#transoceanica
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una-escritora-amateur · 1 year ago
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Hace mucho por acá me declaré la mayor fan del Jorge Drexler, este año en febrero llevé a mi novio quien no tenía idea quién era Drexler pero sabía que era mi crush.
Si bien no es su estilo, le terminó gustando mucho y yo solo lo veía disfrutar el concierto tanto como yo, solo que en niveles diferentes
🩷🙌🏻
Fui muy feliz.
Le dediqué Transoceanica cuando recién nos conocimos y ayer Quién Quiera Que Seas.
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jacopocioni · 6 months ago
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Obbedire e combattere
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Avevo già parlato di questo autore fiorentino, Sergio Flaccomio, dopo aver letto il suo libro “I falchi del deserto”, che narrava delle sue esperienze in Africa come aviatore nel Secondo conflitto.
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Questa è la sua seconda opera, Obbedire e combattere- Nonostante l’inferiorità tecnica dei velivoli italiani, Sergio con i suoi compagni ha cercato sempre di assolvere ai suoi doveri di militare. Certo, ammette l’autore, volare e combattere su aerei da caccia come Spitfire (inglese), Messerchmitt (tedesco), o Mustang (americano) sarebbe stata sicuramente tutta un’altra storia… mezzi superiori, più potenti, meglio armati e non soggetti ai difetti che un’ economia autarchica come quella fasciata non poteva risolvere. Bisognava allora accontentarsi di aerei costruiti con progetti ormai superati, che prevedevano ancora l’uso del motore con i pistoni a disposizione stellare, dunque più lenti, ingombranti e raffreddati ad aria. Questo mentre sia nemici, che alleati, adottavano già da tempo motori con cilindri disposti in linea, ben più potenti ed efficacemente raffreddati a liquido. Quando le aviazioni nemiche nella loro flotta vantavano quadrimotori da bombardamento, gli italiani ancora insistevano sui vetusti, lenti ed ingombranti bimotori, o i meglio riusciti trimotori, ma pur sempre lentissimi e superati.
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Non va poi sottovalutata la confusione tutta italiana creata con l’adozione di ben sette tipi diversi di bombardieri e di cinque caccia, con quattordici tipi di motori, tutti ovviamente differenti tra loro, che mettevano in seria difficoltà sia la fornitura, che lo stoccaggio dei pezzi di ricambio. L'unico veicolo che avrebbe potuto fare la differenza sarebbe stato il Macchi 205, l’unico dotato di due cannoncini, veloce e agile. Teoricamente pronto a giugno del ’40 entrerà in azione solo nel ’43, con pochi esemplari, ma ormai il conflitto aveva già trovato i suoi vincitori
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Così per tutta la guerra, ancora si combatterà con il biplano CR 32 e CR 42 Fiat, aerei riesumati dal primo conflitto ed antiquati. Seppur affidati a piloti coraggiosi dalle indubbie capacità, la tecnologia di questi apparecchi era vergognosamente superata. Aerei che erano stati impiegati come pattuglia acrobatica, come la “Fougier”, che con essi eseguiva una complessa serie di evoluzioni. Pensate che per dimostrare la loro preparazione, i piloti volavano legati tra loro con un nastro azzurro, che univa ben cinque velivoli, nonostante fossero coinvolti in complesse evoluzioni, riuscivano ad atterrare con quel nastro assolutamente integro! Non dimentichiamoci poi delle transvolate oceaniche, vere e proprie imprese, con i raid di Balbo, di De Pinedo e di Farrarin, piloti famosi in tutto il mondo. Furono le loro imprese ad aprire le rotte per l’aviazione civile, che si sarebbero rivelate più efficaci e veloci della lenta navigazione navale transoceanica. Flaccomio difende a spada tratta i suoi compagni, che non si sono mai tirati indietro, anche davanti all’impossibile, combattendo per altro una guerra senza ideali, ma sempre assolvendo al proprio dovere con indiscutibile coraggio.
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Pensate che ancora nel '42 si montavano sugli aerei mitragliatrici calibro 12,7, completamente inoffensive sulle fortezze volanti americane, tanto che Superaereo (lo Stato Maggiore dell’Aereonautica), consigliava ai suoi piloti di colpire due o tre punti deboli in particolare per cercare di abbattere questi mostri volanti. Colpire questi punti si rivelava una fallimentare roulette russa che esponeva i piloti ad essere bersagliati sia dai caccia nemici che dalle mitragliere delle fortezze!
