#vino francese
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Franceses tiran los 25.000 litros de vino de un camionero español:
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#Matrix#merovingian#Merovingio#Vino#Vin#Francais#Francese#Oscenità#Parolacce#Gros mots#Lol#XD#Mèrovingien
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Notas de Cata: Les Champs Libres 2014, vino blanco de Burdeos
Que los vinos blancos no se guardan y que se deben beber jóvenes es un mito. Una falsa creencia que este vino blanco de Burdeos “Les Champs Libres” , tras 9 años desde su vendimia, bien se encarga de aclarar. Vinos blancos de Burdeos Burdeos es una de las regiones vinícolas más famosas de Francia. Sus vinos tintos de alto potencial de guarda así como sus vinos blancos dulces de gran complejidad…
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#burdeos#notas de cata#sauvignon blanc#vino frances#vinos de burdeso#vinos de francia#vinos franceses
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The Caffè Florian opened in St Mark's Square, where it still stands today, on 29 December 1720. Important people have passed through this café, such as: Lord Byron, Vivaldi, Goethe, Rousseau, Stravinski... y también Casanova.
El Caffè Florian abrió sus puertas en la Plaza de San Marcos, donde sigue permaneciendo, el 29 de diciembre de 1720. Por este café han pasado personajes importantes, como: Lord Byron, Vivaldi, Goethe, Rousseau, Stravinski... y también Casanova.
Il Caffè Florian aprì in Piazza San Marco, dove si trova tuttora, il 29 dicembre 1720. In questo caffè sono passati personaggi importanti, come: Lord Byron, Vivaldi, Goethe, Rousseau, Stravinski… y también Casanova
(English / Español / Italiano)
The Europe's oldest Café was opened on 29 December 1720 by Floriano Francesconi and was called "Alla Venezia Trionfante" (To Triumphant Venice), although the clientele later renamed it "Caffè Florian" in honour of its owner.
While the finest wines and coffees from the Orient, Malaysia, Cyprus and Greece were served, history was unfolding outside. Its windows witnessed the splendour and fall of the Serenissima Republic of Venice and the secret conspiracies against French and then Austrian rule. It is divided into small rooms connected by a corridor and has a huge terrace on St. Mark's Square for sunny days. The rooms are decorated in different styles;
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El Café más antiguo de Europa fue inaugurado el 29 de diciembre de 1720 por Floriano Francesconi y se llamaba “Alla Venezia Trionfante” (A la triunfante Venecia), aunque la clientela posteriormente lo rebautizó como “Caffè Florian” en honor a su dueño.
Mientras se servían los mejores vinos y cafés de Oriente, Malasia, Chipre y Grecia, la historia se desarrollaba afuera. Sus ventanas presenciaron el esplendor y la caída de la República Serenissima de Venecia y las conspiraciones secretas contra el dominio francés y luego el austriaco. Se encuentra distribuido en pequeñas salas unidas todos ellas, por un corredor y además, tiene una enorme terraza en la plaza San Marcos para los días soleados. Las salas están decoradas en distintos estilos.
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Il Caffè più antico d'Europa fu aperto il 29 dicembre 1720 da Floriano Francesconi e si chiamava "Alla Venezia Trionfante", anche se poi la clientela lo ribattezzò "Caffè Florian" in onore del suo proprietario.
Mentre venivano serviti i migliori vini e caffè provenienti dall'Oriente, dalla Malesia, da Cipro e dalla Grecia, all'esterno si svolgeva la storia: le sue finestre sono state testimoni dello splendore e della caduta della Serenissima Repubblica di Venezia e delle cospirazioni segrete contro il dominio francese e poi austriaco. È diviso in piccole sale collegate da un corridoio e dispone di un'enorme terrazza su Piazza San Marco per le giornate di sole. Le sale sono arredate in stili diversi.
The Senate Hall. This is where the Venice Biennale was born.
La Sala del Senado. En ella nació la Bienal de Venecia.
La Sala del Senato. Qui è nata la Biennale di Venezia.
The Chinese room, the oldest and one of the two initial rooms.
La Sala China, la más antigua y una de las dos iniciales.
La Sala Cinese, la più antica e una delle due sale iniziali.
The Sala Orientale, added in 1750, although the present decoration dates from the 19th century.
La Sala Orientale, agregada en 1750, aunque la decoración actual es de s.XIX.
La Sala Orientale, aggiunta nel 1750, anche se la decorazione attuale risale al XIX secolo.
Hall of the Seasons, decorated with floral motifs and women in long dresses symbolising the seasons.
Sala de las Estaciones, decorada con motivos florales y mujeres de largos vestidos que simbolizan las estaciones.
Sala delle Stagioni, decorata con motivi floreali e donne in abiti lunghi che simboleggiano le stagioni.
The Hall of Illustrious Men, ten illustrious Venetians, such as Titian and Marco Polo, look down on us from the wall.
La Sala de los Hombres Ilustres, diez venecianos ilustres nos observan desde la pared, como Tiziano o Marco Polo.
