#tenda a pacchetto
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mylarryuniverse · 1 year ago
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Eclectic Entry Ideas for a mid-sized, eclectic entryway renovation with a white wall background and a glass front door
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the-laughing-puppeteer · 2 years ago
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Mudroom in Milan Example of a mid-sized eclectic limestone floor entryway design with white walls and a glass front door
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jaero · 2 years ago
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Mudroom in Milan Mid-sized elegant limestone floor entryway photo with white walls and a glass front door
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Gli studenti possono lasciare la tenda. Le misure varate dal governo sui posti letto
AGI – Procedure semplificate e bando da 1,2 miliardi per 60mila nuovi posti letto: è il ‘pacchetto’ housing contenuto nel dl Pnrr 4 approvato dal Consiglio dei ministri. Queste le misure nel dettaglio. COMMISSARIO STRAORDINARIO PER GLI ALLOGGI UNIVERSITARI – Il ministero dell’Università e della Ricerca si avvarrà del supporto di un commissario per gli alloggi universitari per centrare l’obiettivo…
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lavoripubblici · 2 years ago
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👷‍♂️ Pergotenda realizzata con VEPA: è edilizia libera
❌ Niente permesso di costruire per tende retrattili e strutture con vetro a pacchetto
👨‍⚖️ La conferma dal TAR Emilia Romagna
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arredo-artigiano-interior · 2 years ago
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Una tenda a pacchetto è una particolare forma di tendaggio; utile perché richiede poco spazio per essere applicata. Moderna e semplice nell'utilizzo. Tenda a pacchetto realizzata a mano. Pezzo unico. Tessuto misto poliestere e lino. Per inoltrare la tua richiesta consulta il sito ⬇️ www.arredoartigiano.it ⬆️📩📞🗓️ . . . #tenda #pacchetto #casa #tappezzeria #artigianato #tessuto #tessuti #regalo #home #madeinitaly #handmade #regali #arredamento #italy #italia #interiordesign #fattoamano #upholstery #moda #wave #roma #design #donna #alessandria #love #artigianatoitaliano #uomo #mysimplehappiness #fashion #sumisura (presso Arredo Artigiano) https://www.instagram.com/p/Cn_lALZoHRt/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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kon-igi · 6 years ago
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E intanto il tempo se ne va
ciao DocKon the Wise,
mia nipote ha (solo) 12 anni, perfetta nei suoi grandi occhiali e nel sorriso timido, un germoglio di goffa e candida bellezza, sprovvista ancora di tette e ciclo ma in pratica una bomba di ormoni a piede libero in campeggio al mare. Lui 14, fascino primitivo del bulletto di paese, aria e modi di chi ne sa più della sua età. Le promette strapazzi e le ha chiesto di stare un po’ da soli. Lei sta sola almeno fino alle 14 quando rientra la madre dal lavoro.
Abbiamo organizzato ronde di sorveglianza dei vicini di tenda, ma è arrivato il momento di parlare, spiegare. Ora, io ho tolto il velo da Orsolina – con ritardo - nel ’91 e la madre è una quarantenne di larghe vedute, ma ci sembra tutto davvero troppo presto, troppo presto per tutto e per qualsiasi cosa.
In questo frullatore impazzito di: rispetto per te stessa, non fare niente che non desideri, fin qui tutto bene, un giorno capirai, vietato vietare, và dove ti porta il cuore, e intanto il tempo se ne va e non ti senti più bambina, si cresce in fretta alla tua età, ti/gli/vi spezzo mani e gambe, vado a parlare con sua madre, scavicchi ma non apra, ti mando in collegio, guai a te, guarda ma non toccare, tocca ma non gustare, gusta ma non inghiottire, non andare, vai, non restare stai, insomma, come facciamo a fare i grilli parlanti senza esser presi a ciabattate? Come si attiva il Salva Vergine in maniera intelligente e – soprattutto, perlamordiddìo, efficace? Tu che faresti? Anzi, che hai fatto.
Grazie mille, sempre.
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Quando avevano dieci anni ho fatto il Discorso
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poi ho cominciato a rispondere agli ask anonimi di natura educativa sessuale su tumblr e ho detto loro che se li potevano leggere.
A parte la battuta (le gif, non gli ask... quelli se li leggevano davvero) considera che i maschi a quattrodici anni sono tutti degli sventrapapere spaventapassere a discorsi e poi hanno imparato l’altroieri come tirare fuori il pisellino dalla patta senza pisciarsi sulle scarpe.
Molto youporn e poco glieloporg.
D’altro canto i suoi dodici anni non sono i tuoi o i miei dodici anni: io a quell’età ero innamorato della protagonista di Maison Ikkoku... ah, no, avevo diciannove anni... comunque, è molto facile che dietro a quei grandi occhiali e a quel sorriso timido ci sia già uno schema 3D animato con Solid Work su come, dove e quanto un pene si possa congiungere con una vagina in quell’estasi di corpi avvinghiati che è propria dell’idillio dell’amore del sesso.
Questo non significa che voglia trombare.
Magari un teorico pensierino di massima ce l’ha fatto ma ci scommetto che tutto si risolverà con qualche frizione sovrapubica e una scrollata di wurstel con succo di baccalà sul pavimento.
Comunque dì a sua mamma (o fallo direttamente tu) di mettere un pacchetto di condom nel cassetto delle medicine o nello sportello dello specchio del bagno: la ragazza saprà che sono lì e li prenderà quando il momento sarà giusto.
Ti saluto e disattivo la modalità Ero Sennin
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<3
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dramasetter · 2 years ago
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Mi ha ricordato quando in seconda liceo B mi aveva pregata di accompagnarla al concerto degli One Direction e io ci sono andata con la maglia degli Iron Maiden e un foglio appeso con scritto 'sono qui contro la mia volontà'.
È stato bello dividere la folla che era lì in attesa di entrare; da una parte alcuni genitori trascinati lì dalle figlie che hanno apprezzato e pure fotografato, dall'altra le ragazzine incazzate che mi dicevano che avevo rubato la possibilità a una vera fan di assistere al concerto. Per dire, le ragazzine incazzate sono state la cosa migliore della giornata.
Non so spiegare quel concerto: non solo era degli One Direction ma mi è venuto un attacco di panico bruttino e mi han dovuta portare dalla tenda, mi han fottuto un pacchetto di sigarette e ha diluviato tutto il tempo e mi si è bagnato il telefono che non si è mai ripreso (ed è andato anche l'altro pacchetto di sigarette che avevo).
a tshirt that says here against my will
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thecatcherinthemind · 6 years ago
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Una voce fuori campo
Estate 2017
A. non era abituato ad essere rifiutato.
Quella sera E. si era presentata alla sua festa molto tardi, perché era stata impegnata con lo studio; non sarebbe nemmeno andata se non fosse stato il fratello di A, che aveva organizzato la serata per riunire gli amici dopo il rientro di tutti dalle ferie. Per E. tornare in quella casa sarebbe stato pesantissimo, ma non voleva discussioni, quindi aveva accettato.
