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Pensieri e Parole
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Un blog di sproloqui, spropositi e propositi.
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thedamnedpoet-blog · 8 years ago
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Facebook non è l’Iperuranio
Spero con questo titolo di esser riuscito a catturare la lettura di molti attenti. Il menù di oggi consiste in un articolo di “risposta” al post scritto qualche tempo fa da Marco De Luca “Cambiare idea oggi è ancora più difficile.” (consiglio caldamente di leggere il suo articolo prima di proseguire, così da non perdervi i pezzi) nel quale Marco con una breve analisi ci ricorda che i social networks e il web in generale non fanno altro che assecondare una nostra inclinazione naturale - di cui, aggiungiamolo, sennò sembra di parlare di novità, anche i presocratici se n’erano già accorti e la descrissero con dovizia di particolari nelle loro cosmogonie: il simile va verso il simile. Terminato l’articolo di Marco sono rimasto scioccato per tipo 3 giorni in maniera acuta e altri e 4 in maniera lieve, tanto da dover fare una cura ricostituente a base di triptofano e melatonina per riuscire a dormire la notte perché prima di coricarmi cominciavo a pensare ossessivamente:«Per dindirindina ed ora aprendo i miei social network preferiti come farò a cambiare idea? Proprio io che cercavo l’erudizione su Twitter e l’illuminazione su Instagram, ma come ho fatto a non pensarci prima? È gravissimo!», ma soprattutto perché da quando ho deciso di smettere di leggere e studiare sui libri per ampliare i miei orizzonti per affidare in toto la mia didache a Facebook e Wikipedia, mi sono sentito ferito profondamente nell’orgoglio! Ora propongo un piccolo momento di riflessione - piccolo perché altrimenti i miei neuroni cominciano inevitabilmente a cozzare tra di loro: dotatevi di un device tecnologico per il quale avete speso mezzo stipendio o mezzo stipendio del vostro babbo, armatevi di browser e motore di ricerca e adoperatevi per trovare quel faccione furbacchione di Mark Zuckerberg: lo avete davanti? Bene! Ora domandatevi a voce alta:«Mark Zuckerberg, ideando Facemash prima e Facebook dopo, in mente aveva - ed ha - l’intenzione di elevare il genere umano oppure, con un leggero accento di pragmatismo all’americana e senza premurarsi eccessivamente del “sincretismo delle idee”, di fare un gran bel business? Sia chiaro: a questa domanda - che con le dovute modificazioni è applicabile a quasi tutti i CEO dei social network in circolazione oggi - dovete rispondere mentre guardate Mark negli occhi. È fondamentale per non falsare la risposta. Ora, visto che per mia fortuna so prevedere il futuro come Talete e so già quale sarà la vostra risposta, voglio fare un piccolo esercizio di immedesimazione e sarebbe grandioso se ci provaste anche voi: per una settimana sarò Mark Zuckerberg e in questo tempo dovrò decidere le modalità di interazione e il tipo di contenuti da offrire ai miei utenti/clienti… mica pizza e fichi insomma. Ovviamente per fare ciò dovrò prima pensare alla location nella quale dover prendere una decisione così importante e di primo acchito mi viene subito in mente il mio bellissimo castello di Lavezzole comprato 5 anni fa, ma non appena entro nella mia Pagani Huayra per mettermi in viaggio mi ricordo dei 2.800 metri quadri dell'isola di Kauai, nelle Hawaii, che ho acquistato 3 anni fa e non andarci per una situazione di questo tipo sarebbe un peccato mortale! Perfetto, sono sulla sdraio, drink in mano e Mac sul tavolino, il momento fatidico è arrivato: «Partendo dal presupposto che con l’esito di questa mia decisione devo fare in modo di guadagnare almeno un pochino di più di quanto investo - altrimenti son costretto a chiudere la baracca e mi espropriano l’isola - ai miei utenti offro contenuti basati sui loro interessi oppure contenuti random? Creo un algoritmo che li fa interagire di più con i contatti che si rivelano in grado di suscitare il loro interesse (attraverso Mi piace, Commenti e Condivisioni) oppure uno che, selezionando contatti random mi espone al rischio di allontanare i miei clienti dalla piattaforma?». Scegliendo in ambedue i casi la prima opzione ne beneficiano entrambe le parti: gli utenti perché si intrattengono tra di loro e ricevono contenuti che gradiscono ed io perché, toltomi questo peso, posso finalmente dedicarmi alle trattative con gli inserzionisti pubblicitari, che son quelli che sotto sotto realmente mi interessano (da notare che questa conclusione è valida non solo per le piattaforme sociali ma anche per i motori di ricerca: i miei utenti li faccio approdare su dei link il più possibile pertinenti con la loro ricerca oppure gli rifilo dei collegamenti che non c’entrano nulla con quel che cercavano?). Deciso. Torno dall’isola, restituisco le chiavi della Huayra a Mark e, tornando me stesso, rifletto un attimo su quali siano le mie pretese e le mie intenzioni reali nell’aprire un social network: seriamente cerco in queste piattaforme virtuali dei luoghi di dibattito? Intendiamoci, per dibattito non tengo in considerazione quelle “scazzottate” verbali che tipicamente gremiscono i commenti di Facebook. Basta dare una scorsa rapida alla Repubblica platonica per farsi un’idea di che cosa sia un vero dibattito, proficuo, stimolante (ma anche in questo caso, necessiterete di una confessione perché opere di questa portata non solo non sono degne di essere profanate con una lettura superficiale, ma proprio perché rientrando in quella categoria ristretta di libri veramente in grado di elevare la nostra comprensione del mondo e dell’uomo richiedono una lettura analitica), dopodiché nel riaprire Facebook è molto probabile che sperimenterete delle reazioni allergiche simili all’orticaria e richiuderete subito. Forse, ma dico forse - soluzioni non ne ho, vivo fieramente nell’aporia - il problema non è tanto nelle bolle mediatiche - che in fin dei conti non sono altro che il riflesso, nel mondo virtuale, di quel che succede quotidianamente nel mondo reale e per di più nel vissuto soggettivo di noi tutti: con uno sforzo di onestà verso voi stessi potete tranquillamente accorgervi che una persona o un evento della vostra vita, per qualche motivo razionalmente imperscrutabile, è stato “gonfiato” oltre il dovuto. Quindi perché domonizzare così tanto i mass media se quel che fanno in fondo è solo una riproposizione in scala più ampia di ciò che accade naturalmente a tutti? - quanto nella natura intrinseca del social network: la velocità. È la sua peculiarità e non potrebbe essere altrimenti: sennò non sarebbe un social network. Quello che pubblico, scrivo o condivido oggi - come è chiaro a tutti - ha una “vita” breve: da qualche ora a qualche giorno se si è fortunati. È un gioco di tempistiche e la natura veloce del social network trova la sua ragion d’essere solo e soltanto se le si lasciano il campo d’azione e le funzioni che le spettano: ovvero la circolazione rapida dell’informazione. E non è tutto: è proprio questa natura veloce del mezzo a influenzare fino a determinare la disposizione e gli intenti degli utenti, che non possono far altro che avere un approccio “frettoloso” e disimpegnato nei confronti della piattaforma. Ed è giusto che sia così. Assurgere piattaforme come Facebook e compagnia come luoghi o strumenti attraverso i quali formarsi un’opinione o cambiarla è semplicemente un errore, una violenza a quelle che sono le finalità della piattaforma. È come sperare nell’illuminazione leggendo Moccia oppure augurarsi una lettura di svago leggendo gli Yogasutra di Patanjali. L’errore che sto cercando di evidenziare nella riflessione di Marco è a monte: nelle aspettative. Se è vero che la Verità sulle cose non è una prerogativa umana, perlomeno nostro dovere rimane adoperarci per costruirci una Buona Opinione - che certamente è un processo né veloce né senza fatica. E una Buona Opinione - e dunque un’idea sulle cose - non si può che costruire sulla Formazione, non sull’Informazione. Motivo per cui si chiude Facebook, si silenzia il cellulare e si decide quale delle due opzioni rimaste scegliere:
Si scende in piazza come il vecchio buon Socrate e si comincia a discutere realmente - non virtualmente - con le persone, ovviamente esponendoci al rischio di imbatterci e dunque perdere un sacco di tempo con qualcuno che ne sa meno di noi.
Oppure, se si è irreparabilmente affetti da misantropia come il sottoscritto, si evita il più possibile di interagire con gli uomini in carne ed ossa e ci si affida ai libri, milioni di volte preferibili alle persone in quanto più efficienti, più compatti e più economici. Sono il tramite perfetto per immergersi a capofitto nello scambio dialettico delle più grandi menti della storia - e non del primo mozzarellaro che incontri in piazza o che ti commenta su Facebook.
