#siamo un casino
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Entrare dentro un cuore per caso e poi decidere di restare. Lo sai che non ci ho mai creduto fino a quando non ho ascoltato il tuo che faceva un gran casino e che batteva in modo strano, proprio come il mio.
Insieme siamo un casino stupendo ❤️
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oi piccolino la scuola non è ancora finita
è ora di andare a letto
Peccato che non vado domani
#asks#siamo occupati con appuntamenti e roba con documenti riguardo cosa era successo#specialmente dopo il compleanno#domani mattina è un casino quindi è meglio non andare a skuola#però ho tanta voglia di dormire
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Siamo qui a rompere i maroni dicendo che in Nazionale ci vanno solo quelli che se lo meritano e che siccome rappresentano l'Italia allora devono essere persone perbene e vai a richiamare POLITANO che ti ricordo che ha messo la faccina LOL quando hai perso perche' non l'avevi chiamato. DI COSA PARLIAMO.
#questa cosa che lui deve ASSOLUTAMENTE chiamare ogni italiano del napoli mi sta facendo imbestialire#non ho nietne contro il napoli anzi sono felice che assieme all'inter sia una delle poche squadre che da' valore ai calciatori italiani#ma come siamo ancora qui nell'anno del Signore 2025 a dire che dobbiamo chiamare i giovani e poi di nuovo chiamiamo di lorenzo#ma bellanova no#e come ti permetti di dire CHIESA SI E' ROVINATO IN INGHILTERRA#dopo il casino post europeo dove hai offeso i calciatori pensavo che avessi imparato#e invece no perceh' sia mai che impari#HO I NERV E MANCA ANCORA UN MESE ALLA PAUSA
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Aumentano, per mia enorme felicità, i momenti in cui io e Lilly siamo da soli, seduti sul divano o mangiando una torta insieme in una Bäckerei, e parliamo di quello che sentiamo, cosa ci rende felici, cosa ci rende tristi, cosa sogniamo, cosa temiamo, quei discorsi che tanto avrei voluto fare con una figlia, e che adesso non mi rendo conto manco io di come sia stato possibile che diventasse il mio presente.
Proprio l'altra sera, mentre eravamo immersi nei nostri discorsi, mi lancia una domanda complicatissima:
Sei il mio ultimo papà? O dovrò andare di nuovo via quando sarò grande?
Modulo sempre il mio comportamento con chi ho di fronte, perché gli adulti elaborano, quasi sempre la versione opposta a quella che avevi in mente, perché bisogna dimostrare di essere più intelligenti e furbi di chiunque, ma lei per fortuna non è una adulta, e le ho detto l'unica verità possibile, ovvero che se merito di essere suo padre non avrà alcun bisogno di andare via, sceglierà lei chi la rende felice, e potrà restare con me finché vorrà, e che spero sia quanto più a lungo possibile.
Caso voglia che questa domanda sia arrivata proprio la sera di quella giornata dove ho incontrato il suo vero padre, un ragazzo di circa 25 anni che ha avuto Lilly quando ne aveva 20, mi ha raccontato tutto quello che gli è successo negli ultimi 4 anni, non aveva la più pallida idea di cosa fare e ha preferito dimenticare quella scelta perché non si sentiva pronto. Dove mi ha stretto il cuore è stato quando mi ha raccontato di tutte le volte che Lilly cercava un suo abbraccio e lui si è girato dall'altra parte, oltre all'immagine pesante in sé da gestire è stata la prova del perché io ho impiegato tantissimo tempo a costruire la mia fiducia con lei, per mesi mi ha rifiutato, era come se fossi trasparente ai suoi occhi, nonostante tutti i miei sforzi di cercare un contatto con lei, quando il vero motivo era che aveva semplicemente perso fiducia in quello che per lei rappresentava l'idea di padre, e si era rassegnata all'idea di non averne uno, forse pensava di non meritarlo. Dico queste cose senza alcun giudizio verso questo ragazzo, ho il doppio dei suoi anni e sto imparando solo adesso cosa voglia dire prendersi cura in modo profondo di qualcuno, non oso nemmeno immaginare la sensazione di panico che possa aver provato all'epoca e che l'ha portato a scappare via, a non cercare più per tanto tempo un contatto con la propria figlia, al punto tale che non ha più ricordi di lui (sarà un casino organizzare il suo primo incontro), e che adesso che ha scelto di rivederla, a maggior ragione che la legge tedesca non gli perdona questo errore e non si torna più indietro, si rende davvero conto di cosa abbia perso.
E forse questa è l'unica cosa che mi rende diverso, non migliore, è che io di persone importanti nella mia vita ne ho perse, a ragione o a torto, per scelta o per caso, e mi ricordo di ognuna di queste, ognuna mi ha lasciato dentro una cicatrice, e la somma di tutte loro è il filo che mi lega a questa bimba di quasi 5 anni.
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Ieri ho visto il film di Paola Cortellesi. Da poco ho finito di leggere Ragazze elettriche di Naomi Alderman, dopo aver letto un po’ di cose di Margaret Atwood. Sto approfondendo lo studio dei miti greci. Diciamo quindi che sto parecchio carica di fomento rabbioso.
Oggi appare palese che Giulia Cecchettin sia stata ammazzata da quella merda dell’ex fidanzato, definito dai più “tutto sommato un bravo ragazzo. Magari un po’ geloso ma bravo”. Si prosegue a minimizzare, a giustificare, a incolpare le donne che si permettono di andare in giro con le cosce di fuori, addirittura da sole nella notte, e che si lamentano se incontrano i lupi.
Allora, mortaccivostra, io non solo continuo ad andare in giro con le cosce da fuori di notte da sola ma mi porto un taglierino e zaccagno la gente. Perché va bene essere sempre accort*, evitare “situazioni pericolose” (poi di grazia ci fate un elenco di situazioni pericolose e situazioni normali. Magari ce lo fa l’ennesimo uomo che vuole insegnarci a vivere), ma porcodio se al prossimo commento, alla prossima occhiata laida non richiesta, alla prossima mano sulla spalla con fare paternalistico, qualcuna caccia un coltello e inizia a tagliare cazzi come fossero zucchine, voglio leggere che “comunque è una brava donna. S’era solo rotta il cazzo”.
E invece di zaccagnare apparati genitali maschili, andiamo a manifestare contro la violenza sulle donne. Ma vi rendete conto di che cazzo vuol dire questa cosa? Andare a manifestare per sollevare una questione. Una manifestazione. Una cazzo su manifestazione partecipata soltanto da chi a queste cose è già sensibile e sensibilizzato. Sfilare mentre i tassisti avvelenati per le strade bloccate fischiano e urlano che siamo tutte troie. MA IO VE SFONNO LE MACCHINE E LE CAPOCCE.
Vorrei bruciare tutto, fare un casino di dio, e ho una rabbia dentro che mi spaventa e confonde i miei pensieri di donna ultra quarantenne. Questo perché mi riporta a galla tutte le occhiate, i commenti, le mani addosso che mi hanno fatto sbroccare negli ultimi trent’anni.
Sono millenni, MILLENNI, che affossate, incatenate, picchiate, bruciate, uccidete le donne e il perché è palese, ma sto senso di inferiorità che vi scatena la violenza fatevelo curare con terapia e psicofarmaci.
LI MORTACCI VOSTRA E DI CHI VI HA EDUCATO A ESSERE LA MERDA CHE SIETE.
Aggiornamento per me delle 19,26. Non appare più evidente. Giulia Cecchettin è stata ammazzata e il corpo è stato trovato. L’assassino è in fuga e i genitori dicono che è meglio che si costituisca per spiegare. PER SPIEGARE.
Diocane.
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Il problema di questo Paese non e' Toti (o i politici come lui) ma i milioni e milioni di cittadini Toti-imitatori. Sembriamo un Paese infettato, fallato, dove i simil-Toti sono tanto emulati e mai ferocemente condannati. Non sono molti i cittadini che rifiuterebbero l'invito di qualcuno a passare vacanze "a scrocco" su uno yacht. C'e' una contropartita? -"Fa niente, tanto a me non costa nulla".
