#winnie soldi
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gameofthunder66 · 3 months ago
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'A Haunting in Venice' (2023) film
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-watched 8/21/2024- 3 stars- on Hulu
75% Rotten Tomatoes
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yomersapiens · 9 months ago
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Vorrei farti delle domande citando un grande poeta e/o pensatore dei nostri giorni: Come stai? Che hai fatto oggi? Che t'è stai a vedè ultimamente?
Stavo passando la serata a giocare online con i miei amici da diverse parti del pianeta come ogni lunedì, BG3 è davvero molto bello se giocato insieme a persone di cui ti fidi ma ahimè sti due si sono messi a litigare e hanno interrotto la partita e io mi sono ritrovato ad avere il lunedì sera libero, cosa che non capita mai. Così mi sono detto che ok, posso rispondere a qualche domanda senza sentirmi in colpa per non avere nulla da dire. (Poi mi dici chi è sto poeta che citi).
Sto in una fase di eterna attesa e l'ho scritto proprio qualche giorno fa e mi sembra che niente abbia voglia di iniziare. Ho pure scritto delle mail per chiedere almeno a chi ha ricevuto delle mie proposte di battere un colpo ma niente, letargo. Diresti che c'è ancora qualcuno che dorme nonostante le temperature siano quasi vicine ai venti gradi? Almeno qua a Vienna, non so dalle tue parti. Sai una cosa, ho sempre paura che i miei desideri poi si avverino. Che ci sia qualcuno lassù in alto in ascolto e che, estenuato dal mio ripetere ogni inverno "che vita di merda qua a Vienna fa sempre freddo è sempre grigio non smette mai di fare schifo il tempo" abbia deciso di punirmi esaudendo il mio desiderio di cambiamento. Ecco perché fa caldo ma io non riesco a godermela perché penso al collasso climatico.
Oggi andare in bici è stato bello. Allo psicologo ho spiegato che da noi, in italiano, paziente e pazienza hanno la stessa origine e per noi è ovvio pensare che un paziente debba avere pazienza ma che per loro, per sti poveracci di austriaci, non è così immediato. Loro per dire pazienza dicono Geduld e per dire paziente dicono Patient, ok dicono anche Geduldig per dire quando uno è paziente ma non nel senso di paziente paziente, nel senso di paziente paziente, capito? Ecco. Nemmeno io. Tantomeno il mio psicologo che oramai secondo me annuisce e aspetta lo Stato gli versi i soldi che io non ho. Ho parlato un sacco in tedesco oggi. Forse troppo. Ho parlato pure in inglese ma poi mescolavo le parole. Sono stato a fare da traduttore per degli amici che hanno un'azienda che fa miele. Andiamo in questo hotel a quattro stelle, aspettiamo nella lobby e tutto sembrava finto. C'erano un sacco di oggetti da hotel di quelli che vedi ovunque, anche le persone che entravano e andavano verso le loro stanze erano persone standard che vedi ovunque. Poi arriva il nostro interessato e dopo essersi presentato sbatte sul tavolo il portafoglio dal quale escono almeno una ventina di banconote da cento euro più altre valute che non conosco, penso dollari perché avevano le cifre scritte con caratteri orrendi. Puzzava l'alito a tutti ma io dovevo ascoltare e tradurre e fare da intermediario mentre cercavo pure di capire se sto tizio pieno di soldi fosse una persona affidabile o meno. Quanto dolore provo quando sento odori fastidiosi. Dopo quasi due ore finalmente ce ne andiamo, raccogliamo i barattoli di campioni omaggio e prima di salutare mi dice che adesso vende una delle sue case perché ne compra una sulla palma a Dubai. Io gli dico che bello, una casa su un albero. Lui mi fa no no hai presente quel posto da ricchi che c'è a Dubai che ha la forma di una palma e ci sono le case vicino all'acqua nel deserto ecc ecc e io lo fermo e gli dico guarda, beato te che ti puoi permettere di fare sti acquisti e spero pure che ti diano gioia, a me piace spendere massimo 2€ su vinted per comprare una carta pokémon dall'illustrazione caruccia. Io la gente con i soldi non la capisco. O con i soldi apparenti, chissà se non era una montatura per ottenere del miele gratis. Cioè io lo farei ma perché assomiglio sempre di più a Winnie the Pooh come mi dice sempre Pimpi. Ora per rilassarmi stavo cercando altre carte nuove dove investire una manciata di euro, per quei quindici secondi di felicità che mi donano quando le guardo al sole e ne ammiro i riflessi.
