#è tardi ma che importa?
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spettriedemoni · 5 months ago
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Ritrovarsi
Finalmente noi, di nuovo noi.
Spogliati dalle nostre paure.
Nudi uno di fronte all’altra.
Donarsi, perdersi, sciogliersi in un abbraccio senza sapere dove finisce uno e dove inizia l’altra.
Guardarsi, ridere, baciarsi.
Due corpi uniti nello spirito oltre che nella carne.
Mia.
Tuo.
Ti ho trovata.
Mi sono ritrovato.
Non voglio essere da nessun’altra parte
Spengo io la luce mentre poggi la testa sul mio petto.
E notte sia…
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canesenzafissadimora · 12 days ago
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L'altro giorno, ero al supermercato a fare la spesa intorno alle 18:30 quando un uomo anziano è entrato nel corridoio della pasta e mi ha messo una mano sulla spalla. Ho sobbalzato. La mia prima reazione è stata quella di arrabbiarmi e chiedergli di non toccarmi. Poi ho notato qualcosa. L'uomo stava piangendo. Sembrava sconvolto e confuso.
Improvvisamente mi ha chiesto: "Sai dov’è mia moglie? La sto cercando." Gli ho risposto che non lo sapevo e gli ho suggerito di chiedere aiuto al banco informazioni per trovarla. Pensavo che l'avesse persa tra le corsie. A chi non è mai capitato? Ma mi sbagliavo.
Ha continuato a chiedere: "Dov'è mia moglie? Era proprio qui." Le lacrime gli riempivano gli occhi. Gli ho detto di nuovo che non ne ero sicura e gli ho proposto di accompagnarlo al banco del servizio clienti, dove avrebbero potuto fare un annuncio tramite gli altoparlanti. Ha accettato.
Lì, la donna al banco ha chiesto un nome. Lui mi ha guardato, come se fossi io ad avere la risposta. La donna ha alzato gli occhi al cielo e si è rivolta a me: "Signorina, ha IL NOME?" Le ho spiegato che non conoscevo quell'uomo e che non avevo più informazioni di lei. "È uno scherzo?" ha chiesto. A quel punto mi sono resa conto che quell'uomo non era semplicemente confuso, ma affetto da Alzheimer. Avendo avuto un nonno con questa condizione, lo riconoscevo fin troppo bene.
L'ho portato all'area ristoro e ci siamo seduti. Ora tremava e piangeva piano. "Dov'è il mio amore?" Gli ho preso le mani e gli ho chiesto se avesse un cellulare. Mi si spezzava il cuore per lui. Mi ha detto che non ne era sicuro, così gli ho chiesto se potevo cercare nelle sue tasche. Ha acconsentito. Con attenzione, ho trovato un piccolo cellulare a conchiglia. Ho cercato tra i contatti e ne ho trovato uno chiamato "Figlia Krissy". L'ho chiamata subito. Ha risposto in pochi secondi.
"Pronto?" ha detto, con la voce già preoccupata. Le ho spiegato che ero con un uomo anziano che presumibilmente era suo padre. Che eravamo al supermercato di Lane Street e che lui era molto sconvolto e turbato.
"Sto arrivando," ha detto. "Puoi assicurarti che non si allontani?" Ha continuato: "Grazie, grazie mille. Sto venendo."
Per circa 20 minuti, sono rimasta seduta con uno sconosciuto in lacrime. Gli ho tenuto le mani. Gli ho asciugato le lacrime. Quando ha tremato, gli ho messo la mia giacca in grembo. Gli ho dato le risposte di cui aveva bisogno in quel momento. L'ho tenuto lontano dal vagare. Perché era il minimo che potessi fare.
Improvvisamente, è entrata una giovane donna alta, che sembrava avere circa 28 o 29 anni. Lunghi capelli neri e occhi verdi. Ci siamo scambiati uno sguardo e lei si è precipitata verso di noi. "Grazie. GRAZIE," ha detto. "Dovevo assentarmi solo per un'ora, e questo succede. Sapevo che non avrei dovuto lasciarlo. Mi dispiace tanto." Mi ha spiegato che a volte lui si allontana per cercare sua moglie. L'ha persa 13 anni fa, ma non smette mai di cercarla.
Ha aiutato suo padre ad alzarsi dalla sedia e mi ha ringraziato ancora una volta. Mentre uscivano, l'ho sentito dire di nuovo: "Dov'è mia moglie?" Mi si è stretto il cuore, ma ero così felice di vederlo con la sua famiglia di nuovo.
Condivido questa storia non solo perché quest'uomo mi ha toccato il cuore, ma per dire questo: La maggior parte del mondo sono estranei per te. Lo so. Ma non dimenticare mai che condividiamo tutti questo mondo e, in esso, possiamo condividere gentilezza. È l'unica cosa che può farci andare avanti. Se vedi qualcosa, fai qualcosa. Non sai mai quanto grande può essere il tuo impatto sulla vita di qualcun altro.
Non mi importa che il carrello della spesa che avevo lasciato nel corridoio della pasta durante il trambusto sia stato svuotato e messo a posto. Non mi importa di aver cenato un po' più tardi quella sera. Di essere tornata a casa e di aver pianto in cucina per questo dolce, povero uomo. La gentilezza non costa nulla.
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angelap3 · 3 months ago
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👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
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singinthegardns · 2 months ago
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Non tornerai. Non sarai tu ad ascoltarmi cantare sotto la doccia, non sarai tu a lavare via le mie lacrime dalla giacca, non sarai tu a dormire accanto a me, a rimandare la sveglia dieci e cento volte per guardarci mentre facciamo finta di dormire e a voce bassa ci diciamo che è tardi, ma non importa.
