#terzogenito
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lettieriletti · 10 months ago
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Mashle 14
Finn cerca di aiutare il fratello, ma lui non ne vuole sapere. Nel frattempo, Lance e Dot cominciano inaspettatamente a litigare tra di loro ignorando Epidem, il terzogenito che in realtà dovrebbero affrontare. Su Mash incombono le grinfie malefiche di un cerbero e di un crudele detenuto, mentre il destino del mondo viene affidato al devoto animo di Lemon…
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michelangelob · 6 months ago
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Accadde oggi: il 21 maggio 1471 nasce Dürer
21 maggio 1471: ecco il giorno in cui a Norimberga nacque Albrecht Dürer, il più celebre artista tedesco di tutti i tempi. Raffinato letterato, grande disegnatore, incisore e sublime pittore, Dürer era il terzogenito di Barbara Holper e dell’orefice Albrecht Dürer il Vecchio. Dovete sapere che fu proprio il su’ babbo a insegnargli i primi rudimenti dell’incisione influendo il suo talento fuori…
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delectablywaywardbeard-blog · 7 months ago
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Oggi Marlon Brando avrebbe 100 anni, ritratto di un mito che non si scalfisce
Cento anni fa, il 3 aprile 1924 a Omaha, nel Nebraska, nasceva il terzogenito del produttore di pesticidi e materie chimiche Marlon Brando Senior. Il bambino aveva lo stesso nome del padre che detestò per tutta l’infanzia; per distinguersi si faceva chiamare Bud, finché col nome di Marlon Brando divenne celebre cancellando così la memoria del papà. Il figlio considerava invece la madre Dorothy la…
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personal-reporter · 1 year ago
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Enrico Toti, eroe della prima guerra mondiale
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Uno dei personaggi più noti della storia italiana della Grande Guerra… Enrico Toti nacque il 20 agosto 1882 a Roma, nel quartiere San Giovanni, terzogenito di Nicola, ferroviere di Cassino, e Semira Calabresi. Nel 1897 Enrico si imbarcò come mozzo sulla nave scuola Ettore Fieramosca e rimase in Marina fino al 1905, prima sulla corazzata Emanuele Filiberto, poi sulla nave Barbarigo e infine sull’incrociatore Coatic. In seguito Tori venne assunto nelle Ferrovie dello Stato come fuochista, ma il 27 marzo 1908 fu investito da un locomotore in manovra presso la stazione di Colleferro e gli si dovette amputare la gamba sinistra poco sotto il bacino. Rimasto invalido e disoccupato a 26 anni, Enrico, con forza d’animo e un notevole spirito d’intraprendenza, avviò una serie di piccole attività artigianali e si allenò con nuotate nel Tevere e giri in bicicletta, inoltre viaggiò in Europa e in Africa sulle due ruote, lavorando come artista e attrazione nelle fiere e nei circhi. Allo scoppio della guerra mondiale, vedendo molti amici partire volontari, Toti chiese per ben tre volte alle autorità militari di poter essere arruolato, ricevendo però un netto rifiuto, così decise di volontariamente al fronte e con la sua  bicicletta nel luglio 1915 raggiunse Cervignano, cittadina del Friuli austriaco occupata dall’Esercito italiano, sede del comando della 3a armata e di ospedali, uffici e magazzini militari. In breve il giovane fraternizzò con militari e graduati, compiendo piccoli servizi e ricevendo in cambio vitto e alloggio, oltre a svolgere alcune mansioni per conto degli uffici del comando di tappa, tra cui il ritiro della posta nei punti di raccolta dei reparti e il trasporto all’ufficio ferroviario di Cervignano, dove la corrispondenza era vagliata, censurata e poi smistata. Enrico frequentava uffici e officine militari e passava le serate con i soldati nelle osterie del paese inoltre, eludendo la sorveglianza dei militari, valicò il limite territoriale dove erano relegati i borghesi, per dirigersi verso le zone degli scontri ma un giorno, intercettato da una pattuglia di carabinieri, fu fatto ritornare a Cervignano e successivamente rispedito a Roma. Dopo e un’appassionata lettera al comandante della 3a armata, che era Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta Enrico riuscì a ritornare nuovamente a Cervignano nei primi mesi del 1916 e il  6 aprile ebbe il permesso di rimanere nella cittadina per lavorare all’ufficio postale militare presso il comando d’armata. Grazie al legame con soldati e ufficiali il giovane riuscì a farsi portare con il reparto in prossimità delle trincee, tra cui cave di Selz presso Monfalcone. In seguito, Toti passò dai ricoveri del 14° reggimento fanteria a quelli del III battaglione Bersaglieri ciclisti, con il compito di raccogliere la posta e consegnare giornali, sigarette, generi di conforto portati dalle retrovie, inoltre sbrigava piccole commissioni per i soldati che non potevano allontanarsi dal reparto. Il 6 agosto 1916, durante la sesta offensiva dell’Isonzo che portò alla presa di Gorizia e al crollo del primo fronte carsico, il III Bersaglieri fu incaricato di attaccare le trincee austro-ungariche di Quota 85, a est di Monfalcone, così Toti chiese e ottenne dai superiori, seppur in maniera informale e, il permesso di partecipare all’assalto. Durante l’azione Enrico fu visto sparare con il moschetto contro le mitragliatrici avversarie, poi, quando fu colpito, morì fra le braccia dei compagni. La storia di Enrico Toti resta viva ancora oggi, infatti nel 1958 la città di Gorizia gli dedicò  una statua in bronzo in piazza Cesare Battisti e la Marina militare italiana intitolò al giovane eroe il primo sommergibile del dopoguerra, costruito nei cantieri di Monfalcone, in servizio dal 1968 al 1999, che è esposto dal 2005 presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. Read the full article
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giancarlonicoli · 1 year ago
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10 lug 2023 08:22
“AVEVAMO FATTO DELLE STRISCE, MA È DOPO IL DRINK CHE SEI DIVENTATA STRANA” – SUBITO DOPO ESSERSI SVEGLIATA NEL LETTO DI LEONARDO LA RUSSA, IL 19 MAGGIO, LA 22ENNE CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE HA SCRITTO A UN'AMICA: “MA CHE PROBLEMI HO. O MI HANNO DROGATA? FACCIO TROPPI CASINI”. RISPOSTA “LO CONTINUAVI A BACIARE, IO TI HO CHIESTO SE LUI TI PIACESSE O MENO, E TU MI FAI ‘SÌ LO AMO’. POI HAI URLATO ‘FACCIAMO UNA BOTTA’. IO TI HO SPIEGATO CHE L'ABBIAMO FINITA" - "PENSO CHE TI ABBIA DROGATA, MA TU NON MI ASCOLTAVI. SPERO  CHE LO DENUNCI, MA STAI ATTENTA, SUO PADRE È IL PRESIDENTE DEL SENATO"
1. TUTTE LE CHAT DELLA RAGAZZA CHE ACCUSA LEONARDO LA RUSSA: «MI HA DROGATA, PER FORZA. HO PAURA MA VADO AVANTI»
Estratto dell’articolo di Giuseppe Guastella e Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
«Dopo quasi due mesi sono ancora impaurita», ma la paura di cui parla la 22enne che ha denunciato di aver subìto violenza sessuale dal terzogenito di Ignazio La Russa nella casa del presidente del Senato dopo una serata in discoteca a Milano non è tanto di rivivere psicologicamente il dramma, quanto un timore per certi versi più difficile da scrollarsi di dosso: «Ho paura di essere finita in una cosa più grande di me. Ma ho detto solo la verità, voglio affrontare questa vicenda sino alla fine».
