#segreti politici
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pier-carlo-universe · 16 days ago
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La notte ha il suo profumo di Marco Azzalini – Un noir avvincente tra passato e presente. Recensione di Alessandria today
📖 Titolo: La notte ha il suo profumo ✍️ Autore: Marco Azzalini 📅 Data di pubblicazione: 7 febbraio 2025 📚 Genere: Noir, Giallo storico, Thriller investigativo ⭐ Valutazione: ★★★★★ (5,0 su 5) Recensione: Padova, agosto 2023. Un cadavere ritrovato lungo l’argine di un canale sembra il triste epilogo di una vita di strada, quella di un clochard che nessuno sembra conoscere. Ma l’apparente…
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hopefulwizardcupcake · 2 months ago
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Vi svelo tre piccoli segreti.
Primo piccolo segreto. A nessun giudice conviene indagare un politico, soprattutto se quel politico può scatenare mandrie di trogloditi e feccia semi analfabeta contro quel giudice con dei post sui social. Se però quell’indagine è un atto dovuto, il giudice non può evitare di indagare quel politico.
Secondo piccolo segreto. Agli avversari di quel politico non conviene che venga indagato, perché sanno bene che appena ricevuto quell’avviso di garanzia inizierà a fare la vittima, a frignare contro la “magistratura politicizzata”. E frignando eviterà di rispondere dei suoi fallimenti: dalle promesse non mantenute al disastro dei trasporti, dalla ministra indagata per aver truffato lo Stato all’aumento della povertà.
Terzo piccolo segreto. Se un giudice può indagare un politico, persino una presidente del Consiglio, vuol dire che il nostro sistema democratico funziona. Vuol dire che nessuno è al di sopra della legge, vuol dire che non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie Z, almeno nelle aule dei tribunali. In Italia, negli ultimi decenni, molti politici hanno rubato, si sono fatti corrompere, in alcuni casi hanno persino stretto accordi con le mafie. E ci sono stati giudici che hanno perso la vita per combattere le mafie, altri che hanno assicurato alla giustizia criminali come Totò Riina e Matteo Messina Denaro. Ci sono riusciti perché non hanno avuto paura di indagare persone potenti.
L’Italia ha liberato un trafficante di esseri umani, un torturatore, un assassino. E lo ha accompagnato a casa con un volo di Stato. Che un giudice raccolga una denuncia e la trasmetta al Tribunale dei Ministri è abbastanza normale. Quello che non è normale è che una presidente del Consiglio metta alla gogna quel giudice e chi ha sporto la denuncia.
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3nding · 1 month ago
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"Non so se è chiara la gravità di quello che sta accadendo, ma temo proprio di no. Provo a mettere brevemente in fila i fatti per spiegarlo:- come noto, un software spia (Graphite, prodotto dalla azienda Paragon) è stato utilizzato per spiare attivisti politici e giornalisti come il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato;- quando è emersa la notizia il governo ha negato ogni responsabilità;- il Guardian ha scritto che a causa dell'uso improprio l'azienda Paragon aveva sospeso il contratto col nostro paese;- il ministro Ciriani ha detto in parlamento che non era vero, e che il software era ancora pienamente operativo;- due giorni dopo le dichiarazioni di Ciriani una nota del governo comunicava la sospensione dell'uso del software stabilita d'intesa con la società che lo produce per consentire approfondimenti sulle violazioni;- in realtà a quanto pare la sospensione è stata voluta dalla società produttrice a fronte di un uso improprio del software (quindi Ciriani aveva mentito al Parlamento);- ma chi è in possesso del software? I servizi segreti e le varie polizie giudiziarie che operano per conto delle procure;- i servizi hanno smentito risolutamente di aver utilizzato illegalmente il software per spiare giornalisti;- le procure possono utilizzarlo solo per reati gravissimi e onestamente pare assai poco realistico che il direttore di fanpage sia sotto indagine per terrorismo internazionale;- resta dunque una sola ipotesi, ovvero che sia stato utilizzato illegalmente e autonomamente da un corpo di polizia giudiziaria;- ma quale? Praticamente tutti i corpi di polizia hanno smentito di aver utilizzato lo spyware per intercettare giornalisti e attivisti. A parte uno: la polizia penitenziaria;- le opposizioni hanno chiesto chiarimenti al governo che non ha risposto;- oggi alla Camera era previsto il question time, ovvero la sessione in cui i gruppi parlamentari interrogano il governo e i ministri hanno l'obbligo di rispondere;- Pd e IV avevano previsto di chiedere se la polizia penitenziaria avesse accesso o meno allo spyware in questione;- il quesito era stato ritenuto ammissibile dalla presidenza della Camera;- ieri il governo ha fatto sapere che non intende rispondere perché le informazioni sono "classificate", ovvero non divulgabili;- è falso, perché non c'è nulla di classificato nel rispondere sì o no a una domanda semplice e trasparente come quella che abbiamo fatto. Sapere se la penitenziaria ha in dotazione il software è una domanda lecita a cui basta rispondere sì o no;- la polizia penitenziaria dipende dal ministero di giustizia di Nordio. E la delega specifica la ha Delmastro. Voi capite che visti i precedenti dei due la vicenda diventa ancora più inquietante. Un software in dotazione al governo è stato utilizzato illegalmente per spiare giornalisti e attivisti. Il governo invece di fare chiarezza e difendere chi è stato spiato illegalmente, sta utilizzando tutti gli strumenti possibili per insabbiare questa vicenda gravissima. E per evitare di rispondere.Il che, in tutta onestà, non fa che aumentare i dubbi e i sospetti.Ah, ovviamente la Meloni è sparita anche in questo caso". - Matteo Orfini
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avalonishere · 1 month ago
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NESSUNO HA CAPITO PERCHÉ ANDREA DELMASTRO SIA STATO CONDANNATO. VE LO DICO IO… LEGGETEMI
Facciamo ordine: il Sottosegretario Andrea Delmastro è stato condannato a otto mesi di reclusione per aver condiviso con un collega parlamentare dei documenti, il cui contenuto era già stato pubblicato dalla stampa, comunque non segreti.
Le informazioni riguardavano il terrorista anarchico inurrezionalista Alfredo Cospito, costretto a scontare con sentenza definitiva 23 anni in carcere (la Procura aveva chiesto l’ergastolo).
Cosa rivelava questo ‘non segreto’? Una conversazione tra il terrorista recluso (con il 41 bis, trattamento riservato a pregiudicati gravi) e alcuni boss della ‘ndrangheta.
Volete sapere il contenuto di tali ‘amabili’ conversazioni? I mafiosi chiedevano che le manifestazioni di solidarietà organizzate dagli anarchici a sostegno del lungo digiuno del terrorista Cospito, chiedessero l’abolizione del 41bis (il carcere duro) in modo che ne potessero beneficiare.
Pensate sia tutto qui? Vi sbagliate perché, colpo di scena, un’autorevole delegazione di quattro parlamentari PD, tra cui il Capogruppo alla Camera Debora Serracchiani e il responsabile giustizia ex ministro guardasigilli Andrea Orlando, si recano nel carcere di Sassari il 12 gennaio 2023 proprio a trovare Alfredo Cospito che ‘incidentalmente’ li fa incontrare con tre mafiosi suoi vicini di cella, l’artificiere della mafia Pietro Rampulla, il killer della ‘ndrangheta Francesco Presta e il camorrista Francesco Di Maio.
