#è giusto ricordarlo
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Ho sognato che mio nonno tornava miracolosamente in vita, una sensazione già nota, quel beato senso di spensierato sollievo che mi faceva pensare nei sogni andati: “È tutto vero, non era morto, non lo è mai stato!” Ma stavolta era diverso, non era più la persona che conoscevo, ma quella incavata dalla malattia, le iridi nere, le ossa sporgenti, lo sguardo cattivo, incarognito. Attorno a me una tavolata di parenti in festa, totalmente indifferenti alla sua presenza, come fosse del tutto normale, un evento già passato. Cercavo di tenerlo buono, ma lui si dimenava, fuori di sé, bofonchiando insulti a mezza bocca, bestemmie contro noi e il creato, poi ha visto una pila di medicine e s’è alzato dal divano per raggiungerle, gli occhi accesi d’una fiamma perversa. Ho cercato di fermarlo, ma non riuscivo a tenerlo, s’era fatto violento e mi faceva male. Alla fine sono riuscito a spingerlo giù, immobilizzandolo a forza, vedevo il petto gonfiarsi disarmonico, come se il cuore volesse schizzargli via dal petto, pulsava e si dibatteva ribelle, batteva, batteva, finché non s’è fermato. Ha smesso di lottare e io mi sono accasciato su di lui piangendo disperato: “Scusami, non è stata colpa mia, non è stata colpa mia, scusami, ti prego, non è stata colpa mia!” per poi rivolgermi a tutti gli altri: “Mai più, vi prego, non riportatelo più indietro, mai più!” Non so bene a quale genere di colpa mi riferissi, se a quella d'averlo ucciso o a quella d'averlo riportato alla sofferenza d'una vita mortale, non mi era mai successo di sognarlo a quel modo. Vorrei ricordarlo per com’è stato durante la sua vita, quando era ancora se stesso. Ora capisco mia sorella, il suo essersi allontanata per non affrontare il decadimento fisico e mentale di nostro nonno, mentre io lo vivevo con lui quotidianamente. Non è giusto che pochi anni d’insania sovrascrivano in me vent’anni d’amore. Non puoi farmi questo.
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Comunque ancora e sempre disponibile per ricevere le foto delle mani,
È giusto fare un post per ricordarlo.
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Se c'è del male nella mia vita o in quella degli altri non sono le relazioni affettive sbagliate. Possono far soffrire, questo sì, ma sono inciampi che si commettono in due e, avendo la giusta sanità mentale, si superano. Il problema vero è il male che ci autoinfliggiamo nel reiterare certe scelte, è il male che scateniamo a seguito di relazioni tossiche, indotte o no. In questi casi siamo solo noi gli artefici di tutto, quelli che offrono il fianco in gesti autolesionistici, al limite del masochismo, all'altro che ovviamente se ne approfitta (trovami almeno una persona che non lo farebbe). Siamo sempre e solo noi che non vogliamo scansare certi eventi. Una buona fetta, è vero, ci casca addosso, ma alla seconda, terza botta, se continuiamo a stare ancora lì a braccia spalancate, testa in alto, con i puntatori laser che ci tracciano il corpo e un segno rosso giusto dritto sulla testa, in attesa che l'ennesimo meteorite ci colpisca in pieno, senza scansarci di un millimetro, beh allora significa che siamo totalmente e perdutamente stronzi e il male siamo noi.
Non è voglia di martirio o di un'autoanalisi spietata per dirci che siamo delle pessime persone - lasciamo ad altri questo giudizio - è che molti di noi, io per prima, non sanno proprio che cosa significhi gustare la vita, quello che si ha, essere felici e, se malauguratamente uno sprazzo di gioia dovesse sconquassare le nostre vite, noi facciamo di tutto per sabotare quegli attimi, andando a pescare il marcio dove non c'è, perché semplicemente ci fottiamo dalla paura, paura di vivere quei momenti, di tenerceli belli stretti perché la vita comunque è solo una e va vissuta, cazzo.
Ecco, allora, il mio proposito per questo 2025, che sarà non migliore e non peggiore di quelli passati, è riuscire ad uscire dal tunnel del pessimismo cosmico in cui ci siamo infilati, di fare due passi di lato per uscire dalla mira dei puntatori laser, di abbassare quelle maledette braccia e usarle per altro, tipo abbracciare forte chi ti è accanto e dirgli che in fondo gli vuoi bene, cancellare quella macchia di rosso in testa che ti fa da mirino, mandare a cagare il meteorite e tutti gli altri che sei capace di attirare. Di ricominciare non dico a ridere ma a sorridere, di avere un moto di indignazione verso lo schifo, il male che ci circonda, di non nascondersi ma di fare, di amare, dire e baciare.
Lo dico a me ma per ricordarlo a tutti voi. La vita fa un po' schifo ma noi facciamo di tutto per sabotarla, e calarci nei panni dei vecchietti dei Muppets (vero caro amico Mario?) perché ormai il pessimismo e il fastidio ci piacciono più di ogni altra cosa al mondo.
