#specchio dell’anima
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Che la mia misericordia possa prevalere sulla mia ira.
~Hadith~
-Raccolte di detti e azioni del Profeta Maometto-
#rabbia#misericordia#pezzi di vita#citazioni#riflessioni#pensieri#aforismi#frasi citazioni#libri#hadith#racconti#tristezza#frasi libri#frasi brevi#occhi#gli occhi sono lo specchio dell’anima#islam#testi#frasi tumblr#ansia#stress#storie di vita
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Caro Leone,
non so se ti giunga, laddove ti trovi ora, la voce umana.
In Tibet credono nelle proprietà spirituali della parola e appendono lunghi nastri nei quali sono appese lunghe preghiere, formate da piccoli lembi di tessuto e parole.
Il vento, che soffia nelle vastità immense delle altezze tibetane, trasporta ovunque queste preghiere che confortano, aiutano, indicano la strada a chiunque abbia la sensibilità necessaria per “sentirle”.
Tu, caro Leone, avevi una sensibilità straordinaria, dimostrata da quella luce dolcissima riflessa nei tuoi occhi, che sono lo specchio dell’anima.
Abbiamo scritto post, abbiamo acceso candele, abbiamo sperato e, in ultima, abbiamo pianto.
Oggi, nel giorno del Santo Natale, voglio bruciare un bastoncino d’incenso che spero ti porti le mie parole, come se fossero quelle preghiere tibetane cullate dal vento.
Buon Natale Leone.
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Gli occhi di Anna
Hai mai visto un paio d’occhi come i suoi? Se mai me lo dovessero chiedere risponderei di NO! Non saprei definirli con un colore preciso ma ricordano molto il cielo in una giornata di sole che irradia le onde del mare dopo aver affrontato una burrasca. Senza prestarci attenzione non lo penseresti mai eppure quegli occhi, facevano rumore anche da sereni. Si dice siano lo specchio dell’anima… per me invece, quel treno che passa una volta sola e se non si è capaci di prenderlo li si perderanno per sempre. Dunque come osservare con cura quelli di una persona che si ha di fronte? Semplicemente usando il cuore, il difficile è metterlo in pratica. Si possono abbracciare? Fisicamente no metaforicamente sì! Ciò accade quando diventano lucidi ed in quel preciso istante avverrà il contatto. Occhi negli occhi che daranno vita ad emozioni forti.
A. Leonardo
6 – 13 dicembre 2024
#p.#poesia#poesia mia#Leonardo#poetry#poem#poesias#scrivere#scrittura#frasi#occhi#ojos#eyes#dedica#amare#amore#love#emozioni#stato d'animo#lei#compagnia
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Sono una combattente…
Una combattente di Felicità.
Ho sconfitto i Mulini a vento dell’anima. Ho affrontato gli attacchi di panico e, a loro, ho detto: "Sono fragile, ma più forte di voi".
Ho guardato in faccia la paura e la solitudine abbracciandomi così forte da farmi male. Mi sono guardata allo specchio con tutti i miei limiti, i miei difetti, le mie ferite e ho detto alla mia immagine riflessa: "Fai di tutto per amarti perché sei la casa di questa cosa meravigliosa che è la tua anima".
Ho pianto così tanto da non avere più lacrime ma ho riso così di pancia da illuminare il mondo.
Ho amato tanto e non ho mai permesso al dolore, all’abbandono, agli amori non corrisposti di impedirmi di amare forte, di amare doppio, di amare ancora, di amare e basta.
Sono una combattente:
la Felicità è la mia vittoria.
