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#villa la massa
frenchcurious · 3 months
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Mercedes-Benz 190 SL 1959 à la Villa la Massa. - source Ruote da Sogno.
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foxeia · 1 year
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Villa La Massa
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bibliodiversidad · 7 months
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Muchos antiMileis clase media acá tienen la misma energía que los demócratas yanquis que te dicen que votes al "mal menor" como si el "mal menor" no fuera un mal más, y que si no lo votaste te merecés sufrir y morir con lo que está pasando. Piensen un poco: la salida no es el electorialismo bipartidario capitalista que lleva a la decadencia gradual (Massa) ni de shock (Milei), es el socialismo. Históricamente, siempre fue, es y será el socalismo. Y sean más empáticos, que la gente de las villas y lo barrios, los planeros, las capas medias laburantes, o los provincianos que votaron a Milei, no lo hicieron por ideología, lo hicieron por descontento y cansancio, y ellos ya eran pobres antes o estaban por serlo, por más que la caída del poder adquisitivo fuera más despacio, y sí, se pegaron un tiro en el pie: ¿pero qué otra opción les dieron? Nadie deja de ser susceptible a la propaganda política, mucho menos cuando albergamos un antiintelectualismo y una apatía cada vez más agravados. Y en Argentina especialmente se enseña a rechazar la izquierda, siempre hemos sido o perseguidos o coaptados para desentender a la gente sobre lo que luchamos genuinamente; o comúnmente la militancia política cae siempre de uno u otro lado de la "grieta" por conveniencia numérica, y ninguno de esos dos lados ha sacado al país de la miseria: por ende, la gente cae como cae en el individualismo "apolítico", oportuno para los capitalistas. La única opción que queda es que dejen de ser activistas de escritorio y salgan a organizarse. Lamento decirles, que quejándose sin hacer nada no son mejores que los que lo votaron. El enemigo no es el trabajador ignorante, son los capitalistas interesados, a los que le están sirviendo en plato la división del pueblo para que no se unifique contra ellos.
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libriaco · 10 months
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4 dicembre, Santa Barbara
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«Guardi, diceva un minatore muovendo in giro la mano tesa, tutto quello che lei vede è della Montecatini. Non si può sbagliare.» La Montecatini, qua a Niccioleta, possiede le case, le strade, gli spacci aziendali, i mezzi di trasporto, le sedi dei partiti politici, il terreno circostante. Della Montecatini sono i grossi casamenti gialli, sparsi in disordine per le pendici di questi colli scabri, collegati appena da un sentiero scosceso, con larghi improvvisi sterrati nudi; il palazzotto del dopolavoro, una costruzione pseudo - razionale, di taglio littorio, stile 900, come si diceva nel ventennio; e la chiesa, un altro scatolone con una specie di pronao rettangolare, che fa pensare ad una palestra di boxe. Son della Montecatini le grigie e scialbe casette degli impiegati, e la mediocre villa della contadina, ed i più vecchi amano ancora, dopo la miniera, coltivare un pezzetto di terra, per cavarne ortaggi, od allevarvi un coniglio, un paio di galline. Molti operai non abitano qui, ma nei villaggi vicini, a Prata, a Monterotondo, o vengono addirittura da Massa Marittima: tutti su automezzi della Montecatini; prima della guerra venivano in bicicletta, e non pochi a piedi, dieci chilometri di strada e dopo il lavoro.
L. Bianciardi, La lambretta dei minatori [1954]. Online QUI.
Immagine: Il pranzo del minatore, miniera di Niccioleta (GR), primi anni '70. Nel 'caldaino', conservato nella 'panierina', il primo e il secondo. E nella 'panierina' anche il vino, il pane, il sale, le posate… I topi, dove c'erano, riuscivano a penetrare nelle panierine (di cartone pressato) e allora se ne doveva usare una di lamiera zincata.
La foto, ovviamente 'in posa', da QUI.
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matteo12 · 1 year
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ZITTI E BUONI
di Claudio FM Giordanengo
23.07.2023
Anche le guerre a qualcosa servono. Sono test pratici, non solo per gli armamenti. Quella alla quale stiamo partecipando con entusiasmo, ad esempio, ha dimostrato l'efficacia di anni di un certo indottrinamento di massa. Ora il popolo plasmato approva e sottoscrive fiero il proprio danno, vivendo la condizione imposta di "zitti e buoni" come una perla regalata e da custodire. Quasi la perfezione. Neppure l'evidenza può scalfire il muro granitico dell'immensa ipocrisia venduta come verità assoluta. Ci sveniamo per l'Ucraina - introvabile ai più sul mappamondo - donando senza limiti le nostre risorse, per ottenere cosa? regressione a tutto tondo e, in aggiunta, una gigantesca presa per i fondelli. Alimentiamo una banda criminale, che manda a morte migliaia e migliaia di uomini per fare la bella vita con i nostri soldi. Prossimamente anche con la nostra carne. Corre notizia che Anastasia, la figlia del ministro della Difesa ucraino Reznikov, avrebbe acquistato nei pressi di Cannes, in Costa Azzurra, una villa con piscina al prezzo di 7 milioni di euro. Qualcuno parla di 12 milioni, e secondo altri sarebbe tutto falso. Sia come si vuole, è comunque un segno, perché che Zelensky possieda una villa multimilionaria a Forte dei Marmi non è un segreto, com'è vero - documenti del Registro Fondiario elvetico alla mano - che nell'esclusivo Comune di Gstaad in Svizzera molti papaveri di Kiev hanno preso casa. Chalet superlusso da 8,9 milioni di Franchi per Dmitrj Razumkov, ex Presidente del Parlamento ucraino; Oleksandr Danyliuk, ex Segretario del Consiglio della Difesa di Kiev ha una villa da 9,1 milioni di Franchi, mentre Lyudmila Denisova, che si è occupata della redazione di false notizie per Zelensky - l'autrice della fandonia della deportazione in Russia dei bambini, per capirci - a Gstaad ha optato per uno chalet da 9,8 milioni. La lista potrebbe proseguire, ma siamo già soddisfatti. I contribuenti italiani spengono il condizionatore e sanno che i pronto-soccorsi degli ospedali sono terra di nessuno, ma sono fieri di prendere atto che il loro denaro è ben investito in Svizzera dai fratelli ucraini. Che ogni giorno centinaia e centinaia di uomini vengano spediti al macello per compiacere a Washington e ai suoi vassalli scriteriati, è un dettaglio trascurabile.