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Non parliamo poi delle bombe in dotazione, troppo leggere e costruite con pareti talmente sottili che le loro schegge erano assolutamente innocue, tanto da provocare danni risibili alle strutture colpite. Semplici inutili e rumorosi petardi. I piloti italiani erano nonostante tutto ben preparati, seguivano un addestramento all’altezza e imparavano tattiche di battaglia efficaci, ma avendo pochi aerei a disposizione, lenti, male armati, mal equipaggiati e con un endemica scarsità di carburante a disposizione, il loro apporto al conflitto risultava insufficiente.
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I piloti dei caccia adottavano con efficacia l’attacco frontale. Picchiando dall’alto su un bombardiere cercavano di colpirne i motori, i piloti o i serbatoi. Ma le velocità contrapposte riducevano il tempo per poter colpire efficacemente. Al contrario, attaccando la coda della fortezza volante, le velocità dei due velivoli si uniformano, ma c’era il forte pericolo di essere colpiti dai mitraglieri alloggiati in coda, solitamente armati con grossi calibri e canne binate. Lateralmente invece era molto difficile colpire l’obbiettivo a causa sia della velocità che della limitata esposizione offerta dalla sagoma nemica. Con l’attacco dal basso invece era possibile colpire il ventre, che risultava meno corazzato e dove per altro erano più esposti i serbatoi di carburante. L’azione doveva comunque essere repentina e il pilota doveva allontanarsi dai tiratori nemici cercando di mostrare il meno possibile la propria sagoma. I bombardieri Alleati nelle prime fasi della guerra non erano affiancati dai caccia, perché partendo da aeroporti lontani l’autonomia dei monomotori di scorta risultava insufficiente. Ma con le nuove conquiste terrestri gli aeroporti nemici si erano avvicinati agli obbiettivi da colpire, permettendo ai caccia di effettuare efficaci scorte armate. Immaginate gli esordi, quando questi enormi e lenti aerei non erano supportati da aerei a loro protezione. Le conseguenze sono immaginabili. Potevano solo stringere la formazione e scaricare un fuoco intenso verso i caccia nemici, utilizzando tutte le loro armi a disposizione, oppure cercare di nascondersi tra le nubi quando queste erano presenti. Troppo lenti, pesanti e goffi non potevano sfuggire con manovre evasive e rimanevano in balia del nemico. Inscenando una sorta di caccia al fagiano. La tattica dei caccia avversari prevedeva di attaccare i bombardieri sia al loro arrivo per scompaginarne le formazioni, costringendoli così a bombarde con poca precisione, per poi attaccarli, dopo aver fatto rifornimento, nuovamente durante il viaggio di ritorno.
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Poetica e drammatica è la descrizione dell’autore di un duello tra aerei Hurricane inglesi e i nostri Macchi 200. Dopo un incontro casuale nei cieli, avviene un serrato scambio di colpi. Tra attacchi e disimpegni alcuni aerei vengono abbattuti. Un pilota italiano precipita in mare, ma riesce a gettarsi con il paracadute e ad ammarare per essere poi recuperato da un idrovolante. Quello che colpisce è la delicatezza del linguaggio usato per descrivere tutte queste situazioni. I dettagli tecnici vengono semplificati e resi comprensibili anche ai profani, ma quello che spicca di più è l’aspetto umano dall’autore che emerge sempre provocando e trasmettendo forti emozioni al lettore.