Il potenziale di crescita di questa seconda opzione - e in questo caso si che è lecito avere delle ottime aspettative - ha come unico limite le nostre attuali capacità intellettuali - e perché no, anche la volontà, per i più fiduciosi. Perciò no, cambiare idea oggi non è più difficile, piuttosto è diventato troppo facile mostrarci impegnati e interessati ai fatti di attualità e ostentare così la nostra rettitudine morale, senza assicurarci prima di aver vagliato minuziosamente le nostre considerazioni.
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thedamnedpoet-blog · 8 years ago
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Appunti di Oratoria
Questo pomeriggio il mio amato Emidio Spinelli ha tenuto la sua lezione di Storia della filosofia antica parlando di molti argomenti interessanti, ad esempio su quanto sia difficile per un antichista raccogliere il materiale e la documentazione necessaria per riuscire a farsi un’idea di buona approssimazione di un’epoca, di un evento, di uomo, di un filosofo e del suo pensiero dal momento che i documenti di cui dispone quasi sempre sono solo testimonianze indirette o frammenti, ma comunque roba di seconda - se non di terza - mano. In maniera particolare per chi non ci ha lasciato testi scritti direttamente e si sa, di bocca in bocca le storie cambiano, si deformano… Inoltre ha toccato l’argomento del problema dell’identificazione del primo filosofo, «ma come non era Talete?», ma per fare questa operazione bisogna prima definire che cosa sia la Filosofia. Perciò la ricerca del “primo” filosofo può cominciare solo quando qualcuno, magari un grande esponente della disciplina dà la propria definizione - che rimane però la “propria”! E se io ho dei canoni diversi dai tuoi per definirla, come si fa? Semplice, non si fa! È proprio questa la figata: il sapere storico comune, in maniera particolare se riguardo al passato remoto, è tutto una convenzione; non la verità oggettiva, ma un accordo. Che ne sappiamo noi che prima delle testimonianze che ci sono pervenute non ci sia stata qualche altra grande personalità che filosofava, magari in maniera rudimentale, ma magari no. 
«Vabbè ma sti gran cazzi del primo filosofo, io sto nel 2016 frà, io so progredito…». Ammetto che anche io credo nel progresso umano, ovvero di quella appropriazione da parte dell’uomo delle grandi leggi che governano l’universo, «Del meccanismo di domanda e di offerta?» no, parlo di regole molto più ampie e onnicomprensive. Ma sono convinto che il progresso non segua un andamento lineare cronologico: l’uomo ha toccato vette bassissime e altissime, e le seconde non sono affatto relegate esclusivamente ai tempi più recenti. L’andamento è discontinuo e assomiglia più ad un grafico altimetrico di un percorso montano che a quello di una funzione esponenziale (con a > 1 …), dunque affidarsi solamente alla scienza recente è omissivo.
E io ho preso appunti durante la lezione - la prima volta in 20 anni, c’è una prima volta per tutto - ma non ho scritto di ciò, piuttosto - affascinato da sempre dall’arte di intrattenere e comunicare efficacemente, l’oratoria, ed essendo il suddetto Spinelli un maestro in questo - ho cercato, in quelle fulminee 2 ore - contrapposte alla lunga estenuante ora di lezione precedente tenuta da non so chi -, di scorgere e incasellare i pattern comunicativi di cui faceva uso il prof durante il canto. Sono semplici, ma determinanti ed ho deciso di trascriverli qui in un elenco puntato di rapida consultazione cosicché io riesca a fissarli meglio e voi che passerete direttamente alle parti in grassetto facendo una meravigliosa ellissi dal titolo dell’articolo all’elenco possiate arrivare subito al dunque, proprio come ogni sveltina senza preliminari che si rispetti. Se a voi piace così…
1. Parlare per immagini La produzione di immagini nell’uomo oltreché essere una capacità innata è anche e soprattutto uno strumento estremamente potente. Produciamo immagini in continuazione, mentre sogniamo, mentre leggiamo, quando ascoltiamo un racconto, quando cerchiamo di figurarci una definizione o un concetto astratto: ecco, la produzione di immagini che ci interessa in questa circostanza è proprio quella degli ultimi due punti. Quando si deve esprimere un concetto complesso quale strumento migliore delle immagini mentali ci può venire in aiuto? Facciamo un favore sia a noi che esponiamo sia a chi ci ascolta.
2. Abbondante uso del linguaggio non verbale Credo che lo gesticolare e l’uso della mimica facciale sia una cosa ancestrale, un retaggio di quella necessità di comunicare pur senza un codice verbale comune e proprio perché così profondamente radicato nella nostra stessa natura troviamo il linguaggio non verbale così immediato e familiare. E non solo, aggiungerei anche così eloquente: perché proferire tante parole per esprimere il mio dissenso quando posso tranquillamente farti una smorfia? Ricordate che comunicate sempre con tutta la vostra persona, che siate coscienti o meno, a vostro vantaggio o svantaggio, perciò siatene consapevoli e usate il vostro corpo a vostro favore!
3. Rispettare la musicalità del discorso Qui cominciamo a fare sul serio perché ci interessiamo di un carattere estetico sì, ma inalienabile della parola: il suono. Si può essere dei maledetti pozzi di scienza, macché dico di scienza, dell’onniscienza peculiare di Dio ma se la tua voce è spiacevole o cantilenante sta certo che che non ti si cagherà nessuno. Nessuno. Un esempio su tutti: ma perché secondo voi la musica leggera nonostante  contenuti così banali e frivoli (senza fare di tutta l’erba un fascio però concedetemi l’approssimazione) è così diffusa e apprezzata? Perché è gradevole. C’è una scienza che studia le basi biologiche della musica e del perché fra le infinite possibili scale musicali noi esseri umani scegliamo di usarne solo una manciata. «Quindi devo fare un corso di canto e solfeggio per insegnare a scuola?», ma no! Però prendere spunto e imparare dalla musica si può fare:
a) Rispettare le pause Chi suona o è un fruitore attento sa quanto importanti siano le pause, i silenzi; anzi credere che l’assenza di suono sia qualcosa di separato dal suono stesso, che non sia musica fa un errore grossolano: esemplare è il fatto che sullo spartito i silenzi sono rappresentati con simboli proprio allo stesso modo delle note! b) Accelera o rallenta quando la circostanza lo richiede Quello che state per dire ritenete che sia un passaggio fondamentale per la comprensione complessiva dell’esposizione? Che necessiti della dovuta attenzione e solennità? Rallenta! Al contrario ritieni che il ritmo di un’enumerazione abbia la priorità sulla comprensione perfetta di ogni parola? Oppure sei nel bel mezzo della narrazione di una scena d’azione che necessita di un ritmo incalzante? Accelera! Dopotutto quando non si conosce bene una lingua e si cerca di capire ugualmente il contenuto di un discorso o un dialogo in lingua straniera si tiene di più il filo del discorso dalla presenza di questi elementi che da altro. c) Stessa cosa per il volume
4. L’ironia come chiave d’accesso all’attenzione altrui Per diverso tempo ho cercato di capire quando l’uso dell’ironia non si addicesse al contenuto del discorso e quando al contrario fosse l’arma vincente. Ricerca vana: non c’è ambito dove un suo uso ponderato non giovi nel complesso. Ne sono certo e posso firmare l’affermazione. L’ironia è l’espressione più peculiare e allo stesso tempo più elevata che possa contraddistinguere l’animale uomo da tutti gli altri. “È l’ironia che rende umani”… Che si stia spiegando come programmare un software, che si racconti una storia agli amici o si esprimano le proprie condoglianze ad un funerale: perché essere forzatamente seri? A quale scopo? Ci sono dei versi a me cari che spiegano (in particolare riguardo l’ultimo caso estremo) quello che intendo dire meglio di qualsiasi giro di parole: «Se il mio funerale salta, ridi / che a piangere si piange già abbastanza da vivi» dove il senso è: dal momento che la vita è un po’ una merda - e non sono io a dirlo, il primo scemo che passa per strada, ma un certo Budda affermava la stessa cosa 2500 anni fa - per quale motivo non dovrei trovare il pretesto per ridere anche durante la celebrazione del trapasso, l’evento tragico per eccellenza? E se lo si può fare in tali circostanze, si può fare sempre!
5. Spaziare nell’uso dei registri linguistici I motivi per usare uno stile basso, piuttosto che uno alto passando per uno medio sono molteplici: con il primo ci si accerta di essere comprensibili per chiunque, il che è fondamentale se non si vuole fare un soliloquio e solitamente con esso si fa sentire a casa chi ci ascolta. Ma bisogna stare attenti a farne un uso sporadico se non si vuole rischiare di far sentire l’uditorio sottovalutato: decisamente meglio fare un maggiore affidamento al registro medio. Quando il nostro pubblico non è specializzato o comunque non è sicuramente dotto nella materia che andremo a trattare la maggior parte della esposizione dovrà basarsi su un registro medio. Ma da non omettere è quello alto, sia perché a volte necessario ai fini dell’esposizione, sia perché mostra la nostra preparazione in merito e poi, perché no, è innegabile che fa figo se non usato eccessivamente.
