#è tardi ma che importa?
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Ritrovarsi
Finalmente noi, di nuovo noi.
Spogliati dalle nostre paure.
Nudi uno di fronte all’altra.
Donarsi, perdersi, sciogliersi in un abbraccio senza sapere dove finisce uno e dove inizia l’altra.
Guardarsi, ridere, baciarsi.
Due corpi uniti nello spirito oltre che nella carne.
Mia.
Tuo.
Ti ho trovata.
Mi sono ritrovato.
Non voglio essere da nessun’altra parte
Spengo io la luce mentre poggi la testa sul mio petto.
E notte sia…
#momenti di felicità#quando siete felici fateci caso#è tardi ma che importa?#passione#vorrei non dormire#fermate il tempo
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L'altro giorno, ero al supermercato a fare la spesa intorno alle 18:30 quando un uomo anziano è entrato nel corridoio della pasta e mi ha messo una mano sulla spalla. Ho sobbalzato. La mia prima reazione è stata quella di arrabbiarmi e chiedergli di non toccarmi. Poi ho notato qualcosa. L'uomo stava piangendo. Sembrava sconvolto e confuso.
Improvvisamente mi ha chiesto: "Sai dov’è mia moglie? La sto cercando." Gli ho risposto che non lo sapevo e gli ho suggerito di chiedere aiuto al banco informazioni per trovarla. Pensavo che l'avesse persa tra le corsie. A chi non è mai capitato? Ma mi sbagliavo.
Ha continuato a chiedere: "Dov'è mia moglie? Era proprio qui." Le lacrime gli riempivano gli occhi. Gli ho detto di nuovo che non ne ero sicura e gli ho proposto di accompagnarlo al banco del servizio clienti, dove avrebbero potuto fare un annuncio tramite gli altoparlanti. Ha accettato.
Lì, la donna al banco ha chiesto un nome. Lui mi ha guardato, come se fossi io ad avere la risposta. La donna ha alzato gli occhi al cielo e si è rivolta a me: "Signorina, ha IL NOME?" Le ho spiegato che non conoscevo quell'uomo e che non avevo più informazioni di lei. "È uno scherzo?" ha chiesto. A quel punto mi sono resa conto che quell'uomo non era semplicemente confuso, ma affetto da Alzheimer. Avendo avuto un nonno con questa condizione, lo riconoscevo fin troppo bene.
L'ho portato all'area ristoro e ci siamo seduti. Ora tremava e piangeva piano. "Dov'è il mio amore?" Gli ho preso le mani e gli ho chiesto se avesse un cellulare. Mi si spezzava il cuore per lui. Mi ha detto che non ne era sicuro, così gli ho chiesto se potevo cercare nelle sue tasche. Ha acconsentito. Con attenzione, ho trovato un piccolo cellulare a conchiglia. Ho cercato tra i contatti e ne ho trovato uno chiamato "Figlia Krissy". L'ho chiamata subito. Ha risposto in pochi secondi.
"Pronto?" ha detto, con la voce già preoccupata. Le ho spiegato che ero con un uomo anziano che presumibilmente era suo padre. Che eravamo al supermercato di Lane Street e che lui era molto sconvolto e turbato.
"Sto arrivando," ha detto. "Puoi assicurarti che non si allontani?" Ha continuato: "Grazie, grazie mille. Sto venendo."
Per circa 20 minuti, sono rimasta seduta con uno sconosciuto in lacrime. Gli ho tenuto le mani. Gli ho asciugato le lacrime. Quando ha tremato, gli ho messo la mia giacca in grembo. Gli ho dato le risposte di cui aveva bisogno in quel momento. L'ho tenuto lontano dal vagare. Perché era il minimo che potessi fare.
Improvvisamente, è entrata una giovane donna alta, che sembrava avere circa 28 o 29 anni. Lunghi capelli neri e occhi verdi. Ci siamo scambiati uno sguardo e lei si è precipitata verso di noi. "Grazie. GRAZIE," ha detto. "Dovevo assentarmi solo per un'ora, e questo succede. Sapevo che non avrei dovuto lasciarlo. Mi dispiace tanto." Mi ha spiegato che a volte lui si allontana per cercare sua moglie. L'ha persa 13 anni fa, ma non smette mai di cercarla.
Ha aiutato suo padre ad alzarsi dalla sedia e mi ha ringraziato ancora una volta. Mentre uscivano, l'ho sentito dire di nuovo: "Dov'è mia moglie?" Mi si è stretto il cuore, ma ero così felice di vederlo con la sua famiglia di nuovo.
