#simo un po' tutti noi
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Simo: Hey, Mimmo, do you want to play a question and answer game?
Mimmo: Yes, sure!
Simo: Cool, you start.
Mimmo: What's your favourite colour?
Simo: Triangle. Do you like boys?
#un professore#meme#simo bale#simo un po' tutti noi#mimmone#meme OVVIAMENTE non mio#ma ho pensato subito a loro#simone x mimmo#mimmo x simone
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Cose che succedono a Brescia
Io e @simotiva eravamo a CidNeon, un festival artistico incentrato su due cose: giochi di luce e Castello di Brescia. Ogni anno uno spettacolo diverso, con vari stand che vanno dall’interessante al “oh mio dio” per quanto sono belli. A un certo punto, scendendo dal cortile più alto del Castello sentiamo a palla La ballata dell’amore cieco di De André.
Io e Simo siamo rimasti un po’ spiazzati: al CidNeon ci vanno anche un sacco di bambini, i giochi di luce piacciono a tutti, soprattutto ai più giovani. Infatti davanti a noi camminava una mamma con una bambina in braccio: la mamma mi dava le spalle e la bambina mi guardava... o meglio: era rivolta verso di me, ma ascoltava la canzone. Non ho potuto fare a meno di esclamare ad alta voce “con questa canzone, quella bambina farà gli incubi stanotte”. La mamma, a pochi passi da noi, mi ha sentito, si è girata e ha detto “no no, tranquillo, è abituata”.
Speriamo sia abituata a De André e non a dare cuori umani in pasto ai cani.
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Il Mio Fratellino - La Rivelazione
In attesa dell’epilogo, ecco tutta la storia di Simone e del suo disinibito fratellino :P
Capitolo I
Dire che ero sconvolto sarebbe stato un eufemismo. Mi ritrovai nella stanza del mio fratellino a bocca aperta, intento a fissare lo schermo del suo computer.
Il mio nome è Simone, ho ventidue anni, un metro e novanta per ottantacinque chili di solida muscolatura e una costante ombra di barba scura che tengo rasata.
D’altra parte Marco, il mio fratellino, ha compiuto quattordici anni alcuni mesi fa, un metro e settantacinque per sessanta chili. Ha un bel corpo per la sua età, pratica il nuoto ed è completamente glabro. Ha la pelle chiara, e le labbra rosa perennemente imbronciate.
Lui è il mio esatto opposto, sia fisicamente che dal lato della personalità, l’unica cosa che abbiamo in comune sono gli occhi verdi ereditati da nostra madre, che è morta poco dopo la sua nascita.
Quando anche nostro padre morì, due anni fa, divenni il tutore legale di mio fratello. Siamo sempre stati legati, ma la morte di nostro padre ci aveva avvicinati ulteriormente, adesso eravamo rimasti davvero solo noi.
Grazie alla casa e alla cospicua somma di denaro che ci avevano lasciato i nostri genitori, tecnicamente avrei potuto non lavorare per vivere ma non ero stato educato in quel modo. Avevo conseguito una laurea in fisioterapia e dopo la specializzazione il mio obbiettivo era aprire uno studio privato. Marco invece frequentava ancora il primo anno di liceo.
Dopo due settimane molto impegnative, avevo finalmente alcuni giorni liberi. Normalmente mi sarei rilassato, ma vedendo il disordine della casa decisi che fosse arrivato il momento di dare una sistemata. Marco avrebbe dovuto fare qualche faccenda ma a quanto pareva si era lasciato andare, così mi appuntai di fargli un discorsetto sulle responsabilità una volta rientrato a casa da scuola.
Una volta terminato di fare pulizia, iniziai subito con il bucato. Marco da un po’ si occupava da solo della sua lavanderia, ma quel giorno ero di buon umore così decisi di aiutarlo. Come previsto, la sua stanza era un disastro, c’erano vestiti, scarpe, libri e biancheria sporca sparsi ovunque e il bidone della spazzatura sotto la scrivania era ricolmo di fazzolettini di carta. Sorrisi fra me e scossi la testa, forse eravamo più simili di quanto pensassi. Anche io mi masturbavo quasi ogni giorno, anche se facevo sesso regolarmente.
Guardandomi intorno, mi rimboccai le manche. - Sei morto, piccola peste, - pensai divertito aprendo la finestra.
Ripulendo la scrivania, sfiorai il mouse e il PC di Marco si accese. Sullo schermo comparvero immagini di cazzi, grossi cazzi – cazzi circoncisi, cazzi neri e cazzi pelosi. Di ogni genere. Rimasi a bocca aperta. Anche papà aveva sospettato che Marco potesse essere gay, ma non gli aveva mai chiesto nulla. Diceva sempre che ce ne avrebbe parlato da solo se e quando avesse voluto farlo e che poi non sarebbe cambiato nulla tra noi, e anche io la pensavo allo stesso modo.
Però ero comunque arrabbiato e confuso, così d’istinto iniziai a frugare nel suo computer per essere sicuro del punto fino cui si era spinto. Aprii i messaggi e mi ritrovai il cuore in gola quando apparvero le sue ultime discussioni.
I messaggi erano tutti di ragazzi più grandi che scrivevano a mio fratello un sacco di porcate e altre cose inappropriate. Quegli uomini non sapevano che aveva solo quattordici anni? E non c’erano solo testi ma anche immagini, per la maggior parte dei loro cazzi mentre Marco inviava loro scatti fatti con il cellulare del suo culo e primi piani del suo buchetto rosa e senza peli.
Mano a mano che scorrevo le discussioni ero sempre più arrabbiato, ma sorprendentemente ero anche duro come una roccia e avevo iniziato ad accarezzarmi distrattamente da sopra i pantaloni. Io mi considero etero, ammetto che qualche volta all’università mi ero fatto trasportare e avevo lasciato che una o due matricole me lo succhiassero quando non uscivo con una ragazza, ma ero sicuramente etero. Eppure qualcosa in quei messaggi mi eccitava e mi ci volle tutta la forza che avevo per impedirmi di sborrare senza nemmeno toccarmi mentre fissavo l’immagine di quel buchetto vergine.
Non riuscivo a credere a quello che leggevo, se qualcuno mi avesse detto che il mio fratellino faceva sesso gli avrei riso in faccia. Tuttavia avevo davanti i messaggi che aveva scambiato con altri ragazzi, anche molto più grandi, ed era tutto molto chiaro.
Stavo per chiudere l’applicazione, pensando a come affrontare l’argomento con Marco quando arrivò un messaggio di qualcuno di nome Alessio.
#Non vedo l’ora di scoparti di nuovo la gola e poi farti finalmente il culo questa sera! Non fare tardi o mia moglie romperà le palle.
Ero pietrificato, non sapevo che fare, ed ero davvero incazzato. Non solo un uomo sposato voleva farselo succhiare dal mio fratellino ma probabilmente lo avevano già fatto, chissà quante volte. Stavo ribollendo di rabbia. Feci scorrere verso l’alto la discussione, volevo assolutamente scoprire chi fosse questo Alessio, per rompergli il culo. A metà della discussione mi trovai davanti la foto di mio fratello con un grosso cazzo poggiato sulla lingua, e nei messaggi lo chiamava padrone. Il primo messaggio era datato appena due settimane prima:
#Sono Alessio_C3, di Grindr. Vedrai, stasera ti insegnerò come succhiare il cazzo.
Ormai ringhiavo per la rabbia. Non ero sicuro di cosa fare. Mio fratello, il mio innocente fratellino, cercava sesso su Grindr. E non con altri ragazzi della sua età, ma con uomini, la maggior parte dei suoi contatti aveva più di trent’anni. Non riuscivo a crederci, io non volevo crederci, ma le prove erano davanti ai miei occhi. Così anziché chiudere tutto andai avanti a leggere le altre discussioni, non avrei dovuto ma volevo sapere se era tutto vero. Forse questo Alessio scherzava e Marco era molto bravo con i computer e Photoshop. Mano a mano che andavo avanti però i miei peggiori incubi si avverarono, messaggio dopo messaggio. In ogni discussione era allegata una foto del mio fratellino con un cazzo in bocca e gli uomini erano tutti più grandi di lui e persino di me, alcuni avrebbero potuto essere nostro padre. Guardai le date e i giorni coincidevano con quando rientravo tardi dall’università o uscivo con i miei amici.
Poi arrivò un’altra notifica e allora spinsi indietro la sedia, chiusi l’applicazione e mi alzai lasciando il computer come lo avevo trovato. La troietta aveva appena risposto al messaggio di Alessio dal suo cellulare a scuola:
#Non vedo l’ora padrone, è tutto il giorno che sono troppo eccitato!
Ero in confusione, camminavo avanti e indietro nella sua stanza. Non mio fratello, il mio fratellino! Non ci potevo credere. Sollevai il telefono per chiamare la polizia ma riagganciai prima ancora di comporre il numero. Se i servizi sociali fossero venuti a conoscenza della cosa me lo avrebbero sicuramente portato via. Dunque tutto questo era colpa mia? Gli assistenti sociali sarebbero arrivati alla conclusione che non ero in grado di badare a lui e lo avrebbero portato in qualche casa famiglia o qualcosa del genere. Non potevo permettere che accadesse. Era comunque mio fratello e lo amavo più di qualsiasi cosa al mondo e nostro padre si sarebbe rivoltato nella tomba se i suoi figli fossero stati separati in quel modo.
«Ucciderò il frocetto con le mie mani appena lo vedo!» Dissi fra me con rabbia, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Andai in cucina e afferrai una bottiglia di brandy, versandomi da bere. Avevo bisogno di calmarmi prima di fare qualcosa di cui mi sarei pentito. Non riuscivo nemmeno a mettere in ordine tutte quelle informazioni nuove nella mia testa. Qualche ora fa, Marco era il mio fratellino che aveva preso dieci nell’ultima prova di latino e adesso era un succhiacazzo che stava per perdere la verginità con un uomo che avrebbe potuto essere suo padre. Ero troppo imbarazzato anche per chiamare il mio migliore amico e chiedergli un consiglio, come facevo di solito quando avevo un problema.
Feci sbattere il bicchiere vuoto sul tavolo e lo riempii velocemente. Poi mi resi conto di avere ancora una potente erezione che tendeva la stoffa nella parte anteriore dei pantaloncini. Sistemai automaticamente il cazzo di traverso, in una posizione più comoda. E in quel momento decisi che quella sera avrei seguito mio fratello, e se si fosse davvero spinto troppo in là lo avrei fermato. Sul momento sembrava una scelta logica, o forse erano solo l’adrenalina e l’alcol a farmi ammettere inconsciamente che una parte di me voleva vederlo fare quelle cose e voleva anche quel suo bel culo liscio e morbido e pallido.
Fui costretto a scuotere la testa per liberarmi di quei pensieri, ma l’erezione fra le mie gambe continuava a pulsare incessantemente.
Iniziai a strofinare la parte anteriore dei pantaloncini e chiusi gli occhi, immaginando il mio fratellino in ginocchio con la bocca spalancata mentre gli facevo scorrere il mio grosso cazzo fino in gola, senza mai rompere il contatto visivo tra noi.
Ero così preso dalla mia fantasia che non lo sentii nemmeno rientrare a casa.
«Ciao Simo!» Gridò venendo ad abbracciarmi come sempre.
«Oh.. Uhm.. Ciao fratellino,» lo salutai, preso in contropiede.
Per fortuna gli davo le spalle e questo mi diede un secondo per riprendermi. Lo abbracciai a mia volta, senza riuscire a guardarlo. Tutto quello che vedevo erano le sue labbra imbronciate strette intorno a un grosso cazzo. Possibilmente il mio! Mi districai velocemente dall’abbraccio. Non volevo trattarlo in modo diverso ma non sapevo cosa dire e credo che se ne fosse reso conto.
«Tutto bene?» Mi chiese guardandomi con aria interrogativa, come se riuscisse a leggermi dentro. Dopotutto, avevamo un rapporto molto stretto, mi dava ancora un bacio prima di andare a dormire e si accoccolava contro di me mentre guardavamo un film. Intuiva che in me c’era qualcosa che non andava.
Così gli dissi la verità, almeno in parte. «Beh, fratellino, forse ho bevuto troppo. Come è andata a scuola oggi? Hai compiti da fare?»
Una mezza verità, ma cos’altro avrei potuto fare? Iniziai a fargli domande a ripetizione, mentre aprivo il frigo per prendere della carne da cucinare a pranzo. Avevo inserito il pilota automatico, avrei tanto voluto parlargli, chiedergli cosa diavolo stesse facendo, ma non volevo spaventarlo o fargli credere che per me fosse sbagliato essere gay. Inoltre, probabilmente, si sarebbe arrabbiato sapendo che avevo frugato tra le sue cose. E comunque se lo avessi rimproverato e gli avessi proibito di vedere quegli uomini sicuramente avrei finito per spingerlo a continuare a farlo di nascosto e avrei completamente perso il controllo. No, dovevo seguirlo, era l’unica alternativa.
«Li ho fatti a scuola.» Disse sorridendo mentre addentava la sua bistecca. «Stasera vado da Carlo a studiare per una verifica che dobbiamo fare venerdì.»
«Uhm, che verifica?» Lo incalzai, volevo vedere quanto si sarebbe spinto in là il mio innocente fratellino per uscire di casa quella sera.
«Matematica, il signor Manni è uno stronzo. Ce lo ha detto solo oggi e abbiamo appena due giorni per studiare.» Disse con enfasi, e poteva benissimo essere normale visto quanto ci teneva ai suoi voti e alla scuola.
«Calmo, fratellino, andrà bene, vai benissimo in matematica. Se vuoi ti accompagno io!» Gli proposi, anche se il suo amico Carlo viveva solo a qualche centinaio di metri di distanza.
«Faccio una passeggiata,» rispose velocemente.
«A che ora?» Gli chiesi, sono sempre stato iperprotettivo, quindi non sospettò di nulla.
«Gli ho detto che sarei stato da lui alle sette, e non farò tardi, promesso. Devo svegliarmi presto domani.» Parlò con naturalezza, senza smettere di sorridere nemmeno per un momento.
Ogni volta che i nostri occhi si incontravano distoglievo lo sguardo. Sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto il mio fratellino vergine? No, non avrei mai permesso che succedesse. Ma perché mi importava tanto? Forse perché era gay? O era perché si sarebbe fatto inculare? Dopotutto, io avevo fatto sesso per la prima volta a tredici anni.
-È tuo fratello non tuo figlio! - Continuavo a ripetermelo, ma non funzionava. E non riuscivo a smettere di immaginarlo mentre gemeva e implorava di essere scopato. Non riuscivo più a gestire la situazione.
«Va bene, ceniamo alle sei,» gli dissi affrettandomi fuori dalla cucina, diretto al piano di sopra.
Appena fuori dalla sua vista praticamente corsi nella mia stanza. Avevo bisogno di allontanarmi da lui. Mi lasciai andare sul mio letto matrimoniale e la stanza iniziò a girare, un po’ per l’alcol un po’ perché avevo i nervi a fior di pelle. Chiusi gli occhi per provare a ricompormi e immediatamente fui travolto dalle immagini di mio fratello che succhiava un grosso cazzo, la sua mano a mala pena in grado di avvolgerlo mentre gli affondava in gola, e iniziai nuovamente a sfregare il mio cazzo da sopra i pantaloncini.
Cosa ci vedevano quegli uomini in lui? Si, era carino. Aveva i capelli castano scuro tagliati corti ai lati e lunghi sopra. Le sue lunghe ciglia nere facevano davvero risaltare i suoi occhi. Non aveva un fisico femminile e non era effeminato, credo, ma non era nemmeno molto mascolino. Poi tutto quel nuoto gli aveva regalato un corpo definito e un bel culo che ogni volta che se ne andava in giro in pantaloncini o in slip risaltava in modo stupendo.
-Fanculo! – Pensai fra me.
Chiusi di nuovo gli occhi e mi lasciai andare. Marco era la stella sotto i riflettori, chinato in avanti con il culo in fuori. Prima che potessi fermarmi, tirai fuori dai pantaloncini il mio cazzo di quasi ventidue centimetri, grosso e svettante. Lo avvolsi con la mano e sentii il suo profumo, era virile e ad essere sincero mi eccitò. Non avevo ancora fatto la doccia dopo la giornata passata a fare pulizie, dunque ero un po’ sudato. Tenni gli occhi chiusi scorrendo le immagini del mio fratellino stampate a fuoco nella mia mente, del suo buco e delle sue labbra tese al limite dalla mia asta. E iniziai a chiedermi cosa avrei provato a sentire le sue labbra sul mio cazzo. Mi stavo masturbando con vigore. Ero così bagnato di presperma che non mi serviva nessun lubrificante, l’intera asta e la cappella ne erano intrisi e nemmeno quindici secondi dopo venni come un fiume in piena. Schizzo dopo schizzo di sperma bollente sui muscoli tesi del mio addome.
Passata l’euforia dell’orgasmo abbassai lo sguardo sui miei umori.
«Che cazzo c’è che non va in me?» Mi chiesi a voce alta, disgustato.
