#visto che ci sono scrivo che vendo opel corsa
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Una storia senza titolo
Quarta parte
“Ero partito di giovedì per risparmiare sul volo” iniziò il ragazzo “perché pensavo di fare una scelta furba. Quando poi mi accorsi che dal sito chiedevano il doppio del costo del biglietto in tasse mi ero sentito un idiota. Però dovevo per forza partire, perché un mio amico si sarebbe laureato in medicina e ci aveva invitati. Io mi sentivo a disagio perché ero l’unico rimasto che doveva ancora laurearsi, sai no, quella sensazione di essere indietro rispetto a tutti quelli che ti circondano?”
“Sì, ho presente” rispose Liz “anche se nel mio caso sono stata io la prima a dare inizio al ciclo delle lauree”
“Ah bene, eri l’amica infame. Il primo a laurearsi è sempre un po’ invidiato e detestato dal gruppo, mi spiace darti questa notizia Liz”
“Lo immaginavo già, caro tizio di cui non conosco il nome perché continua a fare il misterioso” rispose lei “però mi fa piacere che tu ricordi il mio”.
“Mi chiamo Joe” disse lui “ma puoi anche dimenticarlo e chiamarmi come vuoi, tanto non mi fa molta differenza” aggiunse con fare disinvolto e un po’ altezzoso.
“Okay allora procedi, Jennifer” lo sfidò Liz. Se cercava di mostrarsi un uomo al di sopra dei concetti sociali o delle norme del buon costume, stava sbagliano target. Lei era sempre riuscita a cavare sangue da una rapa e a farsi rispettare da tutti, specialmente da coloro che partivano coi peggiori auspici nei suoi confronti.
Joe rise alla risposta della ragazza, apprezzava quel tipo di sarcasmo. “E in cosa ti saresti laureata? Sentiamo”
“Stai insinuando che io stia mentendo? Che motivo avrei di farlo?”
“No no stai serena, non insinuo nulla. Ero solo curioso”
“Ingegneria aerospaziale, al politecnico. Laurea con lode e bacio accademico”
“Veramente?” chiese Joe, strabuzzando gli occhi. Non pensava di avere al suo fianco un genio dell��ingegneria “è per questo che eri così interessata alla storia di mio padre e dei voli?”
“No, assolutamente, io sono una frana in matematica e in analisi. Sono laureata in Lettere classiche con specialistica da bibliotecaria” lo spiazzò Liz. “E comunque volevo sapere di tuo padre solo perché cercavo il nesso col mio computer, cosa che tra l’altro mi aspetto da questa storia della valigia”
Joe era rimasto sconvolto, però era molto divertito “Sei strana...” accennò, poi proseguì. “In pratica avevo messo in valigia i vestiti per la cerimonia di laurea ed ero partito con addosso una maglia e un paio di jeans”
“Che armadio variegato! Indossi i jeans pure ora” lo interruppe Liz “almeno erano jeans diversi?”, ormai si sentiva abbastanza in confidenza.
“No, li ho tenuti sempre addosso per ricordo. Sia mai che una sconosciuta su un volo mi chiedesse questa cosa e io non avessi addosso il mio costume di scena”. La sua risposta rivelava che fosse avvezzo al sarcasmo. “Ad ogni modo” continuò “mi avevano perso la valigia con dentro i vestiti per la cerimonia e io ero andato in crisi. All’inizio non volevo crederci perché queste cose capitano sempre agli altri”
“Capitano sempre a quelli seduti al tuo fianco...”
“Allora mi sa che oggi tocca a te” rispose lui. A quelle parole Liz si fece preoccupata in volto “No aspetta” cercò di rimediare Joe “facciamo oggi che tocca al tipo accanto a me”
“Ma accanto a te non c’è nessuno”
“Appunto, è un giorno fortunato oggi”
“Quindi che è successo? Cioè come l’hai recuperata?”
“Con l’amarezza addosso e con centosettanta euro in meno in tasca”
“Costa così tanto far recuperare una valigia?!”
“No, costa così tanto procurarsi un vestito elegante ed un paio di scarpe per una cerimonia di laurea in Spagna, ecco cosa. E mi sono persino accontentato di un vestito grigio, quando è un colore che considero deprimente e triste. So che è strano, ma in molti abbiamo un colore che odiamo profondamente”
Liz sorrise, pensando al proprio odio per il colore verde. Era strano trovare qualcun altro che la pensasse come lei, solitamente le persone hanno il colore preferito, ma lui era diverso dagli altri e loro due erano fin troppo simili. Un brivido le percosse la schiena, ma lasciò spazio alla curiosità.