Condivido questa storia non solo perché quest'uomo mi ha toccato il cuore, ma per dire questo: La maggior parte del mondo sono estranei per te. Lo so. Ma non dimenticare mai che condividiamo tutti questo mondo e, in esso, possiamo condividere gentilezza. È l'unica cosa che può farci andare avanti. Se vedi qualcosa, fai qualcosa. Non sai mai quanto grande può essere il tuo impatto sulla vita di qualcun altro.
Non mi importa che il carrello della spesa che avevo lasciato nel corridoio della pasta durante il trambusto sia stato svuotato e messo a posto. Non mi importa di aver cenato un po' più tardi quella sera. Di essere tornata a casa e di aver pianto in cucina per questo dolce, povero uomo. La gentilezza non costa nulla.
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👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
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Non tornerai. Non sarai tu ad ascoltarmi cantare sotto la doccia, non sarai tu a lavare via le mie lacrime dalla giacca, non sarai tu a dormire accanto a me, a rimandare la sveglia dieci e cento volte per guardarci mentre facciamo finta di dormire e a voce bassa ci diciamo che è tardi, ma non importa.
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CENTRALINI DEGLI OSPEDALI
I centralini degli ospedali sono scogli durissimi.
Telefoni. Devi assolutamente parlare con un reparto per una faccenda burocratico-sanitaria. Una voce registrata femminile con ottima dizione fa una lunga introduzione sul trattamento dei dati personali, che tu accetterai senza discutere premendo un tasto. Accetterai perché non hai scelta, un po' come per i cookie dei siti internet. Sai che la privacy è importante, ma in questo momento del trattamento dei dati non ti importa nulla. L'alternativa è terminare la chiamata.
Poi la voce registrata ti spiega il ventaglio delle scelte.
Se desideri fare una certa cosa, devi premere 1.
Se desideri farne un'altra, devi premere 2.
Tu vuoi parlare col centralino per farti passare un reparto. Attendi la spiegazione di ogni opzione. Quella che ti serve è sempre l'ultima. Finalmente è arrivato il tuo momento. Premi 4. Ti mettono in attesa. Ci sei quasi.
Ma l'attesa è più lunga del previsto.
Poi torna quella voce registrata, inspiegabilmente allegra. Ti dice: "Ci spiace, a causa dell'elevato traffico la invitiamo a richiamare più tardi".
FINE
[L'Ideota]
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Tempus fugit
Il tempo è veloce, subdolo, e già è volato un altro anno. Se non fosse per i botti e lo spumante, se non fosse per tutta questa forzata allegria, nemmeno te ne accorgeresti. Eppure ogni secondo che passa è un secondo in meno a disposizione. Un battito di ciglia, qualcosa che se ne va e non ritornerà più. Ciò che vivi accade una volta sola. Pensaci, ora, e afferra il momento. Potrebbe essere la peggiore tragedia o il miglior capolavoro. Non importa. Godi la vita, stringila e succhiala, ingoiala come un'ostrica e troverai la perla più preziosa. La consapevolezza del tempo che passa e del significato di questa folle corsa regala la bellezza di esistere, al di là di orizzonti e destini più o meno fortunati. Danza il tempo e avvolgiti in un tango, scuotiti, sorridi, agita i fianchi. Vivilo con coraggio e umiltà. Non ne sei padrone, non puoi aggiungere un solo istante a quelli che hai a disposizione, ma solo accogliere, grato, responsabile del miracolo di un respiro o di un'idea, di un'azione o di una scelta. Ama le persone che hai accanto, e quelle che non ci sono amale più forte, perché vivono in una dimensione di pace e di gioia, così lontane dai nostri guai ma così vicine a noi, in modo sottile e meraviglioso. Non smettere di sognare, di credere nell’incredibile, di tentare l’impossibile. Desidera, attendi, spera. Tre azioni per un unico scopo, tre tinte che insieme generano un colore capace di trasformarsi in magia. Sii responsabile di una speranza, come il contadino che semina e si prepara all’attesa, con la certezza che sarà la terra a prendersi cura del seme e a cullare il miracolo. Ama e impara la pazienza, rispetta i ritmi della tua felicità e di quella degli altri. Ogni cosa si rinnova solo se sei capace di attendere, solo se ne hai la forza e il coraggio. Non esiste paura o pigrizia, non c’è noncuranza nell’attesa. Nel silenzio più puro si accende il sorriso del saggio, quello di chi tace aspettando una musica che annienti il frastuono del mondo, sapendo che presto o tardi arriverà. A chi mi ha cercato, voluto, tenuto. A chi mi ha perduto e rimpianto. Buon 2025. Che sia un anno nuovo, ma nuovo davvero. Auguri.