E ribadisce al suo legale […] di aver denunciato «perché penso si debba avere il coraggio di affrontare le conseguenze di una violenza senza vergognarsene». Dai tanti, lunghi messaggi che scambia dal letto stesso in cui l’ha lasciata Leonardo La Russa la mattina del 19 maggio, si comprende con chiarezza che a convincerla di essere stata drogata è il racconto dell’amica con la quale era andata a ballare.
Chat che documentano tre circostanze: lei sembra davvero non ricordare nulla; l’amica è una testimone diretta di quello che è successo in discoteca; e se la ragazza prende coscienza di aver avuto rapporti sessuali con il figlio di La Russa, è perché proprio il giovane glielo avrebbe rivelato quella mattina.
«Amo (amore, ndr) mi sono risvegliata da La Russa... (...) ma che problemi ho... o mi hanno drogata. Non mi ricordo bene, non va bene, faccio troppi casini. Non sono normale, raccontami di ieri»: è da poco passato mezzogiorno e la 22enne si è appena svegliata nuda nel letto.
Non ricorda nulla, ma il 19enne, dichiarerà dopo, le ha detto che avevano avuto un rapporto sessuale sotto effetto di stupefacenti dopo che si erano incontrati la sera nella discoteca Apophis di Milano. «Mi sto prendendo male, ma davvero, troppo. Cosa è successo? Amo mi sono svegliata qui da lui e non ricordo nulla. Aiuto...» scrive all’amica. È solo il primo messaggio della chat che proseguirà finché non si recherà di pomeriggio nel centro anti violenze della clinica Mangiagalli. Leonardo è fuori dalla stanza quando l’altra le chiede a bruciapelo: «Tu sei da lui ora?», «Avete fatto sesso?», «scappa, scherzi, va’ via subito», quasi le «urla».
Le racconta che a un certo punto della serata l’aveva vista perdere il controllo di sé stessa. «Amo penso che lui ti abbia drogata, ma tu non mi ascoltavi ieri» perché «sei corsa via e non ti ho più trovata». La ragazza è sconvolta: «Dio santo, davvero? Cosa è successo? Non ricordo nulla».
Stava «benissimo» […]. Almeno «fino a quando lui ti ha offerto il drink, tu eri stata normale, eri stranormale. Avevamo fatto delle strisce (probabilmente di cocaina, ndr) anche lì all’Apophis», ma «non è quello che ti ha fatto diventare strana», perché «è dopo il drink che sei diventata strana strana. Lo continuavi a baciare», e «io ti ho chiesto se lui ti piacesse o meno, e tu mi fai “Sì lo amo” (...) Poi hai urlato “facciamo una botta”, io ti ho spiegato che l’abbiamo finita assieme (forse si riferisce ancora alla droga, ndr)». Ricorda solo le «strisce» che avevano consumato, il resto è buio totale.
È questo uno dei punti cardine dell’inchiesta del pm Rosaria Stagnaro e dell’aggiunto Letizia Mannella: la giovane, che già era sotto effetto della coca che aveva assunto volontariamente, è stata drogata anche con una sostanze versata di nascosto nel suo bicchiere? […] L’amica ha […] tentato di portarla via dal club, ma non c’è stato verso. «Ti ho detto che volevo andare a casa e ti ho chiesto di accompagnarmi fuori» e «alle tre ho chiamato un taxi, ti ho anche chiesto se volessi tornare con me, ma dicevi di voler stare con lui». Da quel momento l’ha persa di vista.
«Amo, mi ha drogata, per forza», si convince in quel momento la 22enne. Nella querela depositata dall’avvocato Benvenuto, la giovane afferma di aver cominciato allora a tremare: «Ho paura, me ne sto andando», messaggia all’amica che, evidentemente molto preoccupata, le consiglia: «Amore tu ora torna esattamente a casa tua».
«Perché mi succedono ste cose?», si chiede lei mentre l’altra la interroga con crudezza: «Pensi ti abbia stuprata?». Perché «c...o ti ha sicuramente drogata. Comunque, che m...a, sempre odiato». La risposta è ancora una volta la stessa «Non mi ricordo nulla amore, ma niente proprio», mentre si fa strada il timore per quello che potrebbe succedere dopo: «Lascia stare. Che non esca la cosa», «spero non mi abbia vista nessuno».
