#terribili entrambe
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ragazzadalsorrisonero · 10 days ago
Note
Ecco.. adesso la tua risposta mi fa venire subito un'altra domanda.. dici che il pensiero che molti si sentano compresi in ciò che scrivi ti rende felice... Ma scrivi per descrivere quello che senti tu oppure come potrebbero sentirsi altre persone?
Concordo sul fatto che molte persone possano meritarsi tutto quello che scrivi, ma... è davvero tanto.. stai descrivendo una persona bellissima che .. davvero dovremmo meritarci? Siamo davvero così belli dentro da meritare una persona così?
E' bello avere qualcuno che ti aiuti, che ti sostenga, che ti protegga, ma poi.. riusciamo anche a stare in piedi da soli senza aspettarci che poi qualcuno ci salvi sempre?
Perché sei sempre stata spettatrice e non protagonista? Timidezza? Debolezza? Sfortuna? Vuoi cambiare questa situazione o ti va bene cosi?
Meriti qualcuno che accetti le tue pazzie, i tuoi momenti folli... ma saresti disposta ad accettare anche le pazzie e i momenti out della persona che ti meriti?
Sei davvero la ragazza d'oro che dici? Da apprezzare, aiutare, capire, sorreggere? Perché di persone così... altrettanto d'oro, ce ne sono pochissime e dovremmo meritarcele davvero.
Non voglio dire che tu non lo sia, magari sei davvero la persona migliore del mondo, però... dobbiamo anche guardarci in faccia, senza ipocrisie ... a volte abbiamo accanto persone terribili, che ci usano, ci sfruttano, senza nemmeno un grazie... ma a volte... siamo anche noi che ci comportiamo male... e a volte abbiamo accanto qualcuno che non meritiamo....
Scusami... sono solo riflessioni... non so nulla di te... mi fai solo riflettere...
S.
caro S,
non sono una persona perfetta, sono così piena di difetti che ad elencarli tutti perderei soltanto tempo.
mi hai chiesto se ciò che scrivo è ciò che sento davvero o è solo un modo per fare sentire gli altri compresi. ebbene entrambe le motivazioni.
sono una persona che per certi contesti è dovuta crescere in fretta nonostante la giovine età, tutto ciò che c'è dietro alle mie parole sono frutto di ricordi, belli e brutti che siano.
dopo tutto ciò, nel corso degli anni sono stata in grado di conoscere a fondo me stessa e a comprendermi per capire ciò che posso dare a una persona e ciò che altrettanto merito.
ovviamente non sapremmo mai chi siamo davvero, abbiamo migliaia e migliaia di caratteristiche che scopriamo ogni giorno che passa, così come le persone che incontriamo e conosciamo, ed è questo il bello delle persone nonostante quest'ultime possano ferire noi, così come noi possiamo ferire loro.
prima di meritarci una persona, dobbiamo comprendere noi stessi ed essere in grado di stare davvero da soli, perché è lì che impariamo cose su noi stessi che prima non conoscevamo.
sono arrivata a un punto della mia vita in cui ero letteralmente da sola, e questa è stata una delle mie scelte per capire se sarei stata in grado in futuro di cavarmela senza alcun bisogno di aiuto.
sono “affondata” molte volte, ma altrettanto sono stata in grado di “riemergere” e ritornare sui miei passi.
dopo questa scelta, me la sono sempre sbrigata da sola senza chiedere aiuto, un po' per orgoglio e un po' per amor proprio.
ma si arriva ad un punto in cui si è pronti a dare tutto ciò che abbiamo dentro a una persona che ci meriti davvero.
se sono stata in grado di tenermi testa sarò in grado di tenere testa alla persona che avrò accanto in futuro, se ho avuto momenti di pura follia, sarò in grado di accettare i momenti di follia della mia persona.
è un po' come una torta, noi siamo gli strati e ciò che ci collega a ogni strato, la persona che ci merita e per cui doniamo noi stessi invece, deve essere la ciliegina sulla torta, nemmeno le decorazioni, ma la ciliegina.
non sono mai stata perfetta e mai la sarò e mi piaccio così come sono ad essere sincera, un po' rotta è vero, ma non voglio essere aggiustata, voglio soltanto costruire un qualcosa di vero con chi in futuro sarà la mia persona.
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thekosmicdweller · 3 days ago
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Il Negativo di Lucifero
Il bel verbificare m'è sempre caro in ore di tedio. E mi pare doveroso far sì che si manifesti chiara una cosa: io mi vedo dinanzi al foglio come tintor di tele astruse e invere, ebbre di senso e pregne di mistica estetica. Non colgo torto nel giocar con i figmenti di parlato per generare pesati sintagmi. Per esempio, il torto è colto poichè è ambedue scovato e da me raccolto nella misura in cui è strappato dai fasci d'erba. Questo è quanto mi premeva testimoniare in merito al bel verbificare, e si badi che dico testimoniare in quanto mi faccio vicario del mio pensiero ermeneuticamente convoluto: per cui non mi si venga a dire che vi sia sproposito vanitoso. Il bilancio dell'estetica e del suo senso intrinseco è imperativo. Che termini l'odiosa lamentazione.
È doloroso ammetter la ragione del mio fu compagno Lon per una volta ennesima sulle questioni della vita. In questo breve scritto non farò che dichiarare quanto finalmente ho compreso sull'essere microcosmico e terrestriale, quello di noi uomini, e tratterò della struttura che ho deciso di chiamare Negativo di Lucifero.
Non mi considero un uomo di scienze, seppur vi creda indubbiamente, poichè quel che penso danza per paradossali passi eccessivi, ma ho convinzione ferma e irremovibile che il tutto sia nella logica meccanico - mi si potrebbe puntar contro il dito, alla volta dell'incoerenza, ma so che il discorso di Dio non perisce nè fa perire nulla; che sia dato tempo al tempo, e la soluzione del divin enigma sarà parola -, ed il suo essere meccanico è materia dell'episteme della vita umana.
La vita è di per suo orribile e nefasta, dal momento che i meccanismi chimici delle nostre cervella son così intricati da darci parvenza di un'entità superiore del concepire, che in realtà è non vera. Si vive in un mondo intrinsecamente grigio, nella misura in cui tale è reso dai meccanismi terribili autogenerati in noi; una camera riecheggiante.
È quindi sia sbagliato che giusto affermare questa colorazione delle cose.
Conseguenza di questo paradosso è il male di vivere degli umani.
Le due vie percorribili sono, meramente, quella del paradiso infernale e quella dell'inferno paradisiaco.
In una, la prima, si vive secondo il grigio, nell'altra, la seconda, si osserva il Negativo di Lucifero. Procederò ad illustrarle entrambe.
Chi vive la prima vive più felice, poiché soddisfa la meccanica natura delle cose. Sfama i propri bisogni, adempie ai propri dettami, accetta la realtà e la imbraccia sfruttandone il vero.
Chi vive la seconda è invece più affranto. Immola la sua percezione al Dio Esteta, vive di un maligno mascherato da agnello che si ribalta nel suo realizzarsi, vive la vita falsa ma fa qualcosa che chi vive alla giusta maniera non può fare: le assegna un senso, seppur falso. Ma la sua falsità differisce dal grigio solo qualitativamente.
Ho intensamente ponderato su cosa sia meglio, a livello soggettivo, ed ho trovato la seconda vita migliore. L'unico senso di vivere è trovare un proprio falso senso, falso quanto il suo colore originale poichè mera percezione.
Personalmente ritengo che non vi sia realizzazione o senso migliore della Passione, esplicata nel mio flusso di coscienza precedente.
Chi osa solo proferir parola contro i venti di questa è uno schifoso schiavo del paradiso infernale, vincolato a catene sovrastrutturali che bramo spezzare come se le mie mani fossero tenaglie.
Covo ineffabile odio per coloro che mal interpretano quanto detto.
Se ogni colore fosse unito, non ne verrebbe che grigio. E quel grigio è unto di maligno più di quello naturale.
È il peggiore di ogni colore.
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isjoen · 2 years ago
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L'anno scorso ho finalmente preso coraggio e capito che sono effettivamente bisessuale ma nel concreto non ho mai avuto una relazione con qualche ragazza, solo qualche piccola esperienza di tanto in tanto con la scusa di essere "ubriaca", in fondo chi non bacia le proprie amiche perché sei semplicemente "alticcia".
Comunque settimana scorsa incontro un mio amico che torna dalla Francia e con lui ci sono il ragazzo e una sua amica (entrambi frequentano la mia università), per cui io risulto immediatamente interessata per qualche strana ragione. Insomma ci ho scambiato giusto due parole ma aveva catturato la mia attenzione.
Le ho scritto due giorni dopo e adesso parliamo no-stop dal primo messaggio, fino alle due di notte, discutendo di qualsiasi argomento, non ho sentito paura del giudizio, ci siamo aperte entrambe il giusto senza strafare e soprattutto non ho sentito quelle terribili dinamiche che di solito sento con gli uomini, ho sentito solo la libertà di essere me stessa.
Quando ci siamo viste è stato splendido, lei che viene da me anche per solo due minuti perché ha lezione, mi richiama appena è libera, mi invita a pranzo con lei e i suoi amici a casa sua. Poi il contatto fisico gentile, il toccarle la mano con la scusa di prendere la penna mentre giocavamo a tris e la cosa più bella di salire sul pullman per tornare a casa, girarmi e trovarla che mi guardava ancora. Cosi ci siamo sorrise. Questa cosa mi ha riempito il cuore.
E' così che voglio sentirmi; sono queste le persone che voglio nella mia vita, persone gentili e premurose, perchè io lo sono per gli altri e lo sarò sempre, ma voglio lo stesso per me. Non voglio continuare ad abbassare i miei standard.
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Questione israelo palestinese: terrorismo e diritto
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La questione israelo-palestinese è un conflitto che dura da oltre 70 anni e che vede contrapposti lo Stato di Israele e lo Stato di Palestina. L' ultima deflagrazione del conflitto è avvenuta a seguito dei terribili atti di terrore puro messi in atto da Hamas con lo sconfinamento e le uccisioni molto cruente di cittadini in territorio israeliano. Un'accelerata nella contrapposizione che ci deve ricordare, però, che il conflitto ha radici storiche profonde e si è manifestato in varie forme, da scontri militari a negoziati di pace. Le cause del conflitto Le cause del conflitto israelo-palestinese sono complesse e di lunga data. Tra le principali cause si possono annoverare: - Il conflitto tra ebrei e arabi per la sovranità sulla Terra Santa. - La nascita di Israele nel 1948, che ha provocato la fuga o l'espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi. - L'occupazione israeliana dei territori palestinesi, iniziata nel 1967. - La discriminazione nei confronti dei palestinesi da parte delle autorità israeliane. La questione dei confini La definizione dei confini tra i due stati è una delle questioni più delicate del conflitto. Entrambe le parti hanno rivendicazioni territoriali che sono incompatibili. - La questione dei rifugiati - Il problema dei rifugiati palestinesi è un altro ostacolo alla soluzione a due stati. Ci sono circa 5 milioni di rifugiati palestinesi che vivono nei campi profughi in tutto il mondo. Questione israelo palestinese. La necessità di un intervento internazionale La comunità internazionale è chiamata, ora più che mai, ad intervenire. Un ruolo importante potrebbe essere svolto dagli Stati Uniti, che sono il principale alleato di Israele; ma l'azione della comunità internazionale dovrebbe essere atta sì a colpire il terrore ma dovrebbe scindere l'equazione bestiale che oggi accomuna il popolo palestinese al terrorismo. Gli Stati Uniti dovrebbero esercitare la loro influenza su Israele per indurlo a fare concessioni ai palestinesi. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti dovrebbero, magari, sostenere la creazione di uno stato palestinese indipendente anche se questa sembra sempre più una soluzione anacronistica. Una soluzione pacifica del conflitto israelo palestinese è necessaria, anche e soprattutto, per garantire la pace e la stabilità nella regione. La questione israelo-palestinese è un conflitto complesso e difficile da risolvere ma almeno questa volta è auspicabile che a livello internazionale si rifugga dallo stereotipato meccanismo dello schieramento in fazioni come gli ultras delle squadre di calcio. Ascolta gli altri podcast Foto di Stephen Norris da Pixabay Read the full article
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kneedeepincynade · 2 years ago
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Liz Truss makes a fuss about China and taiwan,but knowing her,whatever she will do will end like her government: in a short time and in a big humiliation for her
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
⚠️ LIZ TRUSS, ULTRA-GUERRAFONDAIA ANTI-CINESE, È STATA "POLITICAMENTE RIESUMATA", E GUIDERÀ UNA DELEGAZIONE BRITANNICA PRESSO IL REGIME-FANTOCCIO DI TAIWAN ⚠️
🤡 Non c'è fine al peggio, e il Teatro del Ridicolo, a cui si rifanno principalmente gli imperialisti USA e i neo-colonialisti britannici, continua a produrre "spettacoli" sempre più "pirotecnici", guerrafondai e avventuristi 🤮
🤣 Vi ricordate di Liz Truss? Il suo Governo è stato il più breve nella storia del Regno Unito, e ha rappresentato l'ennesimo fallimento di un Paese Occidentale nel tentare di continuare sulla via del fallimentare neo-liberismo e del più sfrenato atlantismo anti-Russo e anti-Cinese 🤡
🤦‍♀️ Ecco, proprio lei, è stata "politicamente riesumata", e guiderà una delegazione di membri del Governo dell'UK presso il regime-fantoccio di Taiwan, in arrivo a Taipei il 17 maggio, per tenere un discorso presso la Prospect Foundation, un "think tank" dell'Isola 🤡
🇹🇼 Le autorità del regime-fantoccio ancora non hanno dichiarato con quali funzionari si incontrerà la guerrafondaia britannica, che ha definito il fasullo regime di Tsai Ing-wen come «un faro di libertà e democrazia», dichiarando di non vedere l'ora di «mostrare solidarietà al popolo taiwanese (❔) di fronte al comportamento sempre più aggressivo e alla retorica del regime di Pechino» 🤡
🤮 Tale visita, con tali presupposti, non rappresenta solamente un'ulteriore violazione del Principio dell'Unica Cina, ma nasconde anche le medesime visioni di falchi della guerra come Mike Pompeo, Kevin McCarthy e John Bolton, che vorrebbero "riconoscere" l'Indipendenza del regime-fantoccio 🤡
🤗 Le persone, presso l'Isola, la pensano molto diversamente da questi avventuristi-guerrafondai:
🐲 Taiwan è parte integrante del territorio Cinese - Storia di Taiwan, dall'Impero Celeste fino ad oggi 🀄️
🔺Ma Ying-jeou (KMT): "Le persone, su entrambe le Sponde dello Stretto di Taiwan, appartengono alla medesima famiglia" 💕
🔺Yok Mu-ming (NP): "Taiwan e la Cina Continentale costituiscono un'unica famiglia" 💕
🔺中华爱国同心会 - Associazione Patriottica Cinese di Taiwan 💕
