#rivolte popolari
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TROPPE GUERRE IN CORSO E L'INDUSTRIA BELLISA USA VA IN CRISI
Stati Uniti-mondo 24 Settembre 2024 Piero Orteca https://www.remocontro.it/2024/09/24/troppe-guerre-in-corso-e-lindustria-bellica-usa-va-in-crisi/ Alla Casa Bianca forse hanno sbagliato i conti. Coinvolgersi in tutte le guerre possibili e immaginabili (“per difendere la democrazia”, beninteso) non funziona, se poi lasci i tuoi alleati senza le armi. È quanto sta succedendo, secondo un report…
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La notte del 23 agosto 1927, dopo sette anni di estenuanti processi, i due migranti italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vennero ammazzati sulla sedia elettrica a Dedham, nel Massachusetts.
La loro ingiusta esecuzione innescò rivolte popolari in varie città d'Europa.
Giusto 50 anni dopo, il 23 agosto del 1977, il governatore Michael Dukakis avrebbe assolto i due anarchici italiani dal crimine che gli era stato attribuito.
#vanzetti#sacco#sacco e vanzetti#a#anarchia#anarchici#errori giudiziari#pena di morte#stati uniti#sedia elettrica#esecuzione capitale
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Il Maschio Angioino: Un colosso di pietra nel cuore di Napoli
Il Maschio Angioino, sorge imponente nel cuore di Napoli, dominando il panorama con la sua mole maestosa e la sua storia millenaria. Eretto dagli Angioini nel XIII secolo, questo castello medievale rappresenta non solo un capolavoro di architettura gotica, ma anche un simbolo indiscusso della città partenopea. Le origini e la costruzione del Maschio Angioino La sua storia ha inizio nel 1266, quando Carlo I d'Angiò, conquistata Napoli, decise di edificare una fortezza che fosse al contempo residenza reale e baluardo difensivo. I lavori, affidati all'architetto francese Pierre de Chaulnes, si protrassero per ben vent'anni, dando vita a un complesso fortificato di straordinaria imponenza. Un'architettura di grande fascino Il Maschio Angioino si presenta come un'opera architettonica di grande fascino, caratterizzata da elementi tipici del gotico angioino. Le sue mura merlate, le torri cilindriche e il fossato che lo circonda conferiscono al castello un aspetto austero e imponente. All'interno, si snodano ampi cortili, sale riccamente decorate e suggestivi camminamenti di ronda, che offrono una vista mozzafiato sulla città. Un passato ricco di eventi Nel corso dei secoli, il Maschio Angioino ha vissuto le vicende più salienti della storia napoletana. Ha ospitato sovrani, intrighi di corte e battaglie sanguinose. Tra le sue mura hanno risuonato le musiche di feste sontuose e le grida di rivolte popolari. È stato testimone di assedi e di cambiamenti di regime, assumendo sempre un ruolo centrale nella vita della città. Un presente all'insegna della cultura Oggi, il Maschio Angioino è un museo che accoglie i visitatori con un ricco patrimonio storico e artistico. Tra le sue sale si possono ammirare affreschi medievali, armature antiche e opere d'arte di grande pregio. Il castello ospita inoltre mostre temporanee, concerti ed eventi culturali, che ne fanno un luogo vivo e dinamico al centro della vita cittadina. Un futuro da protagonista Il Maschio Angioino guarda al futuro con fiducia, pronto a continuare ad essere un punto di riferimento per la cultura e l'identità di Napoli. Grazie a un'attenta opera di restauro e valorizzazione, il castello continuerà ad affascinare visitatori provenienti da tutto il mondo, raccontando loro la storia millenaria di una città unica e straordinaria. Foto di Didier da Pixabay Read the full article
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#AlessandroBarbero#Comunitàitaliana#cosafareaOxford#eventialondra#InigoLambertini#letteraturaitaliana#OxfordLiteraryFestival#OxfordUniversity#UniversitadiOxford
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BARBERO Spiega 4 Rivolte Popolari Medioevali
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Cos’è e cosa significa il marketing sui social media?