- Letizia Cherubino, Se non t’incontro nei sogni, ti vengo a cercare
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Che il bello e l’incantevole siano solo un soffio e un brivido, che il magnifico entusiasmante amabile non duri: nube, fiore, bolla di sapone, fuoco d’artificio e riso di bambino, sguardo di donna nel vetro di uno specchio, e tante altre fantastiche cose, che esse appena scoperte svaniscano, solo il tempo di un momento solo un aroma, un respiro di vento, ahimè lo sappiamo con tristezza. E ciò che dura e resta fisso non ci è così intimamente caro: pietra preziosa con gelido fuoco, barra d’oro di pesante splendore; le stelle stesse, innumerabili, se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi – effimeri-, non raggiungono il fondo dell’anima. No, il bello più profondo e degno dell’amore pare incline a corrompersi, è sempre vicino a morire, e la cosa più bella, le note musicali, che nel nascere già fuggono e trascorrono, sono solo soffi, correnti, fughe circondate d’aliti sommessi di tristezza perché nemmeno quanto dura un battito del cuore si lasciano costringere, tenere; nota dopo nota, appena battuta già svanisce e se ne va. Così il nostro cuore è consacrato con fraterna fedeltà a tutto ciò che fugge e scorre, alla vita, non a ciò che è saldo e capace di durare. Presto ci stanca ciò che permane, rocce di un mondo di stelle e gioielli, noi anime-bolle-di-vento-e-sapone sospinte in eterno mutare. Spose di un tempo, senza durata, per cui la rugiada su un petalo di rosa, per cui un battito d’ali d’uccello il morire di un gioco di nuvole, scintillio di neve, arcobaleno, farfalla, già volati via, per cui lo squillare di una risata, che nel passare ci sfiora appena, può voler dire festa o portare dolore. Amiamo ciò che ci somiglia, e comprendiamo ciò che il vento ha scritto sulla sabbia.
-Herman Hesse-
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Quante maschere e sottomaschere noi indossiamo
Sul nostro contenitore dell’anima, così quando,
Se per un mero gioco, l’anima stessa si smaschera,
Sa d’aver tolto l’ultima e aver mostrato il volto?
La stessa maschera non si sente come una maschera
Ma guarda di fuori di sé con gli occhi mascherati.
Qualunque sia la coscienza che inizi l’opera
Sua, fatale e accettata sorte è l’ottundimento.
Come un bimbo impaurito dall’immagine allo specchio
Le nostre anime, fanciulle, rimangono disattente,
Cambiano i loro volti conosciuti, e un mondo intero
Creano su quella loro dimenticata causa;
E, quando un pensiero rivela l’anima mascherata,
Esso stesso non va a smascherare da smascherato.
Fernando Pessoa
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LA FAVOLA DEL MARE (da una lettura del filosofo Cacciari sula necessità della poesia).
Un ragazzo con un lento andare cercava sulla riva del grande mare il senso di quella distesa infinita che sollievo dava alla sua vita un senso si giusto, ma ben pesato quando incontrò uno scienziato che gli spiegò con fare dotto cosa era il mar da sopra a sotto. “Il mare è realtà non fantasia è una riserva di energia, il sole crea le nuvole bianche loro corrono via mai stanche, vanno nel mondo acqua a donare con essa la vita fan germogliare. L’acqua scende intensa o avara diventa ora rivolo, fiumara dona ricchezza gioia, dona vita al mare torna mai stanca, sfinita! Il mare quindi è energia infinita una pila che mai è esaurita” Il ragazzo ascoltava stupito ma quanto detto dall’erudito era giusto preciso, ma parziale, era il noto, il vero il reale. Continuò allora per la sua via finché non trovò un gran dottore della filosofia conoscitore “Il mare esiste, come scienza dice, della vita e origine e fattrice alla terra, opposto lo penso e dell’aria, molto più denso ma con l’uomo non ha affinità è acqua che va di qua e di là, necessario per la sua utilità però non ha nessuna santità, è un oggetto non fondamentale solo acqua, dei pesci e del sale se ci chiediamo la sua necessità capiamo che quindi non ne ha: della natura e uno strumento come la roccia o come il vento.” Il ragazzo alla fine si allontanò con pochi si e mille non so. Mentre deluso sulla sabbia andava vide un uomo che felice nuotava Gli chiese “Scusa nuotatore Tu che vi trovi gusto e sapore dimmi del mare il significato perché questo liquido manto a guardarlo porta all’incanto quale senso può mai avere guardarlo e provar piacere?” “il mare per quanto sia vecchio Dell’anima di ognuno e lo specchio lei