#un pó sulla terra
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monologhidiunamarea · 1 year ago
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fruttieviaggi · 5 years ago
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La mia giornata in famiglia. Mi alzo presto, dormo bene ma il topo che condivide la stanza con me mi sveglia come al solito. Con Adam, il capo famiglia, andiamo nelle risaie a vedere l’alba. Arriviamo quasi fino al fiume e ci godiamo lo spettacolo. Il sole é gigante, i riflessi sull’acqua e la tranquillità che c’é in giro sono unici. Oggi c’è meno umidità e si vedono le antenne dell’altra riva. Ritorno tra palme e alberi giganti, ieri abbiamo visto le scimmie. Mentre faccio colazione passa Sine e mi dice di seguirlo (per dove? Non capisco ma dico si). Dopo qualche minuto siamo in cammino. Attraverso il villaggio ci sono donne che spazzano per terra, bimbi che vanno a scuola, donne al pozzo a prendere l’acqua e altre che la portano a casa sulla testa, tanti alberi di mango verdi, tanti colori, sabbia sulle strade, tanta plastica e rifiuti, altre donne che spazzano. Ogni tre passi sento da qualche casa « Lulum! » cioé Bianco in diolà. Qualche bambino mi deve aver visto (impossibile passare inosservato), cerco di salutarli tutti ma é impossibile, sono tantissimi! Dimenticavo gli aminali! Mucche, capre, pecore, galline e cani girnozolano per le strade in cerca di cibo. Usciamo dal villaggio passando a salutare un amico di Sine. La terra è rossa, gli alberi sono più bassi, c’è secco in giro. Sempre più sperduti arriviamo in un recinto in costruzione dove si coltivano anacardi, facciamo un pó di legna per la cucina e Sine mi spiega che, ora che é in pensione, si gode la vita in campagna, Dakar é troppo caotica. Ci rimettiamo in cammino. Andiamo a visitare i campi di arachidi e da lontano vedo Vieux, il mio patron alla Bulangerie. Lo saluto con tutto il diolà che ho imparato e sembra aver capito. A casa leggo un pó, poi arriva Ma e iniziamo a cucinare insieme per la prima volta. La cucina è tutta un’altra cosa rispetto alla nostra. Non c’é un tavolo, si cucina seduti su sgabelli, con il fuoco e carbone. Si cucina anche per la sera cosi non si spreca la legna già accesa. Si mangia sempre riso, spesso con pesce e cipolle o altri sughetti e a volte pollo. Colgo l’occasione di stare insieme con lei per fargli tante domande sulla famiglia, sul Senegal, sulla vita qui e nel mentre gli spiego le differenze con l’Italia. Da noi la famiglia è diversa, è formata da genitori e figli. Qui i figli dei tuoi fratelli li consideri tuoi figli, cosi come la zia è considerata come mamma, poi si aggiungono altre persone, come studenti venuti da lontano ospitati gratuitamente. C’é un senso di solidarietà e comunità che in Italia abbiamo perso, in wolof chiamano TERANGA quella accoglienza tipica senegalese. Ci ho messo un pó a capire in quanti eravamo in casa (se davvero l’ho capito), anche se non so ancora tutti i nomi a memoria, ieri per esempio è arrivata un’altra ragazza. Prima di mangiare lavo i vestiti a mano. Inizio da solo, non era la prima volta, ma poi mi viene ad aiutare Ma e mi sento un imbranato. Lei é più veloce, mi insegna la tecnica ma io mi sento come un bimbo che impara a camminare. É pronto da mangiare. Si mangia insieme, in cerchio, nello stesso piatto in silenzio. C’é chi mangia con le mani e chi, come me, con il cucchiaio. Ogni giorno mi riprometto di provarci ad usare le mani anche io, sarà domani? Dopo pranzo leggo un pò e continuo ad insegnare una filastrocca ai bambini della casa (« Abaraca » vuol dire grazie in diolà, e a me é venuta in mente Ambaraba ci ci có có). Mi riposo un po’, leggo e scrivo qualche pensiero, nel frattempo mi offrono la consueta tazza di tè senegalese, preparato con una sequenza di gesti precisi che gli danno un gusto forte e deciso. Poi si riparte, direzione Bulangerie. Lungo la strada che ormai faccio tutti i giorni, c’é chi mi chiama per nome, chi Lulum, nel mentre in un negozietto compro del tè e zucchero per gli amici che aggiustano motociclette. Il pomeriggio scorre veloce, ormai é la mia seconda casa la panetteria. Si é creato un bel rapporto di amicizia, anche se continuano a chiamarmi « Patron » per il colore della mia pelle. (.. continua..)
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sbano · 2 years ago
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8 dicembre 2022
Mi vieni in mente, mentre si addobba casa dei miei.
Tu che danzavi per la sala con ghirlande e decorazioni varie, cercando la perfetta disposizione per tutti gli addobbi.
Una fissa meravigliosa che avevi, tutto doveva essere al suo posto, eccetto noi.
L'albero con le lucine, i rami di pino e le candele sul camino, i rami di bacche finte nei vasi messi apposta per decorare.
Ade che girava osservando quel traffico di rami e aghetti verdi in giro per casa, la musica natalizia.
La tua gioia nel domandarmi se stavano bene, le foto con il cerchietto da renna.
La cioccolata calda e i film a tema.
Mi è venuta una tale mancanza da perdere l'equilibrio sulla scala per l'albero dei miei.
Per poco non mi schianto a terra..che dico mi sono già schiantato oramai.
Sarà un Natale un pó così questo, manchi terribilmente e non so che farci.
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garudaerboristeria · 4 years ago
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Buongiorno a tutti e buon inizio autunno! Ebbene sì...oggi alle 15:30 inizia astronomicamente l’autunno! Voglio condividere con voi un post insolito, non legato alle solite simbologie dell’equinozio! Per quelle condividerò un post degli anni passati. Questo articolo è preso dal sito StarWalk ed è molto carino ed interessante! Non preoccupatevi però, perché in giornata condividerò con voi una tisana da bere il giorno dell’equinozio e tante curiosità! 😃 🍂🍄🍂🍄🍂🍄🍂🍄🍂🍄🍂🍄 Mentre nell'emisfero settentrionale è in arrivo l'autunno astronomico, quello meridionale è pronto per la primavera. In questo articolo scoprirai le differenze tra l'autunno astronomico e meteorologico, insieme ad altre curiosità su questo evento astronomico. 🍁Cos'è un equinozio? Il nome "equinozio" deriva dai termini latini "aequus" (uguale) e "nox" (notte), che forniscono una definizione piuttosto precisa dell'evento. Il Sole illumina maggiormente l'emisfero meridionale o settentrionale a causa dell'inclinazione della Terra sul suo asse. Tuttavia, due volte all'anno, il Sole brilla allo stesso modo su entrambi gli emisferi. Questo fenomeno è chiamato equinozio. Si verifica quando il Sole si trova esattamente sopra all'equatore terrestre. La linea di demarcazione tra le aree illuminate e quelle in ombra (chiamata terminatore) diventa verticale e attraversa i poli nord e sud del pianeta. Durante un equinozio, sulla Terra la durata delle ore di luce e di buio è all'incirca identica. 🍁Un pó di curiosità: Ecco alcuni fatti degni di nota riguardo a questo evento astronomico che si verifica tutti gli anni: 🍄Gli equinozi causano interruzioni nei segnali dei satelliti geostazionari. Durante gli equinozi, il Sole passa direttamente dietro i satelliti terrestri e le radiazioni si sovrappongono pesantemente ai segnali radio. Questo è il motivo per cui, in India, le borse valori sono chiuse per diverse ore in concomitanza con l'evento. Le persone comuni possono sperimentare la perdita dei segnali TV o radio. 🍄...continua nei commenti! (presso San Lorenzo al Mare) https://www.instagram.com/p/CFbtq6Th9Qk/?igshid=6sitq3fwfuh5
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postocose · 5 years ago
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Sbronza notturna edizione covid19
Vorrei bere altro mirto, 
ma è troppo lontano da me.