Recentemente sulla rivista scientifica "Aging" il prof. Sinclair di Harvard ha spiegato gli strabilianti risultati del suo gruppo di ricerca, ossia l'aver ottenuto con un cocktail chimico il ringiovanimento di cellule in vitro. Avrebbero scoperto farmaci in grado di intervenire favorevolmente sul meccanismo di trascrizione del genoma cellulare, in pratica invertendo l'età trascrittomica. Insomma, il mito del siero della giovinezza si sta avvicinando. Meglio non informare Biden, perché tornasse mai indietro anche solo di una ventina d'anni, la guerra atomica mondiale non la scamperemmo!
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sardies · 2 months
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Il “vento nero” di Savina Dolores Massa a Villa Mosca
Alghero. Nuovo cambio di scenario per Mediterranea, il festival letterario curato dall’AES, Associazione Editori Sardi, in corso di svolgimento ad Alghero. Dalla Villa romana di Sant’Imbenia la rassegna si sposta domani, 15 luglio, alla splendida Villa Mosca, nel lungomare cittadino. Protagonista della serata dalle ore 20 sarà il romanzo Perché il vento era nero di Savina Dolores Massa,…
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cinquecolonnemagazine · 3 months
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Costiera sorrentina: gioiello del Mediterraneo
La Costiera Sorrentina, situata a sud di Napoli e affacciata sul Golfo omonimo, è un tratto di costa campana rinomato per la sua bellezza mozzafiato, la storia affascinante e l'atmosfera vivace. Un susseguirsi di borghi pittoreschi, calette incantevoli e panorami mozzafiato la rendono una destinazione ideale per chi desidera una vacanza all'insegna del relax, della cultura e del buon cibo. Costiera sorrentina: territorio ricco di storia e cultura La storia della Costiera Sorrentina affonda le sue radici nell'epoca romana, quando era un luogo di villeggiatura per patrizi e imperatori. Ancora oggi, è possibile ammirare i resti di ville romane, come la Villa di Pollio Felice a Sorrento, e di antichi borghi medievali, come Massa Lubrense e Sant'Agnello. La costiera ha inoltre dato i natali a numerosi artisti e letterati, tra cui Torquato Tasso e Matilde Serao, che ne hanno celebrato la bellezza nelle loro opere. Paesaggi incantevoli e panorami mozzafiato La Costiera Sorrentina è famosa per i suoi paesaggi incontaminati, caratterizzati da una vegetazione mediterranea rigogliosa, scogliere a picco sul mare e calette nascoste tra le rocce. La vista sul Golfo di Napoli, con il Vesuvio sullo sfondo, è uno degli spettacoli più suggestivi d'Italia. Tra i luoghi più panoramici da visitare, ricordiamo il belvedere di Punta Campanella, la Villa Comunale di Sorrento e il Sentiero degli Dei, un percorso escursionistico che regala panorami mozzafiato sulla costa. Borghi pittoreschi e atmosfere autentiche La Costiera Sorrentina è costellata di borghi pittoreschi, ognuno con la sua storia e le sue tradizioni. Sorrento, il centro principale della costiera, è un vivace borgo ricco di negozi, ristoranti e bar. Altri borghi da non perdere sono Massa Lubrense, con il suo centro storico medievale e le sue spiagge incontaminate, Positano, famosa per le sue case colorate arroccate sulla scogliera, e Vico Equense, rinomata per la sua tradizione culinaria. Un paradiso per gli amanti del mare La Costiera Sorrentina è un paradiso per gli amanti del mare. Le sue acque cristalline e turchesi invitano a fare snorkeling, immersioni e nuoto. Le numerose calette e spiagge, alcune raggiungibili solo via mare, offrono l'ideale per una giornata di relax al sole. Tra le spiagge più belle ricordiamo la spiaggia di Marina Grande a Sorrento, la spiaggia di Fornillo a Positano e la spiaggia di Fiordomarina a Massa Lubrense. Un paradiso per i buongustai La Costiera Sorrentina è un paradiso per i buongustai. La sua cucina, ricca di sapori mediterranei, è a base di pesce fresco, verdure di stagione e olio d'oliva extravergine. Tra i piatti tipici da non perdere ricordiamo la pasta al limone, la caprese, il coniglio all'Ischitana e la pastiera napoletana. I numerosi ristoranti e trattorie della costiera offrono l'opportunità di gustare la vera cucina campana in un'atmosfera accogliente e conviviale. Consigli per un soggiorno perfetto Il periodo migliore per visitare la Costiera Sorrentina è da maggio a ottobre, quando il clima è caldo e soleggiato. Per spostarsi lungo la costiera è consigliabile noleggiare un'auto o uno scooter, in quanto i mezzi pubblici non sono molto frequenti. Se si preferisce un'esperienza più rilassante, è possibile optare per un tour in barca o in traghetto. Foto di copertina: DepositPhotos Read the full article
