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LA BOTEGA DËL FRÈR
(Testo e foto di Katia Ceretti – è severamente vietata la riproduzione delle foto senza il permesso dell’autore
QUI L’ALBUM COMPLETO: https://www.flickr.com/photos/96501208@N06/albums/72157667853900624)
Cari Amici!
Quale piacere rivedervi! Avete visto? Ho creato una terza sezione nel mio diario di viaggio per parlarvi delle tradizioni locali. Questa disciplina ha un nome e una storia recente: si chiama Demologia e nasce verso la metà del Novecento, quando l’interesse per le culture considerate “subalterne” inizia a farsi vivo in Italia (e non solo).
-(sopra) La casa che ospita la bottega (ingresso nella porta a sinistra)
Oggi vorrei raccontarvi la storia di una piccola bottega, nata nel 1720: la bottega di un fabbro che è arrivata a sopravvivere sino al 1968, quando la modernità aveva ormai iniziato il suo inesorabile cammino verso il disfacimento di tutti i piccoli mestieri. Essa si trova a Chiaverano, paese di circa duemila anime del Canavese, nella Città Metropolitana di Torino. Il paesello è conosciuto tra gli storici dell’arte per la bella e antica chiesa che sorge proprio su di un punto panoramico dal quale si può ammirare l’intera vallata. Ma torniamo a noi. Varchiamone la soglia e lasciamoci trasportare indietro nel tempo, incalzati dalla penombra che non può che dare vita all’immaginazione! Già il solo odore di tempi passati e che mai più ritorneranno ci trasporta in un altro universo, fatto di piccole cose, buone e semplici.
-(sopra) Attrezzi per realizzare le reti del letto di varie dimensioni (questo è il mio strumento preferito!)
La bottega è composta da tre stanze estremamente fresche ed abbastanza ampie. Nella prima notiamo subito, guardando da una finestra, sulla sinistra, una specie di mulino totalmente in ferro, esterno però all’edificio: in realtà quest’apparecchiatura è una ruota idraulica molto grande, interamente in ferro, la quale tramite degli ingranaggi trasmette l’energia idraulica all’interno della bottega. In tal modo, si azionano le pulegge che attraverso delle cinghie di trasmissione (interamente in pelle) azionano vari macchinari. L’acqua è il “carburante”; un tempo era ancora presente una roggia dalla quale essa veniva attinta per mettere in moto il sistema; oggi, dopo un restauro, è ancora possibile azionare la ruota, restando così incantati e un po’ frastornati dal rumore, con la differenza che questa viene spinta artificialmente da alcune condotte proprio perché l’antico fiumiciattolo è ormai totalmente prosciugato.
-(sopra) la ruota in azione
Avanziamo nel nostro percorso e entriamo nella seconda stanza, quella della forgia: sempre ampia, fresca ma, questa volta, possiamo osservare un numero monumentale di oggetti di ogni sorta: martelli, chiodi, pale, punteruoli e chi più ne ha più ne metta! Le pareti sono interamente tappezzate da oggetti che testimoniano il lavoro secolare di questa bottega. l cuore però di tutta la bottega si trova qui: la forgia. La quale però veniva azionata non con un mantice (troppo ingombrante per la piccola officina....vi lascio dunque immaginare le sue dimensioni “titaniche”) ma da un compressore alimentato dalla ruota idraulica (ancora conservato), un elemento di novità e di modernità straordinaria per l’epoca. La volta bassa di mattoni appare annerita, il calore sprigionato dal forno ha annerito tutto tra cui i polmoni del povero fabbro che lavorava tra i fumi del carbone e il rumore delle pulegge.
Ultima tappa di questo percorso è la terza sala, “Al Cambrin”: alle pareti, sempre occupate da una miriade di oggetti, possiamo notarne qualche d’uno che colpisce di più e del quale magari si è dimenticata la funzione: una sorta di collare per cani ma che in realtà non è tale, serviva per essere incastrato nel tubo del forno e, in tal modo, i panni appesi a delle canne a loro volta unite a degli spuntoni di ferro, asciugavano. Una sorta di moderno stendiabiti, per intenderci, giovani amici. In questa piccola stanza si possono però ammirare soprattutto gli strumenti di precisione: chiavi, stadere, utensili per la costruzione di pesi e misure e di attrezzi agricoli.
Ecco un altro manufatto che ha attirato decisamente la mia attenzione: una protesi per un bambino poliomielitico, regolabile/allungabile per evitare di doverne comprare un’altra con la crescita del fanciullo. Codesto strumento mi ha dato parecchio da riflettere: era altri tempi, ci si arrangiava, si viveva con più semplicità e meno fretta e, senza l’ansia dei nostri tempi moderni, si viveva riuscendo comunque a vivere con poco. Un fabbro poteva aiutare e alleggerire l’esistenza di un bambino, e al contempo realizzava di tutto.
-(sopra) protesi per bambino
A riprova di questo discorso, forse un po’ nostalgico, voglio mostrarvi un altro strumento: una grattugia. Vi potrete chiedere cosa centri col resto. Ebbene: questo oggettino è stato realizzato da una pala; questa si era rotta nel punto di giuntura con il manico in legno, così il fabbro pensò bene di non gettarla via, come invece la quasi totalità di noi oggi farebbe, ma di riadoperarla trasformandola in altro: un utensile per grattugiare il cibo (pane, formaggio, frutta...). Nulla si buttava: tutto si riciclava. Un’economia ecosostenibile, anche dal punto di vista economico (anche perché in pochi potevano permettersi l’usa e getta).
-(sopra) la pala trasformata in grattugia
Infine, piccola curiosità, ecco alcune punte fabbricate dal burbero ma sincero fabbro, da inserire nei bastoni di legno degli alpinisti. Di tutto e un po’ insomma. (vedi foto sotto)
"La botega dël frèr" è diventata un museo (la cui denominazione, si rifà all'attività di fabbro ferraio e serraglie esercitate dalla famiglia Bergò fino al 1968, data in cui l' ultimo fabbro ferraio Battista Vincenzo Bergò cessò l' attività) nel 1983 per volere dell’ ultimo proprietario, nello stesso edificio in cui il fondatore "Teatro Majota Mastro Antonio" inizio l' attività nel 1700. Ad oggi è consultabile anche il diario, in copia anastatica, con i pensieri e le poesie del Bergò.
-(sopra) il fabbro Bergò, ultimo proprietario
Amici, anche questo nostro viaggio alla ricerca delle tradizioni perdute è giunto al termine. A presto, alla prossima avventura tutta piemontese!
Il Vostro Guala
(Informazioni per visite: Il museo aderisce al progetto Rete Museale AMI che prevede una valorizzazione e promozione del patrimonio museale dell'Anfiteatro Morenico d'Ivrea. Il museo è aperto ogni sabato e domenica, dalle 15 alle 18, per i soli mesi primaverili-estivi, da giugno a ottobre. L’ingresso è gratuito)
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