lo guarda e vede dubbi, paure sente le ansie quelle più dure e quelle che sono meno vere quelle false e quelle più sincere e nel guardarle ne vede il confine pesa quelle pure e quelle meschine e capisce infine dove volgere la prua in quale direzione è la sorte sua. Questo lo capisci nell’esser poeta non nello scrivere versi di seta ma nel dare voce a quel che vede l’anima tua, nel capir quanto crede nel dar forma in modo sincero a quel che è il tuo pensiero. Per questo il gran mare è perfetto perché cambia muta e l’effetto di questo instancabile mutare è un tuo continuo poetare. Pensa alle albe quando si accende e presto di blu tutto risplende pensa alle tempeste, alla sua rabbia che non potrai mai metter in gabbia pensa al tramonto, il diventar quieto e della luna esser l’amante lieto Muta come l’animo nostro ora è pace ora diventa mostro.” Quando l’uomo ebbe finito Il ragazzo lo guardò stupito “Chi sei che ben hai definito quanto scienziato ed erudito non ha saputo voluto sviscerare e per parte loro raccontare” “Non sono un saggio o un profeta come ogni uomo sono poeta quanto non vedon scienza e filosofia lo trova e lo dice la poesia”
THE TALE OF THE SEA (from a speech by the philosopher Cacciari on the need for poetry). A boy with a slow walk, was looking on the shore of the great sea, the meaning of that infinite expanse, what relief it gave to his life, a correct but well-considered meaning, when he met a scientist, who explained to him with a learned manner, what it was the sea from above to below. “The sea is reality not fantasy, it is a reserve of energy, the sun creates white clouds, they run away never tired, they go into the world of water to donate and with it they make life sprout. The water descends intensely or sparingly, now it becomes a trickle, the river gives richness, joy, it gives life to the sea, it never returns tired, exhausted! The sea therefore is infinite energy a battery that is never exhausted" The boy listened in amazement but what the scientist said was precise, but partial, it was what was known, what was true, what was real. He then continued on his way, until he found a great doctor, a connoisseur of philosophy “The sea exists, as science says, of life origin and mother, to the earth, opposite, I think of the air much denser, but it has no affinity with man, it is water that goes here and there, necessary for its usefulness but it has no sanctity, it is a non-fundamental object only water, some fish and some salt if we ask ourselves its necessity we understand that it therefore has none: for the nature is an instrument like the rock or like the wind.” The boy finally walked away with a few "yeses" and a thousand of " I don't know". While disappointed on the sand he saw a man who was swimming happily, he asked him "Sorry swimmer. You who find taste and flavor in it, tell me the meaning of the sea, because this liquid blanket, looking at it, leads to enchantment, what meaning can it possibly have, looking at it and feel pleasure?” “the sea no matter how old it is, of everyone's soul it is the mirror, she looks at it and sees doubts, fears, feels the anxieties, the hardest ones, and those that are less true, the false ones and the most sincere ones, and in looking at them he sees the boundaries, weighs the pure ones and the petty ones and finally understands where to turn his bow and in what direction his fate lies. You understand this in being a poet, not in writing silken verses, but in giving voice to what your soul sees, in understanding what it believes, in sincerely giving shape to what your thoughts are. This is why the great sea is perfect, because it changes and the effect of this tireless change is your continuous poetry. Think of the dawns when it lights up, and soon everything shines blue, think of the storms, of its anger, which you will never be able to put in a cage, think of the sunset, the becoming quiet and of the moon being the happy lover Mute like our soul , now it's peace, now it becomes a monster.” When the man finished, the boy looked at him in amazement. “Who you are that you have well defined, as a scientist and scholar, he was unable to dissect, and for their part to tell” “I am not a sage or a prophet, like every man I am a poet, what science and philosophy do not see, poetry finds and says”
