#27 luglio 1940
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Pillole di Seconda Guerra Mondiale: 27 luglio
1941 – Fronte sovietico. I tedeschi occupano Tallinn, capitale dell’Estonia, sul Golfo di Finlandia 1941– Fronte sovietico. Nel settore centrale, completano l’accerchiamento delle forze sovietiche a Smolensk. Tuttavia i sovietici riescono a organizzare una nuova linea di resistenza 40 km a est della città. 1941 – Battaglia d’Inghilterra. Dopo una relativa tregua durata qualche settimana, i…
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Ed Gein, vero nome Edward Theodore Gein (La Crosse, 27 agosto 1906 – Madison, 26 luglio 1984), è stato un serial killer statunitense.
Subito dopo la morte del fratello nel maggio 1944, verificatasi in circostanze misteriose, sei persone scomparvero dalle città di La Crosse e Plainfield tra il 1947 e il 1957. Gein è stato associato solo a due di essi, anche se è sospettato di ulteriori delitti. Commise atti di squartamento e necrofilia sulle vittime; era anche solito violare delle bare e costruirsi vari pezzi di arredo con le parti dei corpi. Le particolarità della sua vita e dei suoi crimini hanno ispirato film come Psyco, Deranged - Il folle, Non aprite quella porta, Il silenzio degli innocenti, Ed Gein - Il macellaio di Plainfield, Ed Gein: The Butcher of Plainfield e il personaggio di "Bloody Face" in American Horror Story: Asylum.
Edward T. Gein nacque il 27 agosto 1906 a La Crosse, nello Stato del Wisconsin, figlio di Augusta T. Lehrke (1878-1945) e di George P. Gein (1873-1940),[1] nonché fratello minore di Henry G. Gein (1902-1944). Suo padre era noto per essere un violento alcolizzato e, dopo essere diventato il titolare di una piccola drogheria per alcuni anni, si ritrovò disoccupato, salvo svolgere vari lavori come carpentiere, conciatore e commesso assicurativo, costringendo la famiglia a trasferirsi in una fattoria di 155 acri nella città di Plainfield, situata nella contea di Waushara. Augusta Gein, luterana e fanatica religiosa, era solita crescere i figli in uno stato di quasi totale isolamento, favorito anche dal luogo di residenza: la loro vita consisteva in scuola e lavoro nella fattoria, dove trasmise a Ed ed Henry il concetto dell'innata immoralità del mondo, l'odio verso l'alcolismo e che tutte le donne (esclusa lei) fossero prostitute e strumenti del diavolo; peraltro, il sesso era accettabile soltanto al fine di procreare. Ogni pomeriggio leggeva ai figli la Bibbia, in particolare passi dell'Antico Testamento nei quali si parla di morte, omicidio e punizione divina.
All'età di dieci anni Gein provò un orgasmo vedendo i suoi genitori macellare un maiale in un vicino casotto, mentre una volta raggiunta la pubertà, Augusta diventò sempre più invadente e possessiva: una volta, sorprendendolo mentre si masturbava nella vasca da bagno, gli afferrò i genitali definendoli «la maledizione dell'uomo» e lo immerse nell'acqua bollente per punirlo.
All'età di 21 anni la madre fece promettere a lui e ad Henry che sarebbero sempre rimasti entrambi vergini (promessa infranta dal fratello, che perciò venne spesso correlata alla sua misteriosa morte).
Con una corporatura esile e un atteggiamento piuttosto timido ed effeminato, Gein divenne bersaglio dei compagni più prepotenti, ed era anche noto per il continuo sogghigno che mostrava durante le conversazioni serie;
i compagni e gli insegnanti notarono anche la sua abitudine di ridere senza motivo, quasi come se volesse prenderli in giro. Nonostante la scarsa attitudine alla vita sociale, andava abbastanza bene a scuola, in particolare nella lettura.
Il 1º aprile 1940, George P. Gein morì all'età di 66 anni per insufficienza cardiaca, motivo per cui Ed e il fratello iniziarono a fare piccoli lavoretti in città per aiutare a coprire le spese di soggiorno. Da questo periodo in poi, il fratello Henry incominciò a rifiutare il punto di vista della madre Augusta e tentò di convincere anche Edward. Il 16 maggio 1944 i fratelli si trovarono in mezzo a un incendio nella fattoria: Edward raccontò alla polizia di aver perso di vista il fratello, ma fu poi in grado di indicare con precisione dove si trovava il corpo; sebbene fosse evidente che Henry aveva subito un trauma alla testa (fatto che avrebbe fatto sospettare e arrestare Ed) il perito locale giunse alla conclusione che fosse morto di asfissia nel tentativo di spegnere l'incendio.
Gein visse da solo con l'amata madre, ma meno di due anni dopo, il 29 dicembre 1945, Augusta morì dopo essere stata colpita da un ictus, lasciando l'afflitto figlio solo nell'isolata fattoria; la donna aveva già subito un primo attacco, in seguito al quale rimase paralizzata per alcuni mesi, quando subì un secondo colpo apoplettico che la portò alla morte. Edward pianse istericamente al suo funerale.
La morte di Augusta fece scomparire dalla sua vita quello che molti psicologi criminali definiscono come "l'unico filo che ancora ne preservava la sanità mentale".
Il 16 novembre 1957 Bernice Worden, proprietaria di una ferramenta nonché madre del vice-sceriffo di Plainfield, sparì nel nulla. Un residente locale segnalò che il camion del negozio era stato spostato dal retro dell'edificio attorno alle 9.30 e che l'esercizio era rimasto chiuso per l'intera giornata: alcuni credevano fosse a causa della stagione di caccia dei cervi. Il figlio della donna, il vicesceriffo Frank Worden, entrò nel negozio verso le 17 e trovò il registratore di cassa aperto e macchie di sangue sul pavimento; dichiarò agli investigatori che Ed Gein era stato nel negozio la sera precedente la scomparsa della madre e che era ritornato la mattina successiva per un gallone di antigelo: il relativo scontrino fu l'ultimo scritto da Bernice nel giorno della sua scomparsa. Durante la sera dello stesso giorno, Gein fu arrestato in una drogheria di West Plainfield e la sua casa fu perquisita. Un vicesceriffo della contea di Waushara scoprì il corpo decapitato di Bernice Worden in un capanno nella proprietà di Gein, appesa per le caviglie, aperta in due a partire dalla vagina e con delle corde legate ai polsi. La donna era stata "squartata come un cervo". Era stata uccisa dal colpo di una carabina calibro 22. La testa fu invece rinvenuta in un'altra stanza della casa, con due chiodi conficcati ai lati: Ed aveva intenzione di appenderla al muro come un trofeo.
Cercando nella casa le autorità trovarono:
venti nasi;
frammenti e ossa integre (umane);
un cestino fatto di pelle umana;
teschi sulla testata del letto di Ed;
un corsetto fatto a partire da un torace femminile scuoiato dalle spalle alla vita;
gambali creati con pelle umana;
la maschera creata con il viso di Mary Hogan in un sacchetto di carta;
il teschio di Mary Hogan in una scatola;
la testa di Bernice Worden in un sacco di iuta;
nove vulve in una scatola di scarpe;
il vestito di una giovane donna e le vulve di due donne, che avrebbero avuto circa quindici anni;
una cintura fatta di capezzoli umani;
unghie femminili;
dieci teste di donne come decorazioni nella camera da letto;
pelle umana usata come tappezzeria per lampade e sedie;
calotte craniche trasformate in ciotole;
un cuore umano (si discute su dove sia stato trovato; gli addetti al rapporto affermano tutti che fosse in una casseruola nella stufa, mentre dei fotografi della scena del crimine affermarono che fosse in una scatola di carta);
due labbra umane che decoravano una finestra;
un tamburo fatto di pelle umana;
femori usati come gambe per un tavolo;
nove maschere fatte di pelle umana;
una colonna vertebrale adibita a lampada;
vestiti fatti di pelle umana.
Questi reperti furono fotografati in laboratorio e poi distrutti.
Gein confessò di avere dissotterrato una donna di mezza età recentemente sepolta che somigliava molto a sua madre, di averne portato il cadavere a casa e di averne lavorato la pelle per farne manufatti. Fece quaranta visite notturne al cimitero, dichiarando di essere, durante ogni visita, in uno stato confusionale e violò circa diciotto tombe. Disse di essere tornato in sé durante trenta visite, all'incirca, e di aver dunque lasciato le tombe in perfetto ordine prima di ritornare a casa a mani vuote.
Gein ammise di aver rubato da nove tombe di cimiteri locali e condusse gli investigatori presso queste ultime. Allan Wilimovsky, della scientifica, partecipò all'apertura di tre tombe identificate da Gein: i feretri erano in casse di legno, le assi erano poste di traverso e la sommità era almeno a 60 centimetri dalla superficie. Gein aveva profanato le tombe subito dopo i funerali, quando non erano ancora state perfettamente interrate. Alcune tombe furono esumate perché le autorità erano incredule circa la possibilità che Gein avesse dissotterrato da solo una tomba in una sola notte; furono trovate, come egli descrisse, due tombe vuote (una aveva una spranga sul fondo), una bara fu trovata vuota, l'altra non era stata aperta da Gein poiché aveva perso il suo piede di porco e la maggior parte del corpo della terza bara era invece stato preso.
Una giovane di sedici anni, i cui genitori erano amici di Gein, segnalò che questi conservava teste rinsecchite nella sua casa: queste erano state descritte da Gein come reliquie dalle Filippine, inviategli da un cugino che aveva partecipato alla seconda guerra mondiale. In seguito alle indagini della polizia, fu scoperto che le "reliquie" altro non erano che pelle umana utilizzata per creare maschere.
Gein fu considerato sospettato anche in molti altri casi irrisolti nel Wisconsin, quali la scomparsa di una babysitter di La Crosse, Evelyn Hartley, nel 1953.
Durante l'interrogatorio confessò inoltre di aver ucciso Mary Hogan, dipendente di una taverna scomparsa dal 1954, e lasciò anche intendere di aver commesso altri delitti in gioventù, tra cui l'omicidio di una ragazzina scomparsa diversi decenni prima da Plainfield.
La letteratura considera l'usare pelle di donna come un "rituale folle di travestitismo".
Si pensa che Gein sperimentasse anche una forma di necrofilia, ricavando piacere sessuale dai cadaveri mutilati, ma Gein negò sempre di aver avuto rapporti coi cadaveri riesumati, perché avevano un cattivo odore. Confessò che dopo la morte della madre aveva avuto il desiderio di cambiare sesso: secondo molti egli aveva creato il suo "abito da donna" per poter assumere le sembianze della madre.