E come ripeto da giorni: fanculo a tutti! e Buon anno
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DALLA PAGINA FB DI VINCENZO ESPOSITO
Non hai perso l’amore della tua vita.,
"L'anima gemella!".
Hai solo perso un narcisista che stava prosciugando la tua vita. Non una "fiamma gemella" o l'anima affine: un predatore con il camuffamento giusto. Aprire gli occhi su questo è la chiave per ritrovare davvero te stessa/o.
Lui (o lei) era un attore impeccabile, con una maschera pronta per ogni occasione. Ti sembrava di conoscerlo davvero? Ah, ma quella era solo una recita. Quello che hai visto alla fine, quello che ti ha lasciato svuotata e confusa, quello è il suo vero volto.
La sua "gentilezza"? Una strategia. Il suo "fascino"? Solo un modo per trattenerti. Ogni promessa sussurrata, ogni risata condivisa era lì per un unico scopo: catturarti nella sua ragnatela. E tu, anima genuina, ci sei cascata, come molti prima di te.
Ma sotto la facciata, cosa faceva realmente? Si nutriva delle tue emozioni, della tua energia, della tua empatia, come un parassita che si attacca e risucchia fino all'ultimo pezzetto di autostima. Ti sentivi forse "amata"? No. Sei stata oggetto di una manipolazione calcolata. La tua gentilezza e i tuoi pensieri più puri sono stati sfruttati, non condivisi.
Quello che hai vissuto non è stato amore; è stato un dramma teatrale tossico, con lui nel ruolo del protagonista. Ogni tua battaglia per farti ascoltare e comprendere era solo una scena di una trama senza lieto fine. Le sue manipolazioni sottili, il ricatto emotivo, il silenzio punitivo, le continue critiche... non erano gesti d’affetto. Erano strumenti di controllo, manovre per tenerti sottomessa.
E poi, l’infedeltà, le bugie, il costante bisogno di triangolarti con altri per farti sentire INADEGUATA... Non erano “piccoli errori”, ma il suo vero modo di relazionarsi. La tua vulnerabilità era la sua linfa vitale, e ogni volta che ti umiliava o sminuiva la tua sofferenza, lo faceva intenzionalmente per farti dubitare di te stessa.
Quindi, no, non hai perso una "persona speciale". Ti sei liberata di un abisso tossico, di una zavorra emotiva che, se fosse rimasta, avrebbe continuato a risucchiarti fino a lasciarti senza forza. Uscire da questa trappola ha richiesto coraggio e una resilienza incredibile, e devi ricordarlo a te stessa ogni giorno.
I narcisisti non amano nessuno, nemmeno loro stessi, per quanto ci tengano a far credere il contrario. Se avessero una vera stima di sé, non sentirebbero il bisogno di ridurre l’altro a niente per sentirsi importanti. Non sono che vuoti a perdere, riflessi di qualcosa che non c'è.
Ora, tocca a te riscoprirti, ritrovare la forza per abbracciare relazioni sane, fatte di amore vero, di rispetto, e di autenticità. Meriti di essere vista, ascoltata e capita, di essere apprezzata e rispettata. Meriti un AMORE che ti arricchisca, non uno che ti consumi.
MERITI L'AMORE PER TE STESSO, e questo deve venire necessariamente da Te.
Dedicato a te, Uomo.
Dedicato a te, Donna
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Se insegni a mangiar merda, non lamentarti che a qualcuno piaccia Putin
Leggo in un articolo di Stefano Cappellini:
«Stavo per scrivere Solgenitsin, ma non è il dissidente giusto. Mi sono ricordato cosa si diceva e scriveva, in certi ambienti, dello scrittore russo che si opponeva all'Urss: "È un reazionario! Un nazionalista!". Vi ricorda qualcosa? Esattamente quello che dicono oggi in tanti di Navalny, che in fondo un po' di gulag se lo meritava pure.»
E va beh qua ormai se scrivi qualche cosa devi per forza dire che Hamas non ti sta simpatica e che nemmeno Putin e... e... e... però c'è in giro gente che si rifiuta di dire che è antifascista "e le foibe?".
Però se uno dice che Navalny era un nazi non vuol dire che la miglior maniera per occuparsene fosse spedirlo in un gulag. Per dire, potendo, Breivik è in un carcere che a confronto dei nostri sembra un albergo. Pure da noi Licio Gelli ha scontato la sua pena detentiva nella sua Villa e Fiore non l'ha mai scontata.
Non vuol dire nemmeno che sia cosa buona e giusta gestire uno stato a suon di omicidi politici.
Però Navalny condivideva gran parte della retorica con Putin e con Salvini in maniera anche più estremista.
Solzenicyn vogliamo anche ricordarlo come ispiratore di Putin... (a detta pure dei "dissidenti russi").
Ma d'altronde pure noi potremmo ricordarci quando eravamo noi a lodare Putin come il traghettatore della Russia al capitalismo.
E niente... a furia di dire palle... "e le foibe?" e... e... e... ti trovi i fascisti al governo. Qui o in Russia... poco importa quando stai "esportando democrazia".