🔺中华统一促进党 - Partito per la Promozione dell'Unificazione Cinese a Taiwan 💕
🔺中华两岸和平发展联合会 - Federazione Cinese per lo Sviluppo della Pace nello Stretto 💕
🤔 Prima ancora di trattare l'argomento del possibile crollo delle Relazioni, già molto tese, tra Regno Unito e Cina, è necessario fare una breve cronistoria dell'atteggiamento del Governo Truss verso la Cina:
一 Ancor prima di essere ufficialmente nominata PM, Liz Truss annunciò che l'UK «si sarebbe schierato con decisione dalla parte dell'Australia», contro la Cina, segnando ufficialmente la ridicola entrata in campo dell'Australia nel processo di contenimento della Repubblica Popolare 🇨🇳
二 Alla CNN, annunciò che i Paesi Alleati dovevano unirsi e garantire la "protezione" (ovvero: le basi per la Guerra per Procura, sulla pelle della Popolazione dell'Isola) del regime-fantoccio, ponendosi subito in una posizione di violazione del Principio dell'Unica Cina 🤡
🤔 Tuttavia, le terribili misure da lei adottate, atte ad arricchire 2% che detiene già la maggior parte della ricchezza del paese, colpendo duramente la gente comune, crearono fin da subito giganteschi problemi economici, che portarono il suo "Governo" a durare meno del latte aperto in frigo 🤡
🚩 Gao Zhikai, Portavoce del Partito Comunista Cinese, ha dichiarato che tale visita farà crollare le Relazioni Sino-Britanniche, affermando che «movimenti illegali di persone come Liz Truss aumenteranno la probabilità che la Cina eserciti la sua giurisdizione su Taiwan prima, piuttosto che dopo» 🌟
💬 "Sono abbastanza sicuro che Truss vivrà abbastanza per vedere Taiwan riunita alla sua Terra Natale, la Cina 💕", ha dichiarato Gao Zhikai, e che «sarà ritenuta responsabile di aver guardato e agito nella direzione opposta, contro la Riunificazione Pacifica della Cina» 🔥
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⚠️ ANTI-CHINESE ULTRA-WAR LIZ TRUSS HAS BEEN "POLITICALLY RESUMED", AND WILL LEAD A BRITISH DELEGATION TO THE TAIWAN PUPPET REGIME ⚠️
🤡 There is no end to the worst, and the Theater of Ridicule, mainly used by the US imperialists and the British neo-colonialists, continues to produce more and more "pyrotechnic" "shows", warmongers and adventurers 🤮
🤣 Do you remember Liz Truss? Her government was the shortest in the history of the United Kingdom, and represented yet another failure of a Western country in trying to continue on the path of failed neo-liberalism and the most unbridled anti-Russian and anti-Chinese Atlanticism 🤡
🤦‍♀️ Well, she has been "politically resurrected", and will lead a delegation of members of the UK Government to the puppet regime of Taiwan, arriving in Taipei on May 17, to give a speech at the Prospect Foundation , an island "think tank" 🤡
🇹🇼 The authorities of the puppet regime have not yet declared which officials the British warmonger will meet with, who has defined the bogus regime of Tsai Ing-wen as "a beacon of freedom and democracy", declaring that she can't wait to «show solidarity with the Taiwanese people (❔) in the face of increasingly aggressive behavior and rhetoric of the Beijing regime» 🤡
🤮 Such a visit, with these assumptions, not only represents a further violation of the One China Principle, but also hides the same visions of war hawks like Mike Pompeo, Kevin McCarthy and John Bolton, who would like to "recognize" Independence of the puppet regime 🤡
🤗 People on the Island think very differently from these warmongering adventurers:
🐲 Taiwan is an integral part of Chinese territory - History of Taiwan, from the Celestial Empire to the present 🀄️
🔺Ma Ying-jeou (KMT): "People on both sides of the Taiwan Strait belong to the same family" 💕
🔺Yok Mu-ming (NP): "Taiwan and Mainland China are one family" 💕
🔺中华爱国同心会 - Taiwan Patriotic Association of China 💕
🔺中华统一促进党 - China Taiwan Unification Promotion Party 💕
🔺中华两岸和平发展联合会 - China Federation for the Development of Straits Peace 💕
🤔 Before even discussing the possible collapse of the already very tense relations between the United Kingdom and China, it is necessary to give a brief history of the attitude of the Truss Government towards China:
一 Even before being officially named PM, Liz Truss announced that the UK "would decisively side with Australia", against China, officially marking Australia's ridiculous entry into the process of containment of the People's Republic 🇨🇳
二 On CNN, she announced that the Allied Countries had to unite and guarantee the "protection" (i.e.: the basis for Proxy War, on the skin of the Population of the Island) of the puppet regime, immediately placing himself in a position of violation of the Principle of the One China 🤡
🤔 However, the terrible measures she adopted, aimed at enriching 2% who already hold most of the country's wealth, hitting ordinary people hard, immediately created gigantic economic problems, which led her "Government" to last less than some milk open in the fridge 🤡
🚩 Gao Zhikai, spokesperson for the Communist Party of China, said the visit would bring down Sino-British relations, saying "illegal movements of people like Liz Truss will increase the likelihood of China exercising its jurisdiction over Taiwan sooner rather than later » 🌟
💬 "I'm pretty sure Truss will live to see Taiwan reunited with its Homeland, China 💕," said Gao Zhikai, and that "she will be held responsible for looking and acting in the opposite direction, against the Peaceful Reunification of China" 🔥
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omarfor-orchestra · 2 years ago
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Quando faranno vedere le nomination delle serie io a un prof non so se sia peggio la scena del coming out o del bacio
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calimesblog · 3 years ago
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Vanity (Polin Week Day 2 - Prompt: Mirrors)
Fandom: Bridgerton Series - Julia Quinn Rating: T Relationship: Colin Bridgerton/Penelope Featherington Characters: Colin Bridgerton, Penelope Featherington Additional Tags: Fluff, Domestic Fluff, Slice of Life, Pregnancy, Mirrors, Married Couple, Married Life Notes: Ok, this is my first time writing Polin (and Bridgerton in general) so I'm a little bit nervous. But I really wanted to do something for Polin Week! I'm sorry 'cause it's in italian (I'm not so good or confident to write in english). Hope you enjoy it anyway ❤
Read on AO3
Penelope Featherington non aveva una particolare predilezione per gli specchi. Non li amava, non li odiava, li tollerava per via della loro utilità. Quelle superfici riflettenti erano necessarie per il solo fatto di poter apprezzare il lavoro delle domestiche e sincerarsi di persona come fosse stata addobbata per l’ennesimo evento mondano della società, se avesse avuto qualche ricciolo fuori posto, una piegatura errata nella stoffa o una sbavatura nel trucco. Non vi era nulla di peggiore che apparire trasandata, seppure quel puro impeto di orgoglio tutto femminile non le avrebbe fatto trovare più in fretta marito.
Gli specchi non erano neppure mai stati clementi nel loro verdetto, tristemente uguale di occasione in occasione: Penelope Featherington era paragonabile ad un agrume troppo maturo, con quei capelli rossicci, la carnagione spruzzata di lentiggini e le forme abbondanti strette in abiti dagli sgargianti e vivaci colori, tra i quali spiccavano brillanti gradazioni di giallo.
Poi, semplicemente, un giorno, era tornato Colin Bridgerton da uno dei suoi viaggi e non era più ripartito.
«Penelope?»
Colin si annunciò con un richiamo e un leggero bussare. Poi, in assenza di risposta, aprì e si affacciò dalla porta della loro camera da letto, sapendo esattamente dove posare lo sguardo. Oltre il letto, nell’angolo che la moglie aveva dedicato alla toelettatura, si trovava un meraviglioso specchio ovale, ormai diventato il posto preferito di lei, dopo le braccia di lui e la biblioteca.
Ed era proprio Penelope, la donna intenta a rimirare il proprio riflesso. Sorrideva con una complicità che solo lei poteva capire, lisciava la veste da camera contro le proprie forme per evidenziarle e capire se fossero mutate anche solo di qualche millimetro dal giorno precedente. Era una sorta di rito privato che, pur ritrovandosi spesso ad assistervi, Colin sapeva di non poter comprendere nella sua interezza.
Penelope non si era mai trovata oggettivamente bella, bella come lo erano le altre giovani, avvenenti e, all’apparenza, più promettenti debuttanti. Era, però, orgogliosa della donna che era diventata e delle conquiste che aveva ottenuto nelle vesti di Lady Whistledown ed altrettanto confidente nelle proprie qualità.
Tuttavia, le fondamenta su cui poggiavano quell’orgoglio e quella confidenza erano le molte, troppe, insicurezze causate da un passato di inaccettabile indifferenza da parte della società, famiglia Featherington e lui stesso compresi. Per questo e perché era incredibilmente e magnificamente pazzo di lei, Colin aveva deciso di seguire pedissequamente i voti nuziali, rispettandola ed amandola ogni giorno, e nondimeno si era prodigato nel dimostrarle quello che vedeva lui per mezzo di un uso meno convenzionale dello specchio che avevano a disposizione. Se, all’inizio dell’esperienza, Penelope ne era stata deliziata ed eccitata, a mano a mano che lui procedeva nello svelare ed esplorare in maniera più approfondita del solito quel corpo, che già conosceva, l’aveva sentita agitarsi, tremare e sfuggirgli. Le aveva anche sentito pronunciare parole terribili, che credeva di averle fatto dimenticare, come: «Non sono bella», e così ben volentieri si era occupato di mostrarle la menzogna di una tale atrocità ed assicurato che non le uscisse di bocca mai più. Se, all’inizio dell’esperienza, Penelope ne era stata deliziata ed eccitata, a mano a mano che lui procedeva nello svelare ed esplorare in maniera più approfondita del solito quel corpo, che già conosceva, l’aveva sentita agitarsi, tremare e sfuggirgli. Aveva anche udito parole terribili, come: «Non sono bella», una convinzione che lui credeva di aver già sradicato in lei, e così ben volentieri si era assicurato che un’atrocità del genere non le uscisse di bocca mai più.
Che quell’episodio potesse scatenare in Penelope vanità, non l’aveva lontanamente supposto e, la prima volta che l’aveva sorpresa ad osservarsi con interesse allo specchio, ne era rimasto colpito. Adesso che lei indugiava più di sovente in quell’attività, ne era intenerito e commosso.
Colin era fiero di essere suo marito. Nei suoi occhi, in cui si erano riflesse le molteplici e variegate bellezze del mondo, vi si era imposta la più stupefacente di tutte.
«Colin!» esclamò Penelope, voltandosi di scatto non appena ebbe scorto la figura di lui nello specchio.
Colin alzò un angolo delle labbra e, dalle spalle, la condusse nuovamente di fronte al riflesso. L’abbracciò da dietro, avvolgendola tra le braccia, e venne ripagato dalle sue guance che si colorano di apprezzamento e una punta di imbarazzo.
Penelope si vergognava di sé stessa per quella frivolezza che non le era mai appartenuta; Colin avrebbe forse pensato male di lei?
«Non ti ho sentito arrivare» sussurrò.
«Non volevo disturbarti» rispose lui, affondandole il viso tra i capelli.
Penelope, allora, si rilassò tra le sue braccia, beandosi di quel momento di strana intimità, diversa dai doveri coniugali che consumavano di notte. Colin era sereno e quella serenità permeava anche l’animo di lei, facendola sentire leggera ed ebbra al tempo stesso.
Colin si abbassò a posarle un bacio sul collo e portò le mani sopra il suo ventre teso e arrotondo. «Mi stavo chiedendo se dovessi morire di fame nell’attenderti».
Penelope coprì le sue mani con le proprie e appoggiò la nuca contro la sua spalla. Ruotò il collo verso di lui e naso e guancia sfregarono contro la sua camicia, pizzicandole la pelle con le briciole presenti e che lui non si era neppure curato di spazzare via per rendere più credibile quella recita. Sbuffò tra la rassegnazione e il divertimento e a Colin bastò un piccolo movimento per silenziare qualsiasi cosa lei stesse per dire, con un bacio al sapore di burro e marmellata.
«Bugiardo» soffiò lei contro le sue labbra.
Colin alzò entrambe le sopracciglia con l’aria insolente di un bambino. «Ho solo assaggiato qua e là per controllare che il cibo fosse buono abbastanza per voi due. È ancora tutto intatto a tavola».
«Davvero?» domandò lei con scetticismo. Conosceva la fame atavica di lui e non gli credeva.
Il marito la ricambiò con la stessa sagacia. «È il sarcasmo di Lady Whistledown quello che sento, tesoro?»
Penelope rise e si voltò completamente verso di lui che l’accolse con un sogghigno malandrino.
«Questa Autrice» attaccò lei tra il serio e il faceto, «riferisce di aver assistito con i propri occhi, più e più volte, al modo garbato, seppur nella mostruosità del suo appetito, con cui Colin Bridgerton spazzola interi piatti di leccornie a qualsiasi ballo della società sia stato invitato. Avesse preso coscienza di ciò prima della sua proposta di matrimonio, la sua amatissima signora Penelope Bridgerton avrebbe ponderato certamente con più attenzione la risposta da dare, in particolar modo adesso che deve mangiare per due». Prese un respiro per declamare con estrema pomposità: «Questa Autrice non vorrebbe essere nei panni della suddetta e neppure del bambino che potrebbe ereditare questo tratto del padre. Poveretto!»
Gli occhi di Colin si illuminarono vispi e con la fronte urtò giocosamente quella di lei. «Poveretto? Non dovremmo temere, al contrario, che diventi vanitoso come la madre?»
Penelope sussultò e distolse lo sguardo, imbarazzata dall’appunto. «Non sono vanitosa».
«No, ma non sono io quello che alla mattina ritarda la colazione per guardarsi allo specchio».
Lei avvampò. «È perché sono un disastro e non voglio che tu mi veda scarmigliata più del necessario».
Colin ridacchiò per l’assurdità di quella giustificazione; l’aveva vista più e più volte in disordine, bellissima, e tutte le volte lo era stata per i motivi più giusti.
Le alzò il mento per ritrovarsi nei suoi occhi e trasmetterle tutto l’amore che provava per lei. «Penelope, se sei scarmigliata è perché noi-».
«Colin!» lo interruppe lei con il volto in fiamme. Sgranò gli occhi e, contagiata dal suo divertimento, le labbra formicolarono per schiudersi in un sorriso. «Lo so, il perché!»
«Oh, peccato» s’imbronciò lui. «Sarebbe stato un vero piacere rinfrescarti la memoria» le sussurrò con voce roca e suadente.
Penelope premette i palmi contro il suo petto per allontanarlo e non cedere alla tentazione. «N-Non ce n’è bisogno». La colazione era pronta e lei era in ritardo. Non era proprio il caso di tergiversare ancora e così scivolò via dal suo abbraccio. «Adesso mi cambio e arrivo. Sto morendo di fame anch’io».
Colin le afferrò il polso fermandola mentre si dirigeva verso la toeletta. «Questo tuo rifiuto mi ferisce» sospirò drammaticamente, facendole un appassionato baciamano.