[…] «Che vergogna, amo mi dovevi portare via», dice la 22enne quasi rimproverando l’amica, che infatti reagisce: «Amore ci ho provato, ma sai che sei più forte di me. Sei letteralmente scappata correndo via», […] «te l’ho detto più di una volta ma non ragionavi proprio», «non so come spiegarlo, non eri tu. Amore posso solo immaginare, che m...a». Lei quasi crolla sullo schermo del cellulare: «Mi viene da piangere», «aiuto cosa mi ha fatto…».
«Spero lo denunci», le dice l’amica. «L’abbiamo fatto, da come dice (Leonardo, ndr)», ma «non mi ricordo nulla». Sembra ancora titubante su cosa deve fare: «Denuncio… come?». L’altra: «Ti ha per forza drogata», «non può essere c (forse: cocaina, ndr). Non ti fa quell’effetto. Non era mai successo tutte le altre serate», commenta dimostrando che le due «strisce» della sera prima non sarebbero state un caso isolato.
[…] «Mi ha drogata. Mi ricordo tutto perfettamente fino a un certo punto (...). Ma ti rendi conto... Che vergogna. Sto uscendo. Non ho parole... Inizia pure a girarmi la testa… Sono terrorizzata, sto aspettando (che Leonardo) mi porti le mie cose», «vestiti e cose varie. No, me ne vado». La chat si interrompe. Riprende alle 15.18 quando la 22enne sta andando alla Mangiagalli: «Vado in ospedale. Sta venendo mia madre a prendermi». E l’amica le dà l’ultimo consiglio: «È giusto che denunci la cosa, però stai veramente attenta, suo padre è il presidente del Senato».
2. CASO LA RUSSA, LA TESTIMONE: «SONO AMICA DI ENTRAMBI, MAI VISTO LEO CON DELLA DROGA. IL DJ? GIURO, NON SO CHI SIA»
Estratto dell’articolo di Andrea Galli per il “Corriere della Sera”
A domanda, ci risponde. «Sì, sono un’amica di entrambi». «No, da quando è uscita la notizia non ho sentito nessuno dei due, mi è sembrato poco opportuno». Qui parla senza che ci sia prima un nostro quesito: «In ogni modo Leonardo lo conosco bene, davvero bene, abbiamo frequentato insieme l’università a Londra, e con me, così come con tutte le altre, non ha mai superato il confine, se intende quello che dico: uno che sta al suo posto, che non va contro le volontà delle donne...».
Altri interrogativi. Il primo: la droga. «Leonardo e la droga? Ma no, impossibile, le due cose non c’entrano nulla. O almeno, io adesso mi sto riferendo al nostro comune vissuto, ignoro come siano andati i fatti nella sua abitazione, e non mi permetto di avanzare sospetti in una oppure nell’altra direzione, però con la droga non l’ho mai visto». Dopodiché: lei era in quel locale, giusto? «No». Ma viene collocata lì. «Eh, forse c’ero, forse non c’ero. Guardi, non mi ricordo». E ancora: chi è il ragazzo che ha dormito nell’appartamento di Leonardo e avrebbe partecipato alle violenze? «Non ho idea. Glielo giuro».
Il Corriere ha cercato le tre amiche della coetanea che ha denunciato Leonardo Apache La Russa per stupro. Quelle appena lette sono le frasi della ventenne che, nel parziale ordine cronologico stilato dagli investigatori, è stata la seconda a comparire con il suo ingresso nell’esclusivo club Apophis [...] : è stata lei a ricordare alla coetanea l’eventualità del versamento di droga nel suo bicchiere; era stata appunto lei, in precedenza, a condividere frammenti della serata prima dell’arrivo all’Apophis e magari, ma è una mera ipotesi, anche condividere, oppure essere una spettatrice dell’evento, l’assunzione di sostanze stupefacenti.
Saranno magistrati e poliziotti ad aggiungere elementi al fascicolo, a cominciare dalle deposizioni di queste tre ragazze. E risulta scontato che quel tema, l’ipotetica droga nel calice, e magari versata da La Russa, necessiterà di ramificati dettagli. Sull’argomento non intende pronunciarsi la terza ventenne, la quale, sempre nella scansione temporale degli investigatori, è entrata in scena per ultima.
Ovvero con la chat in cui era stata informata dalla coetanea delle ore trascorse a casa di Leonardo, e con il suo invito ad andare in Mangiagalli per la visita. Di più: si era proposta di raggiungere l’amica e accompagnarla di persona nella clinica. [...]
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Meda (MB), maltratta la moglie e i tre figli piccoli: condannato a due anni di carcere
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Meda (MB), maltratta la moglie e i tre figli piccoli: condannato a due anni di carcere. I Carabinieri del Comando di Meda (MB) hanno arrestato un 48enne in esecuzione di una condanna a due anni di reclusione emessa dal Tribunale di Monza per il reato di “maltrattamenti aggravati”, commessi nei confronti dell’ex convivente, una 43enne, e dei figli, tutti minori all'epoca dei fatti. L'inizio della serie di episodi violenti risale al 2013, quando l'uomo aveva cominciato ad assumere sostanze stupefacenti. Prima di allora la vita familiare era descritta come perfetta. Un buon padre sempre presente con un piccola ma fiorente impresa che mandava avanti insieme alla moglie, con la quale aveva già avuto due figlie nate nel 2002 e nel 2006. Ma intorno al 2013 l'uomo aveva cominciato a frequentare “brutti giri” che lo avevano introdotto nell'inferno della cocaina. Aveva cominciato a tornare a casa tardi, spesso in compagnia di pregiudicati che portava a dormire in casa. Il clima familiare era cambiato. Tra le mura domestiche sempre più spesso l'uomo si faceva violento e iracondo e, soprattutto quando in astinenza della droga o era ubriaco, non esitava a terrorizzare la moglie e le bambine urlando e rompendo mobili e suppellettili. La vita quotidiana era diventata impossibile, nonostante nel 2014 fosse anche arrivato il terzogenito della coppia. Il culmine si era verificato nel mese di aprile 2018 quando, dopo l'ennesimo episodio di violenza fatto di strattoni e calci, la donna aveva deciso di andare via di casa e chiedere aiuto ai Carabinieri. Il giorno dopo la denuncia, l'uomo accompagnato da un amico, si era però messo a caccia dell’ex compagna che, nel frattempo, per la paura, aveva chiesto al padre di accompagnarla all'ufficio postale per una commissione.  Trovato il suocero fermo in macchina lungo la strada, in preda ad uno scatto d'ira, il 48enne lo aveva aggredito con calci e pugni, per poi tamponarlo due volte di proposito con la propria auto e minacciarlo dicendogli «e non è finita qui» e poi ancora, rivolgendosi all'amico, «finiscilo tu». Dopo quell’evento, dal quale era scaturito il divieto di avvicinamento, l'uomo si era comunque reso protagonista anche di altri episodi violenti tra i quali quello in cui, completamente ubriaco, dopo aver danneggiato delle macchine in strada, aveva tentato di aggredire i Carabinieri che erano intervenuti e che, in quell'occasione, lo avevano arrestato. Emessa la condanna ieri, i militari dell'Arma lo hanno arrestato nella sua abitazione di Meda e lo hanno accompagnato nel carcere di Monza. ini... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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frabooks · 2 years ago
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I fratelli Karamazov - Analisi e considerazioni
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I fratelli Karamazov è l’ultimo romanzo dell’autore russo Fëdor Dostoevskij, è stato pubblicato a puntate su Il messaggero russo dal gennaio 1879 al novembre 1880, lo scrittore morì meno di quattro mesi dopo la sua pubblicazione.