La Sala degli Uomini Illustri, dieci illustri veneziani, come Tiziano e Marco Polo, ci guardano dal muro.
The Liberty room, added, in 1920, with a more modern atmosphere, decorated with mirrors with painted floral motifs and Murano glass chandeliers.
La Sala de la Liberty, agregada, en 1920, con un ambiente más moderno, decorada con espejos con motivos florales pintados y lámparas de cristal de Murano.
Nel 1920 è stata aggiunta la Sala Liberty, con un'atmosfera più moderna, decorata con specchi con motivi floreali dipinti e lampadari in vetro di Murano.
The Caffè Florian in a painting by Canaletto in the National Gallery in London.
The Florian was the first place that allowed women in Venice, which explains why Casanova chose it for the hunt for his conquests.
El Florian fue el primer local que permitió la entrada a mujeres en Venecia, lo que explica porqué Casanova lo eligió para la caza de sus conquistas.
Il Florian fu il primo locale che permise alle donne di entrare a Venezia, il che spiega perché Casanova lo scelse per la caccia alle sue conquiste.
Fuente: texto extracto de venecisima.com
#venezia#venice#venecia#piazza san marco#s.XVIII#18th century#florian cafe#lord byron#vivaldi#stravinsky#rousseau#goethe#casanova#st mark's square
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MARZAMEMI
Abbiamo lasciato il Gelsomineto per andare a mangiare. La Figlia mi chiede se conosco qualche trattoria li vicino. Le sorrido e le dico di chiamare un ristorante a Marzamemi. A Marzamemi, dopo le casette e le strade simili a tanti paesini sulla costa, ci abbraccia serena e luminosa la grande piazza che nasconde il mare, con la piccola chiesa, gli edifici dell’antica tonnara trasformati in ristoranti e negozi. È tornare indietro nel tempo, quando il mare era color corallo per il sangue dei tonni e le case accoglievano i pescatori , gli attrezzi per le gabbie in cui intrappolare i tonni e le nere Parascalmi, le barche su di cui ai lati della camera della morte, si eseguiva la rituale, drammatica mattanza (“sangu pi sangu”, sangue per avere sangue, come diceva mia nonna quando uccideva gli animali da cortile per nutrire tutti noi). La chiesa in piazza, non è un ornamento, ma il nodo tra la vita e la morte per cui Marzamemi è nata, l’incrocio tra il dolore e la vita, l’ultima certezza prima degli incerti giorni di un tempo. Ora invece il tempo sembra fermarsi nella solare serenità della piazza e che questa serenità contagia ogni persona che l’attraversa. I tavoli sulla piazza del ristorante prenotato sono vuoti. La Figlia, mi guarda preoccupata. “Vieni” le dico e la porto sul di dietro del ristorante dove, dopo un vicolo pieno di fiori, c’è una grande terrazza sopra gli scogli del mare. La terrazza è coperta da canne e la luce filtrando tra loro, assume una luminosità dorata. Intorno scuri scogli usurati dalle onde, bianca schiuma, il blù del mare, l’azzurro perfetto del cielo. I piccoli tavoli sono coperti da antiche tovaglie siciliane ricamate o fatte all’uncinetto mentre forchette e coltelli sono di quelli grandi e pesanti delle grandi occasioni. I bicchieri colorati ed i vecchi piatti siciliani, rendono quel luogo familiare alla memoria e unico tra tutti quei locali, che seguono temporanee mode e tendenze. Alla destra abbiamo una famiglia olandese con la madre che non starà zitta per tutto il pranzo mentre il marito, dirà solo due parole, “Pane prego” per fare la scarpetta nel salmorigghiu del pesce. Alla sinistra abbiamo una coppia francese, non più giovane che si guardano da innamorati e che parlano sottovoce dicendosi frasi che li fanno sorridere e riempiono i loro occhi di complicità e malizia. Scrivono nell’aria versi che nessun poeta potrà mai copiare e che restano intrappolare tra le canne del tetto e trai petali dei fiori. Arriva il responsabile di sala, in realtà un ragazzo con i capelli ricci e i baffetti alla Domenico Modugno che ci porta un menù colorato. Ordiniamo poche cose tra cui un calice di Grillo perché per raggiungere Marzamemi ho attraversato le terre dove nascono il Grillo e l’Inzolia. Terre bianche, secche, aride, bruciate dalla calura e mi stupisce come i vini di quella terra possano essere così profumati, sapendo di fiori e di vento. Forse nell’uva la vite mette i suoi sogni, quel suo voler essere nell’arida terra, fiori e bellezza e sono questi sogni che sentiamo nel vino e che alla fine donano ebrezza. Mangiamo ascoltando il mare, la brezza che attraversa le canne, osservando l’andare e venire di invisibili camerieri che percepisci solo per le gustose emozioni che lasciano sui tavoli. Lentamente mangiamo guardando i colori dei fiori, gli sguardi amorevoli degli innamorati, la gioia delle famiglie, il soffice silenzio in cui tutto si perde tra il profumo dei fiori del bianco Catarrato e la dolcezza assoluta della cassata. La lentezza con cui viviamo una necessità come nutrirsi diventa piacere, ci libera da ogni ansia donata dal correre dei minuti, ci da un senso di libertà che le grandi città ci hanno rubato. Così ci riprendiamo lo spazio e il tempo per essere felici, per dimenticare affanni, credere nella serenità e inventare nuovi sogni. In fondo, è questo Marzamemi. ( andando via l’olandese si ferma a guardare il mare che urta gli scogli. La moglie lo raggiunge e lo abbraccia osservando il mare con la sua testa appoggiata alla spalla del marito. Sono già ammalati di nostalgia).