Successivamente a questo sodalizio l’ex ministro Orlando chiede in sostanza che venga tolto il carcere duro al terrorista.
Facciamo per un attimo il gioco degli specchi: una delegazione ai massimi livelli di FDI si reca in carcere per scopi umanitari a visitare un terrorista neofascista condannato a 25 anni di carcere e detenuto con il 41bis perché giudicato pericoloso mentre le piazze italiane sono messe a ferro e fuoco da gruppi extraparlamentari violenti che ne chiedono la liberazione. E con l’occasione incontra 3 boss mafiosi. Secondo voi la magistratura avrebbe aperto un’inchiesta e poi condannato un esponente di governo del PD per aver rivelato notizie sulla natura dei colloqui tra il terrorista nero e i mafiosi? O forse non sarebbero stati sbattuti in prima pagina per mesi i componenti della delegazione per un linciaggio mediatico perché collusi con il bombarolo stragista?
Ecco la questione, i terroristi per i Democratici non sono tutti uguali, se sono di sinistra, da sempre, devono avere il salvacondotto per la loro violenza, le aggressioni premeditate, le bombe, perfino quando condividono una strategia con la criminalità. Sono "compagni che sbagliano” come dicevano dei brigatisti rossi, fino all’omicidio Moro.
Questa novella assurda termina invece con il paradosso di una pubblica accusa che chiede in udienza la totale ASSOLUZIONE del sottosegretario Andrea Delmastro, ma il giudice - colpo di scena - decide d’imperio la sua CONDANNA.
Come si fa in questo scenario, con la sinistra divisa e inadeguata a svolgere il suo ruolo di alternativa di governo e bisognosa dell’aiutino delle toghe amiche (che non lo stanno certo lesinando), a non pensare a una sentenza politica? Su, dai!
Il governo è impegnato nella riforma quadro della giustizia ostacolata dalle correnti dei magistrati (anomalia tutta italiana), il Parlamento non è più in equilibrio rispetto al potere giudiziario dall’abolizione dell’immunità cui non è corrisposta nemmeno la responsabilità civile dei giudici… Praticamente la magistratura può colpire la politica ogni volta che vuole, se sbaglia intanto ha destabilizzato il sistema, qualche ministro si deve dimettere perché messo in croce dai media, governatori, sindaci e assessori finiscono direttamente in galera e saranno riabilitati dopo anni, con carriere ormai bruciate. I giudici che hanno cagionato con inchieste sbagliate e sentenze sospette terremoti politici non pagano mai, anzi, a giudicarli è un organo, il Consiglio Superiore della Magistratura, che viene eletto con i voti delle correnti di cui sopra, tutte concordi sulla conservazione del potere della loro casta. La Costituzione vorrebbe fosse un ordine dello Stato, ma è ormai diventata un potere autoreferenziale abilitato a conservare se stesso e soccorrere chi asseconda questa anomalia italiana. Le sinistre, appunto.
Questo è quanto.
Andare fino in fondo, riequilibrare i poteri, garantire il diritto dovere del Parlamento a riformare la giustizia e, soprattutto, prosciugare in fretta quella pozza maleodorante generata dalla sinistra dove si giustificano illegalità, violenza, arbitrio.
Un abbraccio ad Andrea Delmastro.
Fabio Rampelli
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donaruz · 10 months ago
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24 MAGGIO 1961 nasceva ILARIA ALPI
"Era una giovane donna, forte e determinata, battagliera e femminista convinta".
"Soffriva di vertigini e temeva il vuoto, ma si era scelta un lavoro in cui l'elicottero è uno dei cosiddetti ferri del mestiere, aveva una autentica fobia del vuoto, una vera e proprio chefobia ma volava con tranquillità almeno apparente".
"Era una giornalista coraggiosa con la mente in Europa ed il cuore in Africa"
P.s. Così l'ha descritta sua madre.
Si diplomò al Liceo Tito Lucrezio Caro di Roma.
Grazie anche all'ottima conoscenza delle lingue (arabo, francese e inglese) ottenne le prime collaborazioni giornalistiche dal Cairo per conto di Paese Sera e de l'Unità.
Successivamente vinse una borsa di studio per essere assunta alla Rai.
Ilaria Alpi giunse per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Alla missione prese parte anche l'Italia, superando in tal modo le riserve dell'inviato speciale per la Somalia, Robert B. Oakley, legate agli ambigui rapporti che il governo italiano aveva intrattenuto con Barre nel corso degli anni ottanta.
Le inchieste della giornalista si sarebbero poi soffermate su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l'altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate coi gruppi politici locali. Nel novembre precedente l'assassinio della giornalista era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.
Alpi e Hrovatin furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, a pochi metri dall'hotel Hamana, nel quartiere Shibis; in particolare, in corrispondenza dell'incrocio tra via Alto Giuba e corso Somalia (nota anche come strada Jamhuriyada, corso Repubblica).
La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia: qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo. Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all'hotel Sahafi, vicino all'aeroporto, e poi all'hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto. A bordo del mezzo si trovava altresì Nur Aden, con funzioni di scorta armata.
Sulla scena del crimine arrivarono subito dopo gli unici altri due giornalisti italiani presenti a Mogadiscio, Giovanni Porzio e Gabriella Simoni. Una troupe americana (un freelance che lavorava per un network americano) arrivò mentre i colleghi italiani spostavano i corpi dall'auto in cui erano stati uccisi a quella di un imprenditore italiano con cui successivamente vennero portati al Porto vecchio. Una troupe della Svizzera italiana si trovava invece all'Hotel Sahafi (dall'altra parte della linea verde) e filmò su richiesta di Gabriella Simoni - perché ci fosse un documento video - le stanze di Miran e Ilaria e gli oggetti che vennero raccolti.[6]
Ilaria Alpi venne sepolta nel Cimitero Flaminio di Roma.
La madre, Luciana Riccardi Alpi, (1933 - 12 giugno 2018) ha intrapreso, fin dal primo processo, una battaglia per cercare la verità e far cadere ogni sorta di depistaggio sull’omicidio della figlia.
Noi siamo quelli che credono ancora a queste emozioni
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curiositasmundi · 5 months ago
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[...]
Lo scettro della colonizzazione ed il fardello dell’esportazione della democrazia sono stati ereditati nel secolo scorso dagli Stati Uniti che hanno appoggiato i golpe militari in Sud America, hanno invaso e devastato il Vietnam e, nel 2003 hanno occupato l’Iraq facendo quasi un milione di vittime tra militari e civili.
Contro gli Stati Uniti invasori nessun Paese occidentale ha invocato sanzioni o ha inviato armi a lungo, medio e corto raggio agli iraqeni per aiutarli a respingere l’invasore.
Oggi assistiamo inermi al massacro che l’esercito israeliano sta compiendo a Gaza e si accinge a compiere anche in Libano, bombardando case, scuole, ospedali con la scusa di scovare i terroristi che userebbero i civili come scudi umani.
L’ultimo orrore in ordine di tempo è stata la manomissione di migliaia di cerca-persone e di altri dispositivi , opera probabilmente dei servizi segreti israeliani, e la loro esplosione che ha causato la morte e la mutilazione di centinaia di persone in Libano ed anche in Siria.