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ideeperscrittori · 4 months ago
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CENTRALINI DEGLI OSPEDALI
I centralini degli ospedali sono scogli durissimi.
Telefoni. Devi assolutamente parlare con un reparto per una faccenda burocratico-sanitaria. Una voce registrata femminile con ottima dizione fa una lunga introduzione sul trattamento dei dati personali, che tu accetterai senza discutere premendo un tasto. Accetterai perché non hai scelta, un po' come per i cookie dei siti internet. Sai che la privacy è importante, ma in questo momento del trattamento dei dati non ti importa nulla. L'alternativa è terminare la chiamata.
Poi la voce registrata ti spiega il ventaglio delle scelte.
Se desideri fare una certa cosa, devi premere 1.
Se desideri farne un'altra, devi premere 2.
Tu vuoi parlare col centralino per farti passare un reparto. Attendi la spiegazione di ogni opzione. Quella che ti serve è sempre l'ultima. Finalmente è arrivato il tuo momento. Premi 4. Ti mettono in attesa. Ci sei quasi.
Ma l'attesa è più lunga del previsto.
Poi torna quella voce registrata, inspiegabilmente allegra. Ti dice: "Ci spiace, a causa dell'elevato traffico la invitiamo a richiamare più tardi".
FINE
[L'Ideota]
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eternosecondo · 1 year ago
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Ma no, non importa se fai tardi
Va bene anche la scusa del telefono
O quella del truccarti, va bene
Perché tanto non mi pesa
Se sai quant'è bello ciò che aspetti
è bella anche la sua attesa.
Gireremo Roma fino a tarda notte,
Pure se di giorno l'ho girata cento volte
Passeremo sotto le volte delle chiese
Parlando delle stelle, la vita
L'amor cortese
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Storia Di Musica #304 - Bob Dylan, Bringing It Al Back Home, 1965
Ogni anno ho raccontato un disco di Bob Dylan. Prescindere da Dylan è impossibile per il rock, e arriva in luoghi, stili e musicisti che a prima vista sembrano lontani anni luci da lui. Eppure, il suo è uno degli ingranaggi cruciali che mette in moto la macchina della musica popolare occidentale (e non solo) che è arrivata fino ad oggi. Il disco di oggi è l'occasione per un viaggio alquanto insolito, che svelerò alla fine, per chiudere il 2023 musicale. Il disco di oggi nasce da alcune idee che erano state scartate per quello precedente, Another Side Of Bob Dylan del 1964. Sebbene ancora legato al folk, quel disco scopre un lato introspettivo che il Dylan di quei tempi ancora doveva scandagliare: inizia quindi a mettere di lato (sebbene non lo abbandonerà mai del tutto) il lato politico e sociale (dello stesso anno è The Times They Are A-Changin') per quello privato. Inoltre c'è la necessità musicale di legare insieme il folk dei primordi con le nuove pulsioni del rock'n'roll, che secondo Dylan gli permetterebbero maggiore libertà creativa. Decide quindi di andare a vivere in una piccola villetta di campagna a Woodstock, proprio a pochi km dalla spianata che pochi anni più tardi fu teatro di una immensa folla rock, casa di proprietà del suo manager Albert Grossman. Dylan adora quel posto, e ci passa tutta l'estate. Dopo pochi giorni, è raggiunto da Joan Baez, che racconta la routine del menestrello di Duluth: passava la giornata alla macchina da scrivere, accompagnato incessantemente da sigarette e bottiglie di vino, e spesso nel cuore della notte avendo avuto una intuizione si metteva a scrivere senza soluzioni di continuità. Dylan è cauto, e affina tutti i particolari: alla prima sessione di registrazione canta da solo acustico. Il giorno dopo, 14 Gennaio 1965 che nella storia del rock è un giorno importante, si presenta con una band elettrica: i chitarristi Al Gorgoni, Kenneth Rankin, e il grande Bruce Langhorne, il pianista Paul Griffin, i bassisti Joseph Macho Jr. e William E. Lee, e il batterista Bobby Gregg. Registrano per ore, e le canzoni volano veloci e in poche ore, quando è notte fonda, è pronto metà disco. La sera successiva, il 15 Gennaio, Dylan dopo cena si presenta con una nuova band, tra cui John P. Hammond, che diventerà suo fido braccio destro negli anni a seguire, e John Sebastian, che diventerà famoso con i Lovin' Spoonful. Di questa sessione però non fu salvato nulla, così il 16 torna in studio con tutti i musicisti e finisce di registrare il disco. Che secondo il racconto dei presenti fu tutto di first takes, cioè canzoni registrate e considerate buone dopo solo una registrazione. Dylan, timoroso che il passaggio totale alla musica elettrica fosse un passo troppo lungo, decide di dividere il disco a metà con canzoni vecchia maniera musicalmente, ma che nei testi e nelle idee lo propongono del tutto nuovo: un surrealismo fantastico che lega Rimbaud alla beat generation, e che inizia a popolare lo scenario della musica giovanile di luoghi e personaggi che diventeranno archetipi.