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Oggi cercavo di fare questa foto centrata in qualche modo.
Si fermano due signori che, parlando francese, mi chiedono di fargli una foto.
Lui polacco, parlava solo francese e russo. L'altro francese, non ha detto una parola. Io parlo solo italiano e un po' di inglese. Il polacco di inglese sa solo fuck perché un australiano con cui lavorava continuava a dirlo.
In dieci minuti di strada insieme ho capito che stavano andando a cenare vicino a Como, dove avrebbero dormito, che stavano andando a prendere il traghetto, che cercavano prima una tabaccheria. Il francese che non parlava è un viticoltore e produttore di vino, il polacco che mi parlava non ho capito cosa faceva, ma ho capito che gli piace il vino. Domani uno torna a Bordeaux, l'altro prosegue per la Polonia, ma dell'Italia ha visto Bergamo, Venezia, Roma, Firenze, la Sardegna, Agrigento.
Una delle foto che gli ho fatto ha il dito medio del polacco in primo piano.
Quasi arrivo in ritardo a casa per parlare con lui, ma questa è una delle cose che mi piace di più quando vado in giro.
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"I FIORI DEL MALE" (Les Fleurs du mal) di CHARLES BAUDELAIRE è una delle opere più celebri e influenti della letteratura francese, pubblicata per la prima volta nel 1857. Questa raccolta di poesie rappresenta un viaggio profondo e oscuro nell'animo umano, esplorando temi come la bellezza, la decadenza, l'amore, la morte e la ribellione.
Baudelaire utilizza un linguaggio ricco e simbolico per descrivere la sua visione del mondo, spesso caratterizzata da un senso di spleen, un termine che indica una profonda malinconia e noia esistenziale. Le poesie sono suddivise in sei sezioni principali: Spleen e Ideale, Quadri Parigini, Il Vino, I Fiori del Male, La Rivolta e La Morte.
Ogni sezione rappresenta una fase del percorso esistenziale del poeta, dalla consapevolezza della propria diversità rispetto al mondo esterno, alle esperienze nella vita degradata della metropoli, fino al desiderio di fuga nell'alcol e nelle droghe, e infine alla ribellione contro Dio e al rifiuto totale del mondo attraverso la morte.
Baudelaire riesce a trasformare la corruzione e la volgarità della società contemporanea in arte, creando una bellezza che solo la poesia può realizzare. La sua capacità di vedere oltre le apparenze e di rivelare una realtà più profonda e autentica è uno degli aspetti più affascinanti della sua opera.
Charles Pierre Baudelaire nacque il 9 aprile 1821 a Parigi, figlio di Joseph-François Baudelaire, un funzionario pubblico e artista dilettante, e Caroline Dufaÿs. La morte precoce del padre e il successivo matrimonio della madre con il tenente colonnello Jacques Aupick influenzarono profondamente la sua vita e la sua opera.
Baudelaire fu educato al Lycée Louis-le-Grand di Parigi, dove iniziò a mostrare un interesse precoce per la letteratura. Tuttavia, la sua vita scolastica fu irregolare, caratterizzata da periodi di grande diligenza alternati a momenti di indolenza. Durante la sua giovinezza, Baudelaire iniziò a frequentare i circoli bohémien di Parigi, sviluppando un gusto per la vita dissoluta e per le esperienze estreme, che avrebbero poi influenzato profondamente la sua poesia.
Nel 1841, su pressione della famiglia, intraprese un viaggio in India, ma tornò a Parigi dopo pochi mesi. Questo viaggio, sebbene breve, lasciò un'impronta duratura sulla sua immaginazione e sulla sua opera. Al suo ritorno, Baudelaire iniziò a scrivere e a pubblicare poesie, guadagnandosi una reputazione come uno dei poeti più promettenti della sua generazione.
La pubblicazione de "I fiori del male" nel 1857 fu accolta con scandalo e controversie. L'opera fu accusata di oscenità e sei delle poesie furono censurate. Nonostante ciò, "I fiori del male" consolidò la reputazione di Baudelaire come uno dei più grandi poeti del suo tempo. La sua capacità di esplorare i lati più oscuri dell'esperienza umana con una bellezza lirica senza pari lo rese una figura centrale nel movimento simbolista e un precursore del modernismo.
