#rombo di tuono
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Il rumore di un tuono
Mio padre sosteneva che la più forte nazionale italiana di calcio mai avuta dall’Italia fosse quella del 1970 che si arrese in finale al Brasile di Pelé che secondo molti fu il Brasile più forte di tutti i tempi.
Probabilmente mio padre, come tutti, era influenzato dalla passione per certi giocatori su tutti Rivera che “magari fosse sceso in campo prima contro il Brasile” e poi per l’attaccante più forte di quella squadra quel Gigi Riva che ad oggi è ancora l’attaccante più prolifico di tutti i tempi della Nazionale italiana.
Taluni dicono che quando colpiva il pallone il suono si sentisse un tutto lo stadio è chissà che quel rumore sia il motivo del suo soprannome: “Rombo di Tuono”.
Mio padre aveva una foto in bianco e nero, ottenuta non so come, di Riva con la maglia della Nazionale durante una partita contro l’Austria, quella dove si ruppe la gamba.
Era in mezzo a due giocatori austriaci e se li portava dietro come bambolotti di pezza. Credo esistano poche immagini come questa che descrivono bene Riva. Un giocatore straordinario per grinta, coraggio e forza fisica.
Più di tutto era però un “hombre vertical” come lo definì Gianni Mura, una persona che non negoziava i suoi principi a cui rimase sempre fedele come quando decise di non tradire Cagliari e la Sardegna rimanendo lì in quella terra che lo aveva adottato.
Forse è possibile trovare un calciatore dalle caratteristiche simili oggi ma per tutto il resto lui è e resterà unico.
Che la terra ti sia lieve.
#Gigi Riva#rombo di tuono#leggenda#il demone del calcio#nazionale italiana#cagliari calcio#Sardegna#hombre vertical
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Se ne è andato con la velocità di una folgore, con la velocità con cui annichiliva gli avversari. Il calcio italiano dice addio a Gigi Riva, l'eroe eponimo più autorevole del suo pantheon: lo chiamavano Rombo di Tuono, metteva l'onore sopra ogni cosa. E per raccontarlo davvero ci vorrebbero la poesia del suo amico De Andrè e l'inventiva del suo cantore Gianni Brera. Perchè se c'è stato in Italia un calciatore che pur essendo mito è riuscito a restare un uomo, quello è stato Giggirriva, come lo chiamavano i suoi 'corregionalì sardi. Che lo hanno venerato da quando, nel 1963, arrivò sull'Isola: doveva rimanere al massimo un paio di stagioni, per sfruttarla quale trampolino di lancio, e invece non se n'è più andato, fino all'ultimo giorno della sua vita, oggi. «Perchè qui - spiegò a chi gli chiedeva il motivo di una scelta controcorrente - io che in pratica non avevo famiglia, ne ho trovate tante».
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Se stai in ascolto
si impara
Si impara sempre
Quando ti porgi in ascolto
puoi ingannare la paura
E trasformare in un canto
anche il rombo di un tuono
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"Tre anni prima di lasciarmi orfano del tutto, mia madre si era rassegnata. Sia al fatto che con la licenza media la mia carriera scolastica si era conclusa, e pazienza visto che per tirare avanti serviva un’altra busta paga, anche se modesta; sia alla constatazione che la mia passione per il pallone era davvero troppo forte. Addio collegi, addio preti, addio fughe: mi trovò un posto da apprendista, avevo quattordici anni, e stava a me cercare il modo di conciliare il calcio con il lavoro, e con gli orari di allora che non erano flessibili come quelli di adesso.