Una concessione, un appalto, un prestito bancario, l'assunzione di un figlio o parente presso qualche ente di Stato, la nomina a Preside di qualche facolta' universitaria o a primario d''ospedale, fiches per il casino'. "Tanto a me non costa niente".
La ristrutturazione di una casa, la riparazione dell'auto, una lavatrice, due chili di bistecche, qualche bottiglia di vino pregiato. "Tanto a me non costa niente."
Piu' che un Paese moderno, sembriamo un Paese rimasto all'epoca del baratto, di una mano lava l'altra... uno stivale abitato da troppi "pedrito el drito". Un condono edilizio a me e tanti voti a te. Tu mi strappi la multa e io ti do una busta d'arance. Tu chiudi un occhio sugli scontrini e io ti faccio mangiare gratis nel mio ristorante. Tu mi fai fare una Tac domani e io regalo una borsa di marca a tua figlia. Tu mi dai la pensione di invalidita' e l'accompagno e io ti voto anche se rubi a rotta di collo. Tu mi dai 20 o 50 euro e io corro alle urne.
Ma che Paese siamo?
@ilpianistasultetto
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Per una piccola parte di me <3 0.1
La parte più difficile in ogni cosa è iniziare, come adesso. Non è facile trovare le parole giuste per aprire la strada alle milioni di cose che vorrei dirti. Ogni inizio è spaventoso, difficile. E me lo ricordo che qualche mese fa di paura ne avevo tanta, temevo tutte le cose che avremmo dovuto vivere.
Tu sei la prima volta in cui ho perso il controllo, in cui mi sono buttata nel vuoto e mi son detta 'Ora o mai più'. Perché in fondo te lo senti che alcune cose puoi farle solo in un determinato momento e che non c'è altro tempo per viverle.
Sei il mio momento giusto, su questo non ho dubbi, mi sei piombato addosso per caso e senza alcuna pretesa, nessuna forzatura e nessuna speranza, sei rimasto.
A volte mi chiedo perché, dopo aver visto tutto il casino che sono, tu sia rimasto. Non hai neanche dovuto lottare per entrarci nella mia vita, perché ti avevo lasciato ogni porta aperta, era troppo tempo che non davo così tanta fiducia a qualcuno ma stranamente con te mi sentivo al sicuro. E ci sono tutti gli ingredienti le farfalle, le palpitazioni, l'impazienza di essere tua.
Ci sono tutti gli ingredienti perché tu possa distruggermi e forse, per la prima volta, voglio correrne il rischio.
Probabilmente, anzi, sicuramente mi sono innamorata prima io ma come dovevo fare? Quando mi guardavi e mi parlavi di filosofia, di storia, cose che non mi hanno mai preso, ma che dette da te diventavano la cosa più interessante del mondo.
Non mi sono innamorata di te perché necessitavo di avere qualcuno al mio fianco, sono sempre stata bene da sola.
Non mi sono affezionata a te perché avevo bisogno di qualcuno che mi rendesse felice, ne perché stessi cercando qualcuno con cui stare.
In realtà, non cercavo proprio nessuno.
Mi sono innamorata di te perché mi sono sentita apprezzata, perché sei l'unica persona che mi restituisce tutto l'amore che do. Mi sono innamorata di te perché mi fai stare tranquilla, potremmo anche stare seduti senza dire nulla e guardare tik tok ed io non avrei ansia.
Siamo così simili ma in certi sensi così diversi, eppure sei esattamente quella parte che mi manca per essere come vorrei.
E' bastato un istante, uno sguardo e ti ho riconosciuto, come se in fondo ti avessi sempre aspettato. Delle volte sono istanti piccolissimi a cambiarci la vita, momenti così insignificanti da non rendercene nemmeno conto, ogni tanto mi chiedo cosa starei facendo ora se non ti avessi mai scritto, se tu non mi avessi mai baciata, se fossimo rimasti solo amici.
La maggior parte delle persone si limita al “mi piaci”, Kierkegaard invece scrisse: “Ti muovi costantemente sulle onde dell’intuizione; eppure, ogni singola somiglianza con te basta a rendermi felice. Perché? É a causa della ricca unità del tuo essere o della povera molteplicità del mio? Non é l’amare te, amare un mondo?”
D’altronde hai avuto tutto, prima ancora che te ne rendessi conto. Ti ho parlato di qualsiasi cosa, quando per me parlare di sentimenti o emozioni risulta essere complicato, tendo sempre a sopprimere qualsiasi cosa, penso perché da piccola venivo etichettata come “la bimba matura “e qualsiasi persona contava su di me ed io non avevo tempo di pensare a cosa realmente provassi.
Forse ho perso la testa, tu mi hai fatto perdere la testa, perché adesso non sento neanche di essere io, ho meno paura di tutto e provo cose talmente diverse che mi destabilizzano. Ti ho parlato di cose che non voglio ammettere nemmeno a me stessa, che portavo, e porto, come un peso, con vergogna, ma tu sei stato così paziente e mi hai ascoltato quando probabilmente quello che dicevo non aveva senso nemmeno per me.
Ti ho amata fin da subito ed ho avuto paura della velocità con cui un sentimento del genere sia cresciuto, d’altronde sono un overthinker e mi son chiesta, che vuoto lascerà una persona del genere nella mia vita? Come mi faccio domande, mi do anche risposte e Tu lasceresti un vuoto enorme, incolmabile.
Oramai occupi tutto, tutto lo spazio che c'è, sei ovunque e neanche me ne rendo conto. Se conquisti la mia mente ci sarai sempre dentro.
Hai reso tutto pieno di significato, pieno d'amore e di timori. Per la prima volta ho davvero paura di perdere qualcuno, per la prima volta penso che non esista qualcosa che non farei per te, qualsiasi cosa pur di farti stare bene.
Non lo dico perché ti amo, ma lo dico perché sei una persona speciale. Meriti qualsiasi cosa di bello possa esserci, tutta la felicità che possa provare. Hai così tante cose dentro, che non dici e che non mi mostri. Ed io vorrei sapere tutto, conoscerti meglio di te stesso perché niente che ti riguarda mi è estraneo.
Ho capito che ero fottuta quando non mi sapevo dare una risposta al perché ti amassi, lo faccio e basta.
Ogni volta che dico di amarti significa che ti accetto per la persona che sei, e che non voglio trasformarti in qualcun altro. Significa che ti amerò e starò al tuo fianco anche nei momenti peggiori. Significa amarti anche quando sei giù di morale, non solo quando è divertente starti vicino. "Ti amo" significa che conosco la tua persona e non ti giudico. Significa che ci tengo abbastanza da lottare per quello che abbiamo e che ti amo abbastanza da lasciar perdere, se ciò significa vederti felice. Vuol dire pensarti, sognarti, volerti e aver bisogno costantemente di te, e sperare che tu provi lo stesso per me.
Mi stai donando qualcosa che non potrò che inscrivermi nel cuore, quelle cose che ti porti gelosamente dentro, che sai di poter vivere solo con una determinata persona.
Alla fine, ogni cosa mi riconduce a te. Sei nei libri che sottolineo e nella musica che ascolto, in ogni film che mi segno, in tutte le parole che scrivo, persino in quelle che non scrivo ma che custodisco gelosamente dentro di me, tra l’anima e il cuore, in quello spazio che solo tu riesci a raggiungere e che vorrei non abbandonassi mai. É come se dopo un viaggio molto lungo tu mi avessi finalmente riportato a casa.
Mi hai dato talmente tanto che adesso sono piena di te e non potrei dimenticarti mai, seppur volessi.
Mi hai riempita di un amore che non credevo avrei mai provato, così forte che adesso fatico nello scrivere senza commuovermi, senza sentire quelle stupide farfalle, perché pensarti mi fa questo effetto.
Esattamente come quando ti guardo troppo a lungo, penso a quanto sei stupenda, a quanto sai farmi stare bene e mi escono dagli occhi tutte le parole che mi rimangono bloccate in gola. Non riesco a dirtelo mentre ti ho davanti, ma hai dato alla mia vita un valore aggiunto e che avrei milioni di parole da dedicarti se solo riuscissi a concentrarmi mentre mi guardi con quegli occhioni da cui non riesco a fuggire.