“Ecco, il mio arcinemico è il grigio. Che schifezza quel completo, se ci penso avrei preferito che perdessero me in aeroporto anziché i vestiti”
“Ma poi come è andata a finire?”
“Sono riuscito a recuperarla, ma la parte assurda è che dentro mancava una scarpa. Io sono sicurissimo di averla messa, perché ho avvolto le scarpe in due tessuti protettivi separatamente, ma ricordo di averle sistemate con le suole che si toccavano, sotto un asciugamano e accanto al beauty case”
“Viaggi col beauty case? Io lo trovo scomodissimo, come fai?”
“Basta metterlo nella valigia, come fai tu a trovarlo scomodo?”
“Non c’è mai posto, il beauty implica di dover trovare uno spazio fisso perché è grosso”
“E scusa, dove metti le cose che ti servono?”
“In valigia” rispose Liz, esprimendo in volto l’ovvietà della risposta.
“In valigia sparse?”
“No, nelle tasche interne”
“Tasche interne? Ma che valigie usi?”
“Valigie normalissime, che significa che valigie usi? Mica devo avere piccole valigette nella valigia grande, altrimenti mi porto in giro una matriosca, non un bagaglio”
“E come trovi le cose, scusa?”
“Aprendo le cerniere”
“Tu sei strana forte...” disse Joe scuotendo la testa.
“Ah io sono strana? Non tu che imbarchi una scarpa sola?” disse Liz ridendo.
“Ma te l’ho detto, io ho messo il paio in valigia, me ne hanno rubata solo una!”
“E questa sarebbe la storia incredibile?”
“Ti sembra normale che io apra una valigia e ci ritrovi una sola scarpa? Cioè il fermacravatta era ancora lì ma la scarpa no”
“Il fermacravatta?!” esclamò Liz “Ma dove vivi? E soprattutto quando? In che epoca?”
“Nella stessa in cui evidentemente era più appetibile una scarpa sinistra, che ti devo dire?” rispose con voce rassegnata ma divertita.
La voce del comandante avvertì della velocità di volo e della quota. Mancava meno di un quarto d’ora all’arrivo e dovevano prepararsi all’atterraggio.
“Che fortuna, nessuna turbolenza!” esternò una signora dietro di loro.
“Signora stia zitta che qui porta sfiga a tutti” rispose da davanti un uomo, con la voce forte e ben udibile. Ci furono risate generali, qualcuno esclamò “ecco, adesso cadiamo!”, un altro rispose “ma cadesse tua sorella” e in poco tempo si sentì un vociare generale, seguito da urla e fischi.
La ragazza dagli occhi di ghiaccio dovette intervenire per calmare gli animi, spiegando che la situazione fosse più che sicura e che il pilota avesse decennale esperienza,ma qualcuno pensò bene di affidare le sue speranze a chi poteva garantire più salvezza del giovane uomo alla guida: “Padre nostro” iniziò un uomo seduto dietro Joe “che sei nei cieli” aggiunse la moglie al suo fianco; la preghiera continuò nell’alternanza di battute tra i coniugi, come se stessero recitando una parte in un telefilm.
Nel frattempo LIz e Joe cercavano di non ridere, ma erano visibilmente divertiti. Si scambiavano occhiate di complicità e con dei gesti, il più possibile segreti al resto dei viaggiatori, indicavano le persone più assurde che prendevano parola. Un uomo iniziò persino a criticare il governo per le manovre sull’educazione, ma i due erano troppo presi dalle proprie risate per capire da dove quel discorso fosse partito.
“Ma è sempre così viaggiare soli in aereo?” chiese Liz, appena il caos fu placato.
“Che ne so” Joe stava ancora ridendo ”io di solito metto la musica o leggo, è la prima volta che mi ritrovo con le orecchie libere”
“Seriamente hai sempre la musica nelle orecchie?”
“Sì, è una mia deformazione professionale”
“Ma senti come parli, manco fossi un bassista di fama mondiale” iniziò a schernirlo Liz “Un progetto underground, una cosa tra amici. Ma cammina, che ancora un po’ parli solo di musica”. Joe sembrava divertito da quelle parole, lei continuò “e poi, vorrei capire, oltre a giudicare la gente dall’ordine della valigia e ad ascoltare musica cosa fai nella vita?”