Continuando a vivere a Leggiuno, andai a giocare a tre chilometri da lì, nel Laveno Mombello, dove cominciai a far gol con una certa frequenza. Ho riletto di recente che ne segnai 66 in due campionati, la categoria era modesta ma io ero davvero agli inizi. Mi assunsero alla Slimpa, una fabbrica di ascensori con sede al mio paese, un’ottantina di operai, il cui proprietario, il cavalier Fasani, era dirigente del Legnano. Il mio posto di lavoro era un tornio di meccanica, la specializzazione le bottoniere da ascensore. Quante ne ho fabbricate, quante ne ho montate. E per quanto tempo ho odiato gli ascensori ogni volta che ci salivo." (Gigi Riva, tratto da "Mi chiamavano Rombo di Tuono")
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Rombo di tuono Scaldiamo i motori
Prove generali in corso
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" Un giorno - era di maggio - che la Città [Kiev] si svegliò risplendente come una perla nel turchese, e il sole rotolò fuori per illuminare il regno dell'etmano, e i cittadini erano già in moto, come le formiche, per i loro affarucci, e gli assonnati commessi dei negozi cominciavano ad alzare fragorosamente le saracinesche, un rombo terribile e sinistro attraversò la Città. Era di timbro inaudito - né di cannone né di tuono, ma così forte, che parecchie finestre si aprirono da sé e tutti i vetri tremarono. Il rombo si ripete, attraversò di nuovo tutta la Città alta, si riversò a ondate nella Città bassa, a Podol, e, attraverso l'azzurro e magnifico Dnepr, si perde nei lontani spazi moscoviti. I cittadini si svegliarono e nelle strade cominciò lo scompiglio. Dilag�� in un istante, perché dalla Città alta, Pečersk, arrivò di corsa, urlando e ululando, della gente insanguinata e dilaniata. E il rombo si ripeté una terza volta e così forte che nelle case di Pečersk cominciarono a cadere fragorosamente i vetri e il terreno tremò sotto i piedi. Molti videro allora delle donne correre con la sola camicia indosso, gridando con voci terribili. Ben presto si seppe da dove era venuto quel rombo. Era venuto da Lysaja Gora, fuori della Città, sul Dnepr, dove si trovavano depositi colossali di munizioni e di polvere. A Lysaja Gora era avvenuta un'esplosione. Per cinque giorni la Città visse aspettando terrorizzata da Lysaja Gora l'ondata dei gas asfissianti. Ma le esplosioni cessarono, i gas non si sparsero, la gente insanguinata scomparve, e la Città riacquistò il suo aspetto pacifico in ogni sua parte, ad eccezione del piccolo angolo di Pečersk dove erano crollate alcune case. Inutile dire che il comando tedesco ordinò una severa inchiesta, e inutile dire che la Città non seppe nulla sulle cause dell'esplosione. Correvano voci diverse. - L'esplosione è stata provocata dalle spie francesi. - No, è stata provocata dalle spie bolsceviche. Si finì col dimenticare l'esplosione. "
Michail Bulgakov, La guardia bianca, traduzione di Ettore Lo Gatto, Einaudi, 1967; pp. 59-60.
Nota: la prima pubblicazione incompleta di Belaja gvardija [Белая гвардия] avvenne a puntate sulla rivista letteraria sovietica Rossija nel 1925 e l'opera teatrale ricavata dall'autore sulla base delle prime due parti riscosse subito un enorme successo (si dice che lo stesso Stalin vi assistette almeno una ventina di volte). Nel 1927 l'opera completa fu stampata a Parigi mentre una edizione censurata venne diffusa in Urss solo 1966. Come molte opere sgradite al regime La guardia bianca fu conosciuta nella sua interezza dai cittadini sovietici solo nel 1989.
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Goodbye to "Rombo di Tuono", Luigi "Gigi" Riva, one of the most famous and successful Italian footballer. In 1999 World Soccer put him at the 72th place in the Best Footballer of the XX Century's list. He's still the footballer who scored the most with the Italian NT (more here).
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KAKINOMOTO NO HITOMARO
IL ROMBO DEL TUONO
Il rombo del tuono
nel cielo nuvoloso
forse pioverà.
E, quando accadrà resterai con me?
Il rombo del tuono
nel cielo nuvoloso
e anche se non piovesse
resterò con te.
(da Man'yōshū, Vol. 11, versi 2513 e 2514)
.
Il giardino delle parole è un breve film di animazione giapponese - o “anime” – realizzato da Makoto Shinkai nel 2013. A legare inizio e fine della storia – l’amicizia tra uno studente quindicenne e una donna ventisettenne che si incontrano in un giardino giapponese nei giorni di pioggia – c’è questo doppio tanka di Kakinomoto no Hitomaro, tratto dal Man'yōshū, ovvero la Raccolta delle diecimila foglie, antologia poetica compilata nella seconda metà dell’VIII secolo: una classica domanda e risposta in cui ci si dichiara amore eterno.
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"Le TV sono un rombo di tuono per l'indifferenza scostante dei gatti.“
Francesco Guccini
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Lo sapete, ho la soluzione all'indovinello
un albero che cade nella foresta senza nessuno intorno a sentirne il rumore, che rumore fa?
fa il suono di quando non ne puoi proprio più.
Non è un botto o uno schiocco o un tuono o un ringhio o un rombo, non parte l'ouverture 1812 nella tua testa, non squillano le trombe che fanno cadere le mura di Gerico, non sorge un'armata delle tenebre pronta a ridurre il mondo a brandelli.
