“For years my heart was in search of the Grail What was inside me, it searched for, on the trail.” — Hafez
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Vertigo (da L. Seiler, Vierzig Kilometer Nacht)
c'era un tempo che sedevamo dentro, al tavolo, con le orecchie alla luce & e verso fuori uno sguardo affilato come da feritoie. In mezzo agli insetti, soffocato nella garza. chi andava in fondo aveva il suo proprio mondo, un orecchio caldo al sole, spazzava il fogliame come un pallonetto da davanti ai piedi & avrebbe parlato la sera ancora agitato della sua spedizione di teste-collare-in-pacchetto. Appena acciuffata tùche va impettita sui suoi ceppi, già con tuta integrale, con mocassini, americani e indiani allo stesso tempo... così inizia il sussurro alle narici delle leggende IO PROMETTO però chiunque fossero un tempo questi pallidi scheletri sinistri dell'era volgare, benedette ghirlande sepolte sotto le coperte nell'atto di scuotere il capo al cancello verso chi sta fuori - non importa. Non è successo niente. Neanche la più leggera traccia: solo una ruota ribaltabile, un letto ribaltabile, varie smentite, solo una vita piena di contro-esempi, piena di bottiglie&bicchieri per angela devis, la risata nel contenitore vuoto e io ero quello nato tardi, quello arrivato con l'ultimo volo, quello che spingeva il carrello, che ancora odorava del sangue di denti che spuntano: le cose rimasero immobili nelle loro forme, così che dimenticanza venne sul ricordo e tutti gli archivisti poterono ridere fino alle lacrime.
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En güzel deniz : henüz gidilmemiş olanidir. En güzel çocuk : henüz büyümedi. En güzel günlerimiz : henüz yaşamadiklarimiz. Ve sana söylemek istediğim en güzel söz : henüz söylememiş olduğum sözdür.
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Nocte te expectando tuaque nova pacem protrivi caram dormienti saepe iens riedens tantasper curas quocum sis ut nescio quidque facias num sinere possis tu retinere non vocem aliusdem non desideria sed te ipsam amantem tuaque mota. Noli tradeas te regi tremendo tempori qui omnia delere potest omnia fere didicimus fisi tibi uni esse, tecum mihique, omnia.
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La maglia piegata come valigia o come prima di partire, nel gesto che in te ha acquisito quasi una meccanica, e che in me è insieme goffo ed esotico - “ci facciamo mimetici ma siamo specchi di Archimede” - il mercato finisce e tutti tornano, torna la chitarra torna lo straniero - non a casa lontana ma all’altra casa - pieghi due volte e pieghi la piazza, col colletto che fa eccezione, e sacco e sacco dentro sacco, non raccolte occasioni e vestiti ancora da stropicciare - chissà chi e quando li porterà addosso, quanti crimini e quanti amori nei destini non svolti - ma tu hai messo il fanale, indietro e avanti, hai venduto quasi tutto e il resto domani, come aereo, come ritorno, ancora una settimana, forza, e poi di nuovo qui - ti aspetta la signora dell’autobus con la sporta ingombrante dei giorni, ti aspetta il bar e i tavoli con lo sfondo altrimenti troppo vuoto, ti aspetta il passeggio solitario del musicista dell’angolo senza sede e senza lode - e passo io ora che è tardi e carte mi volano addosso: se cadesse un bottone, uno solo, e tutti lo ignorassero e fosse il mio segreto, aspetterei non sette ma settanta giorni, perchè tu apra quella valigia e metta la camicia - non dovrei saperlo ma so - e cercheresti e torneresti per cercare, e io, per un attimo, indispensabile, per un attimo, a dire che spazio ci sia tra qui e lì, tra un cerchio e la piazza, tra me e casa lontana, e chiusa la febbre nell’asola la svolgerei per raccontarti quanto manca a domani, quanto ci siamo parlati a distanza, per un debito clandestino, quanto ho vegliato, da sveglio, la notte.
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Sono stato e sono stato ora su un lato ora sull’altro della stessa ora
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Τό δ'ορθόν ει- πείν, απέπνευσα τ'εκ σέθεν Eppure per te, è vero, ho respirato ancora
Sofocle
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Audire et videor pios errare per lucos, amoenae quos et aquae subeunt et aurae A me sembra di udire e per boschi vagare sacri, d'acque dimora mormorante e d'aure lievi
Orazio, Carme IV
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Narri gli sdegni e le bramate paci quando unisce due alme un sol pensiero
Madrigali, libro VIII - Claudio Monteverdi
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La mia anima la sua La sua volontà la mia Al-Hallaj, Diwan
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Amìala ch'â l'arìa amìa cum'â l'é amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê Guardala che arriva guarda com'è com'è guardala come arriva guarda che è lei che è lei
De Andrè - Dolcenera
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Distese una nube come tappeto e un fuoco per illuminarli di notte. Salmo 105, 39
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‘Cava i tuoi sandali’ (Esodo/Shmot 3,5): è detto a Mosè presso il cespuglio in fiamme, perché quel suolo è sacro. Spogliati i piedi, devono essere nudi. E’ così la premessa dell’ascolto, aderenza al terreno, alla buccia, alla lettera senza la distanza indurita di un cuoio. Scalza è la condizione dell’ascolto.