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Il racconto continua con D.P. e V.V., due piloti fiorentini che si incontrano in Sardegna dove prestano servizio. Tutta la loro toscanità si manifesta nella loro conversazione. V.V. rivela che si aspetta di morire con i suoi compagni nella missione che lo vedrà partecipe l’indomani contro un convoglio inglese di passaggio nel Mediterraneo. I due si conoscono a malapena, ma sono accomunati dall’amore per la loro città, Firenze, luogo dove sono nati e vissuti. I due si siedono per un ultimo pasto insieme, chiacchierando ricordano le vie e i negozi di Firenze e discutono della bellezza delle ragazze fiorentine. Tra loro nasce immediatamente una vera amicizia che l’autore ci fa vivere rendendoci partecipi di questo incontro attraverso un racconto vivo ed emozionante. Il pilota è consapevole che presto la sua vita sarà troncata, ma si gode questo piacevole incontro. Dopo questa amichevole chiacchierata V.V. andrà verso il suo triste ed inesorabile destino, ma non prima di aver detto al nuovo amico queste parole: “Non voglio parafrasare Spadaro, ma… portami un bacione a Firenze…”. Il mattino seguente D.P. decide di andare a salutare l’amico aviatore e alle 4.00 del mattino è lì con lui, vicino al velivolo in partenza. L’uomo, grazie alla spensierata serata, ritrova tutta la sua spavalderia e tempra fiorentina. Decolla con il suo lento aerosilurante S 79 sorridendo e salutando l’amico per poi non fare più ritorno. Sarà inghiottito dai flutti del Mediterraneo insieme alla metà dei suoi compagni.
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Flaccomio dopo questo toccante aneddoto ci spiega come deve essere il carattere di un pilota aeronautico. Quello di un bombardiere è estremamente diverso da quello di un caccia. Calmo, ponderato, riflessivo, freddo, distaccato, deve avere più testa che fegato. Modesto, schivo e silenzioso, vola per migliaia di chilometri e per lunghi ed interminabili periodi, logorandosi nell’incertezza dell’esito del suo volo. Vola sopra le nuvole, con il timore di attacchi improvvisi ed in balia degli eventi atmosferici, sedendo su tonnellate di bombe e carburante altamente infiammabile. Non può e non deve essere una testa calda, come se ne trovano invece tra i piloti da caccia. L’altro pilota invece si presenta sicuramente come uno sbruffone, esibizionista e spavaldo affronta da solo il nemico, non ha la responsabilità del suo equipaggio e si rivela così più intrepido, temerario ed impavido. Tante, troppe volte si sono visti bombardieri tornare con la carlinga crivellata dai colpi nemici. All’interno macchie di sangue, compagni agonizzanti o morti. Il pilota ne usciva scosso ed emotivamente provato per non essere riuscito a salvare i propri compagni. I nostri bombardieri erano piuttosto lenti, pesanti, con poca autonomia e armati con bombe inoffensive da 60, 100, 250 kg, raramente da 500kg. Bombe che non reggono il confronto con quelle degli Alleati dal peso di 1.000, 2.000 o 3.000 kg! La nostra aviazione contava di pochi aerei, tutti usati alla spicciolata, con ondate di sette dieci velivoli al massimo. Di contro le formazioni alleate erano composte da centinaia di velivoli! Tra le tante assurde decisioni dei comandi italiani, svetta quella di mandare la nostra Aeronautica in Inghilterra, disperdendo così quelle poche risorse aeree ancora a disposizione. Con strumentazione inesistente, nel viaggio di andata si persero gran parte dei velivoli che volando alla cieca, non solo mancarono la destinazione, ma rimanendo senza carburante atterrarono nelle località più disparate ed impervie. Non da meno fu l’altra assurda decisione, quella che viene definita “la tragedia greca”, altra inutile impresa dove si sarebbe dovuto “spezzare le reni ai greci”. Infatti... L’aviazione fu purtroppo usata con la mentalità della Prima Guerra Mondiale, semplicemente come appoggio alla fanteria, o come mezzo di perlustrazione, relegandola così ad un ruolo secondario, in maniera dispersiva ed inutile. Atterrando su campi pieni di fango fu soggetta ad inevitabili incidenti, o costretta a mitragliare inutilmente le rocce montane senza mai colpire i greci, che rimanevano ben nascosti. L’apporto dell’aviazione anche qui fu pressoché inutile.
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Flaccomio è diretto e schietto nei suo commenti e senza troppi scrupoli incolpa pesantemente i comandi dell’Aereonautica di aver avuto un approccio bellico anacronistico, utile solo a creare nuove vedove, sacrificando inutilmente validi e coraggiosi piloti. In Russia non andò meglio, i nostri caddero come mosche stecchite mentre cercavano di portare vanamente rifornimenti a chi era rimasto circondato dai russi. Scene apocalittiche: motori congelati che non si accendevano, componenti essenziali per il volo che si ghiacciavano facendo precipitare interi equipaggi, aerei talmente lenti da essere continuamente abbattuti dalla contraerea russa. Quei pochi che riuscivano a sfuggire ritornavano crivellati dai colpi con l’equipaggio decimato.