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Ci vuole sempre un pensiero positivo per una persona che perdi, che ti ricorda quanto fragile e fugace sia il mondo.
È la vita ci dicono, è così che va il mondo ci dicono eppure quella parola risulta ancora terrificante. Eppure ti vedo, eppure vedo gli altri che ci hanno lasciato e sembrate così in pace ora, così profondamente in pace.
Il mondo non si può manipolare a piacimento e forse volervi tenere per sempre con me è solo egoismo.
La vita va lasciata scorrere, va accettata con la consapevolezza della sua inafferrabilità, con la certezza che il domani ora c’è e non c’è.
Una cosa però voglio lasciare quest’oggi. Quest’oggi dove tutto è scontato e dimenticarsi è più facile, chiudere il cervello e farsi fagocitare dal lavoro e dagli impegni quotidiani è più facile.
Voglio lasciare un ricordo, ora che non ci siete più entrambi.
Parla di un sole rosso al suo tramontare, parla della pietra di Bismantova così classica nella sua forma da essere citata nella Divina Commedia, parla della nostra casa di Marola, parla di una musica in sottofondo, quella del telegiornale, non mi ricordo più di quale canale, e parla dell’infanzia e di quel senso di protezione che associo a quel ricordo tutto vostro.
Chissà perché tendo sempre a ricordare solo i momenti brutti nella vita ma per voi vedo solo risate infantili e ricordi legati ai vostri oggetti personali o a cose che facevate nel quotidiano.
Ricordo il medaglione di nonna, ricordo il giocare a carte con il nonno, la maglia grigia della nonna con il fiore argentato credo sulla sinistra, ricordo come stirava la nonna, il piccione che ci ha dato da mangiare quella volta, i suoi cavalli di battaglia culinari come la bomba di riso e il vitello tonnato che di recente ho fatto chissà forse una coincidenza o forse il destino che voleva darmi un ricordo di te e di quello che eri.
Ricordo vagamente il nonno in bici in una giornata di sole con tutti i nostri cugini, una maglia blu del nonno, ricordo i suoi abbracci e ricordo purtroppo la sua sofferenza.
Ricordo l’orto, le galline, la casa, i rumori e le storie, ricordo i vostri problemi ma ricordo la bellezza di avervi intorno.
Mancate e quello è normale, mancate e non voglio dimenticare. Per questo scrivo e celebro le vostre vite, perché avete dato tanto a noi e al mondo ed è giusto ricordarlo.
Un abbraccio a tutti i grandi uomini e donne che ci hanno lasciato. Il mondo è duro senza di voi, senza la vostra saggezza. Speriamo che le vostre storie ci insegnino e ci portino sostegno perché la vita umana prosegua nel migliore dei modi.
Un abbraccio, nonni.
@chantallazzaretti
#frasi#pensieri#vita#parole#scrittoriitaliani#frase#frasitumblr#frasi sulla morte#pensieri della notte#pensieri notturni
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Le foibe sono un crimine di guerra, su questo non ci possono essere dubbi. Uccidere nemici inermi, dopo la cattura, al di fuori del combattimento e senza un giusto processo (come è spesso avvenuto in quelle circostanze) è sempre un crimine. Specie se ciò avviene alla fine di una guerra, quando si suppone che ci sia il tempo per giudicare i responsabili di reati commessi in precedenza, come avvenuto infatti a Norimberga, ma non (vale la pena ricordarlo) per i criminali di guerra italiani. Tuttavia, come sanno tutti gli storici, le vittime delle foibe non state uccise «solo perché italiane», a differenza di ciò che viene ossessivamente ripetuto nella vulgata politico-mediatica. Decine di migliaia di italiani combattevano nelle file dell’esercito partigiano jugoslavo, ovvero dalla parte di chi ha commesso quei crimini, e non hanno subito, ovviamente, alcuna violenza. Inoltre fra le vittime della resa dei conti condotta dalle forze jugoslave a fine guerra, gli italiani rappresentano tra il 3 e il 5%; gli altri sono jugoslavi (serbi, croati, sloveni, ecc.): tutti uccisi perché ritenuti fascisti, nazisti, spie, collaborazionisti o contrari alla conquista del potere da parte delle forze partigiane. I liberatori jugoslavi dunque se la prendono contro specifici nemici identificati in base all’appartenenza politica e militare, non nazionale.
[...]
Da circa vent’anni sono state istituite due giornate commemorative, quella della Memoria dei crimini nazisti e quella del Ricordo delle foibe. Tali celebrazioni sono simili nella denominazione, vicine nel tempo (27 gennaio e 10 febbraio) e hanno lo stesso identico peso formale. Ripeto per essere più chiaro: i crimini contro l’umanità commessi dai nazisti nelle logiche che sono state ricordate, e che hanno ucciso 10 milioni di persone, sono commemorati alla stessa stregua delle violenze condotte dai partigiani jugoslavi contro 5.000 persone, molti dei quali condividevano il campo nazista.