Sconcerta leggere gli articoli anche su alcuni giornali italiani coi quali ci si compiace quasi dell’impresa, manifestando ammirazione per l’efficienza, la preparazione tecnologica e l’astuzia con la quale sono stati beffati gli uomini di Hezbollah!
D’altronde, negli ultimi anni assistiamo ad un proliferare di articoli ed editoriali che esaltano la tecnologia di guerra, ascoltiamo giornalisti e politici che parlano di missili, aerei, razzi sempre più sofisticati e costosi con un senso di ammirazione e compiacimento per i progressi della tecnica bellica.
Che le esplosioni dei cerca-persone o i bombardamenti indiscriminati causino morte e distruzione, sembra un problema secondario ed irrilevante rispetto alla superiorità di Israele e dell’Occidente.
Quest’atteggiamento è la manifestazione di una sorta di perversa idolatria della tecnica che spinge l’uomo a godere della propria capacità di produrre strumenti di morte sempre più precisi, assolutamente indifferente alle sofferenze dei suoi simili.
A ciò si accompagna l’assenza di capacità di reazione di noi cittadini comuni che ci aggiriamo come imbambolati nei centri commerciali, nei locali, sulle spiagge, insensibili al massacro che si consuma a poca distanza da noi.
Le uniche mobilitazioni di dissenso sono state quelle degli studenti, prontamente manganellati, come a Pisa, o addirittura denunciati come negli Stati Uniti, patria della libertà e della democrazia.
Esemplari a tal proposito sono 2 episodi recenti: il primo a febbraio durante il festival di Sanremo, allorquando si è scatenato un putiferio contro Ghali che ha avuto il coraggio di pronunciare la parola “genocidio” sul palco senza nemmeno citare Israele e qualche giorno fa a Berlino dove un ragazzino di 11 anni è stato fermato dalla polizia perché aveva una bandiera della Palestina.
In Germania in particolare si è instaurato un clima di caccia alle streghe contro chiunque osi criticare Israele, forse per placare il senso di colpa che ancora tormenta molti tedeschi per ciò che ha fatto Hitler 80 anni fa.
Purtroppo ci sono periodi nella storia durante i quali l’eccitazione per la guerra e la voglia dello scontro prevalgono sulla ricerca della soluzione diplomatica delle controversie internazionali.
Questo che stiamo vivendo è sfortunatamente uno di quelli, come quando alla vigilia della Prima Guerra Mondiale si esaltava la guerra come “igiene del mondo”.
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falcemartello · 2 years ago
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Perplessità sulla narrazione dei cambiamenti climatici e sul Global Warming.
Se avete qualche perplessità sulla narrazione dei cambiamenti climatici e sul Global Warming è perché a casa vostra sono arrivati i servizi segreti Russi e Cinesi a spargere disinformazione.
Chi lo dice? La UE!
Non ci credete?
Risoluzione del Parlamento europeo del 1° giugno 2023 sull'ingerenza straniera in tutti i processi democratici nell'Unione europea, compresa la disinformazione (2022/2075(INI))
Seguite il punto 38:
“L'aumento del negazionismo del cambiamento climatico può essere collegato a una più ampia adozione delle teorie del complotto nel discorso pubblico, che si basa sulla creazione deliberata di una realtà contraria e sul rifiuto della scienza , e che include false idee su tutto, dalla guerra Russa contro l'Ucraina ai vaccini COVID19(!!!);
Si sottolinea il ruolo degli attori stranieri nella diffusione della disinformazione sui cambiamenti climatici e sulla politica climatica dell'UE, che sta minando il sostegno pubblico e viene utilizzata anche nelle narrazioni di attori nazionali che sfruttano la disinformazione climatica per i propri fini politici.”
Meno male che c'è la UE che ci protegge!
Non ridete, purtroppo è una cosa seria!
(Fortunato Nardelli)
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pollicinor · 2 years ago
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Secondo le rilevazioni di SWG, il 15 per cento degli italiani è composto da una coalizione di aperti contestatori di Galileo: credono che la Terra sia piatta. Ma non finisce qui: il 17 per cento sostiene che “l’Olocausto non è mai avvenuto” e, a detta del 18 per cento, “alcune celebrità decedute sono ancora vive e si trovano nascoste in un’isola”. Sempre il 18 per cento crede che “i Rettiliani sono tra noi, hanno le sembianze di alcuni esponenti politici e governano il mondo”. Eppure, che ci crediate o no, queste non sono le percentuali più preoccupanti. Un esempio? Il 25 per cento degli italiani (più di un italiano su 5) è convinto che “i vaccini sono un metodo di controllo di massa attraverso il 5G”; il 29 per cento che “lo sbarco sulla Luna non è mai avvenuto e le foto sono state realizzate in un set cinematografico”; il 32 per cento che “l’attentato delle Torri Gemelle è stato organizzato dagli Stati Uniti”. La questione vaccini merita un capitolo a parte, ma per comodità di analisi ci limitiamo a due statistiche: secondo il 36 per cento degli italiani, “il Covid-19 è stato creato dalla Cina come arma per distruggere l’occidente”, mentre il 42 ritiene che “il Covid-19 e altri virus sono stati creati in laboratorio per favorire le case farmaceutiche���.
Dall’articolo "Terra piatta, rettiliani e laboratori segreti: ecco i complotti a cui gli italiani credono di più" su RollingStone.it
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ginogirolimoni · 1 year ago
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La più grande democrazia del mondo, faro della Libertà e dei Diritti dell’Uomo, gli Stati Uniti, chiede l’estradizione di Julian Assange, alla culla della democrazia dell’Occidente, la Gran Bretagna, perché il giornalista ha preso troppo sul serio la parola Libertà, credeva di vivere in una Democrazia e riteneva di poter godere di alcuni Diritti in quanto Uomo. Assange, se estradato, rischia negli Stati Uniti una condanna fino a 175 anni di carcere perché accusato di spionaggio e per aver divulgato documenti segreti.
Dove finisce la libertà di informazione, dove il diritto dei cittadini di sapere cosa fanno i loro governanti, fin dove si può spingere la trasparenza delle azioni di governo, e dove bisogna preservare la sicurezza di uno Stato?
Assange non ha divulgato segreti militari, tecnologici, difensivi, non ha messo a rischio la sicurezza del Paese, ha solo scoperchiato l’ipocrisia dei politici che dicono di essere democratici, liberali e poi fanno politiche estere predatorie e usano gli stessi strumenti coercitivi e gli stessi strumenti terroristici delle peggiori dittature.
Quello istituito contro Assange non è un atto di giustizia, ma persecutorio e punitivo, gli Stati Uniti si comportano contro di lui esattamente come Assange ha mostrato che in realtà sono.   
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gcorvetti · 2 years ago
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Ed è Lunedì?
