nato a Cittadella (Padova) il 12 aprile 1922 -. Tra i primi partigiani sui monti di Recoaro terme (Vicenza), alla costituzione della I^ Brigata Garibaldi è designato comandante del I° Battaglione "Stella" operante nel Vicentino - nel marzo e aprile 1944 guida numerosi colpi di mano contro reparti e automezzi fascisti e tedeschi - su di una strada nei pressi di Recoaro, ove all'inizio del 1944 si è insediato il Quartier Generale tedesco in Italia, con quattro dei suoi libera sette compagni che su di un autocarro tedesco vengono condotti alla morte - a Montecchio Maggiore con quaranta dei suoi assale la sede del Ministero della Marina della Repubblica Sociale Italiana, disarma il presidio e fa bottino di armi, munizioni e materiali - è designato comandante della Brigata -. Catturato il 15 agosto 1944, a Padova, in seguito a delazione - tradotto nella Casa di Pena di Padova -. Fucilato il 17 agosto 1944 a Padova, per rappresaglia alla uccisione del colonnello Fronteddu, con Primo Barbiero, Saturno Baudin, Antonio Franzolin, Pasquale Muolo, Cataldo Presicci, Ferruccio Spigolon . mentre contemporaneamente vengono impiccati Flavio Busonera, Ettore Calderoni e Clemente Lampioni -. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
A mamma e papà,
Nell'ultimo momento un bacio caro, tanto caro. Ho appena fatto la SS. Comunione. Muoio tranquillo. Il Signore mi accolga fra i suoi in cielo. E' l'unico augurio e più bello che mi faccio. Pregate per me.                    
Saluto tutti i fratelli, Paolo, Giorgio, Fernanda, Giovanni, Alberto, Giuliana, Sandro, lo zio Giovanni, tutti gli zii e le zie. Un bacio a tutti.
Il Padre qui presente, che mi assiste, vi dirà i miei ultimi desideri.
Un bacio caro.
Luigi Pierobon
Giancarlo Puecher Passavalli
Di anni 20 - dottore in legge - nato a Milano il 23 agosto 1923 -. Subito dopo l'8 settembre 1943 diventa l'organizzatore ed il capo dei gruppi partigiani che si vanno formando nella zona di Erba-Pontelambro (Como) - svolge numerose azioni, fra cui rilevante quella al Crotto Rosa di Erba, per il ricupero di materiale militare e di quadrupedi -. Catturato il 12 novembre 1943 a Erba, da militi delle locali Brigate Nere - tradotto nelle carceri San Donnino in Como - più volte torturato -. Processato il 21 dicembre 1943 dal Tribunale Speciale Militare di Erba -. Fucilato lo stesso 21 dicembre 1943, al cimitero nuovo di Erba, da militi delle Brigate Nere -. Medaglia d'Oro al Valor Militare -. E' figlio di Giorgio Puecher Passavalli, deportato al campo di Mauthausen ed ivi deceduto.
Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato: Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto... Accetto con rassegnazione il suo volere.                            
Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono. Viva l'Italia.  Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse per i vent'anni della mia vita.
L'amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale.  Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.            
A te Papà l'imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti.
Gino e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita. I martiri convalidano la fede in una Idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la Sua volontà. Baci a tutti.
Giancarlo
Roberto Ricotti
Di anni 22 - meccanico - nato a Milano il 7 giugno 1924 -. Nel settembre 1943 fugge dal campo di concentramento di Bolzano e si porta a Milano dove si dedica all'organizzazione militare dei giovani del proprio rione - nell'agosto 1944 è commissario politico della 124^ Brigata Garibaldi SAP, responsabile del 5° Settore del Fronte della Gioventù -. Arrestato il 20 dicembre 1944 nella propria abitazione di Milano adibita a sede del Comando del Fronte della Gioventù - tradotto nella sede dell'OVRA in Via Fiamma, indi alle carceri San Vittore - più volte seviziato -. Processato il 12 gennaio 1945, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato per appartenenza a bande armate -. Fucilato il 14 gennaio 1945 al campo sportivo Giurati di Milano, con Roberto Giardino ed altri sette partigiani -. Proposto per la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
S. Vittore 13.1.'45
A te mio dolce amore caro io auguro pace e felicità. Addio amore...
Roberto Ricotti  Condannato a morte
Tu che mi hai dato le uniche ore di felicità della mia povera vita...! a te io dono gli ultimi miei battiti d'amore... Addio Livia, tuo in eterno...        
Roberto
14.1.'45
Parenti cari consolatevi, muoio per una grande idea di giustizia... Il Comunismo!! Coraggio addio! Roberto Ricotti
14.1.'45
Lascio a tutti i compagni, la mia fede, il mio entusiasmo, il mio incitamento. Roberto Ricotti
Vito Salmi (Nino)
Di anni 19 - tornitore - nato a Monteveglio (Bologna) il 15 ottobre 1924 -. Dal Febbraio 1944 partigiano della 142^ Brigata d'Assalto Garibaldi, prende parte ai combattimenti di Montagnana (Parma) -.Catturato a Montagnana nella seconda metà dell'aprile 1944, per opera di fascisti e tedeschi che, guidati da un dlatore a conoscenza della parola d'ordine, lo sorprendevano nel sonno insieme ad una cinquantina di partigiani - tradotto nelle carceri di Parma -. Condannato a morte dal Tribunale Militare di Parma e quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio -. Fucilato il 4 maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma), in rappresaglia all'uccisione di quattro militi, con Giordano Cavestro ed altri tre partigiani.