Poi andiamo avanti, cosa sto guardando. Blue Eye Samurai su Netflix mi ha preso molto, inaspettatamente. Sharp Objects anche, HBO, fatta molto molto bene. Me l'ero persa qualche anno fa e sto recuperando. L'ultima stagione di Curb your Enthusiasm perché poi Larry David ha deciso di smettere e sono parecchio triste dato che lui è il mio animale guida, tutta la mia vita attuale è una mera scopiazzatura del personaggio creato da lui. Infine, lo aggiungo io, sto leggendo Dune. Ci sto riuscendo. Sono molto orgoglioso perché l'ho sempre ritenuta una grande mancanza, soprattutto di voglia, non essere riuscito a portare a termine la lettura perché annoiato dall'ampollosità di Herbert e invece toh, sarà che sono un vecchio rompicoglioni, ma mi sta piacendo. Forse pure perché mi immagino quel bono di Chamalamet (non voglio googlare come si scrivere il suo nome correttamente la mia è una scelta politica) e allora scende giù più saporita. So di stare tradendo il Dune di Lynch ma pure lui dice non c'aveva capito un cazzo mentre lo girava e in effetti dai era palese.
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goolden · 1 year ago
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no rega fermatemi dallo spendere un botto di soldi per comprare la collezione di Essence x Winnie the Pooh 🫠
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[GANZER*Film!!] A Haunting in Venice (2023) Stream auf Deutsch kostenlos
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A Haunting in Venice (2023) Ganzer Film Deutsch: Kinostart, Besetzung & Kritik
VIDEOS: TRAILERS, TEASERS, FEATURETTES Veröffentlicht: 2023-09-13
Genre: Mystery, Drama, Krimi, Sterne: Kenneth Branagh, Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio, Michelle Yeoh, Dylan Corbett-Bader, Amir El-Masry, Fernando Piloni, Lorenzo Acquaviva, David Menkin, Yaw Nimako-Asameah, Clara Duczmal, Rowan Robinson, Stella Harris, Emilio Villa-Muhammad, Vanessa Ifediora, Esther Rae Tillotson, Winnie Soldi, Richard Price,
INHALTSANGABESVier Der berühmte Detektiv Hercule Poirot, der inzwischen im Ruhestand und im selbstgewählten Exil in Venedig lebt, nimmt nur widerwillig an einer Halloween-Séance in einem verfallenen Spukpalast teil. Als einer der Gäste ermordet wird, gerät der Detektiv in eine düstere Welt voller Schatten und Geheimnisse...
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❏ STREAMING MEDIA ❏
Streaming media is multimedia that is constantly received by and presented to an end-userwhile being delivered by a provider. The verb to stream refers to the process of delivering orobtaining media in this manner.[clarification needed] Streaming refers to the deliverymethod of the medium, rather than the medium itself. Distinguishing delivery method fromthe media distributed applies specifically to telecommunications networks, as most of thedelivery systems are either inherently streaming (e.g. radio, television, streaming apps) orinherently non-streaming (e.g. books, video cassettes, audio CDs). There are challengeswith streaming content on the Internet. For example, users whose Internet connectionlacks sufficient bandwidth may experience stops, lags, or slow buffering of the content. Andusers lacking compatible hardware or software systems may be unable to stream certaincontent. Live streaming is the delivery of Internet content in real-time much as livetelevision broadcasts content over
the airwaves via a television signal. Live internet streaming requires a form of source media(e.g. a video camera, an audio interface, screen capture software), an encoder to digitize thecontent, a media publisher, and a content delivery network to distribute and deliver thecontent. Live streaming does not need to be recorded at the origination point, although itfrequently is. Streaming is an alternative to file downloading, a process in which the end-user obtains the entire file for the content before watching or listening to it. Throughstreaming, an end-user can use their media player to start playing digital video or digitalaudio content before the entire file has been transmitted. The term “streaming media” canapply to media other than video and audio, such as live closed captioning, ticker tape, andreal-time text, which are all considered “streaming text”.
❏ COPYRIGHT CONTENT ❏
Copyright is a type of intellectual property that gives its owner the exclusive right to make copies of a creative work, usually for a limited time. The creative work may be in a literary, artistic, educational, or musical form. Copyright is intended to protect the original expression of an idea in the form of a creative work, but not the idea itself. A copyright is subject to limitations based on public interest considerations, such as the fair use doctrine in the United States. Some jurisdictions require “fixing” copyrighted works in a tangible form. It is often shared among multiple authors, each of whom holds a set of rights to use or license the work, and who are commonly referred to as rights holders.[citation needed] These rights krequently include reproduction, control over derivative works, distribution, public performance, and moral rights such as attribution.