Mi piace tormentarmi fa più figo,
 ma rimango il solito sfigato di 16 anni che scappa dai problemi.  
No ok, adesso l'ho preso il mirto, mica posso smettere adesso, sono solo le tre.  
Ho I polpastrelli tutti appiccicati, 
ma almeno il cellulare non rischia di scivolarmi dalle mani. 
Ho fatto una cosa furba, l'ho appoggiata per terra con me la bottiglia, almeno posso continuare a bere.
Devo pisciare. Fantastico di farmela nei pantaloni, ma non sono così sbronzo dai, sono solo pigro.
Alla fine mi risiedo sulla sedia dopo essere andato in bagno, il pavimento iniziavo a sentirlo freddo.
Fuori c'è una strana luce, Ah no è solo il lampione che ha appena deciso di accendersi. Ma perché proprio adesso?
Cazzo che fastidio.
La sbronza sta salendo e il mirto sta finendo. Mi domando: 
“perché lo faccio?”
Per noia forse, probabile. Ma non ne sarei così sicuro.
Mi sbronzo per evadere da me stesso? Ma ne ho ancora così bisogno cristo santo ?
Non cambierò in questa quarantena. Rimarrò sempre il solito Pietro. Al massimo avrò imparato a fregarmene un pó di più che non è poco.
L'alcol è così liberatorio.
Ho fame. Vado a mangiare gli avanzi dell'uovo di pasqua.
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Amici miei, in questo momento un grande eggregore di paura viene alimentato continuamente ed influenza le mente di tutti. Le persone percepiscono paura ad uscire di casa, e non sanno piú nemmeno il perchè. È un qualcosa che ormai va oltre il timore della diffusione del virus. Le paure individuali vengono amplificate enormemente da questo gigantesco eggregore che aleggia sopra le nostre teste. A livello energetico occorre combattere strenuamente questo enorme aggregato di paura, altrimenti mieterà molte piú vittime di qualunque virus: le persone saranno vittima di depressione, ansia, preoccupazioni, timori continui, istanze suicide e non si renderanno nemmeno conto che le cause sono di tipo energetico. Chiedo a tutti di tentare di non focalizzarsi sulla paura del futuro, per non dare energia a scenari catastrofici, bensí di concentrarsi su come si desidererebbe che la terra sia in futuro. Desiderate un pianeta privo di inquinamento, ricco, senza diseguaglianze, con un sentimento di fratellanza diffuso? Che ognuno dia energia e si focalizzi su quello che desidera. L' energia segue il pensiero! Il mondo materiale é il risultato dei nostri pensieri, al quale le emozioni danno potere. In questo momento possiamo veramente essere gli anticorpi della terra, basta riappropriarci del nostro potere. E la cosa più utile che possiamo fare è contrastare la paura a livello energetico, per riportare un pó di equilibrio. Possiamo prevalere sull'oscurità! Che le forze della luce agiscano in questo periodo di estremo bisogno. Uniamoci tutti e generiamo un eggregore di prosperità, amore e fratellanza per il futuro! Uniti nel cuore! Così sia. Emanuela ���❤💙 #cuore #anima #fratellanza #futuro #mondo #terra #unione #rinascita #equilibrio #natura #luce #zen #yoga #chakra #spiritualità #spirituale #IpnosiRegressiva #medianità #ipnosi #buddismo #sciamanesimo #vedanta #Dio #World #Italia #lugano #ticino #Switzerland #meditazione #risveglio https://www.instagram.com/p/B_EpDJ8oNE1/?igshid=1103m2qjihkx3
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I CONSIGLI DI CENTRO AMAMENTE PER GENITORI FIGLI
www.centropsicologicomilano.it
Dott.ssa Anna La Guzza
Cell.3311842704
COMBATTIAMO LA NOIA ?
Care mamme e papá, nonni e zii che in questi giorni siete A CASA con i vostri bambini, abbiamo pensato per voi una lista di attivitá facili e poco impegnative per tenere impegnati i bambini e combattere la NOIA! 🙇
Vi andrebbe di COMMENTARE e CONDIVIDERE nuove idee?
- 🧼 facciamo la lavatrice: i bambini amano imitare i grandi e rendersi utili, se l'attivitá è presentata come un gioco da fare insieme. Dividiamo i capi colorati dai capi bianchi, scegliamo e dosiamo il sapone...fa nulla se ne versiamo un pó a terra! Dopo qualche istruzione, fai fare a lui, senza sostituirti, sarà bravissimo/a e felice. Questa attivitá stimola le funzioni esecutive, l'attenzione, le abilitá associative.
- 🧺 stendi in panni: prepara lo stendino ad altezza bimbo, e forniscigli tante mollettine. Potete chiederle di dividere i vestiti del papá e della mamma dai suoi. Vi sorprenderete! Questa attivitá stimola la memoria e la motricitá fine.
-🥬- prepariamo il pranzo: anche i piccoli possono collaborare, ad esempio sbucciando i piselli (dai 2 anni), sbucciando la carota (dai 4 anni), e con un pó di coraggio da parte vostra, è possibile tagliare le striscioline di zucchina in piccole parti con il coltello o la forbisce (dai 4-5 anni), distribuire le verdure sulla teglia, schiacciare le noci o rompere le uova. I più grandi possono preparare frittate, crepes, pane, possono girare il sugo o pesare la pasta. Attenzione a non scottarsi o tagliarsi! Grazie a questa attivitá acquisteranno fiducia e autostima.
🧽 strofina strofina! Vedrete anche i più piccoli (dall'anno) quanto si divertono a passare il mocio (per non parlare di inzupparlo e strizzarlo!) o lo strofinaccio sulle ante della cucina. Preparate uno "spruzzino" con acqua, bicarbonato, olio essenziale per dare profumo. Basterá una spugnetta a garantire ore di puro divertimento e apprendimento. Stimola l'associazione causa-effetto, e educa i bambini al concetto di ordine e igiene. Tollerate un pó di pozzanghere, ma attenzione agli scivoloni!
🍡 Annoda dai ! (Dai 4 anni) tutti conosciamo la passione per i nodi dei bambini, i più piccoli potranno annodare due cordicelle o due pezzi di spago in vario modo, i più grandi potranno eseguire nodi particolari o realizzare trecce o braccialetti decorati! Stimola la creativitá, la coordinazione, la motricitá fine!
Questo é solo un assaggio...Fateci sapere come va, e a presto!
Dott.ssa Anna La Guzza, neuropsicologa dell'etá evolutiva
https://www.centropsicologicomilano.it/
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perlederelevertebre · 8 years ago
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Spesso mi capita di avere il respiro pesante. Mi giro a cercarti sapendo che non ti troverò, cerco la sicurezza nel tuo sguardo, un pó di calma, di serenità in questa tempesta di rabbia. Non ti trovo mai così per calmarmi immagino di parlarti e raccontarti tutto. Nella mia testa abbiamo entrambi la voce spezzata dalla sofferenza e dall'amarezza. Ma ci amiamo così tanto. Tu non alzi lo sguardo, a me scorrono le lacrime sul viso in silenzio. I miei occhi tremano ma rimangono immobili sulla tua immagine. Quando mi volto per convincermi ad andarmene, anche se so che i passi saranno pesanti, sento la tua mano prima in mezzo ai ricci e poi scivolare sulla guancia per tagliare via le lacrime. Allora mi volto e ci guardiamo, ed è in quel momento che trovo la calma. Il mio cuore fa pace con la testa, il corpo cade a terra come quello di chi dopo una guerra, esausto è finalmente tornato a casa, al sicuro, e può riposare. Il tuo sguardo fisso su di me ed il mio su di te, ci riappacifichiamo per un istante, prima che inizi ancora, tutto da capo, e sebbene io sappia sulla mia pelle che un giorno finirà, la testa crede sia infinito.