Il 22 Marzo 1965 viene pubblicato Bringing It All Back Home dalla Columbia. Verrà distribuito in alcuni paesi con il titolo di Subterrean Homesick Blues, nome del primo singolo, ma ciò che importa è che è uno dei più grandi dischi di Dylan, ergo, è uno dei più grandi dischi della storia del rock. Perchè riesce nell'intento che si era prefissato, cioè trovare un legame credibile tra la tradizione folk, il blues e il nascente rock, creando paesaggi lirici che sconvolgono, consegnando alla storia canzoni mito su cui tutti hanno preso spunto. La sequenza di canzoni è ormai a quasi 60 anni dall'uscita un greatest hits: Subterrean Homesick Blues è il biglietto d'ingresso nel mondo elettrico, e passa anche alla storia per l'innovativo videoclip, famosissimo e stracitato, di Dylan con i cartelli di parole chiavi del testo, con Allen Ginsberg che passeggia sullo sfondo di una vecchia fabbrica in rovina. Il testo, che utilizza anche espressioni da strada, è una infinita carrellata di riferimenti, più o meno chiari, alla società, alla politica, al giornalismo, e inizia a creare delle espressioni che diventeranno futuri slogan tra studenti, manifestanti per i diritti civile e così via (il più famoso You don't need a weather man\To know which way the wind blows). She Belongs To Me è l'ennesima novità stilistica: la prima figura di "donna ammaliatrice" (definizione di uno dei massimi studiosi di Dylan, Robert Shelton) con cui esiste un rapporto difficoltoso, sebbene non si sappia chi sia realmente l'spirazione, le più accreditate sono Suze Rotolo, la sua ex fidanzata che sta con lui sulla copertina di Freewheelin' Bob Dylan, Joan Baez, sua sodale, Nico, la cantante svedese che conobbe alla Factory di Warhol e che canterà con i Velvet Underground o forse Sara Lownds, quella che diventerà sua moglie poche settimane dopo l'uscita del disco. Ogni canzone diventerà un'icona: Maggie's Farm, probabilmente un blues contro ogni forma di sfruttamento; On The Road Again è una dichiarazione profetica sul rapporto Dylan-successo, dove il primo spesso sceglie la lontananza e l'autoesilio, impaurito da quello che succede; It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding), tutta acustica, è uno dei massimi capolavori lirici dylaniani, con una carrellata drammatica per tensione e suggestione di immagini e sensazioni che esprimono un impellente desiderio di critica nei confronti dell'ipocrisia, del consumismo, dei sostenitori della guerra, e della cultura americana contemporanea, che rispetto al Dylan folk stavolta non si risolve in un ottimismo rivoluzionario, ma in un arrabbiato status quo da osservare. Ricordo altre due perle: It's All Over Now, Baby Blue, Dylan alla chitarra acustica e all'armonica a bocca e William E. Lee al basso come unica strumentazione, è un'altra ballata storica, dai mille significati (chi sia o cosa sia Baby Blue, per esempio) ma la canzone più famosa è senza dubbio Mr. Tambourine Man, altra canzone dai mille significati e simbolismi, che diventerà un soprannome dello stesso Dylan, e oggetto di centinaia di saggi, anche accademici, alla ricerca dei messaggi più reconditi di questo vagabondo con tamburo intento a suonare una canzone per lui mentre la notte sta per terminare avviandosi verso il mattino tintinnante.
Il disco è un successo: numero 6 nella classifica americana, addirittura numero 1 in Gran Bretagna, dove in quei mesi inizia una vera e proprio Dylanmania. E sarà uno dei più coverizzati di sempre: i Byrds lo riprenderanno quasi del tutto, e molte delle loro versioni di questi brani diventeranno famose, anche per l'uso nelle colonne sonore, da ricordare quelle in Easy Rider. Ma non tutti furono folgorati, e non posso non ricordare l'episodio che avvenne al Festival Di Newport: il 25 luglio 1965 Dylan si presentò sul palcoscenico non come cantante solista con chitarra e armonica come suo solito, ma con una chitarra elettrica accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band, formidabile band di blues elettrico. Qui succede questo: non si sa nemmeno bene se fosse colpa dell'acustica che non funzionava, ma il pubblico iniziò a fischiare Dylan, che dopo un paio di brani lasciò il palco; gli organizzatori lo convinsero a ritornare, solo con armonica e chitarra, per una sessione solo acustica che leggenda vuole finisca con It's All Over Now (Baby Blue), da allora canzone anche per sancire un passaggio epocale nella vita delle persone deluse dai cambiamenti.
Rimane da raccontare la copertina: Daniel Kramer con una lente distorsiva fotografa Dylan in un salotto con una donna, Sally Grossman, moglie dell'allora manager di Dylan, Albert Grossman. Sul tavolino tra i due dischi famosi Keep On Pushing de The Impressions, King Of The Delta Blues Singers di Robert Johnson, India's Master Musician di Ravi Shakar, Sings Berlin Theatre Songs by Kurt Weill di Lotte Leyna e l'amico Eric Von Schmidt con The Folk Blues Of Eric Von Schmidt; dietro Sally Grossman, seminascosto da un cuscino, c'è il lato superiore della copertina dell'album Another Side Of Bob Dylan, e sotto il suo braccio destro, una copia della rivista Time con Lyndon B. Johnson in copertina. Sulla mensola del camino, alla sinistra del dipinto, si vede l'album di Lord Buckley The Best Of Lord Buckley. Compare un gatto, che si chiamava Rolling Stone, Dylan indossa dei gemelli regalati da Joan Baez e in primo piano, in basso a sinistra della fotografia, campeggia un cartello con su scritto Fallout Shelter (rifugio antiatomico). Questo tavolino sarò il punto di partenza di nuove storie, nel nome di Dylan e di uno dei dischi fondamentali della storia.