6. Eccedere moderatamente Non ho piazzato quest’ultimo punto così, giusto per fare l’ossimoro. Il mio è piuttosto un invito a cercare di cimentarsi nell’attività umana più difficile di tutte: mantenere l’equilibrio. Un equilibrio che in questo contesto non vuol dire tenersi lontano dagli estremi, ma al contrario saperli toccare con parsimonia e intelligenza. Perché se non si eccede mai, saremo piatti, il nostro discorso non riuscirà a pizzicare le corde emotive dei nostri ascoltatori, le quali sono i propulsori per far prendere decisioni e intraprendere attività. Ma se lo si fa troppo spesso diverremo fastidiosi o volgari, il che ci riporta ad essere sterili proprio come se fossimo in difetto. Per questo motivo vi invito ad esagerare, ad eccedere con slancio e carisma, ma fatelo con moderazione!
Inutile dirvi che tra il discernere l’importanza di queste tecniche e il saperle applicare correttamente ne passa assai perché la chiave del successo in qualunque ambito è la Pratica; ed io che durante le mie giornate parlerò si e no con al massimo 4 persone è scontato che non sia in grado di metterle in azione. Perciò l’ultimo consiglio, se proprio volete accettarlo, è quello di muovere il culo e mettervi in gioco, anche rischiando figuracce e prese in giro: perché giusto quello rimane da fare a chi non rischia e rimane comodo sulla sua seggiola.
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thedamnedpoet-blog · 8 years ago
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Coi piedi a terra (ma non troppo) e gli occhi in cielo (e forse troppo)
Pomeriggi passati solo, giornate buttate al vento Amici e cari ancora chiedono il motivo di tutto questo. Come fate a non capire, a non vedere, mi domando L'esigenza d'esser fuori dalla vita perché quando Ci sei dentro un ingranaggio sei che ruota per inerzia Ma non vo passar di qui per ire senza aver capito Perché un giorno te lo chiedi, guardi indietro e se t'accorgi Che nei panni tuoi che indossi il volto tuo non riconosci Di quale invidiato uomo hai tu emulato i portamenti? Dici “No, quel non son io!”, riavvolgi il filo, farò meglio Ma ormai che tardi a quale Dio andrai pregando ulterior tempo? Di me fo perciò quel Dio, lo faccio adesso, ora che posso In questa camera non mia, null'altro è mio, ti rendi conto? Lo faccio coi libri aperti, gli occhi chiusi, i pugni stretti Non sai tu quante vite ho immaginato e che vorresti Cento e più progetti e tanti me e altrettanti vesti Questa l'umana libertà: sceglier per te ciò che vorresti. Però qual grande affare se questo vuol dir esser liberi! Di rinunciar tutt'altre opzioni che la vita t'ha proposto. Siamo tutti un compromesso mà, come esserne contenti? Perciò non progetto più, vedo soltanto ciò che perdo In questo posto le formiche han mal di schiena e poco tempo Mentre ammiro surfisti cavalcar spume sorridendo Non chi lotta, non chi arranca o costruisce, ma chi trova E gode il talento che ha in dono sfrutterà il suo potenziale E morrà non del sacrificio, grazie ad esso vivrà meglio.
E forse so che mi spaventa, troppe volte hai il viso stanco E non tu sola, io che faccio se chi stimo è senza slancio Vostre bocche afferman cose che in un niente l'occhio smente   Il mio affetto per voi, un ricordo che trattengo a stento Come il tempo mio con lei ha un valore oramai inesistente. Se domani al mio risveglio realizzassi che son morti Tutti, probabilmente berrei acqua come tutti i dì Guardati intorno e gli occhi schiudi come la prima volta Ovunque e non stupirti parlerai con gente stanca, Insoddisfatta o peggio ancora quelli che hanno il mondo in tasca Che hanno capito tutto e di tutto hanno un’opinione Nei giorni loro tutto giusto, non conoscono rimorsi Di quelli che "Di ciò che ho fatto ripeterei ogni sbaglio oggi" Questi sono uguali ai primi ma più ipocriti e bugiardi, Costretti a sentirsi arrivati per non rispecchiarsi agli altri.
Siamo tutti un po' falliti sai Finché non sai chi sei Finché gente come questa sarà pronta a consigliarti E pure te... Che fai ti astieni? So che temi il tuo domani E fintanto che hai paura Dio non ti salverà mai Poveri chi lo hanno cacciato Tempo fa dal cuore loro Solo perché puoi toccarlo Ma non tramite le mani Lo trovi tra la veglia e il sogno, Tra il sogno e il sonno profondo Dopo la sua esperienza Ogni esperienza è solo un sogno Sono morto e son risorto Ed ora so che non son corpo Però ancora in parte dormo Svegliatemi prima che muoio.
Luca Di Giovanni     22 Luglio 2016
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thedamnedpoet-blog · 8 years ago
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~ Punti d'arresto ~
Queste parole sono per te, per ogni momento grigio, dove ogni azione perde il senso e allo specchio non sei te stessa. Vorrei dirti che non sei sola e sola tu non lo sei mai stata. Sono in pochi a dimostrartelo, cerca e stringi chi lo fa. Chi comprende l'esigenza di calore e comprensione, di un abbraccio o di un silenzio, di dolcezza alle parole. Di labbra e sguardi complici e di sorriso intriso il viso. Quanti momenti scialbi attraversiamo e di cui non capiamo il senso: appunto grigi e a volte neri, passiamo inerti i pomeriggi. E la tua fiamma resta spenta, ovunque cerchi un propellente che rimetta in carreggiata, ma a volte serve la banchina, è da lì che osservi meglio le auto e i volti, che distratti, corron forte per non far tardi, per far presto, ma andando dove? Ma tu lì, che ormai sei ferma, puoi pensarci con più calma. Forse ti accorgi che lo svincolo più vicino è la tua uscita, che dovevi prendere e che nell'infuriata della corsa probabilmente avresti perso. Dio solo sa quanto ci vuole per trovare l'itinerario alternativo per arrivare a destinazione. Ma questa qui più che una strada è più ad un fiume che ha il sembiante! E la Corrente che avanti e forte spinge, come nella tempesta il vento, non può esser risalita e da noi s'appella Tempo. Perciò fai frutto della sosta, benché forzata, e dello stallo: è chi è in dubbio per la via da percorrere che decide, ciò non accade per chi la strada trova diritta sempre in fronte a sé. Tutto finisce, proprio tutto: Bellezza, Amore, Salute e Vita. Ci far star male ma non è un male. Semplicemente è d'accettare che del gran Gioco è la legge che regola. Non maledire dunque il punto d'arresto, sai esser forte più di quel che pensi perché la vita vuole questo. Pel resto goditi il paesaggio che in sosta contempli meglio.
Diggio       23 Dicembre 2015
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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«La scuola ha fallito» o Letterina ipotetica al Preside della mia scuola
Chi scrive Preside, non è quello che si considera generalmente uno studente modello - perché è questo che la scuola vuole, giusto? Uno studente “modello” che in quanto tale si attenga senza eccezioni al modello, il programma, il percorso che la scuola riesce ad offrire - e già solo per questo fatto so bene che queste parole non verranno considerate poi molto - se non cestinate prima d’esser lette - ma sento l’esigenza di comunicare il mio malcontento a qualcuno che, nel suo “piccolo” ovvero nell’istituto di cui è a capo, ha il potere di cambiare qualcosa.
La scuola ha fallito.
Aspetti riformulo, così sembra tragica: la scuola, con me, ha fallito. In che senso? La scuola è un’attività organizzata per l’insegnamento di una o più discipline, no? Ma sappiamo benissimo che non è solo questo. Essa coadiuva la famiglia nell’educare e formare gli individui (brutta parola), i giovani (mi garba di più). Ecco, riguardo quest’ultimo punto io sistematicamente rimango spiazzato e rattristato nell’essere spettatore e spesso vittima della metodologia con cui gli insegnanti si propongono di educarci. In un primo momento semplicemente perché molti insegnanti preferiscono omettere questo compito, senza dubbio più faticoso dello spiegare qualche formuletta o ripetere a pappardella la stessa lezione su Hegel riproposta invariata da dieci anni. Fortunatamente non sono tutti così, anzi sono in minoranza, e molti insegnanti invece hanno ben presente il valore del loro ruolo di educatori prima che di semplici mediatori del sapere (circoscritto rigorosamente al loro campo di studi, guai a chiedere extra: si potrebbe pensare per un momento di interloquire con qualcuno che ha a malapena la licenza media… Sarcasmo finito), solo che molti adempiono a questo loro ufficio, usando un eufemismo, nelle maniere più bizzarre. E quello in assoluto più in voga è fingere, simulare comportamenti non propri impersonando figure di professori fortemente stereotipate, quanto banali, prevedibili e sterili. In questo senso ho sempre sostenuto e continuo a pensare che la scuola molte volte sia da considerare alla stregua di un teatro: perché ci si trova a dialogare e a confrontarsi con persone non autentiche che preferiscono rifugiarsi nel loro personaggio, nell’autorità (ma non l’autorevolezza) di cui gode il loro titolo e in pattern comportamentali retrivi (come le loro mentalità).
