#è un nome ridicolo
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situazionespinoza · 8 months ago
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Trovo di un ridicolo al limite del comico che i provvedimenti legali del Congresso USA per la tutela dei propri cittadini siano rivolti verso un'azienda cinese che si chiama ByteDance.
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vintagebiker43 · 4 days ago
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Un professore di Lettere e Filosofia del liceo Tasso, Giancarlo Burghi, ha scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione Valditara che è un autentico manifesto PARTIGIANO di difesa altissima della cultura e della Costituzione.
È lunga, ma merita davvero di essere letta tutta, condivisa, applicata. Fino in fondo.
“Egregio ministro,
Le scrivo di nuovo dalla desolazione della “trincea”: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica. L’educazione civica, secondo lei deve «incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata». In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di “educazione alla proprietà ”.
Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet). Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale". Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che «la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)».
Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine “individuo” semplicemente non compare. (…) Mi consenta di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con “i sacri confini nazionali” da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero «che non ha garantite le libertà democratiche».
I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione. Cosi come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i “gruppi di azione proletaria” come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i “gruppi di azione patriottica (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una «dimora di libertà e uguaglianza» aperta a tutti: «Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: «I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’ Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, per illuminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Il titolo del concorso: «1945: la guerra è finita!» Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la «liberazione dal nazifascismo» ora diventa un momento della «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo».
Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: «Il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati !] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni». E tutto per andare «al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti», opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti. Si tratta dunque, secondo lei, di ricordare una guerra tra tante, quasi un ineluttabile evento naturale in cui tutti sono cattivi (i liberatori, gli aguzzini e i partigiani) e dunque tutti ugualmente assolti nel tribunale della neostoria. Del resto, Ministro, devo darle atto di una certa garbata compostezza sulla memoria del 25 aprile. La sua sottosegretaria (la nostra sottosegretaria all’Istruzione) Paola Frassinetti la Festa della Liberazione l’ha festeggiata al campo 10 del Cimitero maggiore di Milano per onorare i volontari italiani delle SS. È immortalata in un video in mezzo a un drappello di camerati che sfidano, tra insulti e minacce, alcuni manifestanti antifascisti. Frassinetti si lascia andare alla rabbia ed esclama “ma vai aff…”.
Sempre a proposito di Linee guida per l’educazione civica… Da sottosegretaria del suo Ministero Paola Frassinetti, il 28 ottobre del 2024, anniversario della marcia su Roma, ha celebrato il “fascismo immenso e rosso”. Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è “passato al nemico” (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili “linee guida” da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli. Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.”
P. S. Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in educazione civica.
Con cordialità, prof. Giancarlo Burghi.
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et3rnauta · 5 months ago
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… Strano che non vi faccia ridere questa cosa che si mettono assieme i patrioti di paesi diversi. La cosa è sottilmente paradossale ma con un po’ di logica si può svelarne la stronzata recondita. Il concetto di patria, che è precedente a quello di nazione e deriva il suo nome da padre, con la creazione dello strano ossimoro madre-patria; si fonda sull’idea di sostenere una patria, di difenderla coi denti, di considerarla migliore degli altri e, sicuramente, di fottersene assai del destino delle altre nazioni; sprofondassero pure, se si tratta di difendere la propria patria. Un patriota italiano non ha alcun interesse a che il patriota francese persegua i propri interessi, perché al patriota italiano interessa solo dell’Italia. Se c’è un incidente aereo, il patriota italiano è sollevato se fra le 300 vittime non c’è neanche un italiano. Al patriota italiano, che ci siano paesi in cui la gente muore di fame o se la passa male, fa anzi un sottile piacerino, perché pensa a quanto è fortunato a essere italiano. Diremo di più: al patriota italiano non gliene frega niente nemmeno se un abitante del suo stesso suolo che non ha la patente di italiano se la passa male. Perciò è abbastanza ridicolo che i patrioti facciano il tifo per patrioti di altri paesi, perché il patriottismo si basa proprio sull’idea di fottersene degli altri paesi. Ci sono le associazioni di single che fanno delle feste, ma lo fanno per non essere più single! Mentre il patriota vuole rimanere patriota, cioè vuole continuare a fottersene delle sorti degli altri paesi. In pratica, gruppi eterogenei di patrioti al massimo possono dire: ognuno faccia il patriota a casa sua! Ma se andiamo a vedere cosa fa la gente coi soldi, soprattutto con quelli pubblici, possiamo concludere che più sono patrioti più fanno affari all’estero. Misteri del patriottismo!
N. Balasso
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mucillo · 7 months ago
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Domani 14 giugno
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il 14 giugno 1928, nasceva Ernesto Guevara, il rivoluzionario di origine argentina più noto come Che Guevara o el Che. Fu un rivoluzionario, un guerrigliero, uno scrittore e medico che fece la storia della rivoluzione cubana. La sua vita fu intensamente dedicata all’impegno politico e alla lotta.
Personaggio controverso, molto criticato ma ancor di più amato in tutto il mondo; medico e guerrigliero, dedicò la sua vita alla causa rivoluzionaria in un momento storico fra i più interessanti e ambigui di tutti: la guerra fredda. Ernesto Guevara de la Serna, nome che per molti rappresenta un’icona. Jean-Paul Sartre disse di lui dopo la morte in Bolivia: “Non era solo un intellettuale, ma era l’essere umano più completo della nostra epoca”
Le sue parole appassionate, la determinazione e la fede nella rivoluzione, ci lasciano un messaggio importante: quello di non arrendersi mai, di combattere sempre per salvare ciò in cui crediamo.
Qui di seguito alcune sue frasi che condivido appieno.
L’unico modo di conoscere veramente i problemi è accostarsi a chi vive questi problemi, e trarre, da loro, da questo scambio, le conclusioni.
La mia casa ambulante avrà ancora due gambe e i miei sogni non avranno frontiere.
Un popolo che non sa né leggere né scrivere, è un popolo facile da ingannare.
Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi
Lasciami dire, a rischio di sembrare ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d’amore.
Dicono che noi rivoluzionari siamo romantici. Sì, è vero, ma lo siamo in modo diverso, siamo di quelli disposti a dare la vita per quello in cui crediamo.