C'è un punto, nel tempo e nello spazio, dove ce la fai ancora, e un punto immediatamente successivo, nel tempo e nello spazio
(perché dimentichiamo che quello che a noi appare continuità è, invece, una velocissima serie di istantanee che trascorrono nel momento in cui le pensiamo)
un istante successivo in cui non sei più quello che ce la fa
(a sopportare a tollerare a passare oltre a cercare strade a migliorare a pazientare a scusare a mettersi da parte a)
sei quello che non ce la fa più.
Non fa rumore, è una cosa terribile: è una consapevolezza, silenziosa, un monolite, un passo che non pensavi di poter fare, invece il tuo cervello ti dice: ecco qua, era facile? non c'è da aver paura. Piede avanti, ecco tutto, c'è quella linea dietro di te dove ce la facevi ancora
(a non pensarci, a lasciar correre)
ed ecco! Senza accorgertene. Ora sei di qua. Si vive lo stesso, visto? Si respira! Non sei morto! Non è cambiato il mondo. Avevi paura del buio.
Come i bambini.
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Per anni il suo amore ha influenzato la mia pittura… Bella scriveva come viveva, come amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi sono una patina di colore sulla tela… Le cose comuni, le persone, i paesaggi, le feste ebraiche, i fiori – questo era il suo mondo, questi erano i suoi soggetti… Poi a un tratto, un rombo di tuono, le nuvole si aprirono alle sei di sera del 2 settembre 1944, quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebre.
Marc Chagall
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Dispiace, dispiace veramente tanto per la morte di una leggenda come Gigi Riva, "rombo di tuono".
Dispiace da italiana, per la morte di un pezzo di storia del calcio nazionale, 35 gol in 42 partite in nazionale, campione d'Europa.
Ma ancora di più dispiace da sarda, perché noi sardi siamo un popolo che ne ha passate tante, tra discriminazioni e "colonizzazioni", un popolo con un senso di appartenenza unico, un amore per la nostra terra che non ha eguali. Un popolo che si dà la possibilità di pensare fuori dagli schemi, ma che è costretto ad emigrare dalla propria terra, dalla propria casa per poter avverare i propri sogni.
E tra tutti quelli che si sono sentiti costretti ad allontanarsi da casa per arrivare ai loro obiettivi abbiamo chi ci ha dato la speranza di poter avverare i nostri sogni dalla nostra terra, senza dover' abbandonare le nostre radici: uno di questi era Gigi Riva, che nonostante avesse ricevuto un offerta di 1,000,000 di lire dalla Juve la rifiuto per rimanere a casa, a casa nostra.
Grazie Gigi, non sarai dimenticato. ❤️💙
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Addio a Gigi Riva, Rombo di Tuono
A 79 anni, Gigi Riva., il Rombo di Tuono, che era ricoverato da domenica all’ospedale Brotzu di Cagliari, dopo aver accusato un malore nella propria abitazione, proverà a far gol tra le nuvole. Gigi Riva nacque il 7 novembre 1944 a Leggiuno, in provincia di Varese, e fece il suo debutto giovanissimo in serie C con il Legnano. Continue reading Untitled
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[ erano le sei di sera del 2 settembre 1944 ]
E' come se mi conoscesse da sempre, come se sapesse tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio avvenire; come se vegliasse su di me, mi capisse perfettamente, sebbene la veda per la prima volta. Sentii che era la mia donna.
Per anni il suo amore ha influenzato la mia pittura… Bella scriveva come viveva, come amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi sono una patina di colore sulla tela… Le cose comuni, le persone, i paesaggi, le feste ebraiche, i fiori – questo era il suo mondo, questi erano i suoi soggetti… Poi a un tratto, un rombo di tuono, le nuvole si aprirono alle sei di sera del 2 settembre 1944, quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebre.
Marc Chagall
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In un mondo di artisti quasi sempre maledetti che vedono nel dolore l'unica fonte di ispirazione, Chagall ha saputo dimostrare come la fonte della propria arte possa sgorgare da un amore devoto e innocente. Come è stato il suo.
Dopo la morte dell’adorata Bella, per nove mesi si rifiuterà di dipingere e anche in seguito, quando riprese i colori delle sue tele, la sua arte risultò profondamente mutata. Otto anni dopo, nel 1952, grazie alla figlia Ida conosce Valentina Brodsky che fu la compagna di vita del pittore negli anni della maturità.
Il suo amore per Bella rimarrà per sempre in quelle figure da lei ispirate, sospese nello spazio e nel tempo, l’espressione pittorica più alta della gioia di vivere.
ph André Kertész: Marc en Bella Chagall, Paris, 1929
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Nel nostro cielo un rombo di tuono (2022) - Trailer Ufficiale
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