Così non è inconsueto nel varcare le soglie dell’istituto incontrare queste figure che ti chiedi come mai vent’anni prima non si siano presentate al provino per impersonare la preside Trinciabue di Matilde 6 mitica, date le loro innate doti nello scimmiottarla quotidianamente. Questi soggetti nell’analisi narrativa andrebbero facilmente a collocarsi nella categoria dei personaggi piatti e statici (opposti a quelli dinamici), i cui comportamenti e le decisioni sono prevedibili, privi di ingegno e inventiva. Essi stentano a ricordare i cognomi dei loro studenti (i nomi non ne parliamo) anteponendo motivi di quantità - «Ragazzi io ho 10 classi!» - al grande disinteresse di fondo verso i ragazzi. E questi ultimi per loro non sono un vastissimo gruppo di giovani donne e uomini, un giorno future madri e padri, ognuno con una propria personalissima visione del mondo, con le proprie passioni, interessi e sogni grandi come montagne da realizzare; no, essi per questi sapienti prof detentori di ogni certezza sono piuttosto una sorta di massa informe, una categoria facilmente individuabile di mocciosetti sciatti per indole, ricolmi di negligenza inesorabile e la cui impertinenza deve essere oggetto delle penitenze più umilianti mai state messe in atto nella storia dell’umanità (clero escluso). Per riuscire ad avere un dialogo aperto con un sano scambio di idee con questi professori - senza arringhe che lasciano il tempo che trovano o correre il rischio che le proprie parole vengano interpretate fatalmente come un affronto verso il docente - è necessaria una tuta alla Tom Cruise perché la missione è impossibile! Bisogna rimaner zitti anche quando è palese che una determinata situazione della classe sarebbe con facilità migliorabile, se solo fosse concesso un vero dialogo - quella cosa bellissima che si fa solitamente tra due o più persone disposte ad abbandonare la bramosia d’ottener ragione per il più prolifico scopo di ampliare le proprie vedute e di conseguenza crescere insieme.
Tutto ciò - ad eccezione di rari casi di cui parlerò più avanti - all’interno di una scuola è proibito.
Lei potrebbe dire, come a mo’ d’orologio rotto ripetono i prof: «Questo è ciò che troverai fuori di qui, all’università come a lavoro. Perciò sfrutta l’occasione per farci il callo ed arrivare preparato alla vita vera… » come se questa fosse finta. Allora, ragionandoci un po’ su, mi son chiesto: ma se fuori di qui funziona tutto in questa maniera, come dice lei, ci sarà forse un motivo, una causa profonda? Quelle persone che operano fuori dall’ambiente scolastico non sono forse dei prodotti sfornati dalla scuola? Dopotutto è molto probabile che anch’essi a loro tempo ci andarono e non mi serve fare un così grande sforzo di fantasia nell’immaginare le dinamiche di ciò che succedeva in classe, dei rapporti professore-studente e del mai risolto problema dell’incomunicabilità.
Supporre che la radice di tutto questo mal funzionante sistema sia da ricercare - perlomeno in buona parte - proprio nella scuola, crede che sia così lontano dalla verità? Personalmente credo che ancor prima del registro e del badge elettronici, la nostra scuola con urgenza dovrebbe sopperire alla non trascurabile carenza di insegnanti fresh. Non indulgenti, non amiconi, non fricchettoni; ma insegnanti degni d’esser chiamati tali, facenti parte di un’élite selezionata di creativi cogli attributi (reputo che l’insegnamento debba essere riservato solo a chi veramente in grado, oltre che motivato; non a chiunque sia in possesso di un pezzo di carta che testimonia il numero di esami che ha superato), che il rispetto se lo guadagnano senza fatica, senza strilli, perché i ragazzi hanno di loro un’autentica stima indipendente dal titolo o la qualifica. Insegnanti con una reale passione per ciò che insegnano, in grado di farti innamorare della loro materia perché questo in realtà è il loro unico compito oggi: non siamo più ai tempi degli antichi greci dove di maestro ce n’era uno ed era l’unico riferimento cui poter chiedere se si voleva sapere di più. Oggi si ha internet a disposizione e qualunque cosa si voglia sapere è a portata di mano. Che non mi si venga a dire che sul Web non si può ottenere una formazione adeguata, ma solo informazione, perché significa che oltre ai social network si bazzicano pochi altri siti. Coursera, Udemy, Udacity, Khan Academy… Tutti corsi a livello universitario super organizzati e gratuiti. Disponendo di una fonte illimitata di possibilità di studio e approfondimento di questo tipo, cosa può dare in più un insegnante, quale valore aggiunto? La sua genuina passione. Solo attraverso una passione pervasiva si può far innamorare i propri studenti di ciò che si insegna loro; una volta che si è riusciti in questo il lavoro del professore è praticamente finito o rimane marginale. Accesa la fiamma, il desiderio di sapere quella determinata cosa in un ragazzo, non esiste più ostacolo abbastanza grande che, passetto dopo passetto, non possa essere superato.
Ad eccezione di chi purtroppo ha reali e comprovati problemi di apprendimento, tutti gli altri in sé hanno tutte le risorse necessarie per imparare ciò che vogliono sapere. Ripeto: ciò che vogliono sapere. Perché tutti siamo curiosi e abbiamo i nostri naturali campi di interesse, che ci divertono e di conseguenza stimolano a saperne sempre di più; ma non è detto che questi “campi di interesse” riguardino per forza le materie scolastiche (ce ne sono miliardi di cose interessantissime che andrebbe la pena approfondire di cui la scuola nemmeno accenna!). Dunque forse solo in questo dovrebbe riuscire un bravo professore: trasmettere ai giovani quella stessa gioia che lui stesso ha provato (e soprattutto continua a provare) nello studiare quella materia, tanta da divenire il suo lavoro di una vita! Figure come queste fino ad oggi ne ho incontrate pochissime, ma ognuna di esse è riuscita a lasciare una traccia del loro passaggio. Ti cambiano la vita, e non per modo di dire, perché in un modo o nell’altro quelle persone trasformano il tuo modo di vedere il mondo ripercuotendosi sul tuo comportamento: a questi Maestri va la mia più sincera gratitudine.
Forse quella che ho delineato è soltanto utopia, la bozza di un sogno: il sogno di un mondo migliore. E tale rimarrà fino al momento in cui qualcuno investito delle facoltà necessarie deciderà che varrà la pena rischiare e tentare qualcosa di nuovo, perché l’insegnamento scolastico è ormai stagnante e un cambio di paradigma è, oggi più che mai, indispensabile.
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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~ 25 Gennaio ~
Come procede questa vita Amica, pensi sia infinita? Corre sempre più veloce Il tempo, sabbia tra le dita Ora sei grande, come prima Come chi sa di esser prima Tra le altre, tra le carte Tu fra tutte la Regina Ora sei grande, credi pure Ora che sei degli anni il fiore E splendi, guarda! più del Sole Ma non credere, mio amore Che l'età abbia la migliore Su ogni angoscia, ogni timore In cuor tuo vive le paure Rimarranno, grandi e forti Anche infantili ti parranno Ma non cedergli, sii forte Come quando ormai alla fine Un gran sorriso fai alla morte.
  GG         14 Febbraio 2016
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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~ Luna ~
Che fai tu luna in cielo Ehi pensavi d'esser sola Per me ora c'è un'altra luna Che illumina ogni mio pensiero Ma lei è in un cielo nero Presagio di un tonfo vero Nel cercare di raggiungerla In cielo, paesaggio ameno.