Copyrights can be granted by public law and are in that case considered “territorial rights”. This means that copyrights granted by the law of a certain state, do not extend beyond the territory of that specific jurisdiction. Copyrights of this type vary by country; many countries, and sometimes a large group of countries, have made agreements with other countries on procedures applicable when works “cross” national borders or national rights are inconsistent. Typically, the public law duration of a copyright expires 50 to 100 years after the creator dies, depending on the jurisdiction. Some countries require certain copyright formalities to establishing copyright, others recognize copyright in any completed work, without a formal registration. It is widely believed that copyrights are a must to foster cultural diversity and creativity. However, Parc argues that ry to prevailing beliefs, imitation and copying do not restrict cultural creativity or diversity but in fact support them further. This argument has been supported by many examples such as Millet and Van Gogh, Picasso, Manet, and Monet, etc.
❍❍❍ Thanks for everything and have fun watching❍❍❍
Here you will find all the films that you can stream online, including the films that were shown this week. If you’re wondering what to see on this website, you should know that it covers genres that include crime, science, fi-fi, action, romance, thriller, comedy, drama, and anime film. Thanks a lot. We inform everyone who is happy to receive news or information about this year’s film program and how to watch your favorite films. Hopefully we can be the best partner for you to find recommendations for your favorite films. That’s all from us, greetings! Thank you for watching The Video Today.
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L’Orsa Maggiore
E se l’Orsa che stiamo cercando non fosse né una costellazione, né l’URSS, né il Polo Nord ma una sorta di “costellazione terrestre” ?
È soltanto una ipotesi, potrebbe esserci dell’altro, serve solo come suggerimento per aprire una nuova pista alla ricerca del vero significato della storia di “Riccioli d’Oro”
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È molto interessante, a proposito di storie per bambini, come le storie che parlano di orsi sembra si svolgano alla stessa maniera Prendiamo il caso di Winnie the Pooh nei film della Disney (Le avventure di Winnie the Pooh) e “Il Gatto con gli stivali 2″ della Dreamwork, sembra parlino lo stesso linguaggio: l’orsetto di Riccioli d’Oro rischia di uscire fuori dalla stella esattamente come Winnie the Pooh rischia di finire fuori dalle pagine del libro E questa é una sorta di intuizione straordinaria perché fuori dalle pagine del libro è il regno della voce narrante, del narratore Mi chiedevo quindi se questa sorta di Constellation terrestre non fosse anch’essa il regno del Narratore, del pensiero unico, della voce narrante che si sostituisce alla sensorialità e ci descrive la realtà al suo posto facendoci vivere dentro una enorme menzogna
Molto interessante è inoltre il logo del programma Constellation della NASA
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https://it.wikipedia.org/wiki/Programma_Constellation
È interessante non solo per questa sorta di mezze lune che ricordano un’onda sonora ma forse soprattutto per quella sorta di lingua rossa che le attraversa Immagino abbiate visto “Avatar 2″: la megattera ha una sorta di piuma speciale dentro la bocca, d’altra parte questa piuma speciale che sta proprio sopra al palato duro è ciò che i bracconieri rubano dalle megattere dopo averle uccise, perché dicono che allunga la vita dei terrestri In realtà la prima cosa che cerchiamo di liberare con lo healing e la respirazione è proprio la zona centrale della testa, cioé la zona sopra il palato duro e facciamo attraversare dal respiro la zona dietro agli occhi per liberare tutta la sensorialità bloccata dai campi magnetici, questo può togliere molte paralisi forse anche aiutare a far uscire dal coma Per l’industria farmaceutica bloccare questa zona con un campo magnetico significa fare molti soldi con i farmaci e tutto il resto della Sanità
Non é ancora chiaro però in che modo il “pensiero unico” entri nella testa, ma di solito lo troviamo molto vicino alla zona della coscienza tanto che lo confondiamo spesso con il nostro stesso pensiero, ma basta osservarlo per qualche secondo e ci si rende conto che non é una coscienza sensoriale, una percezione, ma una narrazione esterna
Per il momento stiamo solo mettendo assieme dei pezzi di un puzzle che é sicuramente molto più grande di così, ma a me sembra un buon inizio Doveste saperne più di me non esitate a farmelo sapere A presto
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pangeanews · 6 years ago
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Michel Houellebecq: genio assoluto o petulante bluff che fa le coccole a Winnie the Pooh? Matteo Fais e Davide Brullo litigano in attesa di “Serotonina”
È così difficile trovare un autore che ci rappresenti! In fondo, la solitudine ontologica dell’uomo si ripropone ogni volta anche tra gli scaffali delle librerie. Cerchiamo di completarci con cose e persone, fallendo nella maggior parte dei casi. Eppure, viviamo con questo intimo e inestinguibile bisogno di vederci riconosciuti. Se qualcuno ha pensato ed espresso quello che tra compiacimento e tortura non ci ha mai dato pace, un poco ci sentiamo sollevati – inutile negarlo. È un senso di vicinanza che scioglie il freddo in cuore, nel segno del mal comune mezzo gaudio.