Trama
Il fulcro della trama è il parricidio del capofamiglia Karamazov. Nella prima parte del romanzo Dostoevskij descrive e racconta i personaggi principali. Ci sono vicende romantiche, litigi e questioni di soldi.
Poi arriva l’omicidio. In seguito ci saranno interrogatori, dubbi e un grande e approfondito processo.
Personaggi
Fedor Pavlovic Karamazov. Capofamiglia, sposato due volte, benestante proprietario terriero e usuraio, ha tre servitori. Ha una personalità brutale, violenta, cattiva. Gli piacciono i piaceri della carne, ignora i figli e pensa solo a sé stesso. Ubriacone, tirchio, probabilmente stupratore.
Dimitrij o Mitjia. Primogenito, figlio della prima moglie di Fedor Pavlovic, poi cresciuto dal suo servo, Grigorij. Ex comandante dell’esercito, alto, robusto e forte. È buono e generoso ma anche impulsivo e manesco. “Cede alla vita”, non sa gestire i soldi o le relazioni e vive a 3000 all’ora. È il personaggio a cui succedono più cose e attorno a cui si svolge la trama.
Ivan. Secondogenito, primo figlio della seconda moglie di Fedor Pavlovic. Introverso, chiuso, intelligentissimo e non credente. Ha anche tratti asociali e cinici. Nella prima parte del romanzo filosofeggia sull’ateismo e dio, nella seconda parte entra in crisi.
Aleksej o Alesa. Terzogenito e, per Dostoevskij, protagonista del romanzo. È il puro, il buono, l’anima bella. È estremamente credente, casto, sincero e onesto.
Katerina Ivanovna. Nobile che, in guai finanziari, chiede un prestito a Dimitrji per poi diventare sua promessa sposa. Poi viene tradita dallo stesso e gli presta 3000 rubli, che non rivedrà mai più. Si innamora di Ivan ma vive con profondo struggimento il rapporto con Dimitrji.
Agrafena Aleksandrovna Svetlova o Grušenka. Giovane ragazza che a 17 anni è stata abbandonata da un ufficiale polacco e successivamente passò sotto la protezione di un avaro tiranno. È ammaliante, provocante e con una personalità disturbata. Irretisce sia Dimitrij che Fedor Pavlovic.
Smerdjiakov. Figlio illegittimo di Fedor Pavlovic che viene cresciuto dal servo Grigorij. Asociale, chiuso, strano, intelligentissimo. Manipolatore, viscido, infido, personalità disturbata. Soffre di epilessia.
Koljia. Ragazzo che conosciamo nella seconda parte del libro. Sveglio, attento e intelligente, farà conoscenza e amicizia con Aleksej.
Iljusa. Bambino prima solo, poi malato. Ha un carattere orgogliosissimo e sarà una figura importante nel romanzo. Conosce Aleksej, che gli dà una mano più volte. Finisce il romanzo.
Spunti e riflessioni
Alcuni spunti e riflessioni in rigoroso disordine.
Approfondimento sul funzionamento della giustizia imponente e prezioso. La parte dell’indagine prima e del processo poi, tratta con grande attenzione la questione Giustizia. Si parla di diritti degli indagati, di condanne oltre ogni ragionevole dubbio, di giustizialismo, di fallacia della memoria, della necessità di una dimostrazione. “Meglio rilasciare 10 colpevoli che condannare un solo innocente!”. È una questione che mi ha affascinato in quanto il tema delle prigioni, del giustizialismo e della pena giusta lo sento molto vicino.
Presenza di personaggi femminili complessi, sfaccettati e fondamentali: Katerina Ivanovna e Grusen’ka. Ho letto in alcune recensioni che in questo libro, “come in tutti i romanzi dell’800”, non ci sono figure femminili di spicco. Sono fortemente contrario a questa opinione. I protagonisti sono i fratelli Karamazov, che sono maschi, ma l’intera storia si regge su due grandi protagoniste, Katja e Grusen’ka. Sono personaggi niente affatto monodimensionali o trattati con superficialità. Soprattutto Grusen’ka, direi, è un personaggio sfaccettato, sofisticato, complesso, straziato da ipocrisie e moti dell’animo umano.
Non c’è un cattivo assoluto. Ogni cattivo, da Fedor Pavlovic a Smerdjiakov a Liza a Rakitin non è un cattivo totale. Ha debolezze, istinti, lati positivi. È un tema che tratterò anche più avanti perché gira attorno al filo conduttore della realisticità dei personaggi. I “cattivi” in questo libro, come in altri di Dostoevskij, non sono macchiette, non sono cattivi senza motivi, giusto per fare da controparte. Sono esseri umani e sono anche loro sofisticati. In questo modo noi li percepiamo in modo molto più realistico: sono cattivi veri.