Lei rabbrividì, ma resistette con tenacia. «Dopo, sarò tutta tua» cedette, lusingata e desiderosa di averlo anche lei tutto per sé.
Il marito la lasciò andare. «E se la facessi portare qui?»
Penelope si sedette davanti al mobile e afferrò la spazzola per districare i nodi dei capelli – Colin amava passarci le dita attraverso e stringerli mentre facevano l’amore e, la mattina dopo, il risultato era un ammasso intricato di rovi.
«La colazione? Non siamo più novelli sposini» rispose, confusa.
Colin scrollò le spalle. «Che importa? Non ti senti bene e hai bisogno di essere imboccata». Le sue labbra si piegarono con malizia e i suoi occhi si scurirono di lussuria. «Da me».
Penelope esplose in una risata incredula, nonostante fosse evidente la serietà della sua proposta.
Colin corrugò la fronte. Non era possibile che lei ignorasse con così tanta disinvoltura i suoi molteplici e molto efficaci tentativi di seduzione. Forse era colpa della gravidanza e non provava più desiderio sessuale per lui? Eppure, la notte appena trascorsa lei non gli aveva dato quell’impressione.
Le si avvicinò, un po’ risentito. «Se non ti conoscessi e non fossimo sposati, potrei pensare che tu sia innamorata più del tuo riflesso che di me».
Penelope si mangiò un sorriso senza distogliere l’attenzione dal rettangolo posto sopra il mobile e che le mandava indietro il volto felice di una donna in cui riconosceva soltanto le fattezze: le gote tonde, le labbra piene, la curva del naso e il taglio e il colore degli occhi; il resto, il rossore, il sorriso e il luccichio, le appariva ancora deliziosamente estraneo, nonostante avesse avuto il tempo per abituarsi agli effetti che la vicinanza di Colin suscitavano in lei.
«È anche colpa tua, se passo così tanto tempo davanti allo specchio» lo rimproverò bonariamente.
Colin si appoggiò alla toeletta con un fianco, osservandola perdersi nella propria contemplazione. «Giuro che quella volta non era stata questa la mia intenzione».
«No». Penelope scosse la testa e appoggiò la spazzola sul ripiano per volgersi verso di lui.
Gli prese una mano tra le proprie e la accompagnò sopra lo stomaco, abbassando lo sguardo per contemplare il miracolo che avevano compiuto insieme. Colin mosse le dita procurandole impalpabili carezze che la fecero sentire amata, che fecero sentire entrambi amati.
«Mi sembra di vedere il nostro piccolo attraverso i cambiamenti del mio corpo» rivelò, emozionata.
Colin le spostò un ricciolo dietro l’orecchio, incorniciandole quel lato del viso con la mano libera. Appoggiò le labbra sulla sua fronte con dolcezza e le sorrise di cuore. «Anche io sono impaziente di incontrarlo».
Penelope si illuminò e si sporse chiedendogli silenziosamente un nuovo bacio a cui lui non si negò.
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corallorosso · 4 years ago
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SERVI DEL NAZISMO ANCHE DURANTE L’OLOCAUSTO. QUANDO I FASCISTI FACEVANO DA MANOVALANZA PER CATTURARE E DEPORTARE MIGLIAIA DI PERSONE VERSO MORTE CERTA “Al momento della cattura la bambina Calò Emma, di anni 6, impaurita si aggrappò, piangente, alla veste della portiera, cercando aiuto e protezione. I coniugi Berna, commossi, pregarono il funzionario perché desistesse dal suo proposito, ma questi fu irremovibile.” Così viene descritto in un verbale l’arresto della piccola Emma, che venne catturata con la mamma, i fratelli e i nonni in uno stabile romano il 14 marzo 1944. Ad arrestarla non furono le terribili SS, ma semplici funzionari di polizia italiani, così come accadde a tanti altri negli anni della R.S.I. La piccola Emma, così come sua madre, dopo essere stata trasferita a Fossoli, verrà condotta ad Auschwitz. Entrambe non faranno ritorno. Il fascismo del ventennio promulgò le leggi razziali, con tutte le nefaste conseguenze del caso, mentre quello della Repubblica Sociale partecipò in maniera determinate all’Olocausto contribuendo a catturare, imprigionare e deportare parte degli ebrei presenti in Italia. Nel 1943 nelle zone controllate dalla R.S.I vi erano circa 43.000 ebrei. Di loro 8000 vennero condotti nei lager nazisti, appena 610 sopravvissero. Se da un lato infatti numerosi italiani si adoperarono per nascondere e salvare renitenti alla leva, dissidenti politici ed ebrei, furono, purtroppo, migliaia i nostri connazionali che collaborarono attivamente alle deportazioni mettendosi al servizio della macchina di sterminio nazista. Le ricerche dimostrano in maniera inequivocabile il ruolo avuto dai gruppi paramilitari fascisti. Dalla banda Kock alla Guardia nazionale repubblicana, dagli uomini della legione Muti alla milizia fascista, nessuno si tirò indietro in questa sporca pagina di storia. Ai rastrellamenti e alle operazioni di imbarco verso i lager parteciparono anche le forze di polizia, carabinieri, guardia di finanza. Così come numerosi membri delle amministrazioni locali fornirono un supporto logistico e burocratico determinante. Chiaramente non mancarono nemmeno casi di singoli civili che denunciarono persone che si erano nascoste. A sovrintendere alle operazioni, l’ispettorato della razza, creato da Giovanni Preziosi, delirante ideologo della purezza nostrana. Sotto la sua egida vennero stilati nuovi criteri per inasprire nella R.S.I la vecchia legislazione razzista. E Mussolini? Mussolini sapeva tutto. Già nei primi mesi del '43 era stato perfettamente informato da Ciano su quello che avveniva nei campi di sterminio tedeschi. In seguito appoggiò l’attività di Preziosi e del suo ispettorato senza alcuna remora. Ancora oggi certa propaganda tende a minimizzare l’accaduto. Ebbene, se non fossero stati catturati dai fascisti, molti uomini e donne non avrebbero finito le loro vite in un lager. Cronache Ribelli
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october24th · 4 years ago
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Ho iniziato a scrivere i resoconti per me stessa. Ero stanca di vedermi in quell’enorme e oscuro punto fisso. Volevo cambiamento e dinamicità. Ho iniziato a scriverli e a muovere i miei piedi in avanti ogni giorno di più e voltando l’occhio al passato e osservando Alessia in un angolino ferma ma tremolante posso dire che sono fiera di ciò che sono e ciò che ho fatto. Sto facendo del mio meglio. Rileggendo i primissimi resoconti mi sono resa conto del fatto che mi sono lasciata andare in una maniera incredibile. Nel resoconto numero 1 parlai solamente dal danno che combinai ai capelli; non c’erano sentimenti, non c’era verità. Il mio problema è sempre stato quello di mostrare ciò che volevo fosse realtà, ma che in realtà mi mancava. La famiglia felice, una relazione sana e forte, innumerevoli amicizie e mai un momento di debolezza. Ora scrivo quante volte piango, quante volte non ho voglia di sorridere o di mangiare. Butto giù rabbia, paura, nervosismo, insicurezza, ma anche gioia e meraviglia... quelle vere. Ora scrivo per me e per il mio diario. Se non aggiungo particolari specifici mi sembra di nascondere ciò che sono, ciò che provo e di mentire. E lo sappiamo che non so dire bugie. Ciò che voglio è confidare un pezzetto per volta, per sentirmi più libera e sincera.
Avevo due anni quando il rapporto tra mamma e papà si è guastato. Lui lavorò per un periodo fuori regione ed ebbe rapporti occasionali. Quando tornò a casa da noi era diverso nei confronti di mamma. Loro litigavano e il dialogo non era mai presente. Lui si infilò in rapporti extraconiugali e fu capace di infilarci anche me e mia sorella. Eravamo entrambe piccole, nessuna delle due capiva e ci spinse a coprirlo, così come le sue sorelle e sua madre. Inutile dire che mamma lo scoprì e lui se ne andò di casa. Ricordo che mamma mi diceva che lui tornava a casa da lavoro quando io già dormivo e lasciava casa per lavoro quando io ancora dormivo. Mamma lo perdonò e lo fece tornare a casa per il nostro bene. Tuttavia il rapporto era scheggiato ed era difficile ripararlo. Di quel periodo ricordo che non avevo per niente voglia di mangiare, specie a cena quando a tavola era seduto anche lui. Ogni volta mi urlava ed io mi rintanavo in cameretta o nel bagno a piangere. Ricordo un loro litigio in particolare. Eravamo tutti e tre nel corridoio, loro urlavano... poi uno schiaffo. Ricordo che papà usciva spesso con mia sorella maggiore, mentre io il tempo con lui non lo passavo nemmeno in casa. Ricordo i regali di Natale e le uova di pasqua che non mancavano mai come a completare il vuoto lasciato dalla sua assenza anche durante la sua presenza. L’unico ricordo che ho con lui è quando decise di togliere le rotelle alla mia bici arancione e nera e mi aiutò a pedalare senza cadere.
Poi nacque rebbi, avevo sei anni. Ci trasferimmo in una casa più grande con il giardino, quella in cui lui abita da solo ora; e le cose peggiorarono a dismisura. Il mio appetito mancava sempre di più, così come il mio rapporto con papà. Iniziarono a litigare sempre più, a volte intervenivano i miei zii preferiti. Papà iniziò ad uscire più spesso, ogni volta diceva “solo dieci minuti e torno” e io pensavo “ancora dieci minuti e torni”. Mamma cadde in depressione. Eravamo sole. Alle elementari nessuno voleva essere mio amico e a casa non mi sentivo al sicuro. Avevo undici anni quando scoprii che papà tradiva mamma, di nuovo. Avevo undici anni quando mi chiusi totalmente in uno scrigno per poi uscire otto anni dopo. Fortunatamente nel periodo delle scuole medie avevo due rifugi... la mia professoressa di italiano e il mio zio preferito con il quale passavo ogni weekend. In quel periodo iniziai a leggere un sacco di libri e a guardare una marea di anime. Aprivo un libro, mi posizionavo davanti allo schermo e evadevo dalla realtà e quando arrivavo all’ultima pagina o all’ultimo episodio ne cominciavo uno nuovo. Non confessai ciò che avevo scoperto a mamma. L’unico pensiero che fluttuava nella mia mente era “perché papà preferisce passare il tempo con un’altra donna o un’altra famiglia? Perché non con me?” Mandai un messaggio a quella donna e ovviamente non mi rispose. Papà sapeva che io sapevo.
Avevo tredici anni quando lo riveli a mamma. Io, mamma e mia sorella minore ci trasferimmo da mia nonna, mentre mia sorella maggiore rimase con papà. Quando iniziai il liceo tornai da papà per una comodità scolastica. Ho imparato a cucinare in quel periodo. Festeggiai il mio quattordicesimo compleanno due volte, un giorno con mamma e i miei nonni e un giorno con papà. Fu quello il periodo in cui mi legai a mio nonno più di quanto mi sia mai legata ad una persona. C’era anche Imma con me, la mia metà. Mamma perdonò papà una seconda volta, il suo ritorno a casa combacia con l’inizio del secondo anno di liceo. Ancora non comprendo le motivazioni dato che l’anno successivo, durante il mio terzo anno di liceo, mamma decise di prendere una casa solo per noi, senza di lui... papà continuava a tradirla. Ovviamente ci diede libera scelta. Io a papà dissi “non ti voglio proprio vedere”. Furono le uniche parole che riuscii a dirgli. Ogni volta che aprivo bocca scoppiavo a piangere. Ricordo quando mentre scaricavamo i mobili dal camion sentii il rumore di un motorino e di scatto mi girai verso di questo sperando di vedere papà. Ricordo quando papà venne a prendersi le chiavi di casa, mamma mi chiese di rendergliele ed io scesi giù, gliele porsi senza dire una parola e lui disse “non mi saluti?”, gli dissi “non voglio, prenditi ste chiavi” e me ne andai. Tutti quegli anni a disposizione per provare a costruire un rapporto con me e decisi che ormai era troppo tardi. Mamma lo perdonò ancora? Si, ma non tornammo da lui. Facevano i fidanzatini, uscivano da soli, organizzavano pranzi e cene a cui noi dovevamo andare per forza. Pian piano mi abituai a quei momenti insieme e quando finalmente la rabbia e il rancore cominciarono ad affievolirsi ci fu l’ennesimo allontanamento tra di loro e di conseguenza tra me e lui. Io passavo sempre più tempo con Imma. Dopo un’altra delusione. La preside della scuola ordinò lo smistamento della nostra classe ed io e lei fummo allontanate. Nello stesso periodo mia zia si ammalò di cancro e la sua malattia mi entrò nella testa mescolandosi con la separazione così tanto che abbandonai il terzo anno di liceo. Non ce la facevo. Passai dei mesi terribili, volevo parlare con qualcuno... con uno psicologo, ma mamma me lo negava. Per lei la mia condizione non era per niente paragonabile alla sua e non ne avevo bisogno. Zia morì poco dopo.
Quando a settembre ricominciai ad andare a scuola concentrai tutte le mie forze nello studio. Era quella la mia forma di evasione. Quell’anno conobbi Lucia, mi fidanzai, litigai con Imma e con papà che mi disse “non ti voglio vedere, non mi chiamare più”. Poi Natale forzato con lui. Poi mamma e papà si riavvicinarono, addirittura ci dissero di voler cercare casa tutti insieme. Poi litigarono ancora. Nello stesso anno nonno si ammalò e lo persi sotto i miei occhi. Se davvero esiste un’entità superiore a noi... beh, questa non è dalla mia parte. Poi arrivò il mio diciottesimo compleanno e a quel giorno appartiene forse il ricordo più bello che ho con papà. Mi scrisse un bigliettino, lo lessi nella mia mente davanti a lui e scoppiai a piangere, ed anche lui. Ci abbracciammo. Mamma e papà fecero pace, altra ricerca di appartamenti per tornare tutti insieme, altri litigi, altro allontanamento. Intanto feci pace con Imma, è l’unica a conoscere il contenuto del bigliettino che babbo mi scrisse. Arriviamo all’anno scorso, ennesima ricerca di appartamenti ed ennesima delusione. Era la vigilia di Natale e non so cosa mi accadde... so solo che dissi a mio padre “ho capito che posso avere un rapporto con te anche se tu non ce l’hai con mamma” e gli dissi di voler andare a vivere con lui. Ho iniziato a costruire un rapporto con mio padre all’età di diciannove anni e nel mentre si è sfasciato quello con mamma che, presa dalla gelosia, non riesce ad accettarlo. Queste sono cose che fino a poco tempo fa non riuscivo né a scrivere né a dire. Il foglio rimaneva bianco e le parole mi si bloccavano nello stomaco... e ora ho scritto sette pagine di diario. Ecco, ora ho difficoltà a concludere il discorso. Sono fiera di ciò che sono e del modo in cui ho affrontato le cose. Nonostante tutto. Ora io e papà non sappiamo stare senza l’altro. Anche se si è realizzato il mio desiderio più grande, ho ancora aperta la questione “mamma” che ora mi vede come vede papà, il male. Non ho avuto attimi di pace o momenti di tregua... e ora riuscire a sostenere il peso di tutto questo sulle spalle mi fa sentire orgogliosa dentro.