Credo che il motivo per cui leggo e rileggo Houellebecq – e aspetto il suo romanzo in trepidante attesa – stia nel fatto che, dall’autore francese, io mi sento rappresentato. Non è mai stato così con nessun altro. Ho amato molti libri, passando e ripassando con bramosia inquieta tra le loro righe. Eppure, qualcosa mi è sempre mancato. Nessuno ha mai detto fino in fondo la verità di ciò che sento. Sartre mi è piaciuto. Il Camus di Lo Straniero mi ha fatto quasi paura perché vi ho scorto molto di me. Persino Giuseppe Culicchia, almeno in Tutti giù per terra, ha anticipato in buona misura molte delle tragedie che avrebbero segnato il mio ingresso nella traumatica età della ragione. Ma avvertivo un residuo di inespresso, qualcosa che era ancora lì e andava messo nero su bianco. Tant’è che allora decisi di dirlo io, senza attendere ulteriormente che fosse qualcun’altro a farlo in mia vece. Poi, a un certo punto, per puro caso un amico, durante una serata in comitiva, in cui eravamo i soli a pensarla in un certo modo, mi fece il nome del francese: “C’è uno scrittore che sostiene esattamente quello che stiamo dicendo noi”. Non potei resistere alla tentazione.
Seppi fin da subito che Houellebecq era quello giusto, come i pochi fortunati a cui capita di incontrare la donna della loro vita. Mi immersi in Le particelle elementari rimanendo folgorato. C’era tutto quello che avevo sempre pensato, solo espresso più chiaramente e sistematizzato. Mi colpì in particolare quella strana forma ibrida, e così ben equilibrata, tra il saggio e la narrazione. Non sono mai stato del resto un amante dei romanzi basati sull’intreccio, tra inutili complicazioni della trama e psicologismi talmente spinti da lasciarmi del tutto indifferente. “Il mio scopo non è di incantarvi con sottili notazioni psicologiche. Non ho l’ambizione di strapparvi applausi per la mia finezza e il mio spirito. Questo genere di cose lo lascio agli scrittori che usano il proprio talento per descrivere i differenti stati d’animo, i tratti del carattere, ecc. […] Tutta questa mole di dettagli realistici, questo dar vita a personaggi plausibilmente differenziati, m’è sempre sembrato, scusate l’ardire, una grande stronzata”, così sta scritto in Estensione del dominio della lotta. Sinceramente, non potrei essere più d’accordo. Odio i romanzi dove ci si perde nelle idiosincrasie dei personaggi, o nelle descrizioni iperrealistiche come avviene nei russi dell’Ottocento. Mi piace una narrativa di contenuti, come la si suol chiamare. Dei gusti personali dei singoli protagonisti me ne sbatto, mentre amo quando a essere descritto è un certo periodo storico di cui ogni figura letteraria è una rappresentazione plastica – del resto, ha ragione Houellebecq quando dice che oramai siamo tutti molto simili, in questo tempo omologante, e ci differenziamo solo per stupidaggini, come il fatto che io non sopporto gli slip e tu invece hai un serio problema con i boxer.
Daniel Pennac, in una recente intervista, ha sentenziato che “i lettori di Houellebecq sono consumatori che odiano consumare”. Non è del tutto falso. Per una volta, ho sfiorato la straniante sensazione di trovarmi in accordo con lui. In effetti mi sento consumato, acquistato e non acquistante. Mi capita addirittura di contemplare uno scaffale del supermercato, come al protagonista di Estensione, solo per scoprire dopo qualche minuto che non mi serve realmente niente degli articoli esposti alla “cupidigia del pubblico”. Ma non è tutto così semplice…
Potrei amare anche Bukowski, per la smodata presenza della sessualità nei suoi libri, proprio come in quelli dell’autore di Piattaforma. Però, no, qualcosa di Bukowski mi lascia insoddisfatto. Adoro la sua prosa, così secca e fluida da scorrere veloce come la birra di mezza mattina. Trovo però che l’americano sia oltremodo naïf. Sono interessanti le sue folli esperienze, da cui lui trae non poche intuizioni pungenti. Ma in Bukowski manca del tutto la sovrastruttura culturale. La sua è una saggezza da barfly (“mosca da bar”), quando la sbronza è tale che o cadi in coma etilico o sei improvvisamente vittima di una qualche illuminazione sulla vita. Houellebecq è più simile a me: un osservatore distaccato e analizzante, affetto da una punta costante di amarezza, capace di farti ridere proprio nel momento in cui più ti fa male. È uomo di cultura, ma che giustamente non si prende troppo sul serio. Per lui il sesso non è colore e contorno della narrazione, ma chiave interpretativa, nella sua declinazione, di un’epoca – proprio come l’economia.