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Non dimentichiamo la guerra del deserto, non certo migliore: caldo, scarsità di acqua e cibo, scorpioni, sabbia che divorava mezzi, uomini e armi; attacchi nemici repentini ed improvvisi, tutto per conquistare qualche centinaio di chilometri di sabbia. Insomma anche questo secondo libro si rivela interessante e piacevole, nonostante la drammaticità degli eventi riportati, che vengono descritti con tatto, discrezione e profondo rispetto, con la giusta dose di critica, inserita però sempre con ponderazione, per evitare di mettere in secondo piano l’indubbio sacrificio e l’impegno dei suoi compagni.
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Riccardo Massaro Read the full article
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Bari: domani la scopertura di una targa per ricordare Sebastiano Gernone, imprenditore vittima di mafia
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Bari: domani la scopertura di una targa per ricordare Sebastiano Gernone, imprenditore vittima di mafia. Domani, alle ore 11, la Città di Bari ricorderà Sebastiano Gernone, imprenditore barese vittima di mafia, con la scopertura di una targa nel luogo in cui ha vissuto, in via Manzoni 70. Parteciperanno alla cerimonia il presidente della commissione consiliare Cultura del Comune di Bari Giuseppe Cascella - primo firmatario di una mozione approvata all’unanimità dal Consiglio comunale per onorare la memoria di Gernone - altre autorità istituzionali, il nipote omonimo dell’imprenditore barese ucciso, il referente regionale di Libera Don Angelo Cassano e i rappresentanti di altre associazioni impegnate sui temi della legalità e del contrasto alle mafie. Sebastiano Gernone, nato a Bari nel 1890, già marinaio sulla Regia nave transoceanica “Calabria”, commerciava vini tra Puglia e Sicilia. Si oppose al pizzo che la mafia chiedeva alla sua azienda vinicola e fu ucciso in Sicilia nel 1930, vittima di un delitto rimasto ancora senza un colpevole.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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migueldelaguila · 3 years ago
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Congratulations #QuatuorAmayères for last week’s great concert which included first French performance of my  #clarinetQuartet #TRANSOCEANICA. Look forward to more.
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avevobisognodelloceano · 4 years ago
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[Vita a bordo]
Siamo al quinto giorno di navigazione, proseguiamo sempre nella rotta 260-270° e la terra sembra ormai un lontano ricordo. Il mare si sta allungando e il vento sprigiona tutta la sua forza gonfiando le vele. Ieri abbiamo incontrato qualche difficoltà a causa della pioggia ma non possiamo lamentarci visto che il sole è tornato presto a farci compagnia. La pesca comincia a dare i suoi frutti ed io, nei panni dello chef di bordo, sono spesso impegnato in cucina per preparare qualche specialità. Il nostro cammino continua e la vita a bordo scorre tranquilla in mezzo ai suoni e ai colori brillanti dell’Oceano.
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claudilena1979 · 2 years ago
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Ser lembrando no seu dia profissional é a maior gratificação 👏🏾💪🏾👊🏾 #transoceanica (em Terminal Rodoviário de Niterói) https://www.instagram.com/p/CgcIm6QrGM3nnCfFGi3j0gVrdYW6aTVlFGYbog0/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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corrupcaorj · 6 years ago
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the-fault-in-marys-life · 5 years ago
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Ansiella transoceanica
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mezzopieno-news · 6 years ago
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L’ECONOMIA DELLA NATURA
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Un nuovo modo di produrre che considera i materiali e i processi in un ciclo che ne valorizza la vita e l’uso il più a lungo possibile
Un giaccone realizzato con plastica riciclata, un parco giochi che nasce da vecchie pale eoliche, una maglietta fatta con gli scarti del latte. Eccoli qua, i prodotti dell’economia circolare.