A. era rimasto per ore con una t shirt bianca, nonostante avesse già ospiti in casa, finché E. non aveva suonato. Solo pochi secondi prima si era andato a cambiare e aveva aperto la porta indossando una camicia elegante e un paio di pantaloni scuri. Per tutta la serata aveva cercato di ottenere le sue attenzioni, ma lei sembrava quasi scocciata. "Ti ho portato le sigarette" le aveva detto poi sorridendo, porgendole un pacchetto di kinder maxi. "Grazie" disse lei prendendone due "io ed I. andiamo in balcone" aggiunse poi. Lei e la sua amica I. avrebbero sicuramente parlato di lui, quindi A. fece finta di nulla e decise di non raggiungerle.
"Non posso più sopportare che mi tratti così, come una delle sue stupide conquiste. Mi ha mancato di rispetto tutta l'estate e adesso vuole fare il galante?". L'aria in balcone era fredda, ma E. era talmente nervosa da non percepirla.
"Secondo me si è reso conto di aver sbagliato, dagli un'altra possibilità"
"Sai benissimo cosa ha fatto. Per me è finita così, senza rancore, lo saluto e tutto, ma che non ci provi più con me. Ha chiuso"
"No, hai ragione" le disse I. "però mi spiace si sia complicato tutto, la serata è ancora lunga"
"Non per me, vado a casa" disse E., rientrando e chiudendo la porta del balcone.
Pochi minuti dopo E. era per le scale, con le chiavi dell'auto in mano e con lo stomaco sottosopra. Nel frattempo A., che l'aveva salutata poco prima trattenendo il nervoso, era in balcone e stava osservando i suoi movimenti verso il parcheggio, mentre tirava boccate interminabili alla sua sigaretta.
"Hai ripreso a fumare?" chiese I., che era rimasta fuori. Il viso di A. illuminato dal lieve chiarore della luce era bellissimo: aveva dei lineamenti perfetti, una bellezza greca, come piaceva a lei. Non se ne era mai accorta. Aveva passato tutta l'estate a dare consigli ad E., ma non aveva pensato a quanto la loro rottura potesse rivelarsi in realtà un'opportunità.
A. finì la sigaretta in brevissimo tempo: faceva boccate molto lunghe, come non fosse un piacere, bensì una punizione e non vedesse l'ora di finirla. "Sì ho ripreso, in questo periodo sono nervoso" aveva risposto, senza distogliere lo sguardo dalla figura di E., occhi fissi sul viale. Quando l'auto di E. ripartì, lui si voltò e disse "ma tanto l'ho quasi finita".
In quel momento F., il ragazzo di I., li raggiunse. "Amore va tutto bene? Sei in balcone da mezz'ora"
"Sì, stavo facendo due chiacchiere con A."
A. finì la sigaretta.
"Ah hai ripreso?" chiese F. girandosi verso di lui.
A. nemmeno rispose; stava osservando il mozzicone rimasto acceso, studiandone le forme, il colore, l'odore, tenendolo tra pollice e indice e facendo movimenti circolari. Sembrava completamente assorto nei suoi pensieri.
Tenendo sempre il filtro tra le mani, fissò I. negli occhi, poi si girò verso F. e rispose "Sì, ma tra poco smetto". A quel punto gettò il mozzicone ancora acceso dal balcone e rimase immobile ad osservarne la caduta. La cenere si spargeva senza uno schema stabilito, il filtro seguiva una rotta di atterraggio completamente storta, complice il vento, e il rischio di dare fuoco alla tenda dei vicini gli dava un senso di appagamento inarrestabile. "Tra poco finirà tutto, promesso" ripeté poi, fissando il vuoto.
F. ed I. si guardarono, non sapendo cosa dire, quindi nessuno dei due aprì bocca.
Ci furono dieci lunghi secondi di silenzio, che diventò quasi assordante. Poi A. si girò nuovamente verso la porta del balcone e disse: "Non porto mai a termine niente, non valgo un cazzo, tanto vale smettere anche di fumare". Rientrò in casa e per tutta la sera non rivolse più la parola a nessuno.
Anche F. ed I. rientrarono, consapevoli che quella storia non sarebbe finita lì.
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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MyBlind: l'azienda specializzata in tende su misura
MyBlind è un'azienda italiana specializzata nella produzione e vendita di tende e oscuranti su misura. L'azienda è stata fondata con l'obiettivo di offrire soluzioni personalizzate per la protezione solare e la privacy in ogni ambiente, dalla casa all'ufficio, dai negozi ai ristoranti. La gamma di prodotti offerti da MyBlind comprende tende a rullo, tende verticali, tende plissettate, tende a pacchetto, veneziane e oscuranti, disponibili in diverse opzioni di tessuto, colore e apertura. Tutti i prodotti sono realizzati su misura, per adattarsi alle esigenze di ogni ambiente e di ogni cliente. L'azienda si distingue sul mercato per la qualità dei suoi prodotti e per il servizio clienti di alto livello. L'azienda utilizza solo tessuti di alta qualità, resistenti e duraturi nel tempo, e garantisce un'assistenza personalizzata in ogni fase dell'acquisto, dalla scelta del prodotto alla consegna e all'installazione. Di seguito troverai alcuni dei prodotti più richiesti offerti dall'azienda MyBlind. La gamma di prodotti comprende tende a rullo da interno, tende a rullo con guide laterali, tende a rullo soggiorno e tende a rullo per esterni antivento. Tutti i prodotti sono realizzati con tessuti di alta qualità, resistenti e duraturi nel tempo, e sono personalizzati per adattarsi alle esigenze di ogni ambiente e di ogni cliente. Grazie alla vasta gamma di prodotti offerti, MyBlind è in grado di soddisfare ogni esigenza di arredo e di protezione solare, offrendo soluzioni personalizzate e innovative per qualsiasi ambiente. Tende a rullo da interno: la soluzione perfetta per ogni strofa Le tende a rullo da interno sono un'ottima scelta per chi desidera un'alternativa alle classiche tende o alle persiane. Queste tende sono disponibili in diversi tessuti, colori e modelli, per adattarsi alle diverse esigenze di arredo e di illuminazione delle stanze. Le tende a rullo da interno possono essere installate in salotto, in camera da letto, in cucina o in bagno, e possono essere utilizzate sia come elemento decorativo che come protezione dalla luce solare. Tende a rullo con guide laterali: la soluzione per ogni