-Guido Mazzolini-
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Ma no, non importa se fai tardi
Va bene anche la scusa del telefono
O quella del truccarti, va bene
Perché tanto non mi pesa
Se sai quant'è bello ciò che aspetti
è bella anche la sua attesa.
Gireremo Roma fino a tarda notte,
Pure se di giorno l'ho girata cento volte
Passeremo sotto le volte delle chiese
Parlando delle stelle, la vita
L'amor cortese
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Ci sono cose IMPORTANTI da dire ai nostri Figli.
Come ad esempio che il fallimento é una grande possibilità.
Si ricade e ci si rialza.
Da questo s’impara. Non da altro.
Dovremmo dire ai figli maschi che se piangono...non sono femminucce.
Alle femmine che possono giocare alla lotta o fare le boccacce senza essere dei maschiacci.
Dovremmo dire che la noia è tempo buono per sè.
Che esistono pensieri spaventosi, e di non preoccuparsi.
Dovremo dire che si può morire...ma che esiste la magia.
Ai nostri figli dovremmo dire che il giorno del matrimonio non è il più bello della vita.
Che ci sono giorni sì e giorni no.
E hanno tutti lo stesso valore.
Che bisogna saper stare...e basta.
E che il dolore si supera.
Ai nostri figli maschi dovremmo dire che non sono Principi azzurri e non devono salvare nessuno.
Alle femmine che nessuno le salva...se non loro stesse.
Altrimenti le donne continueranno a morire e gli uomini ad uccidere.
Ai nostri figli dovremmo dire che c’è tempo fino a quando non finisce e ce ne accorgiamo sempre troppo tardi.
Dovremmo dire che non ci sono nè vinti nè sconfitti, e la vita non è una lotta.
Dovremmo dire che la cattiveria esiste ed è dentro ognuno di noi.
Dobbiamo conoscerla per gestirla.
Dovremmo dire ai figli che non sempre un padre e una madre sono un porto sicuro.
Alcuni fari non riescono a fare luce.
Che senza gli altri non siamo niente.
Proprio niente.
Che possono stare male.
La sofferenza ci spinge in avanti.
E prima o poi passa.
Dovremmo dire ai nostri figli che possono non avere successo e vivere felici lo stesso.
Anzi...forse...lo saranno di più.
Che non importa se i desideri non si realizzano...ma l’importante è desiderare.
Fino alla fine.
Bisogna dir loro che se nella vita non si sposeranno o non faranno figli...possono essere felici lo stesso.
Che il mondo ha bisogno del loro impegno per diventare un luogo bello in cui sostare.
Che la povertà esiste e dobbiamo farcene carico.
Che possono essere quello che vogliono.
Ma non a tutti i costi.
Che esiste il perdono.
E si può cedere ogni tanto per procedere insieme.
Ai figli dovremmo dire che possono andare lontano. Molto lontano.
Dove non li vediamo più...ma che noi saremo qui ad aspettarli quando vorranno tornare.