Mi alzai velocemente, dandomi una ripulita. Tirai su i pantaloncini e scesi le scale per iniziare a preparare la cena. Non riuscivo a credere di essermi appena fatto una sega pensando a mio fratello, non avevo mai pensato a lui in quel modo prima. Cucinavo per distrarmi e mi versai un altro bicchiere di brandy per distendere i nervi. Iniziai a rilassarmi mentre aspettavo che cuocessero gli spaghetti, poi portai il pane a tavola e chiamai Marco.
«È pronto!»
«Arrivo,» gridò scendendo le scale due gradini alla volta.
Ci sedemmo a tavola e ancora una volta non riuscii a guardarlo.
«Che buon profumo!» Disse Marco fissando il suo piatto.
«Grazie!» Risposi, fingendo di sorridere.
Mentre mangiavamo mi parlò della sua giornata, come nulla fosse. Mi ero preoccupato si potesse accorgere che avevo acceso il suo computer, ma era stato a casa tutto il pomeriggio e ormai se ne sarebbe accorto se avessi lasciato qualche traccia. Stavo diventano ansioso, in cielo c’erano ancora quattro lune e i soli sarebbero sorti come sempre l’indomani, non era cambiato nulla, il mondo continuava a girare e io dovevo smettere di comportarmi come un idiota. In ogni caso, non riuscì a mandare giù granché, mentre Marco mangiava veloce come un fulmine. Senza dubbio non vedeva l’ora di risalire a prepararsi per farsi rompere il culo dal suo Alessio.
«Piano, fratellino, o qualcuno penserà che non ti do da mangiare.» Tentai di rallentarlo un poco.
«Scusa, è troppo buono!» Bofonchiò sorseggiando una coca.
Scappò da ridere a entrambi, e terminammo di cenare senza aggiungere altro. Marco ripose il suo piatto nella lavastoviglie e corse al piano di sopra. Io sparecchiai e andai nella mia stanza ad aspettare che mi avvertisse prima di uscire. Avevo le mani sudate, e il cuore in gola. Guardai il telefono per controllare l’ora, 18:49.
«Ciao Simo, torno prima delle nove. Ti voglio bene!» Urlò Marco già sulle scale.
«Va bene, fai attenzione, ti voglio bene anche io!» Gli risposi automaticamente ad alta voce, poi sentii la porta d’ingresso sbattere.
Ero già pronto, feci le scale due gradini per volta e diedi a Marco qualche minuto di vantaggio. Era già buio e probabilmente non mi avrebbe visto. Aprii silenziosamente la porta sul retro e ci volle qualche secondo perché i miei occhi si abituassero all’oscurità. Costeggiai il muro immerso nell’ombra fino al portico anteriore e poi lo vidi. Camminava verso il parco poco distante da casa nostra. Attraversai la strada attento a non essere visto, il cuore mi batteva all’impazzata e stranamente ero ancora eccitato.
Dunque si sarebbero visti al parco, proprio come sospettavo. Lo vidi guardarsi intorno fino a che non trovò esattamente quello che cercava. Si piegò a legarsi una scarpa mentre un uomo scendeva dalla sua auto. Doveva essere Alessio, mi dissi. Quel tizio era dannatamente enorme. Un poco più alto di me, e io sono un metro e novanta, anche dalla mia posizione defilata riuscivo a vedere che era in forma, probabilmente frequentava una palestra o faceva un lavoro pesante. Non diede alcun segno di riconoscere mio fratello, e invece si fece strada lungo un sentiero buio, nel folto della vegetazione. Marco aspettò qualche secondo prima di guardarsi attorno e seguire il gigante.
A mia volta, diedi loro pochi secondi di vantaggio poi mi inoltrai silenziosamente lungo il sentiero. Conoscevo quel percorso, portava fuori dal parco, quindi mi chiesi dove fossero diretti in realtà. C’era poca luce, e la maggior parte veniva bloccata dagli alberi. Solo all’ultimo secondo intravidi mio fratello scavalcare la recinzione di un’area del parco in ristrutturazione e farsi strada fino a una roulotte per gli operai parcheggiata poco più in là. Il gigante gli teneva la porta aperta.
«Forza, frocio, sbrigati ed entra.» Lo sentii ordinare con voce profonda, in tono di comando.
Avvertii la rabbia montare dentro di me. Sapevo che avrei dovuto correre a difendere mio fratello, ma non ci riuscii e invece mi feci ancora più vicino.
«Si, padrone,» rispose Marco.
Sentii la porta chiudersi e mi avvicinai alla roulotte. Il mio primo pensiero fu di entrare e porre fine a tutta quella storia, non avrei neanche dovuto lasciare che si spingessero tanto oltre. Ma ormai non potevo semplicemente buttare giù la porta della roulotte e tirare fuori di là mio fratello, non senza che lui o io potessimo restare in qualche modo feriti. Non potevo prevedere la reazione del gigante se avessi fatto irruzione in quel modo. Così feci la seconda cosa che mi sembrò più giusto fare, o almeno così pensavo in quel momento. Mi sporsi da un finestrino per vedere quello che stava succedendo lì dentro, anche se temevo ciò che avrei potuto vedere.
«Forza, frocio, sai cosa fare. Spogliati e mettiti lì sopra.» Sentii dire da una voce profonda.
Quello che vidi mi sconvolse. Non c’era molta luce, ma mio fratello si stava spogliando rapidamente davanti a quell’uomo enorme e sembrava davvero piccolo in confronto a lui. Sotto i vestiti indossava un perizoma nero e l’uomo sorrise quando lo vide.
«Ben fatto, troia,» disse il gigante mentre gli afferrava i capelli spingendolo sul suo inguine.
«Lo senti? È colpa tua se è così, lo sai?»
Avevo paura che potesse fargli male.
«Si, padrone, non ho smesso di pensare al tuo cazzo per tutto il giorno.» Disse Marco, fissando l’uomo negli occhi.
Lo vidi chiaramente inspirare il suo odore e sembrava in estasi. Obbediva ad ogni comando senza mai staccare gli occhi da quelli dell’uomo che di lì a poco gli avrebbe rotto il culo.
«Padrone, ti prego, scopami la bocca… non ce la faccio più, ne ho bisogno!» Gemette il mio fratellino.
«Che frocetto che sei! Vorrei che tuo fratello fosse uscito stasera, così avremmo avuto più spazio per farti il culo ma per fortuna almeno ho ancora le chiavi della roulotte.» Rispose Alessio tirando fuori il cazzo e usandolo per schiaffeggiare Marco sul viso un paio di volte.
Dunque sapeva di me, realizzai. Ma ormai, non importava perché anche se sapevo di dover porre fine a tutto, semplicemente non ci riuscivo. Invece tirai fuori il mio cazzo e iniziai a segarmi lentamente. L’asta di Alessio sembrava proporzionata al suo possente proprietario, da fuori sentivo lo schiocco quando la usava per colpire il volto del mio fratellino, seguito dai suoi gemiti di eccitazione. Con naturalezza Marco afferrò l’asta di Alessio alla base, le sue dita si chiudevano a malapena intorno alla circonferenza, e se lo portò alle labbra.
«Bravo, apri la bocca! Succhia frocio!» Ordinò Alessio.
Sentivo i gemiti soffocati mentre il cazzo scompariva sempre di più nella gola di mio fratello. Lui sembrava così piccolo, ma questo non impedì ad Alessio di iniziare a scopargli la bocca.
«Bravo ragazzo! Adesso sorridi!» Disse a mio fratello, scattandogli una foto con il telefono mentre si faceva strada nella sua gola.
«Forse la manderò a tuo fratello, così finalmente saprà che troietta sei.» Sogghignò Alessio, ritirandosi indietro lentamente.
Sentii tossire mentre si sfilava e vidi Marco cercare di riprendere fiato. «Tutto quello che vuoi, padrone.» Disse poi, quasi con orgoglio, prima di farsi riaffondare il cazzo in gola.
Succhiava come se ne andasse della sua vita. Era folle e se non lo avessi visto con i miei occhi non ci avrei creduto. Guardai in basso e notai che il mio cazzo stava producendo una marea di presperma. Stavo per venire. Lo afferrai stretto e continuai a guardare Alessio scopare rudemente la gola del mio fratellino per la troia che era. Un attimo dopo il gigante lo tirò su per le spalle e iniziarono a baciarsi, poi lo fece voltare e piegare in avanti e notai che Marco sorrideva per tutto il tempo. Alessio lo fece piegare su una scrivania ingombra di carte e si inginocchiò dietro di lui.
«Adesso prepariamo questo bel buchetto per la sua festa!»
Marco annuì con impazienza, senza dire nulla, poi si lasciò sfuggire un gemito quando la lingua di Alessio si fece strada tra le sue natiche, dopo aver spostato di lato il filo del perizoma.
Non c’era modo né in cielo né in terra che quel cazzo enorme potesse adattarsi all’interno di Matteo. Lui era così minuto e sicuramente si sarebbe fatto male, ma mio fratello sembrava determinato. Strinsi più forte il mio cazzo e aumentai la velocità, segandomi più velocemente. Sarei venuto da un momento all’altro, eppure volevo, anzi avevo bisogno, di vedere quel mostro entrare dentro il mio fratellino.
Alessio leccava e succhiava il suo buco senza sosta, facendolo gemere come un matto. «Ti prego! Non ce la faccio più, fallo! Mettimelo nel culo!» Lo supplicava Matteo.
Chi era quello? Non poteva essere il mio fratellino. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo. Non aveva mai imprecato davanti a me. Eppure adesso avrei dovuto abituarmi al fatto che mio fratello era una troia.
«Va bene,» disse Alessio in tono pratico. «Sappi che ti farò male, ma ti piacerà. Una volta entrato non ho intenzione di fermarmi. Ti darò un po’ di tempo per abituarti ma non ho tutta la notte. E comunque se il tuo culo assomiglia anche lontanamente alla tua gola, beh… sei nato per questo!»
Tirò fuori quello che immagino fosse lubrificante e lo spalmò sulle sue natiche inducendo Marco a piagnucolare mentre gli conficcava un dito nel buco.
«Adesso inspira e spingi, frocio!» Lo istruì Alessio un attimo prima di allineare la sua grossa asta al buchetto posteriore di mio fratello.
«Ouch! No! TI prego, toglilo!» Gridò Marco. «Fa male, ti prego!»
«Sta zitto, frocio! Mi hai pregato fino ad ora e adesso hai ottenuto ciò che volevi!» Ringhiò Alessio schiaffeggiandogli forte il sedere e lasciandosi dietro il segno rosso della mano. Marco gridò più forte e il gigante conficcò il resto del cazzo dentro di lui.
«Ti prego, toglilo! Non ce la faccio!» La voce di Marco si era fatta stridula.
Sapevo di dover intervenire, ma ancora una volta non potevo. Ero sconvolto. Potevo solo immaginare in che condizioni fosse il buco di Marco. Alessio si chinò a raccogliere i suoi slip e li spinse in bocca a mio fratello, soffocandone i gemiti e i lamenti. Poi si aggrappò ai suoi fianchi e iniziò a fotterlo sul serio. Il viso angelico di Marco era schiacciato sulla scrivania, il suo buco distrutto. Il piccolo, dolce ragazzo che conoscevo se ne era andato. Tutto ciò che rimaneva era un frocio, una troia.
Alessio mantenne un ritmo costante mentre lo scopava. Le sue palle pesanti sbattevano contro i glutei ormai arrossati e lo sentii gemere più forte. «Sei così stretto! Ti rimando a casa da tuo fratello bello pieno di sborra!» Ruggì.
Teneva una mano sul fianco di Marco e con l’altra lo tirava indietro per i capelli facendogli inarcare la schiena per penetrarlo fino in fondo.
«Fa male, ma mi piace! Non smettere! Rompimi il culo!» Gridava adesso Marco, biascicando con la biancheria del suo uomo ancora in bocca. Stringeva i denti, e anche se era evidente che stesse soffrendo era deciso a prendere il cazzo di Alessio fino alla fine.
«PRENDI LA MIA SBORRA, FROCIO!» Gridò Alessio qualche momento dopo, scaricandosi nel culo del mio fratellino.
Poi si sfilò senza preavviso, e sentii chiaramente uno schicco quando la cappella uscì dal buco. E proprio in quel momento sentii l’orgasmo montare anche dentro di me e schizzai per la seconda volta quel pomeriggio, imbrattando tutta la parete della roulotte. Mi ci volle ogni briciolo di autocontrollo per non gemere a voce alta e farmi scoprire.
«In ginocchio, frocio, puliscimi il cazzo!» Gli ordinò Alessio, compiaciuto. E non soddisfatto si afferrò l’uccello e iniziò a schiaffeggiare Marco sul viso, imbrattandolo di sperma. «Non pensare nemmeno di ripulirti, voglio che torni a casa con la mia sborra nel culo e sulla faccia, come la troia che sei! Tuo fratello sa quanto ti piace il cazzo?»
«No,» rispose Marco alzandosi traballante e iniziando a rivestirsi. «Mi ucciderebbe se lo scoprisse.»
Mi sentii subito in colpa per ciò che era successo. Avrei dovuto fermarlo!
Corsi a casa prima di essere scoperto e per tutto il tempo un vortice di pensieri mi affollò la mente. Ero deluso da Marco, perché avrebbe dovuto sapere che quello che aveva fatto era sbagliato. Ed ero arrabbiato con me stesso, perché non lo avevo impedito e invece lo avevo usato come oggetto del mio desiderio.
Sapevo di non poter più rinviare l’inevitabile e aspettai che facesse ritorno seduto sulla poltrona di nostro padre, davanti alla porta d’ingresso in soggiorno. E sapevo che da quel momento in poi le cose non sarebbero più state le stesse.
Capitolo II
Corsi per tutta la strada fino a casa senza fermarmi. Rivissi gli eventi di quel giorno più e più volte nella mia testa, era un ciclo infinito e per quanto ci provassi, non riuscivo a non pensarci. Quando finalmente arrivai a casa, ero fradicio di sudore e così nervoso che iniziai a passeggiare per il soggiorno scarsamente illuminato, cercando di elaborare un piano d’azione. Ma perché ero tanto agitato? Non avevo fatto nulla di male, al contrario di Marco. Era lui che se ne andava in giro a fare la troietta. Inoltre speravo di non vedere più Alessio, perché non sapevo quale sarebbe stata la mia reazione in quel caso.
Sentii aprirsi la porta d’ingresso. Da un momento all’altro Matteo sarebbe entrato, e un attimo dopo udii i suoi passi in avvicinamento.
«Oh… ciao Simo. Che ci fai al buio?» Chiese sorpreso di trovarmi lì in piedi.
Accese la luce e poggiò lo zaino sul tavolino.
«Com’è andato lo studio?» Domandai fissandolo, ma lui teneva gli occhi bassi.
«Bene… ma sono stanco. Vado a letto.» Borbottò andando subito verso le scale.
«Niente abbraccio della buonanotte, fratellino?» Mi abbracciava ogni sera prima di andare a dormire, era un nostro rituale.
L’odore di sesso mi investì ancora prima che si avvicinasse. Puzzava proprio come una puttana. Lo guardai in faccia e sopra aveva ancora alcune macchie di sperma essiccato.
«Dov’eri e che cazzo stavi facendo?» Ero arrabbiato e non riuscivo più a trattenermi.
«Co… cosa vuoi dire?» Balbettò abbassando lo sguardo.
Lo afferrai per il mento, con decisione, ma non tanto da fargli male.
«Fermo! Che fai?» Mi chiese cercando di liberarsi dalla mia mano.
«Puzzi di sborra!» Esclamai vedendolo sbiancare. «Ho chiamato la madre di Carlo, e tu non eri lì. Quindi te lo chiedo un'altra fottutissima volta… Dove. Cazzo. Eri?»
«Io… io… sono andato in biblioteca a studiare perché Carlo non era ancora rientrato a casa.» Mi mentì a denti stretti.
Incazzato per le sue bugie, lo afferrai per la maglietta e lo trascinai su per le scale.
«Fermo! Simo, sei ubriaco? Mi fai male! Lasciami andare!» Strillava per protesta. Non avevo mai alzato le mani su di lui, quindi era pietrificato.
Mentre lo trascinavo dietro di me lo sentii strisciare i piedi e incespicare. Ero stanco di lottare quindi lo sollevai di peso fino alla sua stanza, aprii la porta e lo gettai sul letto, un po’ più forte di quanto volessi, facendogli sbattere la testa contro la testiera imbottita.
«Cos’hai che non va? …Ehi, lascia il mio computer e vattene dalla mia stanza!» Strillò iniziando a piangere mentre mi sedevo alla sua scrivania davanti al computer.
Non fece nulla per avvicinarsi, sapeva che ero arrabbiato e cercava di starmi il più lontano possibile. Mentre lo guardavo i miei occhi erano privi di ogni espressione, a parte la rabbia. Ormai aveva capito che avevo scoperto il suo segreto. Avviai bruscamente il computer.
«Ti… ti prego Simo, non accendere il computer! TI prego, ti sto supplicando. Ti dirò tutto, ma non accendere il computer!» Adesso stava piangendo apertamente.