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vividiste · 11 months ago
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Oggi è il primo febbraio. In Spagna chiude la caccia e per migliaia di levrieri la vita finisce, miseramente così come era inziata. Le atrocità a cui sono sottoposti per la loro breve vita e infine per la loro morte, sono inaccettabili e tuttavia la cultura spagnola ancora le sostiene. È la tradizione.
In loro onore riportiamo un magnifico e toccante testo di Rafael Narbona, perché sappiate, perché rifiutate, perché combattiate.
Los Galgos Ahorcados - I levrieri impiccati
La Spagna è il paese dei levrieri impiccati.
La Spagna è il paese che non apprezza la tenerezza inconcepibile
di un animale che si intreccia con l'aria, disegnando acrobazie impossibili.
La Spagna è il paese degli alberi con i rami assassini,
dove una corda infame spezza una vita leggera come schiuma.
La Spagna è una terra sterile che seppellisce la poesia nel suo grembo morto.
I levrieri sono poeti in agguato nel vento, levigano gli spigoli in silenzio,
scivolando via come un filo d'acqua dal fondo di un fosso.
I levrieri sono poeti che si stagliano alla luna, componendo sagome senza eguali.
I levrieri accavallano le parole, ci saltano sopra, evitano gli accenti, così arroganti e inflessibili.
L'accento è un signore ridicolo che si infila nelle parole come una spina.
I levrieri turbano la sua routine, gettandola al vento, giocandoci finché si stufano.
Così riceve lezioni di umiltà e accetta la sua dolorosa insignificanza.
Le impronte dei levrieri non lasciano traccia. Sono veloci, alati, quasi eterei.
Non influenzati dalla gravità nè dalla durezza della pietra.
I levrieri accelerano la rotazione della terra, quando la follia si impadronisce di loro.
Lo sguardo riesce a malapena a seguire il loro galoppo vertiginoso,
ma grazie alle loro corse percepiamo la musica celeste.
I levrieri prendono in giro l'ortografia tendendo o piegando le orecchie.
Le orecchie di un levriero possono trasformarsi in una X, Y o LL.
Sforzandosi un poco sono in grado di delineare la Ñ o il numero Phi,
il numero aureo in cui è nascosto Dio,
giocando con una serie infinita che lascia con un palmo di naso gli insegnanti.
Gli insegnanti della scuola non capiscono Dio, nè i levrieri.
Dio è un bambino che utilizza i puntini di sospensione per attraversare i fiumi.
Li genera uno ad uno e salta in avanti. Quelli che avanzano, se li tiene in tasca.
I levrieri non sono mai separati da Dio,
perché sanno bene che hanno bisogno di non perdersi sulla strada,
dove si nasconde l'uomo con il forcone in mano.
Ci è stato detto che Dio è un vecchio con la barba bianca e la pelle rugosa,
ma Dio è un bambino malato
che calma il suo dolore accarezzando la testa ossuta di un levriero.
I levrieri vigilano sul mondo, mentre Dio riposa.
Ogni volta che viene commessa una malvagità, lanciano un grido e Dio si sveglia,
ma Dio non può fare nulla,
perché nessuno presta attenzione ad un bambino
che in punta di piedi non raggiunge lo spioncino della porta.
Gli uomini che impiccano i galgos hanno perso la loro anima molto tempo fa.
In realtà, la loro anima è fuggita inorridita quando ha scoperto le loro mani insanguinate.
Gli uomini che impiccano i levrieri nascondono gli occhi dietro gli occhiali scuri,
perché gli occhi li tradiscono.
Basta guardarli per capire che dietro non c'è nulla.
Gli uomini che impiccano i levrieri sono gli stessi che fucilarono García Lorca.
Non gli è importato sradicare dal nostro suolo un poeta
che dormiva tra camelie bianche e piangeva lacrime d'acqua.
Non gli è importato seppellirlo in una tomba senza nome,
con gli occhi aperti e uno sguardo di orrore sul viso.
Gli uomini che impiccano i levrieri parlano a malapena. Non amano le parole.
A loro non piace giustificare le proprie azioni ed esprimere le proprie emozioni.
Lasciano una scia di dolore e paura.
Ridono dei poeti che passano notti insonni
cercando di trovare un verso alla fine di un sonetto.
Ridono degli sciocchi che vogliono un futuro senza bombe o rovine nere.
Ridono delle promesse fatte ai bambini,
delle rassicurazioni sull'eternità che placa la morte e ci impedisce di cadere nell'oblio.
Ogni volta che muore un levriero, un bambino rimane orfano.
I levrieri prestano la luce dei propri occhi ai bambini malati.
Li accompagnano nelle notti di febbre piene di incubi.
Li svegliano dolcemente, parlandogli all'orecchio del giorno che arriva,
con la sua freschezza e la luce rosata dell'alba.
Gli parlano della primavera e dello sbocciare dei fiori.
Parlano delle mattinate torride d'estate, quando il mare è calmo
e il sole sembra una pietra gialla che non smetterà mai di brillare.
Gli dicono che l'inverno si è nascosto dietro un cespuglio e si è addormentato.
I bambini malati sono i bambini che il giovane Rabì scelse
per mostrare al mondo la bellezza nella sua forma più pura.
Il giovane Rabì si presentò di fronte al potere delle tenebre
con un ragazzo paralizzato ed un levriero affamato,
senza ignorare che la compassione è uno strano fiore.
Un fiore che cresce solo su pendii ripidi e in profonde solitudini,
dove le preghiere fremono di paura al pensiero di risuonare in una cantina vuota.
Certe mattine mi alzo presto ed i cani sono già sulla spianata che chiamano piazza,
con la sua triste chiesa dalla facciata imbiancata a calce, e un albero dal tronco nodoso.
Raggruppati per lunghe catene, tutti sono giovani e non sanno cosa li aspetta.
Non sanno che quel giorno diversi di loro resteranno sul campo,
sopraffatti dalla crudeltà umana.
Potrei avvertirli,
ma gli uomini che preparano la loro morte vanno in giro con fucili da caccia e lunghe corde,
ed i loro occhi sembrano braci ardenti di un odio antico.
Gli occhi dei galgos svolazzano come colorate farfalle.
Blu, marrone, viola, forse un debole bagliore d'oro.
Alcuni sono seduti, altri sdraiati, assopiti. Alcuni sono in piedi, altri scomposti.
Alcuni sono così sottili che sembrano quasi levitare.
Alcuni sembrano d'argilla, altri d'argento, altri sono bianchi come l'alba.