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Storia Di Musica #304 - Bob Dylan, Bringing It Al Back Home, 1965
Ogni anno ho raccontato un disco di Bob Dylan. Prescindere da Dylan è impossibile per il rock, e arriva in luoghi, stili e musicisti che a prima vista sembrano lontani anni luci da lui. Eppure, il suo è uno degli ingranaggi cruciali che mette in moto la macchina della musica popolare occidentale (e non solo) che è arrivata fino ad oggi. Il disco di oggi è l'occasione per un viaggio alquanto insolito, che svelerò alla fine, per chiudere il 2023 musicale. Il disco di oggi nasce da alcune idee che erano state scartate per quello precedente, Another Side Of Bob Dylan del 1964. Sebbene ancora legato al folk, quel disco scopre un lato introspettivo che il Dylan di quei tempi ancora doveva scandagliare: inizia quindi a mettere di lato (sebbene non lo abbandonerà mai del tutto) il lato politico e sociale (dello stesso anno è The Times They Are A-Changin') per quello privato. Inoltre c'è la necessità musicale di legare insieme il folk dei primordi con le nuove pulsioni del rock'n'roll, che secondo Dylan gli permetterebbero maggiore libertà creativa. Decide quindi di andare a vivere in una piccola villetta di campagna a Woodstock, proprio a pochi km dalla spianata che pochi anni più tardi fu teatro di una immensa folla rock, casa di proprietà del suo manager Albert Grossman. Dylan adora quel posto, e ci passa tutta l'estate. Dopo pochi giorni, è raggiunto da Joan Baez, che racconta la routine del menestrello di Duluth: passava la giornata alla macchina da scrivere, accompagnato incessantemente da sigarette e bottiglie di vino, e spesso nel cuore della notte avendo avuto una intuizione si metteva a scrivere senza soluzioni di continuità. Dylan è cauto, e affina tutti i particolari: alla prima sessione di registrazione canta da solo acustico. Il giorno dopo, 14 Gennaio 1965 che nella storia del rock è un giorno importante, si presenta con una band elettrica: i chitarristi Al Gorgoni, Kenneth Rankin, e il grande Bruce Langhorne, il pianista Paul Griffin, i bassisti Joseph Macho Jr. e William E. Lee, e il batterista Bobby Gregg. Registrano per ore, e le canzoni volano veloci e in poche ore, quando è notte fonda, è pronto metà disco. La sera successiva, il 15 Gennaio, Dylan dopo cena si presenta con una nuova band, tra cui John P. Hammond, che diventerà suo fido braccio destro negli anni a seguire, e John Sebastian, che diventerà famoso con i Lovin' Spoonful. Di questa sessione però non fu salvato nulla, così il 16 torna in studio con tutti i musicisti e finisce di registrare il disco. Che secondo il racconto dei presenti fu tutto di first takes, cioè canzoni registrate e considerate buone dopo solo una registrazione. Dylan, timoroso che il passaggio totale alla musica elettrica fosse un passo troppo lungo, decide di dividere il disco a metà con canzoni vecchia maniera musicalmente, ma che nei testi e nelle idee lo propongono del tutto nuovo: un surrealismo fantastico che lega Rimbaud alla beat generation, e che inizia a popolare lo scenario della musica giovanile di luoghi e personaggi che diventeranno archetipi.
Il 22 Marzo 1965 viene pubblicato Bringing It All Back Home dalla Columbia. Verrà distribuito in alcuni paesi con il titolo di Subterrean Homesick Blues, nome del primo singolo, ma ciò che importa è che è uno dei più grandi dischi di Dylan, ergo, è uno dei più grandi dischi della storia del rock. Perchè riesce nell'intento che si era prefissato, cioè trovare un legame credibile tra la tradizione folk, il blues e il nascente rock, creando paesaggi lirici che sconvolgono, consegnando alla storia canzoni mito su cui tutti hanno preso spunto. La sequenza di canzoni è ormai a quasi 60 anni dall'uscita un greatest hits: Subterrean Homesick Blues è il biglietto d'ingresso nel mondo elettrico, e passa anche alla storia per l'innovativo videoclip, famosissimo e stracitato, di Dylan con i cartelli di parole chiavi del testo, con Allen Ginsberg che passeggia sullo sfondo di una vecchia fabbrica in rovina. Il testo, che utilizza anche espressioni da strada, è una infinita carrellata di riferimenti, più o meno chiari, alla società, alla politica, al giornalismo, e inizia a creare delle espressioni che diventeranno futuri slogan tra studenti, manifestanti per i diritti civile e così via (il più famoso You don't need a weather man\To know which way the wind blows). She Belongs To Me è l'ennesima novità stilistica: la prima figura di "donna ammaliatrice" (definizione di uno dei massimi studiosi di Dylan, Robert Shelton) con cui esiste un rapporto difficoltoso, sebbene non si sappia chi sia realmente l'spirazione, le più accreditate sono Suze Rotolo, la sua ex fidanzata che sta con lui sulla copertina di Freewheelin' Bob Dylan, Joan Baez, sua sodale, Nico, la cantante svedese che conobbe alla Factory di Warhol e che canterà con i Velvet Underground o forse Sara Lownds, quella che diventerà sua moglie poche settimane dopo l'uscita del disco. Ogni canzone diventerà un'icona: Maggie's Farm, probabilmente un blues contro ogni forma di sfruttamento; On The Road Again è una dichiarazione profetica sul rapporto Dylan-successo, dove il primo spesso sceglie la lontananza e l'autoesilio, impaurito da quello che succede; It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding), tutta acustica, è uno dei massimi capolavori lirici dylaniani, con una carrellata drammatica per tensione e suggestione di immagini e sensazioni che esprimono un impellente desiderio di critica nei confronti dell'ipocrisia, del consumismo, dei sostenitori della guerra, e della cultura americana contemporanea, che rispetto al Dylan folk stavolta non si risolve in un ottimismo rivoluzionario, ma in un arrabbiato status quo da osservare. Ricordo altre due perle: It's All Over Now, Baby Blue, Dylan alla chitarra acustica e all'armonica a bocca e William E. Lee al basso come unica strumentazione, è un'altra ballata storica, dai mille significati (chi sia o cosa sia Baby Blue, per esempio) ma la canzone più famosa è senza dubbio Mr. Tambourine Man, altra canzone dai mille significati e simbolismi, che diventerà un soprannome dello stesso Dylan, e oggetto di centinaia di saggi, anche accademici, alla ricerca dei messaggi più reconditi di questo vagabondo con tamburo intento a suonare una canzone per lui mentre la notte sta per terminare avviandosi verso il mattino tintinnante.