Tutta occhi e labbra Che razza di luna è questa? E come ogni stella sovrasta Lei ogni donna surclassa Resto a osservarla quando parla Fiera lei muove le braccia Vivace gioca con le mani D'un tratto poi mi guarda in faccia E fingendo esser assorto Dal suo devio lo sguardo Che decreta: vivo o morto In un istante sul suo volto Ed anche oggi è assai brillante Sai, tiene i capelli sciolti E col ciondolo al collo È uno spettacolo ammaliante Con poc'altro addosso T'ho sognata sai, alla grande Che prima eri distante E ora vicini è pervadente Il calore tra noi corpi Che son vita, che son forti. Ora che siamo occhi negli occhi Vedo gioia e angoscia insieme Ché un inizio è in sé anche fine Fra pianto e riso l'atto è affine, E tu questo lo sai bene Ch'io possa mai farti soffrire E offrire il meglio, ma già mento Abbiamo entrambi mostri dentro Che teniamo in noi nascosti Ma verranno allo scoperto Se ad amarci siam disposti Se l'un l'altra a farci nostri E l'ansimare dentro al petto Muoviamo svelti pel cammino Tu mi hai offerto la tua mano E io colla gioia di un bambino Che per mano stringe un sogno Eccelso e quasi non ci credo Ad occhi chiusi o aperti è uguale Qui con me ci sei, ti vedo.
Che fai tu luna in cielo Ehi pensavi d'esser sola Per me ora c'è un'altra luna Che illumina ogni mio pensiero Ma lei è in un cielo nero Presagio di un tonfo vero Nel cercare di raggiungerla In cielo, paesaggio ameno.
Vorrei dirti di non credere, Dolcezza, all'apparenza Che la mia vita non è noia Ed i miei giorni non son grigi, Cerco soltanto ancora il posto Mio nel mondo e la mia strada In questo futile esser vivi E di cui il senso non mi è chiaro Ma tu luna che hai la chiave Dammi una scossa e io m'accendo, Ora che voglio essere vivo E più che mai con te lo sono, Non usiam più le parole Che per noi son limitanti I sentimenti han sfumature Sconosciute al digitale Il quale omette il breve viaggio Delle lancette all'orologio. Così un «Ti amo» perde il senso, «Di te mi fido» che vuol dire? Ed «Io ti voglio» che mi dice? Incompletezza di valore Vi è in queste parole, Per questo dico dammi gli occhi Ed il tuo tempo, stringi forte E fammi caldo Da sola vedi che con questi A noi non serve altro.
Che fai tu luna in cielo Ehi pensavi d'esser sola Per me ora c'è un'altra luna Che illumina ogni mio pensiero Ma lei è in un cielo nero Presagio di un tonfo vero Nel cercare di raggiungerla In cielo, paesaggio ameno.
 GG       21 Dicembre 2015
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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~ La tua voce ~
Uno squillo prorompente Nel brusio di voci Anch'esse femminili Ma atone al confronto
Ma perché? Se fino a ieri Anche lei per me era sorda Basta forse così poco: L'illusione d'esser lui Il solo e suo anche se non sai Per gettarmi nel subbuglio?
Maledetta sei tu voce E la tua mano che m'ha illuso Quando al tatto nella mia Sembrasti in cerca d'un contatto Nato prima in amicizia, Ma sfociato in qualcos'altro.
Questo è quello che ha creato Il tuo indugiare in un secondo O meno, la tua nella mia mano Che sfiorava e non toccava Per chissà quale gioco Doloroso, ora che so
Che la speranza mia era vana Che non sono io che cerchi Anzi precludi ogni mia prova. Proprio tu che agli occhi miei Sei la fermezza fatta donna A me che vago, sempre in dubbio Sei l'insegna da seguire
E a cui ispirarsi. Chi più stimo E chi più invidio, più mi cambia. Tu l'hai fatto con quel modo Che è violento per tua indole Per cui non biasimevole Ma di certo non a modo.
Ed è questo tuo tratto Peculiare, distintivo Per me sì seducente Oh, cos'è starti vicino! Ora vai e vinci tutti, Per come sei non puoi far altro.
Ma ti prego, ti scongiuro Io ti esorto a pensar questo: Benché quanto incompatibili Sian le nostre strade Quel che di te c'è in me Ormai non posso cancellarlo.
Perciò adesso puoi andar via Se vuoi, però sii cosciente Che ovunque tu sarai domani Vivrai nel mio presente Vivrai nella mia mente E è lì che in essa giace Fissa e accesa la tua foto.
Nonostante le distanze A rievocare il tuo ricordo Ci sarà sempre quella mano, Il tuo profumo e la tua voce Che m'hanno perforato Come un fulmine veloce.
GG      1 Novembre 2015
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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~ Vivi nel presente ~
Niente, di tutto questo non rimarrà niente solo il ricordo di un passato effimero non più presente Ma credo che la vita non sia fatta per rimpiangere o per piangere quando ti accorgi che essa è già finita. Quindi stringi tra le dita il tuo presente e ripeti a mente: «Ok, io sono qui!» e sentirai il tempo scorrere più lentamente. Quindi vivi ora, adesso, più coscientemente senza farti influenzare dalle opinioni della gente o dagli avvenimenti resta sempre presente guarda avanti sempre lì dove gli obiettivi sono vivi ferventi nell'aspettar che arrivi lì che sono solo sogni, sogni in cui vivi!
Diggio         25 Dicembre 2011
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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Discorso sull'estetica e dichiarazioni di poetica pt.2
Perdonatemi, sto divagando. Tornando agli esempi mi accorgo che non ho toccato quelli di bellezza "negativa": bella è la Fine, di tutto. Ciò che non finisce non può essere veramente bello, pensateci: diventerebbe banale e scontato. Il tramonto è figo non per una sua intrinseca "bellezza", ma perché dura pochissimo e tu godi dell'esser cosciente di questa sua natura effimera! Durasse tutto il dì, non ci faresti più caso. Altro esempio: abbracciare o baciare una persona a cui vuoi bene - ma allo stesso modo un qualsiasi altro tipo di contatto: stringere le mani, accarezzare, massaggiare, ecc... . Con quel gesto, che per quanto tu voglia prolungarlo, prima o poi dovrà terminare, cerchi di trasmettere qualcosa, qualcosa di non definibile con le parole perché non basterebbero mai per comunicare tutto: vorresti essere in grado di dirle
«Non sai quanto sei importante, mi salvi, ti voglio bene, ti amo, stammi vicina, ti sarò sempre vicino, fidati di me, io mi fido di te, non mi serve altro... Grazie!»
...lo vedi che è stato emozionante, è stato bello, ma è già finito. Che ti frega però, in quel momento sei stato presente, più che mai, basta saperlo.
Sono sicuro che qualcuno, già entrato in questa modalità di pensiero, sta ipotizzando il prossimo esempio di "bellezza negativa" per la sua fine... La Vita? Sì, la vita. Temo fortemente che se essa fosse infinita saremmo tutti nei guai, incasinati proprio. Sai che palle?! Riflettici un attimino, qualunque attività (per quanto goduriosa possa risultare) tu ora stia facendo, ti condurrebbe alla noia. Una noia letale: in pratica diverresti un morto vivente. Già sento tutti quegli scemi che leggendo quest'ultimo passo penseranno che il mio sia una sorta di inno alla morte o al suicidio, ma non è affatto così. Piuttosto vorrei mettere esplicitamente sotto gli occhi di tutti l'origine della bellezza dell'essere vivi: la sua fine. Ti fa piangere vero? In effetti fa strano però rifletti, essa serve a ricordarti che se c'è qualcosa che vuoi fare la devi fare oggi, domani non sai se potrai.
Me ne passa ancora un'altra per la testa: se Steve Jobs non fosse stato quell'abilissimo "cantastorie" e uomo carismatico capace di coinvolgere chi lo ascoltava alle sue presentazioni dei nuovi prodotti pensate che Apple sarebbe l'azienda che è oggi? Tutto questo semplicemente perché sbalordiva la folla, convincendoli che quello che gli stava proponendo fosse il miglior dispositivo sul mercato e che probabilmente avrebbe cambiato le regole del gioco - ora se è un caso oppure no che puntualmente andasse a finire così, non sta a me deciderlo. Li meravigliava dunque, faceva qualcosa di bello.
Oppure l'aneddoto dell'iPod lo conoscete? Quando l'ex CEO di Apple presentò ai dirigenti dell'azienda il primo prototipo di iPod da immettere sul mercato, uno di essi in seguito affermò: «Non sapevamo esattamente cosa avesse di così tanto innovativo quel lettore MP3, anzi, non era dotato nemmeno di uno spazio di archiviazione così capiente, però sapevamo che tutti noi ne avremmo voluto subito uno in tasca». Cioè vi rendete conto? Quel cazzo di lettore MP3 non è divenuto un oggetto di culto, celebre e riconosciuto in tutto il mondo per la ghiera cliccabile, l'innovativo e comodo iTunes Store o il sistema operativo user-friendly, ma solamente perché era figo! Riuscite a percepire poco a poco la portata di questo fatto? In questo caso il successo o l'insuccesso di un'intera famiglia di prodotti è stata determinata la loro bellezza, dal loro appeal sul pubblico, su di noi, su di te.