Troppi rubli, ma è un problema mio. Noto con dispiacere che non c’è povertà totale tipo come quella di Delitto e castigo. Ci sono i soldi di mezzo ma si parla di rubli, anzi migliaia di rubli, e non di copeche. Secondo me Dostoevskij  dà il meglio quando racconta anche il disagio totale economico.
I tre fratelli sono tipi di personalità? All’inizio del libro Dostoevskij descrive i tre fratelli in modo preciso, frontale. Sembra voler dire: ogni fratello ha una personalità precisa, “macchiettistica”, e li uso per dimostrare qualcosa di preciso con ognuno di loro. Ho anche letto recensioni di questo parere. Secondo me non è così. O meglio, Dostoevskij all’inizio li vende così, In realtà sono sofisticati e sfaccettati, e più va avanti il romanzo e più capiamo la loro complessità. Anzi, come dice Dostoevskij, sono “vasti”.
Aleksej, protagonista banale. Aleksej è il personaggio più piatto. Non ha praticamente mai cedimenti sulla fede e sulle sue convinzioni. Non ha sostanziali punti deboli. Le parti che lo rendono più vivo, infatti, sono quei pochi dialoghi in cui è in difficoltà e balbetta o arrosisce o si arrabbia.
Ivan non è affatto il cattivo, secondo me. Si dice che Ivan sia il cattivo per aver suggerito il delitto; secondo me è un modo di Dostoevskij per smuovere un ragionamento astratto, filosofico, non lo vuole davvero dipingere come il vero mandante del delitto, anzi. I cattivi principali sono il padre e Smerdjiakov, punto. Ivan è un tipo, una persona normale con idee precise e forti ma è sbagliato definirlo un cattivo. E non è neanche il protagonista, che è Dmitrij. Lui viene preso dentro in quanto portatore dell’idea che se dio non esiste allora tutto è lecito e per aver “suggerito” il delitto.
Dmitrij è un personaggio splendido. Uno dei migliori mai letti. Vastissimo, contraddittorio, complesso. È buono, generoso, passionale ma anche istintivo, violento, geloso, sempliciotto. Ogni tanto fa cose senza neanche sapere bene perché, ha dei principi tutti suoi e un po’ irrazionali se visti da fuori, è continuamente nel dubbio e avvinto dalla contraddizione dei suoi desideri e pulsioni.
L’unica parte del libro difficile e lenta. Una nota dolente in termini di scorrevolezza della trama è la seconda digressione, quella riguardo la biografia dello Starets Zosima. Mi riferisco al libro sesto intitolato “Il monaco russo” in cui per circa 50 pagine ci viene raccontata la vita dello staretz, che però è veramente poco interessante. Si salva solo un capitolo perché Dostoevskij inserisce improvvisamente uno sconosciuto che ha avuto a che fare con lo staretz: ecco, questo singolo capitolo è ottimo. Il resto è davvero lento e noioso.
La trama è una soap opera. Gli intrecci d’amore sono veramente marcati, esagerati e un po’ macchiettistici. Mi sembra di capire, però, che i “mattoni russi” spesso sono così. E sono belli per questo. È tutto molto marcato, carnevalesco, teatrale, esagerato. C’è gente che si strugge, grida, piange a dirotto, si butta ai piedi di altri, ha crisi e febbri nervose.
Romanzo o trattato filosofico? Parere mio: non c’è così tanta filosofia seria, qua dentro. O meglio, Dostoevskij ci ficca dentro alcune questioni che gli stanno a cuore e, per carità, vengono fuori con chiarezza. Ma l’impianto filosofico non è né preponderante né particolarmente originale. Un altro modo per dirlo: ci sono libri di filosofia molto più adeguati per approfondire alcuni temi. Ci sono pochissimi romanzi che, invece, sono così belli, profondi e trascinanti.
Alcuni temi filosofici trattati. Dio esiste o no? (Mi vorreste venire a dire che questo è un tema particolarmente profondo o originale o inaspettato o pazzeschissimo?) Se dio non esiste allora tutto è permesso. Dio è necessario per mettere limiti alla disgustosa natura umana. Come fa a esistere dio quando i bambini soffrono?
Responsabilità dell’inconscio. Il singolo ha responsabilità rispetto a idee teoriche espresse e poi eseguite da altri? Il singolo che, volontariamente o involontariamente, “ispira” crimini, va punito?
Conservatorismo versus il nuovo socialismo.
Non sto dicendo che non ci sia sostanza filosofica, per carità. Sto dicendo che in primo luogo è un romanzo piacevole da leggere, e va tenuto in considerazione, sennò si allontanano i potenziali lettori.
I personaggi. L’aspetto che mi è piaciuto di questo romanzo è la caratterizzazione dei personaggi. Sono tutti personaggi vivi, li puoi vedere e riconoscere, sono credibili. Due note che ho preso durante la lettura. La descrizione della natura umana come “vasta”, Karamazoviana nel senso di sfaccettata, una scala di grigi immensa. “Proprio perché la nostra è una natura vasta, karamazoviana (a questo voglio arrivare), e può contenere ogni sorta di opposti e può contemplare in un sol colpo i due abissi, l’abisso che è sopra di noi, l’abisso degli ideali supremi, e l’abisso che è sotto di noi, l’abisso del peggiore e del più fetido degrado”. Ci sono dialoghi pazzeschi e sembra di essere a teatro, talmente i personaggi sono vivi. Li vedi proprio vivere davanti a te. Sono insicuri, sfaccettati, contraddittori. Non c’è niente di bianco/nero, com’è, in effetti, la vita.
