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Benevento, mille piante a Parco De Mita grazie al progetto Think Forestry
Benevento, mille piante a Parco De Mita grazie al progetto Think Forestry. E' stata presentata il 26 marzo a piazzale Catullo, alla presenza del sindaco Clemente Mastella, di Giuseppe Mario Nargi, direttore regionale Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo, e di Gennaro Masiello, vicepresidente nazionale e numero uno sannita di Coldiretti, l'iniziativa, promossa da Rete Clima e Intesa Sanpaolo e a cui ha aderito il Comune di Benevento, che prevede la piantumazione di mille piante all'interno degli ampi spazi del Parco De Mita. Si inserisce nell'ambito del progetto Think Forestry, parte della più grande Campagna nazionale Foresta Italia, promossa insieme a Coldiretti nazionale e PEFC Italia, cui ha aderito il Comune di Benevento. "Ringrazio Intesa Sanpaolo e Rete Clima che attraverso questa forma di partenariato fanno di Parco De Mita un polmone verde della città. E' un iniziativa che guarda al futuro, alle nuove generazioni per accendere prima delle piccole luci e poi generare un chiarore rispetto al clima e alla salubrità dell'aria", ha spiegato il Sindaco. "Parco De Mita - ha proseguito - sarà inaugurato presumibilmente già quest'estate al termine della conclusione dell'iter di affidamento. Sarà una grande area verde a disposizione della città per tempo libero, sport, eventi nel teatro all'aperto. Ho avuto in proposito un colloquio con il Maestro Mimmo Paladino e con il direttore del Giffoni Film Festival Claudio Gubitosi per studiare la possibilità di un'area tematica dedicata al mito delle Streghe, proprio qui nel Parco De Mita". "La forestazione diffusa - ha poi spiegato l'assessore all'Ambiente Alessandro Rosa - è un target strategico dell'Amministrazione Mastella. Con la piantumazione di circa 3mila alberi contiamo di assorbire mille tonnellate di Co2: un contributo per costruire un futuro migliore".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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24 de Enero a 31 de Enero
Hola maestra, ya extrañaba escribir eso. Vamos a empezar por el principio. Me acuerdo que el miercoles 24 de Enero, antes que nada tengo que admitir que estuvo muy padre y divertido el hecho de ver a mis compañeros de Teatro otra vez, después de tantas semanas de vacaciones. Volviendo ahora si al tema, quisiera decir que empezamos con un juego de solo preguntas, y tuvo la tematica de exámenes del departamento de ciencia, porque justamente ese día era el examen interparcial de fisica para mi, pero para otros el de biologia o quimica. El juego estuvo intenso y rapido, porque ya teniamos la información bien memorizada. Después de ese juego que no se sintio pero la verdad duro bastante. Seguimos con una dinamica diferente, la maestra nos dijo que aqui aprenderiamos a confiar mas en los compañero y ayudaria a mejorar la relación con nuestros compañeros. Esta dinamica trata de amarrar nuestros brazos con el de dos compañeros y ellos haciendo lo mismo. Luego, formamos un circulo cuando estemos bien amarrados. La maestra nos asigno un numero cada quien y esto es para que, cuando ella diga este numero, solamente la persona de ese numero, se mueva a cualquier direccion. En la mera accion es muy complicado, porque yo cuando senti una fuerza ejerciendo en contra mia, senti un desvanecimiento en mi ser y parece que mi cuerpo se fue, pero mi mente no. Obviamente, regrese en mi y me tuve que dejar llevar hacia donde el guia diga. Ya despues de un tiempo, llegue a acostumbrarme a este sentimiento de paz y relajación. Cuando me tocó el turno de yo guiar, al yo querer moverme, senti que nadie me entendio a la primera y tuve que jalar muchisimo a mis compañeros para que minimo nos movieramos algo. Me acuerdo que tuve que gritarles que se movieran para que entendieran que nos estamos moviendo, después de eso, progresivamente senti que nos estabamos adaptando más rapido e inclusive moviendemos, a comparación de los demás, muy bien, con muy buena dirección y velocidad. Finalmente la maestra nos paro y dijo que hicieramos otra dinamica, pero ya era hora para irse y no alcanzamos a ver ni siquiera que trataba. La siguiente clase, quisiera mencionar que antes que todo, siempre empezamos con ejercicios corporales. Siempre intentamos meditar y estirarnos para así, no tener ningun percanse en nuestro
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The Golden Age - Il nuovo singolo “Psycho”
Il brano del duo electro pop sugli stores digitale e dall’8 dicembre nelle radio
“Psycho” è il nuovo e attesissimo singolo del poliedrico duo electro pop dei The Golden Age, sui principali stores digitali e dall’8 dicembre nelle radio italiane in promozione nazionale. Psycho è una canzone scritta dal punto di vista di una ragazza che si trova ad essere innamorata di qualcuno che non può avere. Rappresenta la voce di una donna emancipata, sicura di sé, che padroneggia il suo corpo e le sue voglie senza remore. In questa canzone, vengono esplorati il desiderio e la passione attraverso gli occhi di una protagonista che non teme di esprimere apertamente ciò che vuole, anche se l'oggetto del suo desiderio sembra irraggiungibile.
“Un inno alla libertà emotiva, Psycho rompe gli stereotipi e celebra la forza e l'indipendenza della femminilità. Con toni spudorati e un tocco di provocazione, la canzone offre una prospettiva personale sull'amore e sulle dinamiche relazionali, sfidando le convenzioni con una sincerità audace.” The Golden Age
Il titolo “Psycho” riflette la natura intensa e talvolta imprevedibile dell'esperienza descritta nella canzone. Il brano è intriso di una combinazione di suoni synth, tappeto sonoro elettronico per un ritmo terzinato che cattura l'attenzione con la sua ossessiva pulsazione, creando un'atmosfera oscura e maliziosa. Il duetto vocale tra Adriana e Davide aggiunge un ulteriore strato di complessità e dramma alla narrazione. Le loro voci, intrecciate in armonia, danno vita alle emozioni intense descritte nei versi, trasmettendo la passione e l'audacia della protagonista. L'oscurità e la malizia dell'atmosfera musicale si combinano in modo sinergico con la tematica del brano, accentuando il lato provocatorio della storia d'amore descritta.
