ti scrivo
con la forza del rosso
con tutta la forza del rosso tramonto
all’ombra di un limoneto a Napoli,
alle sette di sera, in primavera,
fra i graffi del tempo, in treno
ti scrivo
sei un riassunto di luce
che mi annusa dai vetri ogni mattina
e mi implora che si aggreghi una voce
dimmi dei tagli alle montagne genovesi
raccontami del moto del mare
intorno al vuoto disegnare il tuo riflesso
scrivimi del tuo sorriso che perfora il cielo
e giunge a dimora nel punto dove
un battito nero di ciglia si immerge nel mare
se torni non potrai più dire mare
tu che l’hai visto sventrato di tramonto
’o mare
ma ometti il ritardo del vento, il limite
l’attesa asseconda la forma che scorre
su levigate mura del tuo sperduto viaggio
[musaerato, ti scrivo]
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“Ho per solo compagno un contatore elettrico,/ ogni venti minuti fa dei rumori secchi/ e il suo funzionamento preciso e meccanico/ mi consola un pochino dei miei recenti scacchi.”
— MICHEL HOUELLEBECQ | LA VITA È RARA. TUTTE LE POESIE (via analogset)
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Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Eugenio Montale, Portami il girasole ch'io lo trapianti (via euridicefattadisguardi)
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La vita si vuota
in diafana ascesa
di nuvole colme
trapunte di sole
Giuseppe Ungaretti, Inizio di sera, 1917
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Ora c'è la disadorna
e si compiono gli anni, a manciate,
con ingegno di forbici e
una boria che accosta
al gas la bocca
dura fino alla sua spina
dove crede
oppure i morti arrancano verso un campo
che ha la testa cava
e le miriadi
si gettano nel battesimo
per un soffio.
Milo De Angelis, da Millimetri (1983)
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Al primo chiaro, quando
subitaneo un rumore
di ferrovia mi parla
di chiusi uomini in corsa
nel traforo del sasso
illuminato a tagli
da cieli ed acqua misti;
al primo buio, quando
il bulino che tarla
la scrivania rafforza
il suo fervore e il passo
del guardiano s’accosta:
al chiaro e al buio, soste ancora umane
se tu a intrecciarle col tuo refe insisti.
Eugenio Montale, da "Le occasioni", 1939
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Non possiamo conoscere nulla di esterno a noi scavalcando noi stessi, l’universo è lo specchio in cui possiamo contemplare solo ciò che abbiamo imparato a conoscere in noi.
Italo Calvino
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Lume di ragione tremulo
che erige un tondo mordersi
di fatti, innerva d’amore il ghiaccio
patisce malattie del niente
ma è fungo di nervi, ragnatela
neuronale che forbici tagliano
e aghi appositi, laser cuciono
sistemando nelle retina cose
e colori in giuste proporzioni
e pensieri in salde maglie
nel senno il mondo compresso
goccia a goccia infitto, misfatto
per misfatto, tutto assorbito
nel neurone e assolto, assopito
assolto, assopito, assolto…
Andrea Inglese, Inventario delle imprese chirurgiche
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Dicono che la città sta andando in frantumi.
E la gente va in giro con un frammento di sorriso
che gli manca dalla faccia.
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They say the town is coming apart.
And people go around with a fragment of a smile
Missing from their faces.
John Ashbery, Un mondo che non può essere migliore, Sossella 2008
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Quanto a me, è umano: mi sento trattenuto da tutto
ciò che dimentico.
Che volete mai, voglio con lente ambagi descrivere nell’aria
tutto il mio pensiero
Francis Ponge
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Così non essere legati ad un contesto – contestare
così non aspettare revisione – restare condannati
così fuori tribù, fuori scheda o catalogo – essere salvati
come se dio nascesse preghiera per preghiera
come se ogni ostaggio impugnasse la storia
come se ogni sillaba contestasse il poema
Corrado Costa, Ancora sulla possibilità per vivere, da Cose che sono, parole che restano,1995
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Riproporre a noi stessi
una gioia sparita -
dà un'esultanza simile a un delitto -
onnipotente - acuta -
Non vogliamo deporre il pugnale -
perché amiamo la ferita
che il pugnale commemora - lei
ci ricorda che siamo morti.
Emily Dickinson, Uno zero più ampio, Einaudi 2013, trad. Silvia Bre
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né mistero nei viaggiatori
locali, con i borselli a ordito onesto
neri laminati, beaux temps,
e la plastica del berretto, sua falda tutta scoria.
non fa, non fanno, storia. venti, trenta
secoli e una parte di urto antropico non è
variato; genera dal sonno, dorme, scorta
il sacco, torna
indietro, sotto le polveri vulcaniche
– muore nella pagina di paglia per paura
dell’eclisse, prima che finisca.
culla, non cura
Marco Giovenale, Criterio dei vetri
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il nome proprio ― in breve ― il nome
proprio si beve ― un luogo ― nessun in-
dizio ― sei chiuso in un liquido chiuso ―
se parli nessuno può sentire ― potevi an-
dare al mare ― tra l’acqua e la luce ― un
vetro ― sei tu fino a che non lo dici
Giulio Marzaioli, moduli di prima fase, 2010
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Voglio così come il sorbo tra i larici e gli abeti
coprirmi di infinita neve. Di bianche coltri
l’abbraccio, chiusa irreparabile del freddo ragionare.
Spalancare le labbra e lasciarmi nevicare
lì in fondo alla bocca, infelice incontrarmi
e sciogliersi fiocco dopo fiocco fino a congelare
ed infine raccogliermi, riempirmi.
Mi voglio velare, voglio piano tacere. Sottrarmi
candidamente al complicato uso della voce.
Crescere, innevarsi il mio interno stare come fuori sto ferma.
Voglio immacolarmi. Per sempre zittire,
interrompermi e tacere. Seppellirmi dentro
e intorpidire per sempre la facoltà del solo parlare.
Roberta Dapunt, dell’infeconda voce, da “Le beatitudini della malattia”, 2013
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Separare congiungere
spargere all’aria
racchiudere nel pugno
trattenere
fra le labbra il sapore
dividere
i secondi dai minuti
discernere nel cadere
della sera
questa sera da ieri
da domani.
Goliarda Sapienza, Ancestrale
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difficile notte
la pazienza nel folto tra gli alberi
e nella strana opacità continuiamo
a spegnere le ore
i nuclei nervosi hanno diramazioni sensibili
e stare fermi significa scendere
Bruno Galluccio , La misura dello zero, 2015
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