Il disco è un successo: numero 6 nella classifica americana, addirittura numero 1 in Gran Bretagna, dove in quei mesi inizia una vera e proprio Dylanmania. E sarà uno dei più coverizzati di sempre: i Byrds lo riprenderanno quasi del tutto, e molte delle loro versioni di questi brani diventeranno famose, anche per l'uso nelle colonne sonore, da ricordare quelle in Easy Rider. Ma non tutti furono folgorati, e non posso non ricordare l'episodio che avvenne al Festival Di Newport: il 25 luglio 1965 Dylan si presentò sul palcoscenico non come cantante solista con chitarra e armonica come suo solito, ma con una chitarra elettrica accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band, formidabile band di blues elettrico. Qui succede questo: non si sa nemmeno bene se fosse colpa dell'acustica che non funzionava, ma il pubblico iniziò a fischiare Dylan, che dopo un paio di brani lasciò il palco; gli organizzatori lo convinsero a ritornare, solo con armonica e chitarra, per una sessione solo acustica che leggenda vuole finisca con It's All Over Now (Baby Blue), da allora canzone anche per sancire un passaggio epocale nella vita delle persone deluse dai cambiamenti.
Rimane da raccontare la copertina: Daniel Kramer con una lente distorsiva fotografa Dylan in un salotto con una donna, Sally Grossman, moglie dell'allora manager di Dylan, Albert Grossman. Sul tavolino tra i due dischi famosi Keep On Pushing de The Impressions, King Of The Delta Blues Singers di Robert Johnson, India's Master Musician di Ravi Shakar, Sings Berlin Theatre Songs by Kurt Weill di Lotte Leyna e l'amico Eric Von Schmidt con The Folk Blues Of Eric Von Schmidt; dietro Sally Grossman, seminascosto da un cuscino, c'è il lato superiore della copertina dell'album Another Side Of Bob Dylan, e sotto il suo braccio destro, una copia della rivista Time con Lyndon B. Johnson in copertina. Sulla mensola del camino, alla sinistra del dipinto, si vede l'album di Lord Buckley The Best Of Lord Buckley. Compare un gatto, che si chiamava Rolling Stone, Dylan indossa dei gemelli regalati da Joan Baez e in primo piano, in basso a sinistra della fotografia, campeggia un cartello con su scritto Fallout Shelter (rifugio antiatomico). Questo tavolino sarò il punto di partenza di nuove storie, nel nome di Dylan e di uno dei dischi fondamentali della storia.