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peytonblackstar · 4 months
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· · ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀         ⤹         𝐩𝐞𝐲𝐭𝐨𝐧 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐢𝐧𝐠𝐞𝐫 ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀ ⠀ ‧‧‧‧  ᴇxᴛʀᴀᴄᴛ ʀᴏʟᴇ › ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀manhattan, ny ‧‧‧ 08.05.2024               ─── ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ     La musica pulsava forte, un ritmo incalzante che sembrava scuotere le fondamenta della villa. L'uomo si fece largo tra la folla variopinta, il suo sguardo scrutava ogni angolo alla ricerca di Peyton. Aveva già perso il conto di quante volte aveva incrociato sguardi estranei, di quanti sorrisi forzati aveva dovuto regalare. Era come se navigasse in un mare di maschere, tutte uguali eppure così diverse, ognuna a celare un volto e un mistero. Finalmente, la vide. Peyton era lì, in fondo alla sala, circondata da un gruppo di ammiratori che la osservavano con occhi rapiti. Indossava un abito nero in pizzo che le scivolava addosso come una seconda pelle, mettendo in risalto le curve sinuose. Sentì un brivido percorrergli la schiena. Era come se in quel momento tutto il resto del mondo svanisse, lasciando solo lei nella sua mente. Come poteva non rimanere ammaliato da quella bellezza eterea che la contraddistingueva dalla massa? Il modo in cui si muoveva, come una farfalla tra i fiori, il suo sorriso solare che illuminava la stanza e quegli occhi magnetici che sembravano ipnotizzarlo. I suoi capelli, incorniciavano un viso perfetto, quasi scolpito da un maestro. L'uomo sapeva di averla desiderata fin dal primo momento in cui l'aveva vista, e ora, finalmente, era lì, a pochi passi da lui. Con un passo deciso, si avvicinò a lei, nascondendo il suo volto dietro una maschera corvina. ㅤㅤㅤㅤㅤㅤ   ʜɪᴍ  « 𝐸 𝑖𝑚𝑝𝑎𝑟𝑎𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑎 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑖𝑒𝑙𝑜, 𝑒 𝑎𝑑 𝑎𝑠𝑐𝑜𝑙𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒, 𝑒 𝑎 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎. » galantemente, tese la mano destra verso di lei, invitandola ad un ballo. In realtà, non era che una scusa per avvicinarsi a lei, per sentire quel profumo inebriante che lo trasportava in un'ebbrezza e per percepire il suo calore corporeo, come una coperta calda che lo avvolgeva e lo proteggeva dal freddo della sera.   ʜɪᴍ  « Peyton, permettimi di accompagnarti in un valzer lento sotto le stelle. Un ballo che, ne sono certo, resterà impresso nei nostri cuori per sempre. Non vedo l'ora di stringerti tra le mie braccia. Lasciati trasportare dalla musica e dalla magia di questo momento, sono qui con te e per te. » ㅤㅤㅤㅤㅤㅤ La donna accarezzò con lo sguardo gli occhi, vi si immerse come ci si immerge nell'oceano di cui avevano tanto parlato, e quando udì la voce non ebbe dubbi. Con un sorriso complice, uno di quelli veri che raggiunse gli occhi, allungò la mano per intrecciare le dita in modo delicato, come se il suo tocco fosse il respiro di cui necessitava. ㅤㅤㅤㅤㅤㅤ   ᴘᴇʏᴛᴏɴ ᴠɪʀɢɪɴɪᴀ  « 𝐸𝑑 𝑖𝑚𝑝𝑎𝑟𝑎𝑖 𝑎𝑑 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒, 𝑎 𝑏𝑟𝑎𝑚𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑢𝑚𝑜 𝑒 𝑝𝑜𝑖 𝑖𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑡𝑜𝑐𝑐𝑜… » Avvertì immediatamente il suo calore, il suo bisogno di sicurezza e protezione e quella sensazione di bruciore che sentiva correre lungo il proprio corpo. Passo dopo passo s'avvicinò, quello stesso spazio personale che bramava l'accolse prima di essere accolti dalle stelle, dalla distesa scura che era il cielo.   ᴘᴇʏᴛᴏɴ ᴠɪʀɢɪɴɪᴀ  « Come potrei rifiutare il mio cavaliere? Come potrei dire di no a colui che ha catturato il mio sguardo, la mia mente, la mia anima. Stringimi e balla con me… » Potevano sentire il calore l'uno dell'altro, la loro pelle che fremeva al contatto. L'uomo la strinse a sé con un gesto protettivo, come se volesse custodire quel momento prezioso per sempre. Un sorriso complice si dipinse sulle labbra di Peyton, e l'uomo ricambiò con un sorriso altrettanto pieno di desiderio. Era il preludio a qualcosa di magico, qualcosa che entrambi aspettavano da tempo.   ʜɪᴍ  « Non c'è niente al mondo che io desidererei di più che stringerti e ballare con te. » la strinse ancora più forte a sé, cercando di trasmetterle il suo calore e desiderio. La sua voce era un sussurro all'orecchio della donna, carico di passione e di promesse.