“Psycho non è solo una canzone, è un'esperienza sonora coinvolgente che sfida le convenzioni e invita l'ascoltatore a immergersi nelle sfumature più profonde delle emozioni umane. Un viaggio musicale che abbraccia il lato oscuro e affascinante dell'amore.” The Golden Age
Storia della band
The Golden Age è un duo di Messina composto da Adriana Drogo (voce) e da Davide De Stefano (voce/tastiere/samples). La band ha iniziato la sua attività musicale nel 2020, esplorando inizialmente sonorità più orientate verso il rock. Dopo un cambio di formazione la band si è spostata verso il pop elettronico, con elementi edm e synth pop. Con l'uscita di “Free Your Mind”, la band ha inaugurato il nuovo capitolo, abbracciando un sound elettronico maggiormente legato al synth pop e scrivendo in lingua italiana. Il testo riflette su comuni momenti di oppressione quotidiana, invitando chi ascolta a liberare la mente e affrontare la realtà. È un inno personale che segna un passo importante nella loro evoluzione musicale. Questo percorso li ha condotti a una tappa significativa: le finali di Sanremo Rock & Trend 2023 al Teatro Ariston. Ora, il duo svela un nuovo tassello del proprio percorso musicale con l'uscita di “Psycho”. Un’esperienza sonora che mescola sonorità synth pop con un ritmo terzinato ossessivo. Attraverso il duetto vocale sempre coinvolgente, Adriana e Davide guidano l'ascoltatore attraverso un viaggio malizioso nel cuore oscuro dell'amore. Nel frattempo, i due ragazzi parteciperanno anche alle finali del Tour Music Fest 2023 a San Marino.
Instagram: https://www.instagram.com/_thegoldenageband/
Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100072776815229
YouTube: https://www.youtube.com/@TheRealGoldenAgeBand/
Spotify:https://open.spotify.com/artist/4JYNpKE51yS816TNiFY4if?si=RDXpr-B9QlKA uTDsT4T1w
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Teresa De Sio
La musica folk è il rock del popolo. Con il folk si impara a rispettare gli uomini e le donne del nostro mondo, a riconoscerne il passato e grazie a quello guardare al futuro.
Teresa De Sio, cantautrice e ricercatrice musicale è portavoce di una tradizione culturale che abbraccia i Sud del mondo. Musicista simbolo di un pensiero libero e indipendente viene appellata La Brigantessa.
Con oltre due milioni e mezzo di dischi venduti, nel 2000 ha fondato la sua etichetta indipendente, la C.O.R.E., sottraendosi ai contratti delle multinazionali, in cambio della garanzia di un’assoluta libertà artistica.
Nata a Napoli il 3 novembre 1952, ha trascorso l’infanzia a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Sua sorella è l’attrice Giuliana De Sio. Ha iniziato la carriera artistica con la danza, a diciassette anni si è trasferita a Roma per studiare recitazione ed è stato in ambito teatrale, alla fine degli anni settanta, che ha incontrato il cantautore Eugenio Bennato con cui ha fondato Musicanova, che in quegli anni ha rifondato e riscoperto la tradizione popolare napoletana. Questa storica esperienza è culminata nel 1978 con l’album Villanelle popolaresche del ‘500 in cui Teresa De Sio si è distinta per il timbro molto particolare che le conferiva genuinità e raffinatezza al tempo stesso.
Dopo la prima fase di recupero della tradizione, ha sperimentato altre strade musicali, si definisce una cantautrice folk-rock.
Nel 1980 ha pubblicato il suo primo album da solista Sulla terra sulla luna in cui, poco più che ventenne, ha affrontato tematiche e sonorità più moderne iniziando la scalata verso un ruolo di prestigio nell’ambito della canzone d’autore nazionale. Nel 1982 ha pubblicato l’omonimo album Teresa De Sio che ha venduto oltre un milione di copie vendute restando per 25 settimane nei primi tre posti in classifica.
L’anno successivo ha pubblicato Tre, vendendo 800.000 copie. Nel 1983 ha partecipato al programma televisivo Fantastico cantando la sigla di coda O sole se ne va e tenuto il primo concerto dal vivo ripreso interamente dalla televisione nazionale.
Nel 1985 è uscito Africana, in collaborazione con Brian Eno, per la prima volta ha cantato in italiano abbracciando atmosfere più vicine al rock. L’anno successivo è tornata alla passione per la musica partenopea di fine Ottocento e inizio Novecento con l’album Toledo e regina.
Nel 1988 ha pubblicato un doppio album dal titolo Sindarella suite al cui interno è compresa una suite vera e propria dal titolo La storia vera di Lupita Mendera, musicata ancora una volta in collaborazione con Brian Eno e cantato con Piero Pelù. Nello stesso anno ha interpretato il brano La volpe nell’album La pianta del tè di Ivano Fossati.
Nel 1991 è uscito Ombre rosse, in cui hanno suonato musicisti da diversi paesi del mondo.
Con La mappa del nuovo mondo del 1993, l’impegno e la tematica sociale sono entrati a far parte del suo mondo poetico in composizioni come Teresa stanca di guerra e Io non mi pento. Nel 1994 ha portato in giro lo spettacolo Parole e musica in cui dialogava e interagiva col pubblico. Nel 1995 ha registrato in presa diretta l’album Un libero cercare a cui hanno collaborato anche Fabrizio De André e Fiorella Mannoia.