Cavolo se mi sento più libera adesso!
Questa sono io.
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newsintheshell · 3 years ago
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Crunchyroll, ecco i primi anime estivi che arriveranno sulla piattaforma di streaming
Già confermato il simucast di nove nuove serie e altre sono ancora da svelare.
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Annunciati da Crunchyroll i primi anime che andranno a far parte dell’imminente palinsesto estivo 2021 della piattaforma, che come ormai ci ha abituato, fra novità stagionali e serie in corso, vedrà il catalogo italiano riempirsi di titoli un po’ per tutti i gusti, da seguire in streaming on demand, in contemporanea con la trasmissione giapponese.
NUOVI SIMULCAST
GIRLFRIEND, GIRLFRIEND
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Serie animata basata su “Kanojo mo Kanojo”, la nuova commedia romantica firmata Hiroyuki (Mangaka-san to Assistant-san to, Doujin Work, Aho Girl).
Naoya Mukai ama Saki Saki sin dalle elementari, e quando lei finalmente accetta i suoi sentimenti, lui è al massimo della felicità. Poco dopo, però, una bella ragazza di nome Nagisa Minase confessa a Naoya di essere innamorata di lui! Non volendo ferire i sentimenti di nessuna delle due ragazze, Naoya decide di uscire con entrambe! Cosa uscirà da questo triangolo amoroso che sfida il senso comune?
L’adattamento è diretto da Satoshi Kuwahara (The Quintessential Quintuplets, Adachi to Shimamura) presso gli studi TEZUKA PRODUCTIONS (The Quintessential Quintuplets, Adachi to Shimamura). La sceneggiatura sta venendo curata da Keiichirou Ochi (Hinamatsuri, The Quintessential Quintuplets, Machikado Mazoku) e Kazuhiko Inukai, Mayumi Morita (Dagashi Kashi 2), mentre il character design è in mano ad Akiko Toyoda (direttrice d’animazione in Adachi to Shimamura). Le musiche sono invece composte da Miki Sakurai (Machikado Mazoku) e Tatsuhiko Saiki (My Next Life as a Villainess: All Routes Lead to Doom).
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I’M STANDING ON A MILLION LIVES (Stagione 2)
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Torna la serie tv tratta dal manga fantasy isekai scritto da Naoki Yamakawa e disegnato da Akinari Nao (Trinity Seven). La prima stagione di 12 episodi è andata in onda lo scorso autunno ed è già disponibile in streaming sulla piattaforma.
Il distaccato e razionale alunno di terza media, Yusuke Yotsuya, viene trasportato in un mondo parallelo che sembra un videogioco. Diventa il terzo giocatore e si imbarca in una pericolosa missione insieme ai suoi compagni di classe Iu Shindo e Kusue Hakozaki, teletrasportati lì prima di lui. Il freddo Yusuke rifugge ogni dimostrazione di emozione ed esamina ogni elemento con distacco, talvolta prendendosi gioco delle vite dei suoi compagni. Potrà proteggere il suo gruppo dagli attacchi dei mostri, i terribili incidenti e i piani dei nemici per vincere il gioco?
L’adattamento è diretto da Kumiko Habara (assistente di regia in Angolmois: Record of Mongol Invasion) presso lo studio MAHO FILM (If It’s for My Daughter I’d Even Defeat a Demon Lord, By the Grace of the Gods). La sceneggiatura è supervisionata da Takao Yoshioka (High School DxD, Bugie d’aprile), mentre il design dei personaggi è curato da Kaho Deguchi (By the Grace of the Gods), Eri Kojima (I’m standing on 1,000,000 lives) e Toshihide Masudate (In Another World With My Smartphone)
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PEACH BOY RIVERSIDE
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Serie animata basata sul manga adventure fantasy scritto da Coolkyoushinja (Komori-san Can’t Decline, I Can’t Understand What My Husband Is Saying e Miss Kobayashi’s Dragon Maid) e disegnato da Johanne, che prende spunto dal famoso racconto giapponese di Momotaro, reinventandolo.
Saltherine Aldarake è una giovane principessa sempre solare e allegra, desiderosa di andare all'avventura perché annoiata dalla vita nell suo piccolo castello in campagna. Un giorno, però, un gruppo di feroci demoni conosciuti come Oni arrivano alle sue porte, minacciando la vita di tutti nel Regno. Per fortuna, vengono salvati da un viandante solitario di nome Mikoto Kibitsu che uccide tutti mostri grazie ad un misterioso “Peach Eye”. Scossa dai pericoli del mondo esterno, la principessa decide di intraprendere un viaggio per conto suo, senza sapere che questo avrebbe messo in moto una catena di eventi tali da determinare il destino di questo mondo magico.
Il progetto targato ASAHI PRODUCTION (WAVE!! Let’s go surfing!!, Heaven’s Design Team) è diretto da Shigeru Ueda (Senran Kagura Estival Versus) e sceneggiato da Keiichiro Ochi (The Quintessential Quintuplets, Hinamatsuri). Il design dei personaggi è curato da Satomi Kurita (3D Kanojo: Real Girl) e Masato Kato, mentre la colonna sonora è firmata da Takaaki Nakahashi (Mannaka no Rikkun, Control Bear).  
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THE AQUATOPE ON WHITE SAND
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Nuova serie originale dello studio P.A. WORKS (Iroduku: The World in Colors, Nagi no Asu kara, Shirobako, Appare-Ranman!) all’insegna dello slice of life.
Il Gama Gama Aquarium è un piccolo acquario di Okinawa, a un'ora di autobus da Naha. Kukuru Misakino è una liceale diciottenne che lavora lì e conosce il “segreto” di quel posto: a volte appiano cose misteriose all’interno dell’aquario. Un giorno Kukuru incontra Fuuka, in piedi davanti a una delle vasche e con le lacrime che le scendono sulle guance. La ragazza ha rinunciato al suo sogno di diventare una idol e si è trasferita da Tokyo ad Okinawa alla ricerca di un nuovo inizio. Fuuka comincia dunque a lavorare all'acquario, che oltre a dare qualche grattacapo inaspettato a causa del suo “segreto”, rischia di essere chiuso a breve.
L’anime è diretto da Toshiya Shinohara (Iroduku: The World in Colors, Nagi no Asu kara) e sceneggiato da Yuuko Kakihara (Tsuki ga Kirei, Iroduku: The World in Colors), mentre il character design è ad opera di Yuki Akiyama (Iroduku: The World in Colors) e si basa su quello concepito da U35 (Lapis Re:LiGHTs, Magia Record Puella Magi Madoka Magica Gaiden Another Story). Akiyama si occupa anche di supervisionare il comparto animazioni, le musiche per la colonna sonora, invece, sono composte da Yoshiaki Dewa (Iroduku: The World in Colors, Nagi no Asu kara, Flying Witch).
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THE IDATEN DEITIES KNOW ONLY PEACE
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Serie animata tratta dal manga “Heion Sedai no Idaten-tachi” scritto da Amahara (Interspecies Reviewers) e disegnato da Coolkyoushinja Komori-san Can’t Decline, I Can’t Understand What My Husband Is Saying e Miss Kobayashi’s Dragon Maid).
800 anni or sono, gli dèi apparvero sulla terra sconfiggendo e sigillando i demoni che avevano portato l'umanità sull'orlo della distruzione. Le divinità di oggi vivono un’esistenza pacifica e non hanno alcuna esperienza in battaglia, ma i demoni stanno per tornare e per dèi e uomini è di nuovo tempo di combattere.
Prodotto dallo studio MAPPA (Dorohedoro, Jujutsu Kaisen, Zombie Land Saga), l’adattamento dell’action fantasy è diretto da Seimei Kidokoro (assistente di regia in Fireworks e Hells) sceneggiato da Hiroshi Seko (Dorohedoro, Jujutsu Kaisen), mentre il character design è curato da Nao Ootsu (Beastars, Land of the Lustrous).
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RICONFERMATI
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Serie tv in simulcast annunciate in precedenza durante altre occasioni.
FENA: PIRATE PRINCESS
IDOLISH7 THIRD BEAT! (Il primo episodio è già disponibile in anteprima)
MISS KOBAYASHI’S DRAGON MAID S
THAT TIME I GOT REINCARNATED AS A SLIME (Stagione 2)
IN PROSECUZIONE
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Serie tuttora in corso, già presenti sulla nostra precedente guida simulcast stagionale.
KIYO IN KYOTO: FROM THE MAIKO HOUSE
BORUTO: NARUTO NEXT GENERATIONS
DRAGON QUEST: THE ADVENTURE OF DAI
ONE PIECE
MY HERO ACADEMIA (Stagione 5)
SD GUNDAM WORLD HEROES
TO YOUR ETERNITY
TOKIO REVENGERS
WELCOME TO DEMON SCHOOL, IRUMA-KUN! (Stagione 2)
Come al solito, gli episodi delle serie arriveranno ogni settimana in lingua originale con sottotitoli in italiano; gli abbonati premium potranno vedere da subito le puntate, che però dopo sette giorni saranno accessibili a tutti gratuitamente.
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Autore: SilenziO)))
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i-am-a-polpetta · 5 years ago
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Sono le 17:49 e io non mi sono ancora alzata dal letto da stamattina se non per apparecchiare e far da mangiare ai miei che tornavano dal lavoro.
Sto fissando il vuoto e cercando di soffocare un mal di testa che mi sta mettendo k.o. da 3 giorni.
Non riesco ad alzarmi perché non riesco a stare in piedi, riesco solo a rigirarmi e piangere a tratti perché se dovessi far uscire troppe lacrime tutte insieme ho paura che la testa esploda davvero.
Sto leggendo messaggi pieni di tristezza che ho sulle note del telefono da tempo immemore. Così ho avuto modo di ripensare a quella volta in cui ero al funerale del papà del mio amico, quella sera in cui ho mandato a puttane la mia vita addormentandomi nell'ennesima bottiglia di Gin, quella volta che sono implosa dentro perché avevo perso l'unica cosa che aveva ridato un senso ai miei vuoti. Ho addirittura ripensato a quando mia mamma è praticamente morta.
È tutto scritto qui sopra e dentro di me.
Sento il bisogno di dare una forma alla depressione per cercare di limitarla, per fare in modo che ciò che appartiene al passato non mi faccia più lo stesso male.
Penso a ieri sera quando le strade erano vuote e io mi sono ritrovata ad essere l'unica in giro. Mi sono sentita e mi sento tutt'ora vuota come quelle strade. Mi dico che ho bisogno di provare emozioni per non schifare la mia vita. Ho bisogno di darle un significato, una direzione. Poi rimango puntualmente sola con quella parte più tossica di me stessa e riesco solo a iniettarmi nelle vene emozioni negative e farmaci.
Mi rimbombano in testa le tue parole di quella sera "ma cosa sei venuta a fare?", "Guarda che è tutta colpa tua", "ti sei fatta un film", "non avresti dovuto darmi tutto subito"...
Ripenso a quella volta in cui ero fuori con amico prefe e abbiamo fatto le 6 del mattino e tu mi scrissi "alle 4 mi sono svegliata e mi è venuto un colpo perché ancora non mi avevi risposto, poi alle 4:30 ho sentito il telefono vibrare con la tua suoneria e mi sono detta "fiuuu sta bene" ". Uso questo ricordo per contrastare quelli terribili dell'ultimo periodo e mi viene da piangere ma non ci riesco...
Sai, hai ragione anche stavolta. Ti avevo promesso che ti avrei lasciata libera dai miei pensieri, che ti avrei lasciata andare... Così ho fatto nella vita reale, ma qui ci sto mettendo molto più tempo del previsto. Quando sono triste vengo qui a parlare di te perché trovo rassicurante farmi cullare dai tuoi ricordi, quelli belli per lo meno ma sappiamo entrambe che "La verità è che sei solo un inganno della mia testa" e niente più di questo.
Ne sono consapevole e ti chiedo scusa se ti ho dato questo potere, anche se forse sarebbe più giusto che io chiedessi scusa a me stessa perché è lei che davvero rimane sempre alla fine, anche quando le vomito addosso tutto il mio odio.
Sono passati talmente tanti mesi che potremmo tranquillamente parlare di anni. Torneremo ad essere due sconosciute con qualche ricordo in comune fino a quando non ci re incontreremo da qualche parte. Ho qui le nostre foto e ho nascosto un pochino di te dentro diverse canzoni perché credo sia Giusto così. Ognuna di esse ora ha un significato dalle sfumature che mi ricorderanno sempre qualcosa di te: il tuo sorriso raro, la cadenza del tuo accento o i tuoi occhi color Pantone 2707.
"Se vuoi andartene puoi farlo, io ricordo tutti quelli che se ne vanno", perció sì, puoi bloccarmi, cancellarmi dalla tua vita e anche fare finta che io non sia mai esistita.
Io però mi ricorderò lo stesso di te, se tu non vuoi pazienza, lo capisco. Vorrà dire che lo farò io per tutte e due.
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eresiahh · 4 years ago
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Lettera alla mia ex migliore amica
Cara (ex) migliore amica
Hai letto milioni di lettere scritte da me e se penso al fatto che questa, che tra l’altro è l’unica indirizzata a te, probabilmente non la leggerai mai un po’ rido e un po’ sento il magone.
Non saprei come parlarti meglio adesso.
Cercherò di trovare le parole giuste come sapevo fare una volta.
Gli ultimi anni sono stati lunghi, stracolmi di novità, ma anche di cose terribili.
Sarò sincera: il tuo volto arrabbiato non è più un pensiero costante come lo era all’inizio.
Non passo più le ore a pensare a cosa abbiamo rotto e come l’abbiamo fatto, adesso è rimasta solo la consapevolezza del fatto che per quanto avessimo provato a legarci le anime nei modi più improbabili, alla fine i punti sono saltati ed è rimasta solo una ferita aperta.
Mi ricordo sempre di me e te con addosso un grembiule blu che non volevamo mai portare sedute all’ultimo banco a fare casino.
Penso a quel giorno in cui la maestra decise di separarci perché parlavamo troppo, allora ci attrezzammo di colla stick e ce ne riempiemmo le mani per incollarci l’una all’altra.
Quel giorno la maestra ci separò lo stesso e io e te ci ritrovammo ai due capi opposti dell’aula e l’unica cosa che ci rimase da fare fu quella di rimuovere la colla secca dalle dita e dai palmi delle mani.
Anni dopo la colla ovviamente non c’era più, ma io e te sembravamo saldate da qualcosa di indefinibile.
Tu eri andata via e io ero rimasta in quel paesino piccolo e deprimente. Mi era sempre stato stretto, ma quando lo lasciasti pure tu divenne una gabbia.
Le uniche ore d’aria che mi erano consentite erano i fine settimana in cui tornavi.
