#spreco di tempo
Explore tagged Tumblr posts
moodyseal · 1 month ago
Text
Tutto quello che volete ma la presenza obbligatoria all'università è una piaga sociale peggiore dei turisti su Spaccanapoli a mezzogiorno
5 notes · View notes
zibaldone-di-pensieri · 7 months ago
Text
Tumblr media
Boh okay, addio 🙄
2 notes · View notes
unwetter51 · 2 years ago
Text
"Il vostro tempo è limitato, quindi non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro"
Steve Jobs
1 note · View note
lastrega71 · 6 months ago
Text
Tumblr media
Stare lontani....
Un inutile spreco di
tempo.
⛓️🐺🖤⛓️
66 notes · View notes
ragazzoarcano · 3 months ago
Text
“Il riposo non è ozio. E giacere qualche volta sull'erba in un giorno d'estate ascoltando il mormorio dell'acqua o guardando le nuvole fluttuare nel cielo, è difficilmente uno spreco di tempo.”
— John lubbock
38 notes · View notes
canesenzafissadimora · 4 months ago
Text
Anche se
non m’importa più niente
e spreco la maggior parte del mio tempo fuori casa,
anche se
è da giorni che
non cambio l’acqua dei fiori,
e che i miei libri
le tazze
e le cicche
si accontentano di essere impolverati,
nonostante tutto questo
trovo il tempo
di nutrire i lupi della tua assenza
prima di dormire.
Tumblr media
Hussein Bin Hamza
15 notes · View notes
anchesetuttinoino · 1 month ago
Text
Tumblr media
La guerra senza fine
Che spreco di tempo... e soldi... e vite.
(Ben Garrison già nel Dicembre 2022). Figuriamoci ora.
Segui ➡️ 🌐  t.me/ArsenaleKappa 🅰️ 💥💥
10 notes · View notes
bru111271 · 8 months ago
Text
Mi manco.
Quando mi perdo dietro inutili parole.
Quando mi infilo nella testa degli altri
per cercare di coglierne le ragioni.
Quando voglio compiacere per paura di un rifiuto.
Quando pronuncio un sì a denti stretti
mentre con tutto il fiato vorrei urlare no.
Mi manco quando spreco il mio tempo.
Quando mi perdo dietro i sogni degli altri
e trascuro i miei.
Quando covo rancore.
Mi manco quando giro intorno alle situazioni
e non affronto il problema.
Mi manco quando non ascolto il mio respiro
quando metto a tacere il mio intuito
quando non sorrido
quando non mi accetto
quando lascio che altri decidano per me.
Mi manco quando mi dimentico chi sono
e cosa voglio per me stessa
quando divento schiava di abitudini e compromessi.
Mi manco.
Allora torno a prendermi per mano.
E ricomincio a vivere.
- Margherita Roncone -
35 notes · View notes
lunamagicablu · 3 months ago
Text
Tumblr media
“Il riposo non è ozio. E giacere qualche volta sull'erba in un giorno d'estate ascoltando il mormorio dell'acqua o guardando le nuvole fluttuare nel cielo, è difficilmente uno spreco di tempo.” John lubbock photo on Pinterest *********************** “Rest is not idleness. And to lie sometimes on the grass of a summer's day, listening to the ripple of the water, or watching the clouds float across the sky, is hardly a waste of time.” John lubbock photo on Pinterest
12 notes · View notes
scorcidipoesia · 10 months ago
Text
Intuisci che la delusione per un uomo o un’amica sta passando, quando trascorrono i giorni e non ci pensi più. Una presenza importante nella tua vita cessa improvvisamente di esserci ma sai che non è stato per cause drammatiche ma una scelta. E inizi a dimenticare. Incredibile a dirsi ma si dimentica tutto quello che non era sincero, puro. È come se la vita possedesse un filtro che nel lungo periodo ti svela tutto. E la sola cosa a rammaricarti non è più aver perso quella persona ma aver donato tempo, onestà e affetto. Il vero spreco della vita umana è affezionarsi a persone che mettiamo sul piedistallo:il tempo le fa cadere con una muta ma precisa selezione.