Nei discorsi istituzionali e nella propaganda mediatica sulle foibe si parla di «pulizia etnica», si afferma che le vittime sarebbero state uccise «solo perché italiane» e si ribadisce il paragone con la Shoah, ignorando al tempo stesso i crimini fascisti e nazisti commessi in precedenza in quello stesso territorio. Come credo sia ormai chiaro, tutto ciò è assurdo, offensivo, umiliante, di fatto «negazionista» o almeno enormemente «riduzionista» nei confronti della Shoah e dei crimini nazisti e fascisti. Per di più negli ultimi anni il giorno del Ricordo ha acquisito un’importanza politica addirittura maggiore rispetto a quello della Memoria. La Rai ha prodotto due film sul tema, se ne interessano programmi televisivi di ogni genere, se ne parla addirittura a Sanremo durante il festival dei fiori; politici di tutti gli schieramenti ne strumentalizzano la vicenda, enti pubblici di ogni livello intitolano strade, piazze, parchi, monumenti a Norma Cossetto o ai «martiri delle foibe»; il Ministero dell’Istruzione dirama circolari-fiume sul tema («Linee guida» di ben 90 pagine), i prefetti di tutta Italia chiedono alle scuole di insegnare la falsa «pulizia etnica» ai loro studenti e il Parlamento ha da poco approvato lo stanziamento di milioni di euro per incentivare la propaganda antistorica delle associazioni nostalgiche, finanziando «viaggi del ricordo» scolastici al confine orientale.
Non ci possono essere dubbi: nella nostra memoria pubblica le violenze dei partigiani a fine guerra hanno acquisito un peso molto maggiore dei crimini nazisti, e sono probabilmente oggi più conosciute e ritenute più rilevanti dall’opinione pubblica. Può sembrare assurdo e paradossale, ma è così. Eppure manca ancora un tassello, la beffa oltre al danno.
Che fine hanno fatto i crimini fascisti? Su questo semplicemente non esiste una memoria pubblica. Chi davvero uccideva intere popolazioni solo per la propria appartenenza, chi ha davvero ucciso «etiopi solo perché etiopi» e «jugoslavi solo perché jugoslavi», non viene nemmeno menzionato sui libri di scuola, non merita film, vie, parchi, lapidi né uno straccio di dichiarazione pubblica di condanna.
E dunque, in definitiva: si mente sulle reali motivazioni del crimine delle foibe per cercare di farlo passare come un crimine fascista; e intanto si ignorano i veri e propri crimini del fascismo, finendo per far passare i fascisti come innocenti e anzi vittime dei partigiani. Si dedicano energie politiche e risorse economiche straordinarie per diffondere tali falsità e si cerca in questo modo di fare percepire all’opinione pubblica le foibe come addirittura più gravi dei crimini nazisti e della Shoah.
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L’ultima cera
Putin: “La morte di Berlusconi è una perdita irreparabile”. Non fare così, tra poco vi rivedrete.
Interrotte tutte le trasmissioni Mediaset. Ma non illudetevi.
Tutte le testate mondiali omaggiano Berlusconi. “È morto quello delle troie”.
Toccanti le parole di Gerry Scotti: “Berlusconi è stato un grande A) imprenditore B) politico C) amico D) visionario”.
Giorgia Meloni arriva in serata ad Arcore. Si vede che non c’è più Fede a fare selezione.
Il ricordo di Umberto Bossi: “Fhr fhhh, sh frrrrsss pffff”.
Ignazio La Russa: “Da oggi l’Italia è più povera”. Marta Fascina: “Parla per te”.
Giorgia Meloni ha annullato tutti gli impegni istituzionali. Ora ha la stessa agenda di Salvini.
Lo Stato organizzerà i funerali di Berlusconi. Mi pare giusto restituirgli il favore.
Stefania Craxi: “Berlusconi martire della giustizia come mio padre”. Mi sembra appropriato ricordarlo con una barzelletta.
Sulla torre di Mediaset compare la frase “Ciao papà”. Se la fama di Berlusconi è vera potrebbe averla scritta chiunque.
Antonio Razzi non è stato fatto entrare ad Arcore. In Parlamento furono meno selettivi.
Arriva il cordoglio di Fassino. Quindi ancora non è detto.
(Spinoza.it)
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Anche oggi è sempre giusto ricordarlo: dieci, cento, mille macedonia del nord!
Siamo un paese finitissimo, allo sbando
Speriamo che i soldi dell'eventuale multa li spendiate tutti in medicine
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Non temere, anche tu vali più di molti passeri!
Non temere, anche tu vali più di molti passeri! Gesù chiamò a sé i suoi dodici discepoli per dare loro istruzioni sulla missione che li incaricava di compiere, e diede loro potestà di cacciare spiriti immondi e di sanare qualunque malattia e infermità. Tra quei discepoli, è giusto ricordarlo, vi era anche Giuda Iscariot, che poi tradì Gesù, ma fino a quel momento, fu uno dei dodici Apostoli…
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12.03.2024
L’idea è quella di scrivere e cercare di far uscire qualcosa.