«Vuoi dirmi tutto, Matteo?! Intendi dirmi anche che mandi foto del tuo buco del culo a dei vecchi? Che succhi i cazzi in casa mia quando non ci sono? Che hai organizzato un incontro con un vecchio finocchio per farti inculare? O c’è dell’altro?» Ringhiai sbattendo la mano con forza sulla sua scrivania. Il computer si era avviato e sullo schermo c’era un video fatto con i cellulare, con Marco intento a succhiare un cazzo. Doveva essere l’ultima cosa che aveva guardato prima di uscire.
Quella fu l’ultima goccia per me. Mi alzai e afferrai Marco, che adesso singhiozzava coprendosi la faccia. Strinsi la sua maglietta nel mio pugno e lo sollevai dal letto mandandolo a sbattere contro la parete.
«È questo che vuoi? Essere trattato come una puttana? Frocio del cazzo, Rispondimi!» Gli gridai in faccia mandandolo di nuovo a sbattere sul muro, mentre cercava di combattermi. Ma era tutto inutile.
«Vaffanculo!» Gridò facendo digrignare i denti, poi mi sputò in faccia.
Scoppiai a ridere, poi gli diedi un pugno nello stomaco, abbastanza forte da farlo piegare su sé stesso ma non tanto da ferirlo in alcun modo. Non riuscivo a fermarmi, ero così incazzato che non pensavo più razionalmente.
«Fottiti, frocetto!» Dissi afferrandolo per i capelli e rimettendolo in piedi. «Avanti dillo, coglione, dimmi che sei un frocio.» Gli gridai in faccia.
«Vaffanculo!» Rispose lui e con tutte le forze che riuscì a radunare mi diede un calcio nelle palle, abbastanza forte da farmi allentare la presa su di lui. Approfittando di quell’attimo, sgusciò via e corse nel suo bagno chiudendosi a chiave, singhiozzando.
«Ti odio, vorrei che fossi morto tu al posto di papà!» Mi urlò attraverso la porta del bagno.
Le sue parole mi bruciarono come una lama infuocata. L’avevo picchiato e adesso lui mi odiava. Me lo meritavo. Avevo fatto qualcosa che mi ero ripromesso non avrei mai fatto, ferirlo. Le sue parole mi avevano come risvegliato. Cos’avevo fatto? Sapevo che mio padre mi avrebbe rotto il culo se avesse saputo quello che era successo e non avevo idea di come avrei risolto il problema, ma dovevo provarci. Mi sfregai le palle gonfie, cercando di alleviare il dolore. La merdina aveva colpito forte. Presi fiato e bussai piano alla porta del suo bagno.
«Matteo… ti prego, vieni fuori, fratellino, mi dispiace per quello che è successo. Senti, non mi importa se sei gay, non sapevo come gestire quello che ho visto. Per favore, vieni fuori…»
«Lasciami in pace, stronzo omofobico, ti odio e sei fortunato che non chiamo la polizia perché mi hai picchiato.» Disse tra le lacrime.
Era furioso. Non l’avevo mai sentito usare quel linguaggio, figurarsi diretto a me. Non sarebbe stato facile rimettere a posto le cose.
«Fratellino, mi dispiace, ti prego, vieni fuori. Te lo giuro, non ti toccherò più. Voglio solo parlare. Ti voglio bene, piccolo!» Dissi iniziando a piangere e cercando di calmarmi.
«Lasciami in pace!» Gridò furioso, spezzandomi il cuore. Mi meritavo ogni cosa.
Alla fine uscii dalla sua stanza sconfitto, lasciando la porta aperta. Non ero abituato a sentirmi in quel modo. Andai al piano di sotto con il volto rigato di lacrime e quando finalmente raggiunsi la cucina la bottiglia di brandy che avevo aperto quella mattina mi aspettava sul piano già mezza vuota. Avevo fatto un casino! E ormai non sapevo più come risolvere il problema. Desiderai che fosse tutto solamente un bruttissimo sogno, ma mi stavo semplicemente prendendo in giro da solo.
Presi il telefono dalla tasca e feci quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio, chiamare il mio migliore amico, Dario. Tutti quelli che mi conoscevano sapevano che odiavo parlare al telefono, quindi doveva essere una cosa importante se lo facevo. Iniziai a passeggiare avanti e indietro per la cucina mentre squillava.
«Simo, tutto a posto?» Disse Dario appena risposto. Mi conosceva davvero bene.
«No...» Risposi soltanto prima di ricominciare a piangere.
«Che cazzo, amico? Dove sei? Cosa sta succedendo?» Mi chiese preoccupato.
«Ho fatto un casino, devi venire a casa mia, ti devo parlare ma non al telefono.» Riuscii finalmente a dire dopo aver preso fiato.
«Sto arrivando.» Disse soltanto prima di riagganciare.
Io e Dario ci eravamo conosciuti al corso di orientamento, il primo anno di università e da allora eravamo inseparabili. Eravamo come fratelli. A differenza di me, Dario è figlio unico ma a parte questo eravamo in sintonia su tutto. Lui è un bel ragazzo, biondo, occhi di ghiaccio, muscoloso ma liscio come il culetto di un bambino. Frequentava la palestra cinque giorni a settimana e si era appena laureato in scienze motorie. Mi aveva confidato di essere stato preso di mira dagli altri bambini da piccolo, almeno finché non aveva perso peso e aveva iniziato ad allenarsi. Non aveva la minima idea di quanto fosse attraente.
Sentii un’auto parcheggiare e qualche secondo dopo la porta di casa aprirsi.
«Simo, cos’è successo? Marco sta bene?» Mi chiese stringendomi in un abbraccio mentre ricominciavo a piangere davanti a lui.
Tra le lacrime, iniziai a raccontargli tutto. Gli dissi cosa avevo visto nel computer di Marco, e della discussione che avevo avuto con lui. Era il mio migliore amico, ma tralasciai i particolari della prima reazione che avevo avuto davanti a quelle immagine e di come lo avevo seguito, per spiarlo mentre perdeva la verginità. Non espresse giudizi, mi ascoltò semplicemente in silenzio. Ero stato uno stupido a non chiamarlo prima.
«Amico, a che cazzo stavi pensando?» Mi chiese appena gli confidai che avevo colpito Marco. «Sei fortunato che non te le suoni io adesso! A chi importa se Marco è gay? Lo sapevamo tutti, lo sapeva anche tuo padre! Non ci fa più caso nessuno ormai.»
Aveva ragione, ne avevamo parlato spesso tra noi. Avevo persino minacciato Dario e qualche altro mio amico che si fossero scopati mio fratello gli avrei rotto il culo. L’unica presa in giro che Marco aveva mai ricevuto da loro era riguardo a quanto fosse bello il suo culo, oltre questo erano protettivi quasi quanto me nei suoi confronti. Subito dopo la morte di nostro padre, Marco aveva avuto dei problemi con alcuni ragazzini che lo avevano preso di mira. Si era tenuto tutto dentro finché un giorno non era tornato a casa con un livido sul braccio e allora aveva vuotato il sacco. Io e Dario ci eravamo “presentati” a scuola e da allora nessuno lo aveva più infastidito.
«Lo so, amico, cazzo, lo so… ho fatto un casino e ora lui non vuole parlare con me. Voglio solo sistemare le cose. Non mi frega un cazzo se è gay oppure no. Ma non voglio che se ne vada in giro a farsi scopare da un vecchio. Se gli succedesse qualcosa io…» Straparlavo senza riuscire a calmarmi.
«Rilassati, Simo, Marco è un ragazzo intelligente, lascia che provi a parlargli io e tu intanto tieni il tuo culo quaggiù, va bene?» Mi istruì e io acconsentii sconsolato, abbassando lo sguardo al pavimento.
Dario andò di sopra, e lo sentii avvicinarsi alla stanza di Marco.
«Ciao, piccolo. Sono io, Dario, puoi uscire adesso, ti va di parlare?» Lo sentii chiedere. Marco doveva essere ancora chiuso in bagno.
«Va via, per favore!» Gli rispose una voce attutita.
«Andiamo, amico, lo sai che non posso farlo, tuo fratello non è qui, ci sono solo io. Mi ha spiegato tutto, sta tranquillo, va tutto bene.» Passarono alcuni secondi di silenzio, poi sentii lo scatto di una serratura. Doveva a averlo convinto ad uscire.
Non potevo aspettare. Avevo bisogno di sapere cosa stava succedendo, avevo bisogno che Marco mi perdonasse, così iniziai a salire le scale.
Avevo le mani sudate quando raggiunsi la sua stanza, Marco era seduto sulle ginocchia di Dario che lo abbracciava, consolandolo.
«Mi dispiace fratellino, ti voglio bene, non so cosa mi sia passato per la testa, ma ti prometto che non accadrà mai…» Avevo iniziato ad avvicinarmi mentre parlavo, prima che mi interrompesse.
«Vattene!» Gridò, alzandosi in piedi con aria di sfida.
«Andiamo, piccolo, ha fatto una cazzata e lo sa. Mi ha appena chiamato piangendo come una signorina per quello che aveva fatto. Dagli almeno la possibilità di spiegare.» Disse Dario rivolto a Marco, facendomi l’occhiolino. Sapevo di poter contare su di lui.
Dopo qualche altra moina da parte sua Marco si arrese. «Di quello che devi e poi sparisci dalla mia stanza e dalla mia vita.»
Se non fosse stato tanto doloroso, il suo tono solenne sarebbe stato persino esilarante. Non si era mai rivolto a me in quel modo, e mentre una parte di me voleva rimetterlo in riga, un‘altra molto più grande sapeva di meritarselo. Aveva ragione, io non ero suo padre, ero suo fratello. Avrei dovuto insegnarli come stare al mondo, parlargli del sesso, delle ragazze, o dei ragazzi nel suo caso, delle feste, dei locali notturni e di tutte le cose che i fratelli fanno insieme. Avrei dovuto essere io a mostrargli tutto questo, e invece aveva fatto da solo e credo fosse anche per questo che ero tanto arrabbiato.
«Ascolta, Marco, so che sei arrabbiato e lo sono anche io.» Dissi, e lui distolse lo sguardo. «Non ho frugato nel tuo computer di proposito, sono entrato per fare le pulizie e quando ho sfiorato il mouse sullo schermo sono apparsi un sacco di porno. All’inizio ero persino felice per te ma poi ho capito che eri tu. C’eri tu in quelle foto. Fratellino, hai quattordici anni. Potresti finire nei guai e non solo, credi che a loro importi di te?»
Avevo iniziato a fargli la predica come un padre e non come un fratello, ma uno sguardo eloquente di Dario mi spinse a cambiare argomento - grazie amico. Feci un respiro profondo e sospirai. Mi arruffai i capelli in cerca di un poco di quiete. E alzando il braccio mi resi conto anche di avere bisogno di una doccia.
«Non mi interessa se sei gay, lo giuro fratellino, ma non voglio che te ne vada in giro come una puttanella che si fa scopare da uomini abbastanza grandi da essere suo padre. Non ci hanno cresciuti in questo modo. Voglio solo che tu sia al sicuro.» Dissi, cercando di spiegarmi meglio possibile.
«Anche tu facevi sesso alla mia età, qual è il problema? Non sono più un bambino. Mi hai fatto più male con le parole che con le mani. Mi hai fatto sentire una merda, non era mai successo! Mi avevi sempre protetto e ora mi hai ferito!» Disse tutto d’un fiato.
Mentre parlava una lacrima solitaria gli rigò la guancia. Mi allungai per asciugarla ma lui si ritrasse. Guardai Dario in cerca di consiglio e lui scosse la testa, indicandomi di dargli tempo.
«Si, sono gay, ma non puoi chiamarmi frocio, sono solo gay.» Disse con voce più ferma, ma capii che era ancora arrabbiato.
Avrei voluto sottolineare il fatto che i suoi uomini lo chiamavano in modi anche peggiori e lui lo apprezzava, ma non era né il momento né il luogo. E comunque aveva ragione, era solo un ragazzo gay, ed era ancora il mio fratellino, indipendentemente da chi si faceva scopare.
«Marco, non è per il fatto che fai sesso, è perché lo stai facendo con persone abbastanza grandi da essere papà. Mi preoccupo per te e per quello che potrebbe succederti. Sai che farei qualsiasi cosa per te e se qualcuno dovesse ferirti, lo ucciderei!» Dissi provando ad addolcire il tono.
«So che lo faresti, Simo, ma non sono più un bambino.» Rispose lui. Mi aveva chiamato Simo, dunque stava abbassando la guardia. Forse non mi odiava!
«Se mi accoccolo su di te o ti abbraccio è perché sei sempre il mio fratello maggiore e ti voglio bene, non perché sono un bambino. Sto diventando un uomo,» disse alla fine, e fui costretto a trattenere una risata. D’altra parte Dario non ci riuscì e stava ridacchiando apertamente.
«Ne possiamo parlare più tardi,» dissi riuscendo finalmente a rilassarmi un po’. «Adesso ho solo bisogno che mi perdoni. Prometto che non ti insulterò mai più, ma voglio che tu sia onesto con me.»
Dopo un attimo di esitazione lui mi sorrise e si avvicinò ad abbracciami e io lo strinsi a me con forza.
«TI voglio bene Simo! Non so perché faccio quello che faccio e mi dispiace!» Disse piangendo di nuovo stretto tra le mie braccia. In quel momento sfregò il viso sul mio petto e lo sentii distintamente inspirare estatico. Era davvero insaziabile.
Lo abbracciai stretto, confortandolo. Sorrisi e bisbigliai un grazie silenzioso al mio amico Dario. Lui annuì e si incamminò al piano di sotto, lasciandoci soli. Gli dovevo più di quanto immaginasse.
«Sai che non sei ancora fuori dai guai, vero? Mi hai mentito su dove stavi andando. Da oggi voglio sapere quello che fai con il computer e il telefono, e devi accendere la localizzazione, voglio sapere sempre dove sei. Se mi capiterà di fare tardi a lezione farò venire qui Dario. In questo momento non posso fidarmi di te, mi dispiace.» Gli dissi serio.
«Non puoi dire sul serio?! Andiamo!» Si lamentò allontanandosi da me.
«Non ho intenzione di discuterne, ritieniti fortunato che non ti porti via sia il telefono che il computer. Oh, è voglio che mi consegni il telefono alle dieci di sera ogni notte, lo riavrai l’indomani mattina. So che non ti piacerà, ma è per il tuo bene. E poi non sarà per sempre, fratellino, solo finché non mi fiderò di nuovo di te.» Sentenziai.
«Va bene!» Sbuffò storcendo il naso. Sapeva di non poter vincere. «Vado a fare la doccia.»
«Si, è una buona idea, puzzi!» Lo stuzzicai sorridendo e lui mi sorrise di rimando.
Andai di sotto scuotendo la testa e massaggiandomi la nuca. Iniziai a caricare la lavastoviglie e sentii scorrere l’acqua della doccia. Vidi lo zaino di Marco poggiato sul tavolino del soggiorno e lo presi, pensando di portarglielo quando sentii il segnale acustico di un messaggio in arrivo. Senza pensarci due volte, aprii lo zaino e proprio sopra i libri c’era il suo telefono. Lo sbloccai e la discussione con Alessio era ancora aperta.
# È stato incredibile, non vedo l’ora di sborrare di nuovo nel tuo bel culo da frocio.
# Non riesco a smettere di pensarci, ancora mi pulsa! - Aveva risposto Marco.
Si erano scambiati dei messaggi subito dopo l’incontro, probabilmente mentre rientravano ognuno a casa propria. I messaggi appena arrivati invece erano foto. Cinque scatti di Matteo in diverse pose. Avevo di nuovo il cuore in gola e il cazzo in tiro. La mia immaginazione aveva preso il largo, chissà quanto era umido, stretto e caldo. Così stretto…
Rischiai di sborrare senza nemmeno toccarmi. Mi aggrappai con forza al bancone e cercai di schiarirmi le idee. Cosa cazzo mi stava succedendo? Pensai fra me, arrovellandomi il cervello.
Un nuovo messaggio. Guardai il telefono.
#Mio fratello sa tutto, ora controlla il mio computer e il telefono, dobbiamo stare attenti. Ti prego padrone, non arrabbiarti, non è stata colpa mia... non dirà niente a nessuno!
Marco stava rispondendo ai messaggi dal suo computer. Quel ragazzino era proprio stupido.
#Sarà meglio, frocio, o niente più cazzo per te!
# Te lo prometto, non dirà niente a nessuno.
#Sei un bravo frocio!
A quanto pareva Marco non aveva ascoltato una parola della nostra conversazione. Dunque peggio per lui, forse era arrivato il momento che conoscesse il suo fratellone per davvero. A mali estremi e stremi rimedi, frocetto.
Capitolo III
Riposi il telefono e mi assicurai che tutto fosse come prima, un attimo dopo sentii Marco scendere le scale. Quando arrivò in fondo notai che indossava solo una mia vecchia maglietta sopra un paio di slip. La maglietta era enorme su di lui, ma riuscivo comunque a scorgere una parte del suo bel sedere.
«Hai lasciato qui lo zaino, te lo stavo portando di sopra.» Dissi indicando con un cenno del capo la borsa sul tavolino.
Avrei dovuto chiedergli spiegazione sui messaggi, ma non ci riuscii. Gli avevo promesso che non avrei più frugato tra le sue cose. E se volevo che rispettasse le mie regole e che si fidasse di me, avrei dovuto iniziare a fare altrettanto. Ma in ogni caso non avevo alcuna intenzione di passarci sopra, assolutamente. E avevo giusto qualche idea che mi ronzava per la testa.