Così crescevamo insieme sabato dopo sabato, i nostri corpi iniziavano a modificarsi dentro le felpe larghe invernali e i nostri polmoni iniziavano ad annerirsi per colpa di quelle sigarette rosa che compravamo per gioco o per sentirci grandi.
Avevamo creato un nido, ci mettevamo tutto il pomeriggio sedute su quello scalino maledetto e a fine giornata lo trovavamo sempre riempito di cicche.
Ridevamo per ore anche se da ridere poi non c’era proprio un cazzo.
Tornavamo a casa solo per lavarci e metterci addosso dei vestiti puliti che si stringessero al culo e alle tette e dopo aver circondato gli occhi col nero tornavamo fuori per bere qualche cocktail troppo zuccherato che però ci saliva alla testa e ci faceva dimenticare quanto fossimo tristi in verità.
Ricordo che dicevi di avere una doppia vita, ricordo che pensavi di poter essere te stessa con me.
Lo dicevi con gli occhi rossi e sorridendo dopo aver fumato l’ennesima mezza canna che ci dividevamo.
Ci abbracciavamo perché io ero il tuo posto sicuro e tu eri il mio.
Soltanto che la domenica alle 18 tu tornavi in quella città che ti aveva adottata e io rimanevo lì in quel paese che manteneva solamente l’aria della tua assenza.
Tu ritornavi a fingere di essere la ragazza composta e diligente che non eri, io fumavo le mezze canne e le lasciavo incomplete fingendo di essere con te.
Tu ti vergognavi della vita che facevamo, io avrei continuato fino a sessant’anni pur di averti accanto ancora.
Mi ricordo che ci sentivamo come se avessimo tutto il mondo contro.
Tendevamo a trasformare la nostra vita noiosa in qualcosa di estremo.
Ci sentivamo come quei ragazzi che vedi nei videoclip delle canzoni che ti riescono a trasmettere leggerezza anche se sono visibilmente distrutti.
Ci univano i segreti e i traumi.
Ricordo che io odiavo a morte la superficialità con la quale affrontavi tutte le relazioni coi ragazzi, che invidiavo questo tuo menefreghismo e che però avrei preso a pugni tutti quelli che non capivano perché tu fossi così.
Tu invece odiavi quel mio ragazzo fisso che un giorno mi voleva da morire e dieci giorni mi avvelenava.
Non ho mai capito se lo odiassi di più perché pensavi che fosse uno stronzo o perché mi distraeva sempre da te.
Quando mi ha lasciata c’eri tu, ti guardavo e comprendevo a pieno quanto stessi soffrendo perché i miei sentimenti si riflettevano sulla tua faccia e i tuoi sulla mia.
Guardare te era come guardarmi allo specchio.
Quella notte hai dormito con me e mi hai abbracciata forte mentre singhiozzavo, ma il giorno dopo abbiamo bevuto da schifo e tu stavi già volando via da quel mondo che ci eravamo costruite insieme.
Un po’ è successo perché è arrivato lui, quello che poi ha preso il mio posto nel tuo letto, quello al quale hai concesso il privilegio di sapere chi fossi davvero e di cambiarti definitivamente.
Un po’ è successo perché poi sono arrivate le nostre malattie, o meglio, sono tornate simultaneamente.
Io non volevo alzarmi dal letto e tu volevi pesare sempre meno.
In sostanza non potevamo risollevarci e, abituate a fare tutto insieme, abbiamo fatto anche questo: siamo andate a fondo una accanto all’altra.
Ci chiamavano le gemelle.
Ridevamo allo stesso modo e delle stesse cose, parlavamo allo stesso modo e con la stessa voce.
Ricordo quando mi facevi mandare i vocali col tuo telefono facendomi fingere di essere te.
Poi siamo cresciute e anche le corde vocali si sono modificate condannandoci a due voci e due cadenze opposte.
Condividevamo tutto e smezzavamo tutto: i panini a scuola, le pizze durante le cene fuori, i pacchi di Marlboro, i dolori e anche le mutande. Le mie sempre in pizzo, le tue sempre in microfibra.
Non ricordo nemmeno una cosa che non facessimo insieme.
Abbiamo mescolato tutto.
La saliva, il sudore, il sangue e le nostre anime stesse.
I pomeriggi del periodo del liceo tu mi mostravi il greco e io ti spiegavo la matematica anche se alla fine facevo schifo pure io.
Forse il fatto che nessuna delle due sapesse fare i conti ha influito tanto, infatti quando alla fine del nostro tragitto abbiamo tirato le somme ci siamo accorte di aver perso entrambe tutto.
A volte mi sembra di percepire tutto come se l’universo stesso fosse organizzato sin dal principio in modo che tutto quello che ci aveva tenute strette alla fine si sgretolasse per lasciare questo amaro in bocca.
Il primo anno di università lo abbiamo passato insieme, io mi ero finalmente trasferita nella città nella quale tu stavi già crescendo da un po’.
All’inizio non potevamo crederci, ci sentivamo disorientate.
Oggi invece ho come l’impressione che entrambe avessimo sognato e immaginato quel momento diversamente.
Lo avevamo scolpito nelle nostre teste come il momento più bello della nostra vita, quello in cui finalmente potevamo annullare le distanze e riprenderci tutto il tempo che avevamo perso.
Ma non c’era più niente da fare, gli impulsi elettrici dei nostri neuroni avevano già lunghezze d’onda differenti e i nostri battiti cardiaci non avevano più la stessa frequenza.
Ti ho amata più di ogni altra cosa al mondo, te lo giuro.
Ti ho amata più di quello stronzo che mi ha fatto perdere la testa e per il quale tu non hai saputo consolarmi.
Ti ho amata così tanto che non saprei come si possa amare di più, così tanto che dopo di te non sono più riuscita ad amare niente. Nemmeno me stessa.
Abbiamo iniziato tutto sedute tra i banchetti di scuola condividendo i colori Giotto, abbiamo continuato sedendoci sulle panchine della Villa, sul nostro scalino personale dietro quel supermercato che ha cambiato mille gestioni. Abbiamo preso mille autobus per il centro e altri mille per il mare, ci siamo armate di pazienza e abbiamo aspettato che tornasse l’estate e poi abbiamo maledetto l’inverno che ci separava di nuovo.
Ci siamo viste nude, in mutande e coi maglioni, correndo ubriache per le vie della città e sotto le coperte a parlare fino alle sei aspettando l’alba. Ci siamo rette la testa insieme mentre vomitevamo per l’alcol e abbiamo diviso coperte minuscole per ripararci dal freddo.
Ci guardavano tutti perché eravamo bellissime da vedere insime, ma eravamo anche il ritratto dell’autodistruzione.
Eri bellissima quando ridevi in moto col vento che ti portava i capelli sul viso.
Lo eri anche quando piangevi per il nervosismo.
Abbiamo finito il nostro tragitto sedute al tavolino di un bar col tramonto sul mare che poteva solo accompagnare tutta la tristezza che avevamo già addosso.
Era inverno e c’era un freddo umido, quello che ti entra nelle ossa e ci rimane per giorni.
Io che ti dicevo di essere stanca, che lasciavo tutto e andavo via da quella città che mi comprimeva il petto. Io che ti dicevo che ti lasciavo lì e che non tornavo. Che la nostra storia era giunta al capolinea, che quel treno era guasto e non poteva ripartire. Che non ne potevo più e mi sentivo in colpa per questo.
Tu che davanti a un caffè ormai freddo che ti sostituiva tutti i pasti da mesi annuivi e non volevi capire quel che ti stavo dicendo.
Non dimenticherò mai i tuoi occhi in quel momento.
Mi sono sembrati gli stessi occhi malinconici di dieci anni prima di quando avevi lasciato il nostro paesino.
Non abbiamo fatto storie, non ci siamo nemmeno dette “addio” chiaramente.
Ci siamo salutate con rispetto, come due soldati che hanno combattuto e perso una guerra insieme pur mettendocela tutta.
Adesso ti colloco qui, in questo cimitero di ricordi nel quale ho seppellito te e quel pezzo della mia anima che ho lasciato a quel tavolino dopo aver spento l’ultima sigaretta, ripreso le chiavi della macchina ed essere scappata via.
Avrei voluto salvarti, ma non ho avuto il coraggio di rimanere perché a quel punto avrei uccisa me stessa.
Sarei rimasta, ma tu non eri più tu. Quella relazione ti aveva spenta. Io ho provato a dirtelo, a svegliarti, a rimetterti in mani tutto quello che andavi perdendo.
Però tu non c’eri più. La tua malattia era diventata la mia, ma nonostante questo tu non riuscivi più ad esserci per me.
Non c’eri davvero quando quello stronzo mi aveva abbandonata, quando avevo bussato alla tua porta con gli occhi rossi e ti avevo implorato aiuto.
Non c’eri davvero quando ti ho detto che avevo cominciato a farmi, che la situazione mi era sfuggita di mano, ma che stavo provando a risolvere, che avevo cominciato l’ennesima terapia.
Non c’eri davvero quando vedevo le mie ambizioni sgretolarmisi davanti, quando vedevo i miei sogni diventare irraggiungibili, quando ero costretta ad accontentarmi e accettare i miei fallimenti.
Non c’eri e non lo facevi apposta. Semplicemente tu non eri più tu.
Volevo dirti che adesso sto bene e che ho imparato da capo a fare da sola tutte le cose che prima facevo solo con te, che ne ho imparate anche di nuove e mi sarebbe piaciuto mostrartele.
Spero che un giorno troverai la serenità che non siamo riuscite a trovare insieme e che tutti i dolori che ci raccontavamo potranno lasciarci in pace trasformandoci nella versione migliore di noi stesse.
Mi mancherai sempre, soprattutto nei giorni importanti e nei momenti in cui dovrò ricorrere alle medicine per stare meglio.
Spero di ricordarti sempre bella e forte come eri quei giorni d’estate, soltanto senza quella tipica malinconia in volto.
Non ti manderò questa lettera.
Mi limiterò a lasciarla qui, nel posto che controllavi sempre per scoprire come mi sentissi e cosa pensassi quando non te lo dicevo.
Sei e sempre sarai la storia d’amore finita più dolorosa della mia vita.
Ti penso felice e spero di non sbagliarmi, almeno quest’ultima volta.
La tua gemella, la tua Aurora.
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imcharliebrown · 4 years ago
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Credo di avere un po' di otite..
Sono tre giorni che sento tutto ovattato da sinistra..
Avete qualche tecnica segreta di Hokuto o alla Xena da consigliarmi.. ho uno spruzzino per pulire le orecchie ma, sta facendo ben poco..
Anzi, questa volta è sopportabile, qualche anno fa mi si chiusero entrambe, furono due settimane terribili..
Però devo comunque risolverlo..