Tatiana Andena
Tumblr media
41 notes · View notes
jadarnr · 12 days ago
Text
Tumblr media
TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Sunao Yoshida)
Vol.1 From the Empire
FLIGHT NIGHT - Capitolo 2
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
Tumblr media
La Tristan, con una lunghezza di duecentocinquanta iarde e seicentomila piedi cubi di elio, era la terza nave volante più grande al mondo. La superavano solo la Midguard Gerange del Regno di Germania e la Charmaneau del regno di Francia. Ma la sua velocità massima di cento miglia all’ora generata dalle eliche a doppia inversione del diametro di 13 iarde, insieme al suo lussuoso servizio passeggeri mettevano la Tristan in una categoria a sè stante.
La nave passeggeri era il fiore all’occhiello dei cieli del Regno di Albione.
“Ecco Capitano” disse Jessica.
“Oh grazie cara. Pensa che piloto questo mostro solo per extra come questi” confessò il Capitano. Annusò il ricco aroma del caffè. Il vapore inumidì i suoi baffi perfettamente tagliati, tipici dei nobili di Albion.
“Avete del tempo libero non é vero?” commentò la ragazza.
“Soprattutto tranquillo. Abbiamo ancora sei ore fino a Roma” rispose il Capitano.
Il timoniere e l’ingegnere erano rilassati e di buon umore— segni sicuri di un viaggio tranquillo.
“Dov’è il Vice Capitano Roswell?” Chiese il Capitano.
Dickins, il navigatore, si guardò intorno nello stretto ponte di comando, verso il sedile vuoto accanto a quello del capitano. “Capitano, ho visto Roswell di sotto. Non si sentiva bene perciò si è preso una pausa”. Lo informò Dickins.
“Non mi sembrava tanto in forma nemmeno a Londinium” osservò il Capitano.
“Si tratta di qualcosa di fisico o di personale?” Chiese il signor Orson, il timoniere, alzando un sopracciglio.
“Probabilmente qualcosa che ha mangiato” disse Dickins facendo l’occhiolino “ Sua moglie è la donna più adorabile che conosco, però…”
Il piccolo equipaggio della Tristan poteva sembrare sotto staffato per una nave così grande, ma avevano tutto sotto controllo. La loro sicurezza avrebbe tranquillizzato anche il più pauroso dei passeggeri. Ed essa era ben riposta. Il sistema di auto pilota della Tristan, disegnato dal geniale ingegnere Catherine Lang, era il fiore all’occhiello della nave. La Tristan era controllata da un ‘computer’, una reliquia della civiltà passata. Per questo motivo per pilotarla serviva solo un decimo dell’equipaggio. Ed il suo design rivoluzionario era senza pari.
“Signor Orson, mi scusi credo che…” Jessica indicò uno dei pannelli di controllo “L’assetto sia leggermente sabgliato. Non dovrebbe correggerlo?” Chiese.
“Fammi vedere. Uh. É vero. Come lo sapevi?” si chiese Orson guardando attentamente il pannello di controllo ed aggiustando un pulsante. Il resto dell’equipaggio sembrava divertito.
“Perché non lascia il timone a Jessica?” Suggerì Dickins.
Il Capitano rise “Mi renderesti il lavoro molto più semplice.”
Jessica arrossí per l’imbarazzo. Si vergognò per aver corretto il signor Orson. “Sono solo una hostess” farfugliò.
“Ma avevi fatto richiesta a questa compagnia per essere timoniere, giusto? Che spreco. Perché non possono giudicare meglio il talento?” Si lamentò il Capitano.
Il Capitano Connelly era conosciuto per le sue idee progressiste. Voleva l’equipaggio migliore, senza far caso al genere. Sapeva che quel mestiere era troppo pericoloso perché le vecchie abitudini andassero ad ostacolare il miglior lavoro possibile. Età e genere non avevano posto nella sua analisi.
“Lo farò notare ai miei superiori la prossima volta” disse il Capitano.
“Grazie, ma non c’è bisogno che faccia questo per me” mormorò Jessica timidamente.
“È nostro compito quello di raccomandare le persone con un vero talento, Jessica”
Proprio in quel momento ritornò il Vice Capitano Roswell, con un viso estremamente pallido.
“Dov’era finito Roswell?” Chiese il navigatore “E chi è lui?”
C’era un uomo dietro Roswell. Roswell iniziò a balbettare una presentazione, ma l’uomo lo interruppe “Sono Alfredo, Duca di Meinz, del Regno di Germania”
Il Duca si inchinò in maniera eccessiva. Il cappotto che portava, una costosa giacca con cappuccio, era minuziosamente confezionato. Il suo giovane viso mostrava un ghigno malvagio. “Perdonate l’intrusione, ma ho detto al signor Roswell che ho una passione per le navi volanti. Dopo aver insistito un po’, si é offerto di portarmi a vedere il ponte di controllo” disse il Duca con voce suadente.