Accidenti, questa cosa è importante: se tutti ricercassero la bellezza, in sé e nel loro lavoro, invece di accontentarsi della mediocrità, non pensate si vivrebbe meglio? Più stimolati, più soddisfatti? Io penso di sì, penso ne valga la pena e vorrei accomiatarmi con questa esortazione: dimostrandovi come la bellezza intesa come capacità di stupire sia funzionale agli scopi di noi tutti, indipendentemente dalle nostre attività, cimentatevi nella ricerca della bellezza, in voi come per ciò che fate, senza eccezioni. Potremmo rischiare di trovarci a vivere in un mondo che veramente ci attrae e che, ogni giorno, sia capace di mettere davanti ai nostri occhi un dettaglio, un particolare che ci lascerà deliziosamente meravigliati!
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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Discorso sull'estetica e dichiarazioni di poetica pt.1
Stendere un testo ben organizzato, studiato dall'incipit alle varie parti da affrontare e fornito di conclusione a effetto è sempre auspicabile e un giorno forse ci riuscirò, ma per ora ancora mi concedo di usare il collegamento libero, spontaneo - nei contenuti, ma non per la forma - che inizia e finisce velocemente così come si è creato, fugace. Creando un'immagine, i punti da trattare, presenti già in maniera sparsa in testa, vengono toccati senza regola e se un domani mi chiedessi di parlare delle stesse cose difficilmente sortirebbe fuori un'argomentazione uguale. C'è da aggiungere che questa è una modalità di esposizione che personalmente mi diverte e volendo esagerare potremmo considerarla una peculiarità del mio stile di scrittura. Ma arrivo al dunque esplicitando che - come abbiamo capito tutti - la realtà è la seguente: non sono capace di articolare un discorso logicamente ben strutturato e organico, lineare; penso disordinatamente (perché secondo voi voglio una scrivania ordinata?) e questa gigantesca perifrasi iniziale che vi ho spacciato per motivazioni di stile nel vero serve a nascondere e quasi giustificare una mia limitazione. 😯
Volevo parlare oggi di Bellezza. Scambiare due chiacchiere e riflettere un attimo sul concetto di bello e i suoi relativi interrogativi:
“Cosa è bello?” “In base a quali criteri si stabilisce cosa è bello, cosa lo è meno o non lo è per niente?” “Può esservi bellezza oggettiva o lo stabilirlo dipenderà sempre e comunque dal filtro individuale di ognuno?”
...con a disposizione un po' di ozio in più potremmo partorirne veramente tante e di interessanti, ma per capire di cosa si vuole parlare queste son sufficienti.
Io lo so che vi state chiedendo: «Ma perché cazzo butti il tuo tempo a parlare di questo? Tu cosa ci guadagni? Non ti basta la definizione del dizionario?» e in effetti sul dizionario ci ritorno più volte perché le parole sono una figata paurosa e saperne i molteplici significati e utilizzi è un obiettivo che mi piace pensare di riuscire a perseguire nella mia vita, però no non mi basta. Le definizioni in bianco e nero così come ci vengono date non mi sono mai piaciute se non si ha la possibilità di colorarle dei colori della propria chiave di lettura, la propria prospettiva. Tornando alle cause che mi muovono in questa speculazione vi dico solo che se avrete il coraggio di proseguire la lettura, tutto vi sarà più chiaro e se sarò stato veramente bravo, anzi, probabilmente continuerete la riflessione che vi ho instillato per conto vostro e applicandola alle vostre attività. Posso però anticiparvi questa di ragione: gli uomini cercano spasmodicamente la bellezza, ovunque e in ogni ambito, anche il più improbabile. E io aggiungo: in quegli ambiti nei quali la ricerca estetica è ancora ritenuta con superficialità un aspetto solo di secondo piano o persino non necessario, se ne dovrebbe urgentemente rivalutare il valore funzionale. Dico davvero, tu che pensi ciò, con una certa priorità sul resto delle tue attività dovresti terminare questa lettura.
Parto subito con la mia personale definizione e concezione di Bellezza: la bellezza è la qualità caratterizzante tutto ciò che sa stupire e bello, conseguentemente, è ciò che sa destare interesse, attrazione e stupore. In maniera meno formale bello è tutto ciò che sa stupire, ma stupire in qualunque modo, nel bene o nel male, positivo o negativo: l'importante è farlo per ricercare la bellezza. Esemplifico subito partendo dagli esempi comunemente più diffusi e accettati a quelli più specificamente improntati dalla mia personalissima elaborazione: bello è l'essere spettatori dell'imporporarsi delle tre cime di Lavaredo al tramonto; bello è il godere di una solitudine meditativa durante un'escursione in mezzo alla natura, senza orari da rispettare e senza scopi oltre a quello di riprendere contatto con ciò che si è veramente, un animale insolente in un equilibrio precario; bello è il senso di grazia, armonia e ammirazione che suscita la vista di un corpo umano forte e sano, sia maschile sia femminile, è indifferente; ancora, bello è un discorso, un'arringa, un'orazione in generale priva di imperfezioni di forma, elegante, concettualmente coerente, pullulante di belle parole, storie e immagini senza risultare al contempo ostentata o sfarzosa; similmente lo è un testo scritto, indipendentemente dal suo fine o destinatario.
Immaginate se questo testo che state leggendo fosse completamente sgrammaticato, disorganico e ripetutamente incoerente nelle sue tesi: nessuno lo leggerebbe e il messaggio da trasmettere, nonostante la sua potenziale importanza, non partirebbe mai dal mittente, diverrebbe sterile.
È prendendo in considerazione questo concetto che affermo di ritenere la forma, l'aspetto, la "superficie" determinante, di fondamentale importanza nella comunicazione, più importante anche del contenuto perché è meglio dire poco ma perfettamente che il contrario - concezione questa che ho fieramente assimilato e trasposto dalla mia prolungata esposizione alla ginnastica artistica nella quale la perfezione formale assume immancabilmente la priorità e conseguentemente è di gran lunga preferibile abbassare la difficoltà dell'esercizio in favore di un'esecuzione tendente alla perfezione che viceversa. Rimane il fatto che faccio periodi troppo troppo lunghi ed estenuanti e uso troppe subordinate in un periodo storico in cui ci hanno abituati alle immagini impreziosite al massimo da uno slogan od una piccola frase. La RAM mentale va via via diminuendo e potreste non riuscire a tenere il filo del discorso: ecco, per voi che siete abituati ad un massimo di 140 caratteri dei cinguettii su Twitter mi sforzerò di annidare di meno la mia scrittura benché perderà così facendo di sfumature.
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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Flusso pt.1 o Lettera improbabile d'una giornata uggiosa
Figlio mio lascia perdere, abbandona prima che tu possa promettere. Non serve aggiungere altro. Per quanto inutile sia ogni consiglio, questo voglio dirtelo e fa comunque come vuoi, la vita è tua e fidati, non è un bene né un vantaggio. È fatica, frustrazione, insoddisfazione se vorrai tentare di elevarti e non adagiarti a vivere come un animale. Non progettare. Nulla in questo posto si costruisce, tutto è destinato a crollare. La Creazione è il polo opposto della Distruzione, ma rimane pur sempre un magnete: non esiste uno senza l'altro. Questa non vuole essere un'immagine evocativa, è così, punto. Tu puoi, certo. Puoi provare a costruire qualcosa che sia veramente tuo, tuo solo, ma non te lo permetteranno: il tempo, le persone, il tempo che ti rubano le persone, le circostanze, gli obblighi, i tuoi limiti, che son tanti, tanti da non riuscire a percepirli tutti a colpo d'occhio, ma dovrai voltarti di spalle poi a destra e sinistra come per attraversar la strada e vedrai che ti recintano, filo spinato. E no, non sono limiti immaginari come ti diranno quei perfidi quanto ingenui e bugiardi, perché mentono prima di tutto a loro stessi, ma sono ciò che di più concreto esiste al mondo, sono una certezza come l'ascesa del Sole all'alba e la sua abluzione notturna, perché dovrai farci i conti quotidianamente.
Il mondo è finto, è teatro e la vita è intrattenimento.