«Oh, grazie. Prendo qualcosa da mangiare, poi ti consegno il telefono, va bene?» Disse con uno dei suoi sorrisi brevettati.
«Certo, fratellino.» Risposi comprensivo. Sarei saltato giù da un dirupo per uno dei suoi sorrisi, e di certo la peste sapeva bene come ammorbidirmi.
Ad ogni modo ero felice che non ce l’avesse più con me. In fondo sapevo che aveva capito la mia reazione, per quanto spropositata, e mi aveva perdonato. Lo abbracciai e mi feci strada al piano di sopra. Ero stremato dopo quella giornata intensa e decisi di farmi una doccia prima di andare a dormire.
Mi spogliai, gettando la biancheria sporca nella cesta, e aprii l’acqua lasciandola scaldare prima di infilarmi sotto il getto bollente. Chiusi gli occhi e lasciai che l’acqua calda mi distendesse i muscoli, spazzando via la fatica di quel giorno.
Rimasi sotto la doccia fino a che l’acqua non iniziò a intiepidirsi. Allora mi sciacquai velocemente e uscii con il cazzo che mi ballonzolava tra le gambe mentre raggiungevo l’asciugamano. Mi asciugai rapidamente, e avvolsi la spugna intorno alla vita. Misi un po’ di crema idratante sul viso, e un generoso strato di deodorante e restai a fissarmi nello specchio. Dopo tutto quello che era successo e i cambiamenti di quella giornata assurda, una parte di me si aspettava di trovare una persona diversa a fissarmi attraverso lo specchio, e invece no.
«Sei un fusto!» Mi dissi, flettendo i pettorali. Dopotutto, ero ancora un narcisista arrogante.
Uscendo dal bagno notai che la biancheria sporca era sul pavimento fuori dalla cesta, ero convinto di avercela già messa ma senza farci troppo caso la raccolsi e la buttai dentro. Presi un paio di slip puliti dalla cassettiera e mentre li stavo infilando sentii bussare alla porta socchiusa.
«Ecco il telefono,» disse velocemente Marco, fissandomi. Sembrava che avesse qualche pensiero per la testa.
«Lascialo sul comodino, tutto bene?»
«Si, volevo solo sapere se è tutto a posto tra noi. Non è stata una bella giornata, per nessuno dei due.» Disse senza guardarmi negli occhi. «Posso… posso guardare la televisione con te per un po’? Come ai vecchi tempi?» Mi chiese timidamente alla fine.
«Puoi dirlo forte fratellino.» Di certo avrei voluto poter dimenticare tutto. «Scegli tu il film!?» Gli dissi mentre finivo di asciugarmi. Mi lanciò uno sguardo fugace, giusto il tempo di battere le palpebre e si lanciò sul mio letto come faceva sempre, potrei giurare che avesse dato un’occhiata proprio al mio pacco, ma forse mi ero immaginato tutto. In ogni caso qualcosa si mosse sotto i miei slip, costringendomi a mordermi l’interno della guancia per scacciare quei pensieri.
Scelse una serie di fantascienza e allo stesso tempo piuttosto spinta, assolutamente inadatta alla sua età, guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia. Mi rivolse uno sguardo supplichevole e sorrise e io scossi leggermente la testa alzando gli occhi al cielo sconfitto in partenza.
Sotto il mio sguardo fintamente contrariato si lasciò andare ad un gesto di vittoria malcelato e avviò l’episodio mentre mi infilavo nel letto accanto a lui. Un attimo dopo lui si fece più vicino, infilando la testa sotto il mio braccio con la schiena poggiata sul mio petto. Gli arruffai i capelli poi rivolsi lo sguardo allo schermo. – Rilassati, Simo! – Continuavo a ripetermelo. La sua pelle era sorprendentemente liscia e morbida e calda. Stava tornando tutto alla normalità e non volevo mandare tutto all’aria. Mi addormentai a metà del primo episodio, con Marco accoccolato sul petto.
Quando mi svegliai, lui dormiva ancora. Si era rannicchiato dandomi le spalle, con il suo culo sodo e rotondo proprio davanti a me, stretto negli slip. Avrei voluto raggiungerlo e afferrarlo, toccarlo. Avevo il cazzo in tiro e normalmente mi sarei fatto una sega, ma Marco era ancora nel mio letto. Provai a spingere in basso il cazzo, come per buttarlo giù, senza avere fortuna. Allora iniziai a recitare l’alfabeto al contrario e finalmente si acquietò. Mi alzai di buonumore, pronto per affrontare la giornata.
«Fratellino… è ora di alzarti.» Gli sussurrai scuotendolo leggermente per la spalla.
Si agitò gemendo, girandosi a pancia sotto. «No… Ancora cinque minuto, ti prego!»
Mi ritrovai a sorridere, scossi la testa e andai in bagno a prepararmi. Feci una doccia fredda per scuotermi. Quella mattina mi ero svegliato con una certezza su mio fratello. Niente più bugie in casa mia, se Marco aveva intenzione di perseverare nel suo comportamento gli avrei reso le cose difficili.
Mi vestii e scesi al piano di sotto per preparare la colazione. Una frittata di albumi, cereali, frutta e un frullato proteico. Mantenere una forma fisica eccellente non è facile. Sentii della musica e la doccia scorrere al piano di sopra, segno che Marco si era alzato. Visto che ero di buonumore gli preparai delle frittelle, le sue preferite. Beh, forse non ero solo di buon umore, mi sentivo anche in colpa.
«Fratellino, la colazione è pronta!» Gridai portando a tavola la marmellata.
«Arrivo.» Rispose Marco.
Qualche minuto dopo saltò giù dalle scale e venne direttamente verso di me ad abbracciarmi. Lo abbracciai a mia volta e ringraziai silenziosamente papà perché era tornato tutto alla normalità. La scorsa notte lo avevo pregato affinché mi aiutasse a rimettere a posto le cose.
«Accidenti, che profumo!» Disse fissando le frittelle fumanti e la macedonia di frutta fresca.
«Sbrigati, mangia. Ti porto a scuola e poi vado a lezione.»
«Va bene…» disse poco prima di addentare due frittelle insieme. «Carlo ha invitato alcuni compagni di scuola a dormire a casa sua questo fine settimana, posso andare?»
Mi guardò impaziente e provò persino a giocarsi uno dei suoi sorrisi ma non mi lasciai ammaliare, neanche per un secondo.
«In realtà, stavo pensando che potremmo andare in montagna questo fine settimana, verrà anche Dario. E se vuoi puoi invitare uno dei tuoi amici!?» Gli buttai là in tono fintamente casuale.
Papà aveva una casetta in montagna e non ci eravamo più stati dopo la sua morte. Di solito la davo in affitto tramite internet, e c’era una ditta locale che si occupava delle pulizie. Vidi i suoi occhi farsi più grandi. Era deluso e si stava preparando a controbattere. Riuscivo quasi a vedere la rabbia crescere dentro i suoi occhi, evidentemente avevo appena rovinato i suoi piani per il fine settimana. Ed ero assolutamente sicuro che i suoi compagni di scuola non c’entrassero nulla.
«Questo fine settimana? Ma ho promesso a Carlo che ci sarei stato, sarei l’unico a non andare! Non è giusto! Perché non ci vai tu e io rimango qui?» Iniziò a lamentarsi.
«Mangia la tua colazione, fratellino, e non voglio sentire una parola a riguardo, intesi?»
«Si, signore,» Rispose a denti stretti, sconfitto. Aveva capito subito che questa volta non avrebbe potuto farci niente.
Mentre mangiava prese il telefono. Ero quasi sicuro che stesse scrivendo ad Alessio per fargli sapere che dovevano annullare qualsiasi cosa avessero in programma per il fine settimana. Era visibilmente arrabbiato. Ma sapeva che discutere sarebbe stato inutile.
«Sei pronto ad andare?» Gli chiesi, cercando di mascherare la soddisfazione nella mia voce.
Annuì in silenzio. Afferrò il suo zaino e salì rigido e in zitto sulla mia Giulietta rossa facendo sbattere la portina. Provai a fare conversazione con lui durante il tragitto fino alla sua scuola, ma continuava a rispondere per monosillabi. Probabilmente gli serviva solo un po' di tempo per calmarsi. Adorava la casa in montagna, nostro padre ci portava là ogni volta che ne aveva l’occasione ed era sempre una festa. Dopo aver guidato in quell’atmosfera tesa finalmente lo lasciai a scuola, ricordandogli che sarebbe passato a prenderlo Dario.
Il resto della mattinata passò senza intoppi, in biblioteca mi ritrovai a fissare il culo di un ragazzo che indossava pantaloni troppo stretti. Chiedendomi come sarebbe stato sfilarglieli e… - ma a che cazzo sto pensando!? Mi chiesi sorpreso. – Non sono un finocchio! Liquidai la cosa immaginando che avessi solo bisogno di farmi una scopata. Ma qualche minuto dopo mi ritrovai nuovamente a fissarlo, leccandomi le labbra.
A pomeriggio inoltrato chiamai Dario, per chiedere di Marco. Mi disse che stava facendo i compiti in soggiorno davanti alla televisione e che aveva ordinato la pizza per cena. Lo ringraziai ancora prima di tornare a concentrarmi sulla mia noiosa lezione di due ore.
Tornai a casa esausto, per fortuna avevo terminato le lezioni della settimana, e il giorno dopo avrei avuto tutto il tempo di preparare la vacanza e riposarmi.
Trovai Dario con una mano dentro i pantaloni mentre guardava la televisione rilassato sul divano, con l’altro braccio dietro la testa. Non so perché ma mi aspettavo di trovare Marco inginocchiato tra le sue gambe. Che pensiero stupido.
«Disturbo?» Gli dissi, arrivando all’improvviso alle sue spalle.
«Cazzo, mi hai spaventato amico!» Quasi gridò, togliendosi la mano dai pantaloni. Scoppiammo entrambi a ridere.
«Marco?» Gli chiesi.
«È già in camera sua, è rimasta un po’ di pizza se hai fame.» Disse.
«Ho mangiato prima di tornare a casa, grazie! Qualche problema oggi?» Chiesi, poggiando le mie cose sul tavolino e sedendomi vicino a lui.
«No, ha fatto i compiti e guardato la televisione. Non sembra molto felice di venire in montagna, me credo che se ne farà una ragione… prima o poi.» Mi rassicurò
«Domani passo a comprare qualcosa per questo fine settimana. Spero che ti piaccia ancora la carne grigliata, amico!?»
«Non devi nemmeno chiedermelo! Poi però fammi sapere quanto ti devo.» Disse.
«Non ti preoccupare, sono in debito perché hai badato a Marco. Porterò anche qualche cassa di birra. E dovrebbe nevicare, forse potremmo sciare un po’.» Gli proposi iniziando a sbadigliare.
«Contaci, fratello! Ora però me ne vado,» Disse sorridendo.
Quando si alzò, vidi il suo cazzo muoversi sotto i pantaloncini. La stoffa era molto fine, ed era quasi trasparente. Non indossava la biancheria? Subito mi intimai di smettere di pensare a quel genere di cose. Salutai Dario e chiusi la porta prima di salire a controllare Marco.
«Fratellino, posso entrare?» Bussai alla sua porta.
«Si,» lo sentii dire, senza troppo entusiasmo.
«Com’è andata la tua giornata?» Gli chiesi sedendomi sul bordo del suo letto.
«Tutto bene… ma devo proprio venire? Perché non posso rimanere qui?» Mi chiese di nuovo, rivolgendomi uno di quei suoi sguardi da cucciolo.
«Bel tentativo, ma lo sai che queste stronzate non funzionano più con me. Fratellino, voglio che andiamo in montagna insieme. Non ci siamo più stati da quando papà è morto e credo che ci farebbe bene passare un po’ di tempo tra noi, visto tutto quello che è successo. Mi sento una merda per come sono andate le cose. Ma tu perché non mi hai detto che sei gay?»
Non ne avevamo ancora parlato, e volevo che capisse che per me andava bene, che gli avrei voluto bene in ogni caso e che poteva dirmi qualsiasi cosa, senza avere paura. Mi guardò ed emise un sospiro.
«Non lo so, credo che avessi paura di deluderti. Dici sempre “finocchio” o “frocio” ai tuoi amici quando vuoi insultarli. Quindi ho pensato che non avresti voluto un fratello gay, e avevo paura che avresti reagito male…» Mi disse esitante. Gli tremava la voce e stava per mettersi a piangere.
Mi avvicinai a lui e lo abbracciai, i suoi capelli erano ancora umidi per la doccia che doveva aver appena fatto. Fece un respiro profondo stretto tra le mie braccia prima di continuare.
«Sono sempre lo stesso, Simo, e so che mi vuoi bene ma vorrei che accettassi il fatto che faccio sesso. Sono gay, questo non lo posso cambiare, so di esserlo fin da piccolo e non capisco perché è così diverso da quando tu facevi sesso alla mia età.» Disse tirando su col naso.
«Ti voglio bene fratellino, e non mi importa se sei etero, gay o altro. Voglio solo che tu sia al sicuro. Hai quattordici anni e dovresti fare sesso con altri quattordicenni, non con uomini abbastanza grandi da essere papà. Sono solo preoccupato che possano farti male… voglio dire, tu sei la ragazza, vero?» Gli chiesi, anche se conoscevo già la risposta.
«Non sono la ragazza, sono gay, siamo tutti e due ragazzi, però… si, durante il sesso sono io a ricevere… mi piace.» Disse arrossendo e io non ebbi molta fortuna nel trattenere una profonda risata. Mio fratello aveva appena ammesso che a letto lo prendeva nel culo.
«Va bene! Va bene, basta dettagli!» Dissi, fingendo disgusto, ma ad essere onesto stavo iniziando ad eccitarmi.
«Sei stato tu a chiedere!» Mi ricordò. «E comunque non mi piacciono i ragazzi della mia età, sono immaturi e… sono solo idioti! Mi piacciono i ragazzi più grandi, sanno quello che vogliono ed è anche quello che voglio io» Disse.
Ero sicuro che in realtà stesse per dire che i ragazzi della sua età non erano abbastanza “grandi”! Che troietta. Sapevo bene cos’è che voleva, un grosso cazzo che gli allargasse la bocca e il buco del culo, e l’uccello di un altro quattordicenne non era certo abbastanza per lui.
«Ho capito! Ascolta, farò del mio meglio per essere di mentalità aperta, ma devi promettermi che sarai onesto con me e niente più sesso almeno per un po’, d’accordo?» Lo abbracciai e mi incamminai verso la porta.
«Promesso.» Dissi sorridendo. «E grazie per aver provato a capire, Simo.»
«Bene, e adesso fai le valige. Passerò a prenderti a scuola domani e partiremo direttamente da lì. Quando hai finito, portami il telefono.» Gli ricordai.
«Si, signore.» Disse portando la mano alla testa.
Sorrisi e andai nella mia stanza. Presi un borsone e ci buttai dentro qualche cambio per il fine settimana. Saremo rimasti perlopiù in casa a bere e grigliare la carne, dunque non sarebbe servito niente di speciale. Mi spogliai e dopo aver acceso la televisione sgusciai a letto. Probabilmente iniziai a sonnecchiare, perché non sentii Marco entrare in camera. Avevo gli occhi chiusi, credevo che avrebbe lasciato il telefono per poi andare a dormire, invece si avvicinò al letto.
«Simo?» Mi chiamò piano, scuotendomi leggermente il braccio.
Continuai a far finta di dormire. Perché si stava comportando in quel modo? Se avesse voluto svegliarmi avrebbe potuto accendere la luce, invece si comportava in modo strano. Dopo qualche altro secondo, apparentemente pago del fatto che dormivo, uscì dalla stanza. Sospirai, una parte di me aveva desiderato che questa fosse una di quelle situazioni in cui dopo essersi accertato che dormissi lui cominciava a succhiarmelo, ma non ebbi molta fortuna.
Lo stronzetto non aveva nemmeno lasciato il suo cellulare, stava forse controllando che dormissi per poter uscire di nascosto?
Mi alzai in silenzio, e scivolai fuori dalla mia camera, per fortuna il tappeto nell’andito attutiva i miei passi. Andai dritto verso le scale e nascosto nell’oscurità lo sentii parlare al telefono al piano di sotto.
«Si, si è addormentato… Ho controllato, non lo svegliano nemmeno le cannonate, tranquillo… Sbrigati, non vedo l’ora di riprendere da dove abbiamo interrotto… ti aspetto.»
Mi batteva forte il cuore e avevo il cazzo di marmo che stava mettendo a dura prova il tessuto degli slip. Che troietta. Aveva aspettato che mi addormentassi per farsi scopare, dovevo ammettere che era pieno di risorse. E a dire il vero ero anche un po’ geloso di chiunque stesse per arrivare, anche se il mio fratellino stava facendo di tutto per fregarmi.
Aspettai qualche minuto immaginando mio fratello al piano di sotto e dovetti mordermi la lingua per non gemere ad alta voce, poi i miei pensieri furono bruscamente interrotti quando sentii lo scatto della serratura.