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jacopocioni · 4 months
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Il fatto di sangue a casa Canacci
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Casa de' Canacci. Fatti di sangue a Firenze ne sono successi tanti, ma uno si caratterizza per un epilogo che testimonia l'acredine del mandante che rese il suo gesto indelebile sia per la crudeltà dello stesso sia per averlo programmato esattamente il 1° dell'anno del 1639. Il 70enne Giustino Canacci e la sua seconda moglie Caterina Brogi, oltre ai tre figli adulti avuti delle prime nozze di Giustino, Francesco, Giovanni e Bartolomeo vivevano in via dei Pilastri al n° 4. Via dei Pilastri è un'antica strada che prende il nome da una famiglia perugina trasferitosi a Firenze prima della battaglia di Montespertoli, i Pilastri. Caterina Brogi era davvero una bella donna, una fresca ventenne che riceveva costantemente attenzione dagli uomini che la incrociavano, lo stesso figlioccio Bartolomeo se ne era invaghito. La donna era però impenetrabile a qualsiasi avance, o almeno cosi sembrava. Nella realtà esisteva qualcuno che aveva fatto breccia, si trattava di Jacopo Salviati, I duca di Giuliano.
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Veronica Cybo. Jacopo Salviati non solo era ricco e piacente, ma anche un poeta. Nato a Firenze nel 1607 era figlio di Lorenzo Salviati, marchese di Giuliano e di sua moglie, la nobildonna fiorentina Maddalena Strozzi. Nel 1627 si sposò con la principessa di Massa e Carrara Veronica Cybo-Malaspina ed ottenne da papa Urbano VIII, grazie a questo matrimonio, che il suo titolo venisse elevato da marchese a duca. Il matrimonio fu quindi conveniente per Jacopo, ma elevare il suo rango lo costrinse ad una moglie orgogliosa e fredda. Gli incontri segreti tra Jacopo e Caterina si svolgevano proprio in via dei Pilastri al civico 4 e nonostante la prudenza dei due amanti qualcuno si accorse della tresca. Non fu certo il marito di Caterina, il buon Giustino, che come marito sappiamo è sempre l'ultimo a sapere, ma qualcuno che fece arrivare la notizia all'orecchio di Veronica. Fu il respinto figlioccio Bartolomeo, che invece che confidarsi con il padre, il primo suo rivale in amore, lo fece con la moglie dell'amante della matrigna. Poi ci si domanda come nascono le telenovelas. La moglie di Jacopo, a differenza di Giustino, non rimase inerme e organizzò la sua vendetta in maniera non solo da riscattare il suo onore, ma da disonorare permanentemente quello del marito. Si coalizzò con Bartolomeo per conoscere esattamente gli orari degli incontri fedifraghi di casa Canacci e organizzò una sortita di tre sicari provenienti da Massa. I tre assassini aspettarono il 31 dicembre del 1638 per agire, consci che quella notte Caterina era sola con la sua fantesca. Non solo uccisero le due donne, ma fecero a pezzi i loro corpi.
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La vendetta di Veronica Cybo Il 1° gennaio a villa al Cionfo Jacopo si svegliava, dopo i bagordi notturni, ignaro di quello che era successo la notte e affrontò la giornata secondo i rituali in uso. Uno di questi era ricevere, presso i suoi appartamenti, il cesto di biancheria pulita che la perfetta organizzazione della moglie gli faceva recapitare settimanalmente. Stavolta però la servitù non trovò solo la biancheria profumata, ma ben avvolta in una camicia ci trovò la testa mozzata della sua amante Caterina. L'epilogo è scontato. Jacopo capì l'antifona, i sicari rientrarono a massa belli tranquilli, Veronica si trasferì a Figline sino a che non fu certa della sua impunibilità e l'unico che pagò lo scotto fu Bartolomeo che fu arrestato e poi impiccato al Bargello. Questo il fatto di sangue di Casa Canacci al n° 4 di via dei Pilastri. Solo dopo aver scritto l'articolo mi sono accorto che già la Madonna delle Cerimonie Gabriella Bazzani ne aveva parlato proprio su queste pagine della Rivista Fiorentina. Insomma, vi siete letti un doppione.
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Jacopo Cioni Gran Cerusico Read the full article
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frenchcurious · 3 months
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Alfa Romeo Giulietta Spider 1960 à la Villa la Massa. - source Ruote da Sogno.