Puoi decidere di recitare e dunque di essere finto anche tu, oppure essere spettatore. Ce ne sono due di spettatori: quello passivo viene intrattenuto e non se lo chiede nemmeno: è lui ciò che più si avvicina a quello che io chiamo “animale” e lo invidio da matti. Sono gli esseri più felici su questa terra, non si chiedono perché son qui ed hanno già tutto perché son intrattenuti. Poi c'è lo spettatore attivo ovvero colui che, negando a priori la finzione teatrale, consapevolmente decide d'essere intrattenuto perché effettivamente non ha altra migliore occupazione se non contemplare questa estenuante pantomima. Chiunque delle tre figure tu voglia essere, ti auguro che sia tutto molto breve. Intenso, ma breve. Un sfogo capriccioso di un bambino che vuol continuare a giocare anche a ora tarda e che dopo pochi minuti già dorme. Quella la tua vita. Così di corsa e col cuore in gola che sul finire non saprai ridire se fosse effettivamente vita o sogno. Una vita giovane, perché impossibilitata ad andare oltre, e con abbondante chimica in circolo cosicché la riflessione e il pensiero risultino più rarefatti, inefficienti, e il raccoglimento impraticabile. Poi sempre di più perché assuefatto e poco a poco vedrai dischiudersi l'ingresso per la Serenità, simulata anch'essa perché effimera e subdola. Veramente non riesci a vedere? Apri gli occhi, sei già grande. Abbandona prima che tu possa promettere, qualcuno ha già sbagliato per te, batti un altro sentiero.
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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Problemi di Movimento
Ve lo dico da subito, come le hostess con le uscite di sicurezza, questo non è un post di critica verso lo stile di vita e le abitudini di molti e che in breve - eufemismo per "già ora" - potrebbero portare a non pochi problemi. 
Già il titolo in sé non è corretto, in quanto in realtà i problemi di cui parlo sono legati alla carenza cronica di movimento, a quella caratteristica tendenza dell'uomo all'inerzia che ci accompagna da sempre e che, un antropologo saprebbe spiegartelo meglio di me, sarebbe meravigliosamente funzionale se non fosse che non ci troviamo più nel Paleolitico (per fortuna? Per fortuna).
Involontariamente, ma non troppo, mi viene da puntare la lente sui giovani, con i quali sono più a contatto (ma anche qui, non troppo). Molti dei miei amici di infanzia, ora semplici conoscenti, e molti conoscenti di infanzia, ora perfetti sconosciuti, tutti un tempo agguerritissimi e velocissimi inseguitori di palloni da pallacanestro oggi hanno appeso la palla al chiodo sostituendola ognuno con le rispettive ragazze e/o numerose comitive di amici e amiche. E quelli che erano i faticosi ma comunque spassosi pomeriggi al campetto o agli allenamenti sono ora diventati le costose serate con la tua ragazza (attenzione raga, quel "costose" non si riferisce in maniera assoluta alla singola "serata" ma vorrei attribuirgli un'idea un pelo più totalizzante dell'esperienza "avere una ragazza". Sì tu, che hai gettato l'occhio al tuo portafogli affamato dall'ultimo gioiellino per la tua lei firmato Pandora, hai afferrato pienamente il concetto). Ma non denigriamo troppo la vita di coppia e le relazioni che in fin dei conti sono fattori della vita importanti e necessari. Anche altri impegni, lavorativi e di studio, vanno via via rubandosi sempre più tempo utile per il «movimento programmato» (l'"allenamento", da contrapporre al movimento che programmato non è ovvero gli spostamenti a piedi, con mezzi a trazione umana 😃 (bici, monopattino, rollerblade, skate...), portare le buste della spesa, ecc. Lo specifico perché per farlo capire a mia nonna c'ho messo qualche anno...). Di questo ne sto facendo personalmente esperienza. Ma allora se si vedono insorgere nella propria vita questa caterva di impegni, alcuni decisamente importanti, perché accidenti dovrei trovare del tempo per fare dell'attività fisica Quotidiana (che si tratti di uno sport o di un corso collettivo in una palestra commerciale per ora non c'è distinzione)? Mio Dio, spero che tu non ti sia fatto veramente questa domanda alla quale puoi trovare risposta in 5 secondi banalmente cercando su google. Ti voglio bene però, lo scrivo anche qui: perché fare attività fisica ti fa bene. Perdonami, rettifico. È il non farla che ti fa male, seriamente. Perché in effetti fare quotidianamente dell'attività fisica non ti rende migliore o peggiore, soltanto è la manifestazione naturale di quello che siamo e per cui siamo stati creati: ovvero degli uomini dotati di cervello per pensare (chi più, chi meno certo e con le dovute eccezioni, tipo davanti a una figa o alla TV, che spesso coincidono) e corpo per muoverci. E come per tutte le cose, anche per il corpo vale la regola che tutto ciò che non si usa si rovina. Se non lo muovi si rovina perciò, si deteriora, invecchia. Peggio ancora, si ammala!
Fortunatamente dopo le lunghe battaglie e i molteplici incontri divulgativi degli addetti al settore, questo fatto lo si è riusciti ad inculcare nella testa della gente e sempre più spesso all'alba o all'imbrunire si vedono spuntare tante figurette dai colori sgargianti e con ai piedi le loro New Balance nuove fiammanti che camminano a passo veloce o addirittura si cimentano in quell'andatura tra il jogging e la marcia fatta male che pur impegnandomi difficilmente riuscirei a riprodurre. Per non parlare poi dei celeberrimi Ciclisti Della Domenica! Solo di domenica però. Non azzardatevi a fargli vedere un velocipede gli altri giorni della settimana perché non saprebbero dirvi di cosa si tratta. Di tutto ciò, non voglio mentirvi, non posso che gioire. Vuol dire che la cultura del movimento si sta espandendo ed accumula sempre più seguaci.
C'è un però. Nonostante le più recenti ricerche scientifiche affermino che per NON ANDARE INCONTRO a un qualche STATO PATOLOGICO bisogna fare almeno 30'-40' di attività fisica "moderata" al giorno, io vi butterei lì una proposta: perché non qualcosina di più? Mi spiego. Quell'indicazione estremamente, tristemente e disastrosamente generica vi dice appunto che quello è il Minimo per non ammalarsi. Ma fra il dire di muoversi e il sapere come farlo c'è un abisso di mezzo.
C'è movimento e movimento.
Mi stai dicendo che devo buttare le scarpe da corsa? No. Richiudi la pattumiera. Cosa si deve fare allora in quei 30'-40' (minimo)? Correre non basta? Pedalare nemmeno? E nuotare? Se ti piacciono sono delle ottime attività, ma no, non bastano. Devi prima reimparare a muoverti. Cazzo dici Luca, io so già muovermi! Guarda le braccia, le gambe, vedi? Si muovono... Allora gentilmente puoi farmi vedere un paio di trazioni? Dieci piegamenti correttamente eseguiti? No eh? Allora prendi le scarpe che andiamo a corricchiare. Come dici? Più di 20 minuti consecutivi non riesci? Perdonami ma quanti anni hai? Venti… Va bene dai, allora facciamo un po’ di allungamento: divarica le gambe per quanto possibile e porta il busto a terra. Forza! Ah, questo è il tuo massimo? Cazzo sei imbalsamato! Senti ma per caso a te fa male la schiena quando sei seduto? …Beh, sì in effetti. Come lo sai? E ci credo, hai il tetano nei bicipiti femorali! Vedi che non basta agitare le braccia per poter dire di sapersi muovere?
Per reimparare a muoversi intendo dire fare un’attività affine a quella dei bambini piccoli quando lo fanno per la prima volta: uno su tutti riscoprire la consapevolezza dei possibili e innumerevoli atteggiamenti corporei e la percezione del proprio corpo in relazione all’ambiente esterno. Questo è alla base di tutto. Non è ammissibile che una persona a 17 anni come a 40 non si renda conto di essere spanciato o cifotico con la schiena nella posizione di corpo proteso. La consapevolezza del proprio corpo viene prima di tutto, prima di ogni sport e di ogni prestazione. Questo perciò è il primo aggiustamento da fare alle tue sedute di «movimento».
Ora però viene la parte bella. Parliamo di Intensità: ovvero la qualità dell’allenamento. Avete presente quel “moderata” riferito all’attività fisica di cui vi ho accennato prima? Moderata vuol dire semplicemente una cosa: dovete Faticà! Luca dammi un solo buon motivo per il quale io, nell’anno 2016, quando posso avere tutto quel che mi serve (ed anche di più) con uno schiocco di dita, dovrei voler faticare? Te ne do 3 di motivi: 1. Il primo, il più facile: perché Puoi.    …Giura?!  Non sto scherzando, ti sto invitando a cimentarti in una attività faticosa per il semplice motivo che puoi farlo. Rientra nelle tue facoltà, sei nato con tutti gli accorgimenti necessari per compiere gesti estremamente complessi, duri e faticosi. 2. Faticare è necessario per indurre il tuo corpo a svolgere quegli adattamenti fisiologici che creano realmente quella sensazione di benessere meravigliosa che cura come una medicina tanto i problemi fisici quanto quelli legati all’umore. Endorfine e tante altre belle cose. 3. Per piacersi. No Luca, eri partito tanto bene e ora ti perdi parlandomi di estetica? Sì, lo sto facendo e ritengo che sia un fattore che rivesta anche una certa importanza. In particolar modo per i giovani perché un adulto che ha raggiunto una certa maturità è comprensibile (entro certi limiti) che cominci ad accettare un aspetto che magari non lo soddisfi a pieno. Non trascendete vecchi, non sto giustificando in alcun modo il vostro svaccarsi! Voglio inoltre scusarmi in anticipo per l’invettiva che sto per fare sulle ragazze, dicendovi a mia discolpa che lo faccio solo perché sono dell’altra sponda e perciò guardo voi, ma la stessa riflessione è ugualmente valida per i vostri amici maschietti.