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diotifaboca-blog · 8 years ago
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Vi preghiamo di rimanere seduti: la storia di una nazione in mano a dei pazzi.. Se solamente la storia che sto per andare a raccontarvi fosse anche minimamente simile ad una delle tante che abbiamo trattato in passato, o anche a molte altre che ci sono state in generale nel mondo del calcio, adesso qua, al posto di questa frase un pó contorta, ci sarebbe la solita lunghissima introduzione con dentro le solite e noiosissime parole, gli stessi concetti e la stessa identica retorica. Tutto così dannatamente uguale. Stavolta peró purtroppo, ma direi anche per fortuna, la cosa è molto, ma molto diversa. Fidatevi. La storia di oggi non seguirà affatto un filo razionale. Ecco perché non c'è quella benedetta introduzione che, invece, è quasi sempre presente. Perché chi prova soltanto ad introdurre o cercare di spiegare la pazzia, è uno che di essa sa ben poco. Anzi niente. Solo un 'non pazzo' può cercare di immagazzinare prima e spiegare poi la follia con una qualche semplice combinazione di paroline messe a caso. Perché non si può spiegare ciò che viene dal mondo della 'follia', dal mondo dei matti, dal 'caffè della pazzia' dove tutti i 'senza rotelle' se ne stanno belli seduti a sorseggiare chissà cosa. Al massimo, se proprio si vuole, con la follia ci si può fare a pugni, rotolarci insieme verso un dirupo che porta all'inferno, e poi uscirci malconci e frastornati, arrampicarsi con le unghie e sentirsi distrutti, ma contenti, perché solo così si può conoscere ed assaporare il gusto della pazzia. Solo così, in un blog come questo, si potrà conoscere ed introdurre la squadra più cattiva e senza alcuna morale che il 'futbol' abbia mai regalato ai suoi seguaci. Già. Un regalo. Perché una squadra che riesce a cambiare il significato di una parola come Wimbledon che, nel giro di quattro anni passa, dopo secoli, da simbolo vero e proprio di eleganza e nobiltà a termine con cui si indica una accozzaglia disordinata di ignoranza e violenza, di rozzitá e scandali, questa squadra qua, quell'ammasso di matti e pirati moderni, non può che essere speciale. Non può che essere un dono che nella vita capita una sola volta. Una e una soltanto. Questa non sarà la storia di magie e colpi di tacco, non sarà la storia di poesie e rovesciate che lasciano senza fiato. Non ci saranno accenni a Pelé o Maradona. Non ci saranno discussioni sul calcio totale o profeti della pelota. No. Anzi. Sarà la storia di una manica di criminali, picchiatori, delinquenti e senza Dio che, un pó per caso, un pó per merito, si ritrovarono calciatori. Si parlerà di calcio ma non di piedi. Si parlerà di calci, ma non ad un pallone. Sarà la storia di una squadra che, come disse il grande Alf Ramsey, il ct sulla panchina dell'Inghilterra nel 1966 quando i leoni vinsero, tra le mura amiche, il loro unico mondiale "Se il calcio fosse lo sport dell'inferno, il Wimbledon le partite in casa le giocherebbe nel girone degli stronzi". Questa è la storia che andrò a raccontare. La storia di un pallone e di decine di gomiti. Quella di una squadra pazza e fuori controllo. Così come, ovviamente, i suoi interpreti. Quei maledetti giocatori senza un briciolo di cuore ed umanità. Usciti da chissà quale manicomio ma, sopratutto, perché. Siete pronti? Era la metà degli anni ottanta e l'Inghilterra, fino a quel momento casta e puritana, stava per perdere quella sua verginità e quella purezza che la contraddistingueva in campo, sia nel proprio campionato che in Europa, nelle coppe internazionali. Gli hooligans, purtroppo, in quegli anni spadroneggiavano sugli spalti, ma nel rettangolo di gioco, nessuno mai si era permesso di perdere quel tipico 'aplomb' britannico che l'ancora vittoriana societá inglese esigeva e pretendeva. La madre Inghilterra si aspettava un qualcosa che, però, molti dei suoi figli non erano, forse, più disposti a dargli. Era giunto ormai il tempo di cambiare. Londra e tutta la Gran Bretagna dovevano prenderne atto. Dovevano farse una ragione. I teppisti stavano per saltare i cartelloni ed entrare in campo. Gli hooligans erano pronti a raccogliere quelle poche cose che avevano, chiuderle in un sacchetto di plastica e traslocare sul rettangolo di gioco. Serviva una scossa. Quella definitiva. Ed arrivò. Da una squadra che non molti conoscevano. Il Wimbledon stava per cambiare per sempre la storia di questo sport. Beasant, Goodyear, Phelan, Jones, Young, Thorn, Gibson, Cork , Fashanu, Sanchez, Wise. Una filastrocca proveniente direttamente dall'inferno e che oggi l'Inghilterra ha scolpita nel proprio cuore. Nel bene o nel male. Da quale parte essa si trovi, non è dato saperlo. Perché il Wimbledon arrivò nel panorama calcistico inglese come una freccia, scagliata da chissá dove, arriva, trapassa e se ne va al di lá di un cuore: all'improvviso, senza avvisare e così brevemente che resta quel gusto dolce ed amaro in bocca che il tempo non potrà mai cancellare. E la squadra proveniente dal ricco quartiere inglese, non fu da meno. La squadra dei pazzi, infatti, fu fondata nel 1889 da un gruppetto di studenti che negli ultimi anni molti inglesi hanno maledetto, o benedetto, per la loro idea, dipende dai punti di vista, e che rimase nei bassifondi delle leghe britanniche per molto, moltissimo tempo. Quasi ottanta anni di inferi per l'esattezza. Un secolo scarso di serie dillentastiche. Perché il calcio da quelle nobili parti era visto come un divertimento e non come un mestiere. Questo era il pensiero di chi fondò quelle stupende maglie color blu e gialle. Un blu sovrano ed un giallo quasi impercettibile, ma stupendo, così acceso e così dannatamente simile al giallo usato da Gauguin nel suo, appunto, 'Cristo Giallo': folle e senza senso. Proprio come ciò che era il Wimbledon. Arrivò così la metà degli anni '60, e quella squadra senza nè arte nè parte iniziò lentamente a capire che era giunto il momento di fare il salto definitivo. Il Wimbledon è ormai pronto ed aprire le porte proprie al professionismo. Arriva così una nuova vita, nuovi campionati e nuovi avversari. Adesso le cose si fanno serie, e le partite vere e combattute. Inizialmente le cose non vanno benissimo per questa romantica squadra che solo pochi anni prima vedeva il calcio come un bellissimo hobby e niente più. Ma pian piano, stagione dopo stagione, fatica dopo fatica, risale dalle tenebre, e mentre lo fa, quel miracolo così lontano fino a qualche anno prima, sta, anche se impercettibilmente, prendendo forma. I piani alti del calcio inglese non sembrano così irraggiungibili. Arrivano poi gli anni ottanta e con loro l'allenatore che per primo ha reso possibile vedere quella luce che il tunnel prima di allora non mostrava: Dave Bassett, ex giocatore proprio del Wimbledon una decina di anni prima, ed adesso coach assetato di sangue e vittorie. Non portò grandi rivoluzioni tattiche il buon Bassett. Anzi. La sua idea di calcio era molto semplice, semplicissima. Al limite del basilare: corsa, grinta e tante, tante botte. "Più che potete. Non saranno mai troppe" amava dire il vecchio caro Dave. I suoi giocatori misero subito e perfettamente in atto i suoi diktat, così tanto bene che, perfino il vecchio e brutto 'palla lunga e pedalare' tipico del calcio inglese, al confronto del Wimbledon, divenne quasi un inno al calcio, una poesia, un qualcosa da insegnare nelle scuole calcio come modello di gioco, un po' come lo era stato il Barcellona di Cruijff per intendersi. Perché la squadra di Bassett era quasi un insulto al calcio ed al suo Dio. Il Wimbledon, francamente, non si poteva vedere. Non era presente neanche un giocatore con un minimo di tecnica ma, in compenso, tutti picchiavano come fabbri spiritati: dai difensori, che della palla non fregava assolutamente niente, agli attaccanti, che per recuperare il pallone (entrava anche lui ogni tanto nelle azioni della squadra), facevano valere i propri gomiti ed i propri pugni. Per non parlare del centrocampo: un agglomerato non urbano ma di 'mangia caviglie' e 'distruggi