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entropiceye · 1 year ago
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Ultimamente mi rendo conto di non riuscire ad esternare le mie emozioni. E' una cosa più forte di me. Mi filtro sempre un po', perché dentro la mia testa si sta facendo davvero tanto buio e quand'è così, ho paura di raccontarlo. Un po' perché temo che le persone mi lascino; un po' per evitare di ascoltare consigli non richiesti o giudizi e svalutazioni, un po' perché parlare di quelle cose, dare loro un corpo attraverso la voce ed esternarle... Le rende in un certo senso più reali e spaventose. Finché rimangono in testa be', puoi sempre cercare di metterle da parte (non sempre e sicuramente non senza un grosso sforzo mentale). Mi rendo conto di essere molto stanca e demotivata. Sono spesso triste, con le lacrime pronte a scorrermi giù dagli occhi. Dormo male, dilaniata dall'ansia di dover fare tante cose, che poi puntualmente rimando perché non riesco a concentrarmi come vorrei e dovrei. Mi sento in colpa per questo eppure non riesco a fare chissà quanto per evitare di ricadere sugli stessi errori. Mi sembra di cercare di esserci per tutti (in famiglia, al lavoro, con le amicizie), meno che per me. Mi sento in colpa perché sento che sto riversando tutta la mia negatività e il mio senso di solitudine sull'unica persona di cui mi importa davvero. Mi vede sempre triste e stressata e io non vorrei questo... Vorrei riuscire ad essere presente quando sono con lui, invece che con la testa sovraffollata. Ieri mi sono abbuffata di nuovo. Non avevo nemmeno fame, volevo solo smettere di pensare. Volevo farmi del male e quello era il modo meno drastico che mi veniva in mente. Penso al mio corpo che cambia e che mi piace sempre meno, penso all'inverno e al fatto che probabilmente molti vestiti non mi andranno più. Penso all'umiliazione inevitabile che sarà dover chiedere dei soldi ai miei genitori per comprare qualcosa che mi entri (al punto che magari finirò per indossare sempre gli stessi vestiti proprio per dover evitare di farlo). Penso di essere un fallimento. Dopo anni di sforzi, di soldi spesi in terapie sono ancora qua ad abbuffarmi di nascosto. Probabilmente se non facesse troppo caldo per le maniche lunghe avrei reagito diversamente e la cosa ancora più folle e disturbante, è che una vocina nella mia testa afferma che sarebbe stato sicuramente meglio, perché almeno così avrei evitato di ingozzarmi e ingrassare. Ah, mi sono sentita male ovviamente. Mi sono addormentata per cercare di sfuggire ai crampi, senza neppure mettere le lenzuola sul letto. Più tardi è rientrata la mia coinquilina e mi ha svegliata per parlare, è un momento difficile per lei. Io riuscivo solo a pensare al senso di vergogna che mi stava divorando. Ho cercato di essere una buona amica, l'ho ascoltata e rassicurata, ho persino atteso che si addormentasse, ma la mia testa è sempre altrove, sempre lì, su quel pensiero maledetto. Quando pensi al suicidio come fai a dirlo? L'ultima volta dirlo è servito solo a farmi guardare con sospetto, a essere controllata a vista, ingannata e per poco pure rinchiusa. Altre volte è servito solo a far realizzare a qualcuno che ero troppo piena di problemi e che perciò era meglio lasciarmi perdere. So che certi pensieri li avrò sempre di tanto in tanto. Ma ultimante sono persistenti e accompagnati da impulsività. Sento che sta andando male di nuovo e ho bisogno di aiuto.
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ildiariodicoraline · 6 days ago
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Dieci esami possono sembrare pochi, ma in realtà sono un ostacolo che mi impedisce di guardare oltre.
Mi sento come se ogni passo in avanti fosse solo una piccola vittoria che non cambia la vastità del percorso che ancora mi aspetta.
A volte mi sembra di non riuscire a vedere la fine, non importa quanto mi sforzi.
Ogni esame sembra solo un'altra pietra su un cammino che non finisce mai.
Non riesco a darmi coraggio, a convincermi che manca relativamente poco.
La fine è ancora troppo lontana e io sono troppo stanca per essere ottimista. E se non dovessi farcela? Mi sento già fuori tempo massimo.
Ogni giorno che passa senza che io raggiunga il mio obiettivo mi sembra un fallimento, come se stessimo tutti guardando me, aspettando che finalmente io riesca a finire.
È come se il tempo, che non aspetta nessuno, fosse diventato il mio peggior nemico, sempre più difficile da gestire e da conciliare con le aspettative che ho su di me e quelle degli altri.
Ogni esame che affronto non è solo un ostacolo, ma un promemoria del mio "ritardo".
In fondo, mi chiedo se il tempo perso, le occasioni mancate, non abbiano intaccato irreparabilmente il valore di quello che sto cercando di costruire, e se la laurea arrivasse troppo tardi per cambiare qualcosa nella mia vita?
Se arrivasse troppo tardi per sentirmi veramente soddisfatta?
-Il diario di Coraline🌙
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mi fa tanto male il petto e ho un enorme senso di vuoto, mi tartasso la testa con mille e più domande chiedendomi dove io sia finito e perché certe cose siano andate in un certo modo nella mia vita
per quanto alcuni fossero eventi dannatamente da rimuovere e brutti riuscivo ad affrontarli o quantomeno a reagire a essi anche in modo del tutto negativo e disfunzionale
ora invece vado per inerzia e non sento dannatamente nulla e qualsivoglia stimolo io cerchi o mi si pari davanti è come se un automa ci reagisse e non una persona
è come se avessi il pilota automatico, e non sto parlando di viversi o non viversi le cose, quanto più di sentirle io, che sia un esperienza lavorativa, di studio o un qualsivoglia rapporto sociale o relazionale
ora sento solo un male assurdo e a malapena mi si fanno gli occhi lucidi, solo per questo capisco che un minimo umano lo sono ancora, ma diamine io non mi ci sento affatto
non so nemmeno quello che sto facendo o se arriverò da qualche parte così facendo
tutt'ora, proprio come in passato non ho affatto voglia di stare in questo mondo e continuo a trascinare una carcassa ormai morta
magari non mi odierò più come prima è vero, né odio così tanto gli altri come prima o come voglio fare credere
semplicemente non ha più rilevanza nulla, quelle poche persone o cose di cui mi importa rischio di rovinarle al minimo fiato sbagliato o comunque non posso permettermi di fare anche solo il minimo sbaglio per quanto possano addirittura servirmi
non so più nemmeno io cosa sto dicendo, so solo che fa male e che mi mancano certe cose, alcune positive altre tremendamente negative di me e del mio passato
intanto il tempo passa, e ciò che rimane di me o del mio passato se ne va assieme a esso
che schifo, è tutto una dannata seccatura
quanto ancora reggerò senza perdere completamente il senno e abbandonarmi?