Se ne sente parlare ogni tanto, anche se ancora troppo poco, o in modo improprio, per raccontare, ad esempio, come ci stiamo muovendo per riciclare meglio i rifiuti. Ma l’economia circolare è molto di più. È una vera e propria rivoluzione della sostenibilità globale in cui l’Italia ha grandi carte da giocare.
In ottobre l’economia circolare è stata la grande protagonista della Maker Faire di Roma, l’evento più importante dell’artigianato digitale. Proprio l’economia che “vuole imitare la natura”, come scrisse l’imprenditore ed economista belga Gunter Pauli, è stata messa al centro del più importante evento sull'innovazione in Europa (il secondo al mondo).
Pauli, nel 2009, pubblicò un libro molto importante per la definizione di un approccio integrale alla sostenibilità in economia: The Blue Economy, l’economia blu. Ma il nome che più spesso viene associato all'economia circolare è quello di una giovane donna, anzi una sportiva: Ellen Macarthur.
Britannica, 42 anni, a 28, nel 2005, ha battuto il record di traversata transoceanica solitaria a vela mettendoci meno di 72 giorni per fare il giro del mondo sul suo trimarano. Proprio quella esperienza la spinse a fondare la Ellen MacArthur Foundation, che dal 2010 è impegnata a sostenere la transizione del nostro modo di produrre e consumare verso una economia ri-generativa e circolare.  E proprio alla Ellen MacArthur Foundation si deve la definizione più ampia e interessante: un'economia in cui i flussi di materiali sono di due tipi; quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.
“Recuperare il ciclo naturale che per secoli ha caratterizzato il nostro modo di produrre”
“In parole semplici – spiega Nadia Lambiase, dottoranda in Innovation for the Circular Economy all'Università di Torino e ideatrice della app Mercato Circolare (vedi box in pagina) - l’economia circolare è un nuovo modo di fare produzione e distribuzione di beni e servizi, che ha radici antiche: intende superare la caratteristica proprio dell’economia lineare nata dalla rivoluzione industriale, cioè la produzione di rifiuti, recuperando l’idea del “ciclo naturale” che per secoli ha caratterizzato il nostro modo di produrre. Senza però tornare indietro a prima della macchina a vapore, ma puntando proprio sull'innovazione”.
La tecnologia, dunque, può aiutare non poco. Ma l’aspetto più importante è culturale, prosegue Lambiase: “Per dare vita davvero all'economia circolare è fondamentale cambiare approccio. E pensare all'intero ciclo di vita di ogni prodotto: un’auto, un vestito o uno smartphone devono essere progettati a partire da quello che si intende fare dei loro componenti dopo l’uso principale, di modo che ogni componente abbia sempre una seconda vita, e riducendo l’impatto negativo del suo utilizzo, della sua produzione, e così via”. Questo modo di progettare si chiama design sistemico e consente di valutare il peso di ogni produzione sulla biosfera.
L’economia circolare può generare anche un bel po’ di ricchezza e lavoro. Secondo lo studio Growth within: a circular economy vision for a competitive Europe, realizzato dal McKinsey Center for Business and Environment in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation e il Sun (Stiftungsfonds für Umweltökonomie und Nachhaltigkeit), un sistema circolare creato grazie a nuove tecnologie e nuovi materiali sarebbe in grado di aumentare fino al 3% la produttività delle risorse e genererebbe per le economie del Vecchio Continente sia un risparmio di base pari a 1.800 miliardi di euro l’anno entro il 2030, sia una crescita del Pil fino a 7 punti percentuali, oltre a più alti livelli di occupazione.
Secondo il 5° Rapporto Agi-Censis sull'economia circolare in Italia presentato proprio all'apertura della Maker Faire, il nostro Paese può essere protagonista. Siamo la nazione con il più basso consumo di materiali grezzi in Europa, tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate, al primo posto per circolazione di materiali recuperati all'interno dei processi produttivi e si stima che l'industria del riciclo produca l'1% circa del Pil.