esigenza Le tende a rullo con guide laterali sono una soluzione ideale per chi desidera un maggiore controllo sulla luce solare e sulla privacy. Queste tende sono dotate di guide laterali che permettono di posizionare la tenda in modo preciso e di regolare la quantità di luce che entra nella stanza. Le tende a rullo con guide laterali sono disponibili in diverse opzioni di tessuto e colore, per adattarsi alle esigenze di ogni ambiente e di ogni stile di arredamento. Tende a rullo soggiorno: l'elemento che completa l'arredo Le tende a rullo soggiorno sono un elemento d'arredo che può fare la differenza in ogni salotto. Queste tende sono disponibili in tessuti eleganti e raffinati, per creare un'atmosfera accogliente e confortevole. Le tende a rullo soggiorno possono essere utilizzate sia come elemento decorativo che come protezione dalla luce solare, e possono essere installate in combinazione con altri elementi d'arredo, come i tappeti oi cuscini. Tende a rullo per esterni antivento: la soluzione per ogni stagione Le tende a rullo per esterni antivento sono un'ottima scelta per chi desidera utilizzare lo spazio esterno della propria casa o del proprio negozio in ogni stagione. Queste tende sono dotate di tessuti resistenti e di guide laterali che permettono di posizionare la tenda in modo preciso e di proteggere dalla pioggia e dal vento. Le tende a rullo per esterni antivento possono essere utilizzate in giardino, in terrazza o in balcone, per creare uno spazio protetto e confortevole in qualsiasi condizione meteorologica. Read the full article
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sudokulife · 3 years ago
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Quasi mezzogiorno sabato sei o sette novembre
Giorno gente, in effetti ho un cazzo di voglia di scrivere però bo e tanto che non posto e niente.. può essere mi intratterrò per un po’ o no booo
Sto male. Strano ma vero direbbe qualcuno eh? Si sa che il più delle volte che scrivo qua èperché non sto bene, ascoltare certe canzoni a ripetizione non penso faccia troppo bene ma fa niente però le uniche cose a cui riesco a pensare non sono tante ma patadossali l’una con l’altra.
Non so piangere, scendono solo lacrime del cazzo, urla nel mio silenzio chee vorrei poter esternare. Pensieri suicidi ogni secondo, pensieri omicidi, altre lacrime. La solitudine non è poi così male…si la solitudine mio dio, sembro un rinchiuso di merda, non voglio farmi aiutare, penso solo che io sia un morto che cammina. So che è brutto sapere di una persona che la vive in questo modo ma il più delle volte almeno per me non c’è soluzione.
Soluzione?qualcuno ha parlato di soluzione?
Si effettivamente andar via sarebbe la soluzione, l’unica; andare via si ma dove? Ora racconto così si capisce meglio,.
Da qualche tempo mio padre mi ha fatto sinceramente capire che this non sarebbe mai più stato il fantastico posto che io chiamavo casa fino all’anno scorso. Ogni sera che torna o tornava dal lavoro cen era una diversa, i pugni sul tavolo, le minacce col dito, sbattere muri, nocche devastate.. non capivo il perché è forse nel mio piccolo non lo capisco ancora perché un genitore dovrebbe fare tutto ciò. Nessun aiuto, ho chiamato assistente sociale e telefono azzurro anni fa ma avrete capito come cazzo e andata, da dodici anni sono il suo materiale di sfogo e non voglio più esserlo, giuro lo sto scrivendo solo perché spero di non andare in carcere per attacchi d ora seppur casuali ma sensati, legittima difesa mi dicevano.. ma io nn ci credo più, sono diventato il cattivo della storia in troppo poco tempo, le mie poche amicizie, lei, sto perdendo tutto devastando senza volerlo la mia vita ma non capisco come rimediare.
Tornando al discorso di prima, non è mai stato così mio padre se non dall’inizio della mia “ pre transizione” mentre era in atto la separazione con mia madre, appunto quasi 13 anni fa. Già troppo tempo, un’abitudine sbagliata da prte mia quella di non reagire ma ho cominciato a pensare dall’anno della mia effettiva transizione che se avessi fatto uguale sarebbe finita male anzi malissimo. Non erano gesti quotidiani da sempre anzi non pensavo mai sarebbe stato così o almeno all’inizio allora sono rimasto nella mia casa natale lasciando andare mamma da sola più che altro perché sapevo avesse un compagno con due pallecosi (mancato anni fa per il troppo bere ma dettagli) . In poco tempo però a casa io ero diventato Leo ma nessuno ceh lui non lo vedeva, la sua famiglia non lo vedeva, i miei amici di allora nn lo vedevano ne la mia vecchia ragazza. Mollai tutto andai a vivere con mia madre per quasi un anno, estate dei 18, partii per la Puglia pensando di aver trovato qualcuna che capisse qualcosa in più che le ragazze della mia città anche perché nn ci vuole molto per alcune comunque dopo tre giorni la mollai causa stupidità inaudita e due cazzo di corna che Lucifero spostati proprio, ero rimasto senza un posto dove dormire, ne un soldi dove andare perché lei me li aveva fregati quasi tutti tra un pacchetto di sigarette e l’altro o almeno così diceva. Si mi ero fatto altamente fottere, a piedi senza una meta ne un soldo ad agosto a Barletta. Con tanto di valigione ovvioMi venne in mente di chiamare lo zio di mio padre omettendo molte scomode verità così che nn le dicesse al mio peggior nemico(Anchese allora non lo sapevo ancora) Vabbè fatto sta che mi diede una tenda, stetti una notte lì da loro ma purtroppo non potendo restare dovette subito fuggire e mi accontenta e quindi della spiaggia. Non pensate alle foto Tumblr o cose del genere, tempesta quasi tutte le notti la tenda che scappava e io che la rincorrevo, effettivamente sembrava un po’ paperissima ma era solo la verità io mi incazzavo così tanto…. L’ultima notte lì fu quella in cui il giorno prima trovai un annuncio, stavo cercando un hotel per un paio di notti così poi ne sarei potuto andare in grazia di Dio mandando qualche foto magari ai miei dicendo “guardate che bella la casa di quella ragazza��.