È un libro difficile? È un libro serio? È un libro “per pensare”? Senso di timore e reverenza per sto libro? No, grazie, non ha davvero senso. Partire dal presupposto che leggere I fratelli Karamazov sia (o debba essere) un’esperienza super seriosa che ci porterà a un nuovo livello di consapevolezza sul mondo e sui fatti umani con potenti dosi intravenose di filosofia, semplicemente non ha senso. Bisogna partire dal fatto che è un romanzo, punto. È lungo, sicuro; ci sono molti personaggi, sicuro; ci sono alcune divagazioni, sicuro. Ma è un romanzo. Anzi! Ciò che tutti si dimenticano di dire è che è un romanzo veramente buffo. È carnevalesco, esagerato, teatrale. Ogni due per tre c’è qualcuno che piange, si dispera, ha febbre nervosa, si butta a terra; c’è gente che si sbaciucchia, che bacia i “piedini”, che strilla, che si commuove. È tutto “tanto”, esagerato. Quello che voglio dire è che si può vivere questo libro anche con meno peso e angoscia, si può viverlo con serenità e con l’obiettivo di goderselo. Sennò non è un piacere ma un peso, un dovere, e non ha senso.
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kritere · 2 years ago
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Il figlio di Totò Riina torna a vivere a Corleone: chi è Salvo Riina Jr
DIRETTA TV 12 Aprile 2023 Il figlio del capo dei capi torna a vivere in Sicilia. Da anni il terzogenito di Toto Riina ha finito di scontare una condanna a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, riciclaggio ed estorsione, ma ha sempre vissuto lontano dal suo paese. 29 CONDIVISIONI Salvo Riina, il figlio del capo dei capi che porta lo stesso nome di suo padre, è tornato a Corleone,…
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tradizioni-barcellona · 2 years ago
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SABATO 04 MARZO 2023 - ♦️ 🔸 SAN CASIMIRO 🔸♦️ San Casimiro (Cracovia, 3 ottobre 1458 – Hrodna, 4 marzo 1484) è venerato come santo patrono della Polonia e della Lituania[1] dalla chiesa cattolica, che lo ricorda il 4 marzo. Casimiro della nobile famiglia dinastica dei Jagelloni, nacque a Cracovia nel Wawel, il famoso palazzo reale della città. Terzogenito di Casimiro IV re di Polonia, e della regina Elisabetta d'Austria, nipote di Ladislao II di Polonia. Suo nonno materno era Alberto II d'Asburgo, Re di Boemia, d'Ungheria, e "Re dei Romani" nel Sacro Romano Impero. Dall'età di nove anni ricevette la propria educazione da Giovanni Dlugosz, storiografo e canonico di Cracovia, e da Filippo Buonaccorsi (anche conosciuto come Callimachus). A tredici anni gli fu offerto il trono d'Ungheria dalle fazioni avverse al Re Mattia Corvino al momento in carica. Casimiro, inizialmente entusiasta di difendere i territori cristiani dai Turchi, esternò la propria disponibilità in tal senso e si recò in Ungheria per essere incoronato. La sua nomina aveva legittimazione per il fatto che suo zio Ladislao III, Re di Polonia e di Ungheria, era stato ucciso nella battaglia di Varna nel 1444. Appena seppe però della contrarietà del Papa Sisto IV alla sua incoronazione, contrarietà legata all'obiettivo di non accrescere le tensioni già elevate con l'Impero ottomano, Casimiro fece ritorno nella propria terra polacca. Suo padre, Re Casimiro IV, iniziò allora ad indirizzarlo verso la politica interna della Confederazione polacco-lituana e sugli affari pubblici del regno e quando suo fratello Ladislao ascese al trono boemo, Casimiro diventò l'erede designato per il trono polacco. Nel 1479 il Re si recò per 5 anni in Lituania, lasciando di fatto il figlio al potere in Polonia. Dal 1481 al 1483 amministrò lo Stato con grande saggezza ed equilibrio. Suo padre nel frattempo cercò di combinare il suo matrimonio con la figlia dell'Imperatore Federico III, ma Casimiro preferì rimanere celibe. Per la sua grande devozione religiosa, si esponeva a frequenti e prolungati digiuni che forse minarono il suo stato di salute. Indebolito nel fisico, fu colpito dalla tubercolosi, dalla quale non riuscì più (presso Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia) https://www.instagram.com/p/CpXs42_I3Wv/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lettieriletti · 9 months ago
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I Quattro Fratelli Yuzuki 2
Hayato, primogenito e caposaldo della famiglia. Mikoto, calmo e controllato. Minato, il terzogenito ultra-vivace. E infine Gakuto, piccolo e saggio. Sono i quattro fratelli Yuzuki, che si supportano a vicenda dopo la morte improvvisa dei genitori. Ad aiutarli c’è la famiglia Kirishima, a cui sono molto legati. Ma ora che Uta si è trovata il suo primo fidanzato… Non potrà più divertirsi con…
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delectablywaywardbeard-blog · 7 months ago
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Marlon Brando, 100 anni fa la nascita del divo eretico di Hollywood
Cento anni fa, il 3 aprile 1924 a Omaha, nel Nebraska, nasceva il terzogenito del produttore di pesticidi e materie chimiche Marlon Brando Senior. Il bambino aveva lo stesso nome del padre che detestò per tutta l’infanzia; per distinguersi si faceva chiamare Bud, finché col nome di Marlon Brando divenne celebre cancellando così la memoria del papà. Il figlio considerava invece la madre Dorothy la…
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spazioliberoblog · 2 years ago
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 “IL TERZOGENITO” (inteso come femmina o maschio nati terzi … in una famiglia tradizionale) - Ovvero: riflessioni scherzose … ma con un pizzico di verità
 “IL TERZOGENITO” (inteso come femmina o maschio nati terzi … in una famiglia tradizionale) – Ovvero: riflessioni scherzose … ma con un pizzico di verità
di LUIGI DE PAOLIS ♦ Questa è la storia di uno di noi, anche lui nato per caso … Già, così inizia la canzone di Celentano; invece, la storia, o meglio le riflessioni che voglio esprimere non si riferiscono ad un ragazzo/a nato/a per caso in via Gluck o in un’altra qualsiasi via o città, ma ad un ragazzo/a proprio “nato/a per caso” … Perché, chi nasce terzo/a in una famiglia ordinaria è un “nato/a…