L'unica stanza pulita e tenuta in ordine della casa era proprio la camera da letto della madre, come prova della morbosa ossessione che il figlio aveva nei confronti della donna (e del forte ascendente che ella aveva su di lui).
Gein fu giudicato mentalmente instabile e incapace di sostenere il processo e fu condotto all'ospedale statale centrale (ora Dodge Correctional Institution) a Waupun, nel Wisconsin. Durante il processo la sua dichiarazione: «Non ho mai ucciso un cervo» preoccupò molto i suoi vicini di casa, ai quali Edward aveva spesso offerto carne di cervo, da lui cacciato e cucinato: molto probabilmente era carne umana.
In seguito l'ospedale fu trasformato in prigione e Gein fu trasferito all'ospedale statale Mendota a Madison. Nel 1968 i medici di Gein stabilirono che era abbastanza sano da sostenere il processo, tuttavia fu discolpato per infermità mentale. Scampata la sedia elettrica, Ed Gein passò gli ultimi sedici anni in un manicomio criminale.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Ed_Gein
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OGGI 15 GIUGNO, ITALIANO RICORDA….
1918
PRIMA GUERRA MONDIALE
STORIA DELL’ESERCITO ITALIANO
BATTAGLIA
DEL SOLSTIZIO D’ESTATE
GLI AUSTROUNGARICI TENTANO
UN’ULTIMA GRANDE OFFENSIVA
CONTRO IL
FRONTE DEL PIAVE
GLI ITALIANI NON CEDONO GRAZIE ANCHE AL FUOCO DELLA LORO ARTIGLIERIA
L'artiglieria aggiunge dignità a quella che altrimenti sarebbe una volgare zuffa.
(Federico il Grande)
🇮🇹🪖 FESTA DELL’ARMA DI ARTIGLIERIA 🪖🇮🇹
L'Arma di Artiglieria affonda le sue radici nella storia delle artiglierie piemontesi che costituirono il nucleo iniziale di quest'Arma prestigiosa.
Nel 1625, con decreto 30 luglio, Carlo Emanuele di Savoia determinò che il personale dei Bombardieri, fino a quel momento riunito in corporazioni di mestieri, dovesse appartenere alla Milizia ed essere riunito in una apposita Compagnia. Tale data e provvedimento, possono considerarsi come il primo passo verso la costituzione dell'Arma.
Bisogna però attendere fino al 27 agosto 1774 per avere sancita la costituzione del Corpo Reale di Artiglieria.
Il Corpo, con decreto 6 gennaio 1815 viene ripartito in cinque categorie: a piedi d'ordinanza (Comando Generale, Stato Maggiore dei battaglioni, scuole e fabbriche), provinciale (per la mobilitazione), volante (per il servizio celere di campagna), reale di Sardegna e sedentaria (costituita da personale degli uffici). Nello stesso anno anche il traino dei pezzi e dei materiali diviene un servizio del Corpo con la costituzione del Treno d'Artiglieria.
L'evoluzione dell'Arma è continua e viene accentuata nel periodo risorgimentale dall'incorporazione nelle proprie fila delle artiglierie di altri paesi preunitari come la Lombardia nel 1849.
Circa tre gruppi partecipano alla campagna di Crimea del 1855.
Sostanziali modifiche toccano la struttura del Corpo negli anni seguenti ma è il decreto del 17 giugno 1860 che riordina la struttura dell'artiglieria che ha incorporato batterie toscane ed emiliane: ha origine l'Arma di Artiglieria dell'Esercito Italiano.
Questa si compone di otto reggimenti di cui uno, il 1° di operai, il 2° 3° e 4° da piazza e dal 5° all'8° i reggimenti da campagna.
La partecipazione alle campagne risorgimentali, l'adozione di nuovi mezzi ed il naturale potenziamento dell'Arma portano alla creazione di nuove specialità e reggimenti, come l'artiglieria da costa, da montagna, pesante campale e da fortezza.
Per Regio decreto 23 dicembre 1909 viene concessa all'Arma la Bandiera di Guerra che verrà custodita dal Reggimento più anziano della Piazza di Roma.
L'Arma si affaccia alla ribalta del primo conflitto mondiale con 49 reggimenti da campagna, uno a cavallo, 3 da montagna, 2 pesanti campali, 10 da fortezza, 18 batterie someggiate e tre sezioni contraerei. L'immane conflitto porta allo sviluppo della specialità controaerei ed al rilancio dei "bombardieri". Gran parte delle unità costituite per la Grande Guerra vengono soppresse nei primi anni venti.
Nel 1939, alla vigilia del Secondo conflitto mondiale, l'Arma di Artiglieria riprende a crescere e a giugno 1940 54 reggimenti da campagna, 3 celeri, 5 per divisioni alpine, 18 di corpo d'armata, 5 d'armata, 6 per Guardie alla Frontiera, 2 corazzati, 5 controaerei, 2 motorizzati sono presenti nell'ordine di battaglia dell'Esercito Italiano. Massiccio l'incremento delle unità durante la guerra, con lo sviluppo delle specialità semovente e paracadutisti.
Nel 1943 dopo l'otto settembre, sono ancora in vita i reggimenti 11° "Legnano", il 184° "Nembo", 7° "Cremona", 35° "Friuli", il 152° "Piceno", il 155° "Mantova" inquadrati sia nel 1° Raggruppamento Motorizzato che nel Corpo Italiano di Liberazione e nei Gruppi di Combattimento.
Nel 1946 ha inizio la ricostituzione dei reggimenti, in quantità commisurata alle esigenze della Forza Armata.
Il processo di ampliamento si interrompe nel 1975 con la prima grande ristrutturazione dell'Esercito.
I reggimenti cedono il posto ai Gruppi autonomi. Nel corso degli anni novanta, ulteriori varianti ordinative riportano in vita il livello reggimentale e dal 1999 l'Arma si riarticola in due specialità: Terrestre e Controaerei.
Riordinata nel 2000, l'Arma di Artiglieria si compone delle specialità Terrestre e Controaerei.
Per quanto riguarda la specialità terrestre, attualmente è in organico a tutte le Brigate tranne la "Friuli", la “Granatieri di Sardegna” e la "Sassari".
Il reggimento d’Artiglieria tipo è ordinato su Comando, , Batteria Comando ed un Gruppo su tre Batterie Obici (all’interno sono inserite delle Sezioni Sorveglianza e Acquisizione Obiettivi) ed una Batteria Sorveglianza e Supporto Tecnico.
Tre reggimenti sono riuniti con il reggimento addestrativo nel Comando Artiglieria inserito con gli altri Comandi d’Arma alle dipendenze del Comando delle Forze Operative Terrestri.
Un reggimento ed un battaglione specialisti, una volta appartenuti all'Arma, sono inseriti nella Brigata RISTA del Comando Trasmissioni e Informazioni di Anzio, un reggimento si è trasformato in unità NBC.
Attualmente i reggimenti d'artiglieria terrestre armati di obici sono 12 e le loro Bandiere e Stendardi sono decorate di 10 Medaglie d'Oro, 5 Medaglie d'Argento, 6 Medaglie di Bronzo, 1 Croce di Guerra al Valor Militar ed 1 al Merito di Guerra, di 2 Medaglie d'Argento e 2 di Bronzo al Valore dell'Esercito ed 1 Medaglia d'Argento al Valor Civile.
Per quanto riguarda la specialità controaerei, attualmente tutti i reggimenti sono accentrati nel Comando artiglieria controaerei che ha unificato Brigata e Scuola alle dipendenze del Comando delle Forze Operative Terrestri.
Attualmente i reggimenti sono 4 e le loro Bandiere sono decorate di 4 Medaglie d'Argento ed 1 Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
L'Arma di Artiglieria è negli eserciti moderni, il Supporto al Combattimento per eccellenza.
I suoi sistemi d'arma, cannoni, mortai ed obici montati su affusti ruotati o mezzi cingolati, permettono di colpire le linee avversarie fino a 40 chilometri di distanza.
L'impiego di questa Arma è sensibilmente variato nel tempo con l'acquisizione di materiali sempre più sofisticati ed efficienti.
E se una volta il tiro poteva essere diretto dallo schieramento dei pezzi, oggi l'aumento delle gittate ha richiesto la costituzione di unità agili e capaci di infiltrarsi nel territorio, controllarlo ed acquisire obiettivi in profondità.
Lo sviluppo inoltre di nuove forme di lotta, come le armi chimiche e nucleari hanno portato compiti aggiuntivi all'Arma che, di recente, ha trasformato una delle sue unità in reggimento per la difesa Nucleare Batteriologica e Chimica.
Proprio la funzione di sorveglianza, ricerca ed acquisizione obiettivi, classico compito tecnico e tattico dell'Artiglieria, e la capacità di operare per la rivelazione di aree contaminate, hanno reso l'Arma in grado di fronteggiare compiti che potrebbero sembrare a prima vista, lontani dalla sua natura, come le operazioni di supporto alla pace.
I reggimenti d'Artiglieria, forti delle loro tradizioni secolari, si sono alternati e continuano a farlo, nel teatro balcanico dove svolgono l'attività di controllo del territorio con le capacità che gli sono proprie. Un'Arma che guarda al futuro, che coniuga tecnologia, intelligenza, cuore ed ardimento, SEMPRE ED OVUNQUE... 🇮🇹 W GLI ARTIGLIERI D’ITALIA 🇮🇹
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L'altro ieri sera ho visto per la prima volta Jojo Rabbit, e nelle sue scene ho pensato alla persona che prima viveva qui. Si chiamava Hermann, comprò di fresca costruzione nel 1971 la casa dove vivo adesso, passata a me nel 2018 dopo quasi 50 anni.
Quando ho sgombrato casa, ho trovato tanti quotidiani dell'epoca della guerra, quelli che sono in foto sono solo due di questi, abbastanza esemplari, uno il 27 luglio 1944, con una dichiarazione di Goebbels, braccio destro politico di Hitler, sull'implacabilità tedesca nella guerra e su come i traditori venissero fucilati senza pietà, e il secondo con data 17 giugno 1940, 4 giorni dopo l'entrata a Parigi dei tedeschi. Nella colonna di destra c'è una foto di militari ebrei, i "Vagabondi d'Europa" (così recita la didascalia), dileggiati dalla propaganda nazista, tutto quello che si legge in queste pagine è pura propaganda.
Il signor Hermann ha conservato tutto di quei tempi, ho tanti quotidiani e documenti della propaganda, incluso un documento medico del campo di concentramento di Dachau.