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giancarlonicoli · 6 months
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26 mar 2024 19:39
NANI E GIGANTI - “OGGI IO NON SONO NESSUNO/ DOMANI SONO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA” - ENRICO MARIA PAPES, BATTERISTA E FONDATORE DEI GIGANTI, RICORDA LA CENSURA PER IL BRANO “IO E IL PRESIDENTE”: ''FU CONSIDERATA COME UN VILIPENDIO. NELLO STESSO ANNO FU BANDITA "DIO E' MORTO" DEI NOMADI. PENSATE IN CHE PAESE VIVEVAMO" – "CANTAVAMO "METTETE FIORI NEI VOSTRI CANNONI". E TENCO DISSE A GABER: “I GIGANTI HANNO IL CANNONE, MA SPARANO A SALVE” – IL NOME DEL GRUPPO SCELTO PER “MEGALOMANIA” E I RIMPIANTI: “ABBIAMO SCIUPATO UN SACCO DI SOLDI..." - VIDEO -
Walter Veltroni per il Corriere della Sera - Estratti
«Conclude il tema Enrico Maria Papes». Chi, tra quelli che hanno frequentato l’Italia in questi decenni, non ha mai sentito questa frase? Veniva detta, non cantata, in un brano musicale del 1966 che si classificò terzo al «Disco per l’estate». Ma quando si andava nei negozi di dischi — allora affollati come oggi sono i pub o i bar degli «apericena» — il 45 giri più ascoltato era proprio quello che si concludeva con la parte cantata da Enrico Maria Papes, batterista dei Giganti, uno dei gruppi più importanti di quella fase della musica italiana.
«Io avevo iniziato a suonare nel 1961 e le prime esperienze le avevo fatte in due gruppi già allora considerati musicalmente eversivi, quelli di Clem Sacco, di Ghigo e di Guidone, del Clan Celentano. Incontrai Checco Marsella, tastierista e voce fantastica, e Mino De Martino che suonava la chitarra. Poi si aggiunse il fratello minore di Mino, Sergio. Decidemmo così di costituire un gruppo che chiamammo, forse per megalomania, I Giganti.
(...)
Poi arrivò il Disco per l’estate del 1966 e la nostra vita cambiò. Per merito di una canzone, “Tema”, che sovvertiva molti canoni tradizionali. Intanto era fatta di quattro strofe diverse, cantate da ciascuno di noi, poi aveva delle introduzioni parlate, una cosa quasi blasfema. Musicalmente, il brano nasceva dall’idea di un nostro amico del Conservatorio, ma fu il testo a fare rumore. Per la sua struttura, più che per il suo contenuto. Per la mia voce da basso, che appariva in contrasto con la solarità delle altre, per quella parola, “Tema”, che parlava subito ai ragazzi di quel tempo, che, nel boom e con la scolarizzazione di massa, affollavano le scuole. Vendemmo un milione di copie di quel brano».
La critica impegnata non ha mai amato la musica dei Giganti, considerata troppo leggera e lontana dai canoni che la canzone d’autore e quella di protesta stavano assumendo. I Giganti furono anche accusati, sì accusati, di essere cattolici. Una versione moderata della musica ribelle, beat da famiglia, insomma. «Cattolici? Io non sono nemmeno credente, si figuri. In verità nel nostro primo 45 giri “Giorni di festa” cantavamo queste parole:
Ho deciso di andare a messa
Perché credo sia mio dovere
Penso proprio che andrò
Oggi è un giorno di festa
Perché sono felice
E voglio andare a dir:
“Prega per noi”.
Non mi chieda perché l’abbiamo fatto, non me lo ricordo. Forse perché all’inizio suonavamo nelle parrocchie e cercavamo di farci ben volere…».
Con Papes parliamo di una mattina del 1967, poco ricordata. Io ero, dodicenne, tra il pubblico di ragazzi che affollava il mitico teatro Sistina dove eravamo stati convocati da una rivista che uscì solo per uno o due numeri, prima di chiudere per sempre. Si chiamava, se non ricordo male, «Dopodomani». Quella mattina si sarebbero esibiti, davanti allo stesso pubblico, i Giganti e Claudio Villa, il reuccio. Appena Villa comparve sul palcoscenico fu subissato di fischi. In quel momento il popolare re della canzone melodica, uomo di sinistra da sempre, veniva identificato con il potere, con i genitori, con un mondo giurassico dal quale non si vedeva l’ora di separarsi.
Racconta Papes «Noi eravamo usciti per primi e avevamo avuto un grande successo, con il corredo di urla e svenimenti del tempo. Poi Villa non lo fecero cantare e lui venne nel nostro camerino a pregarci di accompagnarlo con degli stornelli romaneschi. Così riuscì a cantare. Erano due mondi che per una volta si lambivano ma erano definitivamente separati, per sempre.
Per noi era un momento d’oro. Eravamo andati a Sanremo con “Proposta”, sempre in quell’anno. “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”, era stata un’idea di Mino. La struttura del brano era simile a quella di “Tema” ma si sentiva più forte l’influenza di quegli anni: concepita come una sorta di documentario musicale, la canzone spaziava dalla condizione dei giovani operai: “Me ciami Brambilla e fu l’operari, lavuri la ghisa per pochi denari...” a quella di un pittore disoccupato che vende giornali “Dipingo soltanto l’amore che vedo... E alla società non chiedo che la mia libertà”, fino a un giovane in conflitto generazionale con i genitori : “Con mamma non parlo, col vecchio nemmeno”. 