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personal-reporter · 1 year ago
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Antichissima Fiera Delle Grazie 2023 a Curtatone
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Nel weekend dal 12 al 16 agosto la frazione di Grazie del comune di Curtatone, in provincia di  Mantova, propone l’appuntamento con l’Antichissima Fiera delle Grazie, giunto quest’anno alla sua 49° edizione. La Fiera delle Grazie è il cuore di un Concorso Internazionale tra Madonnari che prende il via la notte del 14 agosto con la benedizione dei gessetti degli artisti da parte del Vescovo. Per ore i  Madonnari si mettono all’opera nel piazzale del Santuario e la fiera termina nel giorno di Ferragosto, con la proclamazione del vincitore,  sono previsti più di 200 Madonnari provenienti dall’Italia e dall’estero.. In programma si sono  anche appuntamenti musicali e di spettacolo e approfondimenti culturali, il mercato, il luna park, e lo spettacolo pirotecnico-musicale di chiusura, oltre all’immancabile cotechino , cibo tipico della fiera. La storia della Fiera delle Grazie inizia con l’edificazione del Santuario voluto da Francesco Gonzaga nel 1399 e consacrato nel 1406, quando fu assegnato ai Frati Minori di San Francesco, come l’adempimento di un voto per la cessazione della peste. La Fiera delle Grazie fu invece ufficialmente istituita l’11 agosto 1425 tramite un comunicato di Granfrancesco Gonzaga, primo marchese di Mantova. Per tutto il Quattrocento, la Fiera era vista come una festa religiosa, anche se col tempo divenne un’importante occasione per i commerci della zona. Nel 1519, per la Fiera, Ferrante Gonzaga, terzogenito di Francesco II ed erede della Corte di Curtatone, per il Santuario delle Grazie commissionò a Giulio Romano una pala d’altare dedicata all’Assunzione di Maria Vergine. La Fiera delle Grazie dal 1563, grazie al duca Guglielmo Gonzaga, divenne fondamentale per gli scambi locali, con l’arrivo nelle merci ammesse di ori, argenti, gioie, broccati, drappi di seta, panni di lana, tutti con la possibilità di essere vendute liberamente. Nel 1591 i frati francescani, vista l’importanza della Fiera, fecero erigere sul lato ovest del piazzale di fronte al Santuario un portico, per favorire i pellegrini, ma anche le attività di vendita dei mercanti presenti alla manifestazione. Verso la seconda metà del Settecento, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria modificò drasticamente la struttura amministrativa e giudiziaria della Fiera, che era spesso d’intralcio al mercato. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Fiera riprese con un rinnovato successo, ma, con l’avvento delle nuove macchine agricole, visse un periodo di declino. Ma fu nel 1973 che la fiera rinacque, quando Gilberto Boschesi e Maria Grazia Fringuellini invitarono sul sagrato del Santuario i Madonnari, che con i loro gessetti colorati rinnovarono il successo della fiera, creando effimeri ma straordinari capolavori. Nel 1991, papa Giovanni Paolo II visitò il Santuario di Grazie, dove gli venne presentato un grande dipinto realizzato sull’asfalto dai Madonnari, basato su un disegno di Kurt Wenner, che fu firmato dallo stesso pontefice. Read the full article
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giancarlonicoli · 1 year ago
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8 lug 2023 19:40
‘GNAZIO E I TRE PICCOLI “INDIANI”, LA MILANO DEL CLAN LA RUSSA: APACHE, IL PIÙ PICCOLO DEI FIGLI DEL PRESIDENTE DEL SENATO GIOCA A FARE IL RAPPER E ORA E’ INDAGATO PER VIOLENZA SESSUALE - IL MEDIANO, COCHIS, È IN POLITICA. IL PIU’ GRANDE, GERONIMO, OCCUPA DIVERSE POLTRONE - QUANDO 'GNAZIO DISSE A LEONARDO APACHE: "SE LO ACCHIAPPO CON LA DROGA LO AMMAZZO" - E L'ALTRO: "PAPÀ, NON SAI UN CAZZO DEI RAPPER"... -
Estratto dell’articolo di Paolo Berizzi per repubblica.it
Apache, il trapper “sottovalutato” (dal titolo di un suo pezzo). Geronimo, il “presidente” collezionista di poltrone amante della velocità. Cochis, il “politico”. Se fosse un romanzo sarebbe “tre piccoli indiani”. Sottotitolo: figli vivaci di padre gagliardo. Oppure – un po’ per scherzo me nemmeno troppo - gioventù “bruciata” e maturità dorata. Volendone emendare i tratti per renderla più presentabile, la storia dei La Russa jr sembra la continuazione di una tradizione di famiglia un po’ spericolata. Che vede nel padre, Ignazio Benito la Russa, il più autorevole interprete.
Esuberanza giovanile, testa calda, azzardi, inciampi. Surfando sopra le righe, e sempre nell’orbita del potere. L’attualità impone di partire dal più piccolo dei La Russa Bros: lui, Leonardo Apache. Il terzogenito che fa brutto con la trap. L’“artistoide” di casa (Geronimo dixit) che adesso la casa la sta facendo tremare. Ma non più per il volume della musica politically uncorrect. Accusato di avere violentato una 22enne, a “Larus” – nome d’arte – tocca subire il contrappasso che, ironia del caso, gli sbatte addosso direttamente dal suo brano più conosciuto. “Sono tutto fatto, sono tutto matto, ti fotto pure senza storie”, canta insieme a Apo Way, un altro trapper, ne “I sottovalutati”.
(...)
L’eredità politica del presidente del Senato, al momento, pare risiedere nel destino di Lorenzo Cochis. L’anno scorso è stato eletto nel parlamentino di zona in centro città ed è chiaramente capogruppo di FdI. Molto meno istintivo e fumantino del padre. Guai però a toccargli il tema auto e automobilisti. Una fissa, in famiglia. Geronimo La Russa, 43 anni, figlio di primo letto di Ignazio, è avvocato e presidente dell’Automobile Club di Milano. A 14 anni volantinava per il Fronte della Gioventù, a 25 è nel cda della Premafin di Ligresti che dei La Russa è stato la vera fortuna. Poltrone, poltrone.