Ora, del passato di Hermann non so nulla, tutto questo non dimostra inequivocabilmente che fosse un nazista, o che comunque avesse forti simpatie per quel periodo e quella ideologia. Quello che so è che conservava tantissimi lacci di scarpe, non ho mai visto tanti lacci di scarpe in vita mia, e sacchi interi di scatole di fiammiferi, di ogni colore, forma, provenienza. Erano in questo mobile,
insieme ad ogni tipo di ferro arruginito, e oggi al suo posto c'è ogni ben di Dio della gastronomia italiana.
Era una persona profondamente incazzata, con tutti. Quando mi sono trasferito, i miei vicini mi hanno raccontato questi 50 anni di inferno, di Polizei che veniva chiamata al primo abbaiare del cane di un vicino, o, per una auto parcheggiata male, di minacce e pretesti per alzare la voce e litigare, del fatto che lo incontrassero nei viali e lui raccontava il suo terrore che lo spiassero, che gli iniettassero qualcosa negli occhi per controllare la sua mente. Mi è costato migliaia di euro di giardiniere per togliere siepi urticanti, che aveva fatto mettere ai lati della casa, affinché i vicini si ferissero durante la cura del prato. La figlia scappata negli USA, non ha più messo piede qui in Germania, se non per firmare l'atto di vendita, l'ho vista una volta sola in vita mia, col suo marito americano non proprio socievole. La moglie, morta a poca distanza dal marito, chiedeva perdono alla figlia, per via del comportamento del padre.
Quello che c'è scritto fa male, ma fa ancor più male la scrittura lenta e dolorosa di quelle parole, specchio di una vita passata all'ombra dell'odio verso gli altri, una madre che ha dovuto subire questa scelta, e in questa lettera, scritta poco prima di morire, ha provato a chiedere scusa alla figlia, per tutto.
Insieme a tantissime foto, dove sembravano una famiglia felice come tante, le ho trovate insieme a quei quotidiani, ho spedito i loro ricordi nello North Carolina, venendo a sapere poi dai vicini dell'odio che la figlia aveva per il padre, e realizzai di aver fatto forse per l'ennesima volta del male a qualcuno, pensando di fare la cosa giusta.
Tutto questo per dire che, quando ho visto Jojo e il suo credere ciecamente nel nazionalsocialismo e nell'odio verso gli ebrei, con l'aiuto del suo amico immaginario Adolf, mi son immaginato la vita di Hermann, dove chissà, forse nazista lo era davvero perché Hitler non l'aveva mai lasciato, consegnandoli una esistenza di odio continuo, e deve essere stata davvero una cosa inimmaginabile, un tormento senza fine. Non sto parlando di tutto quello che già sappiamo e che la storia ha già da un lato sviscerato e dall'altro condannato in maniera inequivocabile, ma la scelta di mettersi una svastica su una banda rossa al braccio, e decidere di odiare a tutti i costi, provare a capire cosa si prova a fare della propria vita una scelta di odio. Jojo ha avuto la fortuna di avere un cuore buono, e quella banda non ha retto sul suo braccio, è caduta per l'amore di una ragazza ebrea, e ho amato ancor di più Yorki, questo figlio del suo tempo con un lanciarazzi su una spalla e sempre desideroso di un abbraccio, la scintilla che mi ha fatto pensare ad Hermann è stata questa sua frase, che l'ho trovata di una intelligenza e una consapevolezza senza fine.
Oggi mangio alla stessa tavola dove mangiava lui, dormo nella stessa stanza dove dormiva lui, lavoro dove lui giocava a biliardo, e provo solo una tristezza infinita per quello che gli è accaduto. Non sono mai stato ferrato in storia, non ricordo nulla della linea Maginot, delle campagne in Africa, dell'entrata dei russi a Berlino, ma ricordo i racconti di mio nonno catturato sulle spiagge libiche, dei racconti del mio prozio che veniva saccheggiato dai fascisti quando le cose andavano bene, e dai nazisti quando andarono poi male, costretto a nascondersi insieme con i suoi figli maschi per evitare di essere fucilati, il ritorno a casa di mio nonno dopo circa 7 anni di prigionia, attraversando l'Oceano Indiano per giorni in nave col terrore che gli inglesi lo buttassero a mare, come è accaduto ad alcuni suoi compagni, la diserzione e la fuga dell'altro nonno, storie che mi venivano raccontate come se fossero favole, che non dimentichi più, e credo che da quei tempi bui si possa imparare tanto attraverso le storie che mi raccontavano da bambino, o rivivendo la vita di Hermann con i racconti dei vicini, o sentendo il dolore di una madre che ha perso la figlia, o provando la vergogna leggendo quelle pagine ingiallite.
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Il ragazzo in foto è Alfonsino, il fratello di mio nonno. Aveva 21 anni quando è morto; era marinaio segnalatore sul cacciatorpediniere Zeffiro della Regia Marina. La sera del 5 luglio 1940, la nave -che era ormeggiata nel porto di Tobruk in Libia- fu colpita a prua da 9 aerosiluri. 21 furono le vittime: 11 morti e 10 dispersi. Alfonsino risulta tra questi ultimi, ma il suo corpo non è mai stato ritrovato. Ciò che è rimasto a noi della sua traccia su questo pianeta è pressochè niente. So solo che era del segno del Capricorno, come me. So che era venerdì quel giorno, che il presidente degli Stati Uniti era Roosevelt e che “Maryland” del regista Henry King fu uno dei film più visti in assoluto. Ma è capitato molto di più: milioni di ragazzini furono mandati a morire e non si trova letteralmente nessuna informazione sulle loro brevi vite. L’unica cosa che ho è questa foto, che lo ritrae con la divisa da marinaio mentre tra le dita mantiene una sigaretta. Il retro, successivamente, fu scritto da mio nonno, addolorato dalla perdita del fratello maggiore. Finchè è stato in vita, mio nonno, non ha mai parlato di Alfonsino. Non abbiamo mai saputo più di questo, e 10 anni fa è morto portando definitivamente via con sè ogni traccia di suo fratello. Eppure mi ha tramandato il suo dolore, il sentire così intimamente vicino qualcuno che non ho mai avuto il piacere di conoscere, nemmeno attraverso un semplice racconto. Il potere evocativo di queste immagini esercita sulla mia mente un processo di ricostruzione di eventi; di una falsa memoria biografica. Mi piace immaginare e cucirgli addosso quella che io immagino sia stata la sua vita. Mi sento legata a questa foto senza sapere bene perchè; i suoi occhi mi catturano. Chissà se ho ereditato qualcosa da lui. Chissà qual era il suo cibo preferito, quali erano i suoi sogni, e quali invece le sue paure. Ma purtroppo non lo sapremo mai. “Conservo questa rara foto, in memoria del fratello carissimo affinchè dall’alto dei Cieli pregherà Iddio, che benedirà la sua famiglia e la cara sorella, che non si dimenticheranno mai di lui, ma languiranno sempre nel dolore profondo.” (Guerra Memorabile) 8/7/1940 27 marzo 2021
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Giorno della memoria, quell'amnesia legislativa che dimentica la Shoah di rom e sinti - Il Fatto Quotidiano
Grazie alla legge n.211 del 20 luglio 2000, il 27 gennaio celebreremo la Giornata della Memoria, con la quale si commemorano lo sterminio del popolo ebraico – la Shoah -, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei e di quelli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte. Nonché coloro che, in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
La legge sulla Memoria paradossalmente porta un’amnesia: quella che riguarda un altro sterminio che ha interessato almeno 500mila rom e sinti vittime del genocidio nazista, in quello che viene ricordato all’interno delle comunità come il Porrajmos (grande divoramento) o Samudaripen (tutti morti).
Nomi sconosciuti al di fuori degli addetti ai lavori, così come risultano non collegati a località come Boiano, in provincia di Campobasso; Agnone, in provincia di Isernia; Tossicia, in provincia di Teramo; Gonars, in provincia di Udine; Prignano sulla Secchia, in provincia di Modena; Berra, in provincia di Ferrara. Luoghi dai nomi tragici per le tante famiglie rom che in Italia, dall’11 settembre 1940, dovevano essere “rastrellate nel più breve tempo possibile et concentrate [in queste località] sotto rigorosa vigilanza in località meglio adatte ciascuna provincia”.
La politica fascista dal suo inizio si è andata gradualmente radicalizzando contro le comunità rom e sinte, disegnando quattro traiettorie persecutorie. La prima – compresa tra il 1922 e il 1938 – prevede il respingimento alla frontiera di rom e sinti stranieri. È il 19 febbraio 1926 quando viene ordinato a tutti i prefetti di allontanare gli “zingari” qualsiasi fosse la provenienza e anche in caso di possesso di documenti validi.
La seconda – tra il 1938 e il 1940 – quando viene ordinata la pulizia etnica nei confronti delle famiglie rom presenti nelle regioni di confine e il loro trasferimento in Sardegna. Sono anni nei quali vengono pubblicati sul periodico “La Difesa della Razza” alcuni articoli relativi alla “pericolosità sociale degli zingari”.
La terza – che comprende il triennio tra il 1940 e il 1943 – si inaugura l’11 settembre 1940 con l’ordine di Arturo Bocchini di combattere la “piaga zingara” attraverso il rastrellamento, l’arresto e il concentramento di tutti i rom e sinti, anche di cittadinanza italiana, per poi rinchiuderli in campi di concentramento. La prima area destinata è un ex tabacchificio presso Boiano, in provincia di Campobasso.
La quarta traiettoria è segnata dalla caduta del regime fascista e dalla fuga delle famiglie sopravvissute dai campi di internamento.
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ROBERT WADLOW: THE GENTLE GIANT (il gigante gentile)
Chissà cosa passò per la mente di Robert Wadlow, quel 27 giugno 1940 in cui fu misurato per l’ultima volta, facendo registrare l’altezza di 2,72 metri e diventando così a tutti gli effetti l’uomo più alto mai registrato nella storia. In febbraio aveva compiuto 22 anni, un’età in cui normalmente non si cresce più da tempo, mentre lui invece continuava a crescere, e il ritmo non sembrava rallentare rispetto agli anni precedenti. Nonostante i giornali pubblicassero la notizia in prima pagina e tutti gli States lo festeggiassero come una gloria nazionale, difficilmente Robert poteva sentirsi felice. La sua altezza non era un dono degli dei, ma l’effetto di una malattia, una iperplasia (crescita abnorme, spesso dovuta a un tumore benigno) dell’ipofisi, la ghiandola endocrina che regola i tempi e la velocità della crescita.