Sono a Milano da Starbucks , fossi a New York mi sentirei un po’ in un film, qui con il mio portatile ma senza il caffè americano, che giá quello normale non lo bevo.
La cosa che piú mi preme scrivere è dell’attacco di pianto che ho avuto venerdi mattina.
Incredibile.
Non ne avevo uno da tanto tempo, non ricordo l’ultimo. In realtá non so perchè mi è capitato, e soprattuto mi è venuto durante un meeting con la mia supervisor, sconveniente direi.
Ho iniziato a piangere durante le sue correzioni per la preparazione ad un colloquio, che ipoteticamente dovró fare a breve, e non sono piú riuscita a smettere finchè ho messo la testa fuori la finestra al sole e ho lasciato scendere tutte le lacrime che volevano scendere.
Dopo ci ho pensato, ci ho pensato tanto. Credo di aver accumulato tanto nel corso delle settimane.
Non mi mettevo alla prova sotto l’aspetto lavorativo da molto tempo e questo mi ha messo moltissima aspettativa e ansia. La maledetta ansia con cui non riesco ad imparare a convivere. Eppure ci provo.
Nelle ultime settimane ho sempre cercato di pensare con “leggerezza” ai problemi, alle ansie, alle preoccupazioni che avevo ma evidentemente non ho ottenuto quanto sperato. Il risultato è stato solo diventare una bomba ad orologeria, sará questo il modo giusto di affrontare le cose? Somatizzare e poi scoppiare?!
Come detto, sono a Milano, mamma ha il controllo. Dopo tanto tempo in cui vedevo i miei genitori tutti i mesi, rivedró loro e la mia famiglia dopo 2 mesi e mezzo. Ci voleva, ma pesa anche, soprattutto in questa situazione.
Giovedí torneremo in quell’ospedale dove siamo stati per la prima volta ad agosto “Istituto Nazionale dei Tumori” . Ho bisogno di scriverlo, spesso di dirlo e di ricordarlo. É come se da lontano , tutto quello che ho vissuto si allontanasse insieme ai km che percorre l’aereo. Quando poi ritorno, ecco cosa accade, mi cade tutto addosso come una cascata di eventi , pensieri, come se fino a quel momento fosser sotterrati da qualche parte del mio cervello/corpo dove io non potevo e volevo tirarli fuori.
Vorrei essere capace di analizzare quello che è successo dal 5 luglio 2023 ma in realtá non ci riesco, vedo solo una corsa contro il tempo e la mia vita che é sparita.
Ho iniziato gennaio 2024 con tanta voglia di ripartire di me, ho fatto il piano di risparmio di cui sono molto orgogliosa, vorrei davvero arrivare ad ottenere quello che ho nella testa. In realtá io so che quello che mi prefisso poi alla fine, in un modo o nell’altro, lo ottengo. Stavolta ci vuole un po’ piú di tempo ed impegno, ma fa parte del gioco. Piú cresci, piú lo spessore dei problemi e degli obiettivi aumenta.
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Nella scuola italiana, l’integrazione scolastica degli studenti con disabilità è un’attività da tempo consolidata. Tuttavia, proprio per questo, può ridursi a una procedura precipuamente attenta alla correttezza formale di adempimenti burocratici. Ottemperanze, spesso delegate ai docenti per il sostegno, che, obliando il senso pedagogico, culturale e sociale dell’integrazione, depauperano il processo di crescita degli studenti con disabilità e dei loro compagni.
Pertanto le aule scolastiche devono essere luogo di sviluppo culturale, sociale e personale per tutti e per ciascuno degli studenti presenti. Operativamente, concretare il PEI Piano Educativo Individualizzato come parte integrante della programmazione didattica del Consiglio di classe.
In questo scenario, potrebbe essere utile conoscere “Nuovi sguardi sulla disabilità”. Sussidio pastorale preparato dalla CNVF Commissione nazionale valutazione film e dal Servizio Nazionale per la pastorale delle persone con disabilità.
Infatti, in una società in cui le persone con disabilità sono da sempre una minoranza, la loro rappresentazione attraverso il cinema e l’audiovisivo può favorire una conoscenza più articolata della disabilità, comprendendone passaggi di vita e sfide da affrontare. Lo sguardo del cinema suggerisce prospettive diverse con le quali accostarsi a questa tematica e attivare un linguaggio nuovo. È fondamentale, infatti, modificare le dinamiche mentali e le “posture” che spesso mettiamo in atto nei contesti dove la società si approccia alla disabilità.
Curato da Massimo Giraldi, Sergio Perugini ed Eliana Ariola, il Sussidio permette di cogliere un importante cambio di passo nella linea di racconto della disabilità tra cinema e Tv: via sguardi piani, drammatici e apertura a un racconto più articolato, complesso, persino vivace e nel segno della commedia.
Sei i titoli suggeriti:
— Campioni (Champions, 2023) di Bobby Farrelly;
— Houria. La voce della libertà (2023) di Mounia Meddour; Still. La storia di Michael J. Fox (2023) di Davis Guggenheim;
— Non così vicino (A Man Called Otto, 2023) di Marc Forster;
— Quando (2023) di Walter Veltroni;
— I segni del cuore. Coda (Coda, 2021) di Sian Heder.