“Duca, mi spiace ma non le posso permettere di rimanere qui” disse il Capitano educatamente. Il suo tono gentile diventò un rimprovero quando si rivolse al Vice Comandante Roswell “Cosa le è saltato in mente Vice Comandante? Sa benissimo che le persone non autorizzate non possono salire qui!” Il Capitano era furioso.
“Signore, la prego non si arrabbi con lui. La colpa è mia” disse il Duca con voce piatta.
A Jessica non piacevano per nulla le maniere affettate del Duca. Invece di sembrare nobile o elegante, appariva volgare ed insolente.
Pensò a quanto fastidioso fosse quel ricco Duca, e quanto invece fosse stato gentile quel povero prete che aveva incontrato solo pochi minuti prima. Anche se non aveva soldi, sembrava molto più ricco nello spirito.
Ora che ci pensava, non le sembrava di ricordare che nessun nobile Germanico avesse prenotato un viaggio sulla Tristan quella notte.
“Le mie più sincere scuse, Duca, ma non possiamo autorizzarla a rimanere sul ponte di controllo. Sono sicuro che capirà.”
“Che peccato” disse il Duca “Mi sarebbe proprio piaciuto far schiantare questa bellezza contro qualcosa di grosso, sapete? Così, per gioco”.
Lo humor nero del Duca non fece presa sull’equipaggio. Specialmente sul Capitano Connnelly, che disse “Questa nave ha una funzione di auto-pilota. Anche se l’equipaggio cambiasse la rotta… Hey! Ma che sta facendo?” Chiese il Capitano, sbigottito.
Il Duca fece scivolare un piccolo disco di metallo dalla sua manica e lo fece cadere in uno slot sul pannello di controllo. Il capitano tentó di fermare il braccio del Duca ma era troppo tardi.
“Che cos’ha fatto? Cos’era quello?”
Dickins si alzò per protestare, ma improvvisamente lo schermo del suo display tremoló e si spense. Prima che potesse capire cosa stava succedendo, lo schermo venne invaso da del testo indecifrabile.
“Capitano, il computer sta negando l’accesso!” Urló Dickins.
“Che cos’ha fatto?!” Esclamò il Capitano.
In quel momento la nave si inclinò in avanti, come cadendo in picchiata.
“Le impostazioni per la nostra destinazione non sono cambiate ma l’altitudine è scesa a meno trecento! Se continuiamo così ci schianteremo su Roma!” Gridò il timoniere.
Un sorriso sottile si allargò sulle labbra del Duca. “È tutto qui? Cavoli è stato fin troppo facile! Questo bestione cadrá sulla testa dei quel maledetto Vaticano! Ahah!”
Dickins afferró il bavero del Duca e lo scrollò violentemente “Sei pazzo? Morirai anche tu!” Urlò.
“Non credo proprio, sporco Terran! Morire non è tra i miei piani” disse il Duca seccamente. Dietro quel sorriso compiaciuto si allungarono i bianchi canini appuntiti del Duca ”Sono un Methuselah! La morte non può toccarmi!”
“Un vampiro!” Sputò Dickins. Fece a malapena in tempo a proferire quella parola che la sua gola venne tagliata dal Duca ad una velocitá impossibile da vedere da un occhio umano. Soffocando nel suo stesso sangue, il navigatore urlò e poi cadde a terra.
Il sangue schizzò in tutto il ponte di comando. Ogni angolo della stanza si riempì di grida di terrore. Uno per uno, ogni membro dell’equipaggio cadde vittima delle azioni brutali del Duca.
Alla fine rimase soltanto Jessica, il colore scomparso dal suo viso.
“Bambolina finalmente siamo soli!” Il ghigno lascivo del Duca rivelò le sue zanne.
Il mondo di Jessica iniziò a vorticare senza controllo. Tutto l’equipaggio era morto? E che ne era stato del Vice Capitano Roswell? Lo vide sdraiato a terra vicino ai suoi piedi, il corpo senza la testa. Essa si trovava sul pannello di controllo, la sua faccia congelata in un grido eterno.
“Ahah quel tizio era veramente un idiota. Che bisogno c’è di tenere degli ostaggi quando puoi ucciderli, stuprarli e poi bere da loro?”
