#/deve essere DECISAMENTE sviluppata meglio ma a voi
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perilleonedisanmarco · 6 years ago
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Benvenuti in: "Non riesco a scrivere, ma improvviso AU"
Per la serie - Ho le idee ma non riesco a buttarle giù. Non è esattamente un au esaltante, solo un human!au ispirato da "Le rose d'ogni mese" della Bottega Baltazar, ma spero vi piaccia lo stesso. A voi!
Ci troviamo più o meno, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, in un paese delle montagne venete. In una casa, isolata rispetto alle altre, abita Giulia, vent'anni e ancora nessuna voglia di sposarsi.
Assieme a lei, vivono il fratello gemello Marco, gli altri due fratelli, le due sorelle e il nonno. La madre è morta di febbre quando erano ancora piccoli, mentre il padre è emigrato in Brasile, sperando di far fortuna.
Vicino a loro abitano anche tre dei quattro cugini - uno di loro, Karl, ha infatti preferito tagliare i ponti con il resto della famiglia e andarsene a Vienna, città natale della madre, per lavorare.
Giulia, avendo ormai la bellezza di vent'anni, si ritrova a dover rispondere continuamente alla domanda: "Ma quando te te sposi, tosa?"
Tranne Marco, nessuno sa quanto la ragazza non voglia minimamente sposarsi ora. Giulia mal sopporta l'idea di dover abbandonare tutti i suoi sogni - per lo più studiare e magari riuscire a prendere il diploma di scuola media - e il matrimonio le precluderebbe la possibilità di portarli avanti, dovendo occuparsi della casa e del marito.
Cosa che, tra parentesi, fa già da quando è morta la madre, assieme alle sorelle. E non è certo questa la piega che vuole dare alla sua vita.
Tra l'altro, in paese non ha esattamente una bella reputazione, visto che a quindici anni è stata vista dar un bacio ad un giovanotto con cui non era fidanzata.
La paura di dover cambiare casa sul momento era stata grande - nonostante ritenesse ridicola l'indignazione dei compaesani, non sapeva come i suoi tre fratelli e il padre avrebbero reagito. Per sua fortuna, il gemello è riuscito a calmare gli animi in famiglia e il padre, alla notizia, non ha potuto fare a meno di fare una grande risata e dirle che era tutta sua madre.
Anche se lo volesse, quindi, le premesse per sposarsi non sono esattamente ottimali, visto che quasi nessuno in paese sembra voler prendere in considerazione la possibilità di corteggiarla - per sua grande gioia.
Le cose cambiano una mattina quando, scendendo come sempre in paese con la cugina Valentina per andare al mercato, nota un giovane uomo che non è decisamente delle sue parti e non è neppure della sua stessa classe sociale.
Lo sconosciuto si accorge di lei quando la vide intenta a scegliere un mazzetto di fiori da portare sulla tomba della madre.
Inizia quindi a darle qualche consiglio, convinto si tratti di tutt'altro, ma quando Giulia si dimostra infastidita dalla cosa, non riesce a fare a meno di risponderle a tono e tornare a fare un giro in paese.
Da lì, le scenette si ripetono per la gran parte delle settimane successive, tanto da diventare un siparietto fin troppo noto e aspettato da tutti.
Nel frattempo, la ragazza inizia a ricevere di tanto in tanto, una rosa da un ammiratore segreto, cosa che tiene ben segreta, andando regolarmente a regalare il fiore alla madre. Non può evitare di mostrarsi lusingata, cantando in continuazione. L'idea di sposarsi non le piace, ma sapere di avere qualcuno là fuori che le vuole bene la rende comunque felice. È pur sempre una romanticona, sotto sotto.
In tutto questo, un Marco geloso - che si è accorto di tutto - ma non per la nuova conoscenza della sorella, ma per il fatto che lei e il suo nuovo "amico" gli stiano rubando la fama da attore improvvisato da paese.
Lo sanno tutti infatti quanto il giovane sia appassionato di recitazione, al punto da sognar di poter dare sfogo al proprio talento sui palchi più importanti del paese, ma sanno anche come abbia dovuto mettere da parte la sua ambizione per dedicarsi al mestiere di contadino e pastore per poter sfamare la famiglia.
Per sua fortuna, Giulia non ha la minima intenzione di rubargli il ruolo e per un po' decide di mandare la sorellina Diana a comprare i fiori per la tomba della madre.
Ciò non distoglie Marco dalla voglia di dirgliene quattro a quel demente che si permette il lusso di toglierli l'unica cosa che ha.
Scende quindi insieme a Diana e Valentina fin in paese, con la promessa di non fare nulla, ma una volta individuato il "colpevole" davanti alla bancarella dei fiori, non riesce a fare a meno di fare una scenata su quanto la debba piantare di infastidire la sorella.
Soprattutto ora che qualcuno stranamente ha deciso di farle la corte, se venisse a sapere la cosa lo spasimante della ragazza sarebbe tutto finito. Marco sa che un matrimonio, anche solo di convenienza, è qualcosa che metterebbe a tacere le malelingue del paese e spera che possa essere qualcuno che, se non assecondi, almeno non distrugga i sogni di sua sorella.
E il ragazzo delle rose segrete lascia biglietti molto gentili assieme al fiore - Giulia, non lasciarli in bella vista però, ringrazia il cielo che li trova lui e non il nonno!
Il "foresto" sentendo tutto quel discorso non può fare a meno di arrabbiarsi con il giovane.
Ma non per il motivo che crede lui.
No, è arrabbiato con lui perché è uno stupido ragazzotto arrogante, che davvero non sa fare uno più uno.
Insomma, ha pure una rosa in mano ora, ci vuole davvero tanto a capire che è lui l'ammiratore segreto?
Marco però è l'orgoglio fatto persona e non può fare a meno allora di dargli del codardo, visto che non riesce neanche a farsi avanti con la sorella. L'altro gli fa notare che non è esattamente la cosa più semplice da fare, soprattutto se la giovane in questione sembra detestarlo e le uniche volte in cui gli parla lo fa per stuzzicarlo e rivolgergli insulti velati.
Nulla, Marco capisce di essere un'idiota.
Le rose mandate davanti casa vanno avanti fino a quando Giulia non torna al mercato al posto di Diana. Da allora cessano di arrivare. Inutile dire che la ragazza un po' ci resta male, ma se ne fa una ragione: almeno la vicenda non è di dominio pubblico, no?