Ieri ho fatto tardi dietro ad un audio ricavato da un video di un giocoliere solo perché nel giocolare con le palline su un triangolo crea anche dei ritmi niente male, allora ho pensato di darmi da fare cancellando le parti di applausi del pubblico e dando al suono una nuova identità, il risultato non è male anzi è figo solo che manca qualcosa, quando capirò cos'è e lo completo ve lo posto. Leggo oggi che Amato, non mi dilungo in esternazioni personali, dice che il caso di Ustica, che come tutti sappiamo l'aereo è stato abbattuto da un missile, dice che codesto ordigno di morte è stato sparato dai francesi, ci crediamo? Qualcuno si qualcuno meno, io onestamente sono per un 50%, chi ci dice che non è il solito depistaggio periodico? Sono sempre stato convinto che il missile l'abbiano sparato gli yankee, anche perché sono quelli pronti prontissimi ad agire in caso di allerta. Ma onestamente questa cosa ora dopo 40 anni non ha molto senso, sapere la verità sarebbe bello, che per verità intendo tutti i dettagli secondo per secondo e tutti i nomi dei responsabili dai piloti dei caccia a tutti quelli che hanno insabbiato il fattaccio, così giusto per vederli in faccia sti infami che pur di abbattere un aereo militare straniero privo di armamenti non si fanno scrupoli a sparare un missile in presenza di persone estranee a quello che sta accadendo, mi ricorda i morti di mafia quelli che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato e si beccano una pallottola di rimbalzo. Per soddisfare la verità lo zio Giulio (Andreotti) che era molto intelligente e ironico avrebbe dovuto lasciare un bel librone con tutti i suoi segreti, sai che smacco per tutti i coinvolti nei misfatti di un paese che è stato sempre preda e depredato da chiunque, sarebbe passato alla storia come il politico che ha rotto il silenzio e non solo come uno statista che ha fatto il patto con la mafia e venduto il paese a questo e a quello, un giorno parlando con un tizio italiano, il verdumaio milanese, siamo arrivati alla conclusione che erano meglio quei politici, quelli della prima repubblica, nonostante il magna magna e le merdate che hanno fatto l'Italia andava a gonfie vele, almeno dal nostro punto di vista.
Va bè, politica a parte, oggi ho già tagliato il prato, bello uniforme come un mare fermo tutto verde, l'ho già scritto che una odiavo sta cosa e che ora l'adoro? Forse per via di una visione diversa della vita, del tempo, di come passarlo in modo costruttivo senza sprecarlo, no scrivere qua non è tempo sprecato è psico-terapia 😁
Oggi un contatto, un venexiano doc ha postato un brano che non sentiva da moltissimo, bello mi piace, è un pò tra Badalamenti e Morricone ma cantato, lo posto, ma mi viene in mente molto John Zorn, che consiglio vivamente a chi ama la bella musica, che tra l'altro ha fatto 70 anni proprio l'altro giorno (si ho controllato mica mi ricordo i compleanni di persone che non conosco 😁). A voi.
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In realtà è difficile postare qualcosa di Zorn, ha fatto tante e diversificate composizioni, ma posto una cosa molto arabeggiante che a me piace tantissimo
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italiani-news · 4 days ago
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donaruz · 2 years ago
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24 MAGGIO 1961 nasceva ILARIA ALPI
"Era una giovane donna, forte e determinata, battagliera e femminista convinta".
"Soffriva di vertigini e temeva il vuoto, ma si era scelta un lavoro in cui l'elicottero è uno dei cosiddetti ferri del mestiere, aveva una autentica fobia del vuoto, una vera e proprio chefobia ma volava con tranquillità almeno apparente".
"Era una giornalista coraggiosa con la mente in Europa ed il cuore in Africa"
P.s. Così l'ha descritta sua madre.
Si diplomò al Liceo Tito Lucrezio Caro di Roma.
Grazie anche all'ottima conoscenza delle lingue (arabo, francese e inglese) ottenne le prime collaborazioni giornalistiche dal Cairo per conto di Paese Sera e de l'Unità.
Successivamente vinse una borsa di studio per essere assunta alla Rai.
Ilaria Alpi giunse per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Alla missione prese parte anche l'Italia, superando in tal modo le riserve dell'inviato speciale per la Somalia, Robert B. Oakley, legate agli ambigui rapporti che il governo italiano aveva intrattenuto con Barre nel corso degli anni ottanta.
Le inchieste della giornalista si sarebbero poi soffermate su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l'altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate coi gruppi politici locali. Nel novembre precedente l'assassinio della giornalista era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.
Alpi e Hrovatin furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, a pochi metri dall'hotel Hamana, nel quartiere Shibis; in particolare, in corrispondenza dell'incrocio tra via Alto Giuba e corso Somalia (nota anche come strada Jamhuriyada, corso Repubblica).
La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia: qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo. Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all'hotel Sahafi, vicino all'aeroporto, e poi all'hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto. A bordo del mezzo si trovava altresì Nur Aden, con funzioni di scorta armata.
Sulla scena del crimine arrivarono subito dopo gli unici altri due giornalisti italiani presenti a Mogadiscio, Giovanni Porzio e Gabriella Simoni. Una troupe americana (un freelance che lavorava per un network americano) arrivò mentre i colleghi italiani spostavano i corpi dall'auto in cui erano stati uccisi a quella di un imprenditore italiano con cui successivamente vennero portati al Porto vecchio. Una troupe della Svizzera italiana si trovava invece all'Hotel Sahafi (dall'altra parte della linea verde) e filmò su richiesta di Gabriella Simoni - perché ci fosse un documento video - le stanze di Miran e Ilaria e gli oggetti che vennero raccolti.[6]
Ilaria Alpi venne sepolta nel Cimitero Flaminio di Roma.
La madre, Luciana Riccardi Alpi, (1933 - 12 giugno 2018) ha intrapreso, fin dal primo processo, una battaglia per cercare la verità e far cadere ogni sorta di depistaggio sull’omicidio della figlia.
#pernondimenticaremai
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rfgtimes · 5 years ago
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LINK, UNIVERSITA’ DI ROMA PER “007”: Usata da CIA e Di Maio, fondata dall’ex Ministro dei fondi neri SISDE. Sotto inchiesta per lauree facili ai poliziotti e affari loschi
Alti ufficiali dell’esercito, funzionari di intelligence nazionale, analisti CIA e persino Cyber esperti israeliani. Sono questi i docenti che formano gli studenti nella Link Campus University di Roma. Soprattutto nell’esclusivo Master in Intelligence and Security destinato sulla carta a futuri manager di authorities e agenzie nazionali, addetti all’industria degli armamenti, studiosi di geopolitica e affari strategici ma nei fatti una vera fucina di 007 pronti ad essere reclutati dai servizi segreti italiani, da quelli militari della Nato o dal controspionaggio americano Central Intelligence Agency per un inserimento nel suo famigerato National Clandestine Service, l’autorità di coordinamento dell’HUMINT (human intelligence).
Chi ha sentito parlare del libro “Spy Schools: How the CIA, FBI and Foreign Intelligence Secretly Exploit America’s Universities (Henry Holt and Company)” del giornalista investigativo Daniel Golden su come CIA & co. sfruttano gli atenei USA in particolare nella Kennedy School della prestigiosa Harward University non si meraviglierà di sapere che anche in Italia è nato un centro di formazione per spie sotto il paravento di un ateneo.
Peccato che la Link Campus University, con la sede principale romana in via del Casale di San Pio V e circa 1800 studenti iscritti (dato 2017), frequentata pure dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle (link a fondo pagina), negli ultimi mesi è finita sotto inchiesta per molteplici presunti malaffari che confermano il vecchio adagio per cui il lupo perde il pelo ma non il vizio e vanno ben oltre la nota vicenda del professore maltese Joseph Mifsud.