Quando mi guardi dimentico tutti i miei difetti ma allo stesso tempo ho paura che guardandomi troppo o standomi troppo vicina tu mi veda come mi vedo io.
Vorrei rivivere ogni ora passata insieme, per rendermi conto di quanti dettagli mi son persa, ma poterli assaporare tutti, coglierli e conservarli. Sei un regalo grandissimo, per il quale sarò per sempre in debito verso il destino. Non so cosa succederà un domani, non importa se un ti amerò esattamente come adesso, probabilmente di più, ma sarai sempre e comunque tu, niente ti renderà diverso di fronte ai miei occhi, adesso non vedo altro che la tua essenza. Non vedo l'ora di poterti baciare, mi manchi da morire e niente mi rende felice come averti accanto e poter sentire il calore di un tuo abbraccio che tanto ho desiderato. Sei ciò di cui ho più bisogno e che non voglio lasciar andare per nulla al mondo.
Ti amo, come non amo altro.
Tua, A.
#amore#angel#love#citazione libro#ti voglio tanto bene#heartbreak#relationship#relazione#fidanzata#fidanzato#fidanzati#lettera d'amore
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Ciao Kon,
Tu forse non ti ricorderai di me ma io invece ricordo un liquore alla liquirizia, più di un meet up e quello che doveva essere un incontro al Lucca Comics finito "male" per il troppo casino (non siamo riusciti a beccarci).
Ti scrivo in anonimo perché penso tu sia una grande cassa di risonanza perché nonostante tumblr sia diventato -non per noi nostalgici- un po' obsoleto vedo che continui ad essere un punto di riferimento per questa comunità e che forse tu con il tuo cinico dissezionare la situazione possa in qualche modo riuscire a scuotere i più, ma ahimè vige il segreto professionale, cose firmate e quant'altro che mi impediscono di esprimere questo disagio pubblicamente.
REGÀ I SORRISI DEI COMMESSI SONO FALSI. Non perché non abbiamo più voglia di fare questo lavoro, ma perché è diventato tutto uno schifo, le aziende e anche i clienti se vogliamo dirla tutta.
Cosa si cela dietro la vita del commesso?
Conta persone agli ingressi, voi non li vedete ma è così e di recente c'è anche il contapersone del passaggio esterno, quindi se non ti cazziano perché non hai venduto, ti cazzieranno perché non è entrata gente.
Statistiche: pezzi per vendita, scontrino medio, media di scontrino per ingressi. Voi non lo sapete, ma ogni giorni ci sono storici e budget da raggiungere in base anche solo ad un singolo ingresso che voi fate "per dare un'occhiata" - ora capite perché non è facile sorridere quando i vostri figli giocano ad acchiappino correndo fuori e dentro i negozi? Perché per quei venti ingressi senza scontrino ci sarà un area manager pronto a far il culo allo staff.
Se sei fortunato e capiti in una squadra in cui ci si spalleggia bene, altrimenti è l'azienda stessa a incentivare la lotta e l'invidia tra colleghi in una lotta tra poveri per mantenersi il posto al miglior venditore.
Non abbiamo mai abbastanza personale, MAI. Siamo spesso contati, se ci ammaliamo almeno nel mio caso ci si mette una mano sul cuore e per non mettere i colleghi in difficoltà si va a lavoro con due bombardoni di tachipirina col rischio di portarsi dietro il malanno per un mese.
Le ferie saltano perché decidono di aprire più punti vendita ma non di assumere gente che non soccomba al "gioco degli stagisti".
Turni del cazzo, spezzati e il più delle volte tutto quello che fai oltre l'orario di lavoro (anche la semplice chiusura) è straordinario che non viene contabilizzato.
Reperibilità quasi totale, manco fossimo in un ospedale. Nel tuo giorno libero è un miracolo non venir contattati dal gruppo di lavoro.
E poi vogliamo parlare dei vari festivi in negozio? Io ho dovuto combattere per avere un cazzo di permesso per la comunione di mia sorella.
È domenica, sono le 15 sono in turno da un'ora in un piccolo centro commerciale di due clienti entrate, una mi ha salutato e trattato come se le avessi offeso l'intero albero genealogico con uno sdegno tale che fa tanto lotta di classe quando siamo tutti nella stessa sudicia barca.
Quindi Kon, per favore aiutami a diffondere il verbo, io sono disposta a rispondere a tutte le domande di questo magico mondo cercando di farvi entrare in empatia con i commessi, ma per favore se non è proprio questione di vita o di morte: SMETTETE DI ANDARE A GIRO PER CENTRI COMMERCIALI, TANTO LA DOMENIC SIETE TUTTI SCOGLIONATI A PRESCINDERE E ALLORA STATE COI VOSTRI CARI, MAGARI È LA VOLTA BUONA CHE SMETTERANNO DI LUCRARE A VUOTO SU STO MONDO.
Ps: stare fino alle 18 fuori e poi riversarvi alle 20 nei negozi non funziona, mettetevi una cazzo di mano sulla coscienza.
Per me i centri commerciali sono un aberrazione sociale che riesce a darmi claustrofobia e agorafobia al contempo ma dopo essere stato a quello di Orio al Serio (aspettavamo che le figlie scendessero dall'aereo... direttamente nel centro commerciale!), ho fatto la tessera di iscrizione ai terroristi.
Non sono un nostalgico della bottega sotto casa, anche perché erano altri tempi e altri modi di vivere... mi basta il supermercato ma il centro commerciale è concepito perché la gente sia invogliata A VIVERLO e questo lo trovo demotivante.
Mi spiace per te ma alla fine mi spiace per tutte quelle persone - non schiavi ma servi - che devono sacrificare se stessi per il benessere superfluo di gente che dà tutto per scontato, quasi se lo meritassero.
E invece sono solo nati dalla parte giusta della società. E del mondo.
EDIT
Non mi ricordo di te al Meetup perché probabilmente ero già ubriaco <3
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, " Giorgia è il nostro Frodo e noi siamo la Compagnia dell'Anello", svalvola la sorella Arianna. Ricordiamo brevemente la trama del Signore degli Anelli insieme.Un anziano strafatto di cannabis affida ad un nano lagnoso e cacasotto un peso molto più grande di quello che può portare. Poi mette insieme un gruppo scalcagnato di scappati di casa per aiutarlo nell'impresa. Alla prima occasione, il nano lagnoso li molla alla guazza e prende il largo da solo, ma il suo fido scudiero neanche allora lo molla.Il nano si lascerà in breve corrompere completamente dal potere e la situazione sarà salvata solo grazie a un pazzo demente che si suiciderà senza volere nello strappargli il potere che questi non voleva mollare a nessun costo. Alla fine il nano finirà ricoverato in clinica mentre il Paese comincerà a guarire lentamente dalla devastazione.---------------------------------------------------------------Oppure è il coraggioso Atreju.Atreju decide di opporsi a non sa bene che cosa e impazza su e giù senza costrutto, divorato dall'ansia e dalla depressione.Poi guida il fido cavallo in una palude senza uscita e quando questo ci annega dentro lo accusa di essersi arreso, lo piange e tira avanti. Alla fine combina un casino della madonna e a tirare fuori tutti dalla merda arriva un bambino di dieci anni.--------------------------------------------------------------------Adesso spero sia chiaro perché non si vedono più in giro programmi di satira.
Via fb
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FALSOMAGRO E BRACIOLINE
La Nonna: u viziu chi nun è castigatu, dura pi sempri!
Nonna - Pronto oh prontu
Catina - Si pronto chi parla
Nonna - Anciulina jo sugnu, nun mi canusci? L’ hai dumatu l’apparecchio pi sentiri?
Catina -Signora non sono mia zia Angela sono Catena, sua nipote
Nonna - Oh gioooia, non ti avia riconosciutu. Cercavo a tua zia perché ho fatto il falsomagro e le braciole al sugo, ma mio nipote non è venuto e mi sono rimasti. Volevo dargliene un po'…. Ma chi fici, forse ho sbagliato numero?