Robert Wadlow sin dalla più tenera età era stato molto più alto dei suoi coetanei, e già a 6 anni aveva superato i 170 cm. La soglia dei 2 metri era stata passata tra il decimo e l’undicesimo anno. Parallelamente, cresceva anche la sua massa fisica: a 22 anni pesava oltre 200 kg, anche se non appariva certo grasso.
Eppure, quel ragazzo avrebbe desiderato soltanto una vita normale. Primo di cinque figli, nato il 22 febbraio 1918 e sempre vissuto ad Alton, nell’Illinois, era stato un bravo studente, anche se era stato sempre necessario costruirgli dei banchi su misura. Si era ottimamente diplomato alla High School nel 1936 e, subito dopo, si era iscritto allo Shurtleff College, l’università della sua città, in cui aveva sede una rinomata scuola di Legge, con l’intenzione di diventare avvocato. Nel giardino della stessa università, oggi, è ricordato con una statua a grandezza naturale.
Era stato anche uno scout, e aveva provato a fare tutto ciò che normalmente facevano a quel tempo i ragazzi della sua età, almeno finché gli era stato possibile. Nel tempo, le sue enormi dimensioni gli avevano dato sempre più problemi, soprattutto le gambe che erano diventate lunghissime e rischiavano di non reggere il peso del busto. A differenza di altri giganti, non aveva ceduto alla tentazione della sedia a rotelle, e aveva preferito aiutarsi a camminare con un bastone o con dei tutori ortopedici.
Una meraviglia come lui non poteva passare inosservata agli occhi dei pubblicitari del tempo, che infatti lo avevano ingaggiato come testimonial di diverse campagne, prima tra le quali quella della ditta di calzature che gli faceva le scarpe su misura. Con la pubblicità, guadagnava benissimo e ogni tanto doveva spostarsi per partecipare a degli eventi. Il 4 luglio 1940, festa dell’indipendenza, ne aveva uno alla Riserva Nazionale Manistee, nel Michigan, fondata da pochi anni e già ben conosciuta dagli escursionisti di tutto il Paese.
Affinché restasse in piedi tutto il tempo necessario a esibirsi senza stancarsi troppo, gli furono montati dei nuovi tutori metallici sulle gambe. Uno di questi, sfregando sulla cute, gli provocò una profonda escoriazione alla caviglia. Robert non se ne accorse perché, in seguito alla crescita e al conseguente stiramento dei nervi, la sua sensibilità a livello delle estremità era alquanto ridotta. Il problema fu sottovalutato dagli specialisti, la ferita si infettò e fu necessario il ricovero in ospedale, sempre a Manistee. Le terapie antibiotiche, a quel tempo, erano ancora in fase sperimentale; Robert fu trattato con un intervento chirurgico e delle successive trasfusioni di sangue. Ma qualcos’altro andò storto e, anziché guarire, sviluppò una reazione autoimmune, forse dovuta al fatto che il sangue non era del tutto compatibile con il suo gruppo. Dopo 11 giorni di agonia, il 15 luglio 1940, morì durante il sonno.
Fu trasportato ad Alton in una bara lunga quasi 3,5 metri e pesante oltre 450 kg, che si avvicendarono a portare 20 uomini durante una cerimonia pubblica cui parteciparono 40.000 persone. Fu l’ultimo addio a un ragazzo che avrebbe voluto soltanto essere normale e, prima ancora che essere una celebrità, era riuscito a farsi amare da chiunque lo avesse conosciuto: molto socievole e amichevole con tutti, protettivo con i bambini e chiunque gli apparisse debole, sempre pronto a scherzare o a mettersi in posa per una foto ricordo. Lo chiamavano “The Gentle Giant” (Il gigante gentile), un soprannome che accompagna la sua icona ancor oggi.
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Louis-Ferdinand Céline compare in due rapporti di polizia presso la Questura di Parigi, redatti in due periodi diametralmente diversi: il primo, infatti, è del 1928, e riguarda il dottor Destouches non ancora diventato Céline. La Questura si interessa all’allora trentaseienne medico, domiciliato al 36 di Rue d’Alsace a Clichy, banlieue rossa di Parigi, arrivatovi quell’anno con la ballerina americana Elizabeth Craig, la sua “Imperatrice”. Louis Destouches vi risiederà per una decina d’anni sino al 1937, praticandovi la professione medica prima privatamente e poi presso un dispensario, perché membro dell’Associazione d’Igiene sociale e di prevenzione anti tubercolosi di Clichy. Tra i suoi fondatori vi è Gaston Paymal (1898-1943), funzionario amministrativo dell’ufficio pubblico d’igiene e in seguito sindacalista confederale e strenuo attivista: il rapporto della Questura nota infatti come il nobile scopo dell’associazione possa “senza dubbio servire presto o tardi quale paravento alla propaganda comunista e come la municipalità non mancherà di far leva sulla sua creazione per influenzare il corpo elettorale al momento opportuno”. Il dottor Destouches è indicato come segretario, e oltre le sue generalità anagrafiche e professionali è notato come “non è oggetto di alcuna osservazione dal punto di vista politico” e come “sia ben rappresentato in tutti i rapporti”. Fu proprio a Clichy che scriverà Viaggio al termine della notte, prendendo il nome d’arte di Céline, e trasferendosi prima in Rue Lepic e poi in Rue Girardon, a Montmartre, con la nuova compagna Lucette Almansor. Questi cambi di residenza sono diligentemente appuntati nel secondo documento, redatto in circostanze drammatiche: è infatti datato 11 giugno 1945, quando la coppia, fuggita in Germania prima e in Danimarca poi dopo lo sbarco Alleato in Francia, è tuttora in clandestinità, essendo Céline ricercato per collaborazionismo. Riproduciamo il documento di seguito dato il suo interesse céliniano, visto che mette nero su bianco le debolissime accuse della Giustizia francese a Céline, accuse che gli valsero comunque il rischio della pena di morte per “alto tradimento”, e anche per il quadro generale che dà della Parigi occupata e dei complessi rapporti tra francesi e tedeschi in quel periodo, che trovano secondo noi una immagine certamente tragicomica nell’informazione riferitavi di un “posto radio trasmittente, in collegamento con Londra” della Resistenza francese “operativo nel sottotetto del Moulin de la Galette” frequentato dagli alti Ufficiali tedeschi della Kommandantur di Parigi, con il probabile tacito assenso del suo proprietario, peraltro occupato a procacciare avvenenti “donne russe” agli Occupanti! (Andrea Lombardi) *** Parigi, l’11 giugno 1945 Questura Ufficio del Questore Dipartimento Amministrativo N° 419597 Estratto di un rapporto 5 giugno 1945 Firmato Informazioni Generali, allegato al dossier N° 125815 Destouches Louis Ferdinand nato il 27/5/1894 a Courbevoie Dottore alla facoltà di medicina residente al 36 Rue d’Alsace a Clichy è stato oggetto di un rapporto come collaboratore tedesco. 5 giugno 1945 [timbrato] a/c di Chayrou Pierre segnalato come “collaboratore dei tedeschi” A seguito di una informativa in data 14 dicembre 1944, segnalante il proprietario del “Moulin de la Galette” quale amico di Louis Ferdinand Céline e noto per aver ricevuto nei suoi locali, durante l’occupazione, dei membri dello stato maggiore tedesco; avendo inoltre egli praticato la borsa nera “in grande”, in compagnia di due donne russe delle quali una si era ritrovata incinta di un ufficiale dello stato maggiore tedesco si è proceduto ad una inchiesta che ha permesso di raccogliere le seguenti informazioni: CHAYROU Pierre, André, Jules, nato il 12 aprile 1899 a Parigi, 10°, […] Dal 1936 dirige gli esercizi “Le Moulin de la Galette e i Jardins de Montmartre” […] L’esercizio “Le Moulin de la Galette” è noto ai Servizi della Direzione Informazioni Generali e del Gioco per essere stata oggetto di una informativa il 1° aprile 1944. A quella data, la direzione di questo esercizio ha lanciato un certo numero d’inviti a diverse personalità francesi e tedesche in occasione della prima rappresentazione della rivista “Album d’Images” di Géo Bury [cantante d’operetta e attore]. Si notano in particolare i nomi di: Georges Hilaire, Segretario generale alle Belle Arti, Otto Abetz, ambasciatore della Germania, Knothe Console della Germania, il Generale Boineburg-Lengsfeld, comandante della Grand-Paris [Il Generale Hans Boineburg-Lengsfeld, decorato comandante di unità corazzate, fu coinvolto nell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 come molti altri Ufficiali del comando di Parigi, ma per sua fortuna non fu scoperto evitando l’epurazione all’interno del corpo ufficiali tedesco seguente], oltre che una ventina di ufficiali superiori delle truppe d’occupazione e di funzionari dell’Ambasciata di Germania. I Sigg. de BRINON, BUSSIERE e BOUFFET [Fernand de Brinon, segretario di stato a Vichy e poi presidente del governo in esilio a Sigmaringen; Amédée Bussière, capo della Polizia di Parigi, e René Bouffet, prefetto del Dipartimento della Senna] che erano stati egualmente invitati hanno fatto sapere che assisteranno in altra occasione al nuovo spettacolo del “Moulin de la Galette”. Per quanto concerne l’informazione secondo la quale degli Ufficiali dello Stato Maggiore tedesco si riunissero in un locale dipendente da questo esercizio, sono stati raccolte le seguenti notizie: Il Moulin de la Galette si compone di una sala da ballo (ingresso al 77, Rue Lepic) di uno studio di danza (entrata Rue Girardon e 1 avenue Junot) e da un cabaret “Sur les toits de Paris” (entrata 81, Rue Lepic). Dal 1941 al 1943, una sala da cabaret situata a quest’ultimo indirizzo era riservata con il nome di “Bierpausen” ai membri dell’esercito d’occupazione che giungevano a visitare Montmartre e lì vi consumavano. L’arredo di questa sala rappresenta un grande atelier di pittura. Degli ufficiali tedeschi di tutti i gradi vi facevano frequenti visite e questo va e vieni ha presto attirato l’attenzione del vicinato. […] La direzione del “Moulin de la Galette” aveva parimenti fatto distribuire tra i membri dell’esercito occupante dei volantini redatti in francese e tedesco concernenti il cabaret “Sur les toits de Paris”, dei quali alleghiamo un esemplare. Secondo le notizie raccolte nel suo ambiente, CHAYROU avrebbe guadagnato cifre considerevoli con i tedeschi che erano la principale clientela. Per contro non è stato raccolta nessuna notizia per quel che concerne il mercato nero che si sarebbe operato e che è segnalato nella stessa informativa, oltre che sul soggetto delle due donne russe, che sono sconosciute al personale come al vicinato. Nono si è potuta identificare nessuna delle due. È da notare come, durante l’occupazione, un posto radio trasmittente, in