Ammiro inoltre la sua capacità nel mantenere uno stile sempre valido alternando nella sua produzione romanzi postmoderni, come Estensione e Le particelle elementari, fino ad arrivare a quello che potremmo definire il neonaturalismo di Sottomissione.
Dite quello che vi pare, ma lui ha in ogni momento il polso della situazione, di quello che gli sta accadendo intorno. Da quando, disoccupato, scrisse in preda alla disperazione il suo primo romanzo, fino a diventare un miliardario chiuso in un grattacielo del quartiere cinese di Parigi, nulla è cambiato: Houellebecq vede sempre il mondo con spietata ed empatica lucidità.
Ho sentito che il suo nuovo libro, terminato mesi addietro, preconizza la rivolta dei gilet gialli. Ciò non mi sorprende, casomai rinnova la mia convinzione. Ho letto l’incipit: “Odiavo Parigi, quella città ammorbata da borghesi ecoresponsabili mi ripugnava, può darsi che fossi un borghese anch’io ma non ero ecoresponsabile, andavo in giro con un 4×4 diesel – forse non avevo combinato granché di buono nella vita ma almeno avrei contribuito a distruggere il pianeta – e sabotavo sistematicamente il programma di raccolta differenziata varato dall’amministratore del palazzo buttando l’umido nel recipiente per il vetro e le bottiglie vuote nel cassonetto riservato alla carta e agli imballaggi”. Inutile precisare che sono già “in solluchero”, come quel sentimentale del giovane Holden travolto sulla strada da un male di vivere inimmaginabile prima dell’affermazione letteraria di Houellebecq.
Matteo Fais
***
Non basta, non basta, non mi basta nulla. Non mi basta neanche il nulla, figuriamoci l’uomo, l’umano, il suo disagio, la sua disfatta, l’ansia cristica della dissipazione, il lasciarsi andare, il lasciarsi morire, la lascivia nichilista, la foga dell’annientamento. Questo è l’uomo da quando è uomo, nell’incarnazione di Abramo – disposto a sacrificare ciò che ha di reale, il figlio, per un filo di voce illusionista che ritiene Dio – nella follia di Edipo – che vince il mostro scoprendosi mostruoso – nella malia di Amleto – che sa che essere è non essere – e giù, deragliando e derapando nel dirupo umano, tra i russi che hanno a cuore non certo i dettagli narrativi – quelli piacciono sotto il cupolone di Albione – ma il deperimento dell’anima e il suo sfasciato ululato, e le ignominie di Beckett e le sconcezze di Genet e i bramiti di Camus… poi arriva lui, Michel Houellebecq, che con un talento miseramente ‘giornalistico’ ripete peggio degli altri le stesse cose, cambia la ‘quinta’, orienta la scrittura per i sottodotati attuali, per i dormienti, e giù applausi. Sinceramente, con tutta la mia pulviscolare ironia, Serotonina lo stronco prima ancora di leggerlo, MH scrive da vent’anni sempre le stesse cose.
La posa. Leggete la posa, please, prima ancora dei libri. Houellebecq sta in posa – fotografica – fotogenica. Fa la faccia del vituperio, un abietto virile, con la sigaretta digerita in bocca, fa il lurido, fa schifo, anche se è pieno di soldi e di applausi. Si mette in posa. Fa la parte. Lo scrittore, però, rifiuta i ruoli, vive per evadere le forme, per verificarne l’idiozia. Gli scrittori violenti hanno un viso limpido, che lampeggia crudeltà. Nelle raffigurazioni secentesca, il re Davide è un bambino, è l’icona dell’innocenza, ma brandisce la spada, è lordo di sangue, rotea il cranio di Golia.