Come l'alba che avanza nella piazza e li fa sembrare in movimento.
Si sentono le catene, le grida, le risa.
Via tutti insieme, aggiogati a un destino ingiusto.
Mi sento come Don Chisciotte alla vista dei galeotti,
condannati a spingere un enorme corazzata con un remo:
"Perché fare schiavi coloro che Dio e la natura hanno creato liberi?"
Mi sono seduto su una panchina di pietra e li ho guardati andarsene.
Un levriero bianco, dall'andatura rassegnata, si voltò e mi guardò con umanità,
con gli occhi stanchi e vagamente speranzosi.
Sapevamo entrambi che le nostre vite sono una scintilla,
un momento di chiarezza in un buio infinito,
ma ci siamo sforzati di pensare che ci saremmo rincontrati sotto un altro cielo,
vagando per una sconfinata pianura,
distanti da quel mattino omicida che si sarebbe preso le vite dei più goffi
e di quelli rimasti indietro.
Ci rincontreremo in una mattina di pienezza e splendore, senza tristezza o negligenza,
una mattinata perfetta, libera da paure e lavoro.
Guarderemo indietro, come due vecchi amici che hanno scoperto la gioia di essere altrove.
I suoi occhi nei miei occhi, i suoi sogni nei miei sogni e i nostri battiti all'unisono nel vento.
RAFAEL NARBONA😪
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Quanta inutile cattiveria 😡
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multiverseofseries · 2 months ago
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Venom: un cinecomic fuori tempo massimo
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Venom: il film con Tom Hardy sembra provenire da un altro decennio; un'occasione sprecata per un personaggio Marvel che avrebbe meritato di più.
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Venom: una scena del film
Ed è un peccato. Perché l'idea di creare un nuovo franchise parallelo a quello di Spider-Man e tutto dedicato ad un "supereroe" così atipico poteva essere un'idea affascinante, soprattutto una volta individuato come protagonista una superstar del calibro di Tom Hardy. Ma al film di Ruben Fleischer manca davvero tutto: in Venom non ci sono sequenze d'azione degne di questo nome, manca completamente il tono epico che spesso accompagna questo genere cinematografico e non vi è traccia di sorprese o colpi di scena nella trama. State pur certi che nel giro di pochi minuti vi sarete fatti un'idea fin troppo precisa di tutta la storia di Eddie Brock, dettagli inclusi. E che non ci sarà nulla in grado di sorprendervi nei 90 minuti successivi. Se non, appunto, la breve durata della pellicola, che arriva a 112 minuti soltanto grazie a dei titoli di coda e due scene post credits particolarmente lunghe. Molto altro del girato del film è rimasto in sala montaggio e, a detta dello stesso Hardy, lo stesso vale per le scene migliori di tutto il film. Visto il risultato finale, non facciamo fatica a credergli.
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Venom: Tom Hardy e Michelle Williams in un momento del film
Trama prevedibile, cast sprecato, regia svogliata: ma è davvero un cinecomic del 2018?
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Venom: Michelle Williams in una scena del film
Possibile davvero che questo Venom risulti così datato e sbagliato a causa dei troppi tagli? O si tratta di un film già sbagliato in partenza? La domanda è legittima perché altrimenti nel cast di Venom davvero non si riuscirebbe a spiegare la presenza di un'altra star quale Michelle Williams, a cui spetta un personaggio femminile talmente imbarazzante. Almeno Tom Hardy si diverte nel destreggiarsi in un ruolo che è fondamentalmente comico, in alcuni momenti quasi al limite dello slapstick, ma comunque molto lontano da quello che oggi, fortunatamente, il sottogenere dei cinecomic è in grado di offrire. Dimentichiamoci pure il senso del tragico dei moderni supereroi filmici, mettiamo da parte la spavalderia sexy ed istrionica dei vari Iron Man o Doctor Strange, e godiamoci invece un attore che smette i soliti panni del duro per accogliere quelli un po' goffi e per nulla eroici di Eddie Brock. O almeno godiamoci per modo di dire, visto che il (pessimo) doppiaggio/adattamento italiano del film infierisce anche sull'unico elemento che sarebbe potuto essere positivo.
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Venom: Tom Hardy affronta gli avversari in un scena
Ma anche Tom Hardy al suo meglio non può comunque salvare questo Venom. Perché non può nulla davanti al problema degli ironici dialoghi tra il protagonista e il simbionte alieno che troppo spesso finiscono con l'essere al limite del ridicolo. Si sorride ogni tanto, certo, ma è il tono dell'intero film ad essere sbagliato. Così come sbagliata è la scelta di rendere per tutti un film che la natura stessa del personaggio avrebbe avuto bisogno di un maggiore coraggio e di un po' di sangue in più. Per non parlare poi delle motivazioni dell'antagonista umano e della pessima, e terribilmente datata, scelta di inserire un nemico che è semplicemente una versione più cattiva e grossa del "supereroe" in questione. Si trattava di una scelta errata anche nei migliori film del Marvel Cinematic Universe, figuriamoci in un film come questo dove anche solo la CGI non è assolutamente all'altezza delle produzioni più blasonate.
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Venom: Tom Hardy e Riz Ahmed in una scena del film
Il problema più serio di Venom rimane però la poca personalità dietro la macchina da presa e la carenza di un qualsivoglia senso nella sceneggiatura: si tratta di una nuova origin story, certo, ma a quale scopo? Cosa dovrebbe rappresentare il personaggio di Venom così come l'abbiamo visto nel vasto e difficile panorama dei cinecomic attuale? Quale sarebbe la ventata di novità che porta? Perché, anche senza andare a scomodare gli altri film della Marvel/Disney chiaramente di tutt'altro livello anche produttivo, come può questo film pensare di poter competere con prodotti quali Deadpool o Logan? In Venom non c'è nulla del coraggio, dell'irriverenza o anche solo dell'epica che la Fox è riuscita, a fatica e dopo lungo tempo, ad estrapolare dai personaggi Marvel, ma solo la volontà di sfruttare un nome che, da solo, può portare in sala i fan del fumetto e di una star del cinema. Eppure, i precedenti Spider-Man insegnano, ormai tutto questo non basta. Alla fine della nostra recensione ci sentiamo di scrivere che Venom è un film nato male e realizzato anche peggio: probabile che ce ne dimenticheremo tutti presto, oppure, nella "migliore" delle ipotesi, finiremo con il deriderlo e richiamarlo alla memoria tra i peggiori cinecomic di sempre o come esempio di ciò che non dovrebbe mai essere un film di supereroi. Vecchio.