Questo docente della Link è svanito nel nulla dopo essere stato indicato come una pedina del RussiaGate contro il presidente americano Donald Trump (il cui comitato fu sospettato di legami col Cremlino nella diffusione delle email compromettenti contro la rivale Hillary Clinton) ed essere finito al centro della successiva contro-inchiesta condotta dal procuratore generale William Barr e del magistrato incaricato John Durham, venuti anche in Italia per fare chiarezza sullo SpyGate (maggiori dettagli nel finale dell’articolo).
Negli ultimi mesi è stato ribattezzato ObamaGate per la presunta cospirazione ordita dai Democratici americani all’origine degli scandali grazie a informatori CIA, come nel caso dell’UkraineGate per il quale un ex direttore dell’intelligence ha pubblicamente lodato l’azione occulta del “Deep State” contro l’inquilino Repubblicano della Casa Bianca.
Questo reportage, però, vuole scavare più a fondo. E’ il preambolo di un intrigo internazionale che si aggroviglia intorno ai recente scandali nella magistratura italiana culminati col PalamaraGate e al ruolo della nostra penisola mediterranea nell’ambito della lobby delle armi Italo-Britannica, legata a doppio filo coi Fratelli Musulmani di Qatar e Turchia come già evidenziato in un precedente reportage, ma anche ai servizi segreti e alla massoneria come vedremo prossimamente (se non ci faranno sparire prima��).
Questioni che implicano anche le operazioni militari imbarazzanti come quella che ha visto la NATO legittimare implicitamente e occultamente l’invio di jihadisti tagliagole ISIS in Libia quali mercenari della Turchia a sostegno del Governo di Accordo Nazionale di Tripoli del presidente Fayez Al-Serraj (supportato diplomaticamente anche dalla società americana di lobbying Mercury) nella guerra civile contro l’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar, ora sospesa in una fragile tregua.
In virtù della beata impunità garantita ai potenti del Deep International State – l’apparato finanziario, massonico, militare e spionistico che controlla o influenza politici e governi in quasi tutti i paesi occidentali – un ex ministro graziato dalla prescrizione per lo scandalo dei fondi neri SISDE (i servizi segreti interni oggi divenuti AISI) può vantarsi in pubbliche interviste del fatto che la «Link è stata la prima università ad includere nei suoi programmi graduate e post graduate gli studi di intelligence e sicurezza destinati anche agli appartenenti all’esercito, alle forze dell’ordine». Infatti lì ha insegnato pure l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, voluto dal M5S nel primo governo Conte (2018-2019).
Il Master di intelligence & Security, fiore all’occhiello dell’ateneo, è riservato ad un élite altamente selezionata o a figli di nababbi visto che nell’anno accademico 2019-2020 la retta ammontava a 10mila euro, scontata al 50 % per gli operatori del Comparto Difesa e Sicurezza ma gratis per 18 fortunati vincitori di borse di studio, di cui 8 riservate a personale civile e militare impegnato in missioni internazionali.
Ciò basterebbe già a farci sussultare avendo scoperto, come spiegheremo, che l’università è divenuta famosa proprio grazie ad una conferenza organizzata dalla CIA: perché significa che questi funzionari di missioni estere potrebbero essere selezionati durante le lezioni e “reclutati” dalla più potente intelligence del mondo all’insaputa di coloro per cui stanno operando in contesti magari assai delicati, come quello libico o siriano dove i jihadisti hanno ricevuto i potenti missili anticarro TOW proprio da Langley, quartier generale del controspionaggio USA'
Ma è il profilo giudiziario del fondatore e presidente della Link Campus University di Roma ad accentuare i sospetti che i presunti loschi affari scoperti dalla magistratura siano soltanto la punta dell’iceberg di un’attività intelligence spregiudicata e senza regole perché inserita in un piano strategico e funzionale a quei servizi segreti che la fanno quasi sempre franca anche dopo scellerate azioni criminali.
Rachel Orner
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curiositasmundi · 1 year ago
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[...] «Da un piccolo, ma grande, liceo di Napoli, voglio lanciare un messaggio perché la cultura non sia mero nozionismo settoriale né piatta dialettica. Solo con la cultura si capiscono le cause delle guerre e si costruisce la pace: la cultura è valore universale, della [tribù umana], per cui Dostoevskij è patrimonio dell’umanità», disse allora. Putin commentò il murales dicendo che Dostoevskij era «ormai stato cancellato in Occidente» e che «l’ultima operazione così massiccia per distruggere la letteratura indesiderata era stata condotta in Germania dai nazisti», ma disse anche che opere come quella di Jorit gli davano speranza per il futuro. Jorit aveva detto, in risposta: «È mai possibile che sono riuscito a fare più io, semplice cittadino, per la pace con un murale che il nostro governo? Non è che in fondo in fondo ai nostri leader questa guerra fa quasi comodo?». Da allora Jorit è stato più volte sia in Russia che nel Donbass, regione orientale dell’Ucraina dove dal 2014 è in corso una guerra fra combattenti filorussi finanziati e armati dalla Russia e esercito ucraino. Nel settembre del 2022 a Mosca Jorit ha realizzato un murales dedicato a Julian Assange, fondatore di Wikileaks e personaggio considerato molto divisivo, tra chi pensa che sia un eroe che subisce una persecuzione ingiusta per aver svelato i “segreti dei potenti”, e chi lo ritiene una minaccia per la sicurezza nazionale per aver collaborato con l’intelligence russa – volontariamente o meno – per influenzare il risultato delle elezioni statunitensi del 2016, quelle vinte da Donald Trump. Intervistato da Repubblica sulla sua scelta di realizzare un’opera d’arte in un paese autoritario come la Russia, dove la libertà di stampa ed espressione è fortemente limitata dal governo e c’è una lunga storia di dissidenti politici incarcerati o assassinati, aveva risposto «in Russia non c’è libertà di pensiero? Questo lo sta dicendo lei». Nel luglio del 2023 era poi stato fortemente criticato per essersi recato a Mariupol, città del sud-est dell’Ucraina occupata da mesi dall’esercito russo, per dipingere un murales raffigurante una bambina con i colori della bandiera russa dipinti nelle iridi degli occhi e circondata da due missili con la scritta NATO, benché la NATO non abbia condotto alcun attacco missilistico contro Mariupol. Nei post pubblicati su Instagram mentre era a Mariupol, Jorit scrisse che «ci hanno mentito su Vietnam, ci hanno mentito sull’Afghanistan, ci hanno mentito sull’Iraq, ci hanno mentito sui Balcani e ci hanno mentito sulla Libia e sulla Siria. E ora ho le prove: ci stanno mentendo anche sul Donbass. Qui l’etica non c’entra nulla, diffidate da quelli che vorrebbero farci la morale, hanno le mani sporche di sangue. Qui non c’è nessuno da liberare. È tutto l’esatto opposto di quello che ci raccontano in TV. La resistenza che avremmo dovuto appoggiare è quella del popolo del Donbass che lotta da 8 anni per liberarsi da un regime; quello di Kiev che di democratico oramai non aveva più niente». [...]
