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#vaghe stelle dell'orsa
valkaryah · 4 months
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Sandra (1965) dir. Luchino Visconti
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bowonmyhead · 8 months
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Sandra (1965)
Dir. Luchino Visconti
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Vaghe stelle dell'Orsa (1965) by Luchino Visconti
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la-scigghiu · 4 months
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Vaghe stelle dell'Orsa, Io non credea tornar ancor per uso a contemplarvi [...] E che pensieri immensi che dolci sogni mi ispirò la vista... che di qua scopro, e che varcano un giorno io mi pensava...
.🦋.
🔸G.Leopardi ~ ph. Manuele Di Felice
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nelsonlopezstuff · 2 months
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My best first-watches of July 2024
Winter Sleep [Kış Uykusu] (2014) - Nuri Bilge Ceylan Happy Hour [ハッピーアワー] (2015) - Ryusuke Hamaguchi Bamako (2006) - Adberrahmane Sissako Rocco and His Brothers [Rocco e i suoi fratelli] (1960) - Luchino Visconti EUREKA (2000) - Shinji Aoyama Ratcatcher (1999) - Lynne Ramsay Not One Less [一个都不能少] (1999) - Zhang Yimou mother! (2017) - Darren Aronofsky Giants and Toys [巨人と玩具] (1958) - Yasuzō Masumura Anatomy of a Fall [Anatomie d'une chute] (2023) - Justine Triet The Thin Red Line (1998) - Terrence Mallick Promising Young Woman (2020) - Emerald Fennell Miracle in Milan [Miracolo a Milano] (1951) - Vittorio de Sica The Long Absence [Une aussi longue absence] (1961) - Henri Colpi Boiling Point (2021) - Philip Barantini La Collectionneuse (1967) - Éric Rohmer The Unbearable Lightness of Being (1988) - Phillip Kaufman Show Me Love [Fucking Åmål] (1998) - Lukas Moodysson Youth (2015) - Paolo Sorrentino Sandra [Vaghe stelle dell'Orsa...] (1965) - Luchino Visconti
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capture-s-i · 3 months
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Vaghe stelle dell'Orsa... / Sandra (Luchino Visconti, 1965)
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ilsimplicissimusblog · 3 months
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Vaghe stelle dell'orsa: in ricordo di Anna
E’ passato un anno da quando Anna Lombroso non c’è più e non saprei dire davvero se è un bene o un male che non possa vedere la follia che percorre il mondo, la strage di uomini esaltata come in un’ordalia collettiva o accettata con la colpevole indifferenza di chi non vuole vedere, il precipizio dei valori nei quali aveva creduto. E nei quali credevo anche io: uguaglianza e giustizia sociale,…
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Nota a un passo delle « Ricordanze » (V. 84-87).
Ho riletto parecchie volte questo mirabile canto del Leopardi, e ho provato sempre un sentimento indefinito di compassione per l'infelice poeta, ho sentito d'amarlo e ho sofferto con lui; ma lo confesso candidamente, non ho mai fermato di proposito la mia attenzione sopra le singole parti del lavoro. Ho abbracciato tutto con uno sguardo, senza curarmi d'esaminar minutamente l'opera d'arte, ciò che invece farebbe chi dovesse darne un giudizio critico: m'è accaduto, insomma, precisamente come accade dinanzi un bel quadro d'artista, dove non si va a guardare ogni figura di per sé, ma s'osserva e s'ammira tutto l'insieme. E, com'è naturale, ho sempre creduto d'aver ben capito ogni cosa, d'aver avuto netto e distinto in mente il concetto del poeta. Un articolo di Giovanni Federzoni però , pubblicato su la «Roma letteraria» del 25 agosto 1897, m' ha fatto accorto che a un certo passo non ci vedevo punto chiaro come mi sembrava. Ecco: il poeta è presso la finestra della casa paterna, e pieno di quella mestizia che suole entrar nell'animo su la sera, in un luogo dove tutto ci parla d'un caro tempo passato, contempla le vaghe stelle dell'orsa, guarda i cipressi che lievemente scuotono la chioma al vento, e ascolta da lungi il suon dell'ore che vien dalla torre del borgo. Oh, quante care immagini gli ridesta nella mente lo stormir delle foglie e l'onda sonora delle campane, che si disperde al vento. Ma tutto fu un sogno, le speranze, ameni inganni della prima età, son tutte svanite; ed ora gli sta dinanzi soltanto la triste realtà, e bene intende, il poeta, che non ha la vita un frutto, inutile miseria.