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schizografia · 1 year ago
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Ore sei e trenta. Dormo poco, non più di sei ore per notte e, appena mi sveglio, dedico cinque, dieci minuti a quella rara occupazione che va sotto il nome di pensiero. A che cosa penso? A dirlo così può persino parere ridicolo: alla fine del mondo. Non so quando e in che modo è cominciata quest'abitudine; forse non tanto tempo fa, in seguito alla lettura di un libro che per caso ho trovato sulla scrivania di mio padre che è professore di fisica all'università, un libro tra i tanti sulla guerra nucleare. Oppure sarà stato un altro motivo venuto da chissà dove e poi scomparso dalla mia memoria, come scompare il seme una volta che la pianta è cresciuta. D'altra parte è improprio dire che penso alla guerra “nucleare. Semmai penso all'impossibilità di pensarci. Ma è fuori dubbio che in quei cinque, dieci minuti dopo il risveglio non penso ad altro.
Alberto Moravia, L'uomo che guarda
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fridagentileschi · 11 months ago
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I dieci danni che ci lasciò il '68
Mezzo secolo fa l'arroganza del (presunto) contropotere generò la dittatura chiamata "politicamente corretto"
Sono passati cinquant'anni dal '68 ma gli effetti di quella nube tossica così mitizzata si vedono ancora. Li riassumo in dieci eredità che sono poi il referto del nostro oggi.
SFASCISTA Per cominciare, il '68 lasciò una formidabile carica distruttiva: l'ebbrezza di demolire o cupio dissolvi, il pensiero negativo, il desiderio di decostruire, il Gran Rifiuto.
Basta, No, fuori, via, anti, rabbia, contro, furono le parole chiave, esclamative dell'epoca. Il potere destituente. Non a caso si chiamò Contestazione globale perché fu la globalizzazione destruens, l'affermazione di sé tramite la negazione del contesto, del sistema, delle istituzioni, dell'arte e della storia. Lo sfascismo diventò poi il nuovo collante sociale in forma di protesta, imprecazione, invettiva, e infine di antipolitica. Viviamo tra le macerie dello sfascismo.
PARRICIDA La rivolta del '68 ebbe un Nemico Assoluto, il Padre. Inteso come pater familias, come patriarcato, come patria, come Santo Padre, come Padrone, come docente, come autorità. Il '68 fu il movimento del parricidio gioioso, la festa per l'uccisione simbolica del padre e di chi ne fa le veci. Ogni autorità perse autorevolezza e credibilità, l'educazione fu rigettata come costrizione, la tradizione fu respinta come mistificazione, la vecchiaia fu ridicolizzata come rancida e retrò, il vecchio perse aura e rispetto e si fece ingombro, intralcio, ramo secco. Grottesca eredità se si considera che oggi viviamo in una società di vecchi. Il giovanilismo di allora era comprensibile, il giovanilismo in una società anziana è ridicolo e penoso nel suo autolesionismo e nei suoi camuffamenti.
INFANTILE Di contro, il '68 scatenò la sindrome del Bambino Perenne, giocoso e irresponsabile. Che nel nome della sua creatività e del suo genio, decretato per autoacclamazione, rifiuta le responsabilità del futuro, oltre che quelle del passato. La società senza padre diventò società senza figli; ecco la generazione dei figli permanenti, autocreati e autogestiti che non abdicano alla loro adolescenza per far spazio ai bambini veri. Peter Pan si fa egocentrico e narcisista. Il collettivismo originario del '68 diventò soggettivismo puerile, emozionale con relativo culto dell'Io. La denatalità, l'aborto e l'oltraggio alla vecchiaia trovano qui il loro alibi.
ARROGANTE che fa rima con ignorante. Ognuno in virtù della sua età e del suo ruolo di Contestatore si sentiva in diritto di giudicare il mondo e il sapere, nel nome di un'ignoranza costituente, rivoluzionaria. Il '68 sciolse il nesso tra diritti e doveri, tra desideri e sacrifici, tra libertà e limiti, tra meriti e risultati, tra responsabilità e potere, oltre che tra giovani e vecchi, tra sesso e procreazione, tra storia e natura, tra l'ebbrezza effimera della rottura e la gioia delle cose durevoli.
ESTREMISTA Dopo il '68 vennero gli anni di piombo, le violenze, il terrorismo. Non fu uno sbocco automatico e globale del '68 ma uno dei suoi esiti più significativi. L'arroganza di quel clima si cristallizzò in prevaricazione e aggressione verso chi non si conformava al nuovo conformismo radicale. Dal '68 derivò l'onda estremista che si abbeverò di modelli esotici: la Cina di Mao, il Vietnam di Ho-Chi-Minh, la Cuba di Castro e Che Guevara, l'Africa e il Black power. Il '68 fu la scuola dell'obbligo della rivolta; poi i più decisi scelsero i licei della violenza, fino al master in terrorismo. Il '68 non lasciò eventi memorabili ma avvelenò il clima, non produsse rivoluzioni politiche o economiche ma mutazioni di costume e di mentalità.
TOSSICO Un altro versante del '68 preferì alle canne fumanti delle P38 le canne fumate e anche peggio. Ai carnivori della violenza politica si affiancarono così gli erbivori della droga. Il filone hippy e la cultura radical, preesistenti al '68, si incontrarono con l'onda permissiva e trasgressiva del Movimento e prese fuoco con l'hashish, l'lsd e altri allucinogeni. Lasciò una lunga scia di disadattati, dipendenti, disperati. L'ideologia notturna del '68 fu dionisiaca, fondata sulla libertà sfrenata, sulla trasgressione illimitata, sul bere, fumare, bucarsi, far notte e sesso libero. Anche questo non fu l'esito principale del '68 ma una diramazione minore o uscita laterale.