è già finito tutto da un pezzo
"mettermi d'accordo con la vita, fare un contratto con la mia solitudine, tutte queste cose non mi appartengono, non fanno per me, non è vero?"
forse tutto questo è vero per me, sono solo l'ombra e lo spettro di ciò che sono stato e sarei voluto essere, ma che non posso essere e che non sarò mai con queste condizioni
presto o tardi ci sarà un addio, cosa avrò combinato fino a quel punto? poco di buono e troppo lasciato in sospeso.
14/12/2023. 02:05
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singinthegardns · 16 days ago
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Non tornerai non sarai tu ad ascoltarmi cantare sotto la doccia, non sarai tu a lavare via le mie lacrime dalla giacca, non sarai tu a dormire accanto a me, a rimandare la sveglia dieci e cento volte per guardarci mentre facciamo finta di dormire e a voce bassa ci diciamo che è tardi, ma non importa non sarai tu a rassicurarmi e non sarò io a venire a prenderti dopo un esame e non sarò io a dirti "te l'avevo detto" dopo ogni successo.
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ossicodone · 2 years ago
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Ero sicuro che l'amore fosse esattamente come me lo avevano sempre descritto negli anni, come un migliaio di cavalli nella pancia ogni volta che la vedi, come un risveglio euforico, qualcosa di cui si è totalmente in balia, senza nessun tipo di controllo. Ora so che l'amore è perlopiù costruire. So che l'amore comporta un grande lavoro da parte di entrambi, non si misura in quanto ti dà, ma in quanto ti dai, un insieme di gesti che col tempo diventano più o meno involontari e automatici, come quando sei al supermercato e devi comprare il necessario per la colazione e ti ricordi di prendere il latte senza lattosio perchè lei è un po' intollerante, e sai perfettamente che va matta per i Tegolini, e allora ne prendi due pacchi, che non si sa mai. Come prendere atto che non importa quanto sia grande il letto, nè quanto faccia caldo, lei sarà sempre a due millimetri da te, girata su un fianco, i piedi freddi contro i tuoi stinchi, e la sua mano che ti cerca costantemente, ti sta così attaccata che hai paura di muoverti, anche se avresti un grande bisogno di cambiare lato perchè ti si sta intorpidendo la spalla, oppure ti sei stufato di stare a pancia in su, e inizi a studiare in anteprima tutte le manovre che dovrai fare per non svegliarla, perchè quando dorme è bellissima e sarebbe un peccato. Come, ad esempio, soffiare sul mestolo bollente prima di farle assaggiare il sugo, e rimanere al telefono per tutta la durata del suo tragitto per tornare a casa quand'è sera tardi, perchè qui è ancora un mondo di merda e c'è bisogno di stare tranquilli e saperla arrivata sana e salva. So che l'amore è fatto di poche parole, e anche se lei non fa che dirti quanto sia felice di stare con te, trovi sempre un modo per provare ad essere migliore di quanto lei già ti veda. Ho sempre creduto che l'amore fosse felicità allo stato puro, e anche un po' dolore, e anche un po' paura costante di perdersi. Ora so che l'amore ce l'hanno consegnato sgualcito e sotto una luce un po' distorta, ci hanno fatto credere che sia un qualcosa di estremamente complicato, so che l'amore non necessariamente deve farti svegliare la mattina con una strana euforia in corpo, e col sorriso sempre stampato sulle labbra perchè oh, sai, l'amore. So che non è fondamentale dormire col tuo braccio sotto la sua nuca perchè altrimenti non ci si ama abbastanza; è importante che, il mattino dopo, lei sia la prima cosa che cerchi con quel braccio. Ho imparato che l'amore, in realtà, non è trovare qualcuno con cui correre, ma qualcuno con cui finalmente fermarsi e tirare un po’ il fiato, è una serenità che dilata il tempo, non è una gara per vedere chi ci tiene di più, è semplicemente fare le cose perchè ci va di farle, senza tenere nessun conto. E soprattutto, l'amore è quando ci sono quelle giornate brutte in cui tutto va male, e di sorridere non ti va per niente, e probabilmente sarà così fino al giorno successivo, ma quando rientri in casa e la trovi sul divano intenta ad aprire il secondo pacco di Tegolini, ecco, sai che in fondo, per oggi, va benissimo anche così.
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ma-come-mai · 1 year ago
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«Le masse non ascoltano la verità. Chi le illude diviene facilmente il loro padrone, chi tenta invece di distruggere le loro illusioni è sempre la loro vittima.»
C’era un famoso oratore nel mondo antico che era nemico di Socrate: Callicle. Cosa aveva di speciale questo Callicle? Era quello che oggi potremmo definire un imbonitore. Perché? Perché diceva alla gente quello che la gente voleva sentirsi dire. Callicle sapeva anticipare l’opinione popolare e adattarvi il proprio discorso, così da catturare sempre il consenso della folla.