Ragazze carissime, salvezza del mondo, ma se non cercate di essere belle veramente in gioventù, quando intendete farlo? «Io preferisco puntare ad essere bella dentro e soprattutto allenare prima il cervello che il corpo. insolente che non sei altro!» Giustissimo. Ma allora perché vai un giorno si e l’altro pure a comprare un abito nuovo, un monile nuovo, un trucco nuovo, un fondo tinta nuovo, un rossetto nuovo… una Maschera nuova?! Perché vuoi piacere e soprattutto vuoi piacerti. E io non ti dico di non farlo, figurati, non direi mai ad una donna di non curarsi. Per voi è ancestrale l’esigenza di sentirvi belle. Però vi invito a farlo in una maniera un po’ più olistica partendo dunque dalla bellezza del vostro corpo, non quella artificiale della stoffa o dei cosmetici - che alla lunga vi fanno venire pure la dermatite. Anche perché quei vestiti e quei trucchi bellissimi e costosissimi prima o poi li dovrete togliere, e cosa rimane? I postumi di qualche pizza di troppo e degli alcolici che utilizzate alla stregua di un avanzatissimo strumento di aggregazione sociale? E daje no, non se ne può più. Non si può più lasciar riposare l’occhio su un gran bel culo statuario. O troppo secche o al contrario troppo “espansive”… Ragazze lo dico per voi e per noi: so che potete, dunque impegnatevi un po’ di più! …e alzate quel culo dalla sedia!!
Detto questo, raga, taglio corto perché tanto ogni 5 minuti mi viene da aggiungere qualcosa e non finirei mai. Poi devo pure finire di studiare. Per tutti quelli che hanno avuto il coraggio di arrivare fino alla fine del post li ringrazio per il tempo sprecato. Un bacione, diggio.
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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Amore, ti amo!
«Ti amo, Amore mio!»
No. Stop! Battuta sbagliata, tutto da rifare!
Le ho sentite, più volte, queste parole e non sono il solo. Sebbene io sia la persona meno adatta ad affrontare questo tema, posso tranquillizzarvi dicendo di non avere assolutamente nulla contro questa dichiarazione tranne nel caso in cui a pronunciarle siano due sedicenni. L’accostamento cinematografico è appropriato perché nel momento in cui quei due sparano la battuta son automaticamente diventati attori - di poco valore aggiungerei, in quanto non sanno nemmeno il significato di ciò che dicono. Attori a 15-16 anni come anche a 20, 25 e temo di non esagerare se penso che a questa bruttura non vi sia limite d’età. Una parola quando viene pronunciata troppe volte si banalizza e non potete banalizzarmi Amore. Con tutte le sfaccettature e le opere che col tempo gli uomini gli hanno dato e dedicato ritengo che esso sia importante - nel bene e nel male, siamo chiari, perché tipi come zio Schopenhauer e Leopardi forse non a torto ritenevano che esso sia soltanto un astutissimo inganno della Natura al fine di far riprodurre la specie… invidiosetti loro che non scopavano, ma vabbè. So bene che ci sono altre cose decisamente più importanti nella vita dell’amore - tipo il 5° e 6° capitolo di storia che maledetto me devo ancora studiare! - ma forse anche no, sbaglio? Sintetizzando son sicuro di tralasciare molti aspetti importanti e che invece andrebbe la pena toccare, ma due persone si amano col tempo. Per tempo non intendo due mesi. Si amano stando lontani. Per lontano non intendo il distacco settimanale delle vacanze estive coi genitori. Si amano affrontando e superando, a volte a testa alta ed altre con più di un graffio, i problemi. E per problemi no, non intendo l’aiuto di lei per mettere il preservativo al quel salame di lui! Cioè l'aver scopato 100 volte in 3 mesi - da notare la sovrabbondanza quotidiana, forse vi siete conosciuti di Giugno - non è un valido prerequisito per potervi nominare vicendevolmente amore. Forse lei, giovinetta sognatrice, ha letto troppi romanzi rosa ed ora, alla sua prima cotta insieme alle molteplici abbondanti vampate di estrogeni è portata a chiamarti e a taggarti su ogni singola foto di voi due insieme scrivendo:
Sei la mia vita, ti amo tanto amore mio!! #firstmonthtogether #tiamocioccolatinomio
E tu, povero, sei praticamente costretto a contraccambiare, sei in pubblico e non puoi rimaner zitto, lo vedrebbero tutti e poi lei come la prenderebbe? Per quanto possa augurarvi un esito differente, probabilmente in Novembre già vi sarete lasciati da un mese e ripensare a questo vostro sentimentalismo affettato vi ridicolizzerà non poco. Dunque aspettate un pochino. Sarete tentati, ma desistete. Chiamatevi per nome: se siete innamorati veramente il suono del suo nome sarà ugualmente la melodia più bella che possiate ascoltare su questa terra. Se non sentite il brivido, fatevi qualche domanda.
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thedamnedpoet-blog · 9 years ago
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Manifesto del blog
L'idea è nata un giovedì sera, perciò di fretta come la vita. Ma in quel momento sembrava carina e degna di essere presa in considerazione e sviluppata.
Un blog dunque, un canale, un tramite tra il mio cervello e le mie dita e tra quest'ultime e voi, che in questo momento vi state impicciando della mia vita (tranquilli, se ciò è possibile è perché dopotutto vi ho dato io il permesso 😃). Da notare l'uso della 2ª persona plurale non a caso, perché perlomeno nel primo post voglio essere ottimista (eh sì perché a chi scrive, a meno che non si tratti di un diario personale - che certamente non pubblico qui in rete - piace essere letto dagli altri, temo sia una sorta di perversione dell'intelletto, forse ci fa sentire anche solo per un momento interessanti, arguti, degni di considerazione, a volte persino geniali o forse semplicemente non vuoti).
Per dare forma e senso compiuto alle robe che mi passano quotidianamente per la testa ho sempre tenuto un diario, inizialmente cartaceo, traslocato successivamente su DayOne e simili. Però per quanto utile e necessario sia scrivere per se stessi, l'idea che qualcun'altro possa leggere e riflettere sui miei stessi interrogativi, ascoltare le mie storie o semplicemente condividere insieme le stesse sensazioni mi ha sempre stuzzicato. Ma me ne sono rimasto orgogliosamente zitto fino ad ora ritenendo che, inoltrati come siamo nell'era digitale, dei cellulari ultraveloci e dei commenti istantanei sui social network, dire la propria sia diventato troppo troppo facile, facendo pensare a molti che esprimere le proprie opinioni o dare un giudizio (Like, commenti, Retweet, cuoricini, eccetera eccetera) sia un loro diritto inviolabile e che, anzi, lo si debba fare il più velocemente possibile. Io che purtroppo presento dei ritardi palesi rispetto ai miei coetanei per evitare figure barbine mi sono sempre astenuto dal giudizio immediato, rimuginando molto, troppo a lungo sulle questioni che mi si presentavano, come le vacche quando ruminano l'erba.
Ora però mi son deciso e nonostante la vacuità che molto probabilmente faccia da sottofondo alle mie storie, penso che in fin dei conti qualcosa di interessante possa venire alla luce - male che vada rimarrà per me solo un buon esercizio per fare ordine mentale.
Dunque che cosa potrete leggere su questo collegamento Uno a Molti? Riflessioni di vita quotidiana, idee poco illuminanti, ma anche una buona dose di rime (il cui valore non sta a me quantificarlo), osservazioni sulle ultime letture e perché no, anche foto e video. Mi sono lasciato la libertà di non progettare tutto da subito e non mi precludo, dunque, eventuali aggiunte tematiche.
Post Scriptum Ve lo prometto, non sarò affetto da incontinenza letteraria (addirittura Letteraria?) ed anzi, nelle mie previsioni gli articoli usciranno col contagocce, un po’ per mia insita reticenza e un altro po’ per gli impegni che noi tutti abbiamo. Ma tenterò d'essere costante, quello mi riesce bene. Lento, ma cadenzato. Sì, me piace. Si parte.
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