garretti', un gruppo di 'spacca ginocchia' e 'spezza tibie' che sbranavano le gambe di chiunque gli capitasse a tiro e che davano indietro ai genitori del malcapitato giusto l'osso con il piede attaccato, tanto per non esser denunciati per cannibalismo. Il Wimbledon incuteva timore e paura al solo nominare il suo nome. L'Inghilterra conobbe il suo lato più duro anche in campo. Era una squadra di mastini e sciacalli senza pietà e nella quale i piedi buoni non erano necessari, anzi, era visti quasi con occhio cattivo, perché, per Bassett e compagnia, se colpisci di tacco ma togli la gamba, vali meno di zero. Le trame di gioco nello scacchiere della squadra londinese erano praticamente nulle. Non c'era uno schema, non era presente un palleggiatore di centrocampo. Non c'era quasi nessuno che sapesse correre con la palla tra i piedi. La fantasia era stata da tempo sepolta sei metri sotto terra, infilata dentro una bara e chiusa per bene a chiave, per paura che prima o poi essa riesca a scappare e si possa impossessare dei piedi dei giocatori con la maglia blu e gli possa rammollire definitivamente. Il gioco del Wimbledon era 'non avere un gioco'. Tutto era affidato al caso più totale: appena un mastino, difensore o centrocampista che fosse, questo non era importante, recuperava la palla, doveva semplicemente lanciarla lunga, e si doveva solo sperare in una sponda od in una spizzicata degli attaccanti. Stop. Non c'era tanto da pensare o fasciarsi la testa. Dave Bassett amava poco le lavagnette e faceva risparmiare la sua societá per quanto riguardava fogli su cui disegnare inutili schemi che, magari, un allenatore avversario avrebbe annullato in quattro e quattr'otto. Meglio lasciare tutto all'improvvisazione del momento, a quel concetto di''effetto sorpresa' portato quasi al suo lato più estremo. Non c'era niente di programmato. E proprio questo faceva grande il Wimbledon: tutto affidato alla sorte ed al 'Dio Rimpallo'. Una volta, il grande Donald George Revie, che molti di voi conosceranno come Don Revie e come l'acerrimo nemico di Brian Clough nel libro capolavoro 'Il maledetto United', disse del Wimbledon "Il suo gioco è così brutto ed affidato al caso ed alla buona stella, che se la fortuna gli assiste per un paio di anni possano anche vincere tutto: Campionato, FA e Coppa Campioni. Sono l'antitesi del calcio. Del football non sanno niente. Ecco perché fanno paura. Perché è il caso che decide il loro futuro. Non loro. Se allenassi sempre preferirei incontrare il Real che quella manica di assurdi randellatori ". Come dare torto a quella vecchia volpe di Don? Le sue parole sembrano una profezia che di li a poco si sarebbe avverata. L'Inghilterra ogni domenica scopriva sempre più le caratteristiche del Wimbledon e dei suoi giocatori, quel gruppo di ragazzi che la nazione intera nominò ben presto come 'Crazy Gang'. Una banda di pazzi scatenati che facevano della violenza in campo e del bullismo fuori, le loro armi micidiali. Come lo hoolighans nel film di Fantozzi, quello che rimane in Italia anche ben dopo i mondiali del 1990, così i pazzi della gang disprezzano e odiano tutto e tutti, sputano ai muri, spaccano qualunque cosa gli capiti sotto mano e urlano in faccia agli avversari tutto il loro odio ed il disprezzo che hanno dentro. La Gang aveva in pugno l'intera nazione calcistica. Non c'era squadra che non si facesse il segno della croce ogni qual volta doveva giocare contro i ragazzi di "Plough Lane". Quanta strada aveva fatto quella società che fino a qualche anno prima arrancava per i campetti della contea, ed adesso è, invece, la squadra più discussa e temuta dell'intera nazione. Ma la svolta vera e propria per questa manica di figli di buona donna arrivó nel 1987, quando il manager Dave Bassett lasciò il Wimbledon per accasarsi ad un'altra squadra di Londra, anch'essa con la maglia che riprendeva quel giallo shock che aveva in minima parte anche la gang: il Watford. Bassett modellò la sua creatura e se ne andò. Così. Senza preavviso e senza batter ciglio. Quei ragazzi, così rudi in campo, nella vita privata, in realtà, ci rimasero molto male. Per sostituire il partente Bassett, venne chiamato Bobby Gould, un allenatore, se possibile, con ancora più rabbia e rancore del suo spietato predecessore. Con l'arrivo di Gould il Wimbledon non cambiò nè modulo nè modo di giocare: rimasero i lanci lunghi ed il pallone scagliato nelle mani del fato, rimasero i gomiti alti ed i piedi a martello. Rimase tutto ciò che Bassett aveva introdotto, ma, in compenso, arrivò una buona dose di cattiveria in più. Come se c'è ne fosse stato bisogno, no? Ed i giocatori, coloro che poi dovevano mettere in atto tante e tali scorrettezze e tanta violenza in campo, recepirono perfettamente tali direttive, e, se possibile, le misero in atto anche meglio. Quella banda di pazzi furiosi diventò ben presto un biglietto da visita che l'Inghilterra si vergognava di esibire, un 'non' fiore all'occhiello da mostrare. Una squadra della quali non andare fieri, se non solo i propri tifosi che se ne fregavano altamente di morali o cazzate del genere, e vivevano e vibravano con la stessa intensità con cui vivevano e vibravano Gould ed i suoi ragazzi. Il sogno era partito. Fermarlo era difficile. Molto. Il Wimbledon spaccò ben presto la nazione: o si ama o si odia. Quei giocatori, così cattivi e pericolosi, erano esempi che qualcuno osannava e consacrava, venerava e pregava, mentre, altri, invece, proibivano addirittura categoricamente ai propri figli di seguire quei modelli creati e forgiati dal male. Undici idoli più qualche riserva, ma l'ossatura della squadra era praticamente sempre la stessa. E l'inizio di questa follia collettiva senza precedenti era, senza dubbio, il portiere, David John Beasant. Un colosso di 193 cm che non per niente era soprannominato 'Lurch', vista la sua somiglianza con il maggiordomo della 'Famiglia Adams'. Un buon portiere con il ginocchio sempre alzato sulle uscite alte. Beasant ha legato buona parte della sua carriera al Wimbledon, e, nonostante tutto, le sue doti tecniche erano di tutto rispetto. All'estremità opposta del campo il centravanti della squadra era John Fashanu: una montagna d'ebano scuola Millwall che aveva il maledetto compito di buttarla dentro e di sbucciarsi i gomiti a suon di colpi proibiti. Ecco. Se analizzassimo solo il semplice e basilare gioco del Wimbledon, la presentazione della squadra potrebbe praticamente finire qua, visto che, uno, Beasant, lanciava, e l'altro, cioè Fashanu, colpiva di testa. Stop. Ecco come erano costruite la maggior parte delle azioni offensive del Wimbledon. Ma, visto che alla fase difensiva, la più amata dall'intera squadra, perché si poteva randellare come fabbri, prendevano parte anche altri giocatori, mi sembra giusto continuare la presentazione della 'gang'. In difesa, per esempio, c'era il 'Ninja', Eric Young, un pazzo di colore completamente fuori di testa. Egli era nato a Singapore ma decise di giocare per la nazionale del Galles. Tutto, ovviamente, assolutamente senza un motivo razionale: Young non aveva nessun legame di parentela con quella nazione, quella gallese appunto, e prese la decisione come il Wimbledon sviluppava il suo gioco, ovvero, 'a caso'. Oggi viene ricordato quasi più per la fascia marrone che portava sempre in testa, piuttosto che per le sue doti di difensore e di 'annienta attaccanti'. Al suo fianco c'era Andy Thorn, una roccia umana composta da un fascio di muscoli ben definiti, un viso rotondo tipico inglese ed un naso cone quello di un pugile. Clive Goodyear e Terry Phelan completavano il tutto, aiutando il reparto difensivo sulle fasce di competenza e portando a casa anche loro (come non farlo in una squadra così?) una buona dose e quantità di polpacci e caviglie avversarie. E dopo la difesa arriviamo così adesso al reparto più cattivo e pieno di galeotti e piantagrane dell'intera rosa, ovvero il centrocampo. Il primo che vado ad affrontare (solo a parole si intende) è Denis Wise. Qualcuno lo ricorderà come il capitano del Chelsea a cavallo tra il pre- e la prima era Abramovich