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Ultimamente mi rendo conto di non riuscire ad esternare le mie emozioni. E' una cosa più forte di me. Mi filtro sempre un po', perché dentro la mia testa si sta facendo davvero tanto buio e quand'è così, ho paura di raccontarlo. Un po' perché temo che le persone mi lascino; un po' per evitare di ascoltare consigli non richiesti o giudizi e svalutazioni, un po' perché parlare di quelle cose, dare loro un corpo attraverso la voce ed esternarle... Le rende in un certo senso più reali e spaventose. Finché rimangono in testa be', puoi sempre cercare di metterle da parte (non sempre e sicuramente non senza un grosso sforzo mentale). Mi rendo conto di essere molto stanca e demotivata. Sono spesso triste, con le lacrime pronte a scorrermi giù dagli occhi. Dormo male, dilaniata dall'ansia di dover fare tante cose, che poi puntualmente rimando perché non riesco a concentrarmi come vorrei e dovrei. Mi sento in colpa per questo eppure non riesco a fare chissà quanto per evitare di ricadere sugli stessi errori. Mi sembra di cercare di esserci per tutti (in famiglia, al lavoro, con le amicizie), meno che per me. Mi sento in colpa perché sento che sto riversando tutta la mia negatività e il mio senso di solitudine sull'unica persona di cui mi importa davvero. Mi vede sempre triste e stressata e io non vorrei questo... Vorrei riuscire ad essere presente quando sono con lui, invece che con la testa sovraffollata. Ieri mi sono abbuffata di nuovo. Non avevo nemmeno fame, volevo solo smettere di pensare. Volevo farmi del male e quello era il modo meno drastico che mi veniva in mente. Penso al mio corpo che cambia e che mi piace sempre meno, penso all'inverno e al fatto che probabilmente molti vestiti non mi andranno più. Penso all'umiliazione inevitabile che sarà dover chiedere dei soldi ai miei genitori per comprare qualcosa che mi entri (al punto che magari finirò per indossare sempre gli stessi vestiti proprio per dover evitare di farlo). Penso di essere un fallimento. Dopo anni di sforzi, di soldi spesi in terapie sono ancora qua ad abbuffarmi di nascosto. Probabilmente se non facesse troppo caldo per le maniche lunghe avrei reagito diversamente e la cosa ancora più folle e disturbante, è che una vocina nella mia testa afferma che sarebbe stato sicuramente meglio, perché almeno così avrei evitato di ingozzarmi e ingrassare. Ah, mi sono sentita male ovviamente. Mi sono addormentata per cercare di sfuggire ai crampi, senza neppure mettere le lenzuola sul letto. Più tardi è rientrata la mia coinquilina e mi ha svegliata per parlare, è un momento difficile per lei. Io riuscivo solo a pensare al senso di vergogna che mi stava divorando. Ho cercato di essere una buona amica, l'ho ascoltata e rassicurata, ho persino atteso che si addormentasse, ma la mia testa è sempre altrove, sempre lì, su quel pensiero maledetto. Quando pensi al suicidio come fai a dirlo? L'ultima volta dirlo è servito solo a farmi guardare con sospetto, a essere controllata a vista, ingannata e per poco pure rinchiusa. Altre volte è servito solo a far realizzare a qualcuno che ero troppo piena di problemi e che perciò era meglio lasciarmi perdere. So che certi pensieri li avrò sempre di tanto in tanto. Ma ultimante sono persistenti e accompagnati da impulsività. Sento che sta andando male di nuovo e ho bisogno di aiuto.
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Il tempo passava, la vita intorno a me cambiava, calava una sorta di crepuscolo. I libri e i ricordi si accumulavano, si infittivano sempre di più. E ogni libro conteneva un pizzico di verità, e ogni ricordo mi insegnava che è vano cercare di scoprire la vera natura dei rapporti umani, perché la conoscenza non ci aiuterà a diventare più saggi.
Gli uomini contribuiscono al loro destino, a determinare certi eventi. Invocano il loro destino, lo stringono a sé e non se ne separano pur sapendo fin dall'inizio che il loro modo di agire porterà a risultati nefasti. L’uomo e il suo destino si realizzano reciprocamente modellandosi l’uno sull'altro. Non è vero che il destino s’introduce alla cieca nella nostra vita: esso entra dalla porta che noi stessi gli abbiamo spalancato, facendosi da parte per invitarlo ad entrare. Non c'è infatti essere umano abbastanza forte e intelligente da saper allontanare, con le parole o con i fatti, il destino infausto che deriva, secondo una ferrea legge, dalla sua indole e dal suo carattere. Il mondo non significa niente. I fatti importanti non si dimenticano mai. Di questo mi sono reso conto solo più tardi, a mano a mano che mi avvicinavo alla vecchiaia. Ma i fatti marginali non esistono, li rimuoviamo come i sogni. Alle domande più importanti si finisce sempre per rispondere con l'intera esistenza. Non ha importanza quello che si dice nel frattempo, in quali termini e con quali argomenti ci si difende. Alla fine, alla fine di tutto, è con i fatti della propria vita che si risponde agli interrogativi che il mondo ci rivolge con tanta insistenza. Essi sono: Chi sei?... Cosa volevi veramente?... Cosa sapevi veramente?... A chi e a che cosa sei stato fedele è infedele?... Nei confronti di chi di che cosa ti sei mostrato coraggioso o vile? Sono queste le domande capitali. E ciascuno risponde come può, in modo sincero o mentendo; ma questo non ha molta importanza. Ciò che importa è che alla fine ciascuno risponde con tutta la propria vita.