CONFORMISTA L'esito principale del '68, la sua eredità maggiore, fu l'affermazione dello spirito radical, cinico e neoborghese. Il '68 si era presentato come rivoluzione antiborghese e anticapitalista ma alla fine lavorò al servizio della nuova borghesia, non più familista, cristiana e patriottica, e del nuovo capitale globale, finanziario. Attaccarono la tradizione che non era alleata del potere capitalistico ma era l'ultimo argine al suo dilagare. Così i credenti, i connazionali, i cittadini furono ridotti a consumatori, gaudenti e single. Il '68 spostò la rivoluzione sul privato, nella sfera sessuale e famigliare, nei rapporti tra le generazioni, nel lessico e nei costumi.
RIDUTTIVO Il '68 trascinò ogni storia, religione, scienza e pensiero nel tribunale del presente. Tutto venne ridotto all'attualità, perfino i classici venivano rigettati o accettati se attualizzabili, se parlavano al presente in modo adeguato. Era l'unico criterio di valore. Questa gigantesca riduzione all'attualità, alterata dalle lenti ideologiche, ha generato il presentismo, la rimozione della storia, la dimenticanza del passato; e poi la perdita del futuro, nel culto immediato dell'odierno, tribunale supremo per giudicare ogni tempo, ogni evento e ogni storia.
NEOBIGOTTO Conseguenza diretta fu la nascita e lo sviluppo del Politically correct, il bigottismo radical e progressista a tutela dei nuovi totem e dei nuovi tabù. Antifascismo, antirazzismo, antisessismo, tutela di gay, neri, svantaggiati. Il '68 era nato come rivolta contro l'ipocrisia parruccona dei benpensanti per un linguaggio franco e sboccato; ma col lessico politicamente corretto trionfò la nuova ipocrisia. Fallita la rivoluzione sociale, il '68 ripiegò sulla rivoluzione lessicale: non potendo cambiare la realtà e la natura ne cambiò i nomi, occultò la realtà o la vide sotto un altro punto di vista. Fallita l'etica si rivalsero sull'etichetta. Il p.c. è il rococò del '68.
SMISURATO Cosa lascia infine il '68? L'apologia dello sconfinamento in ogni campo. Sconfinano i popoli, i sessi, i luoghi. Si rompono gli argini, si perdono i limiti e le frontiere, il senso della misura e della norma, unica garanzia che la libertà non sconfini nel caos, la mia sfera invade la tua. Lo sconfinamento, che i greci temevano come hybris, la passione per l'illimitato, per la mutazione incessante; la natura soggiace ai desideri, la realtà stuprata dall'utopia, il sogno e la fantasia che pretendono di cancellare la vita vera e le sue imperfezioni... Questi sono i danni (e altri ce ne sarebbero), ma non ci sono pregi, eredità positive del '68? Certo, le conquiste femminili, i diritti civili e del lavoro, la sensibilità ambientale, l'effervescenza del clima e altro... Ma i pregi ve li diranno in tanti. Io vi ho raccontato l'altra faccia in ombra del '68. Noi, per dirla con un autore che piaceva ai sessantottini, Bertolt Brecht, ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati. Alla fine, i trasgressivi siamo noi.
Marcello Veneziani
Editorialista del Tempo, sul '68 ha scritto Rovesciare il '68 (Mondadori, anche in Oscar, 2008)
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viviween · 2 months ago
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Così come dio è solo un parto della fantasia umana, anche le norme che proteggono l'amico immaginario di troppi, e i suoi fedeli, sono fatte da uomini.
Non c'è niente, in tutto questo, di soprannaturale! È tutto, solo, ridicolo!
Dio non esiste: non puoi multare qualcuno in nome di qualcosa che non esiste.
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pettirosso1959 · 11 months ago
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Da Andrea Brandi: "Molti hanno scoperto l'esistenza di Geolier con Sanremo. Io, purtroppo, lo conosco da prima. Da un po' di tempo, tutto ciò che tocca Geolier si trasforma in platino. Il suo primo grande successo è stato "P' Secondigliano", un vergognoso pezzo del 2018 totalmente privo di significato: un debosciato fiero che la sua inutile esistenza sia girare per Secondigliano, evidenziando la sua superiorità data dal fatto che indossa roba di marca: Balenciaga, Louis Vuitton, Ferragamo. Nei primi 20 secondi del video, mette subito in chiaro il suo pubblico di riferimento facendo un'impennata col motorino senza indossare il casco. Normalmente avrei ignorato una tale feccia, ma come potevo ignorare (oggi decine di) milioni di visualizzazioni? Commentai su YouTube qualcosa tipo: «Sei il cesso di Napoli», opinione che non venne particolarmente apprezzata dai suoi fan, tanto da costringermi a cancellare il commento per non essere infastidito. In un altro suo grande successo, "Narcos", afferma letteralmente: «Nel cassetto ho una pistola Glock pronta da usare mentre "trappo" come Genny di Gomorra mentre uccide un cristiano, infatti ogni mio pezzo è una Hit da Napoli a Milano». Poi continua: «Mi scopo le femmine "degli altri" di cui neanche conosco il nome, perché ho un "fratello" criminale e un altro figlio di un boss della camorra: io sono intoccabile a Secondigliano come Narcos. Non ho mai visto i cartoni animati, solo Lucky Luciano», ovviamente, nel video della canzone imbraccia un fucile mitragliatore placcato d'oro su un SUV carico di altre armi e lanciarazzi. Non conosco tutte le canzoni di questo energumeno: ascoltare questa merda m'innesca i conati di vomito. Ogni volta, per riprendermi, devo metter su qualche vecchio disco di Pino Daniele per ricordare che Napoli non è solo sta roba qua. Geolier è un pagliaccio, un cattivo esempio da cui stare alla larga. Rappresenta tutto il peggio di Napoli, infatti per raccattare voti a Sanremo punta sul ridicolo "fanatismo" tribale partenopeo. Per cui tutto ciò che proviene da Napoli è il meglio del meglio e non teme confronti: pure la merda è deliziosa e profumata. Chiunque osa contrapporsi a questa narrazione è un razzista e anti-meridionale. Allora, da napoletano voglio dirlo chiaramente: se schierarsi contro questa merda fumante vuol dire essere razzista, sono razzista. Ma, a differenza di ciò che altri veri razzisti dicono, la logica indica che il successo di Geolier non può essere frutto del solo "voto partenopeo" inviato in massa col reddito di cittadinanza. E nemmeno dalla regione, visto che c'è rivalità tra città confinanti (Salerno e Napoli sono tipo Livorno e Pisa, almeno calcisticamente). No, l'apprezzamento proviene da tutta Italia; e non è iniziato con Sanremo ma svariati anni prima. Come ciò sia stato possibile, se dipenda dal fatto che canta "trap", il genere del momento con tante collaborazioni importanti; oppure nessuno capisce un cazzo di quello che dice; oppure, peggio ancora: capiscono cosa dice e lo venerano per questo, la risposta la lascio a voi."