Nel 1997 ha pubblicato il live Primo viene l’amore contenente straordinarie riletture dei suoi grandi successi oltre a tre inediti.
Il progetto La notte del Dio che balla del 1999 è un viaggio tra tradizione e tecnologia che l’ha portata ad avvicinarsi alla musica popolare pugliese e alla taranta da cui è nato CRAJ, spettacolo a metà tra musica e teatro circense che l’ha vista lavorare accanto a Giovanni Lindo Ferretti poi diventato un film che ha vinto il Premio “Lino Miccichè” per la miglior opera prima ha vinto alla 62ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Nel 2004 con A Sud! A Sud! è tornata a celebrare in forma ancora più compiuta la musicalità mediterranea.
L’album successivo Sacco e fuoco contiene storie di briganti e rivoluzione.
Il progetto Riddim a Sud contiene interpretazioni diverse della stessa musica eseguite da più persone a cui hanno partecipato anche Roy Paci, Raiz e Ginevra di Marco.
Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo Metti Il Diavolo A Ballare, noir ambientato nella Puglia del dopoguerra che ha vinto il premio Rapallo come migliore opera prima ed è diventato uno spettacolo che mescola musica e teatro.
Nel 2011 è stata la volta di Tutto cambia in cui spicca l’omonima versione in italiano del brano di Mercedes Soza e Na Strada Miezzo ‘o Mare rielaborazione in dialetto napoletano di Crêuza de mä di Fabrizio de André. Con questo disco è stata in tour fino al 2013, anno culminato con la collaborazione con Pino Daniele nei cinque storici concerti dal titolo Napule è tutta n’ata storia.
Nel 2015 è uscito il suo secondo romanzo L’Attentissima da cui è nato un reading musicale itinerante.
Due anni dopo ha pubblicato Teresa Canta Pino che contiene O’ Jammone, canzone scritta apposta per il caro amico e il più grande musicista napoletano di tutti i tempi.
Continuando a girare l’Italia diffondendo la sua musica ha prodotto Puro Desiderio, un mix di ritmi acustici che a tratti sfiorano l’elettronica spaziando in universi musicali diversi dal rock al pop d’autore diventando quasi lisergico e progressive, senza mai tradire la scrittura diretta ed evocativa di testi intimi e profondi.
La Brigantessa continua inarrestabile a portare in giro il suo stile unico che unisce la canzone napoletana popolare a sonorità jazz fusion, folk e suoni della world music, perseguendo un percorso artistico che rifugge la ricerca del successo facile trattando temi di denuncia sociale in assoluta libertà creativa.
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Luci d’Artista 2023 a Salerno
Uno degli appuntamenti simbolo iconici del Natale in Campania sono le Luci d’Artista a Salerno, che quest’anno torneranno ad illuminare a festa la città dal 24 novembre al 21 gennaio 2024. Le Luci d’Artista di Salerno quest’anno avranno come filo conduttore la tematica sulla natura, con nella villa comunale uno zoo illuminato, ricco di animali di ogni specie; mentre il Corso Vittorio Emanuele presenta un cielo stellato con pianeti di ogni dimensione. Le affascinanti notti illuminate di Salerno, grazie alle manifestazione culturali, agli eventi musicali, alla danza ed al teatro renderanno la città più accogliente per i visitatori grazie alle Luci d’Artista Di Salerno, evento che si svolge nel periodo invernale pre-natalizio, da fine novembre ad inizio gennaio. Le prime edizioni della manifestazione si tennero a Torino nel 1998 e poi, dopo qualche tempo, anche il comune di Salerno decise di farne uso in occasione delle festività Natalizie, così le luminarie diventano simbolicamente anche l’unione che c’è tra Torino e Salerno, che condividono i simboli e la festa del Natale. La prima manifestazione Luci D’Artista di Salerno avvenne nel 2006/2007 e furono inaugurate dal Sindaco Vincenzo De Luca il 30 novembre 2006, sistemate negli angoli più incantevoli ed affascinanti della città di Salerno. Poiché le manifestazione è gemellata con le Luci d’Artista di Torino dall’anno 2009/2010, moltissimi sono gli scambi delle installazioni luminose tra le due città e i turisti provenienti dall’Europa, arrivati in città per assistere allo spettacolo tra il Palazzo Ruggi, il Museo della Scuola Medica Salernitana e il famosissimo Castello Arechi, che ospita la lapide Lo Stellato del poeta salernitano Alfonso Gatto. Grazie a questo evento Salerno ha conquistato un primato, infatti per le Luci D’Artista 2017/2018 è stata posizionata la ruota panoramica più grande d’Europa, alta circa 60 metri, che riproduce quella di Place de la Concorde a Parigi. Read the full article
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ROBERTO BONATI E PARMA FRONTIERE ORCHESTRA: “LA FÒLA DE L’OCA” (parte II)
(Segue) Ma anche qui se le parole possono incutere un timor panico, sono le note dei fiati e le delicate vibrazioni degli archi a farci sembrare l’ammonimento di Marco Aurelio (in forma cantata), non già come una terrifica ammonizione, bensì come una rassegnata e rasserenante condizione umana. Dello stesso tenore per profondità di pensiero e per conseguente raffinatezza musicale è “Apidón bis to tachos”, invito, dello stesso autore, alla meditazione sulla subitanea fine di tutte le cose umane, che musicalmente Bonati rende con uno straordinario flicorno di Benjamin Löfgren, dialogante con la viola di Paolo Botti e con una ripresa della voce di Giulia Zaniboni,nella seconda parte del brano, che finisce addirittura con possenti sciabolate della chitarra di Luca Perciballi. Non è difficile scrivere di musica mentre la si ascolta, ma è molto difficile che chi legge e chi ascolta provi le stesse emozioni. Il violino apre “In de anime meus”, sempre su testo di Agostino, che detto così sembra ormai un paroliere, ma a volte la musica e chi la compone, fanno davvero miracoli, e basta seguire il pezzo con il possente inserimento del sax di Simon Andrea Fredheim Folkvord per averne conferma. Cosa ci