Sàndor Màrai - "Le braci"
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Non tornerai non sarai tu ad ascoltarmi cantare sotto la doccia, non sarai tu a lavare via le mie lacrime dalla giacca, non sarai tu a dormire accanto a me, a rimandare la sveglia dieci e cento volte per guardarci mentre facciamo finta di dormire e a voce bassa ci diciamo che è tardi, ma non importa non sarai tu a rassicurarmi e non sarò io a venire a prenderti dopo un esame e non sarò io a dirti "te l'avevo detto" dopo ogni successo.
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Dieci esami possono sembrare pochi, ma in realtà sono un ostacolo che mi impedisce di guardare oltre.
Mi sento come se ogni passo in avanti fosse solo una piccola vittoria che non cambia la vastità del percorso che ancora mi aspetta.
A volte mi sembra di non riuscire a vedere la fine, non importa quanto mi sforzi.
Ogni esame sembra solo un'altra pietra su un cammino che non finisce mai.
Non riesco a darmi coraggio, a convincermi che manca relativamente poco.
La fine è ancora troppo lontana e io sono troppo stanca per essere ottimista. E se non dovessi farcela? Mi sento già fuori tempo massimo.
Ogni giorno che passa senza che io raggiunga il mio obiettivo mi sembra un fallimento, come se stessero tutti guardando me, aspettando che finalmente io riesca a finire.
È come se il tempo, che non aspetta nessuno, fosse diventato il mio peggior nemico, sempre più difficile da gestire e da conciliare con le aspettative che ho su di me e quelle degli altri.
Ogni esame che affronto non è solo un ostacolo, ma un promemoria del mio "ritardo".
In fondo, mi chiedo se il tempo perso, le occasioni mancate, non abbiano intaccato irreparabilmente il valore di quello che sto cercando di costruire, e se la laurea arrivasse troppo tardi per cambiare qualcosa nella mia vita?
Se arrivasse troppo tardi per sentirmi veramente soddisfatta?
-Il diario di Coraline🌙
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Come ogni giorno
mi racconto sarà migliore... pensaci
da cosa non so ma sembravano liberi
Sarà che il tempo sa nascondere ogni pensiero e chissà quali parole
A me cosa importa se il tempo
le tue parole sono un temporale
io guardo ciò che è lontano
Io mi nutro di sogni e di ciò che mi dai
anche non so sempre capire
chi siamo chi rimane o chi se va
sappiamo annusarci da vicino
e cercarci se lontani
mi racconto sarà migliore
nonostante tutto si muove intorno
come ogni giorno per tutti i giorni
non è mai....
Mai e troppo presto o troppo tardi
Intanto tu ridi mentre io ti guardo (G)
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mi fa tanto male il petto e ho un enorme senso di vuoto, mi tartasso la testa con mille e più domande chiedendomi dove io sia finito e perché certe cose siano andate in un certo modo nella mia vita
per quanto alcuni fossero eventi dannatamente da rimuovere e brutti riuscivo ad affrontarli o quantomeno a reagire a essi anche in modo del tutto negativo e disfunzionale
ora invece vado per inerzia e non sento dannatamente nulla e qualsivoglia stimolo io cerchi o mi si pari davanti è come se un automa ci reagisse e non una persona
è come se avessi il pilota automatico, e non sto parlando di viversi o non viversi le cose, quanto più di sentirle io, che sia un esperienza lavorativa, di studio o un qualsivoglia rapporto sociale o relazionale
ora sento solo un male assurdo e a malapena mi si fanno gli occhi lucidi, solo per questo capisco che un minimo umano lo sono ancora, ma diamine io non mi ci sento affatto
non so nemmeno quello che sto facendo o se arriverò da qualche parte così facendo
tutt'ora, proprio come in passato non ho affatto voglia di stare in questo mondo e continuo a trascinare una carcassa ormai morta
magari non mi odierò più come prima è vero, né odio così tanto gli altri come prima o come voglio fare credere
semplicemente non ha più rilevanza nulla, quelle poche persone o cose di cui mi importa rischio di rovinarle al minimo fiato sbagliato o comunque non posso permettermi di fare anche solo il minimo sbaglio per quanto possano addirittura servirmi
non so più nemmeno io cosa sto dicendo, so solo che fa male e che mi mancano certe cose, alcune positive altre tremendamente negative di me e del mio passato
intanto il tempo passa, e ciò che rimane di me o del mio passato se ne va assieme a esso
che schifo, è tutto una dannata seccatura
quanto ancora reggerò senza perdere completamente il senno e abbandonarmi?