Il social media marketing è l'uso delle popolari piattaforme di social media per connettersi con il tuo pubblico target e commercializzare i prodotti e i servizi del tuo marchio. #marketing #seo #socialmedia
Per due anni, i governi dittatoriali di Tunisia, Libia, Egitto, Yemen, Siria e Bahrein sono stati sfidati dai loro popoli a lungo oppressi. Questa reazione a catena portò anche a rivolte in Marocco, Iraq, Algeria, Libano, Giordania, Kuwait, Oman e Sudan. La capacità dei social media di mobilitare e catalizzare le esperienze individuali in tempo reale hanno svolto un ruolo centrale nel dare alle…
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Marlon Brando interpreta Marco Antonio nel film “Giulio Cesare” del 1953.
L’ascesa di Scipione l’Africano rappresentò il primo caso in cui Roma visse la tendenza al cesarismo alla base delle successive contese. Contro alle tendenze conservatrici di Quinto Fabio Massimo e dei patrizi agrari, Scipione, leader di una fazione mercantile, riuscì a raccogliere i migliaia di volontari e gli importanti investimenti che furono necessari alla campagna di Zama.
L’ampliamento del dominio di Roma non solo all’Italia Centrale, ma alla Magna Grecia, all’Italia Settentrionale, alla Gallia Narborense, alla Spagna, all’Africa ed alla Grecia crea una disparità fra provincie, colonie a territori soggetti in modi diversi a Roma. Un’organizzazione basata sull’oligarchia cittadina rappresentata dal Senato non poteva essere sufficiente.
Inoltre l’estensione dei territori non coincise con una distribuzione equa delle terre: si creano latifondi in mano a patrizi ed equites e classi popolari che finirono per farsi assoldare da nuove leadership demagogiche: con Mario gli eserciti cominciano ad essere stipendiati dai comandanti anziché essere costituiti da cittadini.
Questa dialettica fra vecchia classe senatoria e nuove élite produsse gli scontri della fase finale della Repubblica:
- le riforme dei Gracchi, nipoti di Scipione l’Africano, volte a redistribuire il territorio in modo più equo e concluse con la morte di Tiberio Gracco (133 a. C.), di Caio Gracco (121 a. C.) e di Marco Druso (91 a. C.);
- la guerra civile fra Mario e Silla che terminò con la dittatura di quest’ultimo nel 82 a. C.;
- la congiura di Catilina (62 a. C.);
- il primo triumvirato (60 a. C.), patto privato fra Cesare, Pompeo e Crasso con cui i tre si accordano per spartirsi le cariche in cambio di vantaggi politici: Cesare fa approvare la distribuzione delle terre ai veterani di Pompeo ed ottiene in cambio di partire per le Gallie;
- l’inizio della campagna delle Gallie (58 a. C.) con cui Cesare mira a crearsi le clientele e la fedeltà delle legioni necessarie per l’avanzamento della carriera politica;
- la sconfitta a Carre e la morte di Crasso (53 a. C.) con cui si incrina il primo triumvirato;
- i disordini che a Roma videro fronteggiarsi le bande del cesariano Clodio e del pompeiano Milano con il conseguente assassinio di Clodio (52 a. C.)
- la seconda guerra civile fra Cesare e Pompeo terminata con la sconfitta di quest’ultimo a Farsalo (48 a. C.), con la vittoria di Cesare nella guerra di successione egiziana in cui conosce Cleopatra (47 a. C.), con il suicidio di Catone a Utica (46 a. C.) e con la sconfitta di Labieno e di Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno a Munda (45 a. C.);
- le Idi di marzo del 44 a. C. in cui fu assassinato Cesare da parte di molti congiurati fra i quali Cassio e Bruto, figlio di Servilia (sorella di Catone l’Uticense) dopo alcuni provvedimenti di dubbia costituzionalità da parte dello stesso Cesare;
- il triumvirato fra Ottaviano, Antonio e il cesariano Lepido del 43 a. C. per sconfiggere i congiurati battuti a Filippi nel 42 a. C.;
- mentre Antonio ripudia Ottavia per Cleopatra, Ottaviano sposa Livia Drusilla, di famiglia anti-cesariana nel 38 a. C.;
- il terzo conflitto, fra Ottaviano ed Antonio, la cui resa dei conti ad Azio (31 a. C.), grazie alla vittoria di Agrippa, aprì la via al Principato di Augusto.
Lo sviluppo dell’economia schiavistica ebbe poi come contraltari:
- la necessità di sedare le rivolte servili: la più nota è quella del 70 a. C. guidata da Spartaco;
- la lotta alla corruzione: sempre del 70 a. C. sono le Verrine di Cicerone.