Catina – No signora, il numero è giusto, solo che ho io il cellulare della zia perché siamo al pronto soccorso e lei è ricoverata
Nonna - Oh Prontu Soccorsu..? o Santilibbiranti è chi ci succidiu?
Catina – Niente, non si preoccupi. Zia Angela aveva detto allo zio di pitturare il bagno …
Nonna - U sapia, u sapia chi a cuppa era di du disgraziatu!!! E chi ci fici ci miscoi perché al solito non voleva fare niente?
Catina -No signora, non l’ha picchiata. Lo zio ha incominciato a pitturare il bagnetto solo che doveva pitturare il soffitto e allora ha preso una sedia
Nonna – La Sedia? Ha bisogno di un ascensore: ma se lui è alto come una suola delle scarpe, come faceva ad arrivare al soffitto con la sedia?
Catina -Infatti ha preso una sedia e c’è salito sopra, ma non ci arrivava lo stesso e allora ha messo sotto i piedi della sedia quello che ha trovato, una pila alta così di libri e riviste. Poi c’è salito sopra e si è fatto aiutare dalla zia a prendere la latta di pittura da 50 litri che era pesantissima. Siccome era enorme, per tenerla, l’aveva appoggiata sulle ante di vetro della doccia.
Nonna - Ma chi è cretino? E se si rompevano
Catina - Infatti signora, la latta era tanto pesante che le ante si sono staccate dal muro andando in mille pezzi, Lo zio ha cercato di prendere la latta ma la sedia su quella pila di giornali è scivolata giù e non le dico il casino che è venuto fuori … tutto il bagnetto, le pareti e il corridoio pieni di pittura, lo zio nel cadere ha rotto la lampadina perché si è cercato di aggrappare a qualcosa, ha cercato anche di aggrapparsi al mobile dove tengono le tovaglie ma questo è caduto giù spaccando il bidè … lui , non è riuscito a brancicarsi da qualche parta ed è caduto con la testa nel water ed ha dato un colpo tanto forte che è svenuto. La zia è stata travolta dal bidone di pittura, è caduta all’indietro, ha battuto la testa ed è svenuta anche lei. Non le dico il macello. La signora Romano che sta nell’appartamento sotto al loro, ha sentito il botto e ha mandato il figlio a vedere cosa era successo. U carusu è salito, ha aperto la porta è ha visto la zia stesa per terra, tutta bianca e con le braccia aperte che quasi non respirava … si è spaventato ed è corso dalla mamma dicendo che la signora Anciula era morta. La signora Romano ha incominciato a urlare a chiamare i pompieri, la Croce Rossa, i Carabinieri e ha chiamato anche me.
Nonna - Mahhh … chi disastru, speru sulu chi to ziu questa volta battiu nto sonnu (nelle tempie) e ci ristoi.
Catina - Ma no signora, l’ambulanza è arrivata ha visto mia zia stesa nel corridoio tutta bianca, l’hanno presa e portata subito giù in ambulanza. Le hanno fatto sentire i sali e lei si è ripresa è ha chiesto di mio zio, ma gli infermieri non l’avevano visto. Sono tornati e guardando nel disastro del bagnetto con la torcia hanno trovato lo zio tutto coperto di pittura con la testa incastrata nel water…
Nonna – è quello è il posto giusto per lui: u cessu!! Ma hanno tirato l’acqua facendolo finire in mezzo a quelli come lui?
Catina - … era tutto raggomitolato e con la pittura non si distingueva dal water e non si staccava perché la pittura s’era tutta seccata e lo aveva incollato li dentro. Così l’hanno portato in ospedale sempre con la testa nel water perché avevano paura che se lo toglievano gli usciva il cervello
Nonna - Non c’era questo pericolo perché lui è cerebrovacanti: a testa gli serve solo per portare le corna che ha!?
Catina - No ora sta bene. Ha un bernoccolo di dietro ma sta bene, anzi da come stà gridando contro lo zio di la in infermeria, si è ripresa di sicuro.
Nonna - Ragiuni avi, du disgraziatu, du ruvinafamigghia chi è. Ma come si fa che una ni fa e milli disgrazie ni cummina, chi poi ci va sempre nto menzu da Santa fimmina di Anciulina. Ma per una volta che ne è successa una bona di disgrazia, ma perché non finiva bene e la faceva diventare vedova che ci voleva: hai fatto trenta e fai trentunu binidittu Diu!. Oh signuruzzu mei, “u viziu chi nun è castigatu dura pi sempri”, picciò, fanni sta grazzia: pigghittillu, pottitillu in paradisu e fallu puru beato, santu, chiddu chi boi e tenittillu accanto a tia: libberani i sta disgrazia infinita.
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Non bisogna attendere che qualcuno arrivi per salvarci per raccontarci chi siamo per consegnarci la verità. Si combatte e si vince sottovoce giorno dopo giorno per la propria felicità.
L’importante è allontanarci da ciò che non sentiamo vero. Spostarci da dove non riusciamo più ad essere da dove non possiamo esistere.
L’importante è dire questa vita è un casino nessuno potrebbe starci dentro per più di tre secondi senza impazzire. Prendere consapevolezza dell’incanto del proprio caos e da quel cumulo di sogni rotti un passo dopo l’altro, ripartire.
L’importante è non smettere un solo istante di credere alla bellezza e a chi è in grado di mostrarcela. La vita quasi mai, regala gentilezza. Pretendetela. Praticatela. Insegnatela a chi sostiene di non averla mai vista. Perché l’inganno peggiore in cui cadere è credere che non esista.
Educatevi al miracolo. Innamoratevi di tutto. Dalla formica che lavora all’albero che cresce. Dal mare che respira al giorno che rinasce.
Scegliete bene, mi raccomando chi saprà accarezzare il vostro dolore baciare i vostri occhi corteggiare il vostro silenzio ascoltare il vostro canto. E se qualcosa va storto continuate a lottare qualunque sia il perché restatevi accanto.
- Andrew Faber
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Mannaggia al cinema mannaggia, che della psicologia trasmette una versione caricaturale, nel bene, nel male, nel medio, comunque sempre un po’ caricaturale. (Being Erica, serie mezza sconosciuta, con relazione terapeutica sorprendentemente realistica).
Non siamo supereroi sempre un passo avanti, nemmeno impiegati del timbro sulla cartella clinica. Siamo come siamo, di solito in leggera difficoltà quando capitano le vacanze. Ora il collega normativo dirà “Le vacanze ce le dobbiamo prendere punto”, il collega Oddio dirà, giustamente, “Oddio ma siamo sicuri”. Il collega con approccio democristiano (mi piacerebbe potermi definire con approccio filosofico però non esageriamo), dirà DIPENDE.
Ricordando sempre la solita buona regola per cui non siamo indispensabili, dobbiamo essere utili, ricorderei anche che non tutte le storie sono allo stesso punto, non tutte le persone hanno le stesse risorse disponibili, per cui è vero che capita di dover comunicare i giorni di riposo non a tutti nello stesso modo. E non siamo noi, è quello che rappresenta per qualcuno sentirsi lasciati soli.
Queste però sono sfumature, piccole accortezze relazionali. All’università pensavo che magari un giorno in vacanza sarei stata raggiunta dal mio paziente malavitoso ipocondriaco, arrivato nel giorno del mio matrimonio a chiedermi consulta urgente. (Terapia e pallottole, vedetelo se non lo avete visto. Titolo originale “Analyze this”, che mi piace perché mi sa proprio di “Tieee, beccate sto casino”).
Invece, anche se qualche momento leggermente cinematografico lo abbiamo vissuto, l’unica cosa che realmente succede è che ci auguriamo gli uni agli altri delle buone vacanze, e a gennaio ci si rivede con la stessa attenzione con cui fai i recap delle storie a cui tieni. I saluti che preferisco sono quelli con colpevole sorriso sornione accompagnati da sentimenti tipo “lo so che so pesante lo sooo, ma che devo fa”.
Pesanti a volte, sempre cari.