Da: Lo street artist italiano che fa propaganda a Putin - IlPost
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unita2org · 3 months ago
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OMICIDI MIRATI DEI SERVIZI SEGRETI UCRAINI, KIRILOV SOLO L'ULTIMO
Russia-Ucraina 21 Dicembre 2024 Remocontro È praticamente certo che ad uccidere a Mosca il generale russo Igor Kirillov, capo dell’unità di Difesa radiologica, chimica e biologica delle forze armate russe, siano stati i servizi segreti ucraini, l’Sbu. L’organizzazione da oltre due anni colpisce politici, blogger e militari in Russia, con ambizioni crescenti: il generale Kirillov è l’ultimo e…
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gabriellaargentonotizia · 5 years ago
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Russiagate, l’avvocato di Mifsud, Stephan Roh, tira in ballo Gentiloni e Migliore
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Con una lunghissima e dettagliatissima inchiesta giornalistica esclusiva – un clamoroso scoop – l’Adnkronos alza il velo sul Russiagate. E racconta, dopo aver ascoltato le due versioni contrapposte, quella del legale svizzero di Mifsud docente alla Link Campus University e protagonista centrale dello scandalo e quella dei vertici dell’Università romana degli 007,  cosa c’è dietro la vicenda. Che vede impelagati tre paesi: Italia, Usa e Russia. E un esercito di accademici, diplomatici, spie, legali e politici. Un cocktail che neanche John le Carré avrebbe saputo preparare meglio, quello sul Russiagate.
L’inviato di Adnkronos, Marco Liconti, ha incontrato, a Zurigo, Stephan Roh. Roh è l’avvocato del docente statunitense Joseph Mifsud. Che da mesi è oramai scomparso. E non si sa che fine abbia fatto. «Credo che Mifsud sia ancora vivo, lo era almeno fino alla scorsa primavera», dice Roh all’Adnkronos. E aggiunge: «So che si nascondeva perché temeva per la propria vita. So anche che qualcuno l’ha obbligato a nascondersi. Mifsud doveva sparire. Perché poteva compromettere tutta l’indagine di Mueller contro Trump…».
Roh tratteggia così la figura del suo assistito. Che è una figura centrale del Russiagate: Mifsud non è un agente russo, ma è – o è stato – un «serviceman» dei Servizi di intelligence occidentali.
«Era impegnato in “missioni”», sostiene Roh. Che cita esplicitamente il Servizio segreto inglese MI6 al quale Mifsud era direttamente legato. Attraverso il Lcipl, il London Centre of International Law Practice, con il quale lavorava, secondo Roh.
Ma sia Roh che Mifsud sono anche altro in questo scenario complicatissimo. Dove falso e vero si sovrappongono in continuazione. Tanto è vero che Adnkronos ha sottoposto ai vertici di Link Campus University, dove insegnava Mifsud, ciò che ha raccontato Roh. E le versioni non solo non coincidono ma sono contrapposte. Vediamole.
Intanto chi sono Roh e Mifsud? Mifsud, come abbiamo visto, era ufficialmente, un docente della Link, l’Università, guidata da Vincenzo Scotti. E che è considerata il bacino formativo da cui attingono i Servizi segreti italiani. Ma sarebbe, appunto, anche un uomo dei Servizi d’intelligence britannici. E’ il suo legale, Stephan Roh, a consegnare al procuratore John Durham, – incaricato dall’Attorney General, William Barr di “indagare sull’indagine” del Russiagate – il famoso nastro nel quale sarebbe contenuta la «deposizione» di Mifsud e nella quale il professore maltese direbbe “molte cose”.
Una parte della trascrizione di quel lungo colloquio durato 3 giorni e avvenuto nello studio legale di Roh a maggio 2019, l’avvocato di Mifsud l’ha consegnata all’Adnkronos. Che, poi, ha cercato conferme alla Link Campus University. Il nastro e la relativa trascrizione, secondo Roh, lui le ha consegnate anche, il 30 luglio scorso al Senato Usa. E il 1 agosto alla Camera dei Rappresentanti, in particolare al deputato repubblicano David Nunes.
Quattordici giorni dopo, il 15 agosto 2019 e, poi, anche il 27 settembre, l’Attorney general, William Barr, e il procuratore del Connecticut volano in Italia. E qui le versioni, quella di Roh e quella degli 007 italiani, iniziano a divergere. «Durham ha fatto ascoltare quella registrazione in Italia. La registrazione richiedeva spiegazioni da parte degli italiani», sostiene Roh. Ma l’intelligence italiana nega proprio all’Adnkronos la circostanza: «Gli americani non ci hanno fatto sentire nulla».
Se Mifsud è un docente vicino agli 007 britannici che sembra sapere moltissimo del Russiagate, chi è Roh? Anche la sua figura appare controversa. C’è chi lo accusa di essere legato a oligarchi e a interessi russi. Ma lui se la ride: «le mie connessioni intime con la Russia? solo con mia moglie, che è russa».
Roh è stato anche interrogato “per ore”, nell’ottobre del 2017, in occasione di un viaggio negli Stati Uniti, dagli investigatori. Che facevano parte del team del procuratore speciale Robert Mueller, a capo dell’indagine sul Russiagate.
«Ma – assicura Roh – non mi hanno fatto nessuna domanda su Mifsud». Sulla vicenda Roh ha, anche, pubblicato un libro a sue spese. Per raccontare la sua versione del Russiagate. Il titolo è eloquente: “The faking of Russiagate – the Papadopoulos case“, la bufala del Russiagate – il caso Papadopoulos.
George Papadopoulos è l’allora consulente della campagna presidenziale di Trump al quale, secondo il Rapporto Mueller sul Russiagate,  proprio Mifsud consegnò, dopo averlo “agganciato” presso la Link Campus University, il materiale “sporco” su Hillary Clinton, sotto forma di migliaia di email hackerate in possesso dei russi.
Nel suo volume Roh scrive: «Questo libro parla del più grande scandalo politico dei nostri tempi. Questo libro racconta la storia della lotta del presidente Usa Barack Obama e della campagna presidenziale democratica di Hillary Clinton contro Donald Trump. E’ la storia di come il governo Usa abbia manipolato il processo elettorale democratico».
A chi lo indica come legato agli oligarchi russi, Roh replica così parlando di sè: «a capo di ILS Energy, IILS Publishing, dello Studio legale Roh, di R&B Investment Group». Ma la cosa più interessante del profilo del legale è il possesso del 5 per cento della Gem, la Global Education Management srl, società di gestione, guarda caso, della Link Campus University. E qui si apre qualche interrogativo. Secondo qualcuno il nocciolo della questione sarebbe una sorta di lotta di potere per scalare la Link. E per prenderne il controllo.
Interpellati da Adnkronos, i vertici della Link – era presente anche Vincenzo Scotti agli incontri – sostengono che Roh ha ottenuto il 5 per cento della Gem, attraverso un accordo. Che scadeva alla fine del 2016. E di cui ad Adnkronos è stata mostrata copia. Cosa prevedeva l’accordo? Gem ha ceduto a Roh il 5 per cento delle quote al prezzo di favore di 250mila euro. E, in cambio Roh avrebbe dovuto trovare investitori internazionali per l’ateneo. Ma non l’ho ha fatto. E quindi la Gem ha chiesto le quote indietro. Cosa che Roh ha rifiutato di fare. Ma andiamo avanti. E vediamo come nasce il rapporto fra Roh e Mifsud.
Secondo Roh, lui e Mifsud si incontrano per «la prima volta diversi anni fa, in Bahrein, in occasione di una conferenza». «Ci hanno descritto come soci, ma non è vero», assicura il legale svizzero. «Nel 2006 – continua Roh – mi invitò a Roma per partecipare ad un convegno del Senato italiano, ma non andai». C’è, tuttavia, un’occasione successiva. Nel 2014 «lo incontrai ad una conferenza alla London Academy of Diplomacy (dove Mifsud insegnava, ndr) . E lì incontrai anche diverse personalità dell’intelligence britannica».