Sbagliato, perché suo fratello ha deciso di non dirle di aver fatto una scenata davanti a tutto il paese, quindi la giovane non riesce a spiegarsi perché, ogni volta che qualcuno la vede, sembra avere qualcosa da dire su di lei.
Non che non sia abituata, ma la cosa è aumentata. Molto. E anche se fa finta di nulla, come al solito, un po' la infastidisce.
Il tutto si sistema quando lo sconosciuto le regala una rosa proprio al mercato, recitando uno degli ultimi biglietti che erano allegati.
Giulia purtroppo non sa leggere - è per questo che i biglietti non li controllava mai e li dimenticava in giro - e quindi inizialmente non collega. Quando tutto inizia a quadrare, grazie ad un commento sarcastico dell'uomo, non riesce a crederci.
Come finisce? Non lo so, esattamente. Mi piace pensare che, una volta tornato al suo paese, il ragazzo abbia continuato a mandarle rose e, assieme a queste, un aiuto per farla studiare. Giulia potrebbe essersi sposata con lui, dopo esser riuscita a fare quello che le interessava maggiormente, oppure potrebbe non averlo mai fatto ed essersi trasferita lontano, nel tentativo di realizzare quanto le stava a cuore - o continuare. Oppure potrebbe essersi sposata e aver continuato a studiare, ma chi lo sa?
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saggiosguardo · 6 years ago
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Recensione Sony 24-70mm f/2,8 GM: confronto con obiettivo kit e Tamron 28-70mm f/2,8
Quando ho comprato la Sony A7 III (recensione) ho scelto il kit base con il 28-70mm f/3,5-5,6. Di norma preferisco sempre le versioni con obiettivo anche quando non è un granché, come in questo caso. Nel bundle si risparmia parecchio (mi pare sia costato qualcosa come 150€ in più) e fa sempre comodo avere una lente nativa per valutare AF, stabilizzazione, ecc.. Sapevo però che non poteva bastarmi e quasi contemporaneamente ho acquistato il Tamron 28-70mm f/2,8. Complessivamente mi ci trovo bene perché ha una buona resa ottica e non è molto grande, ma il re della categoria è certamente il Sony 24-70mm f/2,8 GM. L'azienda me ne ha inviato uno in prova questo mese e così ho avuto modo di testarlo un po' sul campo. A livello costruttivo è notevole, di metallo e tropicalizzato per consentirne l'utilizzo anche di fronte alle intemperie. Pesa circa 900 g, dunque si fa sentire, ed anche la stazza è imponente. In realtà è piuttosto simile ai classici 24-70mm f/2,8 per reflex, ma si nota di più quando si monta su una mirrorless di piccolo taglio come la A7 III.
La ghiera dello zoom non presenta nessun gioco, è fluida e con la giusta resistenza. Non si sposta facilmente dalla sua posizione durante l'utilizzo e c'è un utile switch per bloccare l'obiettivo a 24mm durante il trasporto. Sul lato sinistro si trova il selettore AF/MF ed il pulsante G circolare che può essere personalizzato insieme agli altri. La ghiera frontale per la MAF è molto leggera ed essendo elettronica ha una resa dinamica non proprio prevedibile. Più si ruota velocemente e più è rapido il cambio fuoco, dunque non è facile ottenere risultati precisi e replicabili con un follow focus. La lente frontale è da 82mm e in dotazione c'è un paraluce (in plastica) con un pulsante per la rimozione.
A livello ergonomico le mirrorless di Sony non piacciono a tutti, in particolare per l'impugnatura corta, poco sporgente e vicina al barilotto. Per questo motivo ci si sente sempre un po' precari quando si monta una lente importante come il 24-70mm f/2,8 GM. Tuttavia il peso e le generose dimensioni sono il prezzo che si deve essere disposti a pagare se si vuole tanta luce e buona escursione su full-frame. L'obiettivo è inevitabilmente sbilanciato rispetto la Sony A7 III ma l'esperienza è tutto sommato positiva nella tipica posizione di scatto: bisogna solo abituarsi al fatto che la maggior parte del peso sarà a carico dalla mano sotto l'obiettivo. In termini generali sappiano bene che gli obiettivi G Master di Sony sono eccellenti, realizzati per i professionisti che richiedono il massimo. Ma qual è la differenza effettiva rispetto l'economico 28-70mm f/3,5-5,6 OSS del kit? E rispetto il Tamron 28-75mm f/2,8 Di III RXD? Voglio provare a rispondere a queste domande più che a valutare il 24-70mm f/2,8 GM in modo astratto e senza punti di riferimento concreti.
Tutti gli scatti sono realizzati con gli stessi parametri e sul medesimo corpo: Sony A7 III. Per semplicità chiamerò solo Sony GM il 24-70mm f/2,8, Sony Kit il 28-70mm e Tamron il 28-75mm f/2,8.
Sony GM @24mm Sony GM ~@28mm Sony Kit @28mm Tamron @28mm RAW non editato RAW non editato RAW non editato RAW non editato + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente
ISO 100 – Massimo grandangolo f/16
Il Sony GM ha un'angolo di campo superiore in grandangolo, poiché parte da 24mm invece che da 28mm come gli altri due, per questo ho aggiunto solo per lui un secondo scatto alla minima escursione. Su queste focali 4mm possono essere piuttosto rilevanti a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, ed è sempre bene ricordarlo. La prima riga di immagini è sviluppata direttamente dal RAW senza applicare alcuna correzione, mentre nella seconda c'è solo il profilo lente per evidenziare la distorsione. Direi che da questo punto di vista non ci sono grandi differenze confrontando gli scatti a focale minima, mentre se si prende il Sony GM a 28mm il barilotto è già molto meno pronunciato. In tutti i casi si tratta di distorsioni facilmente correggibili in post-produzione.
Il Sony Kit a f/16 fa passare più luce degli altri, subito dopo c'è il Sony GM e infine il Tamron. Differenze simili sono comunque normali dal momento che si parla di valori F e non T. I colori del Sony Kit non mi sono piaciuti. È vero che queste immagini non sono sviluppate, ma già alla fonte si vede che sono un po' slavati e tendenti al verde. Il Tamron ha una resa cromatica più naturale ma leggermente fiacca e nelle zone d'ombra finisce per pasticciare troppo. La foto scattata con il Sony GM è nettamente superiore alle altre, sia nella visione d'insieme che nel dettaglio. In particolare stupisce il fatto che sia capace di restituire una maggiore tridimensionalità a fronte di impostazioni di scatto del tutto analoghe. Questo risultato dipende da molti aspetti, tra cui la maggiore leggibilità nelle aree scure, colori più pieni, migliore tenuta delle luci e, in generale, più informazioni.