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Thomas Sankara, finalmente un processo contro i suoi assassini 34 anni dopo inizia il processo contro gli assassini di Thomas Sankara. Sappiamo tutto ma non conosciamo l’essenziale: il mandante. «Le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune» — Thomas Sankara Condannava il neoliberismo e la globalizzazione. Era povero, come la sua gente. “Non possiamo far parte della classe dirigente ricca di un Paese povero” diceva. In soli quattro anni fece costruire centinaia di scuole, strade, ospedali… Riuscì a garantire due pasti e un litro d’acqua al giorno a ciascuno dei burkinabé. La definì: la Rivoluzione della felicità. Viene ricordato come il “Guevara africano”, ma in realtà poche personalità possono rappresentare la stagione delle rivolte contro i regimi coloniali animate dai popoli oppressi di tutto il mondo come Thomas Sankara. Ufficiale di carriera, “Tom Sank”, come veniva chiamato affettuosamente, abbraccia il marxismo-leninismo già negli anni della sua formazione e, tornato nel suo paese natale, il Burkina Faso (era nato nel villaggio di Yago nel 1949), forma insieme ad altri soldati ribelli il Gruppo degli Ufficiali Comunisti: l’organizzazione a partire dalla quale, dopo aver conosciuto l’arresto e il carcere, guadagnò la popolarità che gli valse la nomina a primo ministro e, a partire dal 1983, la presidenza del Burkina Faso. Lo stesso nome «Burkina Faso», scelto per rinominare quello che era l’Alto Volta degli ex dominatori francesi, significò da quel momento in poi «terra degli uomini integri», come integra fu l’intera esistenza di Sankara: un presidente senza alcuna prebenda né scorta, capace di presentarsi alle riunioni in bicicletta e di rigettare qualunque privilegio tipico dei politici. «Guai a prendere in giro il popolo», questa era l’unica preoccupazione di Sankara: un vero e proprio manifesto antimperialista che il giovanissimo presidente burkinabè, assassinato il 15 ottobre del 1987, diffuse in ogni angolo della Terra, attaccando gli interessi criminali delle grandi imprese multinazionali e il razzismo promosso dai corrotti governi occidentali. Questo lunedì, 11 ottobre, il cuore di Mariam Sankara potrebbe battere più forte che mai. Trentaquattro anni quasi al giorno dopo l’assassinio di suo marito, Thomas Sankara, e di dodici dei suoi compagni il 15 ottobre 1987, il processo dei loro assassini si aprirà a Ouagadougou. Esiliata nel sud della Francia per più di 33 anni, Mariam Sankara, che raramente visita il suo paese natale, intende partecipare. “Sto aspettando che sia fatta giustizia e che la verità sia conosciuta”, dice. “E non sono la sola, è tutto il Burkina che aspetta questo. Anche un intero continente“. (...) È stato al centro della rivolta del popolo burkinabé nell’ottobre 2014. La rivoluzione che ha guidato per quattro anni, tra il 4 agosto 1983 e il 15 ottobre 1987, è “la prova vivente che è possibile gestire diversamente un paese africano”, ha spiegato all’epoca un membro del Balai Citoyen, un movimento che ha avuto un ruolo decisivo nella caduta di Blaise Compaoré. Sankara denunciò la corruzione delle élite africane, condannò il neocolonialismo e si oppose al debito. Era anche un ambientalista e un attivista femminista prima del suo tempo. I suoi discorsi infuocati, che hanno ricevuto una nuova vita dall’avvento del web, continuano a ispirare gli attivisti progressisti del continente. (...) Il 15 ottobre 1987, Sankara ha incontrato, come ogni giovedì, i membri del suo gabinetto nella villa che serviva come sede del Consiglio Nazionale della Rivoluzione (CNR). (...) Sankara è arrivato un po’ in ritardo, alle 16.30, nella R5 nera che serviva come sua auto ufficiale, scortato da cinque guardie del corpo. Alle 16.35 si è seduto a tavola. Alouna Traoré ha parlato, ma molto rapidamente il suono di una marmitta ha coperto la sua voce. Poi il frastuono dei fucili automatici. I sette uomini cadono a terra. Non lo sanno ancora, ma fuori, la guardia del corpo del presidente – le sue cinque guardie del corpo, Emmanuel Bationo, Abdoulaye Gouem, Wallilaye Ouédraogo, Hamado Sawadogo e Noufou Sawadogo, e il suo autista, Der Somda – è stata liquidata. Anche un gendarme, Paténéma Soré, che stava passando per consegnare la posta, è stato ucciso. (...) Un totale di tredici corpi ha bloccato