Il petulante. Il talento di Houellebecq – se tale è – è ‘giornalistico’, dicevo. Intuisce un problema ‘sociale’, edifica una palafitta narrativa, ci s’infossa, il trucco riesce sempre. Houellebecq ha bisogno della polemica e della politica, non può fare a meno del fango, del pubblico, non si disincastra dal giudizio. Per questo le sue opere più che degradanti e degradate sono degradabili, svaniscono una volta lette, come un buon reportage giornalistico. Insomma, Houellebecq non è diverso da Trump, di cui apprezza il biondochiomato carisma.
L’egida dell’ovvio. Houellebecq funziona perché scrive ciò che vogliamo leggere, si finge antipatico – ma io lo immagino mentre fa le fusa abbracciato a Winnie the Pooh – ha il vezzo dello str**zo, annaspa nell’ovvio – che, ovviamente, vende – come il suo amico Emmanuel Carrère, due facce della stessa medaglia cariata. Poi, certo, in Italia ci vorrebbe un Houellebecq, ma l’Italia, letterariamente, è terra di tanti mozzi, di una manciata di corsari, mentre qualche squalo scodinzola in mare aperto.
Umano troppo umano. Houellebecq sosta nel sottobosco dell’umano, nel retroterra, con il retrogusto del già letto e già digerito: è un clamoroso bluff. La letteratura, piuttosto, si muove verso l’al di là, oltre l’uomo, in direzione del disumano – per questo, su questo, Massimiliano Parente vince Houellebecq, non c’è partita, lo scontro è impari – oppure nell’alveo dell’oltreumano. Il caro vecchio Cormac McCarthy riduce Houellebecq a un barboncino dei buoni sentimenti, Witold Gombrowicz ne dissezionerebbe la barbarie formale, perfino Rudolph Wurlitzer, con il visionario, lisergico, sonnambulo Zebulon ha scritto un libro che vale Le particelle elementari ed Estensione del dominio della lotta – i ‘best’ di MH – messi insieme.
Lo stile. E poi, basta, basta questo. MH scrive male – è sufficiente a evitarlo. Uno scrittore che non dona decenza formale alla propria creazione è un petulante provocatore. Meglio Moravia, allora. Meglio Pavese. Meglio Tempo di uccidere di Flaiano. Meglio i racconti di Verga. Lo ripeto per l’ennesima: prima di MH, lo scrittore facile per un tempo fatalmente semplice, il romanziere per i trinariciuti dell’abisso nella tazzina di caffè, leggete Montherlant, leggete Jouhandeau. Già. Troppo. Ma io voglio il troppo, anelo all’irredento, mi fa voglia lo scandalo del linguaggio non chi pensa di fare oscenità perché piscia, in faccia a tutti, la propria incurante incuria.
Davide Brullo
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lalettricedisogni · 8 years ago
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Curriculum sentimentale: Incasinata...
In questa domenica un po nuvolosa e noiosa come la sottoscritta penso a perché una ragazza( suo malgrado :P) dovesse prendermi come sua legittima fidanzata e alla mente mi sono venuti almeno 10 buoni motivi.
1) Sono single da quasi 5 anni e quindi ho dimostrato a me stessa e a chiunque che non mi accontento di chiunque pur di non stare da sola...
2) sono una delle persone più dolci che esistano,infatti penso di essere fondamentalmente imparentata con il dolce orsetto winnie the pooh sia per dolcezza che per morbidezza.
3) sono una persona MOOOLTO ESIGENTE,DIFFIDENTE E SELETTIVA,quindi seppure all’apparenza un difetto quando mi interessa una persona è perché sono seriamente intenzionata a portare avanti una relazione sana e duratura.
4) Sono mediamente Sana di mente ed ho già passato e digerito due storie tossiche e ossessive con tanto di urla,soldi chiesti in prestito e scenata di gelosia e possessione da stalker e galera quindi so cosa significa desiderare un rapporto sano e con la relativa libertà sia fisica che mentale.
5)Per lavoro viaggio molto e il mio sogno è arrivare a fare stagioni di 6/ 7 mesi continuativi in giro per il mondo quindi astenersi persone gelose/ ossessive(come ho scritto al numero 4) e chi non si sente di sostenermi in questo mio sogno.
6) Per quello che ho scritto al punto 6 credo con tutta me stessa alle storie a distanza e sinceramente le preferisco perché mi permettono di continuare a fare la cosa che amo di più al mondo ossia viaggiare.