28mm – Crop 100% area centrale
Nell'area centrale del frame il Sony Kit ancora regge e il Tamron si comporta davvero bene, infatti si deve guardare proprio ai dettagli più fini per notare un piccolo vantaggio del Sony GM. Spostandoci in un'area leggermente più esterna (ma ancora ben distante dal bordo), il Sony Kit rivela subito i suoi limiti e lascia in partita solo il Tamron. Il crop del Sony GM è davvero impressionante, perché non solo mantiene un ottimo livello di dettaglio ma non ha praticamente difetti ottici e mostra chiaramente tutte le informazioni catturate. Il Tamron prova a difendersi e lo fa dignitosamente, ma se guardate il crop da vicino l'immagine sembra leggermente sfocata a causa delle aberrazioni.
28mm – Crop 100% area esterna media
Andiamo un po' più in su con le focali fermandoci sui 50mm, che si trovano più o meno a metà della scala per tutti e tre gli zoom. In linea generale si confermano le valutazioni appena fatte circa la risposta cromatica, con l'obiettivo Sony Kit che restituisce colori meno vividi ed una dominante verde, il Tamron ben più piacevole e nitido e il Sony GM capace di restituire un'immagine più naturale, vivida e ricca di dettagli.
Sony GM Sony Kit Tamron RAW non editato RAW non editato RAW non editato + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente
ISO 100 – 50mm f/16
Tutti e tre presentano già qui una distorsione a cuscino, ma questa volta è ben più evidente nel Sony Kit rispetto agli altri due. Nell'area centrale le differenze in termini di dettaglio non sono evidentissime, ma iniziano a notarsi spostandosi verso i 2/3 del fotogramma, in una zona analoga a quella analizzata nel precedente scatto. La classifica rimane sostanzialmente invariata, ma a 50mm sia l'obiettivo Kit che il Tamron rispondono meglio e le distanze rispetto al Sony GM si assottigliano.
50mm – Crop 100% area esterna media
Andando su un'area ancora più esterna, è il Tamron a perdere di più mentre il Sony Kit regge meglio e l'immagine rimane più nitida. Continuo a non apprezzare la tinta, ma su quella si può lavorare, mentre il crop del Tamron qui è visibilmente inferiore (ricordo che le condizioni di scatto sono identiche). Complessivamente preferisco ancora una volta la resa del Sony GM, che sembra restituire un'immagine con un più evidente stacco dei piani.
50mm – Crop 100% area esterna estrema
Passiamo a fondo scala, portando tutti gli obiettivi alla massima lunghezza focale. Visto che il soggetto è lo stesso di prima vado direttamente ai crop 1:1, tenendo conto che quello del Tamron sarà leggermente più ravvicinato sfruttando i 5mm in più. La mia impressione è che qui il Sony Kit vada discretamente ma gli altri due abbiano decisamente un marcia in più. In termini di informazioni il Tamron e il Sony GM sono abbastanza simili, ma ancora una volta preferisco la pasta e la tenuta cromatica dell'obiettivo Sony, soprattutto nelle aree colorate e contrastate.
Con un soggetto abbastanza vicino passiamo invece a verificare la resa dello sfocato a parità di apertura minima (quindi f/5,6 per allinearsi al più buio obiettivo Sony Kit) ed anche l'eventuale distorsione presente.
Sony GM Sony Kit Tamron RAW non editato RAW non editato RAW non editato + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente
ISO 100 – 70mm f/16
Fatte salve le considerazioni già espresse per i colori e la luminosità, il Sony Kit qui è il peggiore in termini di distorsione a cuscinetto, ma bisogna ricordare che il Tamron non è ancora al massimo tele visto che può spingersi 5mm oltre (più avanti vedremo). L'immagine è un po' scura perché non volevo trattarla ed ho preferito non bruciare le luci, tuttavia non è la questione nitidezza che mi interessa (le immagini sono a piena risoluzione, potete scaricarle e guardarle voi stessi nel dettaglio), quanto quella del bokeh.
Il primo crop in alto è dell'area centrale, mentre gli altri due sono all'esterno del fotogramma, uno in alto e uno a sinistra. Siamo sempre a f/5,6 per non tagliare fuori l'obiettivo Sony Kit in questo confronto iniziale, ma devo dire che qui a sorprendermi è stato il Tamron. Il suo sfocato è pastoso e il bokeh molto pulito e regolare. Il Sony GM è simile ma un leggermente più nervoso e meno pulito, sia sui contorni che all'interno. L'obiettivo Kit fa il possibile ma è ben distanziato dai due e si noterebbe ancor di più con sorgenti luminose dirette (qui i punti luce sono dati dai riflessi sui fili d'erba).
70mm – Crop 100% diverse aree fuori fuoco a f/5,6
Mettiamo da parte il Sony Kit per limiti fisici e vediamo come se le cavano gli obiettivi più luminosi in un confronto analogo.
Sony GM Tamron 70mm f/2,8 70mm f/2,8 75mm f/2,8
ISO 100 – Tele f/2,8
Prima di tutto si può notare che i 5mm che il Tamron ha in più sul tele sono ben meno evidenti dei 4mm che perde in grandangolo rispetto al Sony GM. Che in altre parole significa che le focali 24-70mm sono più versatili di quelle 28-75mm. Per quanto riguarda il bokeh, a f/2,8 la resa quasi si inverte, con il Tamron leggermente più nervoso e meno pastoso rispetto il Sony GM. I primi due crop a seguire sono in area centrale, mentre il terzo è più esterno, in basso a sinistra.