Prima delle vacanze faccio questa cosa per cui mando messaggi di testo mentali in cui ricordo a chi mi mette più apprensione, cose che abbiamo già detto, cose stile “copriti”, ma non escludo un giorno di inviare un “er gas” prenatalizio a qualcuno.
Olimpia Parboni Arquati
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Non amo particolarmente il fatto che da quando la mia vita è diventata un casino completo in fatto di spostamenti e lavoro e tirocinio, io e F riusciamo a vederci sempre e solo per cena. Non mi piace perché è il momento in cui siamo più stanchi. La mattina, quando sono sola, studio, bevo una tisana, e spesso vado via prima che torni. Però da sempre abbiamo questa tradizione, che è una mia abitudine, di lasciare sempre un bigliettino sul tavolo della cucina. Credo per comunicare cose che semplicemente non avevamo la forza di comunicare la sera prima. Cose da ricordare. Sensazioni da condividere senza tanti giri di parole
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Mi ritrovo a 25 anni e l’idea dell’amore come quella dei bambini.
Mi sono ritrovata a parlare con una bambina di amore.
È fidanzata, da un anno, con Francesco.
Prima di lui c’è stato un altro che però è stato rubato dalla sua migliore amica.
Penso che se questo le fosse successo alla mia età si sarebbero strappate i capelli a vicenda e lui ne sarebbe uscito illeso, come succede il 99,9% dei casi. Anche se la colpa non è mai da una sola parte.
Non so perché ora senta la necessità di scrivere quello che mi sta passando per la testa, forse perché ora scrivere a mano non mi basta di più, ho tanto da dire e poca voce per farlo.
Ho sempre preferito scrivere che parlare.
Continuo a scegliere le parole con la stessa accuratezza con cui le mie coetanee scelgono l’outfit (ora ci siamo tutti inglecizzati) che indosseranno per una serata in discoteca.
Io in discoteca non ci sono mai stata, non ho mai fumato una canna, fumo sporadicamente le sigarette, giusto per infliggermi un po’ di dolore.
Dicono che ogni sigaretta fumata accorci la vita di 7 minuti, sto sperimentando la veridicità di questa affermazione.
Non voglio morire.
Sia chiaro.
Quando ci penso ho onestamente paura.
Chiudi gli occhi e tutto finisce.
Non si pensa più.
Le connessioni tra neuroni si fermano.
Niente stimoli.
Niente input.
Niente output.
Tutto tace.
Eppure quante volte aspiriamo nella vita ad un po’ di silenzio?
Sono consapevole che per quanto voglia ciò è impossibile. Almeno da vivi.
Motivo per il quale mi sto quasi abituando all’idea che troverò la pace a cui aspiro una volta morta.
Il discorso sta prendendo decisamente una piega tetra.
Sono una persona abbastanza noiosa.
Non amo il casino.
Mi piacciono le pantofole calde, le coperte, le tisane e i libri.
Non mi piace andare a mangiare fuori, mi piace l’intimità delle mura di casa.
Ma sono consapevole che sono in rotta di collisione con il resto del mondo.
Questo mondo di oggi che deve ostentare tutto.
Ieri sono uscita e c’era un tramonto stupendo a Roma, il volerlo immortalare mi stava quasi distraendo che stavo dimenticando di vivermelo.
E invece l’ho vissuto.
Ho notato ogni piccola sfumatura presente. Nei minimi dettagli.
Io sono così, guardo i dettagli e cerco di leggerli tra le righe.
Sono sempre stata una che ha visto nel piccolo prima di vedere nel grande.
Questa società ci ha abituati ad avere tutto e subito. Pretendiamo di conoscere le persone con lo schiocco delle dita.
PRETENDIAMO.
Non penso ci sia niente di più brutto che pretendere un qualcosa da qualcuno.
È come se lo obbligassimo a fare qualcosa che non vuole per un tornaconto solo nostro.
Ne lede ogni libertà di scelta e di pensiero.
Lo stesso errore si commette quando parlando si dice “io al posto suo…”.
Al posto suo non ci sei.
Al posto suo c’è solo la persona.
Non tu.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai casi, ognuno ha una propria testa e ragiona come meglio crede.
Io ho sempre pensato di ragionare con la testa di una ragazza di 60 anni fa.
Non mi sono mai sentita a mio agio in questa società.
Come un pesce fuori dall’acqua che cerca di tornare al mare.
Non mi sono voluta adeguare alla massa.
Non mi sono mai voluta adeguare a qualcuno.
Per qualcuno.
Rimarrò sola? Non so.
Ho paura? Non so.
Perché le persone cercano di cambiarsi per andare bene a qualcuno?
Capisco lo smussare gli spigoli, ma perché cambiare rinnegando quello che si è?
Io non voglio rinnegare niente di quello che sono.
Qualcuno una volta mi ha detto che siamo la somma delle esperienze che ci sono capitate. Beh, non per vittimismo, ma potrei scrivere un libro per tutte le volte che sono caduta in tutte le maniere in cui una persona può cadere e con la sola forza delle mie braccia mi sia rialzata.
Non penso di avere una vita tragica, ma penso di avere una vita in cui il coraggio le ha fatto da padrona.
Sì, sono coraggiosa.
Questo me lo devo.
In fondo credo che un po’ io mi voglia un po’ di bene, per quanto a volte litighi con me stessa sul perché non riesca a cambiare alcune cose di me che davvero non mi piacciono.
Sono abituata a fare l’elenco dei miei difetti, e non riesco a trovare mai un pregio.
Ecco, coraggiosa è il primo pregio.
Ma tornando al discorso di prima…
Vanno a scuola insieme.
Non si sono visti e neanche sentiti per tutto il periodo dell’estate.
Le ho chiesto allora perché non gli avesse scritto per tutto il periodo e la sua risposta è stata: “Avevo da fare con le amichette.”
Di risposta le ho chiesto se dopo tutto questo tempo lontani era sicura che anche da parte sua ci fosse lo stesso sentimento.
Penso di aver impiantato in lei il seme del dubbio.
Se magari prima ne era convinta, adesso non più.
Eppure 60 anni fa partivano per la guerra, passavano mesi senza vedersi e, se Dio voleva, riuscivano a mandarsi una cartolina ogni tot di tempo.
Ora il dubbio sorge non appena si ha un messaggio non visualizzato.
Maledette spunte blu.
Sorge il dubbio se non si risponde entro un tempo predefinito.
Ed ecco che la vipera del tradimento si insinua nelle nostre menti.
E distrugge tutto.
Con questo non voglio dire che prima non si tradiva, anzi forse era anche più facile tradire prima.
Senza Instagram, senza storie, senza localizzazione, senza messaggistica istantanea, senza chat segrete di Telegram (che ancora non so come funzionino).
Forse c’era una cosa che oggi è difficile trovare: il rispetto.
Ecco, forse ho trovato un altro mio pregio.
La mia famiglia mi ha insegnato a rispettare tutto e tutti.
Non so ammazzare neanche una mosca senza sentirmi in colpa.
Ho imparato il rispetto per ogni forma vivente: animali, piante, persone.
Ho imparato il rispetto per ogni forma non vivente.
Grazie mamma, grazie papà, grazie nonna e grazie zia.
Forse non gliel’ho mai detto.
Prima o poi lo farò.
Loro sono le colonne portanti della casa che sono.
E gliene sarò per sempre grata.
Mi hanno insegnato il senso di sacrificio. E rispettare chi ne fa.
Cerco di mantenere ogni promessa, di renderla reale.
Ma in un mondo che ti fa lo sgambetto più e più volte è difficile, ma continuo ad apprezzare la buona volontà di chi ci prova.
È un mondo malato che sta facendo ammalare anche le persone che ci vivono. Forse gli animali sono gli unici che ne restano illesi.
Quanto può essere cattivo l’essere umano?
Einstein diceva che l’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo inventerebbe mai una trappola per topi.
Siamo davvero così stupidi?
Perché soffriamo di queste manie di grandezza?
Perché questa necessità di prevalere sull’altro e di doverlo sventolare ai quattro venti?