fanno uno dei più grandi pensatori del Medioevo e un sassofonista jazz insieme? Si potrebbe parlare delle solite “contaminazioni”, ma qui si va oltre, direi che il disco di Roberto Bonati ricompone l’idea di universalità delle arti ed è curioso che questo avvenga proprio in un progetto sul Tempo. La metafora del fiume, come scorrere del tempo, è il filo conduttore di “Potámos” conturbante e irrequieto che si scompone e ricompone in tanti “frame” musicali di un repertorio, che va dall’intimismo “etnico” al free jazz più virulento, da attacchi di groove intenso al canto sulle parole dei “Pensieri” di Marco Aurelio: “Un fiume di accadimenti e un flusso impetuoso è il tempo: ciascuna cosa, non appena è vista, già è trascinata via, e un’altra viene trasportata che, a sua volta, destinata ad essere portata via”. Sono invece le parole di Walt Whitman ad accompagnare “Amid Time” che alludono al tempo senza inizio e senza fine tematica dell’intero lavoro, tematica coniugata splendidamente ad una gamma di suoni di grande raffinatezza e potenza espressiva. Chiude il lavoro “Aion” anch’esso con i testi di Marco Aurelio e con un’apertura quasi “puntillista” di fiati e percussioni. Cosa aggiungere ad un lavoro così semplice nella sua tematica di fondo e così complesso nel suo racconto musicale? Forse che dopo averlo ascoltato sembra in realtà di essere passati attraverso un caleidoscopio musicale dalle mille sfaccettature e dai mille riflessi. Hanno suonato nella “Parma Frontiere Orchestra” Giulia Zaniboni (voce), Mario Arcari (oboe), Marco Ignoti (clarinetto), Riccardo Lupi (flauto e sax soprano), Simon Andrea Fredheim Folkvord (sax alto), Simon Herberholz (sax tenore), Michael Gassman (tromba e flicorno), Benjamin Löfgren (tromba e flicorno), Fabius Mey (trombone), Finn Henrik Stamer (violino), Ingrid Berg Mheus (violino), Paolo Botti (viola), Gregorio Buti (bello), Luca Perciballi (chitarra), (Tommaso Salvatori (vibrafono), Andrea Grossi (contrabbasso), Roberto Dani (batteria e percussioni). Il direttore e compositore è Roberto Bonati, la registrazione del disco è stata effettuata durante i concerti che si sono tenuti al Teatro Farnese di Parma nel settembre del 2021. Un maestoso lavoro, ricco di essenzialità…
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“Binario 21 – La Memoria, la Storia, il tentato Oblio” al Teatro Instabile
Uno spettacolo, tante storie, più emozioni. La serata-evento "“Binario 21 – La Memoria, la Storia, il tentato Oblio” che si è svolta nella serata del 27 Gennaio presso il Teatro Instabile di Napoli ha voluto sotto più punti di vista raccontare quelli che furono due dei momenti più bui dell'umanità: la seconda guerra mondiale e l'Olocausto. "Binario 21 – La Memoria, la Storia, il tentato Oblio", una serata evento Il Teatro Instabile di Napoli è stata la perfetta cornice per l'evento "Binario 21 – La Memoria, la Storia, il tentato Oblio". Lo spettacolo, scritto e diretto dal giornalista, scrittore e avvocato Antonio Masullo, ha voluto creare un vero e proprio viaggio nella memoria. Obiettivo dello spettacolo di Antonio Masullo è quello di far entrare tutti all'interno di un viaggio che ha visto protagonisti non solo i grandi della storia che tutti conosciamo ma portare sul palcoscenico quella che è la memoria di chi poche volte viene ricordato tra bambini o partigiani. Un viaggio che ha parlato e ricordato il popolo napoletano durante le quattro giornate, gli studenti di Istria durante il terribile evento delle Foibe e della storia di Mafalda di Savoia nel campo di sterminio di Buchenwald. Produzione e cast dello spettacolo Antonio Masullo è stata anche voce narrante dello spettacolo portando lo spettatore per mano nei vari momenti dello spettacolo. In scena oltre Masullo, Gianni Sallustro (attore napoletano e direttore artistico del Teatro Instabile di Napoli) e gli attori dell'Accademia Vesuviana del teatro e cinema. In scena con Gianni Sallustro ed Antonio Masullo si sono esibiti: Francesca Fusaro, Tommaso Sepe, Davide Vallone, Vincenza Granato, Carlo Paolo Sepe, Nancy Pia De Simone, Noemi Iovino, Roberta Porricelli, Maria Crispo, Antonella Montanino. Continua il Doppio Binario Tour Per Antonio Masullo continua il Doppio Binario Tour che lo porterà come una delle prossime tappe in quel del Liceo Scientifico Statale “E. Medi” di Cicciano (Na) in un doppio evento, per incontrare studenti e docenti, e affrontare con loro, la tematica dell’Olocausto e dell’Esoterismo Nazista. Successivamente, il tour porterà Antonio Masullo nelle più grandi città italiane e non solo. Read the full article
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💯26° MOSTRA DE CINEMA DE TIRADENTES 20 A 28 DE JANEIRO 💯 E ai estao preparados para mais uma jornada de filmes brasileiros ? A 26° Mostra de cinema em TIRADENTES sao 38 longas , 3 medias e 93 curtas-metragens vindo de 18 estados BRASILEIROS sao 134 filmes 😱😲 Isso mesmo 134 filemes quentinhos para vc e sua familia curtir juntinhos ! Os filmes serao exibidos em 57 sessoes de pre-estreia e mostras tematicas nos 3 cinemas instalados pelo evento: cine-praca, cine-tenda e cine-teatro . Venha com sua Familia fazer parte da nossa Familia aqui na Villa Alferes 💯 faca sua reserva pelo zap 📲320988874406📲 Sera um prazer ter voces aqui ! #pousadavillaaalferes #tiradentes #tiradentesmg #mostradecinematiradentes #2023 #cinemaproduction #filmesbrasileiros
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Las noches blancas, mas negras de Dostoievski. (Mi opinión)
Las noches blancas, mas negras de Dostoievski. (Mi opinión)
Una reescritura escénica de la novela de Dostoievski, a la manera de una variación musical, donde se superponen lo clásico y lo contemporáneo, la noche y el día, lo posible y lo imposible. Un circulo infinito que habitan la casa y la vida de un veterano gay que hace un primer avistaje de lo que será su vejez.