Crop 100% diverse aree fuori fuoco a f/2,8
Un'altra cosa che ho trovato interessante è la resistenza al flare negli scatti controluce, che qui ho enfatizzato puntando proprio al sole tra i rami. Ovvio che uno scatto simile tendenzialmente non si fa, ma ci dà un'idea di come reagiscono le tre lenti, tutte a f/11. Il Sony GM contiene il flare nell'area limitrofa alla sorgente luminosa, con saltuari fenomeni di ghosting intorno ma un buon contrasto all'esterno. Il Sony Kit ha meno ghosting ma soffre pesantemente di velatura su tutto il fotogramma, perdendo nitidezza, contrasto e dettagli praticamente ovunque. Infine il Tamron restituisce un'effetto particolarmente scenografico per la più accentuata forma a stella, ma l'immagine appare profondamente deteriorata per quello e per l'eccessivo ghosting. In condizioni di scatto più moderate rispetto queste, il Sony GM è decisamente il migliore dei tre.
Sony GM Sony Kit Tamron RAW con Profilo Lente RAW con Profilo Lente RAW con Profilo Lente
Test Flare estremo a f/11
Di test simili se ne possono fare in grandi quantità, miscelando focali, aperture e condizioni di scatto più disparate, ma più analizzavo queste tre lenti e più vedevo conferme delle impressioni iniziali. L'obiettivo da kit si dice che "è buono per iniziare" e infatti lo prendo quasi sempre insieme al corpo quando costa poco, ma è giusto per avere una "lente in più" di scorta, perché onestamente non lo uso mai.
Specifiche Sony GM Sony Kit Tamron Focale 24mm - 70mm 28mm - 70mm 28mm - 75mm Apertura f/2,8 f/3,5 - f/5,6 f/2,8 Lamelle diaframma 9 7 9 Minima distanza di fuoco 38cm 30cm 19cm Massimo ingrandimento 0,24x 0,19x 0,34x Stabilizzazione No Sì No Peso 886 g 295 g 550 g Diametro massimo 88mm (filtri 82mm) 72mm (filtri 55mm) 73mm (filtri 67mm) Lunghezza 136mm 83mm 117mm Tropicalizzazione Sì No Sì Prezzo medio di mercato 2249€ 449€ 779€
Questo Sony 28-70mm f/3,5-5,6 OSS ha degli aspetti positivi, perché è piccolissimo, leggero e stabilizzato, ma la qualità ottica è quella che ci si può aspettare da una lente simile (stupisce solo a 70mm). Inoltre bisogna considerare che è piuttosto buio. In termini di AF con buona luce non ha problemi, però in penombra soffre decisamente più degli altri due. Diciamo che ha certamente il vantaggio che se acquistato con il corpo non costa quasi nulla, però eviterei di utilizzarlo abbinato a fotocamere prestanti come la Sony A7 III: meglio risparmiare per altro o dotarsi di un obiettivo fisso, secondo me.
Il Tamron 28-75mm f/2,8 III RXD è sicuramente un obiettivo conveniente. È abbastanza abbordabile ma ha una buona costruzione, è tropicalizzato e la resa ottica è convincente, soprattutto considerando la sua fascia di prezzo. Certo le aberrazioni ci sono e in alcuni casi possono penalizzare notevolmente i risultati, specie nelle aree esterne, ma in generale si comporta benone, è nitido e con buona luminosità costante di f/2,8 su tutte le focali. La partenza da 28mm è un po' penalizzante per alcuni usi, quindi questa è una cosa da tenere a mente, così come il fatto che in controluce tira fuori tanti di quei difetti che sembra un caleidoscopio. Personalmente non ho molto da recriminare sulla qualità costruttiva, che ho trovato adeguata al prezzo e al corpo. È infatti piuttosto piccolo e non pesa troppo, dunque si abbina perfettamente ai corpi un po' striminziti delle Sony full-frame. Le uniche due note negative dal punto di vista fisico sono che la ghiera zoom è un po' dura e che non c'è un selettore fisico AF/MF (cosa che odio). Per l'AF inizialmente era ben inferiore al Sony GM, ma più che altro in quello continuo lato video. Dopo l'ultimo aggiornamento firmware c'è stato però un netto miglioramento ed ora fatico a percepire differenze nel mondo reale rispetto quello nativo, per cui va sicuramente fatto un plauso a Tamron.
Infine c'è lui, il re. Il Sony 24-70mm f/2,8 GM fa pesare la sua corona e purtroppo lo si avverte sia sul portafogli (in fase d'acquisto) che in mano (durante l'uso). La costruzione è eccellente, è tropicalizzato, le ghiere sono perfette. C'è lo switch AF/MF e il tasto G personalizzabile che è sempre utile. Il paraluce in plastica è un po' sottotono, ma per il resto non c'è molto da recriminare. Certo è voluminoso e pesante, ma le focali e la luminosità sono le più comode. Non per niente il 24-70mm f/2,8 è considerato lo standard negli zoom professionali. E non prendete sotto gamba quei 4mm in più sul grandangolo perché possono fare la differenza in alcune condizioni di ripresa. La messa a fuoco è in genere molto veloce, ma va detto che l'ho provato sulla A7 III che è davvero eccellente. Poche volte ha faticato e solo in condizioni in cui il soggetto fosse davvero scuro. Dal punto di vista ottico l'unico aspetto da tenere sotto controllo è il controluce, ma anche qui è comunque è superiore agli altri obiettivi presi in esame in questo confronto. Il prezzo è importante e dà da pensare, soprattutto quando c'è un Tamron che costa quasi 1/3 e va piuttosto bene. Ma questo obiettivo non è pensato per i fotografi per cui il "piuttosto bene" è sufficiente. Si tratta di una lente professionale che si acquista per scattare con tranquillità e certezza dei risultati, in ogni condizione.