Comunque, continuando il nostro viaggio nella mente di una bambina di 7 anni, dopo aver impiantato in lei il seme del dubbio ho cercato di sistemare la situazione, ormai già distrutta, affermando che in caso contrario avrebbe comunque potuto trovarne un altro. O anche due. Così da avere la riserva.
Lei ha fatto spallucce.
Non penso abbia apprezzato la mia affermazione.
In realtà non l’apprezzo neanche io.
Non nutro grande simpatia per coloro che decidono di intraprendere relazioni parallele. Anzi, direi che (sì, lo so che è brutto da dire), le schifo. E non poco.
Se una persona non ti fa stare bene, bisogna avere il coraggio di lasciarla andare.
Può essere doloroso, ma anche le ferite più dolorose guariscono.
E questo lo so bene, forse daranno un leggero fastidio ogni qualvolta il tempo cambierà.
Ogni qualvolta ti ci soffermerai a pensare.
Mamma dice sempre: “Le cose che non si fanno sono le migliori.”
Ma con quanti punti di domanda ci lasciano?
Quanti finali alternativi si alternano nella mente di una persona?
Sono una persona curiosa.
Ma non nel senso che sia impicciona, mi sono sempre fatta i fatti miei e continuerò a farlo visto che aspiro a campare 100 anni.
Sono spinta da curiosità costruttiva, non mi limito a sapere il fatto in sé, ma mi piace capire, scavare nel profondo. Forse la parola più corretta da usare sarebbe comprendere il perché di una scelta piuttosto che un’altra.
Mi astengo dal dare qualsiasi giudizio.
Mi limito a dare un consiglio, senza aspettarmi che la persona lo segua, anche perché chi è che segue i consigli?
Io sono la prima a non farlo.
Mi piace sbatterci di testa, di faccia, rompermi le ossa, il cuore e l’anima.
Si dice si impari meglio sbagliando e io voglio sbagliare nel modo giusto.
Voglio passare la vita imparando, crescendo, diventando sempre più saggia.
Avrei voluto dire a quella bambina che poi tanto male non è stare soli, conoscersi.
Capire quello che realmente vogliamo.
Quello di cui abbiamo realmente bisogno.
Avrei voluto dirle di non piangere alle ginocchia sbucciate perché il cuore sbucciato quando crescerà farà ancora più male.
Avrei voluto dirle di godersi ogni attimo della sua età.
Avrei voluto dirle di avvicinarsi al mondo dell’amore il più tardi possibile.
Avrei voluto dirle che ha fatto bene a godersi l’estate con le amichette piuttosto che pensare al fidanzato.
Avrei voluto dirle che l’amore se è vero supera ogni ostacolo, ogni distanza, ogni tempo.
Avrei voluto dirle che non deve mai dare nulla per scontato, perché nel momento in cui lo fai tutto perde di valore e non è più come prima.
Non aspettatevi che una persona vi stia accanto per sempre, che vi ami per sempre.
L’amore è un fuoco di paglia, di solito la passione brucia velocemente.
La vera scommessa è alimentarlo.
Vorrei essere brava in questo.
Invece credo che tra le mie mille mila cose da fare non riesca mai ad alimentarlo come si deve, e niente.
Fa la famosa vampa e si spegne.
Azzarderei a dire che quasi a volte l’acqua per spegnerlo sopra l’abbia messa io.
Perché l’amore si identifica con il cuore?
Un muscolo involontario.
Probabilmente perché così come non abbiamo la possibilità di controllare il suo battito non possiamo decidere di chi innamorarci.
Ed ecco lì che capita di innamorarsi di chi probabilmente non avremmo mai detto.
Nel mio caso penso che avrei messo la mano sul fuoco che non sarebbe mai successo, ed invece è successo.
Ho imparato il mai dire mai proprio in questo caso.
E chi l’avrebbe detto che avrei messo le armi per distruggermi in mano a qualcuno.
Mi meraviglio con quanta facilità l’essere umano sia capace di buttare giù tutto quello che costruisce senza nessuna pietà e rimpianto.
Mentre io mi sono ritrovata a dire addio ad una macchina e a dare il benvenuto ad un’altra.
Ho provato il senso di colpa nell’averla quasi tradita per qualcosa di nuovo.
Perché è questo quello che succede nella vita, buttiamo il vecchio per fare spazio al nuovo.
Io sono così legata al vecchio che provo dolore quando lo butto.
Ecco, forse questo invidio a quella bambina, la facilità con cui nel momento in cui il piccolo Francesco deciderà di lasciarla lei troverà qualcun altro e riuscirà a chiudere Francesco in un cassettino della sua memoria che probabilmente non riaprirà mai più.
Io i miei cassetti della memoria li apro e anche spesso.
Maledette domande che attanagliano la mia mente e non la lasciano riposare.
Forse se riuscissi a lasciarmi scivolare tutto addosso sarebbe più facile.
E invece il Padre Eterno ha deciso di farmi cocciuta, testarda e con la necessità di sapere come, quando, dove e perché.
Vorrei poter chiudere tutto a chiave, buttare la chiave in un qualsiasi posto e perderla così da non poter riaprire niente, anche volendo.
Sono masochista.
Non mi taglio, non mi infliggo dolore fisico perché mi basta il dolore dell’anima.
E se per i tagli questi cicatrizzano, non so come possa guarire un’anima mal concia.
Lana Del Rey canta: “Mi amerai lo stesso quando non avrò nient’altro che la mia anima dolorante?”
Mi chiedo se davvero esista qualcuno capace di amare una persona nonostante l’anima che non si regge in piedi.
Ci vuole tanto amore ad amare chi non ci ama.
E ci vuole grande forza di volontà a lasciare andare le persone.
Lasciare andare qualcuno è la più grande forma di generosità.
Come può un rapporto cambiare per “colpa” di una frase sbagliata?
Dicono che la lingua riesca a ferire più di un coltello.
E perché le permettiamo di ferirci?
Sento ancora quel formicolio al cuore quando ripenso ad alcune frasi, che siano belle o brutte.
Nella maggior parte dei casi sono tutte le parole che più mi hanno ferita.
Quelle che più mi hanno fatta sentire inadatta.
Ma non penso di essere inadatta per davvero.
Penso sinceramente che alcune situazioni non vadano con altre.
Ecco di nuovo quella sensazione.
La me di dentro urla, si sta spolmonando. E la me di fuori non riesce a tirare fuori niente.
A volte penso se possa essere liberatorio salire sulla prima montagna e urlare, fino a non avere più aria nei polmoni. Fino ad essere stremati per l’urlo e non per altro.
A volte vorrei farlo.
Poi penso che le persone mi prenderebbero per pazza.
Anche se è mio uso e costume credere che i pazzi stiano fuori e le persone mentalmente stabili siano chiuse nel primo reparto di psichiatria disponibile.
Forse in mezzo a loro troverei la mia pace, chissà.
Vorrei fare un appello a me stessa: smettila di provare a fidarti delle persone.
Sono destinate tutte ad andare via. E tu speri ancora nelle cose irreali.
Chiudi gli occhi e immagini cose che sai anche tu non succederanno mai. E ti addormenti con il cuore un po’ più leggero, perché quello ti da pace.
Perché sono così?
Cos’è che realmente voglio?
O sono solo lo specchio di quello che gli altri vogliono da me?
Vorrei bastare a me stessa.
Essere sicura di me, delle mie capacità, senza il bisogno che qualcuno mi ricordi quanto valga.
Amo stare da sola, e non capisco perché continuo a far entrare persone nella mia vita che la mettono sottosopra.
Inizio ad essere quasi certa di essere masochista.
Sto per prendere il treno.
L’ennesimo.
Quanti treni ho preso, e non ne ho mai perso uno.
Anche quando ero in ritardo.
Sono stata sempre brava a prenderli.
A farli coincidere con altri.
Ad aspettare il meno possibile alle coincidenze.
Non mi è mai piaciuto aspettare.
Non sono una che sta con le mani in mano aspettando che arrivi la manna dal cielo.