A questi si aggiunge una scheda sui trentacinque anni di Rain Man, un film che ha lasciato un segno tra Oscar e sguardo sociale sul tema della disabilità.
Con Rain Man, è giusto ricordarlo, per la prima volta, il grande schermo mette al centro di un racconto una persona con autismo – oggi Disturbo dello spettro autistico – una patologia complessa le cui cause risultano ancora sconosciute. La ricerca e la scienza fanno il loro corso e molti passi avanti sono stati fatti, ma ciò che più conta è che sta cambiando l’approccio: non si tratta più di “tenere al sicuro” quanto piuttosto di accogliere, valorizzare e integrare nella scuola, nell’arte, nello sport e nel lavoro. Ogni persona con disabilità (e no) è unica e cela dentro di sé un tesoro prezioso che chiede solo di essere scoperto.
“Nuovi sguardi sulla disabilità”
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preghiera per noi
lasciateci stare
lasciateci stare tristi zitti volubili, lasciateci essere nuvole, non c'è più la nostra persona amata, la persona amata nostra non è più qui lasciateci esser blu scuri nascosti
lasciateci così per un po' passerà ma ora lasciateci ascoltare amore che vieni amore che vai la mattina appena sveglio in pigiama mette il disco a suonare nella casa vuota
lasciateci lacrimare poi a un certo punto ridere di nuovo lasciateci piangere e poi scrivere la lista della spesa, lasciateci ridere con la voce cristallina dopo che un momento prima s'era rotta, s'è ricostruita, chi ci ha lasciato d'un tratto lo risentiamo qui per questo ora ridiamo
lasciateci far finta di niente lasciateci arrabbiare e intollerare il mondo lasciateci chiudere la porta e poi aprire le finestre come le campane gioiose il pomeriggio di sole, amare tutti, lasciateci non avere fretta lasciateci credere che non c'è fretta lasciateci sapere che i rametti che cadono d'improvviso sono un segno di presenza e un gabbiano che s'avvicina forse è lei, lasciateci comprare i biscotti preferiti pure se son troppi e nessuno li mangerà lasciateci profumare la casa come se arrivasse di lì a poco la festa invisibile dei fantasmi
lasciateci sprecare tempo ed essere avari del nostro, solo nostro, tempo, senza un te è solo un mpo, lo sarà per un po' ma ancora non so quanto
lasciateci andare al mare solo per cinque minuti lasciateci credere che sia una promessa d'un giorno intero per lei, lasciateci non rispondere ai messaggi e poi sentirci in colpa e poi rispondere con tutto l'amore e la gratitudine tenuta calda per il momento giusto nostro, è nostro, dobbiamo ricordarlo noi che è nostro, cosa è nostro e cosa è ancora qui
lasciateci lacrimare di colpo quando tutto va bene lasciateci sorridere davanti al marmo davanti a un bavaglino di nuovo intonso, davanti a una testa bianca estranea che cammina da sola per strada piano piano, davanti a una foto sua mettere un sasso poi fiore di carta poi disegnino poi matita regalata, altare, è un altare?
lasciateci non fare niente ora, lasciateci dire che poi faremo tutto
siamo stati partoriti di nuovo alla morte di lei, siamo usciti al freddo e stiamo imparando di nuovo, lasciateci riempire d'aria i polmoni ogni tanto, non è un sospiro non è solo pianto, ci avevano insegnato e ora dobbiamo imparare di nuovo
a respirare
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Maestri
Oggi è morto Luca Serianni. Investito a Ostia il 18 luglio mentre attraversava le strisce pedonali (l'automobilista si è fermato e ha soccorso la vittima), è venuto a mancare dopo 3 giorni di coma irreversibile. Serianni, Professore emerito di linguistica italiana a La Sapienza, filologo, accademico della Crusca e dei Lincei, è stato uno dei più grandi linguisti italiani, noto anche per l’amore e la passione che trasmetteva nelle sue lezioni e per il ricambiato amore dei suoi studenti.
Voglio ricordarlo con due pagine da uno dei libri più belli, Prima Lezione di Grammatica (Laterza, 2006), in cui ragiona sul giusto e sullo sbagliato, concetti che proprio in questi giorni sono davvero importanti da studiare:
Tra i due poli “giusto” / “sbagliato” si situa una zona grigia, in cui il parlante nativo può avere dubbi e incertezze, dipendenti da vari fattori: la sua cultura e il conseguente grado di sicurezza linguistica che ne scaturisce; la sensibilità per fatti di lingua e l’aspirazione al prestigio sociolinguistico; il contesto in cui agisce (le preoccupazioni normative saranno minime nell’ambiente familiare o nei “gruppi di pari”, massime in condizioni formali, per esempio interagendo con un esaminatore o con un superiore gerarchico). Questa tripartizione vale in genere per tutte le lingue di cultura, ma le proporzioni tra le tre fasce (agrammaticalità; possibilità di più esecuzioni equipollenti; casi d’incertezza) può variare in misura considerevole. Nel caso dell’italiano, quella che ho chiamato “zona grigia” è alquanto più estesa rispetto alle altre grandi lingue europee, per almeno due ragioni, entrambe notissime. La prima è la minore uniformità, legata alla tardiva affermazione di una lingua comune e alla stratificazione di varianti alternative non sottoposte al filtro della decantazione naturalmente operanti in una lingua parlata da molti secoli. La seconda è l’importanza da sempre attribuita alla codificazione grammaticale dalla tradizione letteraria: in Italia i grammatici hanno avuto più autonomia che altrove e sono pochi gli scrittori e pochissimi gli scriventi i quali abbiano avuto tanta fiducia nella propria forza di parlanti nativi da non sentirsi condizionati da quell’autorità, almeno fino ad anni recenti.