Jessica sentì un dolore lancinante al petto. Le dita di Alfredo le palparono il seno sotto il suo grembiule. Iniziò ad ansimare per il dolore, la paura e l’umiliazione.
“La smetta la prego….”
“Così mi fai eccitare ancora di più. Quando ci si nutre delle donne, tanto vale possederle prima, e poi leccare il sangue dalla loro gola!”
Le labbra del vampiro si incurvarono. Alfredo afferrò uno dei suoi seni con una mano, Jessica inarcò la schiena esattamente come si aspettava, e le sue zanne si allinearono perfettamente con il suo collo.
“No!” Jessica gridò nel momento in cui sentì un dolore acuto nel collo.
“Signorina Jessica, stavo pensando…” la voce gentile del prete giunse dal portellone aperto. “È contro i dettami della Chiesa accettare la generosità senza poterla ripagare. Quindi pensavo che forse potrei lavare i piatti o pulire i bagni o… Ma che sta succedendo?”
Il vampiro indietreggiò alla vista della veste del prete e sibilò: “Vaticano!” Una corda sottile usc�� da sotto il suo mantello.
“Un Vampiro?!”
Abel scivolò per terra su una pozza di sangue, proprio nel momento in cui una lama trapassava l’aria sopra la sua testa.
BANG! Improvvisamente un colpo di pistola li sorprese tutti.
La pistola fissata al fianco di Abel si era staccata accidentalmente. La pallottola era rimbalzata contro la parete ed era andata a colpire una tubatura sul muro dietro Jessica. La tubatura si spezzò e il vapore bollente fuoruscito da essa ustionò il vampiro.
Il Duca lasciò andare Jessica coprendosi la faccia in preda al dolore. Evidentemente perfino gli occhi ed il viso di un vampiro erano sensibili al vapore bollente.
“Signorina Jessica, da questa parte!” Gridò Abel.
Il prete afferrò il gomito di Jessica e scapparono via. Lei si voltò indietro per vedere il vampiro accecato imprecare e distruggere le console.
“Sei morto, cane del Vaticano! Mi hai sentito? Ti tirerò fuori l’intestino e lo userò per strangolarti!”
6 notes · View notes
al-sapore-di-sigarette · 5 months ago
Text
"È uno spreco di tempo vivere meglio quando non si ha nessuno di cui prendersi cura e nessuno che si prenda cura di noi."
L'estate che sciolse ogni cosa — Tiffany McDaniel
11 notes · View notes
volumesilenzioso · 3 months ago
Text
non vedo la psichiatra da inizio giugno per mia scelta, la psicoterapia con lo psicologo l’ho interrotta mesi prima, ad aprile forse. ieri ho preso il telefono, ho digitato il numero, ho fatto un respiro profondo e ho chiamato la psichiatra per prendere appuntamento, mi ero detta che a settembre l’avrei fatto, sperando settembre non arrivasse mai. ma è arrivato e ho mantenuto la promessa che mi ero fatta mesi prima. non voglio tornare in quel posto, in quella stanza vuota dove devo parlare di me di fronte ad un’altra persona che neanche mi va poi così a genio. la cosa che mi spaventa di più è che tornare dalla psichiatra è solo il primo passo, ed è un passo davvero minuscolo in proporzione a tutti quelli che dovrò fare. il secondo passo sarà trovare uno psicologo, uno nuovo, perché con gli altri che ho provato non mi sono trovata benissimo, anche se, devo ammetterlo, ci mettevo del mio per far in modo che il percorso non andasse bene. so che devo trovarne uno, ma non mi sono data un limite di tempo per farlo, mi sono solo detta che prima o poi, che io lo voglia o no, dovrò affrontare anche questo.
dovrei fare, poi, altre mille cose. prima fra tutte, trovare un lavoro. lo sto cercando da un po’ ma non trovo niente che faccia per me o che abbia una paga decente e adeguata, non ne trovo uno che sia abbastanza vicino a casa mia da non rendere stressante anche il viaggio. devo anche considerare il fatto che le mie opzioni, al momento, sono estremamente limitate poiché esistono centinaia di lavori abbastanza comuni che si possono fare senza una laurea, ma io, per come sono fatta e per come sto mentalmente, non riuscirei a fare. mi fa stare male la consapevolezza di non essere in grado di fare una marea di cose che alle persone intorno a me risultano più semplici, mi fa stare male essere un limite per me stessa e mi fa stare male non riuscire a gestire niente di tutto ciò che è “normale”.