Mi sono sempre data da fare, ho organizzato la mia vita in ogni minimo dettaglio e la vita ci ha provato ripetutamente a far saltare ogni mio piano.
A volte ci è riuscita.
A volte no.
Mi chiedo dunque, perché se non riesco ad aspettare un treno che dovrebbe portarmi altrove dovrei riuscire ad aspettare una persona?
Beh, il treno prima o poi arriva e anche se in ritardo a destinazione ci porta.
Ma le persone?
Arrivano?
Tornano?
Riescono a portarti realmente dove vuoi che ti portino?
Non si può decidere dove queste ti porteranno. Bisogna lasciarsi guidare.
E io non sono brava in questo.
Sono stata abituata a guidare, e non riesco a far sì che le persone guidino me.
Eppure io vorrei qualcuno che mi portasse al mare.
Scorrendo la ricerca di Instagram in una di quelle pagine di frasi fatte e depresse ho letto trova qualcuno che ti faccia dimenticare di avere un telefono.
Chissà com’è prendere il treno della vita.
Quello che dicono passi solo una volta.
Quello del hic et nunc, del carpe diem.
Non penso di aver mai colto un’occasione, troppo presa ad organizzarmi la vita che probabilmente mi sono dimenticata di viverla.
Ho messo da parte tutti i sentimenti, cercando di reprimerli.
Li ho messi così schiacciati bene in un cassetto che pensavo di averli sistemati lì a vita.
E invece il cassetto è esploso, lasciando venire fuori tutto quello che credevo di non poter provare.
La depressione.
Se mi avessero detto che un giorno ne avrei sofferto sinceramente gli avrei riso in faccia.
E invece sono qui, a distanza di due anni, con questo mostro dietro le spalle che mi attacca all’improvviso, quando sono più vulnerabile.
E so da me che la spinta per “guarirne” devo darmela da sola, ma le persone che, intorno a me, si limitano a dire: “Dai, su. Muoviti. Se ti fermi è perché sei tu che vuoi stare male” mi istigano sempre di più ad isolarmi.
Mi piace stare sola.
Mi piace l’equilibrio che raggiungo.
Se sto male non devo dar conto a nessuno.
Se sto bene non devo dar conto a nessuno.
Solo a me stessa.
Chissà quale organo ne risente di più.
Il cuore?
Il cervello?
Penso che i miei siano andati entrambi in sovraccarico e il mio esplodere ne è stata semplicemente una conseguenza.
Come se nel cassetto avessi messo più di quanto avrei dovuto e ora non si riesce più a chiudere e tutti i sentimenti repressi siano usciti uno dietro l’altro, sovrapponendosi anche a volte.
Tocco un po’ anche di bipolarismo probabilmente.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che ho riso quando avrei voluto piangere.
Meriterei un oscar come migliore attrice per aver mentito sul mio stato di salute mentale a tutti, compresa la famiglia.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che mentre ridevo pensavo a come sarebbe stato buttarsi dal Canale di Mezzanotte.
Ci sono andata.
Mi sono seduta sul bordo del ponte.
Penso che più di una volta sia stata sul punto di farlo.
Perché non l’ho fatto?
Probabilmente perché io sono ancora qui e posso scegliere di vivere, lei non ha avuto scelta.
E se l’avesse avuta sicuramente avrebbe voluto vivere.
Per cui, mossa da un minimo di lucidità, sono scesa giù e sono tornata a casa, mettendo la maschera perfetta.
Ma non a tutti si può mentire.
E gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Non vedo i miei occhi brillare da un po’.
Chissà se ricapiterà.
E se la nostra vita fosse un libro scritto a penna?
Un cosiddetto manoscritto.
Senza bozza.
Senza margine di correzione, perché si sa, non si può cancellare con la gomma e riscrivere tutto.
Si può solo mettere una linea e andare avanti, fino alla fine del racconto. Fino alla fine del libro.
E lì, dove la penna inizia a incantarsi, arrivano le decisioni prese d’istinto.
Quegli scarabocchi che nessuno riuscirà mai a decifrare, neanche noi.
Perché quelle decisioni prese di pancia sembrano così sensate nel momento in cui le prendiamo mentre con il senno di poi si rivelano dei veri flop?
Perché, a volte, l’istinto prevale sulla ragione, perché autoinfliggersi dolore sperando in qualcosa che sicuramente non capiterà.
La legge di Murphy parla chiaro: se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo; Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto; lasciate a sé stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
E allora mi chiedo, perché si molla la presa in alcune situazioni?
Perché non siamo più così bravi da lottare per quello in cui crediamo?
Perché non mi fido più delle mie sensazioni?
Ho sempre viaggiato con il mio sesto senso.
A volte bene, altre male.
Penso faccia parte del gioco.
Non credo nemmeno si possa pretendere che la vita giri sempre bene, penso sia impossibile vivere una vita senza cadere.
Dovrebbero essere le imperfezioni a rendere le cose perfette.
Il sudore dei sacrifici rende tutto più bello.
Ma ai sacrifici bisogna essere abituati.
E come ci si abitua?
Come può una persona abituarsi alla sofferenza per avere cose belle.
Ma perché si deve soffrire per arrivare al bello?
Per apprezzarlo di più?
E perché non godere delle piccole cose, ma aspettarsi sempre cose plateali?
Perché non compiacersi dei gesti ripetuti, seppur piccoli, ogni giorno, ma riempirsi gli occhi e soprattutto la bocca per un qualcosa che accade una sola volta e per un tempo breve.
Ho rivisto la piccola Giada.
Le ho chiesto di aggiornarmi sulle sue vicende amorose.
Mi sono così appassionata a questa storia d’amore che mi sembra quasi di viverla in prima persona.
Ci siamo sedute a terra.
Ha trovato dietro la tenda del salotto i regoli.
È stato come tornare indietro di quasi 20 anni.
Ricordo l’emozione, quando arrivava il momento dei regoli alle elementari.
La felicità nell’aprire quella scatola che sembrava magica perché quei piccoli rettangoli avrebbero dovuto insegnarmi a contare.
Anche se, diciamocelo sinceramente, tutti li abbiamo usati per costruire la famosa torre.
Apprezzo dei bambini in genere lo stupore davanti alle piccole cose; il trovare il buono e il bello anche nelle piccole cose.
Quelle più insignificanti.
Poi com’è che si diventa così materialisti?
Qual è il preciso istante in cui le piccole cose, anche le più stupide, smettono di bastarci e iniziamo a volere e a pretendere sempre di più?
Ho sempre avuto paura di crescere, di perdere il mio contatto con l’innocenza della tenera età, non essere più considerata la bocca della verità, diventare agli occhi del resto degli adulti una persona che sputa veleno perché dice quello che pensa.
Io non credo di sputare veleno, non penso nemmeno di essere così vipera come mi dipingono. Credo che la verità tendenzialmente faccia paura, fa paura a tutti, anche a me che sembro così dura e tosta.
La verità quando ci viene detta, nuda e cruda, ci spoglia di ogni maschera e ci costringe a guardarci allo specchio, come se fossimo tanti vermi privati di un guscio protettivo.
L’adulto è viscido, e di questo ne sono sempre stata convinta.
Ha sempre secondi fini, non sa bastarsi a sé stesso, cerca perennemente il confronto con altri per sentirsi superiore, non sa competere in modo sano, è cattivo e diventa egoista, egocentrico, cercando di creare una storia in cui risulta essere il protagonista assoluto.
Per non parlare degli adulti nelle relazioni: è un continuo prevalere sull’altro nel 90% dei casi, non si sa più viaggiare l’uno accanto all’altra.
Ho quasi 25 anni e la voglia di provare gli stessi sentimenti di Giada, la voglia che qualcuno provi per me gli stessi sentimenti che prova Giada.
La purezza.
Non perché servo a qualcuno, non mi piace essere sfruttata.
Ho sempre fatto mio il detto: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, ma puntualmente ricevo altro. Ricevo quello che probabilmente se fossi realmente stronza farei alle persone.
Non so sfogarmi, non so buttare giù quello che provo se non scrivendo.
Mi sento così bene quando scrivo.