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abatelunare · 1 year ago
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Oh, bionda e dolce Becky...
In cinquantotto anni cagate ne ho viste parecchie. E alcune di esse superano decisamente tutte le altre. Direi ch'è questo il caso di L'ira di Becky, seguito di una pellicola che non intendo rintracciare perché il mio povero colon ha i suoi limiti. Becky è una bionda diciottenne che vive con una vecchietta di colore e un cagnolone di nome Diego, al quale la lega un affetto a dir poco morboso. Tre suprematisti bianchi - o qualcosa del genere - ammazzano la vecchietta e si portano via il cane. Sarà sanguinosa vendetta, alla fine della quale la bionda verrà reclutata dalla CIA per far fuori qualche altro razzista. Qualcuno ha avuto lo stomaco di azzardare un empio paragone con John Wick, la cui saga presenta ben altro ritmo e ben altra fattura. Qui siamo ai limiti del ridicolo. La protagonista è bravissima e simpatica. Ma è l'unico pregio di un action splatter veramente fiacco. Inverosimiglianze a parte, la cadenze sono lentissime. Becky impiega un'ora e mezza per far fuori sei sole persone. In maniere, oltretutto, ben poco orginali. Perché lo splatter c'è, ma non si è avuto il coraggio di percorrerne sul serio il sentiero. Ma la notizia peggiore è un'altra. Si minaccia un terzo film. Spero sia un bluff. Roba balorda ce n'è fin troppa, sugli scherni cinematografici. O dove che sia.
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x-heesy · 2 years ago
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Besteht diese Plattform eigentlich nur mehr aus Widerlichkeiten: von Hard Core Porno Accounts -spam und leeren namenlosen Accounts & Geldgier Crew ?
Eure Software ist so fehlerhaft, wie euer „support“
Den Kampf gegen Porno und spam habt Ihr sowas von verloren
Ich bin seit 2011 hier ein treuer User: und es geht nur mehr bergab, mehr als je vorstellbar: stümperhaft & unprofessional as phuck!!!!
Ihr solltet ernsthaft eure Prioritäten Liste überdenken , denn das ist alles sehr sehr lächerlich.... ohne dabei je witzig zu sein...
Ich habe Jahre in mein Baby, (blog) investiert: ist das euer Ernst?
P.s. mein Account ist nach wie vor buggy 🐜
Danke für nichts
Does this platform actually only consist of disgusts: from hard core porn accounts - spam and empty nameless accounts & greed for money crew?
Your software is as faulty as your "support"
You've lost the fight against porn and spam
I've been a loyal user here since 2011: and it's only going downhill, more than ever imaginable: clumsy & unprofessional as phuck!!!!
You should seriously reconsider your priority list because this is all very, very ridiculous... without ever being funny about it...
I've invested years in my baby, (blog): are you serious?
p.s. my account is still buggy 🐜
thanks for nothing
¿Esta plataforma en realidad solo consiste en disgustos: de cuentas pornográficas duras: spam y cuentas vacías sin nombre y codicia por el equipo de dinero?
Su software es tan defectuoso como su "soporte"
Has perdido la batalla contra la pornografía y el spam.
He sido un usuario leal aquí desde 2011: y solo va cuesta abajo, más de lo que nunca se pueda imaginar: ¡torpe y poco profesional como phuck!
Deberías reconsiderar seriamente tu lista de prioridades porque todo esto es muy, muy ridículo... sin ser gracioso al respecto...
He invertido años en mi bebé, (blog): ¿hablas en serio?
PD. mi cuenta todavía tiene errores 🐜
gracias por nada
Questa piattaforma in realtà consiste solo di disgusti: da account porno hard core - spam e account vuoti senza nome e avidità di denaro?
Il tuo software è difettoso quanto il tuo "supporto"
Hai perso la battaglia contro il porno e lo spam
Sono un utente fedele qui dal 2011: e sta solo andando in discesa, più che mai immaginabile: goffo e poco professionale come Phuck!!!!
Dovresti seriamente riconsiderare la tua lista di priorità perché è tutto molto, molto ridicolo... senza mai essere divertente...
Ho investito anni nel mio bambino, (blog): dici sul serio?
p.s. il mio account è ancora buggato 🐜
grazie per niente
Cette plate-forme consiste-t-elle en fait uniquement en dégoûts : des comptes pornographiques purs et durs - des spams et des comptes vides sans nom et une équipe de cupidité pour l'argent ?
Votre logiciel est aussi défectueux que votre "support"
Vous avez perdu le combat contre le porno et le spam
Je suis un utilisateur fidèle ici depuis 2011 : et ça ne fait que se dégrader, plus que jamais imaginable : maladroit et non professionnel comme un putain !!!!
Vous devriez sérieusement reconsidérer votre liste de priorités car tout cela est très, très ridicule... sans jamais en faire rire...
J'ai investi des années dans mon bébé, (blog) : es-tu sérieux ?
p.s. mon compte est toujours bogué 🐜
Merci pour rien
@staff @staffs-secret-blog
Sub-Zer0 by Ho99o9
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persephoneflouwers · 1 year ago
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Ma lui ha un kink per farsi pigliare per il culo dalla gente, dopo che quella pazza l’ha trattata davanti a tutti (seppur di comune accordo per far parlare di se e che lui la schifasse) come una pezza da piedi boh che ridicolo ma è pur sempre un uomo
No, harry è solo cresciuto in un ambiente in cui ha imparato che non si conoscono limiti per raggiungere i tuoi obiettivi. E se questo include tatuarsi il nome della tua finta compagna nonostante tu sia gay, ben venga. Sicuramente nella sua testa è “solo un tattoo” come sarà “solo un tattoo” nella testa di tutte le persone che lo seguo, lo idolatrano e credono che ciò che faccia sia giusto (spoiler non lo è, ma contento lui per un paio di milioni immagino che si tatuerebbe letteralmente qualunque cosa) so 🤷‍♀️
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rosenere · 2 years ago
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Se per scelta intendi fare la serie reboot di Harry Potter non è stata mica presa dalla Rowling, in ogni caso l'annuncio ufficiale è stato dato solo l'altro ieri e hanno parlato di un cast completamente nuovo, avessero già qualche nome lo avrebbero ufficializzato insieme all'annuncio. Questi sono soltanto rumor e di qui a quando tutto il cast sarà al completo verranno fatti 1000 mila nomi.