«Sbrigati… succhiamelo un po’, bagnalo quel tanto di sbattertelo in culo… non abbiamo molto tempo.» Sentii borbottare da una voce profonda e familiare.
Rimasi congelato. Non poteva essere vero. Non potevo permetterlo, questo era davvero troppo. Eppure il mio cazzo continuava a pulsare stretto negli slip e dovetti fare ricorso a tutta la mia forza di volontà anche solo per non sborrare senza nemmeno toccarmi. Raggiunsi silenziosamente le scale, e iniziai a scendere i gradini con cautela attento al minimo rumore.
«Si così, chinati sul divano…»
La prima cosa che vidi nella semioscurità del soggiorno fu il suo cazzo scintillante di saliva puntato dritto contro il culo del mio fratellino piegato sul divano. Era impressionante, più o meno come il mio. Avevo quasi paura per Marco.
«Si, ti prego… rompimi il culo… ti prego!» Implorò la voce stridula di mio fratello.
Mi feci un po’ più vicino, restando comunque fuori dal loro campo visivo.
«Sta zitto, frocio!» Disse soltanto la voce profonda.
E spinse. Il buco di Marco non aveva possibilità. Il mio fratellino si lasciò sfuggire un gemito di dolore e una mano corse a tappargli la bocca, prima che il cazzo si insinuasse completamente in lui con un'altra spinta possente. Gli diede un secondo per abituarsi, prima di iniziare a scoparlo con spinte profonde e veloci.
«Che troia, hai il buco bagnato, è questo che volevi, vero?» Gli schiaffeggiò il culo aumentando sempre più il ritmo. Marco emetteva gemiti soffocati, e aveva iniziato a succhiare due delle dita che gli tappavano la bocca. «Ti allago il culo, frocio!»
Li lasciai fare per qualche minuto, godendomi i loro gemiti soffocati, poi, proprio mentre i due amanti erano al culmine dell’orgasmo feci un passo avanti, e Dario guardò nella mia direzione. Si irrigidì ma ormai gli era impossibile fermarsi. Stringeva con una mano il fianco del mio fratellino mentre con l’altra gli teneva la testa affondata nei cuscini e riuscivo quasi a vedere le contrazioni del suo cazzo mentre si scaricava, inondando quel buchetto umido e caldo e accogliente.
Strizzai l’occhio e gli rivolsi un sorriso arrogante. Dario ansimò, cercando di riprendere fiato. Lo fissai dritto negli occhi.
«Tu sei il prossimo!» Scandii muovendo solo le labbra, lui sbiancò e io tornai di sopra senza aggiungere altro, soddisfatto.
Mi bastò il suo sguardo per sapere che aveva capito. Dopotutto, una promessa è una promessa.
Capitolo IV
Il pomeriggio successivo andai a prendere Marco a scuola, avevo già caricato in macchina i nostri bagagli e tutto quello che ci sarebbe potuto servire, e presi subito la strada che portava fuori città, in direzione delle montagne. Come d’accordo, Dario ci avrebbe raggiunti più tardi, ma questo era prima di ieri notte. E adesso mi chiedevo se avrebbe avuto il coraggio di farsi vedere, dopo quello che lo avevo sorpreso a fare nel mio soggiorno la sera prima. Fu un viaggio piuttosto tranquillo, Marco era taciturno, forse era ancora risentito per via dei suoi piani per il fine settimana ormai rovinati e io avevo la mente impegnata da mille pensieri oltre che dall’immagine impressa a fuoco del grosso cazzo di Dario che sfondava il culo del mio fratellino sul mio divano. Da quanto andava avanti? Era la prima volta? Come avevo fatto a non accorgermi di nulla? Mi sentivo come se la mia vita non mi appartenesse, tutte le certezze che avevo stavano andando a farsi fottere. Compresi mio fratello, e a breve, in un modo o nell’altro anche il mio migliore amico. Lui sapeva bene che non facevo mai minacce a vuoto.
Arrivammo alla casa in montagna che il sole aveva già iniziato a calare, tingendo di porpora le cime innevate che sovrastavano la piccola tenuta, piuttosto isolata rispetto al resto delle abitazioni sul pendio.
Marco mi aiutò a scaricare la macchina senza dire una parola. «Sei ancora arrabbiato?» Gli chiesi alla fine, mentre sistemavo la legna nel camino. Iniziavo a chiedermi se Dario non gli avesse detto che li avevo sorpresi la sera prima, o se gli avesse parlato della mia minaccia.
«Hai detto che mi avresti rispettato, ma mi tratti ancora come un bambino.» Sbottò all’improvviso, sull’orlo delle lacrime per l’ennesima volta in pochi giorni.
Stavo per fargli notare che se voleva essere trattato da uomo avrebbe dovuto smettere di fare i capricci come un bambino, ma mi morsi la lingua. Probabilmente avrei solo peggiorato la situazione.
«A dire il vero, credo di averti soltanto promesso che avrei “cercato” di non essere troppo opprimente.» Puntualizzai piccato.
«Credi che sequestrarmi per tutto il fine settimana non sia “opprimente”?!»
Se la metteva su quel piano, un punto per lui. Ma lo scopo principale di questa vacanza era rinsaldare il nostro legame di fratelli, e solo in secondo luogo tenerlo lontano dai cazzi degli uomini. Certo questo era prima di scoprire che anche il mio migliore amico aveva avuto un assaggio del suo bel culo liscio e morbido e invitante…
Il rumore di un’auto sul vialetto mi riscosse dalla deriva pericolosa che stavano prendendo i miei pensieri. Dunque Dario aveva avuto il fegato di farsi vivo. Non si era fatto sentire né la notte scorsa, né tantomeno quella mattina, e iniziavo a credere che si fosse fatto prendere dal panico per quello che aveva fatto. Qualche minuto dopo invice entrò in casa con un borsone sulla spalla e gli occhi bassi.
Marco corse ad abbracciarlo, sfregando il viso sul petto e inspirò il suo odore con espressione quasi estatica, come se per lui fosse una specie di droga. Che troietta ingorda – non potei fare a meno di pensare. Dario invece rimase rigido, con lo sguardo puntato sul pavimento, e non provò nemmeno a guardarmi in faccia.
Per la prima volta mi ritrovai a guardare un uomo come di solito mi capitava di fare con una figa all’università o per strada, e qualcosa si mosse dentro i miei slip. Fargliela pagare avrebbe potuto rivelarsi anche più divertente del previsto, dopo tutto.
«Ciao fratello, ce l’hai fatta finalmente!» Lo salutai col mio solito tono allegro. Sorpreso alzò lo sguardo su di me con espressione speranzosa e trovò ad attenderlo il mio sorriso beffardo e un ghigno di soddisfazione malcelato. Nel giro di un secondo sbiancò e poi arrossi, tornando ad abbassare immediatamente lo sguardo sul pavimento di legno scuro. Lo tenevo in pugno.
«Sistema le tue cose, poi possiamo iniziare a divertirci!» Gli dissi allegro e scoppiai a ridere, guadagnandomi un’occhiata stupita da parte di Marco e una smorfia da Dario, alle sue spalle.
Continuai a sorridere tra me mentre poggiavo sul tavolo una confezione di birra e una bottiglia di Tequila.
Marco lo accompagnò a sistemare le sue cose nella sua stanza, da quando era arrivato Dario sembrava aver ripreso un po’ del suo solito buonumore. Quando tornarono avevo sistemato sul tavolo tre boccali per la birra e tre bicchierini per la Tequila e un mazzo di vecchie carte da poker. Sia Dario che Marco mi fissarono sorpresi. Il primo forse un po’ preoccupato che con l’alcol la serata potesse degenerare, il secondo euforico perché aveva capito che gli avrei permesso di stare con noi per la prima volta, in qualche modo accogliendolo tra gli adulti.
«Posso bere anche io?» Chiese Marco eccitato e incredulo allo stesso tempo.
«Perché no? Ci siamo noi, cosa potrebbe succedere?» Gli confermai, facendo l’occhiolino a Dario, che sembrava ancora titubante.
Riempii i boccali di birra e diedi le carte. Marco afferrò con avidità il suo, portandoselo alle labbra. Ne mandò giù un sorso e fece una smorfia. Io e Dario lo fissavamo in attesa.
«Non è male come pensavo, ma non credo che mi piaccia. Posso avere un po' di Tequila?» Chiese mordendosi il labbro.
Scoppiai a ridere. Ero felice che stessimo condividendo quel momento tra fratelli insieme. «Certo, piccoletto.» Gli versai un bicchierino e glielo porsi. «Sorseggia, non mandarla giù tutta in una volta, non voglio pulire il tuo vomito!» Lo avvertii in tono serioso.
«Non vomiterò, lo prometto!» Disse impaziente, prendendo un piccolo sorso della bevanda. Questa volta fece una smorfia molto più marcata, facendo scoppiare a ridere tutti e tre. Finalmente anche Dario stava iniziando a rilassarsi, grazie anche ai due boccali di birra che aveva mandato giù mentre io non ero nemmeno a metà del primo.
Passammo il resto della sera a bere, mangiare schifezze e parlare dei ricordi che avevamo di quella casa. Riempii i bicchieri di tutti e tre più volte, e l’atmosfera iniziò a farsi più rilassata. Dario era sicuramente ubriaco e Marco ci era pericolosamente vicino – ero stato bene attento a non riempire il suo bicchiere con la stessa frequenza dei nostri.
«Va bene, fratellino, ultimo giro.» Dissi vedendolo ciondolare pericolosamente. Dopotutto, non volevo che le cose ci sfuggissero di mano per davvero.
«Salute!» Ci augurammo a vicenda facendo tintinnare i bicchierini di Tequila.
Alla fine del giro di carte successivo Marco stava praticamente dormendo da seduto. Così Dario mi aiutò a portarlo nella sua stanza e infilarlo sotto le coperte. Sistemai un secchio vicino al suo letto, per ogni evenienza. Poi tornammo entrambi in soggiorno, con passo traballante.
«Perché?» Gli chiesi all’improvviso poco prima che tornasse a sedersi. «Perché proprio Marco? Sei il mio migliore amico!» Mi dava le spalle, ma notai comunque che si irrigidì poggiando una mano sullo schienale della sedia come per sorreggersi.
«Giurò che ti dirò tutto,» disse voltandosi incerto. «Ma prometti di ascoltare fino alla fine.»
Feci un cenno e lui sospirò di apprensione.
«Quando sono andato a prenderlo a scuola, dopo che hai scoperto di lui, mi ha raccontato la sua versione dei fatti, di quanto avesse avuto paura per la tua reazione e tutta quella merda e una volta a casa ha iniziato a parlarmi di quanto gli piacciano gli uomini e di come non riesca a trattenersi quando c’è qualcuno che gli piace nei paraggi…»
«Risparmiami i dettagli.» Gli dissi secco, non volevo rischiare di eccitarmi durante il suo racconto.
«Beh, non so perché ma poi ha iniziato a descrivermi cosa faceva con quegli uomini e a strusciarsi contro di me e non so come mi sono ritrovato con il cazzo in tiro da star male e le sue mani sui pantaloni, ho provato a farlo smettere, te lo giuro. Cazzo è stata la cosa più difficile della mia vita, ma sono riuscito a tirarmi indietro. Marco sembrava disperato, ha iniziato a piangere e mi ha confidato che già da anni frugava tra la nostra biancheria sporca ogni volta che gli era possibile, solo per sentire il nostro odore. È pazzesco lo so…»
Dario fece una pausa per respirare. Io ero travolto da tutte quelle informazioni. Finalmente i pezzi iniziavano a combaciare, il mio fratellino sì divertiva con la mia biancheria usata, ecco spiegato dove andavano a finire le mie cose e perché sembrava sempre fin troppo entusiasta di abbracciarmi quando rientravo dalla palestra o da una lunga giornata all’università. Avevo il cazzo talmente duro che avrei potuto esplodere da un momento all’altro, anche senza toccarmi.
Dario sembrava esitante, c’era qualcos’altro che non mi aveva ancora detto. «Allora?» Lo spronai.
«Beh, alla fine ha minacciato di dirti che gli avevo fatto succhiare il cazzo se non glielo avessi permesso per davvero, e dopo quello che era successo tu avresti anche potuto credergli e sono andato nel panico…»
«Quindi te lo sei scopato?» Gli chiesi sarcastico.
«No… voglio dire, no, l’ho mandato in camera sua e mentre riflettevo sul da farsi sei rientrato a casa.»
Doveva essere quando lo avevo beccato sul divano con una mano nei pantaloni, bel modo di “riflettere” amico. Inarcai le sopracciglia e lo invitai a continuare. Ero proprio curioso di capire com’era finito con il cazzo piantato fino alle palle nel culo di mio fratello.
«Più tardi quella sera Marco mi ha chiamato e ha detto che se non fossi andato da lui ti avrebbe raccontato un sacco di balle e ho avuto paura che avresti potuto non volermi vedere mai più, così ho ceduto,»
Che puttanella. Era arrivato persino a ricattare il mio migliore amico per trovare un cazzo dopo che gli avevo reso le cose impossibili con Alessio.
Scossi lievemente la testa e sorrisi e Dario accennò a sua volta un timido sorriso, forse speranzoso che alla fine lasciassi correre, date le circostanze.
Feci un passo verso di lui che mi guardò perplesso, credo che per un attimo abbia pensato che lo avrei colpito. Invece lo spinsi a sedere, restando in piedi davanti a lui e iniziai a slacciarmi la cintura.
I suoi occhi si fecero più grandi e mi guardò supplichevole. «Andiamo amico, lo sai che sono etero, non puoi fare sul serio?!»
«Succhialo!» Dissi soltanto, tirando fuori dagli slip il mio cazzo già duro come il marmo a pochi centimetri dalla sua faccia sorpresa. «Forza, se ti fa piacere ripensa a quando hai inculato il mio bel fratellino.»
Esitò, e alla fine lo afferrai per i capelli infilandogli il mio cazzo in bocca. Continuai ad andare avanti fino a che non lo sentii soffocarsi e tossire, massaggiandomi involontariamente la cappella tra la lingua e il palato. Era anche meglio della maggior parte delle ragazze che me lo avevano succhiato fino a quel momento. Lui era alla mia mercé. Quella sensazione di potere mi stava letteralmente dando alla testa. Iniziai a scopargli la bocca, senza badare troppo ai conati che gli causavo, pensando esclusivamente al mio piacere e godendomi ogni attimo di quelle sensazioni e dei suoi occhi lucidi che mi fissavano imploranti.
«Per favore, fai piano, il tuo cazzo è enorme, amico.» Disse appena mi ritirai per un attimo dalle sue labbra bollenti.
«Chiudi la bocca, finocchio, sto facendo esattamente quello che hai fatto al mio fratellino.» Gli dissi gelido.
Dario chiuse gli occhi e io ricominciai a scopargli la bocca con ancora più forza, afferrandogli la nuca e scavando le dita tra i suoi capelli biondi. Stavo sudando e tutta quella situazione animalesca ben presto mi portò sull’orlo dell’orgasmo.
«Sto per sborrare, finocchio!» Ringhiai sbuffando e lui borbottò qualcosa di incomprensibile provando inutilmente ad allontanarsi dal mio cazzo pulsante.
Sentii le palle stringersi e un attimo dopo mi scaricai dentro la sua bocca serrata. Contrazione dopo contrazione, scaricai una sborrata paurosa sulla sua lingua e rimasi piantato dentro la sua bocca fino a che l’onda dell’orgasmo non passò completamente, ansimando piegato su di lui.
Lo tenni schiacciato al mio inguine, impregnandogli la bocca e costringendolo a sentire il mio sapore. Come se marcassi il territorio. Ero certo che non avesse potuto evitare di ingoiare almeno una parte di quella sborrata colossale.
Sospirai soddisfatto e mi sfilai dalle sue labbra arrossate. Appena libero Dario sputò per terra e allora gli afferrai il mento, costringendolo a guardarmi negli occhi. «Sperò che abbia imparato la lezione, fratello.» Gli dissi sorridendo con un ghigno arrogante.
«Merda, dovevi per forza sborrarmi in bocca…» Disse mostrando un’espressione disgustata.
Scoppiai a ridere, cercando di non fare troppo rumore. Non volevo assolutamente svegliare Marco. «Ringrazia soltanto che non ti abbia rotto il culo sul serio.»
Suo malgrado si ritrovò a ridere anche lui, mentre continuava a sputacchiare e arricciare il naso, scuotendo la testa. «Stronzo!» Mi disse colpendomi con un pugno sull’addome, senza convinzione.
«Ouch… e poi scommetto che sotto sotto ti è piaciuto, brutto finocchio! Quando lo ritrovi un cazzo così!?» Lo presi in giro.
Eravamo già tornati quelli di sempre e continuammo a punzecchiarci e fare battute spinte fino a notte fonda. E intanto ragionavo su come avrei potuto sfruttare l’opportunità che mi si era presentata. Dopotutto, se il mio fratellino voleva essere trattato da troia, perché non accontentarlo?!
Capitolo V
Quando scostai le coperte Marco si svegliò. Mi guardò con occhi assonnati e sorrise. «Grazie per avermi trattato come un uomo, Simo.»