sto tentando di nascondermi dagli altri, di non far notare a nessuno quanto io stia ancora male, ma diventa ogni giorno più difficile far finta di niente. d’altra parte, però, è difficile anche mostrare il proprio dolore sapendo che gli altri non possono fare nulla di concreto per aiutarti, perché la tua risalita deve partire da te, altrimenti non sarà mai permanente.
le giornate sono tutte uguali, l’unica cosa che mi rende un minimo viva e meno vuota è trascorrerle con il mio cane. il tempo si è perso, scorre, so che continuerà a farlo indipendentemente da me, ma il mio orologio interno si è fermato a una tale ora di un tale giorno di tantissimi anni fa, e da allora ogni giornata è uguale alla precedente e alla successiva, ogni giornata è la stessa, ed è come se la mia vita fosse costituita da un’unica lunghissima giornata, infinita. sono mentalmente esausta, non reggo il peso di esistere.
sono sola in tutto questo. ogni tanto avrei bisogno di un abbraccio, di una carezza, di essere ascoltata e di essere amata propriamente. ma nel momento del bisogno non c’è mai stato nessuno di tutti quelli che dicevano ci sarebbero stati, nessuno ha mai mantenuto quella promessa. ora, quando mi trovo nel momento del bisogno, non spreco più le energie per chiamare qualcuno, perché ho imparato che è inutile, che la loro assenza non farà altro che alimentare il mio malessere, e così rimango sola e non ricevo quell’abbraccio di cui tanto ho bisogno. e mi pesa, mi pesa il cuore nel petto ogni volta che succede. tutta questa pesantezza mi stanca e mi fa venir voglia di scappare, ma dove? come?
7 notes · View notes
tiaspettoaltrove · 7 months ago
Text
L’amore vero è un lusso raro.
I social network hanno rappresentato la rovina di molte donne. Sono stati la miccia, il guizzo finale che ha potuto permettere loro di sfoderare i peggiori istinti, le più gravi carenze. Quel costante bisogno di approvazione che permea la loro personalità, viene così incanalato in una sorta di spirale distruttiva basata sull’apparenza, sull’ostentazione, sul nudo o ancor peggio sulla volgarità. Vedo corpi in vetrina, vedo provocazione, vedo quel sottile filo che un tempo era la trasgressione, ed oggi è divenuta la normalità. A differenza di quanto, superficialmente, alcuni anonimi possano credere, io non sono qui per condannare. Vengo in pace, di fondo, giacché oramai ho già superato tutto. Nel senso che osservo il mondo da troppo tempo, ho già tratto le mie conclusioni, ed ho accettato tutto quel che mi si è palesato davanti. Ciò che chiedo è solo la verità, sempre, in ogni frangente. Ma la verità è molto spesso assai difficile da digerire, da mostrare, da predicare. Rifugiarsi in una bugia è estremamente più semplice, meno responsabile, più comodo. Vedete, a me di quello che fanno o non fanno le donne poco importa. Penso però a quanto sia bello avere la coscienza pulita, e a quanto troppe donne e uomini non l’abbiano. Bisogna parlare schiettamente ed onestamente: se sei fidanzata, non puoi fare storie su Instagram, quasi completamente nuda, e magari anche in pose ammiccanti. Semplicemente non puoi. Non puoi. Punto. Fidanzarsi (o addirittura sposarsi) è un impegno, un impegno serissimo, una responsabilità. Se vuoi essere libera di mostrarti in qualunque modo tu voglia, fallo. Ma non legarti esclusivamente a una singola persona. Fai come quelle che preferiscono avere amici “di letto”, semmai. Puoi fare quello che vuoi. Ma dal momento in cui ti prendi un impegno, sei tenuta a rispettarlo. Sarebbe troppo facile dire che quasi tutte le donne sono facili. Sarebbe una conclusione semplicistica che taglierebbe fuori delle variabili. Non posso affermare con certezza che sia sbagliata, ma sarebbe al contempo fuorviante. Quel che con questo testo voglio evidenziare, in realtà, è meramente il ruolo di certe reti sociali nell’esibizionismo di massa. Posso dire che è un peccato? Lo è. Certamente, quando non c’era Internet, v’erano altri modi per ottenere un consenso. Magari anche più subdoli, per carità. Ma oggi è tutto sbattuto in faccia, tutto mostrato davanti agli occhi. E a volte fa male constatare la realtà in modo così immediato, senza giri di parole, con la potenza delle immagini. Non penso a me, penso a tanti ragazzi in buona fede (logicamente non tutti lo sono, anzi) che si ritrovano accanto persone ambigue. E lo stesso vale a parti inverse. Internet rappresenta quell’inferno in cui da una parte ci nascondiamo, e dall’altra mostriamo ciò che dovremmo tenere per noi. O comunque per la persona che abbiamo accanto. Il risultato, care mie, è sempre lo stesso: tante coppie inutili, finte, sorrette dalla menzogna. Che spreco. L’amore vero è un lusso raro.