Anche al Milan, grazie all’amica Barbara Berlusconi con cui fonda la onlus Milano Young (La Russa è anche in H14, la holding dei tre berluschini, Barbara, Eleonora, Luigi). In un’intervista Geronimo raccontò di un’adolescenza molto agitata e con «un po’ di problemi». Spericolato, gli piace correre con qualunque cosa a motore, macchine, motorini, barche. «Il sabato sera si usciva tutti insieme, in discoteca, oppure in giro a fare casino».
Qualche casino, in effetti, l’ha combinato. Molti anni fa dopo un incidente in auto insieme ad amici saltò fuori della droga: per lui non ci fu alcuna conseguenza. Negli anni ’90 GL faceva parte di un gruppo di fighetti che si imbucavano alle feste per vandalizzarle.
Li chiamavano i “vandali del sabato sera”. 15 marzo 1997: compleanno di Carolina Vecchioni, figlia del cantautore. I vandali portano via gioielli, soprammobili e maglie Lacoste. «Sì, arrivai con una ventina di amici – raccontò La Russa -. Ci furono dei furti. Anche tre miei amici, è stato accertato. Non li frequentai più». Tra le persone a lui più vicine, l’europarlamentare FdI Carlo Fidanza che ha recentemente patteggiato 1 anno e quattro mesi per corruzione. Quando chiesero a Geronimo se aveva mai fatto il saluto romano rispose così. «Una volta, quando mi sono vestito da Balilla a Carnevale. E un’altra volta quando mi mascherai da Giulio Cesare».
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alessandrolenzini · 4 years ago
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Da ingegneria alle arti marziali. Dall'agricoltura all'OSTETRICIA. Oggi la famiglia Lenzini da il benvenuto al suo primo azzurro di 3,96 kg!! Buona Vita Gabriele!! #maschietto #nato #bravamamma #esiamoa3 #terzo #terzogenito #perfortunanonpartoriscoio #benvenuto #hagiàfame #mutuopersfamarlo #maschio #figlio #fratellino #amore #amoredipapà #amoredimamma #stravolti #sonno #grazie #graziemamma #grazieostetrica #graziedottori (presso Policlinico San Pietro) https://www.instagram.com/p/CIDjpTygZem/?igshid=1cwdy9l0pqbkm
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druzya · 2 years ago
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POST PER TOLKENIANI - Fonte "IGNORANZA EROICA" su Facebook
Sulla misteriosa figura di Tom Bombadil si è detto e scritto molto. Critici, saggisti, filologi e fanatici di ogni tipo si sono interrogati per collocare questo bizzarro personaggio all'interno della cosmogonia tolkeniana.
Quello che potrebbe sembrare solo un anziano buffo affetto da fancazzismo cronico e forte Asperger in realtà nasconderebbe un segreto molto più profondo e oscuro.
«Ehi dol! Bel Dol! Suona un dong dillo!»
Le migliori menti di Ignoranza Eroica hanno vivisezionato a fondo testi, epistolari e saggi e sono giunti a questa conclusione tombale e chiarificatoria sulla figura allegorica di Tom Bondadil:
Per prima cosa dovete sapere che il professor John Ronald Reuel Tolkien provò a piazzare storie e pubblicazioni su Tom Bombadil presso i suoi editori per tutta la vita, ma con risultati deludenti. Oltre al cameo estemporaneo e apparentemente privo di senso ne “Il Signore degli Anelli”, Tom Bombadil compare solamente nella raccolta di poesie a lui dedicata: “Le Avventure di Tom Bombadil”.
«Ehi dol! Bel Dol! Suona un dong dillo!»
La realtà è che Tom Bombadil rappresentava una vera e propria ossessione per John Ronald Reuel Tolkien. Nell'intimità delle mura domestiche, pare che lo stimato professore vestisse di frequente i panni del personaggio, raccontando storielle su Tom Bombadil ai figli prima di coricarsi e importunando la moglie durante pranzi e cene con quella vocina buffa e inquietante.
«Ehi dol! Bel Dol! Suona un dong dillo!»
È cosa nota che i figli malsopportassero questi atteggiamenti da parte del padre, e che li vivessero quasi come una forma di tortura al limite della persecuzione. In particolare Christopher, il terzogenito, era terrorizzato dalla figura di Tom Bombadil.
«Ehi dol! Bel Dol! Suona un dong dillo!
Suona un dong, salta ancor, salice bal billo!»
John Ronald Reuel Tolkien, all'ennesimo rifiuto da parte del suo editore, deriso, frustrato e umiliato, architettò una delle più geniali truffe editoriali della storia, una sorta di cavallo di Troia letterario. Concepì una storia epica, costruì un worldbuilding solido e profondissimo, scrisse migliaia di pagine raccolte in una trilogia destinata a forgiare canoni e generi, ma lo fece con l'unico scopo di celare al suo interno la figura di Tom Bombadil.
Un vero e proprio troll ante litteram.
«Ehi dol! Bel Dol! Suona un dong dillo!
Suona un dong, salta ancor, salice bal billo!»
Ebbene sì, "Il Signore degli Anelli" altro non è che l'imballaggio, il rivestimento, la buccia, la carrozzeria per il vero motore della narrativa di John Ronald Reuel Tolkien: il suo amato Tom Bombadil.
Quello che fece poi Christopher alla morte del padre con la pubblicazione del “Silmarilion”, de “I Racconti Perduti” e via discorrendo, altro non fu che un maldestro tentativo di camuffare la colpa del padre, una vera e propria damnatio memoriae, un modo per esorcizzare una volta per tutte l'incubo ricorrente di Tom Bombadil, che lo condusse sull'orlo della pazzia.
«Ehi dol! Bel Dol! Suona un dong dillo!
Suona un dong, salta ancor, salice bal billo!
Tom Bom! Bel Tom! Tom Bombadillo!»
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