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Vorrei un uomo Un uomo che lasci le sue impronte accanto alle mie Che m’incontri posando il suo sguardo là dove io lo poso Che mi baci in punta di labbra Che mi sorrida dicendomi Buongiorno al mattino E che mi auguri Buonanotte dandomi un bacio sulla fronte Un uomo che creda che gli alberi hanno una voce e che posso sentirla Che tenendo una pietra tra le mani ne vedo il colore dell’anima Che il crepuscolo è un’ancora rosa posata sul mare che il sole leva mentre il giorno scivola nella notte Un uomo che non mi faccia piangere e che se piango mi asciughi il viso con le mani Un uomo con cui consumare i tacchi delle scarpe per le passeggiate scalcagnarle su una battigia d’inverno Un uomo che sorrida dell’inclemenza del tempo sul mio viso sul suo viso che è anche il suo che è anche il mio Su uno specchio condiviso nella stessa casa Un uomo che abbia una riserva infinita di baci Due su ciascun occhio Due su ogni capello Vorrei un uomo con cui ridere Vivere Morire un solo attimo prima di lui per non vederlo morire per chiudere i miei occhi sul mondo con la sua immagine le nostre immagini incise nel mio sguardo. Un uomo che mi ami Un uomo d’amare Da abbracciare Che nel mio abbraccio senta il nodo inestricabile delle nostre anime Che non abbia il pudore del pianto perché il dolore ha pudore ma si spoglia davanti all’Amore Che sappia che accanto a me non sarà mai solo Perché so come attraversare il tempo e raggiungere le distanze del silenzio Ci camminerei dentro lieve adornandolo di carezze. Quelle mai chieste Desiderate E mai avute Un uomo che si fidi Che abbandoni il capo sul mio petto Per sentire le mie labbra su ciascun capello Sulle lacrime tra le ciglia Un uomo che sentirei d’amare guardandolo dormire Senza sentirmi sola Senza sapere che sta dormendo. Vorrei un uomo.
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È un momento in cui non mi piaccio.
E sono piena di insicurezze.
È un momento in cui, se mi guardo allo specchio, mi trovo orrenda e - se mi guardo dentro - navigo in un mare di disistima, fastidio, tristezza.
È un momento in cui sono parecchio stanca e non ho una gran voglia di andare incontro agli altri e vorrei solo essere capita, capita e coccolata, senza però dover chiedere niente.
È un momento in cui va tutto storto o non va come vorrei o come meriterei che andasse.
È un momento in cui dico “non importa” o “non ti preoccupare”, ma importa tutto e vorrei che qualcuno si pre-occupasse di me.
È un momento in cui mi concedo di essere fragile e di piangere e di visitare tutte quelle ombre dell’anima che sono il contraltare della luce che mi accompagna.
È un momento in cui mi aspetto di essere amata, anche solo a ricompensa di tutto l’amore donato.
È un momento così.
Capita.
(Letizia Cherubino)
🎩💜🩵👗
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Che vuoi da me, ritratto, ardente viso, pupilla come l’ape del mattino, guancia che sottilmente sulla tempia sfuma in sorriso? Mi torturi invano col tuo splendore. Nulla che si compia rimane intatto: a renderti divino era l’attesa. E questo volto umano che m’affronta ogni sera dallo specchio, ogni sera più nudo, prosciugato sulle crepe dell’anima: io l’accetto. Dunque perché il tuo palpito mi strazia? Che vuoi da me, ritratto di quand’ero ragazza?
Fernanda Romagnoli
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SE NON MI ACCETTO
Abbiamo accennato prima la questione dei genitori che tendono con gesti e parole per loro banali a creare in realtà potenti paure nei bambini.
Cerchiamo di capire, nel dettaglio, cosa succede quando si è molto piccoli, per arrivare a formare ferite così dolorose.
Riavvolgiamo il nastro.
Un bambino, dopo aver conosciuto la gioia di essere se stesso, prima tappa dell’esistenza, scopre il dolore di non poterlo essere.
Quando, appunto, per un motivo o per un altro, i genitori non riescono a riconoscere il suo essere amore e a offrirgli il terreno fertile per l’anima.
Qui mette radici la ferita.
La fase successiva sarà dunque una fase di crisi e ribellione dove, per ridurre il dolore, il figlio si rassegna e si crea una nuova personalità, così da diventare ciò che gli altri vogliono che sia.
Tieni presente che ci sono persone che restano invischiate in questa tappa per tutta la vita… Costantemente in una fase reattiva di crisi e rabbia.
Creata la personalità, non sei più fedele all’anima, al cuore e alle necessità dell’essere, ma passi la palla all’ego che, con le sue credenze e paure, prende le redini della tua vita.