l’ingresso della villa il 15 ottobre alle 16.45. Sono stati sepolti in fretta e furia dai prigionieri in un cimitero della capitale, una volta calato il buio – “come cani”, dice Fidèle Kientega. (...) Ma la cosa principale non si sa: chi ha dato l’ordine? Per trentaquattro anni, tutti gli occhi sono stati puntati su Blaise Compaoré – perché sono stati i suoi uomini a realizzare il colpo di stato (...) Quanto a Compaoré, vive in esilio dorato in Costa d’Avorio, dove si è rifugiato nell’ottobre 2014 con l’aiuto decisivo della Francia: è stato l’esercito francese a permettergli di fuggire dal suo paese (...) Durante le sue indagini, il giudice Yaméogo ha fatto alcune scoperte interessanti, come la presenza di agenti dei servizi segreti francesi a Ouagadougou il 16 ottobre 1987, il giorno dopo il colpo di stato – una presenza confermata da diverse testimonianze raccolte dal giornale investigativo Courrier confidentiel. (...) di Checchino Antonini per Popoff quotidiano.
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Ok ragazzi si accettano scommesse
Quanto non sarà giusta questa classifica secondo il popolo di Tumblr?
Per me, ci saranno rivolte popolari domani e l'Ariston si ritroverà con un branco di gente insonne con in mano cellulari e coltelli
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Investimenti e innovazione: chi sale e chi scende
Quali sono i settori dell'innovazione che stanno attirando maggiori investimenti early stage? Quali invece quelli in flessione? I settori di cui si parla di più sono anche quelli in maggiore crescita? QuSeed, il software sviluppato da Startup Bakery e protagonista della storia di oggi, ha incrociato dati finanziari con dati di tipo conversazionale, alla ricerca dei settori emergenti di cui si parla ancora troppo poco. Investimenti e innovazione: dati in breve per il 2023 In un mercato early stage segnato da una decrescita generale sia in termini di startup fondate che per numero di funding round e capitali raccolti, Pollution Control, Affiliate Marketing e Quantum Computing guidano la classifica dei settori che crescono di più. In discesa Organic Food, Privacy, e-Learning. Virtual Reality, Delivery, e-learning sul podio con più startup fondate, più capitali raccolti e un indice di popolarità maggiore. Intervista a Angelo Cavallini, Founder & COO di Startup Bakery Siete curiosi di sapere la storia di QuSeed? Volete sapere cosa il 2023 ci riserverà per il mondo dell'innovazione e degli investimenti? Allora siete pronti per l'intervista della storia di oggi, una serie di domande rivolte a Angelo Cavallini, Founder & COO di Startup Bakery: Cos'è QuSeed? QuSeed è un’antenna sempre attiva che consente di confrontare le dinamiche di investimento e crescita delle startup early stage con l’interesse che questi settori riscuotono nella rete, permettendo di individuare quelli potenzialmente “caldi” ma ancora non popolari presso il grande pubblico QuSeed è anche uno degli strumenti a cui facciamo riferimento quando dobbiamo prendere decisioni di investimento, ovvero dare vita a una nuova startup. Avere sempre sotto controllo come e in quali settori si sta muovendo il mondo dell’innovazione è per noi requisito imprescindibile per avviare la macchina della validazione d’impresa e passare alle fasi successive Come funziona? Tramite impiego massivo di Intelligenza Artificiale, l’algoritmo QuSeed punta a fornire il polso del mercato dell’Innovazione con un approccio duale: elabora sia dati di investimento raccolti da Crunchbase che dati relativi alla risonanza, in termini di condivisione ed engagement, di una specifica tematica all’interno delle le comunità online più coinvolte e attive, basandosi su oltre 5000 fonti web internazionali Cosa ha "scoperto" QuSeed per questo 2023? Attraverso l’analisi dei parametri sopra elencati e il confronto tra la fetta di mercato occupata da un determinato settore nel 2022 con quella occupata nel 2021, QuSeed ha registrato quindi gli ambiti più in crescita e più in flessione per il 2022, assegnando loro un Growth Score (indice di crescita) e un IDR-Information Diffusion Rate (indice di interesse della rete): - In cima alla classifica dei settori più in crescita troviamo Pollution Control, Affiliate Marketing e Quantum Computing. - L’e-learning, tuttavia, è l’ambito che detiene il primato per numero di