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pangeanews · 7 years ago
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19 anni e una curiosità grande come l’oceano. Ecco a voi Giulio: 10 mesi in Finlandia a studiare e a scrivere un libro ‘magico’. I ragazzi di oggi sono così. Il suo reportage
Eccomi, sono Giulio. Faccia bella, da bravo ragazzo. Da ragazzo determinato. Ultimo anno di scuole superiori. Ci vediamo perché di Giulio mi colpisce una cosa. Intanto. Non tutti i ragazzi di 19 anni pensano al calcio e si svalvolano il cervello ascoltando le cretinate di uno youtuber qualsiasi. Giulio mi porta il suo libro, autoprodotto, s’intitola ‘Il Pactio’. “Sai, mi interessava raccontare l’esito delle mie ricerche…”. Le tue ricerche? “Si. Mi piace studiare il giudaismo antico. Poi l’astronomia. Poi un po’ di esoterismo… e di storia delle religioni”. Alla faccia. Parliamo insieme. “Studio il giudaismo che precede la caduta del Tempio”. Il ragazzo ne sa. Ma. No. Giulio non è un ‘genio’. Semplicemente, è un ragazzo con la mente aperta. Un ragazzo curioso. Che come tutti i ragazzi della sua età, sa che o studia adesso – studio ‘matto e disperatissimo��, ma soprattutto bellissimo – o mai più. Poi mi racconta dove è nato il libro. “In Finlandia. Avevo tempo per pensare”. Giulio ha colto la possibilità di studiare all’estero. Ed è andato fino in fondo. Nella terra di Babbo Natale è stato dieci mesi. Senza mai tornare in Italia. Facendosi spedire pacchi di libri. Il bello, ripeto, è che non è un ‘genio’. Giulio è un ragazzo curioso. Così, gli ho chiesto di scrivere per ‘Pangea’ la sua avventura finlandese. Un piccolo esempio di come sono i ragazzi, oggi. Coraggiosi. Onirici. Con due palle così. (d.b.)
Lasciare la propria terra, lasciare la propria famiglia e i propri amici insieme a tutto ciò che è per noi quotidiano, può apparire difficile e causare un giusto senso d’inquietudine. Nonostante ciò, ogni anno, migliaia di giovani ragazzi e ragazze lasciano il Belpaese per un breve o lungo tempo, per lidi più o meno lontani: chi per lavoro chi per studio, “l’estero” è una meta sempre più ambita per i cervelli e le menti italiane.
Lui è Giulio Mattioli: si è appena autoprodotto un libro
Quando alla fine del 2016 mi si presentò l’occasione di trascorrere un periodo all’estero, ospite presso una famiglia volontaria, immerso in una cultura e in una realtà totalmente nuove non mi feci scappare l’opportunità e tentai subito di guadagnare il mio posto. La realtà italiana è fortunatamente piena di agenzie, piccole e grandi, che permettono a giovani intraprendenti di affrontare un percorso formativo fuori dai nostri confini. Scelta l’agenzia, nel mio caso Intercultura Italia, sottopostomi ai test preliminari obbligatori, a inizio 2017 ricevetti la lieta novella che sarei effettivamente partito per una meta estera: la Finlandia. Per 10 mesi. Fui preso da: ansia, paura, tremore, ma anche da gioia, eccitazione e curiosità, soprattutto curiosità. Perché sì, alla fine si basa tutto sulla curiosità: è proprio quella che ha spinto me e ogni anno spinge tantissimi giovani ad intraprendere una tale impresa. Curiosità della lingua, della cultura, degli usi, delle tradizioni, dei cibi, insomma, questo è il sale delle esperienze e della formazione stessa, senza la quale, tutti rimarremmo chiusi nella nostra angusta cantina mentale. Non mentirò: è un’esperienza difficile. Le prime settimane, i primi mesi, ti mettono davvero alla prova: riuscire a vivere la propria vita, la propria quotidianità, all’infuori dal tuo contesto, dal tuo ambiente sociale, dalla tua famiglia e dalla tua cerchia di amici, partire da zero, senza nemmeno conoscere la lingua o le persone con cui condividerai le tue giornate da lì fino all’anno dopo, non è per tutti. Nonostante ciò, questo non deve certo scoraggiare: migliaia di persone affrontano questo percorso ogni anno e noi, voi, non dovete pensare di essere da meno. Coraggio in pugno ed una buona dose di forza di volontà, rendono ogni montagna molto meno ripida da scalare, ma naturalmente ci vuole costanza e capacità e voglia di adattamento. Nel mio caso il primo impatto è stato decisamente positivo: da subito ho trovato, specie nella figura del padre ospitante, un utile punto di riferimento per risolvere al meglio i piccoli e grandi grattacapi che il nuovo ambiente mi proponeva, e i restanti membri della famiglia, moglie e due figli, non sono stati da meno. Perché sì, una volta arrivati nel nuovo paese, scoprirete come io ho scoperto, che ogni cosa, anche quella che magari poteva apparirvi fino a quel momento la più banale e scontata come prendere l’autobus o fare la spesa, si è improvvisamente trasformata in un qualcosa di nuovo, più angusto e insidioso di quanto avreste mai immaginato prima. Ricordo bene i problemi con il fare l’abbonamento per il bus, per spiegare (in inglese naturalmente, dato che il finlandese era ed è tutt’ora off limits) che moduli mi servissero a scuola da riportare in Italia, ma anche il semplice orientarsi per le prime volte in posti ed in città mai viste e percorse prima, per incontrarsi con gli altri “exchange students”, ovvero gli altri studenti stranieri come te. Proprio loro, proprio coloro stanno vivendo come e con te questa avventura, saranno spesso e volentieri il punto di riferimento e la spinta nei momenti più difficili dell’esperienza: la famiglia, le istituzioni locali ed i volontari della vostra agenzia saranno sempre lì sì, ma sentirete come solo loro spesso e volentieri siano realmente in grado di capire visceralmente cosa state passando e come farvi andare oltre.