Baudelaire trascorse gli ultimi anni della sua vita in condizioni di salute precarie, afflitto da problemi finanziari e da una dipendenza crescente dall'oppio e dall'alcol. Morì il 31 agosto 1867 a Parigi.
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¿Por qué las botellas de vino son de 750 ml?
La respuesta a esta pregunta se remonta a la historia del vino y a la tradición, pero sobre todo a razones comerciales.
En la época romana, los vinos se almacenaban en ánforas que tenían una capacidad de unos 26 litros.
Cuando los romanos conquistaron Francia vieron que la región llamada Burdeos, producía vinos de gran calidad. Para transportar estos vinos, los romanos utilizaron barriles de roble que tenían una capacidad de unos 900 litros.
Con el tiempo, el tamaño de las barricas de roble se redujo hasta los 225 litros, que es el tamaño estándar para las barricas de vino. Esto por la facilidad de manejo de las barricas más pequeñas.
En el siglo XVIII, la región francesa de Borgoña comenzó a utilizar botellas de vidrio para almacenar y transportar el vino. La capacidad de las botellas de vidrio era muy variable, pero rondaba los 500-700 ml.
La botella de vino tal como la conocemos hoy, con su capacidad de 750 ml, se desarrolló en la región de Burdeos a mediados del siglo XIX. Esta capacidad de 750 ml se convirtió en el estándar en la industria del vino, según muchos por estas razones:
- Se creía que la capacidad de 750 ml era la cantidad perfecta para una cena para cuatro personas. De esta manera, una botella de vino sería suficiente para acompañar una cena completa sin que sobrara ni faltara vino.
- La capacidad de 750 ml también se consideraba ideal para el envejecimiento del vino en botella. Una botella de vino de 750 ml es lo suficientemente grande para permitir que el vino envejezca adecuadamente, pero no tanto como para que el vino se estropee antes de ser consumido.
- Por la capacidad pulmonar de los vidrieros que fabricaban las botellas.
En realidad se trataba simplemente de un tamaño práctico para el comercio del vino:
La capacidad de 750 ml también se eligió por razones económicas y de producción. Es un tamaño fácil de llenar y etiquetar en la línea de producción, lo que lo hace eficiente y rentable para los enólogos.
Además, en el siglo XIX los principales clientes de los productores de vino franceses eran los ingleses, pero nunca adoptaron el mismo sistema de medición que los franceses, sino que la unidad de volumen inglesa era el “galón imperial” que equivalía a 4,54609 litros.
Para simplificar las cuentas de conversión, transportaban el vino desde Burdeos a Inglaterra en barriles de 225 litros, lo que eran exactamente 50 galones, correspondientes a 300 botellas de 750 ml. (75 centilitros).
Como el cálculo era más fácil, adoptaron que un barril = 50 galones = 300 botellas.
De esta manera un galón correspondía a 6 botellas.
De hecho, es por eso que aún hoy las cajas de vino suelen contener entre 6 y 12 botellas.
En conclusión, la capacidad estándar de una botella de vino de 750 ml se remonta a la historia y tradición del vino, pero sobre todo a razones económicas y comerciales. La capacidad se consideraba ideal para una cena para cuatro personas, el envejecimiento del vino en la botella y la eficiencia en la producción. Por ello, es el tamaño preferido en la industria vinícola y se ha convertido en el estándar para la mayoría de las botellas de vino en todo el mundo.
Tomado de
BODEGAS COSTERS DEL SIÓ
VINS DE FINCA
12 abril 2023
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«Il piacere carnale più intenso, goduto senza fretta in un letto disordinato e clandestino, combinazione perfetta di carezze, risate e giochi della mente, sa di baguette, prosciutto, formaggio francese e vino del Reno. Ognuno di questi tesori della cucina fa comparire davanti a me un uomo in particolare, un antico amante che ritorna insistente come un fantasma desiderato a infondere una certa luce malandrina nella mia età matura.»
(Isabel Allende - Afrodita)
#Isabel Allende
#Afrodita
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4 horas de música histórica española
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CRUSADES, MEDIEVAL & HABSBURG ERA
Senhors, Per los Nostres Peccatz (0:10)
Toque de Oración (8:17)
Himno de Los Tercios (10:23)
Toque a Degüello (12:04)
FIRST BOURBON ERA
Attaque o Carge (12:50)
Marcha Real (13:18)
Marcha de Infantes (14:59)
FIRST CARLIST WAR
Boina Roja (16:22)
Marcha de Oriamendi (18:18)
Soy Carlista (20:10)
FIRST BOURBON ERA (contd.)