Non saprei come fermarmi.
Ho tanto da dire, continuo ad avere sempre tanto.
E continuo ancora a meravigliarmi delle mie capacità paragonate a quelle di persone più grandi.
Perché continuo a sottovalutarmi?
Apriamo i regoli, con l’intenzione (ovviamente) di fare la Tour Eiffel.
Iniziamo a mettere da parte tutti i pezzi che ci servono e intanto penso che vorrei essere circondata una vita intera da bambini e animali, dalle anime pure, da chi non fa male a qualcun altro per il puro scopo di goderne; voglio essere circondata da chi se fa male a qualcuno sa chiedere scusa.
Arriva il momento della fatidica domanda, chiederle come fosse andato il ritrovo con Francesco.
Ne ho quasi timore, soprattutto dopo l’ultima chiacchierata, ma i bambini hanno quell’innocenza disarmante contro cui nulla vince.
Il sospiro di sollievo tirato dopo aver saputo che ancora ad oggi stanno insieme è stato rumoroso, tanto da scambiare uno sguardo complice con la mamma.
A distanza di circa un anno io e Giada ci siamo riviste.
Qualcosa è cambiato, io sono cambiata e anche lei.
Se lei è cresciuta in altezza, in bellezza e anche in intelligenza, io sono diventata più vecchia, scorbutica e meno paziente verso ogni genere umano.
Non vedo Giada da un anno e quanto vorrei poter parlarle ancora. Interfacciarmi con lei e con l’ingenuità con cui vede il mondo: senza malizia, senza cattiveria, senza alcun melodramma irrisolvibile.
Mi chiedono spesso perché sia così attirata dai bambini e dagli animali, probabilmente la risposta si trova in questo: non fanno melodrammi e se dovesse accadere la situazione si placa in un tempo così breve da non destare nessuna preoccupazione.
Quanto sarebbe bello tornare piccoli, dove le uniche preoccupazioni sono soltanto i giochi non comprati da mamma e papà, le merende e il pisolino pomeridiano fatto controvoglia.
A ventisette anni il pisolino pomeridiano è quasi diventato un default per me, senza il quale non saprei neanche sopravvivere alle persone che mi sono intorno.
Vorrei tanto sapere di Giada, dei suoi amori, se è riuscita a continuare la sua storia con Francesco, mi piacerebbe dirle che ho trovato probabilmente l’equilibrio a cui aspiravo, ma so che mi guarderebbe interrogativa perché: come lo spieghi l’equilibrio ad una bambina?
Ho paura a dirlo forte, non tutte le persone sono felici se lo sei anche tu, ma ho trovato quella sorta di pace interiore che sembrava non potesse arrivare per me.
Sto per iniziare a fare una cosa che mi piace. Non mi interessa della fatica. Ho scoperto che con le persone giuste accanto sono ancora più forte di quello che credevo. Ho capito chi sì e chi no. Chi mi fa fiorire e chi cerca di estirparmi come un’erbaccia.
Grazie delle delusioni, dei momenti no, dei momenti in piena sbronza, delle scelte sbagliate, dei viaggi in macchina, del mare che calma in inverno e abbronza l’estate. Grazie dell’amore, delle amicizie nate dal nulla, del cuore rotto, dello scudo contro le parole che fanno male. Grazie per le serate a guardare le stelle in balcone con la sigaretta accesa, i lividi addosso per l’equitazione che libera la mente, i lividi dello stress mentale. Grazie per gli addii e le riscoperte di alcune persone. Grazie per il mio essere leggera, saper capire quando essere pesante e quando no, quando farne melodramma e quando no. Grazie perché ho capito quanto valgo, ho capito che non mi accontento di tutti e che chi mi sta accanto lo fa per scelta, per amore e ha rubato un pezzetto del mio cuore e lo custodisce preziosamente. Grazie anche a chi il pezzetto del mio cuore lo ha preso a pugni, a cazzotti e ci ha ballato sopra con la speranza di vedermi a terra strisciare come magari fanno loro. Mari splende anche grazie a voi. Soprattutto grazie a voi.
L’ultima foto non poteva non essere il mio panorama sul mio golfo preferito.
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la mia testa in questo momento è un esplosione atomica di stati d'animo ed emozioni che contrastano tra loro e non so a quale di queste dare ascolto. in palestra metto la musica nelle cuffiette, non la ascolto. come ci siamo arrivati alle cinque del pomeriggio? che fine ha fatto la mia vita nelle ultime cinque ore? ho la tachicardia e non riesco a focalizzarmi su un unico pensiero. ho fatto merenda? cosa preparo per cena? non mi ricordo più se ho fatto pipì. non lo so. io non lo so. ruoto gli occhi alla ricerca di qualcosa di stabile nella stanza. non sono abbastanza intelligente per controllare la mia mente. vorrei evadere. la kla pazza sarebbe già evasa, nel suo universo parallelo, con una vita parallela che è diecimila volte peggio di quella originale ma preferisco perché così posso pensare solo al nero, al buio, alle negatività, al silenzio, alla solitudine, al male, alle emozioni che ti fanno stare una merda. regina di un mondo in cui il dolore regna sovrano. queste medicine non mi ci fanno nascondere più da molto tempo che quasi mi manca perché era il mio meccanismo di difesa contro un mondo che precipitava dalle mani, che si sgretolava come pezzi di fango secco. adesso come faccio? la mia testa va a duemila all'ora e non riesco a sentire bene quello che succede, sono stanca. ho messo la musica ma tanto non la ascolto. mi distraggo, se chiudo gli occhi e mi addormento mi sveglio sudata da un sogno lungimirante in cui muoio annegata. se tocco gli oggetti sono reali. sono incastrata in una realtà di mezzo che non è quella reale degli esseri umani ma non è nemmeno il mio mondo di conforto in cui tutto è buio. non riesco a percepire niente se non casino e sto cazzo di cuore che batte piano, veloce, pianissimo, veloce, velocissimo, si ferma. sono bloccata nell'etere cercando di non crollare perché delle persone hanno bisogno di me. mi da fastidio tutto. anche la minima cosa fuori dai miei schemi mentali. non ci sto capendo più niente. eppure va tutto bene perché oggi marika mi ha detto che sta andando tutto bene. io però non sto funzionando, mi sento incatenata, in bilico tra queste percezioni che mi fanno perdere la direzione. "che c'è che non va?" mi chiedono.
"non lo so, sono solo stanca"
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È molto strano perché mi piace tanto inserire foto e ovviamente l'editing è tremendo, ma non riesco più a farne tante con disinvoltura e non so perché.
Comunque: oggi ho sentito la psicologa e lei è molto contenta di rivederci e anche io e mi ha detto di fare un diario e direi che su quello ci siamo, poi sicuramente dovremmo stabilire un'ordine di priorità sulle cose da affrontare perché c'è tanto di cui parlare
In queste settimane ho fatto tanti dolci e i miei rotolini alla cannella non hanno lievitato perché il lievito fresco ha fatto i capricci e ci ho sofferto un po'
È molto molto molto difficile studiare e avere una routine, ma vorrei dormire più presto e riuscire ad aggiustare qualcosa in questa routine. La prossima settimana verrà la mia famiglia e verranno tutti che è un grande stress e mi chiedo come facciano a non capirlo. Ho anche un progetto di laboratorio da fare in quei giorni e sarà un casino
Una mia amica storica ha trovato casa e sono così contenta per lei anche perché è in un quartiere a cui vogliamo bene e iniziare in nuovo capitolo della nostra vita insieme riempie il cuore. Ho visto la sua famiglia e abbiamo parlato e forse un po' mi sono sentita socialmente accettabile.
Ho imparato da lei a indossare i turbanti ed è benissimooo ora i miei capelli sono salvi dall'essere toccati dalle mie mani ossessive stressate
Sto leggendo e ho riorganizzato la libreria e il comodino perché con la mia famiglia arriveranno delle nuove cose di casa, soprattutto libri. Sto finendo gita al faro ed è proprio bellissimo e ne avrò nostalgia quando sarà finito, qui una citazione essenziale
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