Usava spesso nei suoi discorsi parole-chiave come: «libertà», «patria», «democrazia», «diritti», «cambiamento», parole cioè che facessero presa sulla gente. Parlava senza mai dire nulla di concreto, senza sbilanciarsi troppo. Parlava cioè quella lingua che oggi si chiama «politichese». Opposta alla figura di Callicle vi è invece Cassandra, colei che nonostante la veridicità delle sue parole, viene trattata come una folle e creduta soltanto quando ormai è troppo tardi. Perché? Perché Cassandra a differenza di Callicle non conosce l’arte della parola.
Ma perché la gente non smaschera i tanti Callicle di oggi e di ieri? La risposta ve la fornisce Orwell in quel capolavoro che è 1984. Ricordate il bipensiero? Il Partito nel romanzo di Orwell impone alla gente le sue verità e l’attimo dopo smentisce quanto ha detto, ma non importa, la gente continua a credergli. Vi suona familiare?
La massa è più che disposta ad essere ingannata. Chi parla con sincerità viene spesso deriso e frainteso e negli agoni politici il popolo da la sua preferenza a chi invece lo seduce e lo lusinga. Costui riscuote sempre un grande successo perché sfrutta le speranze e le paure del suo uditorio; alimenta tali speranze con grandiose promesse, condannando all’oblio le tante “Cassandre”, che continuano a gridare la verità.
Guendalina Middei, anche se mi conoscete come Professor X (su fb)
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solosepensi · 2 months ago
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Il suo paesaggio cambiò. Se aveva vissuto a Parigi come un estraneo e a Roma come un ospite, ora la sua vera casa era la pineta di Roccamare, presso Castiglione della Pescaia. In qualche modo, ripeteva il paesaggio ligure. Anche qui, tutto era limitato: una striscia di sabbia chiusa tra due promontori, una pineta, una macchia, un piccolo giardino dove tutto sembrava miniutarizzato. Scriveva nel cuore della casa, in alto, in uno studiolo raggiunto da una scala pericolosissima, come in un pollaio aereo o in una colombaia. Sotto i suoi piedi, la moglie parlava con le amiche o con la domestica, entravano i fornitori, arrivavano gli amici; e lui continuava a scrivere, immerso nel rumore dell'esistenza, vegliando sulla casa come una cicogna. Non diceva mai di no alle cosa. Ma si era ormai allontanato profondamente dalla realtà, chiuso nel suo mondo di ombre leggere. Sulle soglie tra lui e la vita, tra lui e gli altri, aveva disposto la moglie, che doveva riferirgli tutto: che volti avessero gli altri uomini, cosa accadesse nella pineta, che ombre gettassero gli alberi, che odori attraversavano il prato, che sapori avevano i cibi, che suoni la musica. Lassù in alto, come un'ape riceveva il miele che la moglie aveva raccolto, e lo depositava nella delicatissima arnia della sua mente. (…)
Poi sulla pineta scesero, troppo rapidamente gli ultimi anni. Volgendo le spalle a qualsiasi idea generale, Calvino si accontentava di contemplare un'onda, un ciuffo d'erba nel giardino, un uccello che cantava (…) L'ultima estate fu difficile. Scriveva le sue Lezioni americane: un libro bellissimo, l'Ars poetica della nostra fine di secolo, dove la letteratura antica e moderna si riflettono in un limpido specchio. Non era di buon umore: non usciva più di casa, chiuso nell'alta colombaia, non faceva il bagno. Pensava di perdere tempo: era uno scrittore, doveva dar forma alle decine di racconti che gli gremivano il capo, non riflettere sulla letteratura. Ai primi del settembre 1985 le Lezioni erano quasi finite: ma, per lui appartenevano già ad un tempo passato. In quegli ultimi giorni lo vidi due volte; e fu tenero, affettuoso, divertente, quasi felice. (…) Poi non ci fu più niente. Ci fu la caduta al suolo, la cosa dell'autoambulanza fino a Siena, l'orribile ospedale dove avevo conosciuto altre morti, i visi stravolti dei medici, l'operazione inutile, i discorsi inutili, le attese inutili, il capo bendato, la piccola tomba sul mare di Castiglione. Una mattina i medici ci dissero, per consolarci, che tutto era andato benissimo. Quella di Italo era una malformazione cerebrale congenita. Avrebbe dovuto morire a venticinque o trenta anni al più tardi. Quanto tempo aveva guadagnato; quanti libri aveva scritto, col suo passo da marinaio-contadino che si inoltrava nei gerbidi. Come era stato accorto nel sottrarre tempo - l'unica ricchezza che importa - alle divinità che si prendono gioco di noi. E mi dissi che nemmeno lui, forse, sapeva di essere così fragile. Aveva eluso la propria fragilità colla pazienza, il lavoro, la discrezione e quella terribile maga, che trasforma ogni fragilità in forza, ogni forza in fragilità: la letteratura.
Non sogno mai. Due anni più tardi, Italo mi apparve in sogno. Aveva ancora la fronte bendata, ma il sorriso era quello, luminosissimo, dell'ultima sera. Mi diceva: «Sai, è stato tutto uno sbaglio. I medici non hanno capito. Non sono morto».
Pietro Citati in ricordo di Italo Calvino
#ciaoitalo
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klimt7 · 11 months ago
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È bene che le persone aprano gli occhi sulla direzione che ha preso questo Governo di Destra.
Riprendo due articoli comparsi sulle pagine di Repubblica negli ultimi cinque giorni.