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ADDIO AD ALBERTO RADIUS, ARTISTA DI SPESSORE E UOMO DAL GRANDE CUORE.
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Alberto Radius ci ha lasciato questa mattina dopo una lunga malattia. Ne hanno dato la notizia la moglie Cristiana e il figlio Andrea che hanno dichiarato: “Ci lascia un grande vuoto, ma tutti noi porteremo per sempre la sua musica nel cuore”. Sono molti i messaggi postati sui social per ricordarlo. Produttore, chitarrista, ex Formula 3, collaboratore di Lucio Battisti, Radius è stato un innovatore nella storia del rock italiano. Amava sperimentare continuamente e aveva continuato ad esibirsi fino a pochi mesi fa, per amore della Musica. La sua ultima apparizione in televisione è stata da Serena Bortone su Rai1 dove, nonostante la malattia, ha imbracciato la sua fedele chitarra, incantando gli altri ospiti e i telespettatori. A Sanremo 2021, durante la serata dedicata alle cover, era salito sul palco insieme ai Coma Cose, regalando momenti di grande levatura musicale. Questo eterno ragazzo, nato a Roma, già da giovanissimo ‘on the road’, è stato uno dei più importanti chitarristi rock italiani. La sua è stata una lunga e prestigiosa carriera. E' nel suo Studio di via Capolago che il grande Franco Battiato registrò “La voce del padrone” e altri successi. Simbolo del prog rock, Alberto Radius ha lasciato delle indelebili impronte di stile, lavorando con molti Artisti del panorama musicale italiano. Come ha dichiarato il cantautore Roby Cantafio, Radius era un artista di spessore e un uomo dal grande cuore. Ogni chitarrista aveva da imparare qualcosa da lui. Era stato il fratello di Little Tony, Enrico Ciacci, a insegnargli a suonare la chitarra. Aveva appena 12 anni. Verso la fine degli anni cinquanta comincia ad esibirsi nelle sale da ballo con i White Booster e in seguito, per due anni, entra a far parte dell'orchestra di Mario Perrone. Dopo il servizio militare, suona con i fratelli Gigi e Franco Campanino nei club di molte città italiane e sarà proprio con i Campanino che aprirà nel 1965 alcune serate dell'Equipe 84. Trasferitosi a Milano, suona con gli inglesi Simon & Pennies per poi passare ai Quelli (la band che diventerà la Premiata Forneria Marconi). Insieme a Tony Cicco e Gabriele Lorenzi, fonda i Formula 3 che, dopo l'incontro con Lucio Battisti, debuttano con l'etichetta Numero Uno, fondata dal cantautore. Dopo due anni incide il primo album da solista e nel 1974, dopo lo scioglimento dei Formula 3, contribuisce a fondare la band Il Volo. La sua produzione discografica da solista conta vari album e lavori importanti come “Nel ghetto”. Parallelamente, inizia un'intensa carriera da session man che lo vede affiancare Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Mino Di Martino, Marcella Bella, Goran Kuzminac, Cristiano Malgioglio, Franco Battiato e i vari artisti con cui ha lavorato il cantautore siciliano in quel periodo: Milva, Alice, Giusto Pio, Sibilla e Giuni Russo, di cui, a volte, è stato anche produttore.
"Eppur mi son scordato di te" è la canzone più famosa del repertorio dei Formula 3, ma noi non ci scorderemo mai di lui.