El Hombre y un muchacho entran a un departamento desangelado. El chico, el chonguito,…
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Conversazione con Giulio Petrucci e Jari Boldrini
Mi raccontate come nasce il progetto Pas de deux?
Pas de deux è una ricerca che nasce da un mio percorso che condivido da anni con Jari. Nei nostri discorsi esce spesso il mio background formativo che viene dal balletto classico e siamo arrivati al “pas de deux” e alle sue caratteristiche che ci interessa indagare, cioè la relazione, il legame. Ciò costruisce l’imaginario che stiamo affrontando da quando abbiamo iniziato. La collaborazione tra noi è nata da tre anni ma il rapporto è nutrito da una conoscenza di oltre dieci anni, sia come amici che danzatori. Attraverso questa tematica tocchiamo quello che è il nostro gusto per la danza astratta, che non vuole narrare nulla, ma che crea un immaginario evocativo e trasformativo. Attraverso il tema oggetto del passo a due e la sua struttura, ossia entrée, variazioni e coda finale, affrontiamo un discorso di danza che apre all’osservatore la possibilità di crearsi una sua storia attraverso forme e atteggiamenti appartenenti ad altre epoche storiche. Vogliamo anche affrontare una tematica legata al virtuosismo: all’interno del “pas de deux” uno degli aspetti centrali è l’alto livello tecnico che vive dentro una partitura coreografica e in questo senso noi stiamo cercando di capire come ri-osservare il virtuosismo in un’epoca diversa. In questo momento, attraverso la nostra ricerca, nasce il desiderio di come si può ricreare questa sorta di magia, di meraviglia, non attraverso una tecnica eccelsa ma attraverso la possibilità di passare da una condizione completamente diversa, aprendo stati emotivi con il corpo. In questo senso esploriamo con la nostra relazione diversi codici che stiamo sviluppando, stati di sincronia e sintonia, per riuscire a concepire degli atti di unisono inaspettati, ricreando una partitura coreografica che non è mai la stessa e che vive della stessa freschezza, della stessa potenza di questo congegno scenico che ci interessa approfondire.
Che relazione c’è tra questo immaginario che mi avete appena descritto e la partitura musicale, cioè come la scrittura coreografica si evolve in relazione alla partitura musicale?
Simone Grande, che è il compositore delle tracce, è essenziale nel progetto. Prima che arrivasse in residenza con noi, abbiamo lavorato con delle atmosfere e con quelle cercavamo di costruire degli immaginari che potessero lasciare spazio al corpo e al discorso coreografico. Quando lui è arrivato ha ribaltato tutta una serie di meccanismi che ci sembravano essenziali ma che poi si sono evoluti in altro. Con Simone abbiamo lavorato in base a questi immaginari, facendo uscire dalla traccia quei climax che facessero emergere qualcosa a livello del corpo ma senza aggiungere o togliere niente al contesto che esploravamo: quindi musica e coreografia sono elementi che vanno di pari passi nel lavoro. Rispetto a Pas de deux le tracce sono essenziali e non potrebbero vivere senza la presenza di Simone, che è fondamentale e vive con noi all’interno dello spazio di residenza. Le atmosfere che abbiamo cercato di ricreare vanno in contrapposizione a quello che noi facciamo con il corpo: nella prima parte con le due macchinine è tutto un po’ più asettico, meccanico e abbiamo cercato con Simone di creare un’atmosfera sonora più romantica, che permettesse a questi due esserini di prendere vita in qualche modo, mentre nella seconda parte c’è il corpo, ci siamo io e Giulio, c’è la danza e, per cercare di andare in contrapposizione, con la musica si crea un’atmosfera più macchinosa, di contrasto.
A che punto siete del vostro percorso di ricerca e come si è sviluppato il lavoro durante la seconda residenza ResiDance XL a Longiano?