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Più disturbi alimentari e meno fondi dal governo: “Lasciano sole le Regioni”
LA TESTIMONIANZA
“Io, madre di un’anoressica, vi dico che questo governo se ne frega dei più deboli”
di Caterina Giusberti
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Niente più fondi per i disturbi alimentari che riguardano 4 milioni di italiani: “E’ la seconda causa di morte tra i ragazzi, senza sostegno sono perduti”
«Queste non sono devianze, sono malattie psichiatriche gravi. Queste ragazze e questi ragazzi non hanno più voglia di vivere, si trasformano. Senza la rete sui disturbi alimentari dell’Emilia-Romagna la mia famiglia sarebbe stata persa. Ma a questo governo dei fragili, dei deboli, non importa nulla: si vede dalle scelte che fanno». Claudia è mamma di una ragazza di 17 anni che si ammalata di anoressia a luglio 2020, in piena pandemia. All’improvviso al mare non voleva più mangiare il gelato, a cena litigava con la forchetta, sminuzzava tutto, ha iniziato a pesare sempre meno.
La situazione è precipita in pochi mesi, a ottobre 2020 ha vissuto il primo di una serie di ricoveri salva-vita. «E ne stiamo uscendo, faticosamente, adesso», dice Claudia.
Per un periodo sua figlia è stata seguita anche dal centro Gruber. «Ma i posti in residenza erano pieni - racconta - quindi ci avevano prese in day hospital: io la portavo tutti i giorni alla mattina e la andavo a prendere la sera. Dopo un po’ però ci dissero che non era il posto per lei, perché era troppo grave, stava perdendo troppo peso. Così alla fine abbiamo trovato posto a Parma, in una struttura residenziale che si chiama Il Volo». Sua figlia c’è rimasta nove mesi. «Quando è arrivata lì non mangiava niente, pesava 37 chili. Poi lentamente, piano piano, hanno iniziato a farle riprendere un pochettino di peso. Col tempo ha iniziato a potere uscire un po’ e alla fine è tornata a casa». Ma ancora adesso è seguita da uno psicologo, un dietista e un neuropsichiatra. In casa, a ogni pasto, misuriamo quello che mangia con la bilancia o con un mestolo. La rassicura sapere che lo facciamo», spiega Claudia
Sapere del taglio del fondo nazionale sui disturbi alimentari l’ha molto allarmata. «Penso a mia figlia che ha ancora bisogno di essere seguita - prosegue - Ma penso anche chi ha un ragazzo o una ragazza che precipita in questo problema oggi. Senza una rete di sostegno sei perso. Il rischio al quale esponi i tuoi figli è elevatissimo. È la seconda causa di morte per i ragazzi in Italia, dopo gli incidenti stradali. Servono risorse strutturali, stabili, sicure».
Disturbi alimentari, rete di cura più fragile
di Jessica Muller Castagliuolo
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Le strutture dedicate alla cura dei disturbi alimentari e della nutrizione in Italia sono 126, frammentate a livello regionale. Senza il finanziamento molte rischiano la chiusura
Negoziare una tregua. Fermarsi prima che sia troppo tardi.
È complesso quando teatro di battaglia politiche è il proprio corpo che, chilo dopo chilo, finisce per identificarsi con la malattia che lo divora. Un percorso feroce, che svuota o sedimenta troppo. A camminare su questo filo sospeso sono sempre più ragazze e ragazzi che dai disturbi alimentari stanno cercando di uscire. Un grido collettivo che proviene da corpi silenziosi, la cui traccia evapora davanti a uno specchio.
Nel riflesso, l’immagine di un’epidemia: i disturbi alimentari sono la seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali.
Oltre 3 milioni le persone prese attualmente in carico in Italia.
“Oggi il disturbo prevalente è la bulimia nervosa. I disturbi mutano rapidamente perché sono collegati a contesti culturali e sociali del nostro tempo. Sono sofferenze profonde, c’è un desiderio di morte dentro”. Laura Dalla Ragione, direttrice della Rete disturbi alimentari Usl 1 dell’Umbria, ci racconta che negli ultimi anni la situazione è cambiata, non solo per l’aumento dei casi, che dai 680.456 del 2019 sono cresciuti di un milione nel 2023, per arrivare a 1.680.456, “a cambiare è la psicopatologia: in questo momento i quadri dei disturbi alimentari puri sono il 40%, il 60% sono invece quadri di comorbilità con altre patologie. Ad esempio, l’autolesionismo, un fenomeno che è aumentato moltissimo”.
Vale anche per le malattie del nostro tempo: anoressia, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata, sono sempre più presenti nell’immaginario collettivo, ma i connotati clinici faticano ancora a trovare residenza stabile e un “paesaggio" concreto.
Susan Sontag scriveva che “è quasi impossibile prendere residenza nel regno dei malati senza lasciarsi influenzare dalle sinistre metafore architettate per descriverne il paesaggio”. Vale anche per le malattie del nostro tempo: anoressia, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata, sono sempre più presenti nell’immaginario collettivo, ma i connotati clinici faticano ancora a trovare residenza stabile e un “paesaggio" concreto.
Il Fondo cancellato
Tuttavia, l’emendamento votato dal Senato il 21 dicembre 2021 sanciva un passo in avanti con l’istituzione di un Fondo presso il Ministero della Salute di 25 milioni di euro (15 milioni di euro per il 2022 e 10 milioni per il 2023) dedicato all’apertura di centri specializzati e alla creazione di una rete di sostegno per pazienti e famiglie. Ma la Legge di Bilancio 2024 taglia il finanziamento e i centri di assistenza, già pochi e frammentati a livello regionale, rischiano la chiusura il 31 ottobre prossimo.
Le strutture sul territorio nazionale, secondo l’ultimo censimento al 2023, sono 126 di cui 112 pubbliche 14 appartenenti al settore del privato accreditato. 63 i centri al Nord (20 in Emilia-Romagna e 15 in Lombardia), 23 al Centro (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), 40 quelli distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). “Ci sono regioni che hanno attivato degli ambulatori con questi fondi perché non avevano nulla: il Molise, l’Abruzzo, le Marche, la Campania, la Puglia. È stato assunto personale a termine che non potrà essere rinnovato”, commenta Dalla Ragione.