Segnali molto incoraggianti, anche se l’avventura è agli inizi e l’economia circolare resta poco conosciuta. “Possiamo individuare sei modelli di business per l’economia circolare – spiega ancora Nadia Lambiase – : l’uso di materiali ed energie naturali e rigenerabili; il riciclo dei materiali (carta, alluminio, plastica, vetro ecc.); l’upcycling, cioè la trasformazione di rifiuti in prodotti nuovi e diversi da quelli originali (teloni pubblicitari che diventano borse, pallet trasformati in mobili ecc.); l’estensione della vita del prodotto, attraverso la riparazione, il riuso (i mercatini dell’usato o il riutilizzo dei contenitori) e la rigenerazione (elettrodomestici che tornano a vivere sostituendo alcuni pezzi); le piattaforme di condivisione dei beni (un viaggio in auto, un posto letto sul divano, una stanza); e infine il prodotto come servizio, in cui conta l’uso e non il possesso (come nelle locazioni di veicoli)”.
“Progettare a partire da quello che si intende fare dei beni dopo il loro uso principale”
In Italia non mancano ottimi esempi, segno che, l’economia circolare del Belpaese è in marcia. Categoria per categoria, ecco alcuni “campioni” selezionati tra le aziende censite sulla app Mercato Circolare. La vicentina Alisea, ad esempio, e ha come vocazione l’upcylcing, strada intrapresa fin dal 1994: realizza gadget aziendali sostenibili, utilizzando i materiali di scarto delle aziende stesse. Non c’è rifiuto che nelle mani degli abili artigiani di Alisea non possa diventare un utile e originale oggetto di design: agende, shopper, calendari, sacche da viaggio, fino a Perpetua, la matita di grafite riciclata che è anche un brevetto registrato.
Una importante azienda italiana che da tempo sta organizzando interi cicli produttivi all'insegna di una sostenibilità sempre maggiore è la Aquafil di Arco (Trento): 2700 dipendenti in 15 impianti diffusi in 8 stati (e 3 continenti), è uno dei principali attori, in Italia e nel mondo, nella produzione di fibre sintetiche, in special modo di quelle in poliammide 6. Ma si propone anche come modello per “qualità, innovazione e nuovi modelli di sviluppo sostenibile”. E infatti all’interno della sua business unit Energy and Recycling, lanciata nel 2008, è nato, ad esempio, ECONYL Rigeneration System, un processo di rigenerazione del nylon a partire da rifiuti composti in tutto o in parte da poliammide 6, come le reti da pesca che troppo spesso venivano (e ancora vengono) abbandonate sui fondali con grave danno ai sistemi marini.
La Executive Service Srl di Castel San Pietro (Bologna) si occupa invece di ICT, cioè tecnologie informatiche e di comunicazione. E nel 2013, per festeggiare i suoi 25 anni, si è regalata una nuova sede completamente ecosostenibile a emissioni zero alimentata da energia solare in autoconsumo, il che elimina il pesante impatto dell’uso di energia, visto che – come raccontano loro stessi – “3 e-mail generano la stessa CO2 prodotta percorrendo 1 km in auto, un server produce ogni anno da 1 a 5 tonnellate di CO2 e Internet inquina quanto l’intera aviazione civile mondiale”.
Il prodotto come servizio è invece la strada scelta dalla OIKOS di Grugliasco: affitta cassette pieghevoli di plastica per frutta e verdura agli ambulanti del Centro Agroalimentare di Torino, riducendo così i rifiuti e consentendo a chi usufruisce del servizio di avere uno sconto sulla Tassa Rifiuti.
Infine un campione del Mezzogiorno, la Kanesis. Start-up con sede a Ragusa e base a Catania, produce biocomposti a partire da scarti di biomasse. L’obiettivo sono “termoplastici speciali” come la Hempbioplastic, sviluppato a partire da scarti della produzione di canapa che vengono trasformati in prodotti grazie alla stampa in 3D.
di ANTONIO LEONE
In collaborazione con Mercato Circolare - 1 novembre 2018
🎤 Leggi le testimonianze degli imprenditori che hanno scelto di cambiare il loro rapporto con l’economia
Leggi le notizie #Mezzopieno sull'economia circolare
📜 Aderisci al Manifesto Mezzopieno per un approccio alla vita positivo e gentile
Leggi l’articolo su Mezzopieno News di novembre/dicembre 2018
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ladyklein · 6 years ago
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Ben presto si annoiò di cercare l'onda col filo di ferro e ordinò in capitale una radio transoceanica provvista di due enormi batterie. Con quella poteva captare messaggi coerenti, in mezzo a un'assordante confusione di suoni d'oltremare.