7)sono una delle persone più sincere e dirette che esistano al mondo,non mi piacciono ne le cose non dette ne le bugie o le omissioni e per me tradire è la cosa più scorretta e perfida che una persona possa fare ad una persona che tra l’altro dice di amare.Se un amore finisce io almeno ho il coraggio e la correttezza di trattare bene la persona con cui ho trascoros un pezzo di vita.
8) sono una persona EMOTIVISSIMA,SENSIBILE FINO ALL’ESTREMO e in ogni caso do la giusta importanza all’aspetto fisico,non sono così paracula da dire che non coonta niente ma neanche così eccessiva da stilare una classifica di bellezza.
9)Sono PER MANTENERE LE PROPRIE AMICIZIE Ameno che ls mia ragazza decida di uscire solo con loro non impedirò mai di frequentare i suoi amici e non vedrò necessario farli conoscere sino a che non sono sicura di noi.
10) Dopo tante delusioni sono un mix tra un adolescente vergine che crede fermamemnte nell’AMORE quello vero e una donna che sa quello che non vuole...
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I soldi dei poveri per pagare il concerto di Jo Squillo, il sindaco di Trecate revoca l’incarico a Capoccia
E’ stato Giorgio Capoccia, vicesindaco di Trecate a pagare per lo scandalo dei soldi destinati a 500 pacchi mensa per i poveri usati per pagare il cachet di Jo Squillo, Johnson Righeira e Papa Winnie alla Festa del riso. 12 mila euro derivati da un appalto per la gestione mense che includeva circa 500 pacchi […] Per il contenuto completo visitate il sito http://ift.tt/1tIiUMZ
da Quotidiano Piemontese - Home Page http://ift.tt/2HO8V2C via Adriano Montanaro - Alessandria
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pangeanews · 6 years ago
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Quando ci sentiamo frustrati, torna al cinema il mito di Robin Hood. D’altronde, odiamo il potere costituito, desideriamo essere fuorilegge e vivere una vita all’aria aperta
Quando ero bimbo anteponevo al mio nome un altro. Robin Hood. L’unica fonte a cui mi abbeveravo, piccino, era il Robin Hood di casa Disney, uscito 45 anni fa, firmato da Wolfgang Reitherman, lo stesso, per intenderci, della Bella addormentata nel bosco, de La spada nella roccia, del Libro della giungla, delle Avventure di Winnie the Pooh. Fece grande la Disney degli anni Sessanta-Settanta.
*
Nel cartone animato, come si sa, Robin Hood, il bandito leggendario sorto dai ruderi del Medioevo anglosassone, è raffigurato da una volpe. Le sue caratteristiche sono la scaltrezza e la mira: mentre i soldati dell’esercito usano la spada o la balestra, Robin adotta, con particolare abilità, l’arco. L’arco uccide a distanza, richiede un gesto di granitica eleganza: l’arco, rivoltato, può mutarsi in lira. L’assassinio, in fondo, assume una forma lirica.
*
Secondo l’antropologia positiva della Disney, l’intelligenza vince sulla forza bruta; la nobiltà primeggia sull’arroganza; il bene sovrasta il male. I rapporti di valore sono chiari, manichei. Da un lato c’è la foresta – emblema dell’istinto, della libertà – dall’altro la città, icona della prigionia urbana. Da una parte il denaro usato come benzina per il lusso di pochi, dall’altra il denaro distribuito in base alle esigenze di tutti; da un lato il sopruso dall’altro la generosità; da una parte la chiesa – arcivescovile – che benedice l’azione del potere malvagio, dall’altro il prete che fa le parti dei banditi, brinda con loro. Nel cartone animato della Disney i buoni hanno figure rassicuranti – volpi, conigli, orsi – i cattivi sono famelici – lupi, coccodrilli, avvoltoi, leoni. Punto mediano, Lady Marian, volpe pure lei – nella fiction disneyana –, che è bella e nobile – la donna da desiderare, comunque, non è una popolana ma la sublime nel castello, guarda un po’.
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Il Robin Hood con Taron Egerton – più che un film, un videogame – ha dato adito alla più banale delle interpretazioni. In tempi di crisi, quando lo Stato assume il volto della cerbera/becera Europa, meglio affidarsi a chi rimette in senso l’economia con l’astuzia. Tu chiamala se vuoi frustrazione sociale. Non è inutile ricordare che nella vulgata cinematografica Robin & Co. vivono in una specie di ‘comune’ all’aria aperta, dove non esiste la proprietà privata ma i beni sono condivisi. Il ‘sessantottismo’ è sempre dietro l’angolo.