«Non ti ci abituare, piccoletto…» Iniziai a dire senza riuscire a terminare la frase che si era già riaddormentato con il suo meraviglioso sorriso ancora stampato in faccia.
Mi infilai nel letto e lui mi si accoccolò sul fianco. Ero davvero felice di come si erano messe le cose, ero ancora un po’ arrabbiato per il tradimento del mio migliore amico e di mio fratello, ma alla fine tutto si stava sistemando, e il meglio doveva ancora venire.
Fu un fine settimana memorabile, la prima notte nevicò e passammo i giorni successivi a sciare, mangiare carne alla griglia e dare fondo alle nostre riserve di alcolici, anche se dopo la prima sera mi accertai che nel bicchiere di Marco ci fosse sempre più gazzosa che birra.
Io e Marco sembravamo tornati quelli di sempre, e anche con Dario, dopo un certo imbarazzo iniziale le cose si rimisero a posto praticamente da sole.
Nei giorni successivi, rientrati a casa, riprendemmo tutti e tre le nostre abitudini. Ma nonostante la situazione fosse tornata alla normalità, il pensiero di quello che mio fratello aveva fatto alle mie spalle per chissà quanto tempo mi rodeva dentro, tormentandomi. Lo rivedevo farsi inculare su quel camper nel parco o succhiare il cazzo del mio migliore amico nel soggiorno di casa ogni volta che passavo davanti al divano. Non riuscivo a togliermi dalla testa le foto del suo bel culo rotondo scambiate con degli sconosciuti. E ogni volta mi riassaliva la rabbia, e allo stesso tempo una strana sensazione a metà tra lo sconforto e qualcosa che non riuscivo ancora bene ad identificare, che mi pesava sullo stomaco come un macigno. Tutto questo accompagnato da un’eccitazione incontenibile, in pratica mi ritrovavo con il cazzo duro da far male ogni volta che passavo per il soggiorno.
Per fortuna, l’occasione giusta per pareggiare i conti si presentò il fine settimana successivo. Anche se le cose tra noi erano tornate più o meno normali non avevo allentato la presa sul mio fratellino. Mi consegnava ancora il telefono ogni sera prima di andare a dormire e tenevo sotto controllo i suoi spostamenti, assicurandomi che non andasse in posti dove non avrebbe dovuto andare o non si trovasse in situazioni in cui non avrebbe dovuto essere. In pratica, probabilmente gli stavo rendendo la vita un inferno. Non aveva la minima possibilità di sfogarsi con uno dei suoi amanti e nonostante continuasse ad abbracciarmi ogni sera e a sorridere a tavola, avevo iniziato a notare che il suo comportamento stava cambiando. Quando mi abbracciava, prima di andare a dormire, mi stringeva forte e inspirava profondamente, senza quasi preoccuparsi che lo notassi. La peste se ne andava in giro per casa sempre mezzo nudo con indosso solo gli slip e le mie vecchie magliette troppo grandi per lui. Iniziai a trovare sempre più spesso la mia cesta della biancheria sporca in disordine. Era quasi come se cercasse di provocarmi e in più di un’occasione dovetti mordermi la lingua per trattenermi dallo sbatterlo sul tavolo della cucina e fare ciò che andava fatto
Il venerdì sera successivo uscendo dalla doccia lo sorpresi con un paio di miei slip usati premuti sul naso.
«Che cazzo…?!» Dissi senza riuscire a trattenermi, più sorpreso di quello che avrei dovuto essere.
Lui si girò, rosso come un peperone, con la mia biancheria intima ancora in mano. «Io… ehm… controllavo se erano puliti, stavo separando la biancheria per fare una lavatrice.» Mi mentì spudoratamente.
Vedevo chiaramente una tenda nelle sue mutande. Marco seguì il mio sguardo e si rese conto che il suo corpo lo aveva appena tradito. Era molto imbarazzato, ma decisi di non fargliela pesare. Invece lasciai scivolare a terra l’asciugamano e lo oltrepassai con il cazzo che oscillava liberamene fra le mie gambe. I suoi occhi non lasciarono mai il mio cazzo, stava quasi sbavando.
«Forza!» Gli dissi brusco mentre afferravo un paio di slip puliti, riscuotendolo. «Sta arrivando Dario, farò tardi stasera, ma entro le dieci voglio comunque il tuo telefono sul mio comodino, intesi?»
Assentì con poca convinzione e sparì nel corridoio in un batter d’occhi. Nonostante l’imbarazzo, la sua erezione non aveva accennato minimamente a placarsi e io mi resi conto che quel fatto mi rendeva segretamente orgoglioso, e in qualche modo compiaciuto. Terminai di vestirmi velocemente e uscii di casa prima che arrivasse Dario, salutando Marco quando avevo già superato la porta. Temevo che i miei pensieri trasparissero dal mio viso e non volevo che nessuno dei due mi vedesse in quel modo.
Neanche dieci minuti dopo, quando avevo percorso solo pochi chilometri un messaggio di Dario mi costrinse a fermare l’auto.
#La troietta è affamata!
Fui costretto a rileggere quelle parole più volte. Dario non aveva mai parlato di mio fratello in quel modo, e certamente non con me.
#Che cazzo stai dicendo?!?
#Quasi non mi ha lasciato entrare in casa, mi è letteralmente saltato addosso.
#Ora cosa sta facendo?
Gli chiesi qualche secondo dopo, i miei pensieri correvano veloci, e inconsciamente avevo già ideato un piano.
#Gli ho detto che non sarebbe successo mai più nulla tra noi e l’ho mandato di sopra, ora sta facendo la doccia ma credo che non si sia arreso.
A quel punto qualcosa si fece definitivamente strada dentro di me e decisi di chiamare Dario e spiegargli quello che avevo in mente. Era incredulo, ma alla fine non si fece pregare, per niente.
Feci inversione e parcheggiai l’auto nei pressi del parco dove avevo sorpreso Marco e Alessio la prima volta. Continuavo a fissare l’orologio dell’auto e quello del telefono ogni pochi secondi. Ero ansioso, nervoso ed eccitato. Tutto quello su cui non avevo quasi avuto il coraggio di fantasticare nelle ultime settimane stava finalmente per diventare realtà.
Come da accordi, dopo venti minuti, il segnale acustico di un messaggio in arrivo riportò tutta la mia attenzione sullo schermo del telefono.
Nel video era inquadrato Marco completamente nudo, bendato e in ginocchio. Dario gli schiaffeggiava il viso con il cazzo, facendolo gemere di piacere.
«Di al mio amico quello che vuoi, frocio!» Sentì dire dalla voce del mio migliore amico, fuori campo.
Marco alzò la testa e rispose senza scomporsi. «Ti prego, ho bisogno anche del tuo cazzo!»
Il video durava ancora pochi secondi nei quali Marco cercava di raggiungere il cazzo di Dario con le labbra. Come un uccellino affamato verso il becco dei genitori.
Uscii dalla macchina e andai verso casa. Non avrei dovuto preoccuparmi che qualcuno mi vedesse entrare in casa mia, eppure mi guardai intorno prima di entrare. Esitai davanti alla porta, presi un respiro profondo e girai piano la maniglia. Sapevo che mi aspettavano entrambi, eppure mi sembrava quasi di entrare di nascosto, come se stessi facendo qualcosa che non avrei dovuto fare.
Una volta entrato, le mie orecchie furono inondate di grugniti e gemiti provenienti dal piano di sopra. Mi tolsi le scarpe e salii le scale. Avevo il cuore in gola. Ero sicuro che loro invece non fossero preoccupati, li sentivo ansimare mentre oltrepassavo l’ultimo gradino.
Erano i rumori inconfondibili di qualcuno che succhia un cazzo. Sentii Dario lamentarsi, e improvvisamente Marco che sembrava soffocare.
Arrivato davanti alla porta della mia stanza Dario si girò e mi sorrise.
La scena di fronte a me mi riportò alla mente qualcosa che avevo già vissuto. Davanti a me c’era Marco in ginocchio di fronte a un ragazzo grosso il doppio di lui con un cazzo enorme che scorreva dentro e fuori dalle sue labbra arrossate. Riuscivo a vederlo respirare dal naso per accogliere quell’asta il più possibile dentro la gola.
«Sei pronto per il tuo secondo cazzo, frocio?» Gli chiese Dario lasciando uscire per un attimo la sua asta dalla gola del mio fratellino.
Capitolo VI
Davanti a me, in ginocchio di fronte al mio migliore amico, c’era Marco bendato e con un cazzo enorme che scorreva tra le sue labbra arrossate. Respirava rumorosamente dal naso per riuscire a prendere quanto più possibile di quell’asta in gola.
Dario gli teneva una mano sulla nuca e quando mi vide sulla soglia sorrise mentre faceva scivolare anche gli ultimi centimetri di cazzo in bocca al mio fratellino, tenendolo premuto a sé per qualche secondo.
«Sei pronto per un altro cazzo, frocetto?!» Chiese a Marco, liberandolo momentaneamente dalla sua stretta. Una scia di saliva univa la cappella alle labbra socchiuse.
«Si! Si, usatemi vi prego!» Rispose Marco in tono lamentoso rivolgendosi ad entrambi. Ignaro che l’amico di Dario fossi proprio io, suo fratello maggiore.
Lo fissai rapito. Aveva le labbra gonfie e arrossate e il mento ricoperto di saliva e presperma. L’odore nella stanza era inebriante. Ad un cenno di Dario mi feci avanti e iniziai a togliermi la maglietta, afferrai Marco per la nuca spingendo il suo viso sui miei addominali, mentre le sue mani iniziarono ad esplorare il mio corpo senza bisogno di alcun incoraggiamento. Emise persino un gemito soffocato, a dimostrazione che apprezzava.
«Pregalo di fartelo succhiare, stronzetto!» Gli ordinò Dario.
«Ti prego, usami come vuoi, è questo che mi piace, ti supplico!» Gemeva senza ritegno e non dubitai per un secondo che fosse la pura verità. Il suo tono e le sue azioni non lasciavano spazio all’interpretazione.
«Che frocio!» Ringhiai, rendendo ancora più profondo il mio tono di voce. Speravo che fosse sufficiente a mascherare la mia identità.
Esitai qualche secondo per capire se mi avesse riconosciuto, ma tutto quello che sentii da lui furono gemiti lamentosi e impazienti. Allora lo afferrai nuovamente per la nuca e gli spinsi il viso all’altezza del mio inguine rigonfio.
Marco inspirò rumorosamente e mi baciò il cazzo ancora coperto dai pantaloni, non poteva aspettare e iniziò a rosicchiarne la stoffa con impazienza. Guardai Dario che si era inginocchiato dietro di lui e si masturbava lentamente mentre massaggiava e stringeva il sedere di Marco facendolo rabbrividire.
Gli sorrisi complice e mi slacciai la cintura tirando giù i pantaloni. Marco gemette soddisfatto e un attimo dopo affondò il naso nei miei slip. Attraverso la stoffa sottile seguì il profilo dell’asta già dura come una roccia fino alla punta che sporgeva dal bordo e ci si attaccò iniziando a succhiare come se la sua vita dipendesse da questo.
«È così grosso! Ti prego, dammelo!» Mi implorò.
Tirai fuori il cazzo dagli slip e anche Dario che era inginocchiato a pochi centimetri rabbrividì. Mi sentivo un dio. Afferrai il mio cazzo e lo sbatacchiai sul viso di Marco alcune volte, mi piaceva il suono che faceva a contatto con sua pelle. Lo appiattii sul suo viso e notai che lo superava di tutta la lunghezza, e allora mi eccitai ancora di più.
Marco aveva iniziato subito a leccarmi la base dell’asta e proprio in quel momento capii per davvero perché nessuno riusciva a resistergli. La sua fame e il suo desiderio erano contagiosi e in un modo o nell’altro finivano per prendere il sopravvento sulla ragione.
Riportai lo sguardo su Dario, gli aveva abbassato gli slip e faceva scorrere le dita sul buco di mio fratello, massaggiandolo. Il contrasto tra la pelle delicata di Marco e la muscolatura possente del mio amico attizzò ulteriormente il mio desiderio. Poi Dario gli diede una sonora sculacciata.
«Oh… si! Ti prego continua così!» Gemette Marco mentre Dario continuava a massaggiargli il buchetto.
Intanto Marco iniziò a sfregarsi la mia cappella bagnata di umori sulle labbra, e quando una goccia di presperma le bagnava la leccava subito via. Lo afferrai per la nuca e spinsi la mia asta nella sua bocca fino in fondo. Tossì, impreparato all’assalto che gli stavo dando ma ormai non mi importava più, se era questo ciò che voleva, era esattamente quello che gli avrei dato.
«Prendilo, frocio!» Grugnii, continuando a camuffare la voce.
I gemiti di Marco erano musica per le mie orecchie. Continuai a stringergli la nuca mentre gli scopavo la gola. Le sue labbra erano tese sul mio cazzo, e la sua mano sembrava a malapena in grado di avvolgere l’asta.
Uscii dalla sua bocca calda e umida quando vidi Dario rialzarsi alle sue spalle. Lo guardai perplesso chiedendomi che cosa avesse in mente e lui mi fece l’occhiolino prima di tornare a concentrarsi su Marco.
«Alzati, frocetto, voglio farti il culo sul letto di tuo fratello!» Gli disse guardando me negli occhi. Rimasi a bocca aperta, senza sapere cosa dire. Il mio migliore amico aveva un sorriso complice stampato in faccia, anche lui si stava godendo appieno quanto fosse sbagliata tutta questa situazione. E io ero così perso nel piacere che ormai non mi importava più di nulla. Così fissai Marco in attesa della sua risposta.
«No, ti prego! Non possiamo, se ne accorgerà se mi scoperai sul suo letto!» L’espressione di piacere sul suo viso si dileguò all’istante. Adesso sembrava preoccupato e un po’ nervoso.
«Non te l’ho chiesto, finocchio, e ora alza il culo!» Gli ordinò Dario.
Marco obbedì e si alzò con le mani tese in avanti, Dario lo afferrò per una spalla e lo guidò sul mio letto. Mentre si alzava notai la piccola tenda nei suoi slip, tuttavia quando finalmente si girò verso il letto constatai una volta per tutte che quello che gli mancava davanti lo compensava certamente didietro.
Non riuscii a trattenermi dal colpirlo sul sedere tondo e sodo per poi stringerlo nella mia mano, facendolo gemere ancora. Una volta sul letto Dario fece piegare in avanti mio fratello e riprese posizione dietro di lui.
«Ti eccita sapere che ti scoperemo sul letto di tuo fratello? Scommetto che gli daresti il culo se te lo chiedesse! Non è vero?!» Gli chiese sottolineando la sua domanda con una sculacciata.
Avevo appena iniziato a masturbarmi lentamente e fui costretto a bloccarmi in attesa della sua risposta.
«Si! Si, sento il suo odore qui! Ti prego, non resisto più, scopami!» Lo implorò Marco, spingendo il culo contro di lui.
Sentirlo parlare di me in quel modo rischiò seriamente di mandarmi oltre il bordo. Andai al mio cesto della biancheria sporca e recuperai gli slip con cui lo avevo sorpreso poco prima di uscire. Tornai velocemente da loro e sollevai la testa del mio fratellino tenendolo per i capelli con una mano mentre con l’altra gli premetti sul naso e la bocca la biancheria che avevo indossato per tutto il giorno. Marco emise un sospiro di piacere e iniziò a respirare rumorosamente attraverso la stoffa, come inebriato.
In quel momento Dario allineò il suo cazzo al buco poggiandoci sopra la cappella ma senza entrare. Marco era impaziente e cercava di convincerlo a penetrarlo spingendosi sull’asta, ma Dario si stava solo divertendo a stuzzicarlo e la troietta iniziò a lamentarsi sommessamente senza mai sollevare il naso dai miei slip sudati. Il mio amico gli teneva le natiche divaricate con le mani, poi chinò in avanti la testa e sputò sul buchetto un attimo prima di iniziare a penetrare dentro mio fratello.
Dario mi sorrise soddisfatto mentre afferrava Marco per i fianchi e allora iniziò a spingere dentro e fuori dal buco teso al limite. Lo penetrava completamente per poi uscire del tutto e ogni volta che lo tirava fuori tutto quello che vedevo era un buco aperto e pulsante. Marco gemeva rumorosamente, pregando Dario di andare più veloce e non fermarsi. Il mio cazzo era duro come non mai, pulsante di piacere e impaziente. Non osavo toccarmi per timore di venire prima di fare quello che desideravo più di ogni altra cosa.
«Preparati finocchio, sto per sborrare!» Ruggì Dario qualche minuto dopo accelerando le spinte.
Marco gridò di piacere sentendo Dario scaricarsi dentro il suo buchetto voglioso. Sentivo il forte odore di sesso nella mia stanza ed ero in paradiso. Quel culo doveva essere mio. Non mi importava che fosse ancora allargato e pieno dello sperma di un altro uomo, dovevo scoparlo.
Dopo l’orgasmo Dario uscì dal culo di Marco con un suono di risucchio udibile. Mi spostai accanto a lui per ammirare la sua opera. Lo sperma stava già iniziando ad uscire e il buchetto era arrossato e pulsava leggermente.