collegamento con Londra, era operativo nel sottotetto del Moulin de la Galette, fatto che il Chayrou sembrasse ignorare. Quest’ultimo era stato in relazioni amichevoli con Destouches detto “Céline” del quale si parla in altra parte. In privato, Chayrou non è stato oggetto di alcuna osservazione particolare. Non ha mai attirato l’attenzione dal punto di vista politico. Non ha precedenti giudiziari. *** DESTOUCHES detto Céline, Louis Ferdinand, nato il 27 maggio 1894 a Courbevoie (Senna) di nazionalità francese, è sposato e padre di famiglia. Dall’aprile 1941, egli è domiciliato al 4, rue Girardon (18°) ma non è più stato visto a questo indirizzo dal giugno 1944. Si suppone che a quella data si sia recato a Sigmaringen (Germania) ma si ignora dove si trova attualmente [Céline e Lucette a quest’epoca erano a Copenhagen, ove erano giunti ad aprile del 1945. Céline fu arrestato a dicembre nello stesso anno, e rinchiuso in carcere in Danimarca per 14 mesi]. È stato vanamente ricercato nella circoscrizione della Questura. In precedenza, DESTOUCHES aveva abitato successivamente al 36, Rue d’Alsace a Clichy e al 98, Rue Lepic (18°). Dottore in medicina della facoltà di Parigi, la sua laurea è stata registrata il 17 ottobre 1927 alla Questura, ma non ha mai esercitato [Probabilmente si riferiscono alla professione medica ospedaliera strettamente intesa; come noto, Céline lavorò come medico sia presso la Società delle Nazioni (SdN) che in diversi ambulatori e dispensari]. DESTOUCHES è conosciuto negli ambienti letterari per aver scritto, con lo pseudonimo di Céline numerosi romanzi tra i quali “Viaggio al termine della notte”, “La Chiesa”, “Morte a credito”, “La scuola dei cadaveri”, per i quali ha ottenuto nel 1932 il premio Théophraste Renaudot. Durante l’occupazione, ha anche collaborato a numerosi giornali di tendenza collaborazionista, tra i quali “Le Pilori” nel 1945 e “Germinal” nel 1944. In un articolo apparso sul giornale “Le Cri du Peuple” del 31 marzo 1943, egli dichiarava: “Bisogna lavorare, militare con Doriot” [L’articolo citato era stato inizialmente pubblicato il 21 novembre 1941 su “L’émancipation nationale”. Tuttavia, Céline negò di esserne stato l’autore, come cercò di dissimulare le diverse altre lettere scritte sulla stampa collaborazionista francese tra il 1940 e il 1944, tra le quali proprio una lettera-appello a Jacques Doriot, creatore del Partito Popolare Francese, apparsa sui “Cahiers de l’émancipation nationale” del marzo 1942]. Destouches è noto agli Archivi dei Servizi di informazione della Polizia come membro del Comitato d’Onore del “Cercle Européen” [Un’ordinanza del 26 dicembre 1944 stabiliva che tutti i membri del “Cercle Européen”, “circolo francese di collaborazione economica e culturale europeo”, ritenuto collaborazionista, sarebbero stati colpiti dall’indegnità nazionale. Questo fu uno dei capi di accusa al processo a Céline del 1950; quest’ultimo contestò l’accusa confermando solo di essersi recato tre volte al “Cercle Européen” quale invitato, ma di non esser mai stato nel suo comitato d’onore, come invece millantato dal suo direttivo per questioni di prestigio], dove era stato inscritto sotto il 26 bis, e da dove era stato radiato il 15 maggio 1943. È anche noto agli Archivi della Polizia Giudiziaria, dove è depositato il fascicolo n° 222.258, concernente una querela depositata nel 1939 da un certo FROT residente in 11, bis Rue Jean Leclaire (17°) che accusa Céline di attentare al pubblico pudore per la pubblicazione del libro “La scuola dei cadaveri”. Questa faccenda non ha in ogni caso avuto un seguito legale. Al Casellario Giudiziario Destouches è annotato come segue: 200 Franchi (12° Camera) 21/6/39 – Diffamazione [Céline era stato querelato dal dottor Pierre Rouquès da lui definito come “ebreo comunista” in La scuola dei cadaveri. Rouquès, che era effettivamente un militante comunista, miliziano repubblicano in Spagna e resistente, divenne nel dopoguerra ministro della Sanità francese. Pubblicato nel 1938, il libro fu ritirato dal commercio dopo la legge Marchandeau contro l’antisemitismo nel 1939, e quindi ristampato nel 1941-1942. Un’altra querela contro Céline per lo stesso motivo era stata depositata dal giornalista Léon Treich, ma stavolta senza esito] Ad ogni buon fine, il suo nome è stato posto all’attenzione del servizio alloggiati della polizia. Grazie/Merci a Émeric Cian-Grangé per la segnalazione!
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Pina Bausch,
coreografa, ballerina, insegnante,
Solingen, 27 luglio 1940 – Wuppertal, 30 giugno 2009
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Milano, gli appuntamenti di Triennale Estate
Milano, gli appuntamenti di Triennale Estate. Molti appuntamenti per la Triennale Estate. Eccone un resoconto. 26 luglio - 18.00 Dalle lettere di Giuseppe Terragni a Luigi Zuccoli al QT8 Presentazione dei volumi, editi da Libria: Quindici anni di vita e di lavoro con l'amico e maestro Giuseppe Terragni e Il maestro, l'allievo, l'amico. Lettere di Giuseppe Terragni a Luigi Zuccoli 1940-1943. Intervengono durante l'incontro: Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, Nina Bassoli, curatrice di Triennale per architettura, rigenerazione urbana e città, Massimo Ferrari, associato di Composizione architettonica e urbana del Politecnico di Milano, Giovanni Menna, associato Storia dell'architettura dell'Università di Napoli, Mattia Savioni, ricercatore (QT8), Anna Lisa Rossi, Soprintendente della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, Claudia Tinazzi, docente di Progettazione architettonica al Politecnico di Milano, e Carlo Zuccoli. - 21.00 ULTRADIM | Moonbird Variations Nell'ambito di Triennale Estate, Triennale Milano presenta la terza edizione di ULTRADIM, un progetto di Davide Giannella, con Moonbird Variations, live audio visual performance che unisce cinema, video arte e opera con video di Rä di Martino e musiche di Mauro Remiddi. Protagonisti l'attrice e performer Silvia Calderoni nel ruolo di Moonbird e l'artista Manfredi Beninati nel ruolo di Amedeo. Al centro del percorso sonoro l'incontro con i personaggi avviene grazie a proiezioni video. La musica, che dà una forma neoclassica si trasforma in una nube elettronica (dove drum-machine, voci manipolate e strumenti acustici co-esisteranno), interagisce con le proiezioni. 27 luglio - 10.00 Triennale Radio Show Evento online Proseguono gli appuntamenti radiofonici in collaborazione con Radio Raheem. Host della trasmissione Damiano Gullì, curatore per arte contemporanea e Public Program di Triennale Milano. - 20.00 Concerto di Agnes Obel Concerto a pagamento, per maggiori informazioni: triennale.org Agnes Obel, elegante cantautrice, compositrice e pianista danese, finalmente in Italia per esibirsi nel Giardino di Triennale. Tra le più originali della musica contemporanea, l'artista indipendente è vincitrice di sei Danish Music Awards. - 21.00 Memorie future | Save the last dance for me - Alessandro Sciarroni Presso BiG Borgo intergenerazionale Greco Ingresso libero previa registrazione: triennale.org L'evento fa parte del progetto Memorie future, promosso da Triennale Milano Teatro, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Terzo Paesaggio e ABCittà nell'ambito del bando Milano è viva nei quartieri La polka chinata, ballo bolognese dei primi del Novecento e pressoché estinto, rivive in questo lavoro di Alessandro Sciarroni, Leone d'Oro alla Biennale di Venezia e artista associato di Triennale Milano Teatro. Danza di corteggiamento originariamente eseguita da soli uomini, la polka chinata è una pratica fisicamente impegnativa, quasi acrobatica, che prevede che i danzatori – abbracciati l'un l'altro – girino vorticosamente mentre si piegano sulle ginocchia quasi fino a terra. La performance magistrale dei due danzatori Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini è al contempo uno spettacolo seduttivo e un importante gesto di recupero di un patrimonio culturale condannato all'oblio. 28 luglio - 21.00 Memorie future | Save the last dance for me - Alessandro Sciarroni Presso Padiglione Chiaravalle Ingresso libero previa registrazione: triennale.org L'evento fa parte del progetto Memorie future, promosso da Triennale Milano Teatro, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Terzo Paesaggio e ABCittà nell'ambito del bando Milano è viva nei quartieri 31 luglio - 11.00 e 17.00 Detour Guide. Padiglione Paesi Bassi Visita guidata su prenotazione: [email protected] Ingresso: 5 euro oltre al costo del biglietto della 23ª Esposizione Internazionale Biglietti disponibili su: triennale.org Het Nieuwe Instituut porta nel padiglione olandese della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano i suoi Detour coinvolgendo direttamente dei creativi milanesi. Le Detour Guide sono visite guidate della durata di un'ora, una domenica al mese, in due diversi momenti della giornata. Il tour consiste nell'esplorazione del padiglione olandese per scoprirne la particolarità e la complessità. Verranno coinvolti nella visita altri padiglioni della 23ª Esposizione Internazionale e al termine, la guida proporrà laboratori sempre differenti. Il padiglione, dal titolo Ci siamo incontrati? Umani e non umani su un terreno comune, intende la Terra come uno spazio condiviso da piante, microbi, esseri umani e altri animali. L'idea che la Terra esista solo per il suo sfruttamento da parte dell'essere umano deve essere ripensata per affrontare le crisi ambientali. ... Read the full article
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Il 17 luglio veniva ucciso in combattimento nei cieli di Sicilia, uno dei maggiori assi della Luftwaffe nella seconda guerra mondiale, Wolf-Udo Ettel. Quel giorno quando venne abbattuto da un cannone contraereo Bofors da 40 mm nei pressi di Lentini, Wolf a soli soli 22 anni aveva all’attivo ben 124 abbattimenti complessivi.
Il protagonista del nostro post, nacque il 26 febbraio 1921 ad Amburgo, nella Repubblica di Weimar, figlio di un rappresentante della produzione di aerei Junkers e a causa del lavoro del padre trascorre l’infanzia fra Teheran e la Colombia. Dopo il divorzio dei genitori e il ritorno in Germania nel 1934, lui e i suoi due fratelli più piccoli frequentarono le scuole Napola (Nationalpolitische Erziehungsanstalt) collegio secondario fondato dal Nazismo per allevare una nuova generazione per la leadership politica, militare e amministrativa della nuova Germania.