startup fondate (81) nel 2022, seguito da Virtual Reality (72) e Delivery (27). - Questo podio è confermato anche in termini di popolarità, con la Virtual Reality a guidare la classifica dei settori più “discussi” (con un IDR pari a 2), seguito da Delivery con 1.82 e e-learning con 0.75 Esiste quindi una correlazione tra il volume d'investimenti in un determinato settore e il numero di notizie e conversazioni che lo riguardano? Non si può certo parlare di correlazione anche se l’aumento delle conversazioni su un tema porta l’interesse degli investitori a prenderlo comunque in esame, anche se magari poco conosciuto fino a quel momento. In alcuni casi, come evidenzia la matrice realizzata da QuSeed, ci sono settori di cui si parla tanto che registrano tuttavia una flessione, come il Delivery, forse dovuta anche al superamento del lockdown nel 2022. Altri sono moderatamente in crescita ma se ne parla tanto, come la Virtual Reality. Altri, infine, come il Pollution Control, registrano un forte incremento ma risultano ancora sotto traccia a titolo di ‘visibilità’. Ecco, andare a intercettare questi settori nel momento in cui ingranano l’acceleratore può consentire di guadagnare un buon margine di tempo e dunque un vantaggio competitivo Read the full article
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potrei fare tante cose produttive, invece ascolterò carl brave ripensando a quando i problemi della vita non erano virus, pandemie e rivolte popolari
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Nei lunghi mesi di lockdown tantissime persone hanno avuto tempo per recuperare libri, serie tv, podcast di cui avevano sentito parlare ma a cui non erano mai riuscite a dare una possibilità. In molti si sono imbattuti nei podcast che raccolgono lezioni e conferenze dello storico Alessandro Barbero, che infatti da mesi compaiono regolarmente nelle classifiche dei più ascoltati.
I podcast di Barbero, così come le centinaia di video di cui è protagonista su YouTube, sono un prodotto piuttosto unico nel panorama culturale italiano. Non sono distribuiti da alcun canale ufficiale – nella maggior parte dei casi sono registrati in maniera amatoriale, come i concerti delle rock band negli anni Sessanta – non sono promossi da giornali o case editrici, e godono di un culto trasversale che si è diffuso soprattutto col passaparola: cosa rarissima, in un momento storico in cui la stragrande maggioranza dei prodotti culturali fatica ad emergere a causa dell’enormità dell’offerta.
Ma il successo dei podcast e dei video di Barbero non è affatto casuale, ed è il frutto di un lavoro di divulgazione quasi trentennale e del suo eccezionale talento narrativo, oltre che dell’assenza di prodotti simili in lingua italiana.
Barbero è nato nel 1959 e si è laureato in Storia medievale, ancora oggi il suo principale campo di ricerca, nel 1981 all’università di Torino. Dopo un dottorato alla Scuola Normale di Pisa e un periodo da ricercatore all’università di Tor Vergata, dal 1998 insegna all’Università del Piemonte Orientale di Vercelli, dove ancora oggi tiene il corso principale di Storia medievale.
A una intensa attività accademica fatta di decine di pubblicazioni specialistiche Barbero ha legato da molti anni altre due carriere parallele, da scrittore di romanzi storici e divulgatore. Già nel 1996 si parlò moltissimo di lui quando a 37 anni vinse il Premio Strega, il più prestigioso premio letterario italiano, con un romanzo storico ambientato all’epoca delle guerre napoleoniche intitolato Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo. Il romanzo fu pubblicato grazie all’interesse di Aldo Busi, che lo presentò a Mondadori, l��editore con cui Barbero è legato ancora oggi (il suo ultimo romanzo storico, Le Ateniesi, è uscito nel 2015).
Nel 2007 iniziò la collaborazione con la nota trasmissione tv SuperQuark e con Piero Angela, con cui nel 2012 pubblicò un libro a quattro mani. Gli interventi di Barbero erano compresi in apposite rubriche chiamate Istantanee dal passato o Dietro le quinte della storia, in cui erano già presenti tutti gli elementi caratteristici della sua tecnica narrativa: un linguaggio chiaro e a tratti informale, senza tecnicismi, il gusto per l’aneddoto, la capacità nel costruire efficacemente una storia – con personaggi, ambienti e tensioni – anche in pochi minuti.