Non potevo aspettare un attimo di più e senza dargli il tempo di riprendersi conficcai il mio cazzo dentro mio fratello.
Marcò emise un lungo gemito lamentoso mentre spingevo la mia asta fino in fondo. Anche se il mio cazzo era più grosso di quelli a cui era abituato rimasi comunque sorpreso di quanto fosse stretto e caldo e umido il suo buchetto che sembrava volesse stritolarmi risucchiandomi al suo interno. Allora strinsi i suoi fianchi tra le mani e iniziai a scoparlo con foga.
Dario si avvicinò al suo viso e lo afferrò per la nuca costringendolo a sollevare la testa.
«Apri la bocca, frocio!» Gli ordinò.
Senza esitare, Marco dischiuse le labbra e Dario ci fece scivolare dentro il suo cazzo intriso di sperma, facendosi ripulire.
Dopo averlo scopato per qualche minuto da dietro, mi tirai indietro e lo feci girare a pancia in su. Gli sfilai gli slip semiabbassati e notai che doveva essere venuto mentre Dario lo scopava perché erano schizzati di sperma. Gli feci sollevare le gambe e le allargai, poi mi chinai su di lui e lo penetrai nuovamente con foga. Marco ansimava continuando a chiedermi di più.
«Ti prego, non fermarti, scopami, ti prego!» Mi implorava.
Dario mi guardò e fece l’occhiolino. Non disse nulla ma il suo sguardo era piuttosto eloquente: te lo avevo detto!
Ricambiai il sorriso stringendo le gambe di Marco mentre martellavo il mio cazzo dentro e fuori dal suo buco.
«Di al mio amico quanto sei troia!» Disse Dario.
«Non ci posso fare nulla, mi piace il cazzo! Mio fratello mi ha scoperto ma non riesco a fermarmi. Annuso la sua biancheria quando lui non è a casa e una volta l’ho sentito masturbarsi e subito dopo ho leccato lo sperma dalla sua biancheria mentre si faceva la doccia.» Dichiarò Marco con certo orgoglio, tra i gemiti.
Il mio cuore saltò un battito, sospettavo da tempo che frugasse nella mia biancheria e quella sera ne avevo avuto la conferma, ma non avevo idea che si fosse spinto fino a leccare via il mio sperma da un paio di slip. Non c’era bisogno di altre conferme, la troietta mi desiderava forse anche più di quanto io volessi lui. Mi assicurai di lasciare solo la cappella dentro di lui poi spinsi fino in fondo con un colpo secco. Tutte le mie ragazze si lamentavano quando lo facevo a loro, e volevo che il mio fratellino avesse tutto quello che potevo offrirgli. Eppure Marco non fece una piega e in realtà credo che non ne avesse mai abbastanza.
Mi asciugai la fronte con il dorso della mano, grondavo di sudore - anche addosso al corpo di Marco. Tutto questo era meglio di qualsiasi fantasia avessi mai avuto su di lui. Mi chinai in avanti, poggiando le labbra sui suoi piccoli capezzoli rosa, iniziando a succhiarli leggermente e lui si lamentò di piacere, contorcendosi. I suoi gridolini acuti riempirono la stanza. Non mi importava che qualcuno potesse sentirci, ero sull’orlo dell’orgasmo e niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi.
Mi lasciai cadere sul letto di lato trascinando Marco sopra di me. Portai le sue mani sul mio petto come supporto e lo afferrai per i fianchi, con una presa salda. Lo guidai su e giù, imponendogli un ritmo serrato. Avevo quasi dimenticato che Dario fosse lì, fino a quando non si fece più vicino, incoraggiandomi.
«Si, amico mio, sfonda il frocetto, rompigli il culo!» Sospirò al mio orecchio, ricominciando a masturbarsi lentamente.
«Ti prego, si, riempimi il culo di sborra!» Gridò Marco un attimo dopo, mandandomi letteralmente fuori controllo.
Spinsi con i fianchi, premendo l’intera asta dentro di lui. Sentii le mie palle contrarsi e il cazzo pulsare ferocemente mentre scaricavo una sborrata colossale nel buco accogliente del mio fratellino. E allo stesso tempo lui gridò di piacere stringendosi forte a me.
Restammo così, senza fiato, sudati e con il cuore che batteva all’impazzata.
«Bel lavoro, troietta, e adesso preparati ad ingoiare il mio sperma!» Disse Dario raddrizzando la schiena, inginocchiato accanto a me. Un attimo dopo lo vidi schizzare sulla lingua distesa di Marco che inghiottì con piacere ed evidente soddisfazione. Poi Marco ricadde sul mio petto, esausto e io lo riabbracciai stretto, avvolgendolo tra le mie braccia. Aveva le labbra arrossate e scosse da un leggero tremito mentre il mio cazzo che oramai si stava sgonfiando lentamente usciva dal buco. Il suo respiro si era fatto lento e regolare, segno che probabilmente si era addormentato e presi ad accarezzarlo continuando a stringerlo tra le mie braccia.
Qualche minuto dopo, lo liberai cercando di farlo scivolare sul mio letto il più dolcemente possibile. Quando riuscii ad alzarmi però sentii la sua voce.
«Adesso posso togliere la benda?» Chiese innocentemente.
«No!» Ringhiai rapido, sperando di aver alterato a sufficienza il mio tono di voce.
«Va bene, è che non voglio che mio fratello mi scopra,» disse. «Voglio continuare a fare sesso ma se ci scopre non lo potrò più fare.»
Che troia, dopo quello che gli avevamo appena fatto pensava già alla prossima scopata.
Mi avvicinai e gli sussurrai all’orecchio. «Quando senti la porta chiudersi, la puoi togliere.» Lui annuì convinto.
Raccolsi i miei vestiti e prima di uscire dalla mia stanza vidi Marco annusare la mia biancheria intima e iniziare a masturbarsi. Ringraziai silenziosamente Dario, poi uscii chiudendomi la porta alle spalle.
Mi ritrovai a sorridere tra me nella penombra del corridoio, pienamente soddisfatto. La nostra prima scopata era stata eccezionale, ed ero certo che la prossima volta sarebbe stata ancora meglio!
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Questo è per te Anni, per dirti che dentro te ho scoperto un amico vero, un fratello che conosce i miei contorni e gli fa il solletico continuamente facendomi divertire, ma anche emozionare. Ti voglio troppo bene, sfrutta ciò per diventare ciò che vorresti essere davvero. Ambizioni, sogni, bisogni e obiettivi. Appoggiati alle mie spalle quando penserai di non essere in grado e ricordati davvero never back down perché ti conosco e so di che cosa puoi essere capace. Ma devi essere tu il primo a metterci la forza necessaria, io ti aiuterò a modo mio. Non sei e non sarai solo.
Questo è per te Andre, per dirti che il mio amico di qualche anno fa un po' mi manca, ma che capisco tutti i cambiamenti inevitabili. Spero tu riesca a trovare la tua strada prima che gli eccessi ti consumino e che tu sia capace di tornare da me come una volta, anche se come sempre... il ricordo di noi da piccoli è una delle cose più care che ho e, allo stesso modo, la nostra amicizia. Alle volte, per dimostrarti (e dimostrarmi) quel senso di quotidianità che provo ogni volta che ci vediamo (nonostante le distanze), metto in secondo piano tutte le cose che vorrei dirti, su i miei pensieri, su i tuoi angoli e sul filo fino e tanto forte che ci unisce... non sarai mai solo.
Questo è per te Ni, per dirti che nessuno è perfetto, ma che tutti abbiamo delle caratteristiche proprie che ci rendono speciali. Per dirti che sei pieno di qualità e che non hai nessun motivo di sentirti 'meno' davanti a qualcun altro. Per dirti che non c'è nulla di male nel mostrare le tue debolezze perché, più le nascondi, più ti appesantiscono e soprattutto che le etichette sono solo dei limiti, che sei capace di fare e di dare tanto, ma anche che nulla ti è dovuto, neanche gli amici.
Questo è per te Simo, vorrei poterti dire qualcosa di più, ma adesso viene difficile anche a me. Non ti do colpe, lo vedo che sei tu così, lo accetto ma mi sento in dovere di rispettare i miei istinti, di dimostrarti calore, allegria e amicizia pura se mi viene, e più mi respingi e più mi intestardisco. Non ti nascondo che mi stanco anche, ci sono momenti che ti lascio stare e ci rinuncio pensando 'ma chi me la fa fare', ma poi penso che l'affetto può solo salvare, mentre di solitudine si può morire e la speranza si riaccende in me e ti chiedo 'dimmi che tipo di amica vorresti che io fossi', ma non per altruismo o pietà o chissà che, ma solo perché ti voglio bene e ancora non sono capace di accettare la tua amicizia così apatica com'è...
Questo è per te Alex, per dirti che ti amo. Per dirti che hai il cuore puro e non di non farti abbindolare dal mondo. Hai gli occhi pieni di entusiasmo e sogni, e spero che imparerai a farti forti le braccia perché non basta sognare, ma devi muovere te stesso e il tuo formaggio se vuoi davvero ottenere qualcosa. Volevo dirti grazie perché con te sono riuscita a realizzare quel rapporto che desideravo, quel rapporto lontano dalle cose che mi facevano stare male con Nicolò, e che mi sta permettendo di mettere in discussione tutta me stessa e i miei angoli tanto polverosi e appuntiti. Grazie per la tua gentilezza sconfinata, sei gentile anche quando ti arrabbi ed è così difficile da immaginare. So che hai tante cose dentro che ancora non conosco, ma tutto ciò non può che entusiasmarmi perché mi piace scoprirti piano piano e mi fa sentire innamorata di te sempre. Ti proteggo
Questo è per te Fra, per dirti che Parigi è lontana, ma tu mai. Per dirti che hai più forza di quella che pensi di avere e che mi dispiace di non essere una buona amica. Ho difficoltà ad aprirmi sempre, ma parte di me e del mio mondo io la dedico interamente a te. Non so se avremmo questo rapporto, se non fossimo sorelle, ma vorrei dirti che io sono ciò che sono anche grazie a te. Sei parte della mia vita letteralmente da sempre e ancora sei così sconosciuta per me. Tante volte non mi sento in grado di scoprirti e penso 'menomale che ha Sara' perché non so comportarmi come vorresti o come necessiteresti e mi sento di otto anni ogni volta. Ti ammiro da che ne ho memoria e apprezzo probabilmente anche da prima. Anche quando mi facevi stare fuori perché (giustamente) volevi stare con le tue amiche da sola, io non potevo che darti ragione e quasi mi facevo la colpa di essere più piccola di te di quattro anni e di non essere ancora l'amica che già eri per me. È per questo che non sono venuta ai tuoi 18 anni, per non metterti difronte alla difficoltà di dirmi di stare fuori o comunque di non riuscire a stare come volevi con i tuoi coetanei a causa mia. Ti voglio bene e mi manchi già tanto, ma ti penso sempre con il sorriso. Non sarai mai sola. Sono qui per te, sempre.
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"Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così"
Mi ricordo che leggevo queste righe nell’estate del 2011. Era il racconto di un’estate di parecchi anni prima, e scorribande di ragazzini, si parlava di parenti che ci facevano arrabbiare, e di alberi abbastanza alti da potercisi rifugiare, arrampicandosi. Io la mia vita la vedevo così. Io la mia vita la volevo così, spensierata e tranquilla, ma avventurosa: come un giardino enorme di una grossa casa quando sei ancora piccolo. Mi sembrava ai tempi un luogo meraviglioso ancora tutto da esplorare. Io la mia vita ho sempre desiderato costruirmela così, riempirmela ogni giorno di piccole missioni e peripezie che a guardarle poi indietro riconosci chiaramente come giochi infantili e vezzi fanciulleschi, ma che ai tempi sembrassero il centro di un mondo, e la cosa più importante di tutta la vita. Non ho mai desiderato cose pazzesche e incredibile e speciali. Solo sempre cose vive e forti, e mie. Non ho mai desideravo avere tanto, speravo solo di rimanere sempre così entusiasta del mio qualcosa. Con il passare degli anni, c’è stato persino chi mi ha detto che gli facesse schifo l’idea che si potesse essere così felici di qualcosa che era così lontano dall’essere tutto. Eppure, se riguardo indietro, sono queste le cose più belle che mi ricordo nella vita: leggere queste righe di Italo Calvino su quando il protagonista del romanzo faceva per la prima volta l’amore, poco prima che succedesse a me stessa, e ricordarmi poi in quel momento di queste parole, e sentirle. quando io e Crici ci trovavamo dopo scuola e ci compravamo a vicenda le caramelle perchè era il nostro rito, e andavamo a mangiarle nel nostro solito posto, discutendo di come volessimo dividercele (vuoi le nere o le rosse?) cercare in tutti i modi di sedermi vicino al mio fidanzatino delle medie a lezione di clarinetto, perchè era l’unica lezione che facessimo insieme
la poesia di Archiloco sulle emozioni e la misura che mi ero presa tanto a cuore in quarta liceo
e dire a Leo che è un ingorgo anzi che un ingordo, perchè noi ci dicevamo così
innamorarsi stupidamente di Guglielmo sapendo benissimo che mi avrebbe fatto soffrire
e incaponirsi nonostante sapessi che era finita
e parlare con Simo di film su un divanetto del quo vadis, sentendo in me crescere l’emozione di aver conosciuto una persona così interessante
tornare da Milano in treno alla mattina con marghe dopo la serata più schifosa di sempre, ma che sempre verrà ricordata come la migliore
e aver sentito così forte, in quel momento, che fosse l’inizio di una nuova era
conoscere Gaya Parigi e innamorarmi di lei a un suo “Ullallà”
ridere con la mia famiglia del numero di tate che abbiamo avuto, e di tutte le loro particolarità
e sentire Giulia così vicina al mio cuore da non doverglielo nemmeno spiegare
conoscere Greta e sapere immediatamente che saremmo state amiche per sempre
e organizzare feste con gli amici di sempre ed altri nuovi nuovi e, tutti, sentirci una famiglia
e conoscere Matteo e scoprire piano piano che forse non sapevo tutto nemmeno questa volta che mi ero convinta che niente potesse più sorprendermi
e rileggere questa frase di Calvino oggi e capire che non mi ero forse riconosciuta poi così tanto al tempo oppure sì, ma oggi, di nuovo, ho così tanto da scoprire e così tante cose in cui mi posso riconoscere
e sentire tutti questi pezzettini di me venire attirati a calamita nel vivo del mio cuore a completare un po’ un puzzle che non si sa ancora che cosa vorrà mai esattamente rappresentare ma che sembra finalmente magnificamente completo ogni volta che ci aggiungo un pezzettino.
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Grazie Silvia per far parte della mia vita, ad oggi senza i tuoi consigli, senza il tuo modo di farmi ragionare per trovare soluzione a quelli che sono i miei piccoli dubbi esistenziali che spesso non mi lasciano andare avanti, non sarei di certo la persona che sono oggi. Vedrai che un giorno la vita ci permetterà di essere felici, come dici sempre tu ‘Tempo al Tempo’. Ti auguro una vita felice. Sappi che per te ci sarò sempre
Grazie Alessia perché riesci sempre a farmi ridere, nonostante ci separano tanti km, grazie perché sei sempre lì ad ascoltarmi, a darmi forza, ad appoggiarmi nei miei piccoli successi e, se un giorno riuscirò a completare il mio progetto gran parte sarà dedicato a te perché credi in me e non dimenticherò mai il sostegno che mi hai dato. Sei una ragazza dolcissima e sperò che la vita continuerà a sorriderti. Non vedo l’ora di vederti, ma soprattutto di abbracciarti bischera del mio cuore.
Grazie Francesca, diciamo che con te è iniziato tutto questo, sei stata la prima persona con cui mi sono sentita. Eri cosi piccola ma allo stesso tempo cosi grande. Ho sempre ammirato la tua capacità di esporti senza problemi, di dire quello che pensi e di credere in ciò che dici. Fin dall’inizio non avuto problemi ad aprirmi con te, sei sempre stata dolcissima, mi trasmetti serenità e voglia di continuare. Grazie perché con te ho condiviso le prime gioie che poi si sono trasformate in grandissime gioie, grazie per avermi contattata. Ti auguro il meglio mia dolce Francy
Grazie Helena, grazie perché sei sempre lì ad ascoltare i miei scleri, nonostante questo non sia stato uno dei momenti più belli della tua vita. Ci dividono così pochi km ragion per cui avrei voluto esserti vicina fisicamente, perché so quanto fa male perdere il pilastro della nostra esistenza, ma tranquilla, non demordere, loro non ci lasciano mai, sono sempre lì con noi soprattutto nei momenti più difficili. Sei una ragazza d’oro e spero di vederti molto presto. Grazie di tutto.
Grazie Simona, perché riesci sempre a farmi ridere, grazie perché anche tu come le altre mi trasmetti serenità, può sembrare banale ma devo dirlo, una sera stavamo parlando di discorsi un po’ delicati perché riguardano il nostro pensiero personale, dopo che entrambe abbiamo espresso le nostre teorie, mi hai scritto ‘ Sei una persona molto profonda’, può sembrare una semplice frase, ma per me in questo periodo che dentro di prevale lo sconforto, ha un significato immenso. Grazie perché senza la tua ironia, senza le tue battute il gruppo non sarebbe cosi bello. Spero che il tuo spirito di vita continui a darmi sempre forza, ti auguro il meglio mia dolce Simo.