E sebben vòti son gli anni miei, sebben deserto, oscuro il mio stato mortal, poco mi toglie la fortuna, ben veggo.
Qui sta il busillis. Questi versi, a prima vista, sembra che manchino di logica: se bene io non abbia nulla, la fortuna mi toglie poco. Come, si domanda il Federzoni, che forse è stato il primo a trattar seriamente la questione, come, non dovrebbe dire: «appunto perchè vòti son gli anni miei (non sebbene), la fortuna mi toglie poco?» Vediamo. I commentatori (beati loro !) sembra comprendano a bastanza bene il concetto del poeta, e anche nelle note, accennando di sfuggita a ciò che intende dire il Leopardi, lasciano tal quale la questione: così il D'Ancona e il Mestica. Lo Straccali invece mostra d'aver compreso che il passo non è tanto facile da capire, ma per spiegarlo poi salta fuori dicendo che si potrebbe intendere la proposizione concettiva come proleptica: sicchè il periodo, secondo lui, verrebbe a questo modo: «La fortuna, ben veggo, mi toglie poco, sebbene per questo suo furto, e cioè per questa morte in me d'ogni illusione, i miei anni vengono a esser vuoti». Lasciando stare che anche in questa maniera il periodo non è punto chiaro, evidentemete il pensiero del poeta, così vien trasformato, viene svisato addirittura: non si capisce perchè il Leopardi (e questo osserva anche il Federzoni) avrebbe posto in fine una proposizione (la fortuna mi toglie poco) che, secondo la grammatica e la logica, sarebbe dovuta andar innanzi. L'opinione dunque dello Straccali, che del resto ha commentato egregiamente altri passi difficili del poeta, non si può accettare.
Il Fornaciari finalmente (e oltre questi citati non ho consultati altri), nella sua edizione di «Canti scelti» Barbèra, 1895, non crede nè anche opportuna una spiegazione a questi versi, tanto debbono esser chiari per lui, che pure ha letto lo Straccali; solo osserva: «non ha la vita un frutto ecc. Questi versi contengono l'essenza della disperazione leopardiana. Voti, inutili, oziosi,» e null'altro. Pure il significato de' versi citati è tutt'altro che evidente. O dunque? Io non voglio concludere addirittura come fa il Federzoni, che il Leopardi abbia commesso qui un grave errore di ragionamento e di costrutto, perché mi sembra impossibile che l'autore di «Ricordanze» a questo punto non sia stato consapevole né men lui di quel che si dicesse: a meno che però non si voglia credere che il Leopardi abbia composto le «Ricordanze» per un semplice esercizio rettorico, tanto per non perder l'abitudine di contar su la punta delle dita i versi endecasillabi. E quindi ho tentato di dare a questi difficili versi una interpretazione, che naturalmente mi sembra fin ora la migliore: se alcuno degli assidui della «Gazzetta» vorrà suggerirmene un'altra più semplice e più precisa, glie ne sarò gratissimo. Rileggiamo dunque le «Ricordanze» pochi versi prima del passo in questione (v. 77-84). O speranze, speranze; ameni inganni della mia prima età! sempre, parlando, ritorno a voi; ché per andar di tempo, per variar d'affetti e di pensieri, obliarvi non so. Fantasmi, intendo, son la gloria e l'onor; diletti e beni mero desio: non ha la vita un frutto, inutile miseria. Fermiamoci bene in mente questo: il poeta ha capito benissimo che la gloria e l'onore a questo mondo non son altro che chimère e fantasmi, e diletti e beni non altro che un semplice desiderio, il quale rimarrà pur troppo insoddisfatto. Ora dice il poeta, se bene gli anni miei siano privi di qualunque diletto, di qualunque consolazione, di qualunque felicità, siano vòti; e se bene il mio stato mortale, questa mia povera vita così travagliata e angustiata sia oscura e priva d'ogni gloria e d'ogni onore, mi manca ben poco, perchè tutte queste cose di cui la fortuna m'ha privato, non son altro che fantasmi e mero desio: mi sembra che in questo modo si possa scorgere chiaro il concetto del Leopardi ne' versi citati: E sebben vòti son gli anni miei, sebben deserto, oscuro il mio stato mortal, poco mi toglie la fortuna, ben veggo. Ed ora la parola a chi vorrà occuparsi d'una questione che non mi sembra senza qualche importanza.