Ma cosa implica per una persona affetta da un disturbo alimentare interrompere le cure?
“L’interruzione delle cure è un elemento di aggravamento del quadro e significa lasciare i pazienti in balia di sé stessi. Quando si inizia un trattamento si instaura un rapporto di fiducia.
Non puoi dire a un paziente, dopo averlo a fatica convinto che questo sia il percorso giusto, che l’ambulatorio ora chiude.
Ci sono pazienti delicati che possono anche rapidamente avere un’evoluzione negativa”
Stefano Tavilla, co-fondatore della Fondazione Fiocchetto Lilla, spiega: “Le liste d’attesa si allungheranno e purtroppo si inizierà a pensare a una risoluzione della cura verso il basso. In quel contempo, la malattia va avanti. A quel punto la condizione di salute del paziente si aggrava e quando si è finalmente presi in carico la malattia non sarà più certificata da un percorso di guarigione, ma di raggiungimento di minimi obiettivi, che possono essere un particolare peso o la scomparsa di sintomi. Questo vuol dire che andiamo a creare una generazione di malati a lungo termine”.
I livelli essenziali di assistenza [L.E.A.]
È intanto in corso la revisione dei Lea (livelli essenziali di assistenza), ferma al 2017, e sono state fatte proposte dalle società scientifiche e dalle associazioni dei familiari, per inserire finanziamenti vincolati e permanenti per i Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione e di allargare le prestazioni gratuite necessarie al monitoraggio della patologia, vista la complessità e la durata delle patologie.
“La nostra istanza è nata già con una manifestazione di piazza ad ottobre 2021, in pieno Covid – continua Tavilla - Attualmente su 21 regioni solo 9 hanno una rete completa.
Si finisce per peregrinare in Italia alla ricerca di un sistema di cura e si creano lunghe liste d’attesa.
L’inserimento nei L.e.a. permetterebbe a tutte le regioni di avere le risorse dedicate per creare una rete minima di cura che va dall’intercettazione del paziente in ambulatorio, alla comunità residenziale o all’ospedale”. Laura Dalla Ragione aggiunge: “Ci devono essere dei fondi vincolati per i disturbi alimentari, esattamente come per l’autismo.
Sono patologie dove il tasso di mortalità e molto alto e dove, essendoci una componente psichica e medica, la mortalità non è solo legata al suicidio (come avviene per le salute mentale), ma anche a conseguenze organiche”.
Dai disturbi alimentari si può però guarire. Ma, come conclude Laura Dalla Ragione: “Non c’è in letteratura un caso di remissione spontanea da queste patologie: non si guarisce senza cure.
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superfuji · 1 year ago
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Quanti anni aveva quando ha scoperto la matematica? Direi piú di quanti ne ha la memoria. Inizialmente mi sono dedicata alla musica. Ero perfettamente intonata. Lo sono tuttora. Piú tardi suppongo di essere arrivata a vedere il mondo come assai impermeabile a qualsiasi descrizione esaustiva ne venga data. Ma la musica sembrava sempre fare eccezione a tutto. Sembrava inviolabile. Autonoma. Completamente autoreferenziale e coerente in ogni sua parte. Volendola descrivere come qualcosa di trascendente potremmo parlare di trascendenza ma dubito che andremmo lontano. Ero profondamente sinestesica e pensavo che se la musica aveva una realtà intrinseca – colore e sapore – che solo poche persone erano in grado di cogliere, magari aveva altri attributi ancora da individuare. Il fatto che fossero cose soggettive non le bollava in nessun modo come immaginarie. Potrei fare di meglio, vero? La sto ascoltando. Se stirassi – per cosí dire – un brano musicale, mentre il suono scema il colore sbiadirebbe. Non so proprio cosa dedurne. Quindi la musica da dove viene? Nessuno lo sa. Una teoria platonica della musica non fa che confondere le acque. La musica è fatta di niente se non un pugno di regole alquanto semplici. D’altra parte è vero che non le ha inventate nessuno. Le regole. Le note stesse non corrispondono praticamente a niente. Ma come mai una disposizione particolare di queste note possa influenzare cosí profondamente le nostre emozioni resta un mistero che va addirittura oltre ogni speranza di comprensione. La musica non è un linguaggio. Non allude a niente se non a se stessa. Se vuoi chiama pure le note con le lettere dell’alfabeto ma non cambia. Per quanto curioso possa sembrare, non sono astrazioni. Cosí come la conosciamo la musica è completa? In che senso? Esistono categorie quali maggiore e minore che dobbiamo ancora scoprire? Sembra poco probabile, vero? Eppure molte cose sono improbabili finché non appaiono. E cosa esprimono queste categorie? Da dove sono uscite? Che cosa significa che sono di due diverse sfumature di blu? Ai miei occhi. Se la musica era qui prima di noi, per chi lo era? Da qualche parte Schopenhauer dice che se l’intero universo svanisse l’unica cosa che rimarrebbe sarebbe la musica. Piuttosto ardito. Lo credeva davvero? Probabilmente no. E lei? Penso che stesse solo cercando di stabilirne il primato. Della musica. In quanto fenomeno trascendente forse? Una cosa che può esistere senza bisogno d’altro? Può qualcosa esistere senza bisogno d’altro? A rigor di logica no. Se lo spazio contenesse una sola entità tale entità non esisterebbe. Non esisterebbe niente che ne giustifichi l’esistenza. Non capisco. Non importa. Fatto sta che questo è un mondo classico.
Cormac McCarthy - Stella Maris
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