La residenza di Longiano è stata un’occasione strabiliante per far fiorire quello che avevamo portato avanti fino ad ora – avevamo già fatto altre due residenze: ad Anghiari col sostegno di ADH Anghiari Dance Hub e a Teramo, la prima tappa di ResiDance XL, con il sostegno di ACS Abruzzo Circuito Spettacolo. Attraverso queste residenze avevamo iniziato a imbastire i materiali e quella che poteva essere la proposta coreografica. Poi a Longiano si sono aggiunti due elementi fondamentali, di cui uno Simone, che ha portato in campo il suo pensiero rispetto alla musica e all’atmosfera sonora all’interno del progetto, e abbiamo iniziato ad evolvere una sorta di canovaccio di quello che poteva essere lo spettacolo. Ad ora siamo arrivati a questo punto ma c’è ancora molto da scoprire e sviluppare perché la nostra ricerca mantiene sempre degli aspetti effimeri che noi cerchiamo di conservare perché li vogliamo riproporre; quindi, la ricerca sta in questo continuare ad approfondire quali sono quei meccanismi che facciano emergere le stesse possibilità che ci interessa esplorare. Ora siamo arrivati a una sorta di scheletro che vorremmo mantenere, che ci ha molto affascinato. Longiano è stata un’esperienza forte perché oltre a donarci la bellezza di un panorama incredibile che ha sicuramente nutrito le nostre giornate abbiamo anche incontrato persone meravigliose e questo è un aspetto che come collettivo ci interessa approfondire, ovverosia tutte le relazioni che stanno al di fuori del teatro, quelle figure che lavorano intorno al progetto e al di fuori: abbiamo conosciuto delle persone che ci hanno raccontato le storie di Longiano, e questo è sempre una fonte di nutrimento per noi. Grazie anche a queste relazioni il progetto si è ulteriormente evoluto e ha dato il suo primo frutto, è fiorito. Ora continueremo a svilupparlo.
Cosa significa per voi come danzatori e autori abitare uno spazio di residenza?
Crediamo che durante una residenza, oltre alla struttura principale, al lavoro in sala e sul corpo, c’è tutto un altro panorama che nutre la ricerca. Oltre al lavoro creativo in teatro, ci piace capire all’interno del luogo, della città che pensiero c’è, come sono le persone, se sono predisposte al dialogo, e ciò crediamo che vada a condizionare il processo stesso. Longiano è stata una scoperta in questo senso, ma anche Anghiari, dove il lavoro dentro il borgo è stato fondamentale: conoscevamo ognuno degli abitanti, tutti erano curiosi e il solo fatto di parlare con queste persone, raccontargli cosa stavamo facendo, permetteva al pensiero creativo di evolversi e di depositarsi. Il nostro progetto è nutrito dalla relazione umana, dal dialogo fra noi ma anche dalla fitta rete di relazioni che possono nascere intorno al progetto. Per noi è importante interagire con le comunità per poi rientrare in sala in modo molto diverso da come eravamo prima.
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Rovigo, Teatro Sociale spettacolo per studenti "Spegnere la luce"
Rovigo, Teatro Sociale spettacolo per studenti "Spegnere la luce" L'arte che esce dagli schemi tradizionali, per indagare e affrontare tematiche importanti. Martedì 23 gennaio alle 10.30, Fabula Saltica porta in scena al Teatro Sociale, “Spegnere la luce”. Uno spettacolo che nasce dall'idea di far emergere il fenomeno del ritiro sociale fra i giovani adolescenti e giovani adulti che vivono in completo o parziale isolamento. Il fenomeno del ritiro sociale, conosciuto come Hikikomori, è sempre più presente anche in Italia, fra i giovani adolescenti e i giovani adulti di età compresa fra i 14 e 30 anni. Se il punto iniziale di partenza del progetto è stata l’indagine sul fenomeno sopra citato, il periodo storico appena trascorso, che ha visto l’isolamento forzato come risvolto principale per limitare il propagarsi dell’epidemia da Sars Covid 19, ne ha allargato notevolmente il campo aprendo la riflessione sul conseguente impatto che ha generato nelle persone più fragili. Teatro Sociale, “Spegnere la luce” - COMPAGNIA FABULA SALTICA - ANTONIO TAURINO, CHIARA TOSTI - coreografia e regia CLAUDIO RONDA - assistente alla coreografia CLAUDIO PISA - visual RAFFAELLA RIVI - musiche originali GIORGIO BERTINELLI - luci e suono GIANLUCA QUAGLIO - consulenza scientifica FEDERICA BONIOLO Il periodo di “clausura” ha fortemente provato i giovani adolescenti costretti a sperimentare la solitudine e una socialità quasi esclusivamente virtuale. “Grazie alle documentazioni raccolte e al supporto di esperti del settore – spiega il regista Claudio Ronda -, ci siamo interrogati sulle motivazioni del ritiro sociale di questi ragazzi, scelta consapevole del rifiuto di una società che non li rappresenta. Il nostro progetto vuole indagare e capire una realtà complessa e radicata nella criticità del nostro tempo con un approccio non tipicamente convenzionale e il più possibile multidisciplinare. Attraverso la danza, la musica, l’immagine abbiamo cercato di restituire un racconto umano entrando nelle storie, nelle vite e nel mondo interiore delle persone che vivono questa realtà e nella loro interpretazione dell’esistenza e della società che li circonda. “Lo stare in disparte” come necessità, come atto di volontà, come rappresentazione dell’isolamento, come rifiuto cosciente di una società che non rispecchia i propri ideali e che si presenta come eccessivamente esigente e giudicante. Attraverso un racconto corale, di ricerca, comprensione, elaborazione del fenomeno portiamo in scena – conclude Ronda -, uno spettacolo dove i ragazzi e gli spettatori adulti esploreranno le ragioni, i pensieri di un eremita contemporaneo, di ragazzi che si autorecludono, in una scelta consapevole e dolorosa di assenza dalla società. E’ una “rinuncia al mondo”, tra paura e coraggio, tra resa e atto rivoluzionario, è la richiesta