E dove si trova ora Mifsud? Dove è finito il personaggio principale del Russiagate? Roh sostiene di averlo chiesto al procuratore americano Durham.. «Gli ho chiesto se lo avesse incontrato, in Italia. Mi ha risposto che anche se lo avesse incontrato, non me lo avrebbe detto. Ma – aggiunge Roh all’Adnkronos – parlando con Durham ho ricavato l’idea che Joseph (Mifsud ndr) sia ancora vivo. Lo spero davvero. Credo che i suoi movimenti siano ora più ristretti. Non può comunicare come prima. E poi credo che anche lui (Durham, ndr) sia dell’idea che Joseph Mifsud, l’introvabile Mifsud, non sia un agente russo…».
Una cosa è sicura, secondo il legale svizzero: Mifsud era certamente vivo nella primavera di quest’anno. «Ho avuto contatti indiretti con lui tramite la sua famiglia. Sempre in primavera, una sua amica ha avuto un contatto diretto con lui. E mi ha detto che era in Italia, a Roma. Personalmente, l’ultimo contatto diretto che ho avuto con lui è stato alla fine dello scorso anno».
Il racconto di Roh non trovano completi riscontri in ciò che dicono dalla Link, interpellata dall’Adnkronos. Anzi. In qualche caso divergono.
Pasquale Russo, direttore generale della Link, conferma che, nel 2014, Roh, su invito di Mifsud, fa la sua prima visita alla Link, nella vecchia sede di via Nomentana.
«A fine 2015 Mifsud mi disse di venire alla Link University, dove mi aveva già invitato in precedenza. Mi mostrarono il Casale (l’attuale sede dell’ateneo, in via del Casale di S. Pio V a Roma, ndr)». Anche questa circostanza è confermata dalla Link.
«C’era un grande potenziale di sviluppo – sostiene Roh – loro avevano bisogno di soldi, ma anche di entrature a Mosca. Volevano stipulare un accordo con l’Università statale Lomonosov di Mosca, pensai che era un’idea brillante».
Adnkronos ha chiesto conferma alla Link. «Il professor Mifsud faceva viaggi per conto suo in cui provava a proporci accordi con altre Università. Perché era nostro interesse portare qui altri studenti stranieri, come è interesse di tutte le Università – spiega il direttore generale della Link Russo – in quel periodo lui ci propose l’accordo con la London School of Economics. Quello con la Stirling University, dove lui lavorava. E altri accordi, tra cui anche quello con la Lomonosov. Accordi tutti stipulati. Mifsud faceva gli stessi accordi anche per altre Università con cui lavorava. Perché Mifsud lavorava per tantissime altre Università».
Ed è così, che «tra il 2016 e il 2017», racconta ancora Roh, «su istruzioni e supervisione di Scotti», l’avvocato svizzero e il professore maltese hanno «effettuato alcuni viaggi in Russia». Per lavorare all’accordo di collaborazione con la Lomonosov e «altre istituzioni».
A Mosca, osserva Roh, Mifsud “«era perso, non aveva alcun vero contatto di alto livello». Che i contatti con l’Università Lomonosov di Mosca e altre istituzioni internazionali siano avvenuti «su istruzioni e supervisione di Scotti», l’avvocato si dice certo. E, come riscontro, fornisce all’Adnkronos diverse email che stampa direttamente dal suo pc.
Un carteggio tra lo stesso Scotti, Mifsud, Roh e altri dirigenti della Link che, a detta dell’avvocato elvetic, non lascerebbero dubbi, rispetto alla totale presa di distanze dal professore maltese, assunta dall’ateneo romano dopo lo scoppio del Russiagate-Spygate.
L’avvocato Roh si sofferma in particolare, in una mail datata 20 dicembre 2016. E inviata da Scotti a Mifsud e allo stesso Roh, dove il presidente della Link scrive: «Carissimi, ieri sera ho incontrato a Roma l’ambasciatore italiano a Mosca, Ragaglini, già rappresentante italiano alle Nazioni Unite. Abbiamo parlato dell’accordo tra Link e Lomonosov. Mi ha confermato il suo vivo interesse e quello dell’Italia. Mi ha invitato suo ospite a Mosca. E sarebbe interessato a parlare con voi perché vorrebbe, tra l’altro, organizzare un incontro (cena) in ambasciata con i rappresentanti Lomonosov, autorità russe e noi quando voi sarete a Mosca. Ragaglini è persona di grande esperienza, personalità e prestigio. E’ anche mio amico e della Università. Ha operato, in tutte le sedi, per il dialogo con Mosca. Fatemi sapere cosa ne pensate. Enzo».
Anche di questa circostanza l’Adnkronos ha chiesto conto alla Link.
«Mifsud in questa sua attività faceva riferimento a più soggetti. Ma Roh non è mai stato un nostro “ambasciatore”. – dice ancora Russo – Era Mifsud che aveva rapporti accademici. Non ci risulta che Roh ne avesse».
Se Mifsud a Mosca era “perso” e non aveva alcun contatto di livello, come sostiene Roh, negli ambienti italiani sarebbe stato invece «molto ben connesso». L’avvocato svizzero racconta un episodio. «Una cena all’ambasciata italiana di Londra, per una presentazione di Finmeccanica, forse fu quando cambiarono il nome in Leonardo».
Due, a questo punto, le domande che restano nell’aria. Primo: chi è veramente Joseph Mifsud? Un «agente russo», come lo ha definito l’ex-direttore dell’Fbi James Comey in un articolo sul Washington Post? O una “pedina” di una macchinazione ai danni di Donald Trump (le elezioni del 2016 furono “corrotte” ha detto lo stesso presidente Usa, aggiungendo che la corruzione potrebbe portare «fino a Obama» e che l’Italia «potrebbe» essere coinvolta).
La seconda domanda è: perché Mifsud si nasconde? Ecco cosa sostiene il suo legale svizzero parlando di lui come di un «serviceman» dei Servizi di intelligence occidentali. Attraverso il Lcipl, il London Centre of International Law Practice, con il quale lavorava.
Cos’era questo “Centro”, per il quale lavorò anche un altro protagonista del Russiagate, George Papadopoulos, citato nel Rapporto Mueller? Vediamo cosa dice Papadopoulos, nel suo libro “Deep State Target”: «Il 12 marzo 2016, arrivai alla Link Campus con un gruppo di colleghi della London Centre of International Law Practice, tra cui Donald Lewis. Che è membro della Stanford University, Rebecca Peters e Nagi Idris».
Per Roh, il “Centro” era “semplicemente una copertura per operazioni di intelligence».
Alla Link, invece, ritengono «poco probabile» che il primo incontro tra Mifsud e Papadopoulos sia proprio quello avvenuto a Roma. Questo perché dal sito della società Lcilp risulta che già da tempo Mifusd era dirigente del board e successivamente (comunque prima dell’incontro a Roma) Papadopolus appariva come direttore delle questionei energetiche della Lcil. Società che, a detta della compagna di Papadopolus, Simona Mangiante, «occupava lo spazio di una stanza in un palazzo di una zona chic di Londra, con un tavolo ovale al centro». Difficile, dunque, non incontrarsi.