Non ho proprio così, le due notti le passai ma in bianco una a fissare il soffitto ed a pensare e l’altra a mettere a posto parte per cani nella valigia ossicini. Avrete capito che da lì al resto della vita non sarei più stato solo almeno per altri 15/18 anni. Avevo trovato l’annuncio di adozione di un cane, il giorno dopo sarebbe stato portato in canile perché troppo rumoroso e un bel po’ insolente, l’unica dell’allevamento. Aveva quattro mesi e mezzo quindi già un bel po’ grandina, se avessi pensato ad un cane di sicuro non sarebbe stato un Rottweiller di 4 mesi ma qualcos’altro con una grandezza più simile ad un barboncino magari di due mesi e mezzo. Comunque sia andare a comprare tutto l’occorrente per tenerla lì (perché era una femmina anzi lo è ancora) e e decisi il giorno dopo quindi di incamminarmi verso l’allevamento che si trovava nella provincia accanto, erano talmente tante ore di cammino che non sapevo neanche se ce l’avrei potuta fare, ma tra una peripezie e l’altra, dopo aver perso e ritrovato il portafoglio, esser stato caricato da un vecchio che mi voleva rapire o chissà che altro ed esser scappato, giuro che non acquistai nemmeno l’acqua per tenermi soldi: avevo la bottiglietta del giorno prima che non era neanche mezzo litro ma non importa perché pensavo alla felicità di quel cane che d’ora in poi avrei giurato sarebbe stato con me.
Non me la voglio far melensa perché già ho scritto troppo, comunque feci il cambio di proprietà il giorno dopo assieme al vecchio padrone ovvero quello dell’allevamento che però mi è sembrato abbastanza gentile dato che mi ha ceduto praticamente una casa di sua proprietà anche se è vuota per le successive tre notti così che mi sarei messo a posto tra biglietti e tutto e avrei potuto tornare a casa in men che non si dica con il cane. Già qui non ho mai parlato del mio cane o almeno non così approfonditamente come vorrei tanto fare anche se poi allungherei il discorso di 1000 anni quindi magari aspetto e farò un altro posto, dico solo che anzi sembra una persona, la più empatica di tutto questo mondo, mi assomiglia tanto si attacca le Persone e le conquista ma senza il fatto di farli andare al manicomio diverse volte che invece è una specialità mia, comunque sia avevo ancora in valigia delle focaccine che avevo bellamente fregato da casa della ragazza da cui dormivo prima e ce le siamo finita in men che non si dica io e il cane. Parlai al telefono con mia madre, con mio padre e cominciai a capire che il fatto di avere un giardino grosso era sia un punto a mio vantaggio a casa di mio padre però che sarebbe forse ricominciato tutto al contrario sentendo ciò che diceva e il bello è che sarebbe stato sia per me anche per chi avevoaccanto ovvero il mio cane. Mia madre c’è poco da dire perché nella piccola casa che aveva, la quale era ancora più piccola di quella di adesso che tra l’altro non è neanche sua invece quella di prima lo era, la vendete qualche anno fa comunque sia a quei tempi ce l’aveva ancora ma era troppo piccola, racconto dopo di questo. Le notti passarono in quella casa vuota con solo un cesso funzionante, dovevo pulire i bisogni del cane e darle da mangiare mentre intanto facevo da babysitter ai figli di questi due che si gentili e tutto quanto però cavolo un po’ di pausa ci sarebbe voluta senz’altro, ed è lì che gli parlai e per l’unica volta ed anche l’ultima di guardai per mezz’oretta ancora i figli due bimbi 1/3 e poi accompagnato da questa signora andai a visitare Trani. Il fatto che ci sarei partito quella notte, saremmo partiti, siamo partiti. Trani era bellissimo tutto bianco, di pietra, pietra lavica, marmo statue, fontane il porto che era la cosa più bella che ho visto io avrò fatto un sacco di foto che purtroppo ora non so nemmeno più dove sono… Una delle giornate più belle del mondo cioè della mia vita, io e Kitha perché così si chiama, in realtà il nome è molto più lungo ma mi viene più facile chiamarla così. La mezzanotte arrivo, quel giorno mangiare pochissimo e finiti i paté che avevo in valigia per lei, rubai un paio di panini a dei turisti tedeschi che erano lì a vedere qualche museo ma che fortunatamente non se ne accorsero quindi quello furono nostro pranzo. Ora a mente fredda me lo sto ridendo perché penso di essere una specie di Lupin o almeno di esserlo stato in quel momento nei momenti tipo quello che non sono stati pochi ne sono stati tutti gli a Trani perché purtroppo la mancanza di di nero mi accompagna da tanto, troppo tempo. Arrivammo davanti al treno e dopo aver ringraziato e salutato tutti lasciai loro la tenda di mio zio che purtroppo non avrei potuto portare prima di tutto perché non l’avevo portata da casa e quindi avrei dovuto dare spiegazioni anzi troppe e poi perché non avrei potuto reggerla portando cane valigia… Non ero ancora del tutto disabile ma poco ci mancava quindi camminavo male ma me lo sapevo ancora cavare o almeno meglio di adesso che anche se ho forza nelle braccia non riesco ad usarla stando in piedi quindi non per il mio cane né per nessun altro.discorsi di oggi a parte, parti in treno, subito cacciato dalla cuccetta che avevo prenotato con altre tre persone a fianco che a quanto pare avevano da ridire se non altro con il mio cane ma non importa mi sono seduto su un piccolo sedile che si apriva dalla parete del treno il mio cane sotto le mie gambe e niente passammo così quasi 13 ore, arrivati inizio il delirio. Passai i primi giorni a casa di (…)PT2⬆️
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lidiaelsachavez · 4 years ago
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.         ⋰⋰    ↷    march 8th, 2024         happy bday  ─                       ─ with Diego   ,, #dangeroushprpg                                                 ↷    ↷    ↷
Diego aveva fatto un po' fatica ad essere concentrato sulle lezioni del mattino dopo la sorpresa che gli era stata organizzata la sera prima, eppure era felice, sorrideva per i corridoi ed il peso del dolore che portava sul petto si era un po' affievolito.
Al messaggio di Eunice sorrise e quasi corse verso la sua stanza.
«Sai che tu coperta dalle mie magliette sei il mio regalo preferito, vero?»
Domandò lui scostando la tenda del baldacchino e abbassandosi per baciarla piano.
Sorrise, non appena Diego scostò la tenda del baldacchino, e si sporse verso di lui per raggiungere prima le sue labbra.
"Lo so, ma ne ho anche un altro... Che non sono io."
Rispose quindi, ridendo, per poi spostarsi un po' di lato e fargli posto sul letto.
"Susu, vieni qui, festeggiato del mio cuore."
Ricambiò quel bacio e le sorrise accarezzandole piano il viso.
«Non era necessario, ma voglio proprio scartarlo, adesso.»
Si liberò in fretta dei pantaloni e si andò a sedere affianco a lei sul letto.
«Posso aprirlo?»
"lo so, che non era necessario, ma volevo."
Quindi, non appena lui si sedette accanto a lei, gli porse il pacchetto con un sorriso. 
"Spero ti piaccia. Ecco a te., Jesus."
Rimase in silenzio per qualche secondo osservandola e poi afferrò il pacchettino e lo scartò lentamente  perdendosi nell'osservare quell'oggetto piccolo, ma ricco di significato.