Erri de Luca - Mestieri all’aria aperta
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Μ’ αίμα χτισμένο, κάθε πέτρα και καημός κάθε καρφί τ��υ πίκρα και λυγμός Μα όταν γυρίζαμε το βράδυ απ’ τη δουλειά εγώ και εκείνη όνειρα, φιλιά Το `δερνε αγέρας κι η βροχή μα ήταν λιμάνι κι αγκαλιά και γλυκιά απαντοχή Αχ, το σπιτάκι μας, κι αυτό είχε ψυχή. Πάρ’ το στεφάνι μας, πάρ’ το γεράνι μας στη Δραπετσώνα πια δεν έχουμε ζωή Κράτα το χέρι μου και πάμε αστέρι μου εμείς θα ζήσουμε κι ας είμαστε φτωχοί Ένα κρεβάτι και μια κούνια στη γωνιά στην τρύπια στέγη του άστρα και πουλιά Κάθε του πόρτα ιδρώτας κι αναστεναγμός κάθε παράθυρό του κι ουρανός Κι’ όταν ερχόταν η βραδιά μες στο στενό σοκάκι ξεφαντώναν τα παιδιά Αχ, το σπιτάκι μας, κι αυτό είχε καρδιά Πάρ’ το στεφάνι μας, πάρ’ το γεράνι μας στη Δραπετσώνα πια δεν έχουμε ζωή Κράτα το χέρι μου και πάμε αστέρι μου εμείς θα ζήσουμε κι ας είμαστε φτωχοί Tirata su col sangue, ogni pietra un dolore ogni chiodo un singhiozzo amaro Ma quando tornavamo la sera dal lavoro io e lei, baci da sognare Battuta dalla pioggia e dal vento ma era un porto, un abbraccio una dolce attesa Ah, la nostra casetta, aveva un'anima anche lei! Prendi la nostra corona nuziale, prendi il nostro geranio a Drapetsona non ce la si fa più a vivere. Tienimi per la mano e andiamo, stella mia noi vivremo, a dispetto della povertà. Un letto e una culla in un cantuccio nel suo tetto sbrecciato stelle e uccelli Ogni sua porta sudore e sospiri e il cielo in ogni finestra. Ma quando scendeva la sera nel nostro vicolo stretto si divertivano i bimbi Ah, la nostra casetta, anche lei aveva un cuore! Prendi la nostra corona nuziale, prendi il nostro geranio a Drapetsona non ce la si fa più a vivere Tienimi per mano e andiamo, stella mia noi vivremo, a dispetto della povertà.
Δραπετσώνα, Θεοδωράκης Draptesona, Theodorakis
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Qual rugiada o qual pianto quai lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto e dal candido volto de le stelle? E perché seminò la bianca luna di cristalline stelle un puro nembo e l'erba fresca in grembo? Perché ne l’aria bruna s'udian, quasi dolendo, intorno intorno gir l'aure insino al giorno? Fur segni forse de la tua partita, vita de la mia vita?
T. Tasso
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Non ti ho detto Di non sfuggire a me Mi troverai come una sorgente Ovunque vai in quel miraggio Persino se mi abbandoni Con rabbia per centomila anni Alla fine ritornerai Visto che sono la tua casa finale. Non ti ho detto Di non essere ingannato con I lustrini nella vita lo sono la tua realizzazione finale. Non ti ho detto Che sono il mare e tu sei il pesce piccolo Meglio che rimani con me Di non avventurarti sulle sponde secche. Non ti ho detto Di non andare verso la trappola Come l'uccello allettato dall'esca Ritorna da me, sono la tua forza illimitata. Non ti ho detto Altri spegneranno il tuo fuoco Rimani con me chi ti metterò In fiamme e scalderò la tua anima. Non ti ho detto Altri ti deluderanno Perderai la fonte Di conforto che ti ho trovato. Se sei illuminato tramite La lanterna del tuo cuore Guidandoti verso la casa di Dio Guardami, potrei essere la strada.
Jalal al-din Rumi
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Quando io sono con te, stiamo svegli tutta la notte. Quando non sei qui, non riesco a dormire. Ringrazio Dio per queste due insonnie e per la differenza fra le due
Jalal al-Rumi
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Under der linden an der heide, dâ unser zweier bette was, dâ muget ir vinden schône beide gebrochen bluomen unde gras. Vor dem walde in einem tal, tandaradei, schône sanc diu nahtegal. Ich kam gegangen zuo der ouwe: dô was mîn friedel komen ê. Dâ wart empfangen, hêre frouwe, daz ich bin saelic iemer mê. Kuster mich? wol tûsentstunt: tandaradei, seht wie rôt mir ist der munt.
Dô het er gemachet alsô rîche von bluomen eine bettestat. Des wirt noch gelachet inneclîche, kumt iemen an daz selbe pfat. Bî den rôsen er wol mac, tandaradei, merken wâ mirz houbet lac.
Daz er bî mir laege, wessez iemen (nu enwelle got!), sô schamt ich mich. Wes er mit mir pflaege, niemer niemen bevinde daz, wan er und ich. Und ein kleinez vogellîn: tandaradei, daz mac wol getriuwe sîn.
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Unter der Linden Auf der Heide, Wo unser beider Bett war, Da könnt ihr finden Gebrochen beide Bunte Blumen und das Gras. In dem Wald in einem Tal, Tandaradei! Sang so schön die Nachtigall. Ich kam gegangen Hin zur Aue, Schon wartete mein Liebster dort Da wurde ich empfangen - Hehre Fraue - Dass ich bin selig immerfort. Küsste er mich? Wohl tausendmal! Tanderaradei! Seht, wie rot ist mir der Mund.
Da hat er gemacht Sehr prächtig Ein Ruheplätzchen für uns zwei. Darob wird gelachet Sicher noch heute, Kommt jemand dort daran vorbei. An den Rosen man wohl mag - Tandaradei! Erkennen, wo das Haupt mir lag.
Dass er bei mir lag, Wüsste es einer, Behüte Gott! so schämte ich mich; Und was er machte Nimmer, keiner Erfahre das, nur er und ich Und das kleine Vögelein - Tandaradei! Das wird wohl verschwiegen sein.
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