di un ascolto autentico, di una vita nuova, di nuovi valori e altri possibili universi di senso che a loro sono stati preclusi”. Sicuramente una tematica molto importante che va affrontata e capita. Per questo sono in corso delle conferenze pre-spettacolo nelle scuole con Claudio Ronda coreografo, Federica Boniolo psicologa, Milena Dolcetto che cura i progetti TeatroRagazzi del Teatro Sociale. Un momento utile di confronto con gli studenti che hanno accolto molto bene il progetto. Lo spettacolo ha già, infatti, registrato il sold out e le richieste di partecipazione sono continue. Le scuole aderenti sono: Celio Roccati, istituto di Agraria di Sant Apollinare, Polo Tecnico di Adria e De Amicis e Viola Marchesini. Il progetto è sostenuto da Irsap: “Irsap – afferma Francesco Ronsisvalle -, è orgogliosa di sostenere un progetto così delicato e complesso”. Produzione Associazione Balletto “città di Rovigo” con il contributo del Ministero della Cultura Evento sostenuto da IRSAP La Stagione 23.24 del Teatro Sociale di Rovigo è sostenuta da: Ministero alla Cultura, Regione del Veneto, Comune di Rovigo. Sponsor: Camera di Commercio di Venezia Rovigo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Banca del Monte di Rovigo, Fondazione Rovigo Cultura, Adriatic Lng, Banca del Veneto Centrale, Asm Set, Irsap, Coldiretti. Technical partner Play Piano pianoforti, Pasticceria Borsari, Gelateria Godot. Media partner La Piazza. Info botteghino - 0425 25614 - al seguente link - e al seguente link... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Edgard Degas
1 - La bevitrice di assenzio Il più famoso dipinto di Edgar Degas è una rappresentazione del crescente isolamento sociale della Parigi dei suo tempo. Raffigura una donna a fissare il vuoto con un bicchiere di assenzio. Un uomo probabilmente alcolizzato siede accanto a lei. https://libreriamo.it/arte/le-5-opere-piu-famose-di-degas/
2 - Le Stiratrici Degas guarda alla classe operaia senza sentimentalismi o facili pietismi, ma ritraendo la fatica che rende la loro vita dura e socialmente emarginata. Non c’è passione, né ardore, né eroismo nel comportamento delle due stiratrici; in un certo senso, si potrebbe pensare che il quadro sia solo una banale fotografia del reale e, invece, proprio in questo sta la sua forza, come ne “I mangiatori di patate” di Van Gogh, dove però in questo caso viene ritratta tutta la miseria del vivere quotidiano dei contadini, mentre ne “Le Stiratrici“, non c’è una denuncia sociale ma solo un’attenzione per un momento particolare della giornata delle due donne. Degas non utilizza il suo solito stile pittorico, ma carica ogni pennellata rendendo l’impasto dei colori più spesso e quindi togliendo omogeneità alla distribuzione del colore. L’effetto irregolare rende alcune parti del quadro più intense e rende molto bene il movimento di entrambe le stiratrici.
3 - La “Ballerina verde” Il movimento che la scena produce agli occhi dello spettatore, pone due questioni: l’influenza che la pittura giapponese aveva su Degas, che possiamo osservare vedendo come il centro della pittura sia spostata, e lo scopo dell’artista nel mostrare una realtà mutevole, in movimento e che cambia continuamente. E’ una scena veloce, che sembra cambiare mentre osserviamo il quadro e più immaginiamo che il ballo si compia più la scena si ripete. La tecnica a pastello, che Degas utilizzò abbondantemente, aiuta l’effetto frammentato e transitorio della realtà rappresentata. Gli impressionisti si avvalsero di questa tecnica, riprendendola dagli artisti che nell’Ottocento si dedicavano al ritratto, per ricreare un tratto rapido e audace che richiama l’istantaneità del movimento e dell’attimo fuggente.
4 - Cavalli da corsa davanti alle tribune Degas ricrea l’atmosfera di una corsa di cavalli prima che la gara inizi, quando il pubblico osserva il proprio fantino e i cavalli passeggiano avvicinandosi agli spettatori o raggruppandosi verso la linea di partenza. Tutto è dipinto nei minimi dettagli: l’incedere dei quadrupedi verso i punti di fuga del dipinto, con l’ultimo che chiude l’opera ponendosi alla fine, gli spettatori che li osservano vicino alle staccionate, e le forme dei cavalli e la postura dei fantini che permettono a Degas di sperimentare uno studio libero delle forme e del movimento. Il disegno dei soggetti e l’ombra che si sviluppa dai cavalli, sono due esempi opposti dell’altissimo livello di sperimentazione che Degas raggiunge con questa tela. La luce che diventa un elemento importante in quegli anni, permette a Degas di raggiungere una propria interpretazione di come la luce debba essere riportata su un quadro. Il momento della giornata in cui sta avvenendo quella scena non può essere rappresentato che in quel modo, con quella particolare luce, che Degas interpreta in modo straordinario, posizionandola da destra mentre colpisce i fantini che si preparano ad affrontare la gara.
5 - signora-seduta La presente composizione ha uno specifico significato: una tipica rappresentazione del modello umano, inteso come fattore di subordinazione all’intero contesto della tela: si osservi la cura delle stesure per la raffigurazione del tavolo, del predominante vaso con i fiori in primo piano e della spalliera del divano. La mano appoggiata su quest’ultima è espressa con un’eccezionale presa tattile, probabilmente derivata dalla cecità della signora De Gas, di cui l’artista ha voluto darne accenno percorrendo altre vie.
6 - Testa femminile https://www.frammentiarte.it/2014/105-testa-femminile/ Gli studiosi sono concordi nel sostenere che il presente ritratto è fra le opere più espressive ed intense di Degas che, con una eccezionale naturalezza, attraverso l’impiego di un semplice cromatismo fatto di toni morbidi e smorzati, riesce a conferire calore armonia e movimento all’intero contesto.