Caro babbo,
vado alla morte con orgoglio, sii forte come lo sono stato io fino all'ultimo e cerca di vendicarmi. Per lutto porta un garofano rosso. Ricevi gli ultimi bacioni da chi sempre ti ricorda. Tuo figlio
Vito
Saluti a tutti quelli che mi ricordano.
Vendicatemi
Lorenzo Viale
Di anni 27 - ingegnere alla FIAT di Torino - nato a Torino il 25 dicembre 1917 -. Addetto militare della squadra "Diavolo Rosso", poi ufficiale di collegamento dell'organizzazione "Giovane Piemonte" - costretto a lasciare Torino, si unisce alle formazioni operanti nel Canavesano -. Catturato l'8 dicembre 1944 a Torino, nella propria abitazione, in seguito a delazione, per opera di elementi delle Brigate Nere, essendo sceso dalla montagna nel tentativo di salvare alcuni suoi compagni -. Processato l'8 febbraio 1945, dal Tribunale Co:Gu: (Contro Guerriglia) di Torino, perché ritenuto responsabile dell'uccisione del prefetto fascista Manganiello -. Fucilato l'11 febbraio 1945 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Alfonso Gindro ed altri tre partigiani.
Torino, 9 febbraio 1945
Carissimi,
una sorte dura e purtroppo crudele sta per separarmi da voi per sempre. Il mio dolore nel lasciarvi è il pensiero che la vostra vita è spezzata, voi che avete fatti tanti sacrifici per me, li vedete ad un tratto frustrati da un iniquo destino. Coraggio! Non potrò più essere il bastone dei vostri ultimi anni ma dal cielo pregherò perché Iddio vi protegga e vi sorregga nel rimanente cammino terreno. La speranza che ci potremo trovare in una vita migliore mi aiuta a sopportare con calma questi attimi terribili. Bisogna avere pazienza, la giustizia degli uomini, ahimè, troppo severa, ha voluto così. Una cosa sola ci sia di conforto: che ho agito sempre onestamente secondo i santi principi che mi avete inculcato sin da bambino, che ho combattuto lealmente per un ideale che ritengo sarà sempre per voi motivo di orgoglio, la grandezza d'Italia, la mia Patria: che non ho mai ucciso, né fatto uccidere alcuno: che le mie mani sono nette di sangue, di furti e di rapine. Per un ideale ho lottato e per un ideale muoio. Perdonate se ho anteposto la Patria a voi, ma sono certo che saprete sopportare con coraggio e con fierezza questo colpo assai duro.
Dunque, non addio, ma arrivederci in una vita migliore. Ricordatevi sempre di un figlio che vi chiede perdono per tutte le stupidaggini che può aver compiuto, ma che vi ha sempre voluto bene.
Un caro bacio ed abbraccio
Renzo
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losguardodiunbambino · 8 years ago
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Giordano Cavestro
Anni 18 - studente di scuola media - nato a Parma il 30 Novembre 1925. Nome di battaglia “Mirko”. Nel 1940 dà vita, di sua iniziativa, ad un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti. Dopo l’8 Settembre 1943 lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma.
                                                                                                Parma, 4.5.1944 Cari compagni, ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l‘idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile. Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.
Cari mamma e cari tutti, purtroppo il Destino ha scelto me ed altri disgraziati per sfogare la rabbia fascista. Non preoccupatevi tanto e rassegnatevi al più presto della mia perdita. Io sono calmo. Vostro                                                                                                              Giordano
Catturato il 7 Aprile 1944 a Montagnana (Parma), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti. Tradotto nelle carceri di Parma. Processato il 14 Aprile dal Tribunale Militare di Parma, condannato a morte, quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio. Fucilato il 4 Maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma), in rappresaglia all'uccisione di quattro militi, con Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti.
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brousseroyco · 8 years ago
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Fiers patriotes, anciens combattants, Camelots, sympathisants ou Ligueurs d'Action Française, qui souhaitant arracher la France aux griffes des escrocs et des voleurs, furent assassinés par la République, le 6 Février 1934.