Regimiento Soria (22:35)
Salve Marinera (25:45)
SECOND CARLIST WAR & FIRST SPANISH REPUBLIC
Calzame las Alpargatas (28:05)
Himno de Riego (30:29)
BOURBON RESTORATION
Marcha Real (33:08)
Marcha de Cádiz (34:36)
Los Voluntarios (36:47)
Els Segadors (39:29)
Suspiros de España (41:13)
Himno de Infantería (44:32)
Himne de l'Exposició (47:29)
Os Pinos (52:01)
Tercios Heroicos (55:33)
Himno de Artillería Española (58:47)
La Canción del Soldado (1:01:53)
Pasadoble de la Bandera (1:05:08)
Adelante Inmemorial (1:07:53)
Coronel Fernando Sánchez (1:09:53)
General Iraola (1:13:21)
Como Somos Caballeros Legionarios (1:16:37)
La Canción del Legionario (1:18:43)
A la derecha va el tercio (1:20:51)
El novio de la muerte (1:25:17)
El Inglés que vino de London (1:29:57)
San Quintín (1:32:18)
Santiago (1:34:32)
Toque de diana floreada (1:37:37)
Desfilar (1:39:19)
El Turuta (1:41:26)
Pobrecitos Maridos Infelices (1:44:32)
Soldadito español (1:47:06)
Canto a Murcia (1:49:38)
Del Cantón al Portillo (1:53:17)
Desfilando (1:56:06)
SECOND REPUBLIC & SPANISH CIVIL WAR
Himno de Riego (1:58:38)
Eusko Abendaren Ereserkia (2:00:54)
Eusko Gudariak (2:03:21)
Falangista soy (2:05:11)
Cara al Sol (2:08:38)
Viva la Revolución! (2:11:20)
Puento de los Franceses (2:14:04)
El internacional (2:15:54)
Viva la FAI (2:17:11)
A las barricadas (2:18:30)
Marcha de Oriamendi (2:21:21)
El Abanderado de la Tradición (2:22:55)
¡Alto! ¿Quién Vive? (2:26:52)
Por el río Nervión (2:27:47)
Himno a Cristo Rey (2:28:39)
Alas Rojas (2:32:23)
Hijos del pueblo (2:34:44)
El Quinto Regimiento (2:37:25)
Canción del flecha (2:40:43)
Prietas Las Filas (2:43:35)
Isabel y Fernando (2:45:12)
Camisa Azul (2:48:16)
Himno de las Falanges de Combate (2:50:47)
¡Ay Carmela! (2:53:31)
Si me quieres escribir (2:56:12)
Oriamendi - Cara al Sol - Marcha Real (2:58:41)
¡No pasarán! (2:59:37)
FRANCOIST SPAIN
Marcha Granadera (Marcha Real) (3:02:10)
San Marcial (3:03:57)
Yo tenia un camarada (3:06:58)
Himno del ejercito del Aire (3:09:39)
Himno de la Division Azul (3:11:46)
Los Gaiteros (3:13:28)
Himno de la Armada Española (3:16:19)
Himno Brigada Paracaidista (3:18:34)
Ganando Barlovento (3:21:10)
Que Viva España (3:24:09)
Canto de Esperanza (3:27:45)
MODERN SPAIN
Marcha Real (3:31:10)
Himno de la Guardia Civil (3:32:10)
La Muerte no es el Final (3:34:01)
Toque de fagina (3:36:00)
La Bandera Blanca y Verde (3:37:05)
Himno de la Comunidad de Madrid (3:40:05)
Asturias, Patria querida (3:44:46)
Llamada y Tropa (3:46:01)
Himno de las Cortes (3:47:15)
Himno a la Montaña (3:49:00)
Himno de Aragón (3:52:55)
Himno de Canarias (3:55:43)
Sueña España (Marcha Real with proposed lyrics) (3:57:36)
Marcha de Revista de SM el Rey (3:59:55)
Marcha Real (4:01:53)
Los subtítulos están en inglés porque parece ser que la lista la ha recopilado un canadiense.
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Santiago | Muxia | Finesterre | Lugo
¿Qué hay en común entre Santiago, Muxía, Finesterre y Lugo? Alguien podría responder que por todas esas ciudades pasa un tramo del camino (inglés, portugués, primitivo) y estaría en lo correcto. Pero para nosotras hay otra vinculación más algo más: mi amigo Harshil.
Con el Harshil nos conocimos en 2017, en el marco de un curso de derecho internacional que se desarrollaba en La Haya. Con la frescura que lo caracteriza, cayó un día con un tacho lleno de nuestra ropa recién lavada (incluídas las bombachas, claro). "Juro que no toqué nada", fue lo primero que dijo y nos echamos a reír. ¿Quién era ese chabon y cómo sabía que esa ropa era nuestra? La primera pregunta la respomdimos casi inmediatamente. Se llamaba Harshil, era de la India, le encantaba el derecho internacional y la comida, y era la persona más fácil del mundo para hacerse amiga. Lo segundo, jamás lo sabremos. Lo cierto es que después de seis semanas de semi convivencia en el Skotel The Hague, cincuenta viajes en tram al Vredespalais, cien vinos franceses de cinco euros, doscientos chismes y la visita a trescientos organismos internacionales, se podía decir que éramos re contra amigos.