è già finito tutto da un pezzo
"mettermi d'accordo con la vita, fare un contratto con la mia solitudine, tutte queste cose non mi appartengono, non fanno per me, non è vero?"
forse tutto questo è vero per me, sono solo l'ombra e lo spettro di ciò che sono stato e sarei voluto essere, ma che non posso essere e che non sarò mai con queste condizioni
presto o tardi ci sarà un addio, cosa avrò combinato fino a quel punto? poco di buono e troppo lasciato in sospeso.
14/12/2023. 02:05
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Ero sicuro che l'amore fosse esattamente come me lo avevano sempre descritto negli anni, come un migliaio di cavalli nella pancia ogni volta che la vedi, come un risveglio euforico, qualcosa di cui si è totalmente in balia, senza nessun tipo di controllo. Ora so che l'amore è perlopiù costruire. So che l'amore comporta un grande lavoro da parte di entrambi, non si misura in quanto ti dà, ma in quanto ti dai, un insieme di gesti che col tempo diventano più o meno involontari e automatici, come quando sei al supermercato e devi comprare il necessario per la colazione e ti ricordi di prendere il latte senza lattosio perchè lei è un po' intollerante, e sai perfettamente che va matta per i Tegolini, e allora ne prendi due pacchi, che non si sa mai. Come prendere atto che non importa quanto sia grande il letto, nè quanto faccia caldo, lei sarà sempre a due millimetri da te, girata su un fianco, i piedi freddi contro i tuoi stinchi, e la sua mano che ti cerca costantemente, ti sta così attaccata che hai paura di muoverti, anche se avresti un grande bisogno di cambiare lato perchè ti si sta intorpidendo la spalla, oppure ti sei stufato di stare a pancia in su, e inizi a studiare in anteprima tutte le manovre che dovrai fare per non svegliarla, perchè quando dorme è bellissima e sarebbe un peccato. Come, ad esempio, soffiare sul mestolo bollente prima di farle assaggiare il sugo, e rimanere al telefono per tutta la durata del suo tragitto per tornare a casa quand'è sera tardi, perchè qui è ancora un mondo di merda e c'è bisogno di stare tranquilli e saperla arrivata sana e salva. So che l'amore è fatto di poche parole, e anche se lei non fa che dirti quanto sia felice di stare con te, trovi sempre un modo per provare ad essere migliore di quanto lei già ti veda. Ho sempre creduto che l'amore fosse felicità allo stato puro, e anche un po' dolore, e anche un po' paura costante di perdersi. Ora so che l'amore ce l'hanno consegnato sgualcito e sotto una luce un po' distorta, ci hanno fatto credere che sia un qualcosa di estremamente complicato, so che l'amore non necessariamente deve farti svegliare la mattina con una strana euforia in corpo, e col sorriso sempre stampato sulle labbra perchè oh, sai, l'amore. So che non è fondamentale dormire col tuo braccio sotto la sua nuca perchè altrimenti non ci si ama abbastanza; è importante che, il mattino dopo, lei sia la prima cosa che cerchi con quel braccio. Ho imparato che l'amore, in realtà, non è trovare qualcuno con cui correre, ma qualcuno con cui finalmente fermarsi e tirare un po’ il fiato, è una serenità che dilata il tempo, non è una gara per vedere chi ci tiene di più, è semplicemente fare le cose perchè ci va di farle, senza tenere nessun conto. E soprattutto, l'amore è quando ci sono quelle giornate brutte in cui tutto va male, e di sorridere non ti va per niente, e probabilmente sarà così fino al giorno successivo, ma quando rientri in casa e la trovi sul divano intenta ad aprire il secondo pacco di Tegolini, ecco, sai che in fondo, per oggi, va benissimo anche così.
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