La casa degli spiriti - Isabel Allende
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angelo-bonanata-monaco · 3 years ago
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Ocean Race 2022 | Angelo Bonanata
Torna nel 2022 la regata Ocean Race la più dura e soprattutto lunga transoceanica al mondo: quest’anno l’avventura è durata 126 giorni, durante i quali si sono attraversati tutti i continenti del mondo. Una leggendaria avventura quindi che nn è solo una competizione sportiva ma un momento per sensibilizzare alla sostenbilità ambientale legata agli oceani e ai mari.
Si chiama infatti “racing with purpose”, gareggiare per uno scopo e la tutela dei nostri oceani sembra essere un’ottima motivazione!
Leggi su Angelo Bonanata Blog
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sonandocl · 4 years ago
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TransOceanica enfrenta a las redes sociales y al amor con su primer single “Desde mi Bolsillo”
TransOceanica enfrenta a las redes sociales y al amor con su primer single “Desde mi Bolsillo”
La agrupación santiaguina formada en 2018 acaba de estrenar su primera canción que se titula “Desde mi Bolsillo”. La joven banda hace una crítica directa a la tecnología en las interacciones sociales, ya que a través de las redes sociales se genera un daño a distancia.  TransOceanica es un grupo que busca hacer del indie y el pop-rock un espacio donde puedan entregar al público, perspectivas de…
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una-escritora-amateur · 7 years ago
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Sé que es extraña la hora y el propósito, pero recomiendame música:(
La hora es lo de menos :)
Sustraídas de mi lista “Obsesiones Infinitas”:
1. Transoceanica, Jorge Drexler
2. El Baile, Izal
3. Descansar, Dulce y Agraz
4. La Tormenta de Arena, Dorian
5. Aprovéchate, Café Tacvba
6. Life in Technicolor, Coldplay
7. Lágrimas, Los Daniels
8. My Eyes, The Lumineers
9. Just Don’t Let Go Just Don’t, Hellogoodbye
10. Que No, Café Tacvba
11. Sleep Alone, Two Door Cinema Club
12. Jenny, Walk The Moon
13. Stay, Zedd ft. Alessia Cara
14. Angela, The Lumineers
15. On Purpose, Sabrina Carpenter
16. Spirits, The Strumbellas
17. Green Eyes, Coldplay
18. Cliché, mxmtoon
19. What Lovers Do, Maroon 5 ft. SZA
20. Sign Of The Times, Harry Styles
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filateliasammarinese · 4 years ago
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Lettera da Carrara 1 OTT 1855 a Filadelfia con 1 lira + coppia 40 centesimi + 10 centesimi. Bollo d’arrivo sul fronte. Http://www.filsam.com #stamp #stamps #philately #storiapostale #postalhistory #filsam #filteliasammarinese#francobolli #francobollo #filatelia #sello #collection #briefmarken #collezionismo #antichistatiitaliani #kingdomofitaly #regnodiitalia #italia #italy #auction #aste #modena #granducatodimodena #vitoviti #transocean #transoceanica #tricolor #tricolore https://www.instagram.com/p/CJ1Ueq6rz_6/?igshid=81l0ezxl6iqr
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migueldelaguila · 5 years ago
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Here new clip of the new #ClarinetQuartet #TRANSOCEANICA recently premiered by #VientosDulces at International Clarinet Association ClarinetFest 2019 | Nuevo video del cuarteto de clarinetes TRANSOCEANICA estrenado recientemente en ClarinetFest https://youtu.be/W6dbe7aDj_w
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avevobisognodelloceano · 4 years ago
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[Le ali della libertà]
Scivolare sulla superficie spumosa dell’acqua, scoprire la natura essenziale degli elementi e fondersi insieme ad essi. Le vecchie preoccupazioni quotidiane che diventano sempre più piccole fino a scomparire. Il sale sulla pelle, le nuvole che sembrano dipinte da una mano incredibilmente ispirata, l’elegante volo degli uccelli. Ogni cosa diventa cibo per l’anima e delinea contorni e profumi di una rinnovata libertà.
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