Para mi fue la apertura a un mundo nuevo, el inabarcable universo de la cultura india. Para él fue encontrar a su parcera latinoamericana, tan hija del tercer mundo como él. Ambos hablabamos alemán, amabamos la mitología y la comida y teníamos prácticamente el mismo grupo de amigos en el curso. En definitiva, los dos éramos un poco raros en nuestra tierra natal y muy normales en esa melange de gente que fue el Skotel 2017.
Así fue como en 2018, por esas casualidades de la vida, nos encontramos nuevamente en Europa. Yo me había ganado una beca para estudiar alemán en Berlín y el estaba terminando un intercambio estudiantil por esa zona. Coordinamos y partimos rumbo a Praga, donde nos reencontramos tras un año. Fue un viaje muy divertido. Recorrimos la ciudad, tomamos Becherovska, comimos rolls de canela en el barrio de Mala Strana, y nos empapamos de la cultura bohemia. Después nos subimos a un tren y enfilamos para Salzburg, porque el ya conocía Viena y yo quería ir a Austria. Esa parte fue un delirio hermoso. Alquilamos una habitación en la torre mas alta del hostel más alto de la montaña mas alta de toda la puta ciudad y caímos los dos con valijas de rueditas, en su caso, un valijón enorme. Por suerte había un ascensor que nos llevaba hasta el hostel, que costaba unos 83.012 euros subir, y otros tantos bajar. Obviamente lo usamos solo dos veces y por absoluta necesidad jaja. En Salzburg visitamos la casa de Mozart, el lugar donde se filmó parte de la novicia rebelde y tomamos sidra en un barcito del centro. Bizarro el destino escogido, creo que si no hubiera sido con él no hubiera ido ahí ni por puta, o quizás sí pero después de haber recorrido toda Europa y buena parte de América, África, Asia y Oceanía. En fin, el viaje fue memorable y acordamos volvernos a encontrar cada vez que los dos estuvieramos en el mismo continente.
Fue así como llegamos al 2024, con mi equipaje de peregrino y su buena voluntad de tomarse dos vuelos hasta Compostela. Nos encontramos en la plaza del Obradoiro frente a la catedral, al son de la gaita gallega. "Bueno, vos también hiciste un buen viaje hasta Europa... que me cuesta tomarme un par de aviones?" me dijo cuando le agradecí el esfuerzo de venir. Le presenté a mi madre y a la Euge y a los cuatro segundos se hicieron amigos. Ya lo dije, es muy fácil hacerse amigo del Harshil. Como era el cumpleaños de la Euge, salimos a comer a un bar de tapas que encontró en lonely planet y que estaba in-cre-i-ble.
Al día siguiente partimos para Muxía en auto. Manejé yo y el ofició de copiloto (Peterhansel, contratalo, a ver si así atinas). Comimos en la Costa da Morte bajo la supervisión de una gaviota asesina que nos presionaba para que le dieramos comida, y partimos rumbo a Finisterre. Visitamos el faro y la confluencia del mar cantábrico y el océano atlántico. Sin embargo, a los cuatro nos gustó más Muxía que Finisterre. A la vuelta a Compostela fuimos a comer a un restaurante con estrella Michelin que asombrosamente manejaba precios sumamente accesibles y que encontró el Harshil en su web.
Al día siguiente visitamos Lugo, una ciudad pequeña, limpia y ordenada, con un casco antiguo muy bonito, defendido por una muralla erigida en la época del imperio romano. Durante el viaje en auto, Harshil nos entregó unos regalos traídos de la India para cada una de nosotras: jaboncitos de jazmín en una pequeña caja con su propio cajoncito; diferentes tipos de tés para tomar con o sin leche, según la variedad; sal de lago del Himalaya; etc., todo envuelto en un papel exquisito, dentro de cajitas y bolsitas de telas de colores, y en una bolsa de tela mas grande que parecía prácticamente una carterita. La disposición era de un buen gusto excepcional y me dejó admirada, avergonzada y aleccionada. Admirada por el valor de una buena presentación -algo en lo que nunca había reparado mucho antes- y en la capacidad de transmitir por su intermedio afecto y consideración; avergonzada porque justamente con nunca le preste mucha atención al tema, le entregué mi regalo -una caja de alfajores havanna- tal como lo yo recibiría de manos del repartidor del supermercado que me lleva la compra mensual a la casa, es decir, en su propia caja #shame recontra shame; y aleccionada, porque al dimensionar el contraste entre una cosa y la otra, me juré empezar a dedicarle mayor esfuerzo al tema.
Lo cierto es que unos kilómetros después de recibidos los regalos, de enamoradas las dos comadres de ese indio tan amable, y de repasado el régimen matrimonial y sucesorio hindú que shockeó a mi madre a otro nivel, llegamos a Lugo. Caminamos por arriba de la muralla a lo largo de los dos kilómetros de su extensión y luego bajamos a almorzar a un lugar que, al igual que el bar "los hijos de puta" de Capusotto, parecía ser atendido por sus propios dueños, probablemente primos de los de aquel bar. Un plato de rabas y dos horas después, arrancamos hacia la terminal de buses donde mi amicho tenía que tomarse el suyo de regreso a Compostela.