«Tu non hai idea di quanto io possa amarti.»
"E' legno di noce - - e dovresti voltarlo per leggere, mh?"
Rispose lei, indicandogli l'orologio, felice che gli fosse piaciuto, per poi osservarlo, curiosa anche di scoprire che avrebbe pensato dell'incisione.
Voltò l'orologio ed osservò l'incisione, per poi accarezzarla con il pollice.
«É meraviglioso.»
Sussurrò lui per poi avvicinarsi piano a lei e baciarla dolcemente sulle labbra.
Sorrise, guardandolo, e sorrise anche contro le sue labbra mentre lui la baciava.
"Sono felice che ti piaccia.. Davvero."
Rispose allora, posando una mano sulla sua guancia ed accarezzandolo.
Chiuse gli occhi per qualche secondo mentre lei gli accarezzava la guancia, certo che potesse comprendere tutto l'amore che egli provava per lei.
«Grazie.. del regalo, di essere qui, di esserci stata stanotte. Solo grazie.»
"Beh, non avrei mai potuto evitare il tuo compleanno, mh."
Rispose, arricciando il naso e sporgendosi per baciargli ancora il viso.
"E sono felice che tu ti sia divertito un po', stanotte."
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dopekidcreator · 4 years ago
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https://victoria.tendei.biz/
Tenda a pacchetto per finestra montaggio con viti o senza fori Ivora Victoria M
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i-feel-so-much-better · 7 years ago
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Chiudi gli occhi
Ma cosa mi guardi a fare, vuoi andare via da qui? Vuoi che ce ne andiamo lontano da tutta la gente a parlare del più e del meno col tuo estathè e un pacchetto di Marlboro? O vuoi che stiamo qui a sentire il mondo passare che tanto a noi cosa ce ne frega degli altri? Ma cosa mi guardi a fare? Stasera ti vorrei baciare fino a che non scopriamo che stiamo respirando in simbiosi che cadiamo sui sentimenti come tuffatori sincronizzati e stasera ti vorrei scoprire come non ti ho scoperto mai, ma se vuoi c’è un posto sul mio petto dove puoi essere te stesso senza troppe spiegazioni e se t’appoggi per un po’ e prendi sonno non ti preoccupare che l’indomani ti risvegli senza troppe paranoie. Ma cosa mi guardi a fare? Se vuoi ti bacio gli occhi così non vedi più tutta questa ipocrisia e te ne vai dove vuoi, dove vuoi andare? In America? Vuoi andare in America? Ma sì se vuoi ti porto a Città del Messico, ti bacio gli occhi e per un istante ti trovi di fronte al mare, proviamo? Ma cosa mi guardi a fare? Vuoi ballare? No, ma che dico non so ballare non so ballare per niente però in alternativa possiamo cantare fino a che non ci brucia la gola e siamo stanchi morti e andiamo a dormire dentro a una tenda colorata colorata di blu Allora me lo dici? Che cosa mi guardi a fare con quegli occhi che dentro sembra certe volte che c’hai tutto l’universo e qualche stella qua e là. Che cosa mi guardi a fare? Ami proprio me o quello che vedi? Ami proprio me o quello che ti mostro? Ma che cosa mi guardi a fare? È perché ti sto davanti o perché ti fa sentire bene tipo fuochi d’artificio? Io intanto ti guardo e dentro di me apocalisse scoppio nucleare inizio e fine ti guardo mi guardi finisce che prima o poi ci tocca parlare oppure niente graffiamo il silenzio che sulle unghie poi ci troviamo l’amore.
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edenlyeden · 4 years ago
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.       📽️  𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐯𝐞           𝗅𝗒𝗌𝗂𝗌𝗍𝗋𝖺𝗍𝖾'𝗌 𝖽𝗈𝗋𝗆           𝖺𝗉𝗋𝗂𝗅 𝟤𝟦, 𝟤𝟢𝟤𝟥           #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀                     ⤸        Eden aveva appreso del compleanno di Lysistrate soltanto quella mattina, quando una notifica di Fairybook le aveva fatto notare senza mezzi termini - che rude! - che quando si erano sentite la notte precedente aveva fatto una bella figura di merda non facendole gli auguri. Ugh. Aveva così passato la lezione di Trasfigurazione a cercare un regalo che non fosse troppo banale, qualcosa di carino ma non melenso. Che fatica. Alla fine, comunque, ci era più o meno riuscita, e grazie al suo abbonamento ad Amawiz Prime alle quattro del pomeriggio poteva rigirarsi tra le mani un piccolo pacchetto consegnato da un simpatico gufo - Jonathan, diceva il cartellino portato con orgoglio sul petto piumato - con il quale perse anche un po' di tempo a giocare. Poi quello se ne andò, dopotutto non aveva finito il suo turno di lavoro!, e lei rimase a fare i fattacci suoi. Fino al momento in cui, ottenuta la risposta di Lys, si accinse a sfidare la "gigante" Aithusa per intrufolarsi in camera loro e fare la sua consegna, un po' come una qualsiasi postina di C'è posta per te. Superata la sfida iniziale, si avvicinò al letto dell'amica? amante? boh, non si faceva troppe domande a riguardo, e scostò la tenda del baldacchino, rivelando una grifondoro sdraiata, inerme e senza forze, stanca fisicamente a causa delle ferite che si era inferta la notte precedente e mentalmente per tutte le cure della sua migliore amica — quanto avrebbe voluto che si fosse fatta i fatti suoi per una buona volta! E invece no: 'Lysistrate mettiti il pigiama', 'Lysistrate mettiti a letto', 'Lysistrate fatti medicare i tagli'. Aveva quindi ceduto, ma soltanto per il braccio. Così, in quel momento, si trovava stesa a letto in un torpore simile al sonno e il braccio disteso sul cuscino affianco al suo viso con la fasciatura ben in evidenza.  « Buongiorno, principessa. Buon compleanno! »  « Aithusa, cazz— » non appena riconobbe la voce di Eden, portò la mano destra di scatto a tirarsi giù la manica del maglione sperando di aver coperto in tempo la fasciatura. « Oh — ed io che speravo te ne fossi dimenticata. »  Aveva avuto tutto il tempo per notare la fasciatura ben evidente ai lati del viso della minore, la serpeverde. Aggrottò la fronte - ancora di più quando poi abbassò la manica, ma si sedette sul letto, il busto rivolto in sua direzione.  « Ho un'ottima memoria. » sentenziò, mentendo e scherzando, allungando la mano per provare a rivelare nuovamente il bendaggio. « Dovresti smetterla di bullizzare la tua compagna di stanza. »  « Oh — beh, per quanto mi riguarda è un giorno come un altro. » si mise a sedere, la schiena appoggiata ai cuscini che loro volta poggiavano contro la testiera del letto. Guardò la finta bionda e roteò gli occhi verso il cielo. Ritrasse di scatto il braccio per non farsi toccare da lei. « Io non bullizzo Aithusa, è la mia migliore amica. »  « Che cosa hai fatto? » se ne fregò di tutto il resto, l'indice puntato insistentemente in direzione del suo braccio.  « Niente. » tagliò corto Lysistrate mentre riponeva il braccio sotto il copriletto rosso-oro.  « Devo davvero rimarcare i motivi per cui è palese che questa sia una stronzata? Perché sono evidenti, non mi sembra il caso di perdere tempo. »  La minore alzò nuovamente gli occhi al cielo e indicò il comodino, vuoto.  « Ieri ho rotto la lampada, mi sono fatta male. Tutto qui. »  Eden puntellò il gomito sul proprio ginocchio, riproducendo quindi una stramba posa tutta ingobbita. Non rispose, ma aprì e chiuse più volte le palpebre, come a farle intendere che non se la beveva per tutta una serie di motivi e che quindi stesse attendendo un continuo. Lysistrate era infastidita. Lo era da Aithusa e da Eden, ma principalmente lo era da se stessa, dal casino che aveva combinato.  « Ho preso un pezzo di vetro e mi sono tagliata. Volontariamente. Però ti prego, smettila di guardarmi così. » dopotutto, non aveva senso mentire. Non a Eden, non in quel momento.  Eden percepiva lo stato d'animo di Lysistrate, la sua confusione, il fastidio, l'odio, e tutto questo senza nemmeno toccarla. Non era pronta all'ammissione pura - contava di dover insistere almeno un altro po' - e fu anche per questo che rimase inizialmente in silenzio, sebbene soltanto per una breve manciata di secondi. « Come ti starei guardando? »  « Mi stavi guardando in modo strano, non lo so. » la grifondoro tenne lo sguardo basso e iniziò a torturarsi il labbro inferiore con i denti, poi si raccolse le ginocchia al petto. Non sapeva cosa l'aveva spinta a parlare, ma era stato più forte di lei.  « Oppure è la tua mente che proietta il modo in cui tu ti guardi in quello in cui io ti guardo? » contorta come domanda, non c'è che dire.  « Che cosa stracazzo hai detto? »  La maggiore rise, anche se cercò in tutti i modi di trattenersi. Poi ripeté la domanda esattamente come prima, semplicemente scandendola in modo più lento: Lysistrate alzò allora gli occhi al soffitto, per poi portarsi la coperta sulla faccia.  « Non voglio parlarti, mi spaventi. »  « Tanto resto comunque qui, non me ne vado. »  « Perché nooo? » borbottò da sotto la coperta, spuntando di poco con un occhio.  « Perché, punto primo: ho un regalo. Punto secondo: voglio capire. » si sdraiò, quindi, poggiando la schiena sulle sue gambe coperte.  Allungò una mano, la più piccola, fino a tirarle lievemente una ciocca di capelli.  « Non mi merito un regalo. » brontolò spostando improvvisamente le gambe e facendola cadere sul materasso. Poi, ridacchiando flebilmente, per la prima volta della giornata, la guardò dall'alto. « Però sei carina, puoi restare, ma poco. Ho voglia di stare da sola. »  « Anche le ragazze dispettose meritano un regalo. » lo borbottò, le braccia incrociate sotto il seno e una smorfia fintamente imbronciata post atterraggio sul materasso. « Non posso andarmene senza prima sapere se era già successo in precedenza e capirne il motivo, Lys. Mettiti nei miei panni. »  « Posso avere solo il regalo senza parlare? »  « Almeno con Aithusa ne hai parlato? » si girò allora sul fianco, una mano sulla guancia e il gomito a reggere il peso della propria testa.  La guardò, la giovane Tsopei, ed era bella, bellissima, e una parte di lei aveva voglia di sorriderle senza motivo.  « Non voglio si preoccupi per me, voglio che sia felice. »  « Se non parli, la preoccupazione diventa maggiore perché non sa - non sappiamo - quello che ti affligge. »  « Non è niente, okay? È solo stato un momento. »  « Sento che mi stai dicendo una cazzata. »  « Eden, ma che ti frega? Dai. »  Uno sbuffo di risata beffarda abbandonò le labbra carnose della bionda, che con la mano libera si tastò la tasca dalla quale ne estrasse la scatolina incartata totalmente d'oro. Le passò il pacchettino, mantenendo il silenzio.  « Che significa? » brontolò stizzita Lysistrate, mentre la sua mente si affollava di sensi di colpa.  « Ma che ti frega? » tono gemello della minore in una palese imitazione. « Apri. »  In religioso silenzio, Lysistrate scartò il pacchetto e guardò i due orecchini a forma di fragola, non riuscì a trattenere un sorriso mentre li sfiorava, ma non appena li toccò cambiarono colore. E poi ancora, quando allontanò la mano.  « Me lo spieghi? » chiese mentre li sfilava dalla scatola per indossarli. « Sono bellissimi. »  « Cambiano colore in base all'umore di chi li indossa. Mi sembrava un modo carino per farti ricordare di me. »  « Io mi ricordo sempre di te! »  « Ricordatelo pure quando hai voglia di tagliarti, però. » forse era stata troppo cruda e infatti, quando se ne rese conto, cercò la mano della minore con la propria, che non la ritrasse, anzi, strinse quella della maggiore muovendosi piano e sdraiandosi a pancia in su fissando la tenda del baldacchino.  « Avevo bisogno di qualcosa di reale. » cominciò, la voce rotta. « Qualcosa che rendesse il mio dolore tangibile. Non è questa la Lysistrate che voglio che tu, Thusa e tutti gli altri vediate. Voglio che possiate continuare a vedere quella di sempre, quella sicura, decisa, stabile. »  « Onestamente, credo che dovresti un po' fottertene della Lysistrate che vedono gli altri e concentrarti sulla Lysistrate che vuoi vedere tu. E, soprattutto, fare pace con l'idea che non si può essere costantemente tutti d'un pezzo — non ti vorremmo meno bene se dovessimo accorgerci del fatto che in un determinato momento hai bisogno di un po' più di cure. » si chinò per portarsi la sua mano alle labbra e posarne sul dorso un morbido bacio. « Posso sempre morderti, se vuoi del dolore tangibile. » scherzò.  «E se io non sapessi come voglio essere? Se ogni passo che faccio mi sembra che non si adatti a me? Se mi sembrasse sempre di non essere abbastanza?» rispose lei prima di guardare male la ragazza verde-argento. « Quella che morde sono io. »  « Sei un'adolescente, Lys. Alla nostra età quasi nessuno di noi sa chi vuole essere, e i pochi fortunati che lo sanno — al novantasette per cento finiranno per diventare tutt'altro. » rise brevemente, e ne approfittò per lasciare un morso sulla stessa mano che aveva appena baciato. « Chi definisce i limiti dell'"abbastanza"? »
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silviatorani · 7 years ago
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NELLA BUONA E NELLA CATTIVA SORTE di Silvia Torani
La luce calda del pomeriggio filtrava nella stanza attraverso la finestra chiusa e rimbalzava sulle pareti bianche tingendole di giallo. Irene sedeva a gambe incrociate sul letto, con i lunghi capelli castani raccolti in un nodo sopra la testa e gli occhiali dalla montatura spessa calati sul naso diritto. Sul portatile aperto sopra le coperte scorrevano immagini di matrimoni da rivista. Le spose la guardavano e sorridevano nei loro perfetti abiti color panna. Presto anche lei sarebbe stata una di loro.