Il 1° settembre 1939 le armate naziste invadono la Polonia dando inizio al più spaventoso conflitto della storia dell’umanità. Il 15 novembre dello stesso anno, Ettel si offrì volontario per il servizio militare nella Luftwaffe e dopo aver frequentato vari corsi di formazione, fra cui la Jagdfliegerschule (scuola di addestramento dei piloti di caccia) con sede a Parigi, in Francia. Nel settembre 1941 fu assegnato ad un Ergànzungs-Jagdgruppe (gruppo di caccia supplementare), un’unità di addestramento per piloti di caccia con sede in Danimarca.
Il 10 aprile 1942, il Leutnant Ettel viene assegnato a 4. Staffel (squadrone) di Jagdgeschwader 3 “Udet” del II. Gruppe (2 ° gruppo) basato a San Pietro Clarenza , in Sicilia, con il compito di partecipare insieme alle unità della Regia Aeronautica all’assedio di Malta dove tuttavia rimane per un brevissimo lasso di tempo prima di essere trasferito sul fronte orientale in un campo di aviazione a Chuguyev.
Il 24 giugno il II. Gruppe si trasferì a Shchigry, un campo d’aviazione circa 50 chilometri ad est di Kursk e quello stesso giorno Ettel ottenne le sue prime due vittorie abbattendo due aerei sovietici, per la precisione di trattava di due velicoli d’attacco terrestre Ilyushin Il-2 “Shturmovik”.
Lui stesso è stato abbattuto a circa 15 km (9,3 mi) a nord di Voronezh il 10 luglio mentre stava distruggendo un bombardiere Douglas Boston a bordo di un Soviet, il suo settimo reclamo in totale. Salpò dal suo danneggiato Messerschmitt Bf 109 F-4 “White 1” dietro le linee sovietiche, attraversò il fiume Don e tornò nella sua unità quattro giorni dopo.
Il 24 luglio 1942 ricevette la Croce di ferro di 2ª classe e la Croce di ferro di 1ª classe il 2 agosto. Il 9 di agosto, Ettel ottiene la sua ventesima vittoria aerea, la trentesima il 7 ottobre, e il 23 ottobre viene insignito del Front Flying Clasp in oro, la decorazione assegnata ai piloti della Luftwaffe dopo 60 missioni di guerra. In seguito alla perdita tedesca nella Battaglia di Stalingrado , il 4. Staffel viene trasferito sulla testa di ponte di Kuban.
Durante gli intensi mesi di operazioni, Ettel dichiarò 28 aerei sovietici abbattuti a marzo e altri 36 ad aprile, inclusi 5 abbattuti nello stesso giorno, l’11 aprile. Il 28 aprile 1943, Ettel ottenne la sua centesima vittoria aerea, era il 38esimo pilota della Luftwaffe a raggiungere il prestigioso traguardo. L’11 maggio, Ettel rivendica la sua 120esima vittoria, l’ultima sul fronte orientale, ma viene abbattuta dalla contraerea sovietica.
Ettel è costretto ad un atterraggio di fortuna con il suo Bf 109 G-4 nella terra di nessuno ma riesce a riguadagnare le proprie line nonostante la caccia serrata da parte di pattuglie sovietiche e più tardi a guidare una pattuglia della Werhmacht per distruggere importanti attrezzature rimaste a bordo del suo aereo.
Il 1° giugno a Berlino, Wolf viene insignito della Croce del Cavaliere della Croce di ferro (Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes) dal generale der Jagdflieger Adolf Galland. Promosso a Oberleutnant (primo luogotenente), Ettel viene nominato Staffelkapitän (comandnate di squadrone) di una nuova unità l’8. Staffel di Jagdgeschwader con sede a Tanagra, in Grecia, equipaggiato con i Messerschmitt Bf 109 delle serie G-4 e G-6.
A giugno, il Gruppo prende possesso e familiarizza con i nuovi aerei e a fine mese l’unità viene trasferita ad Argos nel Peloponneso, con il compito di pattugliare il Mar Egeo. Il 10 giugno 1943 due armate alleate sbarcano sulle coste siciliane e il gruppo caccia di Wolf viene trasferito a Brindisi nell’Italia meridionale il 14 luglio 1943, partecipando ai primi combattimenti a sostegno delle forze di terra tedesche a sud-est di Catania già il 15 luglio.
Nei corso dei combattimenti a nord dell’Etna, nella grande battaglia per il controllo del ponte di Primosole che vide rifulgere il valore del X arditi, Ettel ottenne la sua prima vittoria aerea nel Teatro Mediterraneo, abbattendo un caccia Supermarine Spitfire della RAF. Il giorno successivo, rivendicato un altro Spitfire abbattuto e due bombardieri Liberator statunitensi. In soli due giorni Ettel può aggiungere quattro aerei abbattuti al suo bottino personale e raggiungere quota 124 vittorie.
Quota 124 vittorie sarà il suo score finale, il 17 luglio 1943, il gruppo è nuovamente incaricato di svolgere missioni di supporto a terra contro le forze britanniche nelle vicinanze di Catania. Nelle vicinanze di Lentini, il Gruppo perse cinque aerei abbattuti dal micidiale fuoco contraereo britannico fra cui quello di Ettel che nell’azione muore a soli 22 anni,dopo che il suo Bf 109 G-6 si schianta a nord-est del Lago di Lentini.
Il 31 agosto 1943 Ettel ricevette la croce cavalleresca della croce di cavaliere con foglie di quercia (Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes mit Eichenlaub), era il 289° militare della Wehrmacht a ricevere la prestigiosa decorazione.
La Croce di Cavaliere della Croce di Ferro era conferita per eccezionali meriti di comando e/o di coraggio a militari di qualsiasi grado e si suddivide in cinque classi:
Croce di Cavaliere
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia , istituita il 3 giugno 1940
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia e Spade istituita il 21 giugno 1941
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia, Spade e Diamanti istituita il 15 luglio 1941
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia in Oro, Spade e Diamanti, istituita il 29 dicembre 1944.
In totale vennero distribuite 7.361 decorazioni della Croce di Cavaliere (43 delle quali a militari alleati del Terzo Reich), dei quali 890 ricevettero le Fronde di Quercia (8 stranieri), 159 le Fronde di Quercia e Spade (più una distribuzione onoraria all’ammiraglio giapponese Isoroku Yamamoto). Solo 27 uomini vennero decorati anche con i Diamanti, mentre Hans-Ulrich Rudel, pilota della Luftwaffe abbattuto trenta volte e con all’attivo circa 1.300 mezzi corazzati o blindati distrutti fu l’unico a ricevere la Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia in Oro, Spade e Diamanti.
Tornando al protagonista del nostro post odierno, Wolf-Udo Ettel fu sepolto nel cimitero tedesco di Motta Sant’Anastasia in una tomba non contrassegnata. Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
17 luglio 1943, nei cieli di Lentini muore uno dei maggiori assi della Luftwaffe Il 17 luglio veniva ucciso in combattimento nei cieli di Sicilia, uno dei maggiori assi della Luftwaffe nella seconda guerra mondiale, Wolf-Udo Ettel.
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Accadde oggi: 27 luglio 1940 debutta in TV Bugs Bunny
Accadde oggi: 27 luglio 1940 debutta in TV Bugs Bunny
«Che succede, amico?» è così che, in A wild hare (in italiano “lepre selvaggia”), il protagonista si rivolge con aria beffarda e con marcato accento newyorkese a Taddeo, piccolo cacciatore calvo e con il naso a patata, che le tenta tutte per farlo uscire dalla tana e catturarlo.
La sua preda è una lepre (anche se la traduzione letterale del nome è “coniglio pazzo”) bianca e grigia di nome Bugs…
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Le prime disposizioni authoritative che in qualche modo hanno interessato gli investigatori erano quelle che disciplinavano gli istituti di vigilanza privata, contenute nel regolamento approvato con R.D. 4 giugno 1914 n. 563. L'attività d'investigazione privata vera e propria venne più specificamente regolamentata a partire dal 1926 con una specifica regularizing
contenuta nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) approvato con Regio Decreto 6 novembre 1926 n. 1846. ed emanato con R.D. n. 773 del 18 giugno 1931 (trattata nello stesso decreto di cui al Titolo IV "degli Istituti di Vigilanza e delle Guardie Particolari Giurate") e al relativo R.D. del 6 maggio 1940 n. 635 (Regolamento per l'esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931, n. 773 delle Leggi di Pubblica Sicurezza).
La normativa poneva come requisito fondamentale il possesso di una apposita licenza rilasciata dal prefetto, non disciplinando però la figura.
Con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale italiano nel 1989 l'art. 222 delle disposizioni di attuazione introdusse in by means of provvisoria il requisito una specifica competenza professionale, in attesa dell'emanazione di una disciplina specifica della figura
] in merito il R.D. 635/1940 trattando, negli artt. 257 e seguenti, delle disposizioni relative al rilascio o alla revoca della licenza prefettizia, specificava, al comma 4 dell'art. 257 bis che "nulla è innovato relativamente all'autorizzazione prevista dall'art.
222 delle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale per lo svolgimento delle attività demonstrate nell'art. 327 bis del medesimo codice".
Il decreto del Ministero dell'interno 1º dicembre 2010 n. 269, entrato in vigore in information 16 marzo 2011, ha dettato una specifica disciplina sugli investigatori privati: tra le novità è stata introdotta la distinzione tra le figure di investigatore privato e informatore commerciale, con l'introduzione di relativi requisiti tecnici e formativi richiesti.
Diversi aspetti sono poi stati chiarificati dalla circolare del Ministero dell'Interno del 24 marzo 2011.
La figura dell'investigatore privato investigatore privato a roma è disciplinata sostanzialmente dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931 n. 773) e dal relativo regolamento di attuazione di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, in particolare gli artt. da 257 a 260 che fanno poi riferimento al R.D.l.vo 26 settembre 1935 n. 1952 ed il R.D.l.vo 12 novembre 1936 n. 2144.
Il regolamento del 1940 demanda inoltre promotion apposito regolamento, da emanare ai sensi di un decreto del Ministero dell'Interno, l'individuazione delle caratteristiche minime e degli altri requisiti richiesti.