Più è travolgente la ferita, più diventerà una seconda pelle.
Pensa a quando si viene lasciati, per esempio.
Osserva che, a volte, non è tanto il fatto che il partner ci lasci o ci tradisca a farci male.
Quello che ci fa male è qualcos'altro.
Ed è un dolore profondo che viene da lontano.
Quando una persona ci ignora, se ne va, ne sceglie un'altra, essenzialmente, ci sta comunicando altro.
Che noi non andiamo bene.
Che noi non siamo abbastanza.
Che noi non abbiamo il diritto di essere amati, perché c'è qualcosa di sbagliato in ciò che siamo o in ciò che facciamo.
Si ha come uno shock che ci riporta indietro, a quando eravamo piccoli e abbiamo appreso che, così come eravamo, non potevano stare al mondo.
Non potevamo essere noi stessi, perché nessuno ci ha riconosciuti adeguatamente.
E lì è partita la battaglia per capire effettivamente come si deve essere per stare al mondo.
Per colmare i bisogni dell'anima, poi totalmente sostituiti con quelli dell'ego.
Quindi non ha tanto senso soffermarsi sull'essere stati lasciati, “perché, quando, come, cosa devo fare?...”
Ma ritornare da quel bambino e sussurrargli che non è vero, che può essere se stesso, può togliersi di dosso le paure, i dubbi, le abitudini, la sofferenza...
Questo è lavorare su se stessi.
Ciò che ci verrà comunicato poi sarà differente, perché l'anima ha ben altro da dire che l'ego.
L’ego è convinto di aiutare mentre alimenta le credenze correlate a ciascuna ferita, non pensa sia possibile agire diversamente, perché può basarsi solo sulla memoria.
Non ha idea di chi tu sia, del tuo disegno di vita, dei bisogni dell’anima.
Non appena l’ego si è reso conto che adottare una nuova credenza ti avrebbe protetto, si è subito impossessato di questo meccanismo.
La vera guarigione può avvenire solo da dentro.
Ma come?
Con l’Amore.
Solo l’amore che dai a te stesso hai il potere di dissolvere ogni ferita.
Se il tuo essere amore non è stato riconosciuto, questo non vuol dire che tu non possa farlo.
Eccolo l’antidoto alla ferita: L’accettazione.
Noi dovremmo scoprirci, per poi accettarci e amarci così come siamo.
Perché non siamo quella personalità modellabile che ci siamo cuciti addosso.
L’abbiamo indossata proprio perché non capivamo di poter essere noi stessi.
Noi siamo a prescindere.
Siamo pura coscienza.
La ferita esiste perché non ti perdoni per ciò che ti sei inflitto.
E spesso non lo fai, perché, semplicemente, nemmeno sei a conoscenza di essere tu stesso a tirarti uno schiaffo.
“Perché mi hanno detto così?”
“Perché mi hanno fatto questo?”
Non ti servono le risposte a questi tormenti, se ancora non ti sei accettato così come sei, se dentro, nel profondo, sei fissato di non andare bene, di non essere abbastanza.
Appena si cristallizza l’idea nuova, invece…Tutto cambia.
Lo specchio non potrà più rimandarti il riflesso di una persona bionda, se i tuoi capelli adesso sono nocciola.
Cerca di capire che il nodo irrisolto, il nodo karmico, non è altro che un’esperienza vissuta nella non accettazione di sé.
E ormai lo sappiamo, ciò che è vissuto nella non accettazione, si accumula nell’anima sotto forma di memoria, trascinato in giro per altre vite.
…Dipenderò da te
Il polo opposto della ferita è la dipendenza.
L’attenzione altrui altro non è che energia Vitale.
“Mi fai sentire vivo? Amato?
Perfetto, non smettere o smetto io di respirare”.
Osserva il tuo bisogno di "attenzione" e scoprirai quanto fai dipendere la tua vitalità da quello che fanno gli altri nei tuoi confronti.
Anche quando dipendi dall’affetto di una persona è come se volessi radicarti nel centro vitale di un altro per prendere la sua energia.
Vivere attraverso un'altra persona.
Non prendersi le proprie responsabilità, lasciando tutte le decisioni all'altro, il quale si sobbarcherà il compito di renderti felice.