Aveva scelto il fotografo migliore della città. Non aveva avuto problemi a ingaggiarlo; in pochi sapevano che ottobre era il mese perfetto per essere fotografate. La luce di ottobre è morbida, sfumata, gentile, anche a mezzogiorno. Accarezza il volto come un velluto pregiato. I giorni di sole sono frequenti e le ore di luce sono lunghe, soprattutto all’inizio del mese. Il suo matrimonio era fissato per il primo e tutto faceva sperare che sarebbe stato il giorno perfetto che desiderava.
Lo sbattere di una mosca contro la finestra la fece sobbalzare, il ronzio bruscamente interrotto dall’impatto.
Strano che ci fosse una mosca, e ancora più strano che se ne fosse accorta solo adesso. Era tutto il giorno che teneva le finestre chiuse, eppure eccola lì, ritagliata contro il vetro. Meglio farla uscire subito; non le sarebbe piaciuto trovare la carcassa svuotata di una mosca durante le pulizie del fine settimana.
Tese la mano verso la finestra, la maniglia scattò e il grido stridulo dei gabbiani invase la stanza.
Quando la mosca si levò dal vetro, la perse di vista. Appoggiò un piede nudo sul parquet, con lo smalto rosa pastello che cominciava a rovinarsi, poi spalancò la finestra e perlustrò la stanza con un rapido sguardo. La mosca era ferma, le zampette appese alle fibre di cotone pesante delle tende.
Fece leva sul piede a terra, si protese verso la finestra e scosse la tenda con una mano. La mosca ronzò verso il centro della stanza, dove rimase a tracciare tanti, piccoli quadrati irregolari.
Con un sospiro, Irene posò anche l’altra gamba a terra e si alzò dal letto. In equilibrio sulle punte dei piedi agitò le braccia per scacciare l’insetto, che, dopo aver indugiato sui suoi capelli, imboccò la finestra aperta e volò via. Quando chiuse la finestra, le strida dei gabbiani si ammutolirono di colpo. Appoggiò la fronte sul vetro scaldato dal sole e guardò fuori. Il cortile del condominio era placido e deserto.
Ormai era in piedi, tanto valeva approfittarne per fare una pausa.
Staccò la fronte dal vetro e sollevò le braccia sopra la testa per distendere la schiena, poi scollegò il portatile dalla corrente, lo portò con sé in cucina e lo posò sul tavolo di finto ciliegio. Chiuse la pagina con il sito del fotografo e aprì la sua casella di posta elettronica. Aspettava un’email del fioraio, quello che aveva addobbato così bene la chiesa per il matrimonio della cognata. Erano rimasti d’accordo che le avrebbe inviato il preventivo in giornata, ma non si era ancora fatto sentire.
Mentre la pagina si caricava, voltò le spalle allo schermo per guardare cosa c’era in frigo. Quando tornò con un barattolo mezzo pieno di yogurt alla soia in una mano e un cucchiaio nell’altra, la posta in arrivo conteneva un nuovo messaggio.
Fermò il cucchiaio a un centimetro dalla bocca e sgranò gli occhi davanti all’oggetto dell’email: “Una mosca sbatte contro il vetro della tua finestra”.
Posò il barattolo sul tavolo, si tolse gli occhiali e si avvicinò al computer. La luce dello schermo le sbiancava il volto. Rilesse la frase per assicurarsi di aver capito bene e appoggiò l’indice sul touch pad. Quando la freccetta del puntatore si spostò sopra il messaggio i caratteri in grassetto dell’oggetto si evidenziarono di blu.
L’email era arrivata pochi minuti prima, all’incirca quando la mosca… Ma no, non era possibile. Doveva trattarsi di uno scherzo. Eppure la sua mano tremò quando la rapida sequenza di due click aprì il contenuto dell’email.
“Gentile cliente, con la presente La informiamo che a dieci anni da oggi ucciderà Suo marito. In seguito a questo increscioso episodio, verrà arrestata e condannata all’ergastolo per omicidio volontario. Come da Lei richiesto, la Omega Corporation ha fornito una perizia di prevenzione e i nostri sistemi informatici hanno calcolato una percentuale di possibilità pari al 72% che a questo punto della Sua vita Lei possa fare qualcosa per deviare da tale percorso. I dati raccolti ci inducono a ritenere che tale livello percentuale non sarà più così favorevole. Se rientra nelle Sue intenzioni prendere i necessari provvedimenti, questo è il momento di agire. Cordialmente, Jeremy Taylor-Mead, CEO, Omega Corporation Ldt.”
L’email, dopo una breve interruzione di paragrafo, si chiudeva con un disclaimer scritto a caratteri minuscoli. Irene poté leggerlo solo dopo essersi rimessa gli occhiali.
“Attenzione. Questo messaggio è stato generato da una casella di notifica automatizzata. Si prega di non rispondere a questo indirizzo. Per ulteriori informazioni, rivolgersi al nostro servizio clienti”.
Aggrottò le sopracciglia e fissò lo schermo per qualche minuto. Rilesse il messaggio due, tre volte.
Non poteva trattarsi di spam; non volevano venderle niente.
Sembrava piuttosto uno scherzo di cattivo gusto. Agli amici di Luca non era mai piaciuta. Lei, la vegana nevrotica con la mania del controllo che uccideva il marito dopo dieci anni di matrimonio? Era il genere di scherzo che avrebbero apprezzato.
Se li immaginava, a ridere alle sue spalle.
Ma la frase che il messaggio aveva per oggetto, quel puntuale riferimento a un fatto di cui nessuno poteva essere a conoscenza, le faceva temere che non fosse affatto uno scherzo.
Il turbine di ipotesi e spiegazioni vorticava così rapido da affiorare appena alla coscienza.