Pubblichiamo alcune fotografie scattate da Giulio in Finlandia
Per quanto riguarda invece il sistema prettamente scolastico, nel mio caso la Finlandia non si può certo criticare: il sistema scolastico finlandese è stato più volte classificato ai primi posti delle classifiche europee, e ho avuto la fortuna di constatarne il motivo: aule all’avanguardia e professori preparati sono solo la punta dell’iceberg di un sistema ormai unanimamente stellato. Ciò che in particolare lascia il segno sono i programmi strutturati dallo studente, che quindi può, sin dalle superiori, plasmarsi personalmente e coscienziosamente il proprio percorso in base ai proprio gusti e alle proprie necessità. La scuola non lesina in opzioni: da musica a biologia, da teatro a fisica, ognuno può trovare il proprio percorso e seguirlo al meglio, accettando naturalmente come compromesso un tot di ore minime in alcune, specifiche materie obbligatorie ripartite nell’anno. Ma i ragazzi sono efficacemente in grado così giovani di strutturare una tabella scolastica formativa e ragionata, o semplicemente si lasciano andare alla scelta più facile e meno impegnativa? Come in tutto c’è il bianco ed il nero e a tanti casi eccellenti si affiancano anche casi in cui le amicizie e la moda surclassano i doveri, ma non basta certo questo a minare le stabili fondamento di un sistema educativo che si sta pian piano diffondendo anche fuori dai confini scandinavi. Molti, so, sono spaventati all’idea della famiglia: è una paura comune, naturale, che sorge spontanea quando non si sa ancora in casa di chi si spenderà una porzione importante della propria vita. Non vi mentirò, non sempre va bene: alcuni ragazzi sono costretti a cambiare, anche più volte, per totale incompatibilità nei confronti del nucleo sociale nel quale sono immessi. E’ una eventualità e bisogna essere pronti. Rincuora comunque il fatto che questi casi siano piuttosto esigui confronto al numero totale. Nel mio caso ad esempio, tranne un rapporto altalenante ma sopportabile con la madre ospitante, il clima familiare e di rispetto reciproco si è venuto effettivamente a sviluppare concretamente e questo ha contribuito a rendere questa esperienza una di quelle da ricordare. Anzi, il forte spirito religioso del mio nucleo familiare combinato alla mia passione per quanto riguarda la storia e lo sviluppo delle religioni, mi ha ispirato e spinto alla progettazione ed alla realizzazione del mio primo libro Il Pactio, che altro non è che una sinossi in chiave simbolica dell’idea da me sviluppata, con la lettura e lo studio, del rapporto esistente fra magia, religione e scienza. Detto ciò, bisogna comunque tenere a mente che non serve costringersi o soffrire: in caso di mancanza di sintonia o di disagio, si può e si deve cambiare. Dovete sempre tenere ben presente infatti, che l’esperienza è la vostra, resterà nella vostra memoria e nei vostri ricordi e quindi non dovete avere remori nell’adoperarvi per viverla al meglio. Partire non è mai facile, chiunque l’abbia fatto ve lo può confermare: ci vuole grinta, un pizzico di fortuna e tanto coraggio. Non è da tutti, ma se affrontato con lo spirito e la mentalità giusta, è una delle poche cose capaci di lasciare un solco indelebile nella vostra mente e nel vostro “io”.
Giulio Mattioli
L'articolo 19 anni e una curiosità grande come l’oceano. Ecco a voi Giulio: 10 mesi in Finlandia a studiare e a scrivere un libro ‘magico’. I ragazzi di oggi sono così. Il suo reportage proviene da Pangea.
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saggiosguardo · 6 years ago
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Quando ho comprato la Sony A7 III (recensione) ho scelto il kit base con il 28-70mm f/3,5-5,6. Di norma preferisco sempre le versioni con obiettivo anche quando non è un granché, come in questo caso. Nel bundle si risparmia parecchio (mi pare sia costato qualcosa come 150€ in più) e fa sempre comodo avere una lente nativa per valutare AF, stabilizzazione, ecc.. Sapevo però che non poteva bastarmi e quasi contemporaneamente ho acquistato il Tamron 28-70mm f/2,8. Complessivamente mi ci trovo bene perché ha una buona resa ottica e non è molto grande, ma il re della categoria è certamente il Sony 24-70mm f/2,8 GM. L’azienda me ne ha inviato uno in prova questo mese e così ho avuto modo di testarlo un po’ sul campo. A livello costruttivo è notevole, di metallo e tropicalizzato per consentirne l’utilizzo anche di fronte alle intemperie. Pesa circa 900 g, dunque si fa sentire, ed anche la stazza è imponente. In realtà è piuttosto simile ai classici 24-70mm f/2,8 per reflex, ma si nota di più quando si monta su una mirrorless di piccolo taglio come la A7 III.
La ghiera dello zoom non presenta nessun gioco, è fluida e con la giusta resistenza. Non si sposta facilmente dalla sua posizione durante l’utilizzo e c’è un utile switch per bloccare l’obiettivo a 24mm durante il trasporto. Sul lato sinistro si trova il selettore AF/MF ed il pulsante G circolare che può essere personalizzato insieme agli altri. La ghiera frontale per la MAF è molto leggera ed essendo elettronica ha una resa dinamica non proprio prevedibile. Più si ruota velocemente e più è rapido il cambio fuoco, dunque non è facile ottenere risultati precisi e replicabili con un follow focus. La lente frontale è da 82mm e in dotazione c’è un paraluce (in plastica) con un pulsante per la rimozione.
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A livello ergonomico le mirrorless di Sony non piacciono a tutti, in particolare per l’impugnatura corta, poco sporgente e vicina al barilotto. Per questo motivo ci si sente sempre un po’ precari quando si monta una lente importante come il 24-70mm f/2,8 GM. Tuttavia il peso e le generose dimensioni sono il prezzo che si deve essere disposti a pagare se si vuole tanta luce e buona escursione su full-frame. L’obiettivo è inevitabilmente sbilanciato rispetto la Sony A7 III ma l’esperienza è tutto sommato positiva nella tipica posizione di scatto: bisogna solo abituarsi al fatto che la maggior parte del peso sarà a carico dalla mano sotto l’obiettivo. In termini generali sappiano bene che gli obiettivi G Master di Sony sono eccellenti, realizzati per i professionisti che richiedono il massimo. Ma qual è la differenza effettiva rispetto l’economico 28-70mm f/3,5-5,6 OSS del kit? E rispetto il Tamron 28-75mm f/2,8 Di III RXD? Voglio provare a rispondere a queste domande più che a valutare il 24-70mm f/2,8 GM in modo astratto e senza punti di riferimento concreti.
Tutti gli scatti sono realizzati con gli stessi parametri e sul medesimo corpo: Sony A7 III. Per semplicità chiamerò solo Sony GM il 24-70mm f/2,8, Sony Kit il 28-70mm e Tamron il 28-75mm f/2,8.
Sony GM @24mm Sony GM ~@28mm Sony Kit @28mm Tamron @28mm RAW non editato RAW non editato RAW non editato RAW non editato + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente
ISO 100 – Massimo grandangolo f/16
Il Sony GM ha un’angolo di campo superiore in grandangolo, poiché parte da 24mm invece che da 28mm come gli altri due, per questo ho aggiunto solo per lui un secondo scatto alla minima escursione. Su queste focali 4mm possono essere piuttosto rilevanti a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, ed è sempre bene ricordarlo. La prima riga di immagini è sviluppata direttamente dal RAW senza applicare alcuna correzione, mentre nella seconda c’è solo il profilo lente per evidenziare la distorsione. Direi che da questo punto di vista non ci sono grandi differenze confrontando gli scatti a focale minima, mentre se si prende il Sony GM a 28mm il barilotto è già molto meno pronunciato. In tutti i casi si tratta di distorsioni facilmente correggibili in post-produzione.