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“Robin Hood può essere un gioco innocuo e catartico – ma nei momenti difficili ha la potenza di stimolare alla ribellione, all’istinto di giustizia sociale. Se è così, attendiamo ancora il Robin Hood che ci meritiamo”, ha concluso Steve Rose sul Guardian ragionando intorno al‘fenomeno’. Su una cosa ha ragione. Le versioni filmiche del bandito più celebre del mondo occidentale sono decisamente modeste. Il Robin Hood di Ridley Scott è una versione in blusa trecentesca del Gladiatore; Robin Hood. Principe dei ladri si risolve nel ceffo di Kevin Costner all’apice del successo; Robin e Marian è una sorta di soap con attori di chiara fama in cerca di riscatto – Sean Connery e Audrey Hepburn. Ad ogni modo, dal Robin Hood con Errol Flynn – erano i tardi anni Trenta – il cinema ha tentato di sfruttare il mito a suo guadagno.
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C’è il potere buono – Riccardo Cuor di Leone – e quello bastardo – Giovanni Senzaterra – ma forse ogni forma di potere è maculata dal disastro.
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Robin Hood – di cui non vanno sottomessi gli aspetti ‘cristici’: il riscatto dei poveri, la gloria futura degli ultimi, il ribaltamento dei valori – non è ‘fuori legge’ ma è la giustificazione che quando la legge è sballata, bisogna fuggirla. D’altronde, dalla Bibbia in qua, è vero che non tutti i morti sono uguali: ci sono morti più morti di altri, ci sono morti che se la sono meritata.
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L’agiografia è affascinante perché di solito fa santo un brigante. Era un Salone del Libro di molti anni fa. Ne uscii con il Robin Hood di James C. Holt pubblicato da Rusconi. Mi fece male – e fu terapeutico. Lo studioso, esperto in fatti medioevali, metteva sull’avviso i complici compatrioti: attenzione gente, perché la leggenda di Robin Hood è messa “a servizio del turismo a buon mercato”. Ergo: “Se Robin viene ancora considerato come l’espressione del malessere sociale o dello scontento odierno, ebbene… così sia! Ma questa non deve essere una scusa per favorire le fantasie moderne come spiegazioni di una realtà medioevale… La fantasia presente in tutte le leggende falsifica: e la fantasia satura la storia di Robin Hood. Di fuorilegge ha fatto eroi. Ha confuso la violenza e il crimine con la giustizia e la carità. Nel tentativo di colmare il divario tra mondo reale e mondo ideale ha presentato alcuni di problemi sociali del Medioevo in modo troppo netto, con una divisione troppo precisa tra il bene e il male. E così facendo, ha realizzato una perpetua truffa all’americana”. Nei testi medioevali e rinascimentali, Robin Hood è “il celebra assassino”, a capo della “sciocca marmaglia” (Walter Bower, 1440-1450). C’è poca santità sul capo di un uomo che agisce come gli indica l’indole, assecondando le norme del caso più che la virtù.
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Il brigantaggio come opera d’arte: anche in Italia ci sono esempi miliari, nel banditismo meridionale, in figure come il ‘Passator cortese’ – che cortese era con chi gli ubbidiva – nella Resistenza intesa come fenomeno ‘dal basso’ contro il prepotente.
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Robin Hood è un nobile diseredato in cerca di riscatto; un poveraccio che ha nobili ambizioni; un capopopolo; un lancillotto alla ricerca del Graal? Di quale carica ‘sociale’ è investito? Interessante notare, piuttosto, la demistificazione del ciclo arturiano. In Robin Hood il Graal è la damigiana sempre piena di buon vino, la salvezza è su questa terra, a discapito dei nobili, l’immortalità si raggiunge conquistando il cuore di una flautata fanciulla.
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…piuttosto, è la corsa, la spavalderia, la crudeltà dell’ombra e la gloria della nostalgia: non si vive per questo? L’uomo traccia sentieri nelle oscurità della Storia, sa farsi domestico alle piante (senza addomesticare la terra in città), prende a morsi il giorno fino a fargli sanguinare le cosce.
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A leggere in contromano il mito di Robin Hood potremo dire che abbiamo in odio il potere costituito, che abbiamo nostalgia del nomadismo e della vita nei boschi, che aneliamo l’avventura – a patto che i soldi sottratti ai ricchi ci servano per comprarci la villa al mare. In effetti, si vive per eludere la vita, si vive fagocitati dalla fuga. (d.b.)
L'articolo Quando ci sentiamo frustrati, torna al cinema il mito di Robin Hood. D’altronde, odiamo il potere costituito, desideriamo essere fuorilegge e vivere una vita all’aria aperta proviene da Pangea.
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