Il contenuto del messaggio lasciava poche altre spiegazioni, ma la sua ragione faticava anche solo a considerare l’ipotesi come plausibile, seppure apparisse la più logica.
Anche ammesso che il messaggio fosse ciò che sembrava, perfino lei non avrebbe potuto ricordarsi di quella mosca se glielo avessero chiesto tra dieci o trent’anni, figuriamoci una qualche multinazionale del futuro.
Eppure restava una possibilità. Se questa Omega Corporation era in grado di inviare nel passato un pacchetto di dati per mettersi in contatto con lei, forse, e soltanto forse, avrebbe potuto mandarle quella mosca come un segnale concordato, giusto per assicurarsi di essere presi sul serio. Di certo si erano conquistati la sua attenzione.
Le dita di Irene scattarono sulla tastiera e digitarono nella barra di ricerca una lettera dopo l’altra: “Omega Corporation”. La pressione rapida dell’anulare sul tasto invio fece partire la rotellina del caricamento.
Era arrivata alla quarta pagina dei risultati quando capì che non avrebbe ottenuto nulla. Aveva bisogno di più parole chiave. Provò con “messaggio Omega Corporation”, poi aggiunse la parola “futuro”, ma niente. Tentò con combinazioni diverse, ma l’effetto era sempre lo stesso.
Se perfino internet si rivelava inutile, non sapeva dove altro cercare. Come poteva trovare informazioni su qualcosa che non esisteva ancora? Stava perdendo tempo. Era soltanto uno scherzo e lei ci era caduta come una stupida. Chissà come si stavano divertendo.
Stava per chiudere la scheda, quando notò qualcosa nei risultati della ricerca tra le immagini.
Il suo stomaco si torse. Era un disegno molto stilizzato, ma quella serie di pixel verdi su sfondo nero rappresentava una mosca.
C’era una sola ragione che spiegasse la presenza di una mosca tra quei risultati. Senza indugiare oltre, cliccò sul link della pagina corrispondente.
Si aprì un blog, uno di quelli brutti, con la grafica squallida del web di qualche anno fa.
Era scritto in inglese. Che stupida era stata a non pensarci; per questo la ricerca non aveva dato frutti.
Il sito si chiamava “The Truth Untold.net” e sembrava la tana di un maniaco del complotto. La cosa non la rincuorava.
C’era un articolo a proposito di messaggi d’avvertimento dal futuro. Secondo l’autore tracce di questi messaggi risalivano fino ad epoca romana. Naturalmente non si era sempre trattato di email. Il medium si era adattato ai tempi.
Lettere, telegrammi, messaggi lasciati in segreteria telefonica. Tutti rimossi dalla storiografia ufficiale, tutti preceduti dalla strana comparsa di una mosca e tutti firmati dalla stessa, misteriosa Omega Corporation.
Tutti si erano avverati, come oscure profezie di mala sorte.
Si sfilò gli occhiali con le mani che tremavano. Non poteva essere vero. Il suo futuro non era già scritto, e se era già scritto, non era così che sarebbe andato. Lo diceva anche il messaggio: c’era un 72% di possibilità che le cose andassero diversamente. Questo doveva pur significare qualcosa.
L’articolo terminava con un invito. Chiunque fosse in possesso di informazioni sul fenomeno dei messaggi dal futuro era pregato di segnalarlo al gestore del blog attraverso l’apposita chat.
Irene improvvisò un nickname e scrisse, nella speranza che qualcuno si occupasse ancora di controllare il sito.
“C’è qualcuno?”.
Aspettò con il dito incollato al tasto di aggiornamento della pagina. Le gocce di condensa sul barattolo di yogurt colavano in una piccola pozza accanto al computer.
Il suo cellulare squillò: era Luca.
Non poteva parlare con lui. Non adesso.
Inserì il silenzioso e guardò il telefono vibrare sul tavolo della cucina finché non smise. Tornò ad aggiornare la chat ogni due minuti, poi comparve, con quegli orribili caratteri verdi su sfondo nero. Una risposta.
Era il gestore del blog.
Irene gli spiegò della mosca e del messaggio come meglio poté nel suo inglese da scuola superiore. Non avrebbe permesso che il suo matrimonio fallisse prima ancora di essere celebrato.
Ricaricò la pagina un’ultima volta e la risposta comparve.
Secondo l’autore non c’era modo di sapere se fosse possibile sfuggire alla predizione del messaggio. I casi di cui era giunta notizia mostravano che la profezia si era sempre avverata. Ciò poteva indicare che fosse impossibile mettersi in salvo, ma d’altra parte, se qualcuno ce l’avesse fatta, la stessa profezia non avrebbe avuto motivo di esistere. Non avrebbe lasciato alcuna traccia, perché in futuro non si sarebbero verificate le condizioni che ne giustificassero la creazione. Solo nel caso in cui l’avvertimento non avesse prodotto deviazioni nel corso degli eventi sarebbe rimasto un segno tangibile della sua esistenza. Per questo l’assenza di precedenti positivi non costituiva di per sé una prova, ma si trattava solo di una teoria e non c’era modo di sapere se fosse corretta.
A Irene non importava niente di quei discorsi su viaggi nel tempo e universi paralleli. Lei voleva una soluzione. Le lettere della tastiera ticchettarono sotto la pressione dei polpastrelli.
“Che cosa devo fare?” domandò.
L’uomo, o almeno presumeva che fosse un uomo, si prese del tempo per rispondere, come se stesse ponderando le parole.
La risposta arrivò dopo qualche minuto.
Non aveva che due possibilità: ignorare il messaggio, procedere con la sua vita come se nulla fosse e accettare ciò che sarebbe accaduto; oppure abbandonare il cammino intrapreso finora e recidere qualsiasi rapporto con il fidanzato, nella speranza di cambiare il corso delle cose. La scelta stava a lei.
Il cellulare vibrò sul tavolo. Era Luca, di nuovo.
Doveva rispondere, o avrebbe cominciato a preoccuparsi, ma rispondere significava annodare il cappio che si sarebbe stretto attorno al suo collo.
Il cellulare ronzò per la quarta, quinta, sesta volta.
La mano di Irene scattò verso il telefono e accettò la chiamata.
«Amore!» rispose con voce allegra.
Il suo volto era disteso.
«Sì, tutto bene».
Con la mano libera chiuse la pagina del blog e spedì l’email nel cestino.
«Scusa… Avevo lasciato il cellulare in silenzioso e non ho sentito la chiamata».
Mentì come non credeva di saper fare. Con agio, con facilità.
«Sì, la chiesa è confermata per il mese prossimo».
Abbassò lo schermo del computer e tornò allo yogurt di soia.
«Vedrai, sarà perfetto».
Riuscì a sorridere mentre lo diceva.
«Non c’è nulla che possa andare storto».
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