- AUFSCHNEIDER Alphonse, mort pour la France De Schiltigheim (Bas-Rhin), 37 ans, valet de chambre, tué d’une balle au cœur près de la place de la Concorde. Il était Ligueur d’Action française. - CAMBO COSTA, mort pour la France 42 ans, d’origine hellénique, naturalisé Français, musicien sans travail, mort le 9 février des multiples blessures reçues dans la nuit du 6. Allié d’Action française. - CHEYNIER LE JOUHAN DE NOBLENS Gratien, mort pour la France 55 ans, industriel, ancien combattant, frère de trois combattants morts pour la France, marié et père d’un enfant de 7 ans ½, membre de la Solidarité française. Atteint d’une balle entre les yeux. Il fut frappé et piétiné avec un acharnement bestial, comme le prouvent les nombreuses contusions et fractures du crâne, du nez et de la mâchoire que l’on releva sur lui. Il décéda quelques heures après son transport à l’hôpital Beaujon. - COUDREAU Raymond, mort pour la France 49 ans, commis-livreur dans une mercerie en gros ; n’appartenant à aucune association politique, veuf et père de six enfants, dont deux en bas âge. - ETHEVENEAUX Louis, mort pour la France 25 ans, garçon charcutier, reçut, près de la Madeleine, un coup de matraque d’un policier et mourut d’une fracture du crâne. - FABRE Jean-Eloi, mort pour la France Etudiant en médecine, interne à l’hôpital Saint-Joseph, membre des Jeunesses patriotes, tué d’une balle au cœur devant le pont de la Concorde. Il avait été blessé en 1925, lors d’un guet-apens organisé rue Damrémont par les communistes. - GARNIEL Lucien, mort pour la France Garçon boucher, 16 ans, blessé d’une balle qui l’atteignit à la colonne vertébrale, mort le 1er novembre, après une longue et douloureuse agonie. - Mlle GOURLAND Corentine, morte pour la France Femme de chambre, 34 ans, tuée d’une balle à la tête sur la terrasse de l’hôtel Grillon, place de la Concorde. - JAVEY André, mort pour la France 39 ans, n’appartenant à aucune association politique, ancien combattant, blessé aux Eparges, croix de guerre. Succomba à ses blessures le 11 février. - LABOUCHEIX Marius, mort pour la France Directeur administratif de la société « L’Energie industrielle », ancien combattant, laisse deux orphelins, frappé d’une balle en arrivant près de la place de la Concorde. - LALANDE Raymond, mort pour la France Menuisier et tapissier d’autos, 24 ans. Atteint sur la place de la Concorde d’une balle qui lui fit éclater le tibia. Succomba des suites de sa blessure le 5 février 1936. S’était inscrit aux Camelots du Roi après le 6 février. - LAMMERT Henri, mort pour la France 31 ans, officier mitrailleur de réserve, gérant d’un hôtel meublé appartenant à ses parents. Ne faisant partie d’aucune association politique. Tué d’une balle dans le dos, sur la place de la Concorde. Il laissait une veuve sur le point d’accoucher. - LECOMTE Jules, mort pour la France 35 ans, engagé dans la marine à 19 ans embarqué sur les patrouilleurs de la division de la Loire, ouvrier à l’usine Renault, succomba le 12 février, ayant reçu une balle dans le ventre. Marié, sans enfant, il était Ligueur d’Action française et chef d’équipe de Camelots du Roi. - LIEVIN Charles, mort pour la France Cuisinier, 34 ans, blessé le 6 février 1934 d’une balle à la colonne vertébrale, mort le 6 décembre 1935, après vingt et un mois d’atroces souffrances, laissant une femme sans ressources. - MEZZIANE Galli, mort pour la France 28 ans, musulman, membre de la Solidarité française, manœuvre en chômage, écrasé par un camion de la police lancé à toute allure, puis achevé à coup de pied et de matraque. Mort le 7 février. - MOPIN Jean, mort pour la France 24 ans, atteint à la colonne vertébrale, mort le 7 décembre d’une infection généralisée, après de longs mois de souffrances héroïquement supportées. Il a été inhumé à Compiègne. - MUNNIER Albert, mort pour la France 27 ans, comptable, depuis quelques mois sans travail, tué d’une balle de révolver dans la tête, rue Boissy-d’Anglas. Il était marié et père d’un bébé de 18 mois. - PEUZIAT René-Alain, mort pour la France 29 ans, frère du champion cycliste, n’appartenant à aucune association politique. - ROSSIGNOL Raymond, mort pour la France 37 ans, industriel, ancien combattant, membre des Jeunesses patriotes, officier de réserve de cavalerie, marié, père d’un enfant de 12 ans, tué d’une balle de révolver en pleine tête devant le pont de la Concorde. - ROUBAUDI Georges, mort pour la France 36 ans, industriel, directeur d’une grande maison d’importation et d’exportation de soierie occupant 200 ouvriers, ancien combattant, engagé volontaire à 17 ans, croix de guerre avec deux citations, marié et père de trois enfants dont l’aîné n’avait pas 6ans. Ligueur d’Action française et membre de l’Association Marius Plateau. - SOUGARY Alfred, mort pour la France 30 ans, dessinateur, membre de l’Association des Décorés de la Légion d’honneur au péril de leur vie, fut tué à coups de matraque et relevé la colonne vertébrale complètement disloquée. - VAURY Henri, mort pour la France 39 ans, ancien combattant.
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