vera e propria. Ecco, se proprio vogliamo essere buoni, si può definire Wise il più talentuoso giocatore che era presente nella squadra di Gould. Ma per essere chiari: Wise non era il più bravo con i piedi, era il meno peggio. Denis il pazzo. Una vera e propria testa calda che ringhiava sulla fascia sinistra e che giocava una partita si ed una no a causa del suo carattere facilmente infiammabile ed anche per l''amorevole' rapporto che lo legava con la classe arbitrale. I 'fuck' ed i 'suck' che uscivano dalla sua bocca da 'lord inglese' si sprecavano ogni partita. Una volta sir Alex Ferguson per descriverlo usó una frase che successivamente sarebbe entrata per sempre nel parlare comune britannico quando si vuole descrivere un attacca brighe, un Denis Wise appunto 'Riuscirebbe a scatenare una rissa in una casa vuota'. Alla sua destra, nel bel mezzo della mischia, c'era il nordirlandese Lawrence Philip Sanchez, uno dei giocatori più scorretti ed antisportivi che la storia del calcio ricordi, ed anche uno dei primi calciatori al mondo ad essere stato espulso per aver volontariamente e palesemente evitato un gol fermando il pallone con la mano. C'era poi Alan Cork, che giocava un po' più avanzato, quasi a ridosso di Fashanu. Era il giocatore con più esperienza, il simbolo della compagine, nella quale militò per ben quattordici anni, collezionando 430 partite e 145 gol, e stabilendo così il record sia di presenze che di marcature nella storia del Wimbledon. Sulla fascia destra c'era il motorino Terry Gibson, un uomo che aveva delle tibie così dure, che una volta, il leggendario allenatore del Liverpool Kenny Dalglish osò dire "Avevo perso la chiave della cassaforte. Pensai che solo due persone avrebbero potuta aprirla anche senza: o un artificiere con la sua dinamite o Terry Gibson con le proprie tibie". Questa signore e signori era la famigerata 'Crazy Gang', il terrore di tutta l'Inghilterra e di tutto il panorama calcistico. La squadra più antipat... Ah. Già. Scusate. Quasi dimenticavo. Nella concitazione e nell'ardore del momento, spinto dalla passione e dal raccontarvi questa incredibile storia, stavo quasi, imperdonabilmente, per dimenticarmi di colui che invece era anima, simbolo e sindaco della squadra. Il capo supremo della Banda e di tutti i figli di puttana che popolano questo mondo. Un uomo che è passato alla storia per decine e decine di record. Tutti ovviamente in negativo. Un mito del calcio e non solo, visto che adesso è anche uno star di Hollywood. Sua maestà Vincent Peter Jones, universalmente conosciuto come Vinnie. Per quelli che stanno leggendo questo pezzo e hanno la fortuna di non conoscerlo, vi consiglio di interrompere qua la lettura, spengere la luce ed infilarvi di corsa sotto le coperte, perché avete vissuto una vita felice nel segno della poesia del calcio e dei suoi interpreti più sopraffini, che fanno della delizia e della tecnica l'arte suprema del football. Siete cresciuti con una idea meravigliosa del pallone nella vostra testa. Avete immaginato calciatori fortissimi e leggende viventi. Avete assaporato la vera e bellissima essenza del calcio, ed un essere come Vinnie Jones non vi potrá mai entrare nel cervello se avete tale concetto filosofico del 'fùtbol'. Scappate e non vi voltate finché siete in tempo. Bene. Per tutti coloro che invece hanno giá avuto la fortuna/sfortuna di sentir parlare di lui.. Beh. Che dirvi se non: bentornati sul luogo di quel delitto che volevate cancellare dalla vostra mente. Bentornati all'inferno. Ormai non si torna più indietro. Vinnie Jones, l'uomo che ha subito 12 espulsioni in carriera, e, nella speciale classifica dei 'più cattivi', è secondo solo a quel 'King' di Roy Keane, che si è fermato a quota 13, ma che però ha anche dalla sua l'aggravante di aver giocato quasi il doppio delle partite di Vinnie. Ecco perché in proporzione Jones non ha mai avuto rivali. Nessuno. Vinnie il 'pitbull', l'uomo che detiene il record per la cacciata dal campo più veloce mai avventura su di un rettangolo da gioco: tre secondi. Solo tre fottuti secondi dopo il calcio di inizio. Non so se avete ben chiaro cosa significa essere buttati fuori con un cartellino rosso dopo soli tre miseri secondi dall'inizio della partita. Non è possibile fare niente in un lasso di tempo così ristretto. Niente. Neanche accendere un semplicissimo interruttore della luce o versarsi un banalissimo bicchiere d'acqua. Niente. Ma non Vinnie Jones, l'uomo che ha collezionato nella sua carriera più gambe avversarie spezzate che fili d'erba calpestati. Jones. L'uomo che strizzó i testicoli a Paul Gascoigne durante una partita contro il Newcastle. La scena in questione fu miracolosamente ripresa dalle telecamere e le foto dove avviene il fattaccio furono direttamente consegnate all'immortalità di questo stupendo sport. Grazie Vinnie. Perché il calcio è fatto anche e sopratutto da gente così. O almeno lo era. Primo dell'avvento delle pay tv e delle creste in testa, delle scarpe dorate e delle ciglia rifatte. Ecco che cosa erano prima i calciatori. Ecco come erano. Prima di tutto questo. Erano uomini. Veri uomini. Veri duri. Come Jones. Il calciatore che ha lasciato il segno dei suoi tacchetti su qualunque avversario incontrato, come se tutti loro facessero parte di una tribù ed avessero un tatuaggio comune di riconoscimento. Vinnie, l'uomo che sconsacrò e profanó uno dei templi del calcio inglese e mondiale come Anfield Road, la casa di un mostro sacro come il Liverpool. Senza nessuna remora. Senza la minima paura. Era la prima trasferta del Wimbledon in casa dei Reds, e nel mentre tutti i giocatori stavano passando sotto la targa che volle Bill Shankly per intimorire gli aversari, con su scritto 'This is Anfield', lui, Vinnie il teppista, invece di impaurirsi e di rendere omaggio a quel pregiatissimo pezzo di storia del calcio, ed inchinarsi come facevano tutti i calciatori in trasferta, che arrivano ad Anfield carichi di rispetto e timore, lui, nel mentre varcava quella soglia quasi sacra tanto quanto San Pietro a Roma, attaccó sulla targa un adesivo con su scritto 'Bothered', traducibile in uno schietto 'Non me ne fotte un cazzo'. Vinnie 'fottuto' Jones, un uomo una leggenda. Un giocatore che non conosceva, e mai ha conosciuto, l'indirizzo di casa nel quale alloggia la paura. Un giocatore che oggi avrebbe preso anche il tanto famigerato Pepe del Real Madrid e lo avrebbe messo al suo guinzaglio come un affettuoso barboncino. E magari non gli avrebbe neanche dato da mangiare se solo il merengues non si fosse comportato bene. Vinnie. Un uomo squalificato inizialmente sei mesi e poi per altri 3 anni perché ebbe la fantastica idea di presentare alla stampa un video, montato da lui, dal nome "Soccer's Hard Men" dove mostrava senza tanta vergogna gli interventi più duri mai fatti sia da lui stesso che da altri suoi colleghi poco ortodossi. Se solo 'france football', oltre al pallone, avesse inventato anche il 'tacchetto d'oro' o 'il randello di ferro', fidatevi che Vinnie e Keano se lo sarebbero conteso ogni fottuto anno, ogni maledetta partita, ogni benedetto pallone. Dite e scrivete ciò che volete su di lui, sul suo carattere e sul suo modo di intedere il calcio, ma questo giocatore rimarrà per sempre un'icona indelebile di un calcio fatto da e per uomini, da duri e da persone senza paura, sprezzanti del pericolo e non curanti di potersi rompere una gamba. Non come invece è adesso, con quelle centinaia e centinaia di femminucce che cadano a terra non appena l'avversario poggia su di loro il suo puzzolente fiato. Non il Wimbledon. Non Vinnie. Non la 'Crazy Gang'. Non il football passato che ormai non c'è più. Se oggi il calcio ha perso molto del suo fascino è anche perché ha perso uomini così, gente così, tempi così. Una squadra fantastica che il mondo ha avuto la fortuna di conoscere almeno per una volta. Almeno una. Una volta sola, ma dannatamente intensa. Una squadra che faceva dell'agonismo, delle intimidazioni verbali e delle minacce i propri punto di forza. Si narra che appena prima delle partite, lá, sotto il tunnel che porta