“Assolutamente nulla di interessante, dottoressa. Dopo la laurea in economia pensavo di continuare gli studi magistrali in economia bancaria, ma ho lasciato perdere e ho cercato un lavoro”
“Beh ottimo, che lavoro fai?”
“Sono disoccupato, altrimenti non sarei su questo aereo”
Liz non capiva, quindi chiese ulteriori chiarimenti “Cioè siamo tutti disoccupati qui sopra? Mi stai dicendo che siamo stati selezionati per un folle reality show sulla gente che va in crisi in aereo per cose random?” aggiunse, cercando di portare il discorso su un argomento divertente.
“No” rispose lui serio “intendo dire che sto andando a un colloquio di lavoro, perché il mio curriculum sembrava interessante per un’azienda che mi ha selezionato online. Ho passato la selezione, superato i primi step e il colloquio conoscitivo su internet e adesso vogliono vedermi”
“Su internet?”
“Adesso si usano tantissimo le piattaforme, anche per il lavoro”
“Ed eri vestito come adesso? Cioè jeans e maglione sgualcito?”
“No, avevo la giacca. Infatti in valigia ho messo il cambio...”
“Sempre che arrivi tutto a destinazione stavolta” aggiunse Liz.
“Stavolta mi sono fatto furbo e ho legato le scarpe insieme, avvolgendole in un sacchetto di stoffa. Almeno se devono prenderne solo una, avranno vita difficile”
“Il fermacravatta l’hai messo?”
“Spiritosa...”
“No, davvero. Ad un colloquio ha senso, sempre che tu non stia facendo domanda per fare il cuoco o il cameriere, a quel punto tienilo solo come portafortuna in tasca”
“Sicuro con una laurea in economia non mi sposto in aereo per fare un colloquio da cameriere” disse Joe. Poi sospirò e aggiunse “ancora non sono arrivato a tanto e posso permettermi di evitarlo, per ora”.
Il segnale delle cinture si accese e l’aereo iniziò la fase di atterraggio. Erano trascorse oltre due ore, ma sembravano passati pochi minuti talmente il viaggio era stato piacevole. Liz osservò la terraferma dal finestrino, ammirando l’immensità di un lago che ricopriva gran parte del paesaggio, la bellezza dei grattacieli che sembravano piccoli quadrati su una cartina geografica; sentiva il cambiamento di pressione, che le faceva percepire il mondo come ovattato.
Una volta atterrati, i due rimasero seduti e lasciarono defluire la massa. Joe recuperò lo zaino e prese il bagaglio di Liz, aiutandola a uscire dal suo posto in fondo alla fila; furono gli ultimi a scendere dall’aereo. Continuarono a parlare per qualche minuto finché non passarono davanti alla toilette. “Perdonami” disse Liz “ma devo andare assolutamente in bagno e mi sembra scortese dirti di aspettarmi. Direi che ci dobbiamo salutare”.
“Se il tuo problema è farmi aspettare, non preoccuparti; se invece vuoi che ci salutiamo, apprezzo la tua gentilezza nel non mandarmi a quel paese e accetto di buongrado il tuo addio”
“No no figurati” cercò di giustificarsi lei “anzi, mi farebbe piacere fare ancora due chiacchiere. Se non ti sembra assurdo attendere fuori dal bagno, allora ti chiedo qualche minuto di pazienza”
“Allora ne approfitto e vado anche io. Ci vediamo qui fuori a breve”
“Perfetto”
(fine quarta parte)
#una storia senza titolo#parte quattro#liz#aereo#questo pezzo l'ho scritto ascoltando vamos a bailar e pop porno in loop#se le immaginate come colonne sonore sembra quasi un film indipendente#un audiolibro indipendente#che hashtag intelligenti che metto mamma mia#visto che ci sono scrivo che vendo opel corsa#no non è vero al massimo vendo i libri del liceo se qualcuno li vuole#volete il libro di educazione fisica che non ho usato in maturità?#c'è quello di francese che è ancora intonso perché la mia prof era strana e stampava mille fotocopie e il libro era inutile#pop porno#vamos a bailar#esta vida nueva#scusate ora la smetto
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