L’amico Gigi Cifarelli gli ha dedicato questo bellissimo e commovente scritto che voglio condividere con voi:
“Alberto mio caro sapevamo che la festa della Vita stava volgendo al termine. Abbiamo scherzato e riso insieme ancora tante volte lo scorso anno e resterai sempre nel mio cuore, come in quello di tanti altri per i quali eri la chitarra della Formula 3 e di Lucio Battisti, i nostri dell'infanzia. Ma quanto ti devo? E per fortuna te l'ho sempre detto e l'ho sempre detto a chiunque. Come dimenticare? Fu come in un sogno. Correva proprio lo stesso periodo dell'anno, febbraio/marzo 1985. una sera stavo suonando al Capolinea (la mia seconda casa) e ad un certo punto, in fondo la sala riconosco quel capoccione pieno di capelli irsuti che ti caratterizzavano e trasalii... È Alberto Radius... Che meraviglia il mio idolo da bambino... Mi affrettai a fare una pausa per raggiungerti sperando di poterti anche solo stringere la mano. Appena poggiai la chitarra invece ti vidi partire per venirmi incontro, ero emozionato e sorpreso... Tesi le mia mano per stringere la tua e il mio desiderio era quello di esternarti il mio affetto e la mia gioia nel poterti conoscere, ma non mi facesti nemmeno iniziare. Partisti a cannone esordendo così: “Aoh!! Ma ma li mortacci tua! Ma d'addo vieni?? Da Marte? Maestrone (e mi ha poi sempre chiamato così) ... Anzi sai che famo? Domani devi da vení in via Capolago 5 a lo studio mio. Famo un ber Disco.” Me l'aveva detto Marco (E. Nobili), ma chi se lo aspettava? Non dormii la notte e alle 9, il giorno dopo, stavo da Te. Già scrivevo per Guitar Club e così conobbi direttamente il caro Marco e anche Giuni Russo, i tuoi cari amici, che adesso avrai raggiunto, e conobbi anche la cara Rossana Pasturenzi, tuttora una cara amica. Ci sedemmo, progettammo e in due settimane nacque "Coca&Rhum", il mio primo disco e la mia vera scrittura, da lì, grazie a tutto questo, partì una sequela di cose bellissime della mia Vita. Coca&Rhum fu disco dell'anno e io iniziai a essere votato nei referendum, vincendone tanti. Ero un ragazzo ed ebbi tante gioie e tante gratificazioni. In questa foto c'è tutto l'affetto che provavi per me e che io ho sempre ricambiato. Senza di Te nulla sarebbe stato così e domani il mio concerto al Grace di Lodivecchio, vicino a San Colombano dove mi invitavi sempre e ci sono venuto troppo poco, sarà dedicato a Te, Alberto mio caro. Ti vorrò bene sempre... Saluta tutti quelli che abbiamo amato insieme. Hendrix su tutti.” ❤️Gg
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#Alberto Radius#formula 3#lucio battisti#Premiata Forneria Marconi#franco battiato#Massimo Luca#Milva#Giuni Russo#musica#Tony Cicco#Gabriele Lorenzi#Little Tony#Enrico Ciacci#Pierangelo Bertoli#Gigi Cifarelli#Alice#Mino Di Martino#Marcella Bella#Goran Kuzminac#Cristiano Malgioglio
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Il 31 gennaio 1910 nasceva a Como Giorgio Perlasca. Perlasca rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini, fu arrestato e internato, riuscì a fuggire e trovò rifugio presso l'ambasciata spagnola. Ottenne dall'ambasciata una cittadinanza fittizia e un passaporto spagnoli, intitolati all'inesistente «Jorge Perlasca». Nel novembre 1944 il console spagnolo Sanz Briz decise di lasciare l'Ungheria, e a Perlasca venne un'idea: restare e spacciarsi per il sostituto del console, all'insaputa dello stesso console e di tutta la catena di comando spagnola. Giorgio Perlasca redasse così di suo pugno la sua nomina a diplomatico, con timbri e carta intestata. Era tutto finto, e incrociò le dita sperando non lo scoprissero, si era infatti imposto un compito che voleva portare a termine: salvare quanti più ebrei fosse possibile dalla deportazione. Così Giorgio Perlasca, spacciandosi per console spagnolo, fra il 1º dicembre 1944 e il 16 gennaio 1945, rilasciò migliaia di finti salvacondotti che conferivano la cittadinanza spagnola agli ebrei, arrivando a strappare "letteralmente dalle mani delle Croci Frecciate i deportati sui binari delle stazioni ferroviarie". Giorgio Perlasca sventò inoltre l'incendio e lo sterminio del ghetto di Budapest, abitato allora da 60.000 ebrei ungheresi, intimando direttamente al ministro degli interni ungherese Gábor Vajna una fittizia ritorsione legale ed economica spagnola a causa dei "circa 3000 cittadini ungheresi che sarebbero morti nel rogo se loro avessero davvero dato fuoco al ghetto". In realtà gli ebrei spagnoli erano poche decine, ma con questo stratagemma Giorgio Perlasca riuscì a salvarli tutti, anche quelli ungheresi. Curò infine personalmente l'organizzazione e l'approvvigionamento dei viveri presso le abitazioni degli ebrei che aveva nascosto, recandosi da loro ogni giorno, utilizzando prima gli scarsi fondi dell'ambasciata, poi i propri, poi infine studiando e applicando un sistema equo di autotassazione dei rifugiati, basato sui possedimenti di ognuno. Grazie all'opera di Giorgio Perlasca, oltre 5000 ebrei - donne, uomini e bambini - furono salvati dalla deportazione nazi-fascista. Per questo oggi è giusto ricordarlo. Si chiamava Giorgio Perlasca, fu perseguitato dai regimi nazista e fascista e mise continuamente a rischio la sua vita per salvare sconosciuti. Ci riuscì. Saverio Tommasi
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