al campo, succedessero cose inenarrabili nei confronti degli spauriti e malcapitati avversari. Sotto qualunque tunnel. Contro qualunque avversario. Sia in casa che fuori, la 'Crazy Gang' non è razzista e non fa distinzioni. Tutti erano il nemico. Tutti erano intrusi. Perché il Wimbledon si faceva rispettare sempre e comunque. Ovunque andasse ed in qualunque stadio entrasse. Va detto però che, se erano gli avversari a far visita alla 'Gang', gli atti di bullismo e di intimidazione nei loro confronti, quasi, si sprecavano: bagni ospiti intasati e senza carta igienica, magicamente sparita. Il sale veniva scambiato con lo zucchero. Volume della radio alla stelle per disturbare le riunione tecniche appena prima della partita (il Wimbledon non aveva bisogno di riunioni tecniche pre partita perché non aveva né tecnica nè tanto meno un gioco da discutere e limare). Telefonate nelle stanze d'albergo dei giocatori ospiti nel bel mezzo della notte per impedirgli di prendere sonno e riposare, mentre la gang non dormiva mai. Mai. Non ne aveva bisogno. Ruote dei pullman trinciate per far si che gli avversari arrivassero tardi alla partita e non effettuassero il riscaldamento. Tutto era lecito a Wimbledon. I tempi del bellissimo manto verde da tennis e della sua signorilità borghese ormai sono così lontani. Lontanissimi. Ora in questo quartiere di Londra vive una squadra che se ne frega del bon ton e delle frasi di rito, tanto in voga invece adesso nel nostro calcio. Una banda che distrubuisce rutti e pernacchie da dietro, a tradimento, mentre qualcuno dei suoi da componenti sta facendo un'intervista davanti alle telecamere. Che possa vedere anche la regina. A loro, i pazzi, interessa meno di zero. Che ci possa anchebessere il principe lá davanti a quella tv che rimbomba di gas naturali, alla banda proprio non passa per la mente. Viva la 'crazy gang', quel gruppo di matti che quando prende l'aereo per le trasferte se ne frega altamente delle raccomandazioni e delle minacce del pilota, che quasi perde la voce a suon di ripetere a quella banda di delinquenti le stesse identiche frasi mille e mille volte 'Vi preghiamo di rimanere seduti e di allacciare le cinture di sicurezza'. La gang neanche lo ascolta e mentre l'aereo decolla loro ballano sui sedili e cantano come hooligans ubriachi. Adesso a Wimbledon, prima patria di nobili ed altolocati intellettuali, c'è una banda di squinternati che, mentre il proprio pullman gli porta allo stadio, mostrano ai passanti le proprie pelose e sporche natiche, comprimendole contro i finestrini e lasciandoci la stampa. Sembra un film ma è pura realtà. Ecco con che ha a che fare adesso Wimbledon e l'Inghilterra intera. Ecco che cosa era veramente la 'Crazy Gang'. Ecco chi sono Jones e compagni. Ma se oggi ne parliamo, è anche perché, oltre ad essere una manica di buffoni simpatici e duri stronzi allo stesso tempo, un'accozaglia di bambinoni e delinquenti nello stesso momento, questa squadra passò alla storia anche per una delle più incredibili e straordinarie vittorie alla quale l'intero mondo dello sport abbia mai assistito. Perché il calcio, molte volte, è come l'amore: fa gli occhi dolci a chi lo tratta male. Come due innamorati. Come il pallone. Eccolo il football, quello vero, che toglie molto a squadre meravigliose, piene di fraseggi e passaggi spettacolari, e che, invece, consegna trofei nelle mani di gente che lo prendeno solo a calci, lo picchiano e lo maltrattano. Senza mai una carezza od una bella parola. Delle volte al pallone piace proprio essere 'violentemente sbattuto', come diceva il mitico Eric Cantona. Perché la palla riconosce gli uomini veri, e di loro si innamora, gli rispetta e gli fa pure l'occhiolino. E quel pallone, come lo ha maltrattato e sbattuto violentemente il Wimbledon, nella storia del calcio, sinceramente, credetemi, non lo ha mai fatto nessuno. Come quel giorno. Quel 14 maggio del 1988 quando a Wembley si giocava un'improbabilissima finale tra la 'Crazy Gang', arrivata fino a quel punto a suon di calci e testate, ed il superbo Liverpool, la squadra più forte d'Inghilterra, ed in quel momento, del mondo intero. Inutile scomodare la favola di Davide e di Golia, perché qua, in questa partita, la proporzione sembra addirittura ancora più ampia. Un abisso che scalare a mani nude sembra quasi impossibile. Quasi però. Perché se ti chiami Wimbledon e quelle mani per arrampicarti le hai piene di calli e cicatrici, niente ti fa paura, neanche un mostro che tutti chiamano 'Reds'. La follia avvolte toglie ossigeno e distoglie dalla realtà, da dove sei veramente. Ti fa fare cose che le menti sobrie hanno paura anche solo a pensare. Come quel pomeriggio di maggio di un po' d'anni fa. In un museo del calcio come Wembley, dove giocare a calcio è un piacere ed un onore. Ma quel giorno, il Dio del fùtbol, decise di lasciare a casa le proprie Nike ultrasensibili ed indossò le sue scarpe antinfortunistiche da operai. Così dannatamente rudi e essenziali, così sporche e consumate. Che Wembley si indigni pure. Che il suo bellissimo manto erboso vada pure a farsi fottere. Gould non cambia mentalitá neanche in serate di 'gala' del genere. Il Wimbledon non indosserá mai scarpette eleganti. Mai. Nonostante porti addosso uno smoking splendido, le calzature rimarrano sempre quelle. Neanche in giornate così saranno cambiate. Ne quel giorno. Ne mai. I mastini continueranno a lanciar su e randellare. Anche a Wembley, anche contro il Liverpool. Anche in finale di FA Cup. Quel giorno, come sempre, la sensibilità nei loro piedi sarebbe valsa a poco. Molto poco. Il sogno dei 'Dons' (così adesso si chiamano, ma questa è un'altra storia) era lá, ad un passo. Dopo quasi un secolo di dillettantismo, la squadra proveniente dalla nobile Wimbledon aveva l'opportunità di scrivere e riscrivere la storia, passando per la porta principale, quella FA Cup che altro non è che la competizione più vecchia del mondo e che in Inghilterra è importante tanto quanto la Premier, tanto quanto una Coppa del Mondo, se non di più. Uno Wembley gremito in ogni ordine di posto si prestava a prendere parte ad una partita che sulla carta non andava neanche giocata per risparmiare tempo e fatiche. Ma se c'è una cosa bella del calcio, è quella che la fine di una partita non è mai troppo lontana ne tantomeno troppo scontata. Tutto Wembley freme. Le squadre scendano in campo. La banda è lá ad un passo dalla storia. Ne sente pure l'odore. E non è il fetore che quel gruppo di ribelli sente sempre, ogni qual volta scende negli spogliatoi, tra decine di calzini sporchi e quel sudore nauseante di battaglia. No. La FA Cup profuma e trasuda storia, passione, immortalità. L'immenso Stanley Matthews, primo pallone d'oro della storia, una volta disse "Ho vinto tanti titoli e tante battaglie nella mia carriera, ma la FA Cup ha sempre avuto un gusto diverso. L'ho vista da vicino tante volte ma sono riuscito a toccarla una sola bellissima volta. Ogni qual volta era lì lei scappava, ma ne sentivo l'odore: un profumo mai sentito. Deve essere lo stesso odore che si può sentire in Paradiso". Adesso forse capite meglio cosa significhi la FA Cup nel mondo anglosassone. Ed il Wimbledon lo sa. La partita inizia. Ed il Liverpool, come da copione, parte subito forte, fortissimo, ma il portiere dei 'Dons', Beasant, riesce a fermare qualunque attacco gli si presenti davanti alla sua porta. E, quando lui non può arrivare, arriva l'arbitro, che annulla per fuorigioco un gol dei 'Reds', ad opera di Bearfsley. Passano i minuti, e più passano, più il Liverpool capisce che portare a casa quella coppa sarà dannatamente difficile. Difficile e faticoso. Perché il Wimbledon non scherza. Sente il profumo e lotta su ogni dannato pallone, in ogni maledetto centimetro del campo. Dovunque i 'Reds' si voltano, c'è un pazzo della 'gang' che dá la vita per recuperare il pallone. Lo stadio è una pentola a pressione pronta a scoppiare. Quel Wembley vestito a festa e così sacro. Così immenso che sembra non finire mai. Ma il Wimbledon se ne infischia e lotta con il sangue tra i denti. Senza paura. Adesso la paura