Giovanni ZANNONE.
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Mira che ’l tempo vola, E poca vita hai persa ancor che tanto Giovanetta sei morta. Ma molto più che misera lasciasti E nequitosa vita Pensando ti conforta; Però che omai convien che più si doglia A chi più spazio resta a la partita.
(Da "Nello strazio di una donna fatta trucidare col suo portato dal corruttore per mano ed arte di un chirurgo", 1819)
Hai perduto i diletti del mondo. consolati è cosa infelice questa vita. Ne hai un es. nella tua stessa sventura.
(Dall'Abbozzo del medesimo Canto)
Ben prima che nelle Ricordanze, già nel 1819, Leopardi ha chiaro il concetto che, per quanto una vita sia breve, il fato non toglie niente a chi la vive, giacché una vita corta e una lunga sono, entrambe, come punti a confronto del nulla. La vita stessa, in quanto parvenza e agitazione momentanea dell'imperscrutabile tutto-nulla, non appartiene di diritto all'essere, ma al non essere: affacciarsi alla vita è già non-essere. La vita umana è coscienza del nulla.
I diletti, pur presenti nella vita, sono ben poca cosa e di fatto vengono nullificati dalla sostanza di essa che è l'infelicità.
L'onore e la gloria, pur se raggiunti, non tolgono alla vita il suo essere "nulla", poiché sono parvenze, anch'esse destinate a svanire e vane anche nel momento in cui le si desidera e le si raggiunge, poiché tutti i desideri umani sono vani, salvo quello della felicità, la quale però è irraggiungibile.
Sempre sottesa è nel Leopardi l'invidia per chi è morto o non è mai nato. Per coloro che stanno vivendo contemporaneamente a lui, e per coloro che nasceranno, prova pietà, e infatti a loro volge la consolazione del proprio canto. Un essere di cui sembra non deplorare la nascita e l'esistenza futura, qualora essa non sia già trascorsa in altre epoche e mondi, è quel fantasma di donna che egli chiama "la sua donna", l'unica che possa corrispondergli e che gli farebbe preferire alla morte, la vita e, innalzando questa ad un livello prossimo all'ideale ed introducendolo ad una condizione di beatitudine divina, strapperebbe forse l'esistenza al pervasivo "nulla". Ma quest'ultima resta nient'altro che un'ipotesi, una scommessa, poiché questa donna superumana ha ben poche probabilità d'incarnarsi e palesarsi al poeta. A meno che questa "donna" non sia la stessa Poesia.
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giancarlonicoli · 1 year
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18 mag 2023 16:45
“IL DIAVOLO DAL VISO D’ANGELO” – SE NE VA A SALISBURGO HELMUT BERGER, STORICO COMPAGNO DI VITA LUCHINO VISCONTI. AVEVA 78 ANNI - CONSIDERATO L’UOMO PIÙ BELLO DEL MONDO, AVEVA LAVORATO NE “IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI” E IN “LUDWIG” - LA LORO RELAZIONE FU TENUTA NASCOSTA ALL’INIZIO, CONSIDERATO CHE LA MORALE NEGLI ANNI '60 CONSIDERAVA L'OMOSESSUALITÀ UN TABÙ – LA DEPRESSIONE, LA MORTE RISCHIATA PER ECCESSO DI STUPEFACENTI E IL VIDEO SCANDALO CON MADONNA… - VIDEO -
Da corriere.it
HELMUT BERGER 22
È morto a Salisburgo l’attore Helmut Berger, storico compagno di vita di Luchino Visconti. Era stato definito «l’uomo più bello del mondo». Tra i suoi film, «Il giardino dei Finzi Contini» e «Ludwig».