E se non lo farà, tu lo farai sentire in colpa.
Per questo motivo che le persone dipendenti, lasciate da sole, diventano tristi, depresse e prive di vitalità.
Loro “rinascono” solamente quando trovano qualcuno a cui potersi attaccare.
È importante precisare che chiunque, quale che sia la sua ferita, può diventare dipendente sul piano affettivo, perché non è collegato alla sua fonte d’amore.
“Sì, ma come faccio a sapere qual è la mia ferita?”
Proprio perché può essere complicato trasformare qualcosa che nemmeno si conosce, nelle prossime pagine cercheremo di rivelare quali sono le 5 ferite più diffuse e come, effettivamente, si manifestano nella nostra vita.
Andremo sempre più a fondo sulle nostre dinamiche, in particolare quelle affettive karmiche connesse alla dipendenza, così da far luce su ciò che crediamo sia una nostra scelta, ma che, in realtà, non lo è affatto.
Per essere chiari, il nostro percorso si articolerà in questo modo:
Dipendenza - paura di essere abbandonato - non sentire di esistere - attaccamento - ruolo carnefice-vittima - tradimento o separazione.
Ognuna di queste dinamiche è connessa, consequenziale all’altra, perché non si è mai fermata questa catena di processi.
ROBERTO POTOCNIAK
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Con gli anni si confermano le mie naturali certezze con le quali ho fatto a cazzotti pensando di essere sbagliata, intransigente, malata, non affidabile e quindi non lucida nelle mie reazioni.
Ma la verità è che mi accorgo che la mia incomunicabilità col prossimo si interrompe sempre nell’esatto momento in cui il prossimo non ha un vissuto particolarmente difficile.
Possiamo rigirarcela come vogliamo, e mi dispiace fare questo discorso perché non voglio far passare le “sfighe” esistenziali come un qualcosa che ti rende necessariamente superiore. Infatti qui non si tratta di sentirsi superiori, si tratta di non capirsi, si tratta del fatto che anche coloro che ti amano, se non hanno vissuto certe cose sulla loro pelle, non capiranno mai. C’è proprio un’incomunicabilità alla base. Per contro, tutte le persone (nessuna esclusa), con le quali ho interagito negli anni che hanno vissuto senza mezzi termini l’inferno in terra non c’è mai stato un momento in cui non mi sia sentita compresa o anche solo legittimata a reagire in un certo modo. Io penso che da qualche anno la narrazione che si fa sull’essere funzionali nella vita, sul trovare il lato positivo, sull’andate avanti in un modo o nell’altro, sul non fermarsi mai, siano dovute al fatto che la gente (non la società), ma le singole persone, ad oggi, non sono più disposte a soffrire per cinque minuti. Non reggono l’horror vacui, e quindi si nutrono di tutto quello che possono per evitare il problema, evitare i pensieri.
Purtroppo a me non è stata data questa attitudine, io non riesco a guardarmi in faccia se so che c’è qualcosa che non va in me o in coloro che mi circondano, non riesco a guardarmi Netflix se sono addolorata per un’amica, una relazione conclusa, non riesco ad avere quel piglio di chi ti dice “Esci e vai a fare una passeggiata!” Non ce l’ho, perché ho imparato, da qualche tempo, che il dolore, di qualsiasi natura, è parte integrante della vita di ciascuno, e quindi dobbiamo farci i conti e sentirlo, altrimenti vivremmo magari una vita felice e accomodante, ma non autentica, finta. In sostanza: avremmo davvero buttato la nostra esistenza attraverso lo sforzo di non pensare mai, non soffrire mai, non sentire mai; e che alla fine, per questo, riesce più facile sentirsi capiti da chi quel dolore lo prova ogni giorno. E forse è proprio così che si risale.
Io delle persone che mi dicono di pensare positivo, persone che stimo, che ho amato, persone a cui voglio un bene dell’anima, a questo punto della mia vita: non so che farmene. È legittimo che voi andiate via se la cosa comincia a essere pesante per voi, è legittimo però che io rimanga fedele a me stessa. E quando mi guardo allo specchio io mi riconosco. Voi, dubito.