Grazie Sara, perché con le tue battute riesci a farmi ridere sempre, ti sento molto simile a me, in ogni situazione, abbiamo scelto diciamo una strada uguale, grazie dei consigli, ne farò tesoro. Vai sempre avanti, a testa alta e non voltare mai pagina, quella è la strada giusta…solo se ci credi tu.
Erica.. mmmh cosa posso dire di te... da te iniziarono le nostre gioie più grandi, con la tua dolcezza sei arrivata al cuore di tutti, ti vedo un po’ come la mamma di questo gruppo, perché sei sempre lì a preoccuparti per noi, tu che con le tue paranoie riesci sempre a farci venire l’ansia ma che riesci anche strapparci i sorrisi migliori con i tuoi scleri... Grazie di tutto, spero che la vita ti possa sorridere sempre.
Carmen.. è stato bello poterti abbracciare ,anche se quel abbraccio è durato poco, sei una ragazza cosi dolce, spero di rivederti molto presto e passare un po’ più di tempo insieme.
Ed infine il mio grazie va a voi G&G, grazie perché mi avete regalato emozioni grandissime ma soprattutto grazie a voi ho conosciuto delle amiche fantastiche con cui condividere la mia vita. Grazie G, perché mi hai rivoluzionato il mio modo di vivere con la tua filosofia di vita, grazie per avervi insegnato a rispettare le opinioni altrui, grazie per esserci sempre anche con un semplice messaggio. Grazie G, perché mi dai sempre speranza e voglia di vivere, continua sempre ad essere quella che sei, non smettere mai di sognare e ricorda ‘ MAI DIRE MAI’ ... ( io ancora infondo ci credo)
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Hai stretto un'amicizia davvero imporirtante su tumblr? Se sì ne puoi parlare?
ho stretto alcune amicizie importanti per me qui, persone che pur abitando lontano rientrano nella mia quotidianità sentendole tutti i giorni (tipo key tvb)però se devo parlarne di una in particolare penso a simo, che è come un fratello ormai.quando mi sono ritrovato nel primo gruppo con lui all'inizio non ci parlavamo affatto, poi una mattina non so come abbiamo iniziato a parlare dei succhiotti che mi avevano lasciato la sera prima (HAHAHAHAH) e abbiamo fatto amiciziatra di noi parliamo di ragazze, calcio, roba ignorante, un po' di tutto, anche se il mio argomento preferito è me che lo insulto o lo invito a morire e niente, non sono capace di dimostrare affetto purtroppo, però simo tvb gay di merda @sentimentitrattenuti
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IT: L’uova
Ciao ragazzi!
Oggi vorrei condividere una storia speciale con voi che si chiama “Il Uovo”, scritto da Andy Weir. La nostra coinquilina Izzy mi ha mostrato pochi giorni fa. In un modo strano, la storia mi ha toccato molto però leggilo pure tu. Se vuoi condividere i tuoi pensieri con noi, sentiti libero di scrivere questi nei commenti.
Saluti
- Eric
L’uova
di Andy Weir
Stavi andando a casa quando sei morto.
E’ stato un incidente d’auto. Nulla di particolarmente eccitante, ma comunque fatale. Hai lasciato una moglie e due bambini. E’ stata una morte relativamente indolore. I medici del pronto soccorso hanno fatto il possibile. Non è servito. Per com’eri conciato, fidati. E’ meglio così.
Poi mi hai incontrato.
«Cos’è successo?», mi hai chiesto. «Dove sono?»
Te l’ho detto senza girarci tanto intorno: «sei morto». Non avrebbe tanto senso misurare le parole.
«C’era un furgone, scivolava…»
«Già»
«Sono… Sono morto?»
«Già. Ma non preoccuparti troppo. Muoiono tutti», ho detto io.
Ti sei guardato intorno. Non c’era altro che nulla. E poi solo io e te. Hai chiesto «che posto è questo? L’aldilà?»
«Più o meno»
«Sei Dio?»
Ti ho risposto «Sì. Sono Dio.»
«I bambini? Mia moglie?»
«I bambini e tua moglie cosa?»
«Se la caveranno?»
«Così mi piaci. Sei appena morto e ti preoccupi solo della tua famiglia. Ben fatto.»
Mi guardavi affascinato. Non ti sembravo un Dio. Sembravo solo un uomo. O forse una donna. Una vaga figura autoritaria, più la maestra dell’asilo che l’onnipotente.
Ti ho detto «tranquillo, staranno bene. I tuoi bambini si ricorderanno di te come una specie di essere perfetto. Non hanno avuto il tempo di scoprire i tuoi difetti. Tua moglie sta piangendo, ma in realtà dentro di sé è sollevata. Diciamocelo, il tuo matrimonio stava andando a pezzi. Se ti può consolare, si sentirà orrendamente in colpa di sentirsi sollevata.»
Hai detto «Oh», e poi «E adesso che succede? Vado all’inferno, in paradiso o dove?»
«Nessuna delle due cose. Sarai reincarnato.»
«Ah, allora gli Hindu avevano ragione» Ho detto «tutte le religioni hanno ragione, in un certo senso. Cammina con me.»
Mi hai seguito mentre passeggiavamo nel vuoto nulla. «Dove andiamo?» «Da nessuna parte. E’ che mi piace camminare mentre chiacchero»
Mi hai chiesto «ma allora, come funziona? Quando rinascerò sarà tutto cancellato no? Un neonato. Tutta la mia esperienza e tutto il resto che ho fatto in questa vita non importeranno più.»
Ti ho detto «sbagliato! Hai dentro di te tutta la conoscenza e l’esperienza di tutte le tue vite passate. E’ solo che ora non le ricordi.»
Mi sono fermato, e ti ho afferrato per le spalle. «La tua essenza è più magnificente, meravigliosa e grandiosa di quanto tu possa immaginare. Una mente umana può contenere solo una frazione minuscola di quel che sei. E’ come mettere il dito in un bicchiere di acqua per vedere se è calda o fredda. Metti un tuo pezzettino nel contenitore e quando lo tiri fuori hai imparato tutta l’esperienza che conteneva.
«Sei stato dentro a un umano per gli ultimi 48 anni. Per questo non ti sei ancora stiracchiato bene e non hai percepito la tua immensa coscienza. Se stessimo a perder tempo qui per abbastanza, inizieresti a ricordare tutto. Ma non serve a niente farlo tra una vita e l’altra.»
«Quante volte mi sono reincarnato allora?»
Ho detto «ah, moltissime. Più di moltissime. E in moltissime diverse vite. A questo giro sarai una contadina cinese del 540 dopo Cristo.»
Mi hai risposto quasi sconvolto «aspetta un attimo! Mi stai mandando indietro nel tempo?»
«Se la metti in questi termini, forse tecnicamente sì. Il tempo come lo intendi tu esiste solo nel tuo universo. Da dove vengo io funziona un po’ diversamente»
«E da dov’è che vieni tu?»
Ti ho spiegato che «beh di certo vengo da qualche posto. Qualche altro posto. E ce ne sono altri, come me. So che vorresti sapere com’è laggiù. Ma fidati, non ci capiresti niente.»
Mi hai risposto deluso «oh. Ma aspetta un attimo. Se mi reincarno in altri posti e tempi, potrei aver interagito con me stesso, a un certo punto.»
«Certo, capita di continuo. Ma col fatto che nessuna delle due vite ha coscienza di altro che sé stessa, non te ne accorgi»
«E quindi che senso ha?»
Ti ho chiesto «sul serio? Mi stai seriamente chiedendo il senso della vita? Non ti sembra un po’ stereotipato?»
Hai insistito: «è una domanda ragionevole».
Ti ho guardato negli occhi. «Il senso della vita, il motivo per cui ho creato questo intero universo, è perché tu possa maturare»
«Vuoi dire l’uomo? Vuoi che l’umanità maturi?»
«No, solo tu. Questo universo l’ho fatto per te. Con ogni nuova vita cresci e maturi e diventi più grande e più intelligente.»
«Solo io? E tutti gli altri?»
«Non esiste nessun altro. In quest’universo ci siamo solo io e te»
Mi hai guardato strano «Ma tutta la gente del mondo…»
«Tutte te. Diverse incarnazioni di te.»
«Aspetta. Sono tutti!?»
«Ci stai arrivando», e mentre lo dicevo ti ho dato una pacca sulla spalla, per congratularmi con te.
«Sono ogni essere umano mai esistito?» «E che mai esisterà, sì»
«Sono Abramo Lincoln?»
«E sei anche il suo assassino», ho aggiunto.
«Sono Hitler?», l’hai detto con un’espressione raccapricciata.
«E sei tutti i milioni di persone che ha ucciso»
«Sono Gesù?»
«E tutti i suoi seguaci»
Sei stato zitto.
Ti ho detto «tutte le volte che hai vittimizzato qualcuno, vittimizzavi te stesso. Ogni gesto carino che hai fatto l’hai fatto a te stesso. Ogni momento felice e ogni momento triste che ogni umano ha mai vissuto e mai vivrà, li hai vissuti tu.»
Ci hai pensato per un bel po’.
«Perché? Perché fare tutto questo?»
«Perché un giorno sarai come me. Perché è questo quello che sei. Uno della mia specie. Sei mio figlio.»
«Wow. Vuoi dire che sono un dio?», lo hai detto ma eri incredulo.
«No, non ancora. Sei un feto. Stai crescendo. Una volta che avrai vissuto ogni vita di ogni essere umano in ogni momento, sarai abbastanza grande da nascere»
«Quindi l’intero universo è solo…»
«Un uovo», ti ho detto. E poi ho aggiunto «è ora che tu vada.»
E ti ho mandato per la tua strada.
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un sentitissimo ringraziamento a Samu, al Ciso, a Fox, a Dante, a Gardo, a Bazooka, a Recine, a Simo Anzani, a Tommy Beretta, a Ludo Dolfo, a Pippo Vedovotto, al mitico Lorenzetti, a tutti gli amici sparsi per il mondo, a tutte le squadre più o meno importanti che stanno spendendo un po’ di tempo per noi (e sicuramente sto dimenticando qualcuno).
#volleytrevisoacasamia
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Happy Birthday, 20
Esattamente due anni fa stavamo ridendo sopra un big mac per i tuoi 18. Non credevo che adesso ti avrei guardato da lontano, da così lontano.Ma ci sto riuscendo. Ad oggi, posso dirti che sto andando avanti. Sono due mesi più o meno che non ti sento addosso. Ieri, ho pianto di nuovo per te dopo mesi. Non me l’aspettavo, è successo così da un minuto all’altro. Forse sto scontando a piccoli pezzi il grande pianto che non ho mai fatto, lo sai che non so lasciarmi andare così tanto. Ti ho sempre riconosciuto come casa, sei stato e a volte sei ancora la mia casa. Quando non so cosa fare o come reagire, penso sempre a cosa faresti tu. Penso a cosa mi hai insegnato. Ma è il momento di iniziare a creare la mia capannina. Per ora c’è solo un mucchio di foglie, ma sto iniziando a cercare i legnetti. E presto ci saranno le fascine, poi i tronchi. Forse ero troppo piccola per capire che non tutto è una favola, che non ero così indistruttibile come credevo di essere. Avevo solo bisogno di qualcuno che mi rompesse le ossa per capire che sono abbastanza testa dura da ricostruirmele da sola. Ho smesso di chiedermi se mi stai pensando o se ti manco, so che non lo sai. O forse sì, ma giusto per caso. Io ora ti penso con un sorriso. Penso che se è successo è successo per un motivo, tutto succede per un motivo. Io ti ho insegnato a metterti in gioco, e tu mi hai insegnato prima ad avere un petto su cui poggiarmi, poi ad avere le spalle grosse. Ad essere il mio stesso petto d’acciaio. Non me la passo bene in questo periodo, forse lo sai o forse lo immagini. O forse non te ne frega un cazzo. I panni sporchi in casa stanno moltiplicando, a scuola pure. Con manu è sempre un vai e vieni, ci sono sempre per lui, per qualsiasi cosa, e lui c’è per me. Ma la morbosità non è ciò di cui ha bisogno, e se mi risponde dopo tempo forse è per farmelo capire. Non voglio fare gli stessi sbagli, quindi cerco di stare un po’ alla larga per non dargli (troppo) fastidio, o almeno ci provo. Voglio che passi del tempo con me perchè gli fa piacere, non perchè si sente in dovere di farlo. Sto uscendo un po’ di più con amiche di scuola, quelle del gruppo, forse te ne ho parlato, non ricordo. Ma sai come sono, non sono mai nel posto giusto. Forse devo ancora trovarlo. O forse l’ho trovato e poi l’ho perso. O forse ti ho avuto solo per capire come dev’essere casa mia. Come dovrà essere. Per capire cosa vuol dire appoggiarsi completamente senza aver paura di cadere. Volare essendo sicura che la cera che tiene insieme le mie ali non si scioglierà. Non so cosa provo per te in questo momento, non ho rancore, quello non l’ho mai avuto. Forse ho un po’ di rimpianti, vorrei dirti tutte le cose che non sono riuscita mai a dirti. Vorrei dirti che non riesco più ad abbracciare, lo sai? Mi stacco molto presto quando qualcuno lo fa, o se mi viene l’impulso di abbracciare qualcuno mi sento in imbarazzo. In fin dei conti era cosa nostra, gli abbracci, no? Non sono per tutti. Ti lascio dicendoti che ora so cosa vuol dire avere paura. Ora lo so davvero. Ma, come ho già detto, la mia capanna sta crescendo, i miei muri si stanno alzando e il mio petto sta per completare l’otteto, spero capisca il riferimento in chimica ahah. Ti lascio veramente con queste parole, di una canzone che conosciamo bene:
Proprio ora, adesso, che ho capito la strada Ho smarrito correndo le mie chiavi di casa Ho sentito il bisogno di vederti arrivare Son dovuto andar oltre per poter ritornare E mi ricordo l'odore, lo strano sapore che avevamo addosso Solo noi, a dare un senso ad ogni limite Perché non mi è servito a niente rimanere solo E non è vero che il silenzio puó risolvere Avrei dovuto dirti prima di partire Di lasciare indietro una ragione per tornare
Quest’anno gli auguri non li sentirai proprio da me, ma voglio comunque farteli. Buon compleanno Simo, spero che tu li passi nel migliore dei modi.
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AllaDisco Clubbing Team: Dino Brown, centromediano metodista (olè!)
Abbiamo incontrato (purtroppo solo virtualmente, perché quando lo vedi un bel po’ di energia passa) Dino Brown, ormai simbolo di m2o e Samsara Beach… che abbiamo subito messo in formazione come centromediano metodista. Non so mica cosa vuol dire, ma mi sembra un ruolo di concetto e Dino la testa ce l’ha…
Che succede nel tuo mondo musicale in questo periodo?
Da poco è uscito il mio nuovo singolo, “Jazzy “, l’ho prodotto con Simo Romanus & Kilian Taras Feat Gemeni… e sta andando bene. Il bootleg di “24k Magic” di Bruno Mars ed il mio programma radiofonico "Controtendance" sono candidati ai DMA, il bootleg di “You don 't know me " di jax jones va alla grande ( ha superato le 130.000 views su YouTube ) , abbiamo prodotti nuovi e interessanti bootleg ( tra gli ultimi “Something Just Like this" dei Coldplay insieme ai Chainsmokers… E poi tante serate in giro per l’Italia
Che succede di bello secondo te nel mondo del clubbing ?
La saturazione del mercato porta ad una scrematura sempre più eccessiva delle produzioni in circolazione. E’ un bene, così si distingue solo chi ha una idea forte e fa le cose in un certo modo… l’Italia piano piano sta riprendendo una piccola fettina di mercato, c'è un ritorno al passato che , mischiato con il presente, riporta in auge pezzi che hanno fatto la storia.
Miami o Ibiza? Salento o Riccione (…) come sarà la primavera estate 2017 di chi ha voglia di ballare?
Il Salento oramai è una realtà importantissima per noi italiani: lì ci sono quelle eccellenze che portano in alto il clubbing "Made in Italy”, una su tutti il Samsara Beach che quest'anno farà benissimo anche a Riccione… E poi il BluBay, il RioBo, ovvero due locali di cui vantarsi anche all'estero. La Romagna ha delle ottime carte per ritornare in auge più che mai, grazie anche all’arrivo del Samsara ed alle realtà che da sempre l'hanno contraddistinta, ovvero Cocoricò, Baia Imperiale ed Altro Modo Studios… E tra Miami e Ibiza scelgo la seconda.
Ci segnali il pezzo dance che ti piace di più in questo periodo? E quello non dance?
Amo moltissimo Ed Sheeran e Bruno Mars. E tra i brani dance ne scelgo tre: Jax Jones - You Don't Know Me ft. RAYE, Alesso - Falling e Sunnery James & Ryan Marciano and Eddie Thoneick - Drums Of Tobago
https://www.youtube.com/watch?v=PKB4cioGs98 https://www.youtube.com/watch?v=YVPrCdChOAk https://youtu.be/bG9qxYy0Sgs
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