Quindi sotto con i suggerimenti, vi ringrazio 👍
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Analisi del mondo dei sogni di Casca e consguenze ect Capitolo 347: Re dei fiori - Analisi Il re della tempesta di fiori (o regina? in giapponese è indicato come neutro) si mostra in tutto il suo splendore. Nella scena dove tutti i membri del gruppo del party sono stupefatti molti fan si sono chiesti come mai Guts abbia quell'espressione che sembra meno sorpresa, forse stupefatta perchè non se lo aspettava ma ha insospettito molti. Schirke commenta quello che percepisce dal Re, un odd così potente da definirlo immenso eppure è così bello percepirlo che sembra un abbraccio. Guts esulta per aver trovato il re e pi guarda Casca che gioca con i petali, seguito da tutti. Però, quando vuole fare la sua richiesta, viene fermato dal Re stesso, chiedendogli di pazientare solo il tempo necessario per punire i bricconcelli di Puck e Magnifico. Chiede quindi a Puk perchè voler essere Re se alla fine farebbe le stesse cose che fa normalmente, ma con l'aggiunta di doveri e impegni che turbano anche lei, constatando che lavora più dei suoi sudditi. Divertente è l'atteggiamento del Re dove, mentre rimprovera chiaramente i due personaggi, ha atteggiamenti pucciosi e carucci che l'hanno fatta amare a tutti. Rimprovera Puck per le sue buffonate, e, beh, sta praticamente giocando con i birbanti ma in tutta serietà. C'è una breve menzione di come i piani astrali e il regno della terra hanno iniziato a mescolarsi e quindi il valore di mercato degli elfi sta cadendo ... Ad ogni modo, Puck e Magnifico sono condannati alla pena capitale ... aiutando i Brownies per un giorno. Va bene allora. Dopo quell'assurdità di cospirare contro le fate e la giusta punizione, il Re dei Fiori si presenta come Danann, e si mette subito al lavoro, il che è molto apprezzato. Innaznitutto afferma che conosce la sua storia (e qui ci chiediamo se non sia lei stessa il bambino della luna, ci sono dei presupposti che indichiamo nel post apposito) e lo chiama Guerriero nero, per poi chiedergli se ciò che desidera è salvare dalla sua pazzia Casca. Guts è ansioso di occuparsi del ripristino dei ricordi di Casca e spiega che potrebbe essere possibile con Passaggio dei sogni. Tutto il gruppo si congratula con Guts ma dopo vediamo come Farnese non sembri così lieta della cosa, mentre Casca pare notare la cosa ed emettere un verso. Visto che Guts è così teso, il Re decide che è meglio effettuare prima il rito della festa. Solo Farnese e Schierke possono entrare nella psiche di Casca, però, perché Casca ha ancora abbastanza paura di Guts e Farnese è la persona a cui per ora è più legata... ma si fida abbastanza delle ragazze. Inoltre, sai, Schierke è una strega e ha dimestichezza con queste cose. Guts chiede motivo per fatto che è stato scartato ma il Re afferma che deve rifiutare il suo aiuto perchè da Casca percepisce paura, creando problemi per il rito. Qui notiamo come Guts abbia espressioni particolari, sopratutto quella cui sente la speigazione del Re, e se Casca quando Guts chiede di far parte del rito lo osserva, quando Danaan spiega e anche dopo, quando Farnese e Schirke cercano di alleviare la cosa, Casca osserva altrove. Vediamo come Guts, nonostante tutto non voglia lasciare Casca con altri ma essere parte della cosa, per cercare di riaverla, e deve pensarci su qualche minuto e respirare a fondo per accettare a lasciarla andare senza di lui. Affermando che si fida di loro. Farnese, Casca e Schire seguono il Re mentre gli altri si allontanano, e qui vediamo Guts che continua a osservare la compagna fino alla fine. Vediamo come il gruppo del rito si aggira in un ambiente cavernoso e fungineo, scendendo verso il basso. Farnese chiede al Re alcune informazioni sul rito, ottenendo come risposta che è quel che indica il nome. Si scopre così che per raggiungere la parte centrale di Casca, quella profonda, si deve varcare i suoi dogni e indagare sulla causa che ha devastato la sua mente. Al dubbio di Farnese se possono farcela, Schierke spiega è simile al processo del viaggio astrale e non ci saranno problemi. Cosa importante è che, per il Re, se i sogni fan parte del mondo astrale, regole e accadimenti sono governati da chi sogna. Le regole sono determinate quindi dalla causa e dal soggetto. Raggiungono quindi il luogo designato, dove degli enormi funghi, avendo assorbito l'enorme potere spiriturale del ciliegio possono fare da porta per il mondo dei sogni. Perchè sembra qualcosa di simile alla dragoslave? Inalando quindi le spore, le tre ragazze si addormentano e sognano. Otteniamo i sogni di Schierke, che è disegnato in uno stile leggermente più chibi, in cui una scimmia Isidro cattura la piccola e tenera mini Schierke che mangia miele da una pentola, minacciando di esporre il suo segreto a tutti. È un po 'stravagante e folle, ma è un suggerimento che Schierke stia nascondendo qualcosa? È un po 'strano pensarci. O è solo il suo 'segreto' che cela qualcosa su Guts? Strano anche che nel suo sogno lei non sia in grado di fermare Isidro ma anzi ne è vittima. In ogni caso, Schierke si rende presto conto che è il suo sogno, e si avvia per cercare Farnese. Interessante è il fatto che, stando tutte e tre insieme, possono raggiungere i sogni delle altre senza problemi. Ottenendo e vivendo oltretutto i ricordi dimenticati e quelli che mai lo saranno. Segni e simboli saranno la chiave per comprendere la causa e aiutarla, e sono lì nel passaggio dei sogni. La psiche di Farnese, nel frattempo, rappresenta i suoi vestiti lavati e il fatto che finalmente sia in grado di farlo, e gli abiti di Schierke e Serpico che le dicono come è migliorata, e gli abiti dei suoi vecchi servitori della chiesa che la chiamano il loro orgoglio, e il prete quadrato (Mozguz) assume la forma di una pietra lavante e dicendole che la sua dedizione è straordinaria. Solo l'armatura di Guts è stata lasciata per ultima e parla, finedo poi per essere lavata e in un piccolo siparietto con la pietra-mozguz. Armatura e mantello con la spada che è stesa (stesa ad asciugarsi) vengono quindi sistemati sulla corda finchè non appare Schierke a prenderla. beh, è solo un pezzo surreale che potrebbe significare qualcosa di specifico, o semplicemente, beh, un piccolo sogno che riassume le cose che le farebbero piacere. Farnese e Schierke procedono poi nel sogno di Casca. Eppure nonostante lo stile da bambina sembra parecchio dettagliato. da notare come, rispetto agli altri (forse cè solo Serpico che è meno dettagliato, anzi proprio no) cè Guts che è solo un'ombra nera e sullo sfondo, eppure riconoscibile perfettamente. Insieme a Scarabocchio-Casca, seguono un vento di petali di fiori che è la regina Danann che li guida nello strato più profondo della coscienza ... prima che l'ultima pagina ci mostri un minaccioso sole nero. È sia l'eclissi che qualcosa di simile agli occhi di Berserker Armor di Guts. E ora andiamo all'analisi generale... Alcune domande interessanti... -Come mai il Re conosce i suoi ospiti e chi le ha riferito il loro arrivo? Potrebbe essere sarebbe sempre il Cavaliere e questo si collega alle parole di Puk, secondo cui aveva l'aria e quel qualcosa di un elfo? Potrebbe? .Come mai il Re è così tranquilla di quella richiesta, fatta per giunta da due marchiati? -Perchè li aiuta così senza troppi problemi? La cosa interessante è che questi ospiti non sono maghi o persone normali in cerca di elfi e magia. Ma sono un gruppo con due marchiati che chiedono l'aiuto del Re. Nessun problema quindi ad averli lì con loro? -Cè un motivo se li accoglie con così calore e il fatto che come molti pensano lei ha parlato con qualcuno? Oppure cè qualcosa di non ancora detto per cui la loro presenza è ben accetta? Sono rimasto sorpreso dal fatto che non ci fosse una negoziazione più profonda o con maggiori spiegazioni e chiarimenti da entrambe le parti con il "Re" sulle condizioni di Casca. Ho i miei dubbi se un trauma così profondo può essere rimosso realmente (cosa che ovviamente sappiamo, ma ricordiamo che stiamo analizzando solo questo capitolo). La rivelazione di Elfhelm è stata piuttosto sconvolgente, ancor più di Falconia fino ad ora, e sento che è stata accentuata dal fatto che il Re è in realtà una figura femminile e sopratutto di quella portata. Ma se ci pensi è molto appropriato. Fin dall'introduzione di Schierke, ma anche di Flora, le streghe in particolare sono diventate molto importanti per la storia e spesso rappresentano una forza contraria agli apostoli e per estensione la Mano divina. Anche il fatto che il Re sia femminile è adatto a tutto il tema della madre (un concetto che pare esserci molte volte). Quindi abbiamo finalmente visto Guts & co raggiungere Elfhelm, e incontrare il re che non è altri che Danann stessa. E il fatto che il Re abbia rifiutato Guts, mentre tutti ci aspettavamo che fosse lui ad aiutare Casca a tornare, ricordare e dargli cosa lui desidera... Il suo stato attuale è ovviamente una sorta di meccanismo di difesa, ormai è chiaro. Lei ha rifiutato la realtà delle cose nell'eclisse (anche se gli haters affermano che invece sia impazzita per lo shock di vedere che Guts osservava mentre lo tradiva... vabbè). Quindi è più che probabile che lei non voglia ricordare. Ciò che accade quando inizia a ricordare è la vera chiave. L'orrore e il dolore devono essere ancora più deprimenti e terribili in forma di sogno perchè lei mostrerà le cose dal suo punto di vista. Allora Guts dice che entrerà perché sa a cosa stanno per accedere (l'eclisse), e Danann secondo noi sa cose che omette, dice solo che è troppo spaventata da lui, non lo farà entrare. Non funzionerà. Ossia che è lei a determinare le cosenel sogno, se Guts le fa paura, la Casca attuale farà di tutto per rifiutarlo. Tuttavia le due ragazze si mostrano pronte a far del loro meglio nell'impresa. Questo non è il potere shounen dell'amicizia. Questo è il potere della vera amicizia e, soprattutto, della fiducia. Una cosa che Guts sta gustando di nuovo dopo la sofferenza del tradimento del fratello/amico. E Guts per molti doveva dire qualcosa del tipo: "Mi intrometterò se devo. Non lascerò che nulla mi impedisca di riportare indietro Casca. Neanche lei." E invece no, languido e triste, assiste a tutto e se ne va, osservandoli per l'ultima volta mentre va alla festa. Schierke e Farnese per molti fan non erano davvero adatte perchè di fatto non conoscevano Casca, la vera, e l'eclissi non è una cosa da osservare, anche se in un sogno. Ma la ragione per cui Guts non è andato è stato per prevenire forse il peggio, se anche lui entrava. Almeno questo è quello che noi pensiamo e poi loro sono due streghe, hanno l'addestramento astrale per essere preparae a quello che potrebbero attraversare. Guts non può aiutare in questa situazione, dal momento che Caska, quella attuale, ha paura di lui. Questo conferma quello che abbiamo visto, che Caska ha paura di Guts perchè involontariamente le riporta a galla con i suoi gesti la sofferenza maggiore, ma mi chiedo se lei manterrà quei ricordi di lui una volta guarita ... Non importa il fatto che abbia messo la sua vita in pericolo per salvarla, più volte. Le sue intenzioni erano buone, ma lui non sapeva come gestirlo anche a causa dei traumi e la bestia. E lei, nella sua pazzia, non poteva capire e comprendere, agiva d'istinto. Dal momento che Guts non può fare nulla, spetta a Schierke e Farnese farlo. Il rito richiede qualcuno con forti legami con il soggetto, che sono Schierke e Farnese. Ci sono coloro che affermano il No, non sono loro le persone che devono far tornare la Casca originale, perchè di fatto non sanno nulla di lei, cosa è accaduto e perchè è impazzita. Vi era bisogno quindi di qualcuno, come Guts, che potesse dire, fare o sapere qualcosa per tirarla fuori. Il comportamento di Danann è per molti troppo amichevole, troppo pronto ad aiutare, con risposte veloci che però non sembrano dire il giusto. O tutto. Quindi vediamo come il gruppo si divide, da una parte Guts che osserva fino all'ultimo istante Casca, e lei che segue Farny. La quale non sembra convinta di riuscire, come notiamo finchè non si addormenta. Simpatici i sogni delle due ragazze e nascondono delle cosine interessanti su di loro. Il dragonslayer che si asciugava al sole mi ha ucciso, haha. Come previsto, il sogno di Caska sembra aver avuto luogo nella mente di un bambino. È tornata letteralmente allo stato di bambina da quando ha perso la sua sanità mentale, ma la scena finale mostra l'eclisse, quindi sappiamo che l'orrore sta per giungere. La rappresentazione infantile dei sogni di Casca è allo stesso tempo divertente e triste,e ti fa chiedere in che stato sarà più avanti. Anche se il "sogno" di Farnese era sciocco, era anche bello. Mozgus fa un cameo, interessante come lui o il suo simbolismo sia rimasto .Lei finisce per lavare letteralmente Guts.Vuole dire qualcosa in più? Quello di Casca sembra un mondo che dice tanto ma a modo suo. Il cerchio nero, che ricorda un'eclissi ... presagio. Fa ovviamente impressione sapere di poter attraversare di nuovo l'eclisse mediante gli occhi di Casca, ma è anche una prospettiva diversa e potrebbe chiarire molte cose su quanto accaduto. L'ultimo pannello è molto inquietante, il che è un contrasto con l'intero capitolo, che aveva un tono piuttosto spensierato e leggero. Questo è fatto apposta, in quanto dovrebbe essere la "calma prima della tempesta", ma anche visivamente, tutti i sogni si svolgevano in un ambiente luminoso, quindi l'ultimo pannello mostra uno straordinario nero. Se analizziamo il pannello stesso (nell'anteprima) abbiamo ovviamente l'eclisse al centro e le nuvole che si raccolgono a forma di Z, la stessa forma dell'occhio del casco di Guts o occhio della besta. Possibile? Il sole al centro sembra quasi un iris nel mezzo dell'occhio, quindi forse questo allude non solo all'eclissi ma anche a Guts, e nella parte inferiore vediamo ancora una volta i petali dei fiori che sono rappresentativi del re. Ora, alla domanda se Caska sarà davvero guarita, alcuni fan pensano che ci siano varie ragioni per cui non dovrebbe essere guarita. Innanzitutto c'è il fatto che lei potrebbe non voler essere riportata alla realtà come ha spiegato il Cavaliere. Caska stava perdendo la sua sanità mentale e stava nel suo profondo, protetta, per affrontare il suo trauma, a differenza di Guts che manteneva la sua sanità mentale in un certo senso ma era ancora divorato dalla vendetta. E in un certo senso il suo trauma era più profondo, dal suo passato al momento in cui non solo era testimone dell'eclissema rievocava ogni cosa per alimentare la sia rabbia e odio e andare avanti... ma anche lei è stata violentata non solo dagli apostoli ma dall'uomo stesso che l'ha salvata dal suo primo stupro, aka Griffith. Non c'è niente di più dannoso che avere la persona a cui hai guardato con affetto e che ti abbia dato la forza di combattere il tuo aggressore e ogni cosa dopo, per divenire a sua volta il tuo aggressore e usarti per ferire chi ami. Questo ti rovinerebbe la testa ancora di più, almeno per noi perchè anche se Guts ha assistiti, non ha subito se ci pensate. Si, ha perso tutto e tutti, ma di fatto non è stato lui denudato, violato da apostoli e poi da chi consideravi e usato come giocattolo per punire un altro. L'amore di Casca per Guts risale a prima di tutte le disgrazie accadute a Griffith,quindi di fatto se il falco non lo sa, l'averla usata come oggetto per vendetta è ancora peggio e quella in considerazione ancora più di Guts sarebbe lei. Non cade tra le braccia di Guts solo per dispetto, paura o debolezza. C'erano certamente qualcosa di quei sentimenti, ma non solo, come vediamo nelle scene della cascata. E Judeau lo nota bene, prima che Guts lasci la truppa dei falchi. Lei stessa ammette che nonostante la parte di lei che vorrebbe odiarlo e punirlo perchè con la sua lontananza ha sofferto, ma i sentimenti che prova per lui osno più forti, così tanto che invece di attaccarlo di nuovo, si butta tra le sue braccia piangendo. La sua paura prima era non essere felice, non essere la compagna di Guts e perderlo. La paura che Casca ora sente, e che domina, è l'eclisse. Il coinvolgimento di Farnese sarà innegabilmente molto interessante. Si prende cura di Casca... ma davvero per piacere a Guts salvado la sua donna o per altro?. E una volta che il suo lavoro di balia è terminato, cosa farà? Guts... se onestamente pensasse che le cose torneranno a quello che erano solite prima dell'eclissi, allora si è gravemente sbagliato. Anche se non penso che Caska lo riterrà responsabile per l'eclissi stessa, il cosa è lui ora e come vedremo la sua sola vista la porta a ricordare l'eclisse, allora qualcosa accadrà. In primo luogo c'è il fatto che ha cercato di uccidere il loro "figlio" quando è nato (ma se lo ricorda davvero?) ma, soprattutto, l'ha abbandonata per vendicarsi per due anni nelle viscere della miniera. Poi ha cercato di violentarla più volte, prima nella grotta di Godot, poi quando è stata attaccata dai banditi. In generale l'eclissi e le sue conseguenze rendono impossibile per loro tornare al modo in cui erano abituati. A meno che non facciano come alla cascata, chiarire e curarsi a vicenda perchè il giorno dopo possa rinascere con loro più forti e uniti... La sua guarigione cambierà molto le dinamiche nel gruppo di Guts, ma anche nel manga in generale, dato che Neo Griffith usa Guts e il figlio di Caska come suo vascello terreno. Potrei sicuramente vedere Caska che vuole essere riunito con lui (suo figlio, non Griffith) ad un certo punto ed è abbastanza evidente che lei lo riconosce come il ragazzo al chiaro di luna ( se è lui) e questo potrebbe portare a una spaccatura?. E anche prima quando Griffith stesso apparve alla Collina delle spade. Lo lessi in quel modo, non che lei fosse ancora innamorata di Griffith o di qualche cosa come quella prima di amare Guts. Di certo è da vari archi che questo infante pare importante per tutta la storia (compare già dai primi volumi) e segue e influenza le vicende dei genitori. Quindi per Guts Elhelm potrebbe essere solo una fermata, e dubito che rimarrà lì per sempre, sia che venga attaccato o meno. L'eclissi da un punto di vista di una vittima è un perpetuo tumulto ... Ma quello che mi emoziona di più è l'implicazione innegabile e i sentimenti che Schierke e Farnese hanno nei confronti di Guts. Hanno seguito molte delle sue battaglie, ora vivranno questa eclissi. Di conseguenza, penso che ci sarà un focus di una pagina o due sul passato, l'inferno che ha passato e tutto detto e mostrato da Casca (diciamo...). Forse come un risultato di questa introspezione, la squadra guarderà Guts da una nuova prospettiva e sarà molto più coinvolto nella lotta contro Griffith, e non sto parlando di Mano, no, solo Griffith. Infine, riguardo a Casca ...  