ce l'ha tutta il Liverpool. Ed ancora di più dopo il 37esimo minuto del primo tempo, quando l'unico uomo degno di piedi del Wimbledon, Denis Wise, batte una punizione dalla sinistra, la palla arriva ad uno che invece i piedi li ha solo per scendere le scale, lo scorrettissimo Sanchez, che, però sa usare bene la testa, e con uno stacco imperioso tra due avversari infila un mito come Grobbelaar. Sacrilegio. La squadra che ha ucciso il calcio ed ogni sua morale ed ogni suo schema calcistico mondiale, è adesso in vantaggio, contro una divinità come il Liverpool, che invece il calcio lo canta e lo decanta, lo narra e lo fa gustare. Ma poco importa. La squadra di Jones è in vantaggio, a Wembley, contro i 'Reds' e nella finale più importante dell'anno. I tifosi del Wimbledon sono al settimo cielo, e molti detrattori di mister Gould stanno già scrivendo la loro lettera di scuse. Il Wimbledon è una vera e propria squadra, che ha si lasciato i colpi di tacco ed il gel per capelli a casa, ma in compenso ha portato tanta grinta, tante palle e tanto cuore. E con questi tre fattori puoi andare lontano. Molto lontano. Riuscendo anche a sopperire ad un evidente e sconcertante divario tecnico. Il Liverpool è scosso come un pugile dilettante sarebbe fracassato dopo i pugni di Jack La Motta. Il Wimbledon non perde la concentrazione e continua a fare ciò che sa fare meglio: non costruire calcio proprio, ma distruggere quello altrui. Beasant sembra insuperabile, Fashanu le dá che è una bellezza, e dalla parti di Vinnie Jones il pallone non arriva dal quinto minuto del primo tempo, perché da uno così è meglio stare alla larga, anche se ti chiami Liverpool ed hai vinto tutto. Ma la partita è ancora lunga, ed i 'Reds', dopo lo shock, si riassestano e provano a reagire. Houghton e Hansen ci provano, però 'Lurch' oggi è insuperabile e le prende praticamente tutte. Ma la gloria, per questo portiere nato e cresciuto nel Wimbledon, è ben lontana dal concludersi lá, in quel momento, su quei tiri, quel giorno. Anzi. La partita scorre, e a metà del secondo tempo Goodyear entra pulito sul pallone, ma l'arbitro, nell'unico episodio in tre anni dove il Wimbledon non commette una scorrettezza, vede, invece, un fallo su Aldridge. La 'Crazy Gang' accerchia l'arbitro e ci si aspetta da un momento all'altro un vero e proprio pestaggio da strada, in barba alla regina e Lady Diana presenti quel giorno a Wembley. Per miracolo, peró, tutto ciò non accade. Il Wimbledon si rassegna, e resta il fatto che il rigore è stato affidato e va battuto. Ed è lo stesso Aldridge ad incaricarsi della battuta. Sistema con cura il pallone mentre lo stadio, in maggioranza dei 'Dons', è una bolgia infernale che sputa insulti e fischi. Tutto pronto. Aldridge resta concentrato. Parte e tira. Ma è scritto nel fato che, quel giorno, quel tiro angolato, non può entrare. Il destino oggi non ha di certo simpatie per il Liverpool. Oggi la parola 'miracolo' ha le mani grandi e grosse di 'Lurch'. Così Beasant si tuffa alla sua sinistra e respinge il tiro, diventando il primo portiere nella storia della FA Cup a parare un calcio di rigore in finale dopo più di cento anni di storia. Wembley esplode ed il Liverpool capisce che è davvero finita. Adesso davvero. Anche dopo il rigore. Anche dopo il calcio d'angolo successivo dal quale non scaturisce un bel niente. La partita continua, ed il Wimbledon continua con le mazzate. Quel giorno i 'Reds' non avrebbero vinto neanche avessero giocato in quarantacinque. Il Liverpool è alle corde, ed il risultato non cambierà più. No. Per la prima volta nella propria storia, il Wimbledon si aggiudica un titolo. La FA Cup 1988. Il primo ed, allo stesso tempo, il trofeo più importante di tutti. La Gang scoppia in un delirio collettivo che regalerà scene di goliardia che difficilmente vedremo mai più su di un campo da calcio. Jones e soci ce l'hanno fatta. Il calcio ha dei nuovi 'kings'. Così lontani da quelli che ha avuto, invece, in precedenza. Così lontani da quei maestri spocchiosi che si vantavano di aver inventato lo sport più bello del mondo. Le bombette ed i monocoli, gli inchini alla Regina e le frasi di rito, oggi, sono così lontani che nessuno se li ricorda. Il mondo quel 14 maggio scoprì un nuovo modo di fare calcio. Magari non bello, ma efficace e proveniente dal cuore. Magari non idilliaco, ma dannatamente passionale. Il Wimbledon aveva inventato così un nuovo stile: distruggere il gioco altrui, lanciarla lontana e recitare qualche 'Padre Nostro'. Niente di più. Niente più lavagne e riunioni. Niente più allenamenti tecnici o fraseggi nello stretto. La 'Crazy Gang' aveva rivoluzionato il calcio. Nel bene o nel male, lascio a voi giudicarlo. E chissà cosa sará importato in quel momento a Bobby Gould essere eticchettato come 'il peggior allenatore della storia inglese' mentre vedeva il suo capitano, quello spilungone di Beasant, che divenne anche il primo capitano portiere ad alzare una Fa Cup, mostrare al mondo ciò che quella squadra, solo qualche anno prima praticamente inesistente, era riuscita a fare con il proprio modo di intendere il calcio. Con la propria passione. Con le proprie palle e con il proprio cuore. La leggenda era completata. Dopo quel magico giorno, il Wimbledon poi non vincerà più niente. Anzi. Andò incontro a delle vicissitudini che non tratteremo certo oggi. Posso solo dirvi che il destino aveva in serbo per questa squadra ben altri giorni, così anche solo lontanamente immaginabili in quel bellissimo 14 maggio. Quando tutto era affidato al caso, e quando qualunque bambino, per le strade della 'Union Jack', sognava di far parte della 'Crazy Gang', intimorendo e picchiando qualsiasi avversario gli si presentasse davanti sul campo. Anche sua maestà Liverpool. Poco importa. Perché se ti affidi al caso, un giorno puoi essere il niente, mentre il giorno dopo puoi banchettare con gli dei. Proprio come fece quella banda di pazzi criminali che alzò le proprie mani anche ben oltre quelle della regina. Tutti, in realtá, sarebbero voluti essere ed avrebbero voluto far parte di quella manica di matti, ribelli e fuori di testa, che la vita la vivevano attimo dopo attimo, senza pensare, così come le partite che affrontavano, così come se tutto fosse solo un fottuto e bellissimo gioco. Perchè con il cuore puoi far qualsiasi cosa, anche andare a casa del diavolo, andarci in aereo senza allacciarti le cinture, lottarci e tornare sulla terra con la sua testa. Basta crederci. Basta il cuore, bastano le palle e basta l'onore...e magari avere anche accanto a se quel maledetto di Vinnie Jones e la sua incredibile 'Crazy Gang'. 1: http://m.youtube.com/watch?autoplay=1&v=U9Kk3C_8sEE [dopo partita imperdibile] Questi sono il link di quella magica finale che consegnò la FA Cup alla 'Crazy Gang'. Una squadra favolosa che adesso non c'è più. E chissà come sarebbe andata la storia se solo in quella squadra avessero giocato altre teste calde magari con un po' più di esperienza: Cantona, Keane, Gascoigne.. e poi date sfogo alla vostra fantasia. D'altronde se la 'Crazy Gang' ci ha insegnato qualcosa, è proprio quella che tutto è possibile, basta volerlo ed immaginarlo. Il tutto condito da un pizzico di fortuna.. https://diotifaboca.wordpress.com/2013/11/22/vi-preghiamo-di-rimanere-seduti-la-storia-di-una-nazione-in-mano-a-dei-pazzi-2/
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leisognalondra · 8 years ago
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Day 1
Caro diario, ho deciso di tenere un diario virtuale, non so bene il perchè... forse il motivo è che mi sento un pó sola e che le persone con cui posso parlare davvero scarseggiano sempre di più. Non capisco perchè sono circondata da ipocrisia, perchè le persone sono cosi cattive e non si fanno problemi a dire le cose in faccia anche nei modi peggiori. Sono sempre stata abituata ad essere circondata da persone che mi vogliono bene e forse è proprio questo il problema. Perchè quando poi non le hai più ti senti un minuscolo puntino sulla terra, invisibile. Ma come si fa ad essere cosi falsi e ipocriti? Non riesco a capire.