Chi, tra i giovani di quel tempo, poteva non sentirsi chiamato in causa? Eravamo i giovani, avevamo i nostri dischi, i nostri giornali, il nostro modo di vestire. Eravamo un potere, eravamo un mondo. Arrivammo terzi a Sanremo, fummo il primo gruppo a salire sul podio. Era il festival della morte di Tenco. Giorgio Gaber una volta ci disse che Tenco gli aveva detto, a proposito della nostra musica: “I Giganti hanno il cannone, ma sparano a salve”.
Ci rendemmo conto che le cose cominciavano ad andare male quell’estate, stagione dominata sempre dal Cantagiro. C’era questa carovana di auto scoperte che si spostava da una città all’altra tra ali di folla che ci assediava, ci toccava, aspettava che ci affacciassimo alla finestra dell’albergo. Erano molti i complessi: I Dik Dik, I Camaleonti, I Primitives, I Nomadi... Ma il nostro brano fu censurato. Si chiamava “Io e il Presidente” e diceva, a un certo punto, “In un paese libero/ a me piace pensare che/ oggi io non sono nessuno/ domani sono il Presidente della Repubblica”. Fu considerata come un vilipendio.
Nello stesso anno fu bandita “Dio è morto” dei Nomadi. Pensi in che Paese vivevamo... Insomma “Io e il Presidente” non fu mai trasmessa, né in radio né in televisione. Mai, fino a oggi, una specie di fatwa per un brano francamente non eversivo. Da quel momento le cose per noi cominciarono a scivolare male. L’anno dopo, 1968, andammo a Sanremo con “Da bambino” cantata in coppia con Massimo Ranieri, allora giovanissimo. Era una bella canzone, ma il nostro pubblico non gradì.
Oggi qualsiasi cantante ha attorno manager, uffici stampa, media manager. Noi eravamo soli e non eravamo pronti per il successo che avevamo avuto con “Tema“ e con “Proposta”. Abbiamo sciupato un sacco di soldi, come tutti i gruppi di quel tempo ubriaco. Pensi che Sergio ed io litigammo quando dovemmo mettere in vendita il nostro bel furgone, con la scritta “Giganti”. Litigammo per stupide questioni di soldi e per orgoglio, non meno stupido.
Finimmo alle mani, unica volta in vita mia. Quando se ne è andato, era ancora giovane, io ero nella stanza di ospedale con la sua compagna. Non so se a lui facesse piacere, ma a me sembrò giusto essere con lui, mentre moriva. Noi Giganti ci siamo rimessi insieme varie volte, ma non funzionava più. C’è una cosa, però, della quale siamo molto orgogliosi. È un concept album sulla mafia che si chiamava “Terra in bocca”. Era del 1971, dopo due anni di separazione. Lo abbiamo eseguito, noi tre rimasti, al Premio Borsellino. Anche quello fu censurato, a lungo».
Chiedo a Enrico Maria Papes se ha conservato qualche cimelio, di quegli anni incredibili.
«Avevo qualche vestito, forse quelli bianchi di Sanremo, ma poi li ho dati a mio figlio e ora non so dove siano. La mia batteria Grace con la scritta “Giganti” l’ho venduta nel 1969 a uno in Veneto. Poi volevo ricomprarla ma non ne venivo a capo. Ognuno l’aveva ceduta a un altro. Fino a un negoziante di Vittorio Veneto. L’ho recuperata e ora è qui, con me. È tornata a casa, è tornata a vivere. Vede, noi siamo passati rapidamente dall’ombra alla luce e poi, con la stessa velocità, siamo tornati nel cono d’ombra. Dalle stelle alle stalle, si dice. Ma le stalle, non lo si dimentichi mai, sono luoghi in cui c’è vita, c’è calore».
I Giganti si sono sciolti nel 1968. Come molti di quei gruppi. Forse perché il «sessantotto», nel sessantotto, era già finito. Il vero «sessantotto» era stato in quegli anni sessanta, i più rivoluzionari, nella storia del costume e dei consumi culturali.
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unatestadellidra · 9 months
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IL CASO VILLA DE LAS NIÑAS: POSSESSIONE DEMONIACA DI MASSA?