Paura. La paura di stare da sola, la paura di essere respinta da Griffith la portò a Guts, pensano. Un po 'come Joachim e Nina durante l'arco "Conviction". Due esseri deboli si sono trovati l'un l'altro. Ma è così? Più che deboli erano feriti, pieni di dolore, non deboli... A Guts non piacciono gli esseri deboli ... E secondo alcuni fan, Casca si è offerta a lui a causa dalla debolezza, non dall'amore. Anche in uno stato patetico, era pronta a seguire Griffith per aiutarlo, persino a mettere in discussione la sua nuova relazione con Guts. Secondo noi no, non così. ne abbiamo parlato nel post "Casca e i suoi uomini- Guts", ma diciamo solo che come amore era indirizzata su Guts, tuttavia l'idolatria, paura detta sopra e consapevolezza che per qualcosa di falso lei ha perso hanno giovanili e altro per un errore, un innamoramento infantile non la rendeva felice ma anzi, la sballava. Ovviamente nel cap.355 vediamo come lei al sentire il nome di Guts fa una faccia che dice tutto, lei amava davvero Guts perchè era un ragazzo sincero e corretto, profondo e pieno di qualità che lei prima non aveva voluto vedere per Grif. POi ha scoperto la verità. Tuttavia mettere da parte anni di infaticabile letaltà per il Falco non è facile dall'oggi al domani... e non vuole dire che odiare Guts dopo l'eclisse significhi che ami il Falco. Sempre gli haters che no nsi soffermano... Già, Casca ha paura di Guts, è un dato di fatto. Ma dobbiamo tornare alla fonte. Casca pazza ha paura della bestia che l'ha quasi mangiata e stuprata, proprio questo è il motivo e inoltre lei vedendo Guts rivedere oscurità e eclisse. per noi Phemt ha lasciato in lei, come nel fetus, qualcosa che le permette di avvertire determinate cose. Questo ce lo fa pensare il suo modo di fare nei vari archi, così percettivo prima degli altri. Sapendo cosa rappresenta lo stupro per Casca, si può capire che lei è cautae timorosa di chi tenta di avere quello. prima , forse non riconoscedono dopo due anni, si fida perchè vede che la protegge e tratta con gentilezza e affetto. Ma poi.. Per non parlare del fatto che Guts l'ha legata durante il loro viaggio tirandola in malo modo, come Puk dice... Poi l'amore tra di loro è cresciuto in anni, specialmente da quando la notte dei 100 morti li ha portati a considerare, sopratutto da lei, che conoscersi non era male. Non ha mai avuto illusioni su Griff, Casca sapeva bene che Griff vorrebbe che la principessa come mezzo per ottenere il suo paese. Inoltre lei stessa dice che da quando ha scoperto che Griff non è così pulito dentro, lo ha visto in modo diverso. No, penso piuttosto che lei lo vedesse come un cavaliere bianco, un'immagine idealizzata, su cui anche la macchia fisica era causata solo dalla purezza della mente (la notte in cui dormiva con il vecchio uomo barbuto contro il denaro per esempio). Guts è davvero il suo primo amore, sincero, ma mentre dedica la sua vita alla compagnia di falchi, finisce con la responsabilità di tutti e non può scegliere una felicità egoista cancellando gli anni passati. Avendo il senso del dovere, ha appoggiato tutto fino al punto di rifiutare Guts quando gli dice di andar via, così che anche se lei si sacrificava, non accadeva per l'uomo che amava. Un po 'come Guts che vuole fare tutto da solo. Per molti, i sentimenti di Casca sono estremamente ambigui. Quando apprende che Griff e Charlotte hanno dormito insieme, accade il disastro. Mentre in quel momento, lei dovrebbe amare Guts. Tuttavia non comprendono che una mente non può voltare pagina cos ì facilmnete se per anni ha seguito solo una strada. Da quello che dice prima di saltare giù dalla scogliera nel volume 9: essere la spada di Griffith, non era quello che lei voleva davvero, anche se stava cercando di convincere se stessa all'inizio. Voleva essere sua moglie, ma c'era Charlotte. Quello che voleva davvero era essere intima con lui, ma dato che non poteva, sceglie di servirlo come arma. Tuttavia tutto ciò realmente nel suo cuore ha finito di esistere e portarla continuare è la partenza di Guts, dove dice che capisce che non c'era più spazio per e con Griff, perché Guts aveva davvero preso troppa importanza. I sentimenti per Guts ci sono eccome, è consapevole che è un amore molto più sano in cui potrebbe prosperare. Ma i suoi sentimenti per Griffith (idolatria, speranza di veder realizzati anni di sacrifici ect) vanno ben oltre la semplice idealizzazione e, se gli avessero dato un po 'di attenzione, lei se non si sarebbe rivolta a Guts innamorandosene, avrebbe finito per morire accanto a lui. Davvero i fan vogliono che lei viva soffrendo fino alla fine, non meritandosi qualcuno come Guts? Ed è Guts che lei vede fino alla fine mentre viene violata il motivo decisivo della sua rottura interiore? Griff l'ha usata per anni, ma con Guts, anche se per un breve periodo, ha vissuto con qualcuno chela vedeva come pari e persona meritevole di amore, ed è riuscita a dividersi da lui. Se lei no andava a salvarlo di persona con Guts, forse le cose sarebbero cambiate. Per me, questo fa la differenza in questeo tema che poi non si sa se è il centro dell'eclissi. .Sì, quello che chiami "consenso consentito", lo chiamo "amore malsano o distruttivo". Ma è sicuro che con Guts, ha avuto un vero e proprio rapporto sano in condizioni di parità, e credo che lei era in grado di capire che sarebbe più felice che persa in idolatria malsana. Ma penso che non cancella totalmente la frustrazione di non avere Griffith (qui sta l'ambiguità di Casca per me, il non riuscire a scindere l'ideadi grif come uomo ideale con la realtà). Dopo potrebbe quindi non tornare al suo violentatore come pensano tutti, se è pienamente consapevole di quello che ha fatto su di lei, potrebbe essere divisa tra l'appoggiare Guts oppure non sapere se vuole eliminarlo. Ma dopo tutto, accade nel cuore di Casca, non nelle nostre aspettative. Ciò che Casca prova per Grifith è l'amore incondizionato, platonico e unidirezionale. Certo, si era avvicinata a Guts e lei sta godendo della posiività della cosa, ma le sue intenzioni vacillano con grif, si stanno aggrovigliando nella sua mente e mette sempre in discussione tutto, preferendo, aiutare Grifith anche se vorrebbe realmente altro (ossia Guts e la vita con lui). Il primo passo verso questo ragionamento e cosa chiude l'eclissi è sempre Grifith e la sua volontà di poter disporre dei suoi seguaci come meglio crede. E se qualcuno riprende la sua libertà, va contro il suo essere o quello che Grif vuole. Guts e Casca si avvicinano agli occhi di un Grifith in perdizione, alla minima occasione vuole prendere Casca per riavere cosa ha perso e vendicarsi su Guts. Casca è la debolezza di Guts, Guts è la debolezza di Griffith e Griffith è cosa rende Casca debole. E tutto a causa della capacità di grif di apparire come vuole, agli occhi di una ragazzina, finendo per metterlo su un piedistallo che di fatto sembra troppo ben ancorato per tirarlo giù. Anche se lei lo vorrebbe, e lo dice. Da quando è diventato Femto, Griffith può fare a meno di Guts. Possiamo dire che considerando che dopo la sua reincarnazione usa il figlio di Guts e Casca, Griffith ha una debolezza nei confronti di entrambi i genitori: sembra che il bambino gli richieda di proteggerli (scena di riunione con Rickert sulla collina delle spade). In tutti i casi dopo non è più strettamente triangolare. Inoltre Casca è anche una fonte di forza mentale almeno per Guts: senza di essa probabilmente avrebbe da tempo ceduto alla bestia in lui, è soprattutto per Casca che resiste nel voler viveere nonostante tutto. Non dimenticare che Femto durante l'eclisse, esita ad uccidere Guts (per molti è così, ma a noi sembra che non sappia usare ancora le sue possibilità), Casca e il cavaliere. Potrebbe qualcosa in lui impedito ciò? Si guarda la mano, come se fosse sorpreso della cosa. Volontario o no? Ambiguo in ogni caso ... Questo evento è accaduto dopo il massacro dell'eclisse, ma prima della conviction arc. Guts svenuto che fa esitare Femto mentre viene portato via... Per strategia o debolezza, non lo sappiamo, ma per me Guts è la causa. Inoltre, mi chiedo se la sua trascendenza sia stata in grado di funzionare correttamente quando due dei suoi sacrifici sono ancora liberi, non godere del loro sangue e dolore. Potrebbe spiegare perché mostra debolezza?. Altri pensano che Grifith scelse di tenerli tutti vivi solo per ricordare a Guts cosa pensava di aver catturato poco prima dell'eclissi: Casca. Quindi ha deliberatamente scelto di violentarla di fronte a Guts, sicuro dei suoi poteri. Penso che la sua trascendenza abbia davvero funzionato anche senza di loro. Dopo l'eclisse, tutto cambia. Casca diventa la debolezza di Griffith che non vuole più farle del male (a causa del bambino). Griffith diventa la debolezza di Guts che perde la ragione e diventa una bestia quando pensa a lui. L'amore di Casca per Griffith non sarebbe platonico se Griffith l'avesse voluta ... il problema che molti non considerano è che, se anche lui l'avesse usata come giocattolo nel letto, davvero questo avrebbe reso Casca felice? la sua idoltria persiste?. Ma il suo attaccamento a lui dopo l'operazione di fuga dalla prigione non è più amore. È nel migliore dei casi, pietà e altro, e soprattutto fedeltà ai vecchi giuramenti che ha sempre servito a Griffith e ai quali si sente ancora legata.  Guts offre il suo amore, ma il dovere è vanificato se accetta, e al contrario, fa il suo dovere con Griff, ma non sarà mai felice. Prova che è innamorata di Guts e non di Griff.Suppongo che il resto della storia ci dirà qualcosa di più sui sentimenti di Casca, se persa nei confronti di Guts o Griff, e di come abbia visto le cose prima dell'eclissi. Che sia amore o senso del dovere, Casca non è riuscita a emanciparsi da Griffith (e questa è la sua debolezza primaria nei suoi confronti). E disconnettendosi dal mondo come ha fatto dopo l'eclissi, lei cerca di evitare di doverlo affrontare. Deve essere allontanata una volta per sempre da lui, altrimenti non si riprenderà mai. Questa cosa doveva essere fatta prima di andare a salvarlo.  la trascendenza di Griffith come un paradosso? Per me non ha adempiuto al contratto da quando ha risparmiato le due persone che gli erano più care (il che significa che non avrebbe completamente rotto i suoi legami con l'umanità nonostante il suo cuore si sia raffreddato) anche se ha portato loro orribili tormenti. Sono stati dati in sacrificio, ma fino a quando il sangue non sarà versato, non si può veramente dire che il sacrificio sia stato compiuto. Se questa trascendenza non fosse stata compiuta, dubito che sarebbe apparso comunque trasformato. Grifith rimane impenetrabile anche oggi, nel senso che li ha risparmiati, e si è avvicinato alla collina delle spade per sapere qualcosa dei suoi sentimenti. Troppo complesso al momento
-Roddy
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kaihime85 · 5 years ago
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Horizon Zero Dawn
Sembra che il fatto che stia arrivando l'autunno, che già da qualche notte posso coprirmi col lenzuolo, e che sia quasi sempre nuvoloso ed abbia piovuto in questi ultimi giorni, mi abbia risanata abbastanza da diventare un'agguerrita videogiocatrice. Il citato 76% del dlc The Frozen Wilds di cui parlavo nel precedente post, ora ha lasciato posto al 100%, guadagnando i due trofei rimanenti delle sfide di caccia. Ho completato un videogioco al 100% ovunque, e ancora non ci credo... non capitava da tempo. Platinavo, ma rimanevano percentuali incomplete altrove perchè non riuscivo a soddisfare i requisiti dei trofei. Evidentemente HZD mi è piaciuto ben più del previsto, e mi ha invogliata a vincere tutte le sfide del gioco. La sfida di Ikrie era davvero tosta, perchè si hanno le frecce contate, e dieci macchine di piccola, media e grande dimensione da abbattere. Ero agli sgoccioli con l'ultima macchina, il manticerio che è grande, mi rimanevano due frecce incendiarie (su 5), ma ecco che la voce di Ikrie indica che abbiamo vinto... e pochi secondi dopo ecco il tanto agognato "dling". Delle sfide di caccia classiche invece, c'era la sfida del capotribù che era bella tosta, ma anche le altre... con la prima sfida "uccidi le macchine col lanciatuono" non dovevo superare i 55 secondi per ottenere il terzo marchio, ce ne ho messi 53. La seconda sfida "uccidi le ondate di macchine" non dovevo superare i 3 minuti e 30 secondi, c'ho messo 3 minuti e 28 secondi... praticamente in entrambe ce l'ho fatta per due secondi. E con la sfida capotribù... quei maledetti mastini! Loro mi hanno fatto perdere un sacco di tempo, sennò ci mettevo meno, ma sono davvero terribili, non ti lasciano respirare. 4:30, c'ho messo quasi 4 minuti, all'incirca. La cosa brutta è che non ti tiene registrato il tempo che ci hai messo per arrivare ai primi posti. In ogni caso, adesso quel che mi rimane da fare è... niente; solo girovagare e fare screenshots, finché non mi decido sul prossimo titolo.
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pangeanews · 5 years ago
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“Il poeta è un uomo moltiplicato per mille… Il poeta è, innanzitutto, qualcuno che è uscito dai confini dell’anima”: sugli ultimi anni di Anna Achmatova
L’incontro nella “vita dei giorni” con Marina Cvetaeva era avvenuto alla vigilia dei bombardamenti su Mosca, nel giugno 1941: Anna Achmatova continuava invano a cercare di far uscire il figlio Lev dal lager; Marina non aveva più notizie del marito e della figlia, arrestati entrambi, e viveva disperata nella miseria e nel silenzio imposto alle sue opere dai soviet del partito. Lontane in poesia, le due donne si scoprirono unite dal dolore comune inflitto loro dal destino, dalla solidarietà nella prova terribile, “camarades de malheur” come disse la Cvetaeva. Tarda risposta fu quella scritta a lei da Anna Achmatova.
Avevano parlato a lungo, le due donne, in quel giorno del loro incontro: per averli vissuti, sapevano entrambe i risvegli angosciati in piena notte, il gelo nel buio di Mosca, le code interminabili alla porta ancora chiusa delle carceri. Conoscevano le figure devastate dall’angoscia di madri, mogli e figlie come loro, il tormento dei cari imprigionati, la voce del secondino che respingeva i pacchi portando la certezza della morte o del trasferimento. Sapevano le esecuzioni e tutto l’orrore che Anna Achmatova canterà in Requiem 1935-1940, l’opera dedicata al male compiuto in nome di un’ideologia.