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La fantasia permette di fare ciò che la vita reale non dovrebbe consentire: essere chi non si è. Invece ahimè troppe maschere, troppe finzioni. Ed io non amo le maschere, neppure a carnevale. Se non quelle che coprono semplicemente la parte alta del volto, sotto i capelli e più su del naso. Quelle che anziché nascondere mettono meglio in evidenza gli occhi. Che gli occhi poi sono lo specchio dell’anima. La fantasia, dicevo. Usandola in quale personaggio ti immagini o ti raffiguri più spesso? Curiosità, se puoi.
Giocando, ad esempio di ruolo, spesso ho interpretato un personaggio dei romanzi di Daniel Pennac: Julie Corrençon. Giornalista eccezionale, donna bellissima e dal cuore immenso. O nei ruoli fantasy a volte un' elfa, altre volte una maga, altre ancora la curatrice. O a teatro: la cantante lirica, l' insegnante di dizione, la signora di buona società. Nella vita invece, non ho mai sognato di essere altro che me stessa. Semmai ho sognato spessissimo di riuscire a migliorarmi (magari a volte sognando anche troppo in grande) e di riuscire ad essere la versione migliore di me stessa. Ma per quanto mi critichi, per quanto possa essere difficile essere me, non vorrei essere nessun altro.
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Quante maschere e sottomaschere noi indossiamo
Sul nostro contenitore dell’anima, così quando,
Se per un mero gioco, l’anima stessa si smaschera,
Sa d’aver tolto l’ultima e aver mostrato il volto?
La stessa maschera non si sente come una maschera
Ma guarda di fuori di sé con gli occhi mascherati.
Qualunque sia la coscienza che inizi l’opera
Sua, fatale e accettata sorte è l’ottundimento.
Come un bimbo impaurito dall’immagine allo specchio
Le nostre anime, fanciulle, rimangono disattente,
Cambiano i loro volti conosciuti, e un mondo intero
Creano su quella loro dimenticata causa;
E, quando un pensiero rivela l’anima mascherata
Esso stesso non va a smascherare da smascherato.
Fernando Pessoa, da 35 sonetti, 1918
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Le cicatrici dell'anima
Mi guardo allo specchio. L’immagine riflessa è quella di un uomo senza età ma stanco, con gli occhi spenti e la consapevolezza che nella vita si è legato a sogni o legami che ha perso. Allontanandosi da essi, venendo allontanato.
Le cicatrici, quelle visibili sulla pelle, non sono molte e neanche un granché. L'unica che chiunque possa notare è quella sotto l'occhio destro. Un monito, un promemoria di come sarebbe potuta andare peggio. Pensandoci non tutti la notano, solo chi ha avuto davvero attenzione per me.
Ma le cicatrici più profonde, quelle dell’anima, sono invisibili agli occhi degli altri. Anche queste notate da pochi, solo da coloro che hanno scrutato nella mia anima. E non parlo di quelli a pagamento.
Mi siedo sul bordo della vasca da bagno, accarezzo la pelle screpolata delle mani. Non mi sono mai voluto bene e questo lo si vede anche fisicamente. Un'esistenza priva di piaceri personali, come a punirmi e per non piacere agli altri. Un modo per sentirmi vivo solo in me stesso, con la fottuta paura dell'abbandono. Ma ora, avvolto nel silenzio degli anni passati, mi sento più solo che mai anche se in mezzo ad altri.
Ricordo l’infanzia, un tempo in cui il mondo era un luogo pieno di meraviglia e di possibilità. Di una madre che mi sorrideva a cui stavo sempre attaccato. Ma la vita, con la sua crudele ironia, mi ha costretto a non crescere in fretta. Per proteggermi da delle responsabilità che poi sono arrivate come uno tsunami.
Ho imparato a indossare una maschera, a nascondere le mie emozioni per paura di essere giudicato. Questa mattina proprio mia madre, in preda alla demenza senile mi ha maledetto. Sentendosi tradita, anche se non l'ho mai fatto e chi lo ha fatto davvero si è goduto i suoi anni migliori; lasciando a me una persona consumata dalla rabbia e dalla delusione.
Domani se ne sarà dimenticata e come sempre dirà che sono l'unica "cosa" che ha, non "figlio" ma una "cosa".