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lamilanomagazine · 9 months
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Napoli, la manutenzione delle piste ciclabili sarà curata da mecenati. Via Nuova Agnano-viale Kennedy affidata alla KLM
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Napoli, la manutenzione delle piste ciclabili sarà curata da mecenati. Via Nuova Agnano-viale Kennedy affidata alla KLM Con la simbolica consegna della ciclovia via Nuova Agnano-viale Kennedy alla KLM - Royal Dutch Airlines ha preso il via "Adotta una ciclabile", progetto di mecenatismo voluto dal Comune di Napoli per garantire la manutenzione del percorso in un'ottica di potenziamento dei percorsi dedicati alle bici. La compagnia aerea olandese si occuperà della sistemazione e della cura del tratto che da via Nuova Agnano, di fronte alla Porta del parco, arriva a piazzale Tecchio, correndo tangente all'Università Federico II, alle stazioni della Cumana di Agnano, Edenlandia e Mostra, e lambendo la Mostra d'Oltremare. All'iniziativa erano presenti, questa mattina, il sindaco Gaetano Manfredi, l'assessore alle Infrastrutture e alla Mobilità Edoardo Cosenza e Lucia Impiccini, direttore marketing KLM - Air France per il Sud del Mediterraneo. Il progetto di mecenatismo consentirà di effettuare la manutenzione delle piste ciclabili, più che mai necessaria in considerazione del fatto che la realizzazione dei primi tratti risale ormai a 11 anni fa. Sicomincia da via Nuova Agnano-viale Kennedy con un intervento che riguarderà non solo la sistemazione del fondo ma anche la segnaletica orizzontale e verticale. Oltre che per l'urgenza dei lavori, la scelta è caduta su questo tratto perché si inserisce in una rete di ciclabili che da Fuorigrotta si ricollegherà con il percorso di via Caracciolo e con quello da realizzare nell'ambito del parco urbano di Bagnoli. Grazie ai finanziamenti del Pnrr, entro il 2026 Napoli avrà 60 chilometri di tracciato destinati alla mobilità in bici con nuovi tratti tra Fuorigrotta e Soccavo, a Scampia e a San Giovanni. "Abbiamo un programma molto ampio di espansione delle piste ciclabili, ma è anche importante manutenere e gestire quelle che già state realizzate. Questo accordo con KLM – ha evidenziato il sindaco Manfredi – è un passo significativo. In passato con le piste ciclabili sono state fatte delle scelte piùideologicheche pratiche. Per poter avere delle ciclabili che siano veramente utilizzabili in sicurezzaabbiamo lanecessità di realizzarle in maniera tecnicamente valida. Napoli è una città complessa in cui la mobilità su due ruote non è semplice, ma con l'impegno di tutticercheremo di realizzare anche questa componente importante della mobilità dolce di cui la cittàbisogno". "Realizzeremo 38 chilometri di nuove ciclabili distribuiti nelle aree Est, Oveste Nord. Abbiamo già aggiudicato gli appalti integrati – ha annunciato l'assessore Cosenza –. Per realizzare questi interventi bisogna essere attentie operare in maniera coordinata perché ogni ciclabile occupa 2 metri e mezzo di strada, quasi un'intera corsia per auto. Anche per questo occorre incrementare sempre più il trasporto sotterraneo su ferro: quante più macchine togliamo dalla strada, tante più ciclabilipotremo fare". "Abbiamo trovato una grande disponibilità da partedelle istituzioni a collaborare ad un percorso che per noi è soltanto all'inizio – ha spiegato il direttore marketing Lucia Impiccini –.Napoli, infatti, è la prima città italiana nella quale saremo impegnati nellamanutenzione delle piste ciclabili. Cominceremo con i primi due chilometri di questo percorso, poi chiederemo anche alla città di partecipare, pedalando. Se la cittàrisponderà in massa noi, faremo la manutenzione di altri chilometri". Le forme di mecenatismo per la tutela e la valorizzazione del patrimonio pubblico hanno ricevuto nuovo impulso dal regolamento sulle donazioni dei cittadini, approvato nel dicembre dello scorso anno dal Consiglio comunale al link. Grazie all'impegno dell'associazione "Friends of Naples onlus" è stato restaurato l'obelisco meridiana nella Villa Comunale; l'associazione Mecenati per le Arti, il cinema e lo sport sostiene il restauro delle otto statue poste sul fronte d'ingresso della Villa comunale, lato piazza Vittoria; l'associazione Giffas ha donato le attrezzature sportive installate nel lido comunale di Bagnoli.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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diario-vespertino · 10 months
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Mientras se pelean en X, varelenses siguen sin agua
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El agua es un derecho básico, pero en Florencio Varela llega a cuenta gotas o ni lo hace desde que arrancó el calor en noviembre de este año, pero que mantiene su regularidad de carencia desde hace años. El presidente electo incluyó a Agua y Saneamientos Argentinos (AySA) en su lista de privatizaciones y su actual titular, esposa del candidato presidencial Sergio Massa, salió a responder los comentarios que la acusaban de incumplir su función pública en la red social de Elon Musk… Mientras, los varelenses se las ingenian para sobrevivir con la escasez. La privatización del agua con el argumento de mejorar el servicio encubre el intento del control del recurso hídrico. Los vecinos no pueden decidir no consumir agua y reemplazarla por otra cosa u optar por el cambio de proveedor. El agua potable es un asunto geopolítico estratégico y hoy, AySA está demostrando su improductiva gestión de cara a los usuarios de muchos barrios, entre ellos Villa Hudson -histórico sector de Bosques con prácticamente nada de servicio a lo largo de los años-. Según la ONU, alrededor de una de cada cuatro personas carecería de una fuente de agua potable gestionada de forma segura en su hogar y casi la mitad de la población mundial no tendría acceso a servicios de saneamiento gestionados de manera segura. El agua es también poder pues no se puede prescindir de