Nessun attore è stato ancora scelto per la serie anche perché probabilmente il progetto deve ancora entrare in pre-produzione e stanno ancora cercando showrunner e registi vari.
Detto questo i cambi di etnia è meglio darli già per scontati, magari non silente ma io mi aspetto tranquillamente un Hermione nera e va benissimo così.
Non è importante per la trama che abbiano un colore della pelle specifico.
Io ripeto, non sono una fan accanita di hp ma sinceramente non capisco perché dover cambiare etnia/colore di pelle ai personaggi. Non ci vedo nulla di sensato in generale e non parlo solo ed esclusivamente della saga.
Io trovo alquanto ridicolo doversi adattare al politically correct quando si potrebbe tranquillamente creare un nuovo personaggio, ripeto, non per quanto riguarda la saga (esempio scemo ma lampante, la sirenetta).
È così difficile dare vita a nuove storie? È davvero così complicato oppure la cosa ci sta sfuggendo di mano.
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figlidibaudelaire · 1 year ago
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C'era una volta in un piccolo villaggio in Italia, viveva un uomo di nome Giorgio. Giorgio era un'anima stanca, stanco della routine monotona della sua vita quotidiana. Aveva trascorso molti anni lavorando instancabilmente nei campi, affrontando giorno dopo giorno il sole cocente. Con il passare del tempo Giorgio cominciò a sentirsi svuotato e scontento della sua esistenza. Un giorno, decise di fare un passo drastico per infondere un po' di eccitazione nella sua vita: avrebbe finto di essere pazzo.
Giorgio iniziò modificando il suo aspetto, facendosi crescere la barba incolta e lasciando che i suoi capelli diventassero selvaggi e arruffati. I suoi vestiti diventavano laceri e spaiati, e spesso indossava uno strano cappello con piume che sporgevano in tutte le direzioni. La gente del villaggio non poté fare a meno di notare la strana trasformazione di Giorgio, e presto si sparse la voce che fosse impazzito.
Man mano che il suo atto andava avanti, Giorgio iniziò a comportarsi in modo irregolare. Rideva in modo incontrollabile senza una ragione apparente, parlava da solo ad alta voce e camminava con passi esagerati e instabili. Le sue buffonate attirarono l'attenzione della gente del villaggio che non poté resistere alla tentazione di sbirciare fuori dalle finestre o di riunirsi nella piazza della città per assistere al suo comportamento bizzarro.
Ma tra risate e chiacchiere, il gesto di Giorgio non è rimasto senza conseguenze. Alcuni abitanti del villaggio hanno iniziato a deriderlo, a lanciargli insulti e a insultarlo. Lo accusarono di cercare attenzione e ridicolizzarono le sue buffonate. Il cuore di Giorgio sprofondò quando si rese conto che il suo progetto di portare eccitazione nella sua vita lo aveva invece portato al ridicolo e alla solitudine.
Nonostante le difficoltà che ha dovuto affrontare, Giorgio è rimasto determinato a portare a termine la sua farsa. Sapeva che la resistenza e la perseveranza erano fondamentali per raggiungere il suo obiettivo. Man mano che i giorni si trasformavano in settimane e le settimane in mesi, il gesto di Giorgio suscitò curiosità e simpatia da parte di alcuni abitanti del villaggio. Cominciarono a chiedersi perché un uomo un tempo onesto e laborioso avesse fatto ricorso a questo comportamento eccentrico.
Lentamente, la situazione cominciò a girare a favore di Giorgio. Alcuni abitanti del villaggio iniziarono a fare amicizia con lui e ad offrirgli una mano. Gli parlarono gentilmente e cercarono di capire le ragioni del suo strano comportamento. Nei loro sinceri tentativi di assisterlo, Giorgio ha trovato conforto e un nuovo scopo.
A tempo debito, l'atto di Giorgio cominciò a svanire, svelando il vero uomo sotto le apparenze disordinate. Sebbene fosse ancora stanco e affaticato, si era trasformato da uomo insoddisfatto della quotidianità a qualcuno riconnesso con la compassione e il cameratismo della sua comunità.
L'avventura di Giorgio nella follia gli aveva insegnato un'importante lezione di vita: a volte, è necessario uscire dalla propria zona di comfort e fare qualcosa di non convenzionale per riscoprire il vero significato e valore della propria esistenza. Durante il suo viaggio, non solo aveva realizzato l’importanza della resilienza e della determinazione, ma aveva anche sperimentato il potere della compassione e della comprensione nel costruire legami autentici con gli altri. Pertanto, la storia di Giorgio serve a ricordarci che, anche nei momenti di dubbio o di esaurimento, c'è sempre speranza per un domani “migliore”.
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multiverseofseries · 9 months ago
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Fabbricante di lacrime: un film che dire brutto è poco.
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Cinici, darkettoni, detrattori del romanticismo e chi di voi un minimo s’intende di cinema, state lontani dal Fabbricante di lacrime, l’adattamento del best seller di Erin Doom su Netflix dal 4 aprile, perché probabilmente lo giudicherete ridicolo. Romanticoni e fanatici di fanfiction: lo troverete poetico ed emozionante. Non posso fare un diretto paragone con il libro originale perché, ça va sans dire, non lo ho letto (ma grazie al cielo esiste internet). Tuttavia, rintracciando la storia editoriale, non posso non citare l'assoluto successo ottenuto: Fabbricante di lacrime (edito da Salani) nel 2022 ha venduto mezzo milione di copie, imponendosi come il romanzo più venduto in Italia (!). Un Traguardo clamoroso, se si pensa che l'autrice, Erin Doom (nome d'arte e viso avvolto nel mistero, almeno fino al 2023, quando si è rivelata), si sia inizialmente auto-pubblicata, prima di venir "scoperta" da Salani. Il grande successo di Fabbricante di lacrime, secondo ciò che ho potuto rintracciare in rete, proviene dal passa parola, capace di viaggiare velocissimo su TikTok (e dove altrimenti?) tra i giovanissimi. Detto questo, e visti i numeri, ecco subito l'aggancio cinematografico: perché non farne un film? Detto fatto, ecco arrivare su Netflix l'adattamento diretto da Alessandro Genovesi e scritto insieme ad Eleonora Fiorini.