Mi sento come un re di un regno decadente, circondato dalle rovine del mio passato. I miei pensieri sono complessi, come tessere di un puzzle che vanno completati. La neurodivergenza mi porta ad avere un cervello senza interruttore, che macina chilometri su chilometri come una vecchia locomotiva nel Far West.
Ho sempre avuto l'ansia di deludere le persone che ho amato, di far loro del male. Eppure, nonostante i miei sforzi, ho commesso degli errori facendomi fraintendere e perdendo chi ho desiderato più della mia stessa vita.
“Cosa sono diventato?”, mi chiedo spesso. Una vittima? Un impostore? Un semplice spettatore della mia vita?
Chiudo spesso i miei occhi, anche ora, cercando di immaginare un futuro diverso, un luogo lontano da tutto questo dolore. Un luogo dove poter ricominciare da capo, dove poter essere me stesso senza paura. Ma una notifica mi riporta con i piedi per terra.
Ci sono momenti, però, in cui capisco che la serenità non è una meta da raggiungere, ma un percorso da intraprendere. Che devo imparare ad accettare me stesso, con i miei difetti e le mie fragilità. Dovo perdonare me stesso per i miei errori, prima che quelli degli altri, solo così posso ambire a un futuro migliore. Per quanto mi rimane.
Mi alzo dal bordo vasca e mi avvicino alla finestra. Osservo il cielo pieno di nuvole cariche di acqua, sento il rumore della pioggia che come sempre mi crea una sensazione di pace.
Forse è proprio da queste piccole cose che si inizia a guarire, ora mi metterò della crema sulle mani screpolate. Devo guarire dai dolori che mantengo perché mi legano ancora a qualcuno che non ho rinunciato ad amare. Un dolore che mi porto dentro.
Perché nulla dev'essere per sempre, neanche il dolore.
Immagine: “La Riproduzione Vietata” di René Magritte Nei miei auricolari: Johnny Cash - Hurt 🎶
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Per Sempre
In quel Luogo Sconosciuto e da Fiaba a cui la loro immaginazione da sola non sarebbe mai arrivata, la dove ogni cosa è possibile e la Rosa Profuma nel Silenzio e nel Respiro dei Corpi bagnati dal loro Sudore per quella Frenesia che imprevista, apparsa diventa piena di Baci e Carezze, impregnata d’Amore e di Sesso che ogni Apice raggiunto diveniva un Lento tornare a Guardarsi.
Mentre tutto ritorna sotto controllo, Guardi ancora gli Occhi, Specchio Sublime, Dolce e Perverso torna ogni gesto per quell’Ossessione Reciproca del Cercarsi con le Mani, per Toccare maliziosamente quegli Angoli Bui, Sensuali per quel Piacere Condiviso, cercato Sempre e Illimitatamente per quel Bisogno continuo e Naturale pieno di Voglia, ricco di Desiderio, pervaso di Coccole Disinibite, un tempo Voluto, Cercato, Trovato e Donato col Cuore.
Quel cuore che Curato, Salvato è ora Innamorato di quella Follia Libertina, a quel Fedele Pensiero Stupendo e Volgare allo stesso momento ma Elegante e Prepotente che Dolcemente prende per la Testa e da quell’Emozione che porta al Batticuore a quella Vibrazione dell’Anima che Persa nel cercare, nel Trovare quella Fusione Sublime dei Corpi, in quel Tutt’uno che nel Godere dell’Appartenersi, nell’Essere un Unico Caos da Parecchio Tempo cercato che, Troppo Poco era il tempo di quel piacere che avevano consumato.
Ora quel Giusto, Intenso Possesso esercitato in modo Reciproco Sempre più Provocante ed Esigente era entrato nel loro sangue e nel cercare Di Tutto, Di Più, dentro Di Lui era diventato Incontrollabile e per lei Insaziabile, quello che di lui era Perdutamente in Lei.
Lui, Moriva, Viveva, Rinasceva ogni istante, ogni momento, in quel Finalmente Uniti, Insieme, Per Sempre.
RelaxBeach© (Tutti i Diritti Riservati.) 27/08/2023
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