ella, no se puede elegir no consumirla, por eso el control sobre las fuentes de agua potable es un asunto geopolítico estratégico. Las Naciones Unidas profetiza que para el 2025 la demanda de agua potable será el 56% más que el suministro de la misma. La privatización del agua en Argentina -con el argumento de mejorar el servicio- habría encubierto el intento del control del recurso hídrico. De lo contrario, no sé explicaría cómo Obras Sanitarias -siendo una empresa sin pérdidas e incluso con superávit- frente a las presiones del Banco Mundial fuese pasada a manos privadas donde el consorcio ganador prometió bajar las tarifas y emprender un plan de mejoras que treinta años después, los vecinos aún no habrían visto. En un decreto publicado en el Boletín Oficial del año pasado, el ministro de Obras Públicas, Gabriel Katopodis, autorizó a la empresa Agua y Saneamientos Argentinos (AySA) a refinanciar sus deudas que ascienden a 500.000.000 de dólares. Según informó la resolución 399/2022, las deudas de AySA se emitieron el 1 febrero de 2018, a una tasa de interés fija del 6,625% nominal anual. Si bien AySA se crea como una empresa que tiene mayoría estatal, lo hacen bajo la modalidad de sociedad anónima. "AySA era Aguas Argentinas, era privada y funcionaba muy bien Todo lo que hace el sector público lo hace mal", afirmó el miércoles el presidente electo pecando de generalizar los hechos históricos pues las privatizadas en Florencio Varela jamás funcionaron como correspondía. En los ’90, con el menemismo, los varelenses conocieron la gestión de cloacas y aguas por parte de la empresa de capitales franceses Azurix. Esto se tradujo en tarifas elevadas, un par de obras y la pobre calidad del agua para consumo humano en los barrios populares. Luego, los vecinos padecieron un servicio estatal por parte de ABSA (Aguas Bonaerenses). Fue tan mala la prestación que las gacetillas de prensa del gobierno local de turno solía informar de cortes, suspensiones y reuniones de funcionarios de la Secretaría de Gobierno con representantes de la empresa para transmitir “las quejas e inquietudes vecinales, en virtud de la calidad de la prestación y cuadro tarifario”. Ya con el macrismo, AYSA (Aguas y Saneamientos Argentinos) llegó al municipio realizando algunas mejoras en la red existente y ampliando parte de ella en una región donde la población crecía a pasos agigantados y las obras quedaban más que chicas. Para febrero del 2020, la presidenta de AySA, Malena Galmarini, sumaba al directorio de la cartera al jefe comunal de Florencio Varela, Andrés Watson. “Puedo desempeñar las dos funciones simultáneamente. Son compatibles”, aclaraba por entonces quien fuese en las pasadas elecciones reelecto y agregaba “Voy a repartir mi tiempo con responsabilidad y compromiso. Es un honor, un desafío, este nuevo cargo”. Ante la iniciativa del presidente libertario electo, la titular de Aguas y Saneamientos Argentinos lo cruzó vía X: Aguas Argentinas sólo extendió las redes a los barrios donde podían pagar. AySA, solo estos 4 años construyó 4.000km de redes, incluyó a 1.500.000 vecinos en la red de agua y 1.600.000 más en la red de cloacas. Trabajamos con los organismos internacionales de crédito para avanzar en obras trascendentales y también en las conexiones domiciliarias de las familias humildes. OMS: por cada u$s1 que se invierte en agua y cloacas, se ahorran u$s7 en el mediano plazo= a dólar ilegal de hoy la inversión es de u$s769.523.809,5. Multiplicado por 7= u$s5.386.666.666,6 de ahorro en el sector salud. No todo es lo mismo. No todo funciona mal!” “Es en la industria del agua donde parecen ser mayores los peligros de la privatización, ya que existe una combinación de preocupaciones acerca del ambiente, el monopolio natural y la inversión en infraestructura. Aunque haya cierto margen para la subcontratación de algunas operaciones (por ejemplo, el tratamiento de drenajes y el mantenimiento de las tuberías), en general habrá escasa ganancia de la privatización de la industria del agua, y grandes problemas acechan si se sigue adelante en esa tarea”, Vickers, J. y Yarrow, J.; “Un análisis económico de la privatización”. Fondo de Cultura Económica, México, 1991. Read the full article
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siciliatv · 11 months
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Favara, Prima Edizione de "La Camminata del Cuore" in Onore di Davide Licata
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Il 12 novembre segna l'inizio della prima edizione dell'evento "La Camminata del Cuore", dedicato al giovane atleta Davide Licata, prematuramente scomparso durante una partita di basket. Questo evento è reso possibile grazie al sostegno della Cioppy Group Events, delle ASD Favara Runners e Fradici Runner, e avrà luogo con un raduno presso Villa Ambrosini alle ore 9:00. L'iniziativa ha uno scopo duplice: promuovere la salute dei partecipanti e raccogliere fondi per realizzare il sogno di Davide, ovvero dotare Favara di un campo da basket accessibile a tutti. Chiunque desideri partecipare alla camminata può farlo contribuendo con una piccola donazione. In cambio, riceverà un cappellino colorato e numerato, che darà la possibilità di partecipare a un'estrazione di numerosi premi alla fine del percorso. L'evento sarà animato da musica e intrattenimento. I cappellini possono essere ritirati presso le seguenti località: - Tipografia Eurografica di Salvatore Caserta (via Francesco Crispi) - Eurodomestic Assistenza Tecnica (via Francia) - Tabacchi Ceresi (viale Pietro Nenni) Gli organizzatori invitano tutti, cittadini e non, associazioni sportive, culturali, creative, di volontariato e solidarietà, così come scuole di ogni ordine e grado, sia pubbliche che private, a partecipare in massa. La madre di Davide afferma: "Continuiamo il Sogno di Davide, perché Davide è il figlio di tutti". Read the full article
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latribune · 11 months
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