Con un fuerte abrazo nos despedimos y acordamos volver a vernos, a diferencia de esta oportunidad, antes de los cinco años.
Harshil, como lo indica su nombre en hindi, trajiste alegría, no solo al viaje, sino a nuestras vidas. Que felicidad haber podido compartir con vos, amicho. Espero verte antes del 2029!
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Il piacere carnale più intenso, goduto senza fretta in un letto disordinato e clandestino, combinazione perfetta di carezze, risate e giochi della mente, sa di baguette, prosciutto, formaggio francese e vino del Reno. Ognuno di questi tesori della cucina fa comparire davanti a me un uomo in particolare, un antico amante che ritorna insistente come un fantasma desiderato a infondere una certa luce malandrina nella mia età matura. (Isabel Allende)
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27/04/2024
Día 1, de Pamplona a Puente la Reina
Con el objetivo en mente de llegar a comer el martes en El Soldado de Tudelilla en Logroño (no, no está en la calle Laurel, pero está cerca), comenzamos a andar.
Cruzando por otro parque, después de la clínica universitaria, vemos señal que indican que por ahí sellan el pasaporte del peregrino. Vamos de cabeza. Es la Universidad de Pamplona.
Retomamos el camino y empezamos a encontrarnos con gente que veremos recurrentemente durante la mañana (y seguramente en los próximos días). La gran mayoría son extranjeros, principalmente asiáticos (no me atrevo a confirmar de dónde, pero supongo que japoneses), franceses e ingleses, y también algún mejicano y brasileño.
Al fondo se ven nubes amenazantes de lluvia mientras el viento peina y ondea los campos de cereal.
El camino va en ascenso. Alguna pendiente más difícil que otra. Me entra flato pero a pocos metros hay un banco que me salva. Unos minutos respirando mientras el viento roza suavemente mi cara.
Seguimos y, apenas estamos llegando a Zariquiegui, comienza llover.
Los peregrinos entramos de a poco en la tienda y bar que hay a la entrada del pueblo. Solo hay barra, un banco de cemento contra la pared y un pequeño espacio como si fuera una salita. Lo mismo te preparan un bocadillo de jamón que puedes comprar postales, recuerdos del camino, fruta, frutos secos, huevos duros, bebida para llevar o palos para caminar. Pero reconforta. ¡Ah, y venden bolsas de torreznos como las de las patatas fritas! Eso sí reconforta.
Salimos y sigue lloviendo. Saca poncho, chubasquero y venga, para arriba, al Alto del Perdón (750m). En realidad le deberíamos perdonar nosotros a ese alto.
Nada más alcanzar la cima, unas ráfagas de viento nos empujan y hacen perder el control. Y la lluvia lanza sus gotas contra nuestros rostros como si fueran balas.
El momento idílico de parar y observar el paisaje desde lo alto mientras haces unas fotos con el monumento de los peregrinos, se convierte en un uy que me vuelo, haz la foto como sea y sal pitando de aquí antes de que el viento nos arroje por una ladera equivocada.
Descendemos, y el viento ya no nos persigue.
Segunda parada, breve, en Uterga, como el resto de peregrinos. Los franceses se quedan ya a comer, es su hora, es mediodía. Desde aquí a Santiago quedarían 697 km.
Llegando a Muruzábal aparecen más nubes negras, y algún rayo. Colócate el poncho otra vez. Jordi teme por si los palos puede atraer los rayos. Confío en que la especie de corcho de la empuñadura me proteja, y como mucho, tener que soltarlos de golpe, cual calambre.
Nos refugiamos en la iglesia de San Esteban. Es un chaparrón.
Solo quedan unos kilómetros para llegar a parada y fonda, medio kilómetro antes de Puente la Reina.
Es un asador sidrería, así que escanciamos.
Subimos a la habitación, en la que no han movido los muebles en unos lustros y en la que hay que despilfarrar bastante agua antes de que salga caliente, para ducharte y lavarte las manos con solo un sobrecito de gel por personal. Eso sí, las toallas Bassols. Incomprensible y agradable, no lo vamos a negar.
Fisiocrem en las piernas, calcetines y sandalias. Otra guiri paseando por el pueblo.
Visitamos la iglesia de Santiago, con una preciosa portada como entrada y una bonita talla gótica del apóstol dentro.
Una plegaria.
Nos hacemos una foto en el puente que da nombre al pueblo y que mañana cruzaremos.
Calle para arriba y calle para abajo, a lo tonto, 5.000 pasos más.
A las ocho de la tarde salen los navarros en manada a la plaza y a los bares. Voy a generalizar basándome en la pequeña muestra de ayer y hoy: son muy ruidosos.
Mientras tomamos unos vinos y picoteamos chistorra y queso del Roncal, vemos a peregrinos cuyas caras son ya familiares.