Il d.lgs. 27 luglio 1989 n. 271 disponeva inoltre che, in assenza di specifica disciplina:
«Fino all'approvazione della nuova disciplina sugli investigatori privati, l'autorizzazione è rilasciata dal prefetto agli investigatori che abbiano maturato una specifica esperienza professionale che garantisca il corretto esercizio dell'attività.
In ottemperanza alle disposizioni del TULPS e del relativo regolamento è stato emanato apposito il decreto del Ministero dell'interno del 1º dicembre 2010 n. 269, che ha regolamentato gli istituti di cui sopra.
Il decreto ha provveduto alla riorganizzazione della disciplina relativa agli istituiti di investigazione privata e dei requisiti di questi ultimi. In particolare, la nuova regolamentazione stabilisce che la professione viene riclassificata nel seguente modo:
• investigatore privato titolare d'istituto;
• informatore commerciale titolare d'istituto;
• investigatore autorizzato dipendente;
• informatore autorizzato dipendente.
• Dalla superiore nuova classificazione si evincono due importanti novità:
• la separazione delle due figure (investigatore privato/informatore commerciale);
• la creazione di una nuova categoria di personale dipendente, che deve però essere in possesso di apposita licenza.
Relativamente al primo punto va segnalato che, come precisato in apposita circolare del Ministero dell'interno del 2011,[3] la netta distinzione tra l'attività di investigatore privato e informatore commerciale si sostanzia nel fatto che quest'ultima si caratterizza per la raccolta di dati relativi alle imprese, concreti I bilanci, I debitori protestati, I riferimenti anagrafici delle imprese e dell'aggregazioni dei dati raccolti, indispensabile agli imprenditori nelle decisioni agent.
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«Inizialmente solo per gli ebrei esistevano le camere a gas, unicamente per loro. In un secondo momento, nell’estate del 1944, purtroppo anche per gli zingari fu decretata la stessa “soluzione finale”. Li hanno mandati a morire nelle camere a gas. Ebrei e zingari morivano per gas» (Pietro Terracina, sopravvissuto ad Auschwitz)
Porrajmos: 500mila rom e sinti vittime del genocidio nazi-fascista
Il 27 gennaio si celebra in Italia la Giornata della Memoria – riconosciuta grazie alla Legge n.211 del 20 luglio 2000 – che ricorda lo sterminio del popolo ebraico, la Shoah, ma che dimentica di commemorare anche i 500mila rom e sinti vittime del genocidio nazi-fascista. Una storia segnata dalla persecuzione su base etnica che, in tempi e con modalità differenti, ha colpito le comunità rom e sinte in Italia nel ventennio fascista: il Porrajoms.
I quattro periodi del Porrajmos
Sono quattro i periodi del ��Porrajmos”, la violenta azione che in Italia ha inghiottito nel vortice dello sterminio centinaia di famiglia colpevoli solo di appartenere ad una “razza” giudicata senza speranza di conversione. Il primo periodo è inaugurato con la Circolare del Ministero degli Interni del 19 febbraio 1926 che dispone il respingimento delle carovane entrate nel territorio “anche se munite di regolare passaporto” e l’espulsione di quelle soggiornati di origine straniera. Il secondo periodo è racchiuso trail 1938 e il 1942 e risulta segnato da una pulizia etnica organizzata presso le frontiere. Il terzo periodo si inaugura con un Ordine emanato l’11 settembre 1940 dal Capo della Polizia Nazionale che ordina, per i rom di nazionalità italiana “certa o presunta” il rastrellamento “nel più breve tempo possibile” e il concentramento “sotto rigorosa vigilanza in località meglio adatte in ciascuna Provincia”. L’ultimo periodo, il quarto, parla il drammatico linguaggio della “soluzione finale” verso i campi di sterminio.
Da Largo 16 ottobre a piazza degli Zingari per abbracciare le due Memorie
All’interno della Settimana della Memoria, Associazione 21 luglio, con il patrocinio di Progetto Memoria – Associazione che si compone di sopravvissuti ai lager e testimoni diretti e indiretti -, organizza domenica 3 febbraio alle ore 11,00 una passeggiata urbana nel cuore di Roma per unire, in un unico abbraccio le Memorie delle due persecuzioni. La passeggiata avrà inizio alle ore 11,00 presso Largo 16 ottobre 1943 con la testimonianza del sopravvissuto Lello Dell’Ariccia. I partecipanti si sposteranno poi in una passeggiata libera verso Piazza degli Zingari dove lo strorico Luca Bravi, accompagnato da alcune testimonianze, racconterà la vicenda del Porrajmos in Italia.
L’evento si concluderà in piazza degli Zingari
L’evento, accompagnato da musica tzigana, dalle canzoni di Maurizio Di Veroli e dalle riflessioni della giornalista Annalisi Camilli e dell’antropologo Piero Vereni, si concluderà in Piazza degli Zingari alle ore 12,30 con un omaggio presso la targa che ricorda lo sterminio del popolo rom.Ogni singolo partecipante è invitato a portare un fiore da deporre in piazza degli Zingari.
Aderiscono all’inizitiva (in ordine di adesione): Associazione Progetto Memoria, Laboratorio di Pratiche Etnografiche dell’Università di Tor Vergata, A Buon Diritto, Arci Solidarietà, Associazione Radicali Roma, Gruppo EgaulMente, Partito Democratico, Partito Democratico di Roma. Per informazioni e adesioni: [email protected]
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A 107 anni ci lascia il generale dell’Aeronautica Oreste Genta. L’Aeronautica piange colui che ha scritto un importante pezzo di storia d’Italia
Il due novembre scorso il Generale dell’Aeronautica Militare Oreste Genta aveva compiuto 107 anni e oggi si è spento un grande uomo e un grande comandante che ha segnato con il suo coraggio e il suo servizio la storia dell’aviazione e dell’Aeronautica militare italiana. La Forza Armata ha sempre ricordato con orgoglio l’ufficiale pilota che nella sua carriera ha percorso la storia dell’Aeronautica Militare e che ancora nel 2016, con lucidità fuori dal comune, riusciva a percorrere i passaggi storici e decisivi dell’Arma Azzurra e dell’Italia, durante i periodi più bui della seconda guerra mondiale. https://www.youtube.com/watch?v=ThtKqZaIFKU Il Generale Oreste Genta nacque a Frasso Sabino, in provincia di Rieti, il 2 novembre del 1911. Nel 1931 entrò nella Regia Aeronautica come allievo presso la Regia Accademia Aeronautica di Caserta dove frequentò il Corso Leone. Venne promosso Sottotenente il 1 ottobre 1933, e conseguì il brevetto di pilota d’aeroplano il 3 giugno 1934 volando a bordo di un biplano da addestramento Breda Ba.25, ed in seguito quello di pilota militare il 19 febbraio 1935. Promosso Tenente pilota il 15 luglio 1935, conseguì il brevetto di Osservatore Marittimo il 5 gennaio 1936, prendendo servizio il 1 febbraio 1937 nell’Aviazione dell’Alto Tirreno volando su velivoli idrovolanti Savoia-Marchetti S.59. Dal febbraio 1937 si imbarcò sull’incrociatore leggero Armando Diaz volando a bordo dei ricognitori catapultabili IMAM Ro.43 Maggiolino. Il 16 giugno successivo passò sull’incrociatore pesante Trieste, per passare poi sul Duca degli Abruzzi e quindi sul Pola. Venne promosso Capitano in data 15 luglio 1938. Nell’aprile 1939 prese parte alle operazioni per l’occupazione dell’Albania e il 16 settembre dello stesso anno fu assegnato alla Scuola di Osservazione Marittima come comandante della 3ª Squadriglia dotata di idrovolanti Savoia-Marchetti S.62. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, nel mese di luglio assunse il comando della 141ª Squadriglia da Ricognizione Marittima Lontana, di base a Brindisi, ed equipaggiata con gli idrovolanti CANT Z.501 Gabbiano. Il 13 ottobre 1941 venne trasferito presso il Comando dell’Aviazione per la Marina in Libia, dove assunse il comando della 196ª Squadriglia R.L.M. di base a Bengasi. Il 18 aprile 1942, ai comandi di un idrovolante Z.501, mentre era di scorta ad un convoglio navale, aiutò a respingere un attacco portato da velivoli avversari, e per questo fu decorato con una prima Medaglia d’argento al valor militare. Nell’agosto 1942 prese servizio presso il Comando Aviazione per lo Jonio e Basso Adriatico come comandante della 142ª Squadriglia R.L.M., dotata sia dei CANT Z.501 che dei più potenti trimotori CANT Z.506 Alcione Promosso Maggiore il 20 ottobre successivo, a partire dal 26 aprile 1943 prese servizio presso lo Stato maggiore della Regia Aeronautica decentrato a Palestrina, Roma. Giudice presso il Tribunale militare di Taranto, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 rimase in servizio presso l’Italian Co-Belligerent Air Force, e il 27 settembre 1944 assunse il comando del 82º Gruppo Idrovolanti di stanza sull’idroporto Luigi Bologna di Taranto. Dopo la fine delle ostilità transitò in servizio nella neocostituita Aeronautica Militare, e passato alla Scuola addestramento idro venne promosso Tenente Colonnello il 1 dicembre 1948, imbarcandosi poi sulla nave da battaglia Caio Duilio come Ufficiale di collegamento. Dopo aver frequentato il Corso Superiore presso la Scuola di guerra aerea, nel 1951 venne destinato all’Istituto di Guerra Marittima come insegnante di Arte Militare Aerea. Promosso Colonnello il 1 febbraio 1952, dopo aver frequentato la Scuola di Volo Senza Visibilità di Latina assunse il Comando del Reparto Volo della 46ª Aerobrigata. Divenne Generale di Brigata Aerea il 12 marzo 1960, e il 15 settembre 1962 assume il comando della 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica, equipaggiata con i missili balistici a testata nucleare PGM-19 Jupiter, avente Quartier generale a Gioia del Colle. Lasciò il prestigioso incarico il 1 luglio 1963, in seguito alla decisione di chiudere la Grande Unità dopo la crisi dei missili di Cuba, per assumere il comando del Settore Aereo della Sardegna. Il 20 novembre 1965 è promosso Generale di Divisione Aerea, e il 31 dicembre 1968 Generale di Squadra Aerea, assumendo il comando della III Regione Aerea di Bari il 18 ottobre 1969. Lasciò il comando della Regione Aerea al Generale Emanuele Annoni il 1 febbraio 1972 e venne posto in posizione ausiliaria, per passare in congedo assoluto il 3 novembre 1984. Dopo la fine della sua carriera militare fu per quattro anni presidente dell’opera Nazionale Figli degli Aviatori (ONFA). Nel corso della sua lunga e brillante carriera è stato insignito con una serie di importanti e prestigiose onorificenze. Medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione “Comandante di una Squadriglia, primo pilota a bordo di un apparecchio da R.M. in missione di scorta a.s. ad un nostro importante convoglio, attaccato da tre apparecchi nemici accettava e sosteneva eroicamente l’impari lotta. Ferito insisteva nel combattimento e per tre volte riportava il suo apparecchio contro il nemico che intanto aveva colpito altri due membri dell’equipaggio e gravemente danneggiato i cavi di comando. Deciso a proteggere dal bombardamento il prezioso convoglio aveva finalmente ragione della superiorità numerica avversaria mettendo in fuga gli assalitori. Cielo del Mediterraneo centrale, 28 aprile 1942”. Medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Comandante di Squadriglia da Ricognizione Marittima, partecipava a numerose missioni di volo di scorta a.s. e di esplorazione su zone di mare particolarmente soggette all’insidia aerea e navale nemica, prodigandosi al buon esito delle missioni. Dava prova di senso del dovere e di sprezzo del pericolo. Cielo del Mediterraneo e dell’Africa Settentrionale Italiana, luglio 1940 – XVIII – giugno 1942 – XX”. Medaglia di bronzo al valor militare con la seguente motivazione: “Comandante di Squadriglia da ricognizione marittima, partecipava a numerose missioni di guerra. Capo Equipaggio nel corso di una missione di scorta ad un nostro convoglio, veniva attaccato da numerosi apparecchi nemici. Con l’apparecchio colpito in varie parti, riusciva a disimpegnarsi e concalma esemplare, si portava nuovamente sulla zona delle ricerche dando le relative segnalazioni sui naufraghi di un piroscafo colpito. Esempio di attaccamento al dovere e di elevate virtù militari. Cielo dello Jonio, 30 agosto 1942- 2 maggio 1943”. Croce di guerra al valor militare “Cielo dello Jonio, 30 agosto 1942- 2 maggio 1943”. Croce al merito di guerra Medaglia commemorativa della Campagna di Spagna (1936-1939) Medaglia commemorativa della spadella spedizione in Albania Medaglia commemorativa del periodo bellico 1940-1943 Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana (27 dicembre 1969) Medaglia Mauriziana al merito di 10 lustri di carriera militare Croce d’oro per anzianità di servizio Read the full article
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Le origini
La mitologia vuole che una falce caduta dalle mani di Cerere oppure di Saturno, quest’ultimo il tradizionale dio patrono della città, si mutò in una lingua di terra arcuata sulla quale sorse poi la città, per tale forma detta appunto Drepanon (“falce” in greco antico).