Nello stesso anno in cui diventò ospite fisso di SuperQuark, Barbero iniziò a tenere un ciclo annuale di lezioni al Festival della Mente di Sarzana, in Liguria, uno dei principali festival culturali che si tengono d’estate in Italia. Nella prima edizione Barbero tenne una lezione che ha ripetuto più volte negli anni, con alcune variazioni: una descrizione delle invasioni barbariche molto più sfumata di quella contenuta nei manuali scolastici, in cui viene raccontata come la principale causa di dissoluzione dell’Impero Romano.
Negli anni successivi Barbero tenne lezioni sulle rivolte popolari nel Medioevo, le reti clandestine, le guerre di Indipendenza italiane, i compiti dello storico, le due guerre mondiali, la condizione della donna nel Medioevo, e molto altro ancora.
La maggior parte delle lezioni assomiglia più a uno spettacolo teatrale che a una lezione universitaria: i personaggi sono descritti in maniera tridimensionale, anche quelli secondari, il filone principale ha un inizio e una fine ben definiti, e ci sono colpi di scena, battute e passaggi che fanno tenere il fiato sospeso. Barbero riesce ad unire una notevole accuratezza – anche quando si parla di periodi storici diversi dal Medioevo – a una lettura più “progressista” rispetto a quella dei manuali scolastici, attenta al ruolo delle donne, delle minoranze, delle fasce più oppresse della popolazione. In un’intervista a Repubblica, Barbero ha raccontato che ne prepara «quattro o cinque all’anno», lavorando accuratamente per evitare di dire «cose delle quali poi mi pentirei».
Gli audio delle conferenze di Sarzana, tratti dai video che circolavano su YouTube, furono i primi ad essere inclusi nel podcast che oggi raccoglie la maggior parte delle conferenze di Barbero, “Il podcast di Alessandro Barbero”. Al contrario della stragrande maggioranza dei podcast di successo, la sua produzione è molto artigianale ed è curata da uno studente di ingegneria informatica, Fabrizio Mele.
Qualche mese fa Mele ha raccontato al Festival del Podcasting che conobbe Barbero su segnalazione di un podcast, Digitalia, e che da subito rimase «stregato».
Era l’anno 2015, e per ragioni di trasporti mi sono trovato a consumare podcast come il pane: 50 minuti andata, 50 minuti ritorno, ogni giorno, avanti e indietro dall’università, da solo in macchina. Tra i vari titoli spicca quello che seguo da più tempo cioè Digitalia. Tra i Gingilli del Giorno dell’episodio 301 Massimo De Santo, speaker storico del podcast, suggerisce agli ascoltatori di dare un’occhiata alle registrazioni delle conferenze del Festival.
Arrivo in università, apro il computer e vado a vedere cos’è sta roba. Trovo una conferenza di un tizio, tale Alessandro Barbero, che dal titolo sembra promettente: Come scoppiano le guerre? La guerra delle Falkland. Uno dei casi di clickbait meglio funzionanti mai visti. Cerco un feed rss, accidenti non c’è. Poco male, scarico l’mp3 sul telefono e uso il lettore musicale di Android.
Sono rimasto stregato: forse era stato il tema, la Guerra delle Falkland che chi non ha vissuto nella cronaca, per ragioni anagrafiche, è una cosa curiosa e misteriosa. Forse era stato lo stile di Alessandro Barbero, leggero e appassionato nello snocciolare date, nomi e fatti, ironico quanto basta, al punto da fare le vocine ai lord inglesi dell’epoca (con tanto di accento posh). Arrivato a casa senza troppa esitazione mi sono scaricato altre conferenze, e da lì sono entrato in una spirale che mi ha portato nel giro di un paio di mesi ad ascoltare la trentina di lezioni del Festival della Mente.
Mele aprì il podcast soltanto tre anni dopo, nel 2018: «l’intenzione è di creare una roba che serva a me, ma visto che Anchor si offre così gentilmente di inviare il feed anche a Spotify e a iTunes facciamolo, non sia mai che ci sia qualche altro pazzo che ascolta conferenze di storia in macchina o in metro».