7 - L'etoile Della ballerina si vede una sola gamba, il che le dà un aspetto del tutto instabile, ma questo espediente aumenta la sensazione della dinamica in corsa e dà la sensazione di un movimento fermato nel suo divenire, mettendo in risalto sia la modernità della tematica sia una raffinata versione formale. Colori atmosferici, ariosi e sfumati, tanto da far disperdere il bagliore della danzatrice fin sulla scena illuminata in primo piano. Sul fondo un sapiente gioco di ombre, ottenuto con colori più scuri stesi a tratti veloci e sommari, ci suggerisce la confusione delle altre danzatrici che si intravedono in attesa dietro le quinte. https://www.artonweb.it/artemoderna/quadri/articolo94bis.htm
8 - Prova generale di balletto in scena Il quadro venne esposto per la prima volta nel 1874 e attirò subito l’attenzione di molti critici, non solo per l’uso del colore bianco, che rendeva gli abiti delle ballerine visibilissimi al contatto con la luce del teatro, dando un senso di movimento che accompagnava tutta la visione dell’opera, ma soprattutto per la bellezza del disegno. Proprio la scelta di una gradazione del bianco, che quasi diventa trasparente, rende il dipinto simile ad un disegno e lascia un effetto ambiguo in chi lo osserva, come se l’opera non fosse compiuta. Inoltre, la dinamicità della danza è resa tale proprio perché il disegno è molto preciso. L’opera, infatti, doveva servire per un incisione. La magia del quadro Prova generale di balletto in scena, infatti, non è il soggetto ma il modo in cui Degas riesce a rappresentare il movimento e la dinamicità del passaggio fra le ballerine che stanno provando e quelle che sono in attesa di debuttare.
https://biografieonline.it/biografia-edgar-degas
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Orgogliosamente promotori di questo magico evento, previsto per il 10 Agosto al a Serradifalco. Posted @withregram • @serradifalco_suoniesapori In molti ci avete chiesto chi fossero gli ospiti presenti sul palco.... è giusto il momento di presentarli uno ad uno : Da Avola @corradoneri "Si è esibito presso numerose sale da concerto, istituti culturali e ambasciate di tutto il mondo: in Georgia, Thailandia, Myanmar, Malaysia, Cambodia, Indonesia, Giappone, Arkansas e Virginia." Ha iniziato la sua carriera come compositore di musica per lavori teatrali. Il più importante è stato Maruzza, opera inedita, che tratta la delicatissima tematica del femminicidio... Non è tutto per un giovane talento.... Vi invitiamo ad ascoltarlo a #serradifalco il 10 agosto 2022. #siciliaeventi #SerradifalcoSuonieSapori #avola (presso Serradifalco Teatro A. De Curtis) https://www.instagram.com/p/CgL45v8AudX/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Nell'ambito della rassegna SATIEROSE 2021
dal 13 al 17 maggio al Teatro Miela di Trieste
MAIL ART DI COMPLEANNO: un ironico mazzo di carte
per il serissimo Jeu de Vivre, ispirato al collage “La lettera” di Miela Reina, e composto dalle carte create dagli artisti partecipanti!
Nel tentativo di declinare la rassegna Satierose nel contemporaneo di questo tempo incerto e straordinariamente dilatato la proposta è stata ripensata conservando la tematica del gioco inteso come attesa, invenzione, meditazione e sorpresa. Cuore della rassegna sarà Pazienza del Violoncello, composizione di Carlo de Incontrera su mazzo di carte di Miela Reina – (1970). Due giornate di festival e un’anteprima accompagneranno i satiemaniaci alla scoperta del poetico solitario – quanto mai adatto in tempi di distanziamento – fatto di attese, silenzi, incertezze e curiosità per incontrare quello che il gesto performativo, la sensibilità, l’ironia e la voglia di giocare dell’interprete sapranno generare.
Il programma dell'intera rassegna d'arte, teatro e musica su https://www.miela.it/satierose-2021/
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DECISIÓN Y RESISTENCIA
° Representación del Artículo 20 de los derechos humanos #DDHH, derecho a la libertad de reunión pacífica y a no ser obligado a pertenecer a una asociación.
El rostro significa el espacio de reunión, la asociación en sí, o también el motivo por el cual se reunen estas personas, se puede observar que las personas se encuentran tranquilamente compartiendo opiniones y discutiendo distintas tematicas; en el caso de la persona que jala a la otra tendría dos significados:
1. La imposición que aparta a cualquier persona de su derecho a querer, o no, pertenecer a algo, de igual manera la cadena de manos son las situaciones o también personas que retiran a otros de sus propósitos.
2. La misma agrupación que busca obligar a esa persona a entrar y compartir sus ideales.
El derecho de querer pertenecer a algo se ve cada día mas vulnerado en nuestro país y aún mas en el campo artístico, puesto que muchos jovenes interesados en las diversas áreas artísticas (danza, canto, música, teatro, pintura, fotografía) se encuentran en peligro por distintos grupos violentos ya que los apartan y destruyen sus vidas y su creatividad.
“En la fábula "Un espacio para crear” los jóvenes que conformaron 5ta con 5ta Crew iniciaron su proceso de liderazgo alrededor del rap, de las letras que identificaban las experiencias de cada uno y del poder del arte para unir a las comunidades y evitar que los lazos sociales se vieran afectados por la violencia. En las reuniones o “parches” donde lanzaban sus rimas, bailaban y pintaban, no representaban peligro para los violentos (en la vida real grupos armados como guerrillas y paramilitares; en la fábula, grupos de langostas y escorpiones). Seguramente, porque “no le estábamos haciendo mal a nadie” como asegura Botello, pero también porque el lenguaje del arte no lo entienden los fusiles.“
Colombia en transición, El espectador (Oct/2020) Recuperado de https://www.elespectador.com/colombia2020/pedagogia/5ta-con-5ta-crew-y-como-el-rap-hizo-sonar-a-los-jovenes-en-medio-del-conflicto/
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