Nell’Eneide, Virgilio racconta che il padre di Enea, Anchise morì a Drepanum e, dopo la fuga da Didone, l’eroe troiano vi ritornò per celebrarvi dei giochi, i ludi novendiali.
Gli Elimi, un popolo stanziato in Sicilia occidentale in epoca protostorica e di cui Eryx (Erice) era uno dei centri principali, furono probabilmente i fondatori del primo nucleo abitativo di Trapani. Il piccolo villaggio di Trapani doveva sorgere su un’isola divisa dall’entroterra paludoso mediante un canale navigabile ed avere il ruolo di porto commerciale di Erice. Trapani divenne presto una città-emporio grazie alla sua felice posizione geografica.
L’influenza cartaginese
Tra IX e VIII secolo a.C. si affermò a Trapani l’influenza punica. Durante le guerre contro i Greci e Siracusa dei secoli successivi, Trapani si fortificò e si mantenne saldamente alleata alla città di Cartagine. Nel 260 a.C. Amilcare giunto in Sicilia, ne rafforzò la cinta muraria, fece costruire il Castello di Terra, la Torre Pali e la Torre Peliade o Colombaia, e vi trasferì parte degli abitanti di Erice. Il generale Aderbale, che vi aveva insediato il comando generale delle forze cartaginesi, sconfisse i Romani nella battaglia di Trapani. Drepano (Trapani), insieme a Lilibeo, fu una delle ultime roccaforti cartaginesi in Sicilia.
Dai Romani alla dominazione spagnola
L’importante posizione strategica fu utilizzata durante la Prima guerra punica quando i Cartaginesi sconfissero la flotta romana nella Battaglia di Trapani del 249 a.C. Ma alcuni anni dopo, nel 241 a.C., Gaio Lutazio Catulo sbaragliò la flotta cartaginese nella battaglia delle Isole Egadi che pose fine alla guerra. I Romani così conquistarono la città, latinizzandone il nome in Drepanum.
I Romani trattarono le città siciliane a seconda della loro condotta durante la guerra punica. Drepanum rientrò fra le 26 città censorie (civitates censoriae) ovvero fra quelle più pertinaci nella resistenza contro i Romani. Osteggiata dai Romani, che non le perdonarono la fedeltà a Cartagine, Trapani entrò in un periodo di decadenza e si spopolò.
Dopo i Romani, dominarono la città i Vandali, poi i Bizantini, ma fu nel IX secolo d.C. con gli Arabi (che la chiamarono Itràbinis, Taràbanis, Tràpanesch), e poi con i Normanni che la conquistarono nel 1077 guidati da Ruggero II, che la città raggiunse un fervido sviluppo, florida nei commerci e nelle attività culturali, e il porto ebbe grande fermento anche grazie alle crociate. Il porto di Trapani durante il Medioevo fu uno dei più importanti del Mediterraneo: tutte le più potenti città marinare (Genova, Pisa, Venezia, Amalfi) avevano un consolato nel porto trapanese e, specialmente con le prime due, Trapani aveva l’accordo per fungere da scalo verso i loro possedimenti nell’Africa settentrionale.
Dopo un breve periodo sotto gli Angioini, Trapani partecipò attivamente alla sollevazione dei Vespri siciliani guidati da Palmiero Abate, e passò nel 1282 agli Aragonesi. Durante il XIV e il XV secolo la città si ingrandì e divenne il centro economicamente e politicamente più importante della Sicilia occidentale. Nel 1443, da semplice Terra diventava Civitas. Nel 1478, Ferdinando il Cattolico concesse alla città il titolo di Invittissima al riguardo «delle gloriose resistenze fatte sempre ai nemici del regno».
Il 20 agosto 1535 Carlo V, arrivò a Trapani dopo aver sconfitto la flotta turca. La città si era ormai talmente affermata nello scacchiere geopolitico dell’epoca da meritare dallo stesso Carlo V l’appellativo di “Chiave del Regno”. Durante la sua permanenza a Trapani, Carlo V giurò di mantenere i privilegi della città, compreso quello con cui il Senato poteva conferire lauree in medicina, fisica, teologia, matematica, belle arti e giurisprudenza.
Nel XVII secolo Trapani conobbe un periodo di decadenza soprattutto a causa delle insurrezioni dovute a carestie, come nel 1647 e nel 1670-1673, e della pestilenza nel 1624. Il XVIII secolo vide aumentare sensibilmente la popolazione trapanese che passò da circa 16.000 a 25.000 abitanti.
Dai Borboni al fascismo
Dopo le brevi parentesi sabauda (1713) e austriaca (1720), dalla seconda metà del Settecento inizia il Regno borbonico con il Regno delle due Sicilie (1738), che continuerà fino al 1860. I Borboni procedettero alla bonifica di alcune aree della città e al suo sviluppo urbanistico. In questo periodo i trapanesi si dedicano al commercio e all’industria del sale e alle tonnare. Trapani partecipò attivamente ai moti del 1848-1849, sanguinosamente repressi. Nel 1861 Trapani si pronunciò con il plebiscito per il Regno d’Italia.
Dopo la Prima guerra mondiale (durante la quale Trapani ebbe circa 700 caduti), la città visse un periodo di sviluppo: le industrie legate alle saline, alle tonnare, al vino, all’olio fecero di Trapani una città particolarmente dinamica non solo dal punto di vista economico ma anche culturale. Nel 1924 Mussolini, dopo una visita in città, decise di inviare a Trapani il prefetto Cesare Mori che, dopo poco più di un anno, fu trasferito a Palermo con poteri straordinari per la repressione del fenomeno mafioso. La Seconda guerra mondiale vide Trapani impegnata come porto e base sommergibilistica di primaria importanza e, con i locali aeroporti di Milo e di Chinisia, divenne punto di collegamento dei rifornimenti per le truppe dell’Asse in Nord Africa. Fu bombardata dai francesi il 22 giugno 1940, dalla RAF il 10 novembre 1941 e il 31 maggio 1942, e subì 27 bombardamenti degli angloamericani da gennaio a luglio 1943, con la conseguente distruzione dell’intero quartiere storico di San Pietro. Le incursioni aeree che devastarono la città la collocarono al nono posto dei capoluoghi di provincia italiani bombardati. Il 22 luglio 1943 le truppe alleate di Patton giunsero nella piazza di Trapani trovando una città stremata.
Età contemporanea
Nel referendum del 1946 la Provincia di Trapani si schierò, unica in Sicilia, in maggioranza per la Repubblica. Il capoluogo, al contrario, espresse un voto monarchico. Tra il 1950 e il 1965 vi fu una lenta ripresa delle attività industriali e commerciali, ma la città non si risollevò mai del tutto dalla crisi dell’immediato dopoguerra ripiegando anonimamente nel terziario e nelle attività connesse al suo ruolo politico e amministrativo di capoluogo di provincia. Il terremoto della Valle del Belice del gennaio del 1968 provocò morte e dolore anche nella città di Trapani. Altri lutti con l’alluvione del 1965 e con quella del 5 novembre 1976 che provocò 16 morti.
Con gli anni novanta la città si è proposta con più convinzione rispetto al passato come meta di interesse turistico, storico, culturale e sportivo attraverso piani di riqualificazione del centro storico, la realizzazione di nuove infrastrutture urbane, l’incremento di attività ricettive, di ristorazione e di intrattenimento, e con una più spiccata attenzione alla valorizzazione del suo ingente patrimonio storico, architettonico e naturalistico.
Negli ultimi anni la città ha assunto anche una rilevanza internazionale con eventi di indubbia importanza sia culturale, come le mostre su Caravaggio, Leonardo Da Vinci e del Crocifisso Ritrovato di Michelangelo, sia sportivo con alcune delle fasi della America’s Cup.
Trapani…3000 anni di storia e cultura Le origini La mitologia vuole che una falce caduta dalle mani di Cerere oppure di Saturno, quest’ultimo il tradizionale dio patrono della città, si mutò in una lingua di terra arcuata sulla quale sorse poi la città, per tale forma detta appunto Drepanon (“falce” in greco antico).
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