In breve tempo gli ascoltatori si sono moltiplicati, diventando prima centinaia e poi migliaia al giorno – numeri enormi per qualsiasi podcast italiano, specialmente se ottenuti senza alcuna promozione sui social network o sui giornali – costringendo Mele a caricare almeno una puntata a settimana, ritmo che mantiene ancora oggi sfruttando vecchie e nuove conferenze o interviste che Barbero tiene in giro per l’Italia.
Barbero sapeva del podcast di Mele già nei primi mesi della sua pubblicazione: fu avvertito con una mail, a cui rispose così.
Ancora oggi Barbero sostiene di non spiegarsi il successo delle sue conferenze, e di non seguire i commenti e le recensioni degli ascoltatori: «Finirei per concentrarmi solo sui commenti critici. Meglio starne alla larga», ha detto a Repubblica. Alla successiva domanda dell’intervistatore sul perché non apre un canale ufficiale o monetizzi in qualche modo il suo successo, Barbero ha risposto: «Ho troppe cose da fare».
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“ In effetti, l'inglobamento del Regno di Napoli nella compagine nazionale fu poco più che un'operazione militare e istituzionale. Scarsa fu la partecipazione popolare e di massa al movimento unitario, per il semplice motivo che quest'ultimo era assai povero di contenuti sociali che potessero interessare le popolazioni. Debole, d'altra parte, e poco sviluppato era allora il ceto medio urbano e rurale in grado di far propri gli ideali dell'unità italiana e di scorgervi anche evidenti interessi materiali. Le élites democratiche (garibaldini, mazziniani ecc.) per giunta, provenienti prevalentemente dalle classi borghesi, e che nel Mezzogiorno costituivano le sole forze con qualche legame di consenso fra i ceti popolari, vennero sconfitte dalla soluzione politica moderata con cui si compiva allora l'unificazione italiana. È facile immaginare perciò che gran parte della popolazione sentisse i nuovi dominatori come degli estranei, se non addirittura come una potenza nemica, che aveva deposto con le armi un governo legittimo, addirittura un'antica dinastia. Il Mezzogiorno, dunque, faceva il proprio ingresso nella nuova nazione su esigue e fragili basi di consenso. Non stupisce, quindi, se all'interno di tale quadro, proprio all'indomani dell'unità, prendeva avvio la più vasta, lunga e sanguinosa forma di «guerra civile» della nostra storia: il brigantaggio. A spingere gruppi estesi di uomini — prevalentemente contadini o ex soldati — a darsi alla macchia influiva un insieme di ragioni immediate e concorrenti: la nuova pressione fiscale (molto più dura e indiscriminata di quella, piuttosto mite e paternalistica, praticata dai Borboni); l'antico bisogno di terra delle popolazioni rurali, riacceso e presto deluso dal modo in cui si era conclusa l'impresa garibaldina (la quale, specie in Sicilia, aveva suscitato speranze di trasformazione sociale); lo scioglimento e lo sbandamento dell'ex esercito borbonico che privava d'un colpo migliaia di soldati e ufficiali d'un qualsiasi status sociale e di qualsiasi collocazione; la coscrizione obbligatoria imposta dal nuovo stato, che sottraeva per cinque anni le più giovani braccia da lavoro alla famiglia contadina. Tra il 1861 e il 1866 all'incirca (ma il periodo più intenso è compreso fra il 1861 e il 1863) buona parte dell'Italia meridionale, e soprattutto regioni come la Puglia, il Molise, la Basilicata, la Campania vennero percorse dai movimenti di bande armate formate da contadini o ex soldati datisi alla macchia, che sottoponevano a saccheggio beni e proprietà dei signori locali, decisi spesso a vendicare antichi soprusi sociali e familiari, e che ad ogni modo dichiaravano guerra aperta al nuovo stato. Cresciuti progressivamente di numero, i briganti vennero ben presto a godere dell'omertà o dell'appoggio aperto delle masse contadine, delle cui esigenze elementari costituivano una sorta di emanazione violenta ed extralegale. Al tempo stesso essi ottennero il sostegno attivo dell'ex re, Francesco II, rifugiato a Roma, che sperava per loro tramite di fomentare una rivolta popolare in grado di riportarlo sul trono. Anche la chiesa non mancò di dar sostegno alle bande, soprattutto attraverso l'opera di protezione e aiuto condotta dai conventi. D'altro canto, essa condivideva, e