Poche righe l’Achmatova appose a Requiem, “In luogo di prefazione”:
“Negli anni terribili della ežóvščina ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado. Una volta qualcuno mi “riconobbe”. Allora una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente, non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di tutti noi e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando): – Ma questo lei può descriverlo? E io dissi: – Posso. Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto”.
(Leningrado, 1 aprile 1957)
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La tragedia personale aprì nella poesia di Anna Achmatova all’epica, la sventura personale del figlio la spinse a raccontare la comunanza: “Io sono la vostra voce” aveva dichiarato tanto tempo prima, rivolgendosi a “molti” (A molti, 1922, La corsa del tempo). Lo strazio e un lirismo insostenibile si trasformarono in un dramma in cui il coro non già narrava, bensì era ancora più colpito dell’eroe, assente o sulla soglia della morte. Come nel Poema senza eroe, qui l’eroe divenne nessuno e perciò chiunque: tutta la Russia. Un paese stravolto e già diventato un “altro mondo”:
Abbiamo un vincolo di sangue con l’altro mondo: chi è stato in Russia l’altro mondo in questo ha visto (Per l’anno nuovo).
I versi sono di Marina Cvetaeva. L’ansia fu identica. Il dolore fu identico. Il destino fu identico.
In Requiem, Anna Achmatova rese quell’ansia, quel dolore e quel destino in versi dal ritmo martellante, le battute che incalzavano, quasi una serie incessante di singhiozzi. Il poema, che non poteva essere stampato, venne imparato a memoria dalle amiche, tra le quali la moglie di Mandel’štam, morto due anni prima nel gulag. Per finirci bastava molto meno di versi come quelli di Requiem e, per Anna Achmatova, le ritorsioni sarebbero cadute sul figlio Lev ancora prigioniero. E allora lei e le amiche non dormivano, la notte, e mandavano a memoria le liriche.
Liberata dall’istante atemporale delle idee e scagliata violentemente nei giorni insanguinati della storia, la poesia narrava l’insulto a tutto il popolo russo, Anna si faceva la voce di quel popolo:
E non per me sola prego, ma per quanti erano là con me nel freddo crudele, nell’afa di luglio, sotto la rossa, accecata muraglia.
(Requiem, Epilogo, I)
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Quando non poté più pubblicare poesia, Marina Cvetaeva scrisse di Pasternak e dell’Achmatova, verso la quale nutriva una specie di culto: “… la Achmatova e Pasternak attingono non dalla superficie del mare (del cuore) ma dal suo fondo (senza fondo)”. Comprendendone a fondo il nucleo poetico, da poeta aveva letto la poesia di entrambi cercandovi non “lo scorrere senza ritorno, ma l’onda che sempre ritorna (…) e l’ineluttabilità del tuo stupore dinanzi a loro.” (Poeti con storia e poeti senza storia)
Parlando di Pasternak, dell’Achmatova, di sé, di ogni poeta, sempre Marina Cvetaeva aveva anche affermato: “Il poeta è un uomo moltiplicato per mille (…). Il poeta è, innanzitutto, qualcuno che è uscito dai confini dell’anima. Poeta dall’anima e non nell’anima. (…) Qualcuno, ancora, che è uscito fuori dai confini dell’anima – nella parola. (…) Parità di dono: dell’anima e della parola – ecco il poeta. (…) Indivisibilità di essenza e forma – ecco il poeta”. (Un poeta a proposito della critica)
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Il poeta è colui il quale conosce il mondo visibile, ma presta ascolto solo al mondo invisibile. Partendo dalle cose, cerca di dar corpo ai suoi sogni: le prime gli sono necessarie, ma solo per andare di là da esse e accedere al regno dell’invisibile e dell’indicibile e reperivi simboli, “indizi terrestri”. Scrivere è dar voce a qualcosa che preesiste l’individuo, che è già formato, non qui, non oggi ma altrove, ieri o domani, là dove sono le essenze: pura “volta sonora”, lo scrittore o il poeta non fanno che rendere palese o schiarire i nessi tra il palpabile e l’incorporeo, non fanno che dare a tutto ciò una forma e un suono.
Due mesi dopo l’incontro tra Anna Achmatova e Marina Cvetaeva, quest’ultima si sarebbe uccisa. Anna doveva continuare da sola la sua battaglia per liberare il figlio. Scriveva all’amica una lettera in versi, traccia indelebile della sofferenza loro e di molti come loro:
Oggi io e te, Marina, camminiamo per la capitale di notte, e ci seguono milioni come noi, e non v’è più taciturna processione, e intorno i suoni a morto e il selvaggio lamento moscovita della tormenta che cancella i nostri passi…
Nel ciclo Nell’anno quaranta (1940), Anna continuò a raccontare il suo caso individuale e insieme il buio collettivo calato sopra l’Europa e la Russia, la sinistra duplice minaccia del nazismo e dello stalinismo, la perversione liberticida di quel momento storico, “quando gli uccelli della morte erano allo zenith” per riprendere un verso dal suo Il vento della guerra. Per lei, che non avvertì mai le seduzioni della rivoluzione ma l’accettò semplicemente per quel che era, dolore e catastrofe, la guerra fuse in un unico sconvolgimento del mondo lo scalpitare selvaggio dei cavalli, l’ululato della tromba e i canti funebri dei contadini.
Ecco la lirica che dà il titolo alla raccolta. Come spesso, anche qui la poesia dell’Achmatova parte dal destino particolare – il proprio – per allargarsi a quello umano – le vicende corali di un intero popolo sottoposto a una prova terribile dalla storia:
Ma io vi prevengo che vivo per l’ultima volta. Né come rondine, né come acero, né come giunco, né come stella, né come acqua sorgiva, né come suono di campane turberò la gente, e non visiterò i sogni altrui con un gemito insaziato.
(1940, Nell’anno quaranta)
La voce che dice “io” è occultata, parla come da dietro una parete: vive ancora, ma “per l’ultima volta”. La realtà si è disgregata in una serie di soggetti: rondine e acero, giunco o stella, poi acqua di fonte e infine suono di campane a morto. Il dissolversi di ogni piano razionale, visivo ed emotivo prefigura forse il destino della stessa Russia? Di certo ripete l’angoscia crescente che s’insinuava nei cuori dopo la resa di Parigi e la solitudine dell’Inghilterra, che resisteva con “lacrime e sangue” agli attacchi nazisti.
Il tono drammatico, la tensione oracolare, la tonalità tipica della tragedia ricevono accoglienza nell’autobiografia. Colei che scrive non vuole diventare un lamento infinito. Al contrario, la Russia stessa è un unico e compatto “gemito insaziato”: l’anticipazione temporale pare non di meno risalire il tempo per ripiegare verso il passato, l’ombra sembra quasi volgersi all’indietro verso il mondo perduto. Dal presente la separano pochi anni. In realtà sembrano secoli: Sono stata via settecento anni, dice un altro verso di Luna allo zenith.
*
La vita di Anna Achmatova si era come spezzata tre volte. Il primo colpo era avvenuto con la Prima guerra mondiale:
Invecchiammo di cent’anni, e accadde in un’ora sola. (…) Dalla memoria, come un peso vano, dileguò l’ombra di canti e passioni
(In memoria del 19 luglio 1914, 1916, La corsa del tempo)
Il secondo colpo l’aveva spinta sul crinale della rivoluzione, quando la poesia divenne per lei soprattutto prova di sopravvivenza, resistenza, canto di morte di antiche memorie e antichi richiami, destinati a scomparire o già definitivamente scomparsi. Per ironia del destino, le sue prime raccolte si scontrarono con il secolo proprio uscendo nel 1914 e nel 1917 e, forse, proprio l’urto con i rombi di cannone e fucili fece avvertire ancora più vivida la vibrazione della sua giovane voce lirica.
L’ultimo colpo fu infine quello del regime di Stalin e allora, sotto un tragico esistere che non aveva confronti né metri di paragone, più tragica si fece l’intonazione della sua poesia.
Malgrado in quel mondo intimo e riparato vi avessero fatto irruzione la storia e i suoi orrori, da un punto di vista poetico la lirica dell’Achmatova non variò per intensità e profondità acutamente personale La storia le servì da prisma per rifrangere il dolore personale e quello della sua gente. Perciò si rifiutò sempre di lasciare la Russia ed emigrare:
No, non sotto un estraneo cielo, Non al riparo d’ali estranee: Ero allora col mio popolo, Là dove il mio popolo, per ventura, era. (Requiem, 1961)
Il fiume dei versi continuò a fluire nel suo alveo, sebbene tutto intorno le rive stessero franando. Anche il rifiuto d’ingrossare le fila dell’emigrazione fu per Anna un’orgogliosa affermazione della propria autonomia poetica. Eppure in Russia nessuno voleva più pubblicarla. L’Unione degli scrittori sovietici soffocava scrittori e poeti nella morsa della censura e del regime che, disse Pasternak, bruciava i poeti “come combustibile fossile”.
Quando, intorno al 1940 qualche lirica dell’Achmatova iniziò a riapparire in rivista, il silenzio intorno a lei durava da quasi un ventennio.
*
Rallentiamo il passo, iniziamo a risalire la corrente.
Poesia sempre uguale, fedele a se stessa, la sua. Ma l’Achmatova era un’autrice capace di rinnovare energicamente, proprio mentre la stava recuperando, la propria materia poetica originaria. Negli ultimi anni la sua vena lirica torna a scorrere trasparente, cristallina, a ripescare dal fondo della corrente e risalire dall’alveo della memoria temi e ritmi che erano stati salutati un tempo come una novità, un tratto tipico delle prime raccolte.
Anna riconquista anche la visione patria, l’occhio rivolto al futuro generale della Russia, la Rus’ avita e amata. Da sempre era così: “Il cuore batte rapido, più rapido” (La confessione, 1911, La corsa del tempo). Ma i canti della Russia s’intonavano adesso in un tono più pacato e disteso, talvolta in una tonalità di aperta disillusione nell’istante in cui venivano a riconoscere, con malinconico ritardo, “la fredda, pura, lieve fiamma/della mia vittoria sul destino” (Qualcuno ancora riposi nel Sud, 1956, La rosa di macchia fiorisce).
Secondo una visuale simile a quella adottata in questa lirica giovanile, faceva ritorno a scene e quadri della sua vita prima della guerra e della rivoluzione:
Ho appreso a vivere semplice e saggia, a guardare il cielo, a pregare Iddio, e a vagare a lungo innanzi sera…
Davanti a lei, come da sempre, si apriva la distesa infinita della terra russa, con le fila di alberi dalle foglie insanguinate di bacche:
Quando nel fosso freme la lappola E il sorbo giallo-rosso piega i grappoli…
E il movimento dei versi scivolava impercettibile da fuori a dentro:
Ritorno. Un gatto piumoso mi lecca Il palmo, fa le fusa più amoroso, e un fuoco vivido divampa (…). Solo di rado un grido di cicogna, volata fino al tetto, squarcia il silenzio.
(1912, La corsa del tempo)
Dal gatto alla mano e da questa al fuoco verso cui la mano si protende, il movimento della figura e la stessa stanza si tingono d’arancione alle fiamme nel camino. Il richiamo della cicogna che viene dal tetto non fa che approfondire il silenzio e l’intimità della scena davanti al fuoco che brilla. L’ultima visione che il lettore conserva negli occhi è il barbaglio delle fiamme, l’ultimo suono è quello che scende e poi tace nella notte.
*
Il cerchio è prossimo a chiudersi: ci stiamo avvicinando, camminando passi lenti a ritroso, al principio.
L’abbiamo visto nelle raccolte dedicate alla guerra: la poesia dell’Achmatova fu una continua corrente lirica che annullava la distinzione tra il personale e il corale, la cesura tra “io” (che scrivo) e “voi” (che leggete): “Poiché la corrente si chiamava “amore”, le poesie riguardanti la terra natale e il periodo storico apparivano intrise di un’intimità quasi incongrua; per converso, quelle ispirate alla vita affettiva andavano acquistando un timbro epico”, commentò – di nuovo Brosdkij – questo spericolato travaso tra il secolo e il singolo essere.
Ecco il segreto: assoluto e immortale è quel che è dentro il poeta, dentro l’uomo. La parola della poesia si sottrae alle leggi terrestri e, rinnovando in ciascun poeta la morte di Orfeo, fa ritorno al luogo in cui sgorga. Nella fine è il principio e il principio è negli estremi che, in poesia, compiono il prodigio e si fanno norma, pane spezzato, felice contrada fiabesca dell’”ora” e del “qui”, battito del cuore, vita.
Un’altra – l’ennesima – elegia è un altro canto della separazione e dell’addio:
La porta è socchiusa, dolce respiro dei tigli… Sul tavolo, dimenticati, un frustino e un guanto.
Giallo cerchio del lume… tendo l’orecchio ai fruscii. Perché sei andato via? non comprendo…
Luminoso e lieto domani sarà il mattino. Questa vita è stupenda, sii dunque saggio, cuore.
Tu sei prostrato, batti Più sordo, più a rilento… Sai, ho letto che le anime sono immortali.
(1911, La corsa del tempo)
Nella semioscurità creata dalle ombre di quell’“io” e di quel “tu”, nei loro riflessi e nelle loro apparizioni vaghe – aspirazione ad allontanare l’amore, a trarlo fuori dai confini della vita, anelito alla perfezione, alla pienezza della totalità -, può inserirsi e riconoscersi il lettore. L’amore è qui il linguaggio segreto con il cui inchiostro trascrivere i comunicati dello spazio e del tempo. La musica del verso è la sede del suo tempo, il tempo dell’amore che si svolge fuori del tempo stesso. È nell’amore che il finito può rischiare e ritenere di porsi alla pari con l’infinito, ma solo la poesia è in grado di rendere tangibile e vero ciò che altrimenti sarebbe impossibile da custodire.
Seguiamo il cauto movimento dal vicino – il cono di luce gialla emesso dalla lampada, i tigli, il frusciare del giardino in sottofondo – al lontano – l’assenza dell’amato, il domani, il futuro che attende con le sue insidie. Poi, adagiati in quel movimento, ci è dato scrutare l’impercettibile rotazione del centro di gravità poetico dall’“adesso” verso l’“immortalità”, l’audace spostamento dalle cose allo spazio indicibile “oltre le cose”.
Tutto si è compiuto: “domani” è “immortale”. In pegno, quaggiù l’immortalità ospita per intanto il suo ostaggio: il cuore. Sì, quaggiù “questa vita è stupenda”.
Il “cuore” si trasforma in “anima”, l’eros è già ridiventato elegia. E il cerchio, adesso, si chiude davvero.
Paola Tonussi
(fine)
L'articolo “Il poeta è un uomo moltiplicato per mille… Il poeta è, innanzitutto, qualcuno che è uscito dai confini dell’anima”: sugli ultimi anni di Anna Achmatova proviene da Pangea.
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