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senzacertezza · 8 years ago
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Sentirsi dire delle cose fa male, tanto male. Fare finta di non essere ferita è facile oramai ma in realtà le parole anche se dette da persone "estranee" ti entrano dentro e ti lasciano ferite immense, ferite che non si rimargineranno mai, ferite che nessuno vede ad occhi aperti ma che solo qualcuno ad occhi chiusi puó cercare di capire. Pensare che sei come un piccolo granello di sabbia, come una goccia d'acqua nel mare, come una stella nell'immenso universo, ma in realtà non sei ne un granello, ne una goccia e ne una stella ma sei solo una persona, una tra i miliardi che ci sono sulla Terra, una fra le tante. Pensare che sei una che soffre ma non lo dice mai, una che la notte nel letto bagna di lacrime quel cuscino che oramai ne ha viste tante solo perché non si sente all'altezza degli altri, una che singhiozza in silenzio sempre anche tra molteplici persone, una che ride e sorride sempre davanti agli altri mostrando però sempre qualcosa di falso perché dentro si sente morire, una che si chiude in sé stessa sempre di più, una che non ha amici ma finge di star bene lo stesso, una che non ha una spalla su cui piangere o a cui raccontare ciò che le succede, una che si vergogna ad andare al mare anche essendo magra perché ha quelle smagliature orribili, perché non ha seno, perché si sente a disagio avanti a quei fisici belli, una che preferisce rimanere a letto col pigiama anche di sabato e domenica che uscire e incontrare persone, una che vorrebbe solo un'amica di cui fidarsi ciecamente, che le chiede come sta invece di parlare sempre di sé, una che vorrebbe solo un pó di pace, un pò di sollievo che non trova, una che vorrebbe morire invece di sopportare tutto questo ma che non ha abbastanza coraggio per farlo, per torgliersi finalmente quello che altri gli hanno donato:la vita. Ecco, io sono questa. So di essere brutta, di avere un carattere orrendo infatti sono antipatica, timida, chiusa, acida, e non chiedo tanto. Non pretendo di essere accettata e compresa. Chiedo solo di essere lasciata in pace nella mia solitudine, nella mia monotona vita. Chiedo solo di non essere presa in giro perchè non ho deciso io di nascere cosi, non ho deciso io di essere cosi, e perché le parole fanno piú male di una coltellata, perché le parole rimangono nella testa sempre anche quando fai finta di dimenticare, perché non è bello essere cosi e per giunta essere derisa. Mi dispiace non essere diversa: bella, simpatica, estroversa. Sono cosi anche se non mi accetto.
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soy-lunatica · 5 years ago
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5)
La vita è frenetica e in ogni istante è insito già quello successivo.
Ci muoviamo come fulmini nella notte, ci aggiriamo come zombie in cerca di carne fresca da divorare. Il denaro ci muove, il lavoro è lo strumento per ottenerlo, ma poi dimentichiamo il fine e rimane solo il mezzo e lavoriamo fino a morire.
Questa mattina c'è il sole, l'autunno sta facendosi strada colpendo qualche foglia tingendola di rosso.. È presto, sono stanca. I pensieri mi assalgono. Jason è partito per un mese come inviato per il giornale per seguire una notizia estera. Mi manca già. Ha preso la macchina per spostarsi ed essere libero. Continuerò a prendere il treno, poi quando tornerà prenderemo un'altra macchina per poterci spostare comodamente. Me lo ha promesso.
Guardavo fuori. L'aria stanca era riuscita a emergere sotto quintali di correttore e fondotinta. Il rossetto metteva un accento sul mio labbro tremante. Non mi sentivo bene. I rendiconti non erano corretti e Sergej non mi dava risposte, ma si era limitato a prendere i fascicoli di cui lamentavo lacune. Erano arrivati in ufficio due elementi, un uomo e una donna, che mi guardavano di soppiatto. Nessuno voleva dirmi chi fosseromMi sentivo osservata ovunque andassi, anche nei corridoi o nei bagni. Al lavoro in generale l'aria era strana, tersa e pesante.
Il treno delle 19:04 era in ritardo. Stava facendo buio, faceva fresco. Ero estenuata. Mi girava la testa. Mi sedetti su una panchina guardando a terra. Una mano si poggió delicatamente sulla mia spalla destra. Gary era accanto a me, compunto e distinto, come un lord inglese.
"Hann, non si sente bene?"
"Solo un poco di stanchezza" sorrisi, mi sollevava non essere da sola, nonostante fosse la prima volta che vedevo Gary alla mia fermata.
"Venga, la aiuto a salire, ecco il treno"
"Pensavo salisse alla successiva... Non l'ho mai vista qui"
"Solitamente si, ma oggi dovevo sbrigare delle questioni e ho camminato fino a qui, pensi che fortuna incontrarci."
"Sicuramente lo sono, probabilmente avrei fatto fatica a tornare a casa oggi. Sa è stata una giornata pesante".
"Mi dispiace è un pó pallida in effetti"
Sorrisi, prendemmo posto l'una di fronte all'altro nei soliti posti, il vagone era semivuoto.
"Oggi non ha con sé il pc"
"È una acuta osservatrice"
"Mi dispiace è che...sono invadente a volte non mi rendo conto, sono troppo..."
"Onesta? Beh ma non è un segreto, l'ho dimenticato in ufficio tanto per questa sera non avrei lavorato ho un appuntamento... Galante." sorrisino e occhiolino.
Se non vedessi solo Jason dappertutto direi che Gary non era affatto spiacente anzi, quell'aria da uomo inglese dai modi affabili era affascinante. Quell'occhiolino mi aveva fatto arrossire, lo sentivo, le gote bruciavano sotto al fondotinta.
"Scambiammo poche parole, mi aiutó a scendere dal treno e mi salutò con un cenno della mano. Quella sera ebbi terribili conati di vomito e dolori all'addome. Presi un tè e una aspirina. Mi addormentai profondamente.
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