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Fabbricante di lacrime: Caterina Ferioli durante una scena del film
Un adattamento che si lega al filone anglosassone del classico young-adult-drama-gotico-romantico però rivisto in chiave italiana (con un altro però: l'epoca di Twilight è sfortunatamente lontana). Un bel cortocircuito, in quanto la cornice di Fabbricante di lacrime è appunto quella tipica del Nord America (così viene immaginata da Erin Doom) con tanto di High School e nomi anglofoni. Se la letteratura non ha confini (perché è l'immaginazione a non averne), la forma filmica, invece, si scontra inevitabilmente con alcuni pre-concetti legati alla realtà (e al budget…). Soggetto, copione, regia, interpreti. In questo senso Fabbricante di lacrime finisce per scricchiolare notevolmente sotto una costante enfatizzazione della scena, delle performance e della storia, risultando eccessivamente iperbolico anche rispetto al contesto teen/young di cui fa lecitamente parte.
Fabbricante di lacrime, la trama: l'amore tra Nica e Rigel
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Fabbricante di lacrime: Simone Baldassari (Rigel) in una scena del film
Ora, la trama: Fabbricante di lacrime ha per protagonista Nica (come la nica flavilla, farfallina arancione delle foreste pluviali), che fin da piccola è cresciuta nell'orfanotrofio Grave. In queste antiche mura, rigide, fredde, austere, Nica si è lasciata andare all'empatia (ama gli animali), nonostante le venga ripetuto quanto siano le regole le uniche cose importanti della vita. Dall'altra parte, all'interno del Grave, aleggia la leggenda del Fabbricante di Lacrime. Chi è? Una misterioso individuo che pare aver modellato la paura, avvicinandola ai sentimenti umani. Quella che sembra una favola, però, influenza tanto Nica quanto le altre ragazze dell'orfanotrofio. Almeno fin quando Nica viene adottata ad un passo della maggiore età( un miracolo della burocrazia).
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Fabbricante di lacrime: una scena del film
Non sarà la sola, perché la famiglia che la ospita sceglie anche Rigel (come la stella beta della costellazione di Orione, non come il papà svitato di Venusia in Goldrake), tenebroso e fascinoso ragazzo (cliché a più non posso!) con cui Nica pare non aver nulla in comune. Figuriamoci una possibile convivenza famigliare. Però poi i loro sentimenti contrapposti finiranno per scontrarsi e, generando una tempesta (sì, c'è anche la solita scena sotto la pioggia), capiranno di essere parte integrante di un disegno passionale e rivelatorio.
Uno young adult eccessivamente caricato
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Fabbricante di lacrime: Caterina Ferioli in una scena del film
Ma a chi parla, Fabbricante di lacrime? Un dettaglio non da poco: senza dubbio si rivolge a chi ben conosce il romanzo di Erin Doom, tramutando in carne ed ossa l'amore travagliato tra Nica e Rigel (un amore derivativo, e lastricato dagli stessi cliché). Quindi, un panorama ben idealizzato dalla produzione, e chiaramente conscio del materiale originale. Ma se (teoricamente) c'è una comunicazione con i fan del libro, dall'altra parte l'intero approccio filmico risulta ben poco fluido oltre che approssimato, costruendo un climax mai davvero tormentato, e anzi frutto di una continua sottolineatura: dialoghi forzati, scambi esagerati (quasi da aforismi).Per tutta la durata del film si susseguono citazioni esilaranti (o struggenti, a seconda del punto di vista) dalla fonte letteraria come “Il suo fascino velenoso era infestante”, “Io e lui eterni e inscindibili. Lui stella io cielo”, “Noi siamo rotti, siamo scheggiati. Certe cose non si possono riparare”, “È vero, ma forse ci siamo spaccati in mille pezzi solo per incastrarci meglio”.
Una ridondanza tanto nell'estetica quanto nelle interpretazioni di Caterina Ferioli, indecisa tra canalizzare Kristen Stewart o Kaya Scodelario, e in particolare di Simone Baldasseroni, lui perennemente costipato, caricano eccessivamente ogni parola del copione, lontani dalla fluidità che richiederebbe una messa in scena filmica risultando involontariamente ridicoli ma visto il materiale a disposizione difficile non esserlo. ridondante è anche il costante e incessante accompagnamento musicale, sia originale che non, che ammicca senza mai essere veramente ammalgamata all'interno della storia (si va da George Ezra ad Olivia Rodrigo e Billie Eilish, senza una naturale continuità).
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Fabbricante di lacrime: Simone Baldassari, Caterina Ferioli in un'immagine
Più in generale, sia nel tono che nell'umore questo adattamento sembra essere la diretta traduzione delle pagine del romanzo, senza la sacrosanta re-interpretazione frutto del miglior adattamento possibile. Non faccio paragoni con le pagine di Erin Doom, tuttavia il discorso su Fabbricante di lacrime si può allargare ad un altro paragone: le piattaforme streaming, per i titoli originali, non sfidano quasi più il grande schermo, ma si affiancano alle produzioni del piccolo schermo, offrendo al pubblico lo stesso modus operandi tipico della televisione generalista: prodotto, prodotto, prodotto. E Fabbricante di lacrime ne è un altro lampante (e poco riuscito) esempio.
In conclusione Fabbricante di lacrime è un adattamento che cerca di ricalcare il grande successo del romanzo, finendo però a sfiorare i toni meno riusciti del teen-movie dagli umori gotici e tormentati. Dialoghi esagerati e svolte approssimative poco aiutano, così come la performance altalenante del cast. In questo senso, il film è un ulteriore esempio di quanto alcune produzione streaming puntino a competere con la tv generalista più che con il grande schermo.
Perché ci piace 👍🏻
Cosa non va 👎🏻
Chiaramente troppo ambizioso.
Risulta estremamente sconnesso.
La regia, mai incisiva.
I dialoghi, incredibilmente, ridicoli, enfatizzati e calcati da un cast non del tutto convincente.
P.S: rivoglio indietro i miei 105 minuti di vita persi a guardare questa treshata.
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