15 notes · View notes
marquise-justine-de-sade · 3 months ago
Text
Tumblr media
Guardavo questa immagine.
Quando Gandhi morì, radunarono tutti i suoi oggetti personali.
Erano questi.
Non possedeva nient'altro.
Non aveva bisogno di altro.
Sono minimalista da anni e trovo questa immagine bellissima.
Perché dimostra che l'obiettivo della vita non è complicare.
Non è aumentare, accumulare e ingrandire.
La vita non è una gara, né con gli altri né con noi stessi.
L'obiettivo della vita è semplificare e ridurre.
In fondo, la maggior parte dei problemi che abbiamo non sono veri problemi.
Un vero problema è una malattia incurabile.
O non avere i soldi per comprarti da mangiare.
O vivere in un paese in guerra.
Se c'è una cosa che ho capito in questi anni di vita fuori dagli schemi, è che quasi tutti i nostri "problemi" si risolvono attraverso il Minimalismo.
Concretamente significa escludere dalla propria vita tutto il superfluo.
Che siano persone, cose, situazioni e abitudini.
Chiediti: "Mi serve davvero?"
Se la risposta è no, liberatene.
C'è chi ci riesce anche con i sentimenti.
Mi serve a qualcosa arrabbiarmi?
No, e allora non lo faccio.
Non spreco il mio prezioso tempo.
Proveranno a convincerti che lo scopo della tua vita sia complicare.
Ogni giorno vieni bombardato da messaggi anti-minimalismo.
Ti dicono di riempire la tua vita di cose, perché più ne hai e più vali.
Ti dicono che stare con un solo partner è noioso.
Ti dicono che devi avere tante persone intorno, perché i solitari fanno paura.
Ti dicono che il lavoro non può essere facile: se lo è, dovresti complicarlo e lavorare di più, finché non lo odierai.
Ti dicono che una casa piccola è triste. Anche se è piena di persone, animali, ricordi... vita.
Ti dicono che girare su un'automobile vecchia è patetico.
Ti chiedono: "Ma cosa aspetti a cambiarla?!?"
"Ma funziona!" rispondi.
E loro non capiscono.
Essere minimalisti significa ribellarsi.
In un mondo che va verso un consumismo totale e devastante, scegliere di minimizzare vuol dire protestare.
In silenzio e pacificamente.
Come Gandhi.
L'essenziale.
Non ti serve altro.
Lì si trova l'ESSENZA della tua vita.
Le persone che ami e meritano il tuo amore.
Le cose che ti aiutano concretamente a vivere meglio.
Le esperienze che ti fanno stare davvero bene.
Niente di più, niente di meno.
Un equilibrio perfetto che si può chiamare in tanti modi.
Io lo chiamo felicità.
Una felicità armoniosa e accessibile a chiunque.
(Le coordinate della felicità, Gianluca Gotto)
Sono “Pazza”
7 notes · View notes
petalididonna · 5 months ago
Text
Mi manco.
Quando mi perdo dietro inutili parole.
Quando mi infilo nella testa degli altri
per cercare di coglierne le ragioni.
Quando voglio compiacere per paura di un rifiuto.
Quando pronuncio un sì a denti stretti
mentre con tutto il fiato vorrei urlare no.
Mi manco quando spreco il mio tempo.
Quando mi perdo dietro i sogni degli altri
e trascuro i miei.
Quando covo rancore.
Mi manco quando giro intorno alle situazioni
e non affronto il problema.
Mi manco quando non ascolto il mio respiro
quando metto a tacere il mio intuito
quando non sorrido
quando non mi accetto
quando lascio che altri decidano per me.
Mi manco quando mi dimentico chi sono
e cosa voglio per me stessa
quando divento schiava di abitudini e compromessi.
Mi manco.
Allora torno a prendermi per mano.
E ricomincio a vivere.
(Margherita Roncone)
Buongiorno 🌷
8 notes · View notes