No estamos tan cansados como podríamos creer.
Total día: 36.488 pasos. A dormir.
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Dice Mario Vargas Llosa:
Francia ha celebrado por todo lo alto, la suprema gloria para un escribidor, su ingreso a la Pléyade, la biblioteca de los inmortales con dos compactos volúmenes y un álbum especial con fotos de su biografía.
Tengo la coquetería de creer que yo fui testigo del amor a primera vista de los franceses por Borges. Vino a París a participar de un homenaje a Shakespeare organizado por la Unesco, y la intervención de este anciano precoz y semi inválido sorprendió a todo el mundo.
Días después una conferencia en el Instituto de América Latina, además de estar de bote a bote, atrajo un abanico de escritores.
El tema era la Literatura Fantástica.
Inmóvil detrás de su pupitre, con una voz intimidada como pidiendo excusas pero, en verdad con soberbia desenvoltura el conferenciante parecía llevar en su memoria la literatura universal.
¿Seguro que este escritor viene del país de los gauchos?, exclamó un maravillado espectador mientras aplaudía rabiosamente.
Sí, venía del país de los gauchos, pero no tenía nada de exótico y ya había escrito varias obras maestras.
El estilo de Borges es inteligente y límpido, de una concisión matemática, de audaces adjetivos e insólitas ideas en el que, como no falta ni sobra nada rozamos a cada paso ese inquietante misterio que es la perfección.
Su estilo es uno de los milagros estéticos del siglo XX. Depuró la lengua española hasta la anorexia y la obligó a ser luminosamente inteligente.
#mario vargas llosa#jorge luis borges#frases#pensamientos#escritos#fragmentos#literatura#escritores#libros#literatura universal
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"I fiori del male" (Les Fleurs du mal) è una delle opere più celebri e influenti della letteratura francese, pubblicata per la prima volta nel 1857. Questa raccolta di poesie rappresenta un viaggio profondo e oscuro nell'animo umano, esplorando temi come la bellezza, la decadenza, l'amore, la morte e la ribellione.
Baudelaire utilizza un linguaggio ricco e simbolico per descrivere la sua visione del mondo, spesso caratterizzata da un senso di spleen, un termine che indica una profonda malinconia e noia esistenziale. Le poesie sono suddivise in sei sezioni principali: Spleen e Ideale, Quadri Parigini, Il Vino, I Fiori del Male, La Rivolta e La Morte.
Ogni sezione rappresenta una fase del percorso esistenziale del poeta, dalla consapevolezza della propria diversità rispetto al mondo esterno, alle esperienze nella vita degradata della metropoli, fino al desiderio di fuga nell'alcol e nelle droghe, e infine alla ribellione contro Dio e al rifiuto totale del mondo attraverso la morte.
Baudelaire riesce a trasformare la corruzione e la volgarità della società contemporanea in arte, creando una bellezza che solo la poesia può realizzare. La sua capacità di vedere oltre le apparenze e di rivelare una realtà più profonda e autentica è uno degli aspetti più affascinanti della sua opera.
Charles Pierre Baudelaire nacque il 9 aprile 1821 a Parigi, figlio di Joseph-François Baudelaire, un funzionario pubblico e artista dilettante, e Caroline Dufaÿs. La morte precoce del padre e il successivo matrimonio della madre con il tenente colonnello Jacques Aupick influenzarono profondamente la sua vita e la sua opera.
Baudelaire fu educato al Lycée Louis-le-Grand di Parigi, dove iniziò a mostrare un interesse precoce per la letteratura. Tuttavia, la sua vita scolastica fu irregolare, caratterizzata da periodi di grande diligenza alternati a momenti di indolenza. Durante la sua giovinezza, Baudelaire iniziò a frequentare i circoli bohémien di Parigi, sviluppando un gusto per la vita dissoluta e per le esperienze estreme, che avrebbero poi influenzato profondamente la sua poesia.
Nel 1841, su pressione della famiglia, intraprese un viaggio in India, ma tornò a Parigi dopo pochi mesi. Questo viaggio, sebbene breve, lasciò un'impronta duratura sulla sua immaginazione e sulla sua opera. Al suo ritorno, Baudelaire iniziò a scrivere e a pubblicare poesie, guadagnandosi una reputazione come uno dei poeti più promettenti della sua generazione.
La pubblicazione de "I fiori del male" nel 1857 fu accolta con scandalo e controversie. L'opera fu accusata di oscenità e sei delle poesie furono censurate. Nonostante ciò, "I fiori del male" consolidò la reputazione di Baudelaire come uno dei più grandi poeti del suo tempo. La sua capacità di esplorare i lati più oscuri dell'esperienza umana con una bellezza lirica senza pari lo rese una figura centrale nel movimento simbolista e un precursore del modernismo.
Baudelaire trascorse gli ultimi anni della sua vita in condizioni di salute precarie, afflitto da problemi finanziari e da una dipendenza crescente dall'oppio e dall'alcol. Morì il 31 agosto 1867 a Parigi.
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