Quanto alla seconda domanda, ovvero sul perché Mifsud è sparito dalla circolazione, l’avvocato Roh sostiene che il professore maltese, almeno all’inizio del suo coinvolgimento pubblico nel Russiagate, «non si è nascosto di sua iniziativa, ma gli è stato “imposto’ di nascondersi».
Cronologicamente siamo alla fine di ottobre del 2017. Quando viene resa pubblica l’ammissione di colpevolezza di Papadopoulos agli investigatori del team del procuratore Mueller. Che lo avevano arrestato pochi mesi prima, a luglio, all’aeroporto di Chicago.
In quell’occasione, gli uomini di Mueller contestano a Papadopoulos di aver mentito all’Fbi in un precedente interrogatorio, il 27 gennaio, sui suoi rapporti con un “professore straniero” e le sue connessioni con la Russi.
I ‘rumours’ che provengono da Washington, lasciano trapelare il nome del “professore straniero”: Joseph Mifsud. Anche lui, il professore maltese, ricorda Roh, «era stato interrogato negli Usa, nel febbraio del 2017, mentre si trovava a Washington per una conferenza organizzata dal Dipartimento di Stato. In quell’occasione, però, a fargli le domande, erano stati gli agenti dell’Fbi ancora guidata da James Comey», poi ‘licenziato’ da Trump pochi mesi dopo, a maggio.
Ma il vero succo del racconto di Roh arriva ora. Pochi giorni dopo l’interrogatorio di Mifsud a Washington, «il 25 febbraio 2017, Paolo Gentiloni (allora premier, ndr) e Gennaro Migliore (allora sottosegretario alla Giustizia, ndr) vanno nella sede della Link per un incontro strategico privato. Russo è testimone. Questo è stato il momento in cui la Link è entrata in gioco e la vita di Mifsud è cambiata».
Una “bomba” che Roh ha raccontato anche al quotidiano La Verità. Fonti vicine all’ex-premier Gentiloni, ora commissario europeo, hanno smentito categoricamente la circostanza: «Mai stato alla Link il 25 febbraio 2017». Quanto a Migliore, anche lui all’Adnkronos ha smentito di essere stato alla Link in compagnia di Gentiloni.
«Io Gentiloni non l’ho mai visto», dice Russo all’Adnkronos, mentre Migliore è un frequentatore dell’ateneo, dove partecipa a conferenze e altri eventi. «Gennaro (Migliore, ndr) lo conosco da 15 anni, siamo amici», dice ancora Russo. Scotti invece afferma sempre all’Adnkronos; «non ho mai incontrato Gentiloni quando era premier, né dentro né fuori la Link».
Il 31 ottobre, è l’ultimo giorno che Mifsud viene visto alla Link University, secondo quanto riferito anche da Scotti in varie interviste e confermato adesso, nuovamente, all’Adnkronos.
C’è un giallo anche sull’alloggio, pagato dalla Link in una palazzina a Roma, nel quale viveva Mifsud. «Dopo l’intervista a Repubblica, Roh scompare – ricordano i vertici della Link – per 2 mesi non abbiamo più notizie, non veniva, non si faceva sentire, gli abbiamo inviato mail su mail ai suoi indirizzi di posta elettronica. Dopodiché, nei termini resi obbligatori dal contratto di locazione, abbiamo inviato la lettera di rescissione. Passati 6 mesi abbiamo restituito le chiavi al proprietario».
Secondo la ricostruzione di Roh all’Adnkronos – e secondo quanto l’avvocato dice che Mifsud avrebbe riferito nella sua “deposizione” registrata ora in mano al procuratore Durham – lo stesso giorno il professore viene quasi prelevato di peso e spedito in un paesino delle Marche, Matelica. A sincerarsi della sua partenza, mentre Mifsud viene fatto salire su un’auto, Roh fa riferimento a quanto gli disse il suo assistito: «c’era il numero due dei Servizi segreti italiani».
«Mifsud mi ha confermato – dice Roh alla Verità – che uno dei capi di una agenzia italiana di servizi segreti contattò Scotti nel periodo in cui scoppiò lo scandalo e si raccomandò che Mifsud sparisse».
A Matelica, prosegue Roh, Mifsud «si è nascosto fino a fine dicembre 2017. Chi ha organizzato questa cosa andrebbe sentito come testimone chiave dell’indagine Durham».
L’avvocato tira in ballo altri due nomi, «Vanna Fadini e Pasquale Russo». Si tratta, rispettivamente, della presidente della Global Education Management srl (Gem), la società di gestione della Link, e del direttore generale della Link Campus University.
La casa di Matelica nella quale si sarebbe nascosto Mifsud tra novembre e dicembre del 2017, dice Roh, «appartiene a un amico della Fadini, un dentista». I diretti interessati, chiamati a chiarire la circostanza, smentiscono categoricamente. Specie la Fadini. Che all’Adnkronos nega decisamente: «Mai ospitato nessuno a Matelica. Non ho nessuna casa a Matelica, nessun amico dentista, nessuno. Se proprio devo pensare a qualcuno di Matelica mi viene in mente un direttore d’orchestra…».
Roh ha fornito all’Adnkronos anche alcune email nelle quali chiede conto alla Link, della quale è socio ed era membro del consiglio di amministrazione – («ma sono stato estromesso», dice) – di fornire una serie di spiegazioni in merito a questioni finanziarie, al presunto coinvolgimento dell’Università nel Russiagate e alla vicenda di Mifsud.
Roh chiede ancora ai suoi interlocutori della Link di «dare spiegazioni» su presunti finanziamenti all’università provenienti dalla maltese Suite Finance e dalla famiglia Obaid lasciando intendere che potrebbero essere in qualche modo connessi al ruolo di Mifsud nel Russiagate e alla sua sparizione.
Secondo Roh, una volta lasciato il paesino delle Marche, Matelica, Mifsud a fine 2017 va a Malta «a trovare i genitori, che avevano problemi di salute». All’inizio del 2018, Mifsud è «di nuovo in Italia, principalmente a Roma». Dove avrebbe alloggiato in un appartamento-foresteria della Link. Lo confermano anche  gli estratti conto della sua carta di credito, ottenuti dall’Adnkronos. Come una carta britannica del circuito Mastercard emessa da Debenhams, con la quale Mifsud, tra l’altro, il 24 agosto ha anche ricaricato una sim Tim.
Secondo l’avvocato Roh, Mifsud girava abbastanza liberamente. E «usava una carta di identità italiana a nome Joseph Di Gabriele, credo fosse il cognome della madre. Me la mostrò, l’ho vista con i miei occhi». Era convinto di poter tornare presto alla normalità. Confessa Roh:«Mi disse, appena esce il Rapporto Mueller sarò fuori da questa storia». Perché «tutti erano convinti che il Rapporto avrebbe portato all’impeachment di Trump».
Invece, il Rapporto Mueller, reso pubblico il 18 aprile di quest’anno, anche se con vari omissis, non ha dimostrato con «sufficienti evidenze» che la campagna presidenziale di Donald Trump» si sia coordinata o abbia cospirato con il governo russo nelle attività di interferenza nelle elezioni». A ine mese è in arrivo il rapporto Barr. E, a quel punto, si dovrebbe capire la verità. O forse ancora no.
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