Il Sony Kit a f/16 fa passare più luce degli altri, subito dopo c’è il Sony GM e infine il Tamron. Differenze simili sono comunque normali dal momento che si parla di valori F e non T. I colori del Sony Kit non mi sono piaciuti. È vero che queste immagini non sono sviluppate, ma già alla fonte si vede che sono un po’ slavati e tendenti al verde. Il Tamron ha una resa cromatica più naturale ma leggermente fiacca e nelle zone d’ombra finisce per pasticciare troppo. La foto scattata con il Sony GM è nettamente superiore alle altre, sia nella visione d’insieme che nel dettaglio. In particolare stupisce il fatto che sia capace di restituire una maggiore tridimensionalità a fronte di impostazioni di scatto del tutto analoghe. Questo risultato dipende da molti aspetti, tra cui la maggiore leggibilità nelle aree scure, colori più pieni, migliore tenuta delle luci e, in generale, più informazioni.
28mm – Crop 100% area centrale
Nell’area centrale del frame il Sony Kit ancora regge e il Tamron si comporta davvero bene, infatti si deve guardare proprio ai dettagli più fini per notare un piccolo vantaggio del Sony GM. Spostandoci in un’area leggermente più esterna (ma ancora ben distante dal bordo), il Sony Kit rivela subito i suoi limiti e lascia in partita solo il Tamron. Il crop del Sony GM è davvero impressionante, perché non solo mantiene un ottimo livello di dettaglio ma non ha praticamente difetti ottici e mostra chiaramente tutte le informazioni catturate. Il Tamron prova a difendersi e lo fa dignitosamente, ma se guardate il crop da vicino l’immagine sembra leggermente sfocata a causa delle aberrazioni.
28mm – Crop 100% area esterna media
Andiamo un po’ più in su con le focali fermandoci sui 50mm, che si trovano più o meno a metà della scala per tutti e tre gli zoom. In linea generale si confermano le valutazioni appena fatte circa la risposta cromatica, con l’obiettivo Sony Kit che restituisce colori meno vividi ed una dominante verde, il Tamron ben più piacevole e nitido e il Sony GM capace di restituire un’immagine più naturale, vivida e ricca di dettagli.
Sony GM Sony Kit Tamron RAW non editato RAW non editato RAW non editato + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente
ISO 100 – 50mm f/16
Tutti e tre presentano già qui una distorsione a cuscino, ma questa volta è ben più evidente nel Sony Kit rispetto agli altri due. Nell’area centrale le differenze in termini di dettaglio non sono evidentissime, ma iniziano a notarsi spostandosi verso i 2/3 del fotogramma, in una zona analoga a quella analizzata nel precedente scatto. La classifica rimane sostanzialmente invariata, ma a 50mm sia l’obiettivo Kit che il Tamron rispondono meglio e le distanze rispetto al Sony GM si assottigliano.
50mm – Crop 100% area esterna media
Andando su un’area ancora più esterna, è il Tamron a perdere di più mentre il Sony Kit regge meglio e l’immagine rimane più nitida. Continuo a non apprezzare la tinta, ma su quella si può lavorare, mentre il crop del Tamron qui è visibilmente inferiore (ricordo che le condizioni di scatto sono identiche). Complessivamente preferisco ancora una volta la resa del Sony GM, che sembra restituire un’immagine con un più evidente stacco dei piani.
50mm – Crop 100% area esterna estrema
Passiamo a fondo scala, portando tutti gli obiettivi alla massima lunghezza focale. Visto che il soggetto è lo stesso di prima vado direttamente ai crop 1:1, tenendo conto che quello del Tamron sarà leggermente più ravvicinato sfruttando i 5mm in più. La mia impressione è che qui il Sony Kit vada discretamente ma gli altri due abbiano decisamente un marcia in più. In termini di informazioni il Tamron e il Sony GM sono abbastanza simili, ma ancora una volta preferisco la pasta e la tenuta cromatica dell’obiettivo Sony, soprattutto nelle aree colorate e contrastate.
Con un soggetto abbastanza vicino passiamo invece a verificare la resa dello sfocato a parità di apertura minima (quindi f/5,6 per allinearsi al più buio obiettivo Sony Kit) ed anche l’eventuale distorsione presente.
Sony GM Sony Kit Tamron RAW non editato RAW non editato RAW non editato + Profilo Lente + Profilo Lente + Profilo Lente
ISO 100 – 70mm f/16
Fatte salve le considerazioni già espresse per i colori e la luminosità, il Sony Kit qui è il peggiore in termini di distorsione a cuscinetto, ma bisogna ricordare che il Tamron non è ancora al massimo tele visto che può spingersi 5mm oltre (più avanti vedremo). L’immagine è un po’ scura perché non volevo trattarla ed ho preferito non bruciare le luci, tuttavia non è la questione nitidezza che mi interessa (le immagini sono a piena risoluzione, potete scaricarle e guardarle voi stessi nel dettaglio), quanto quella del bokeh.
Il primo crop in alto è dell’area centrale, mentre gli altri due sono all’esterno del fotogramma, uno in alto e uno a sinistra. Siamo sempre a f/5,6 per non tagliare fuori l’obiettivo Sony Kit in questo confronto iniziale, ma devo dire che qui a sorprendermi è stato il Tamron. Il suo sfocato è pastoso e il bokeh molto pulito e regolare. Il Sony GM è simile ma un leggermente più nervoso e meno pulito, sia sui contorni che all’interno. L’obiettivo Kit fa il possibile ma è ben distanziato dai due e si noterebbe ancor di più con sorgenti luminose dirette (qui i punti luce sono dati dai riflessi sui fili d’erba).
70mm – Crop 100% diverse aree fuori fuoco a f/5,6
Mettiamo da parte il Sony Kit per limiti fisici e vediamo come se le cavano gli obiettivi più luminosi in un confronto analogo.