a un tempo alimentava, l'ideologia dei moti briganteschi, che vedevano nel governo liberale il nemico della «buona religione» e del papa, e al tempo stesso un oppressore che aveva rovesciato con la forza le legittime autorità', infrangendo i vecchi istituti e costumi. Tali anarchiche rivolte di matrice contadina, ma animate da profonde e contraddittorie esigenze di giustizia sociale, al tempo stesso avviluppate entro ideologie arcaiche e reazionarie, impegnarono ferocemente la macchina repressiva del nuovo stato. Per soffocarle fu allora impegnato quasi metà dell'esercito italiano che spesso non si comportò meno ferocemente di come si comportarono i briganti. Nel 1863 venne emanata la «legge Pica», che autorizzava lo stato d'assedio nei paesi battuti dai briganti. Proprio in quello stesso anno, il deputato Massari, incaricato dalla Commissione d'inchiesta della Camera di stendere la relazione sul brigantaggio delle province meridionali, forniva alcune terribili e ancora provvisorie cifre della repressione fin lì attuata: circa 3451 morti fra i briganti contro 307 morti fra soldati e ufficiali dell'esercito. E così egli concludeva: «il numero totale [...] approssimativo dei briganti per morte, per arresto e per presentazione volontaria posti fuori combattimento ascende a 7151». Con tale esito si chiudeva, almeno sotto il profilo militare, una pagina sanguinosa e violenta che segnava in maniera grave, sin dalle origini, il rapporto fra stato unitario e popolazioni del Mezzogiorno. Proprio laddove sarebbero stati più necessari adesioni e consensi, un radicamento profondo nella coscienza collettiva, la nuova compagine statale si presentava, agli occhi della grande massa della popolazione, con il volto violento e brutale della repressione armata. “
Piero Bevilacqua, Breve storia dell'Italia meridionale dall'Ottocento a oggi, Donzelli editore (collana Virgolette, n°11), 2005 [1ª ed.ne 1993]; pp. 62-64.
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Forza Nuova marcia verso San Pietro, la processione di Pasqua che sfida i divieti di GIANMICHELE LAINO Il 12 aprile, giorno di Pasqua, potremmo assistere a una processione di Forza Nuova verso piazza San Pietro. Ovviamente, visti gli attuali divieti, non è possibile fare assembramenti o manifestazioni pubbliche. Tuttavia, un volantino che circola sui canali social di Forza Nuova dà appuntamento a tutti proprio il 12 aprile alle 11, in concomitanza con le cerimonie religiose che si svolgeranno a porte chiuse in piazza San Pietro. L’obiettivo è quello di organizzare una processione da via Paisiello 40, punto di riferimento del partito di Roberto Fiore almeno dal 2017, a due passi da Villa Borghese, che arriverà in piazza San Pietro. «Domenica a Roma sarà Pasqua, domenica a Roma sarà Vandea» – si legge sui canali social di Forza Nuova, con un riferimento alle rivolte popolari alimentate da motivazioni religiose. Secondo il partito, infatti, la mancata possibilità di assistere alle funzioni religiose e ai riti di Pasqua rappresenta una privazione inaccettabile in questo periodo difficile, caratterizzato dal distanziamento sociale e dall’autoisolamento all’interno delle proprie abitazioni. Tuttavia, in virtù dei provvedimenti emanati ormai da un mese, in Italia non è possibile assistere a manifestazioni pubbliche e la stessa Santa Sede ha comunicato che tutti i riti della settimana santa verranno effettuati a porte chiuse all’interno delle mura vaticane e trasmessi verso l’esterno soltanto attraverso i moderni strumenti di comunicazione. Insomma, quella di Forza Nuova sarebbe una manifestazione non autorizzata.
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...nelle periferie romane, e in tutta Italia, le rivolte popolari non rivendicano diritti ma li negano a chi ne ha ancora meno. Io credo che questo dipenda da un dato su cui abbiamo ragionato poco: queste sono le uniche lotte che gli abitanti delle borgate e delle periferie possono pensare di vincere, e che infatti vincono sempre. A Torre Maura distruggono il pane destinato ai Rom, e i Rom, democraticamente, vengono deportati; alla Magliana non vogliono che il parroco distribuisca pacchi alimentari ai Rom, e il parroco, cristianamente, smette di farlo.
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