È MORTO HELMUT BERGER
Da fanpage.it
Bello e angelico nel ruolo di Alberto Finzi-Contini ma anche in quello di Martin von Essenbeck ne La caduta degli dei. È morto a Salisburgo l'attore Helmut Berger, storico compagno di vita di Luchino Visconti. Definito "l'uomo più bello del mondo" e "il diavolo dal viso d'angelo", nacque a Bad Ischl il 29 maggio 1944 e si trasferì in Italia a 18 in cerca di fortuna come fotomodello e, al contempo, studiando all'Università di Perugia.
La relazione con Luchino Visconti
È il 1964 quando, nel corso delle riprese del film Vaghe stelle dell'Orsa, incontra Luchino Visconti. Da quel momento, la svolta privata e professionale. La loro relazione durò fino alla morte del regista, ovvero fino al 1976. La relazione fu tenuta nascosta da principio, considerato che la morale negli anni '60 considerava ancora l'omosessualità come uno stigma e un tabù. Luchino Visconti non aveva mai nascosto il suo orientamento bisessuale. Era Helmut Berger che non voleva si sapesse della loro storia, da quanto raccontano le cronache di quegli anni.
La carriera
Helmut Berger fu diretto da Luchino Visconti nel 1967 per "La strega" nell'episodio "La strega bruciata viva. Il successo arrivò due anni più tardi: La caduta degli dei. Per quel film, l'attore riceve la nomination al Golden Globe come miglior attore giovane. Nel 1970 è Alberto Finzi-Contini nel film di Vittorio De Sica Il giardino dei Finzi Contini. Nel 1975 è il protagonista dell'apprezzatissimo Salon Kitty di Tinto Brass.
La depressione
Dopo la morte di Luchino Visconti, nel 1976, Helmut Berger entra in un periodo di forte depressione che lo costrinse a una sosta molto lunga. Nel 1977 rischia di morire per eccesso di stupefacenti. Nel 1980 riesce a farsi scritturare per lo sceneggiato televisivo Fantômas dall'amico Claude Chabrol. Negli anni successivi, il declino fisico lo tenne lontano dalle produzioni importanti fino a rinascere nel ruolo di Egidio nello sceneggiato tv de I Promessi Sposi. Nel 1990 Francis Ford Coppola lo scritturò per Il Padrino III, affidandogli il ruolo di Frederick Keinszig, un ricco e potente banchiere svizzero. Nel 1992 un video scandalo con Madonna lo riportò in auge.
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sigurism · 3 years
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Claudia Cardinale in una scena del film Vaghe stelle dell'Orsa
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Con le sue passioni esasperate, che sembrano impossibili quando se ne è lontani, ma che ti ripiombano addosso nel momento stesso in cui ritorni.
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valkaryah · 3 months
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Sandra (1965) dir. Luchino Visconti
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hauntedheroines · 4 years
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Siblings + Face touch:
“I could recognize him by touch alone, by smell; I would know him blind, by the way his breaths came and his feet struck the earth. I would know him in death, at the end of the world.”
- Madeline Miller
Bonus:
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Vaghe stelle dell'Orsa (1965) by Luchino Visconti
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ducavalentinos · 5 years
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Why have you avoided me all these years? You didn't even come to my wedding, and instead you came here. Look Sandra. A strange thing happened when I heard about your wedding. An uneasiness, a kind of convulsive crisis worthy of a romantic hero. Do you know if I ever had it as a child? No one here could tell me. I was afraid of this strange sickness and I took refuge here. It's been several years since we separated. In this period, rarely I had thought of you, during our adolescence. The change was as unforeseen as it was to erase the past at once. I wanted to see everything, to know everything, to travel, to fall in love. And, in fact, I did fell in love. Many times. So many times that it doesn’t matter. This I understood the day you wrote to me saying that you would marry. At once, I remembered everything. Our silences, our conversations. My anguish. My anxiety. Our rooftop walks, the sleepless nights. And above all, how happy I was when I was with you!
Vaghe Stelle Dell'Orsa, 1965 dir. Luchino Visconti.
to @elcctra​
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rachelmygod · 5 years
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Vaghe stelle dell'Orsa (Luchino Visconti, 1965)
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