Sony GM Tamron 70mm f/2,8 70mm f/2,8 75mm f/2,8
ISO 100 – Tele f/2,8
Prima di tutto si può notare che i 5mm che il Tamron ha in più sul tele sono ben meno evidenti dei 4mm che perde in grandangolo rispetto al Sony GM. Che in altre parole significa che le focali 24-70mm sono più versatili di quelle 28-75mm. Per quanto riguarda il bokeh, a f/2,8 la resa quasi si inverte, con il Tamron leggermente più nervoso e meno pastoso rispetto il Sony GM. I primi due crop a seguire sono in area centrale, mentre il terzo è più esterno, in basso a sinistra.
Crop 100% diverse aree fuori fuoco a f/2,8
Un’altra cosa che ho trovato interessante è la resistenza al flare negli scatti controluce, che qui ho enfatizzato puntando proprio al sole tra i rami. Ovvio che uno scatto simile tendenzialmente non si fa, ma ci dà un’idea di come reagiscono le tre lenti, tutte a f/11. Il Sony GM contiene il flare nell’area limitrofa alla sorgente luminosa, con saltuari fenomeni di ghosting intorno ma un buon contrasto all’esterno. Il Sony Kit ha meno ghosting ma soffre pesantemente di velatura su tutto il fotogramma, perdendo nitidezza, contrasto e dettagli praticamente ovunque. Infine il Tamron restituisce un’effetto particolarmente scenografico per la più accentuata forma a stella, ma l’immagine appare profondamente deteriorata per quello e per l’eccessivo ghosting. In condizioni di scatto più moderate rispetto queste, il Sony GM è decisamente il migliore dei tre.
Sony GM Sony Kit Tamron RAW con Profilo Lente RAW con Profilo Lente RAW con Profilo Lente
Test Flare estremo a f/11
Di test simili se ne possono fare in grandi quantità, miscelando focali, aperture e condizioni di scatto più disparate, ma più analizzavo queste tre lenti e più vedevo conferme delle impressioni iniziali. L’obiettivo da kit si dice che “è buono per iniziare” e infatti lo prendo quasi sempre insieme al corpo quando costa poco, ma è giusto per avere una “lente in più” di scorta, perché onestamente non lo uso mai.
Specifiche Sony GM Sony Kit Tamron Focale 24mm – 70mm 28mm – 70mm 28mm – 75mm Apertura f/2,8 f/3,5 – f/5,6 f/2,8 Lamelle diaframma 9 7 9 Minima distanza di fuoco 38cm 30cm 19cm Massimo ingrandimento 0,24x 0,19x 0,34x Stabilizzazione No Sì No Peso 886 g 295 g 550 g Diametro massimo 88mm (filtri 82mm) 72mm (filtri 55mm) 73mm (filtri 67mm) Lunghezza 136mm 83mm 117mm Tropicalizzazione Sì No Sì Prezzo medio di mercato 2249€ 449€ 779€
Questo Sony 28-70mm f/3,5-5,6 OSS ha degli aspetti positivi, perché è piccolissimo, leggero e stabilizzato, ma la qualità ottica è quella che ci si può aspettare da una lente simile (stupisce solo a 70mm). Inoltre bisogna considerare che è piuttosto buio. In termini di AF con buona luce non ha problemi, però in penombra soffre decisamente più degli altri due. Diciamo che ha certamente il vantaggio che se acquistato con il corpo non costa quasi nulla, però eviterei di utilizzarlo abbinato a fotocamere prestanti come la Sony A7 III: meglio risparmiare per altro o dotarsi di un obiettivo fisso, secondo me.
Il Tamron 28-75mm f/2,8 III RXD è sicuramente un obiettivo conveniente. È abbastanza abbordabile ma ha una buona costruzione, è tropicalizzato e la resa ottica è convincente, soprattutto considerando la sua fascia di prezzo. Certo le aberrazioni ci sono e in alcuni casi possono penalizzare notevolmente i risultati, specie nelle aree esterne, ma in generale si comporta benone, è nitido e con buona luminosità costante di f/2,8 su tutte le focali. La partenza da 28mm è un po’ penalizzante per alcuni usi, quindi questa è una cosa da tenere a mente, così come il fatto che in controluce tira fuori tanti di quei difetti che sembra un caleidoscopio. Personalmente non ho molto da recriminare sulla qualità costruttiva, che ho trovato adeguata al prezzo e al corpo. È infatti piuttosto piccolo e non pesa troppo, dunque si abbina perfettamente ai corpi un po’ striminziti delle Sony full-frame. Le uniche due note negative dal punto di vista fisico sono che la ghiera zoom è un po’ dura e che non c’è un selettore fisico AF/MF (cosa che odio). Per l’AF inizialmente era ben inferiore al Sony GM, ma più che altro in quello continuo lato video. Dopo l’ultimo aggiornamento firmware c’è stato però un netto miglioramento ed ora fatico a percepire differenze nel mondo reale rispetto quello nativo, per cui va sicuramente fatto un plauso a Tamron.
Infine c’è lui, il re. Il Sony 24-70mm f/2,8 GM fa pesare la sua corona e purtroppo lo si avverte sia sul portafogli (in fase d’acquisto) che in mano (durante l’uso). La costruzione è eccellente, è tropicalizzato, le ghiere sono perfette. C’è lo switch AF/MF e il tasto G personalizzabile che è sempre utile. Il paraluce in plastica è un po’ sottotono, ma per il resto non c’è molto da recriminare. Certo è voluminoso e pesante, ma le focali e la luminosità sono le più comode. Non per niente il 24-70mm f/2,8 è considerato lo standard negli zoom professionali. E non prendete sotto gamba quei 4mm in più sul grandangolo perché possono fare la differenza in alcune condizioni di ripresa. Dal punto di vista ottico l’unico aspetto da tenere sotto controllo è il controluce, ma anche qui è comunque è superiore agli altri obiettivi presi in esame in questo confronto. Il prezzo è importante e dà da pensare, soprattutto quando c’è un Tamron che costa quasi 1/3 e va piuttosto bene. Ma questo obiettivo non è pensato per i fotografi per cui il “piuttosto bene” è sufficiente. Si tratta di una lente professionale che si acquista per scattare con tranquillità e certezza dei risultati, in ogni condizione.
Recensione Sony 24-70mm f/2,8 GM: confronto con obiettivo kit e Tamron 28-70mm f/2,8 Quando ho comprato la Sony A7 III (recensione) ho scelto il kit base con il 28-70mm f/3,5-5,6.
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