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#rituale di separazione
medyumhoca88 · 2 months
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t-annhauser · 2 years
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Traumi
Quando guidava nonno io tornavo a casa con l'occhio che mi ballava, lui guidava le macchine spinte essenzialmente per i sorpassi - per "macchine spinte" intendo l'Alfasud e l'Alfa 33, ma anche l'850 coupé -, non lo faceva per dare prova di virilità, ufficialmente sorpassava per prudenza, per non restare schiacciato fra camion e camion, sicché imprudentemente facevamo dei sorpassi che sembravano assalti alla baionetta: presa la decisione scartavamo improvvisamente a sinistra e giocavamo il tutto per tutto contando sul colore acceso della macchina, quando poi prese l'Alfa 33 che era grigia metallizzata per segnalare la sortita sfanalava a grande distanza con gli abbaglianti. "Al putìn al ga paura!", il bambino ha paura, diceva la nonna, ma il nonno non ci sentiva, era come in trance agonistica. Quando mi portava a scuola di liscio prima mettevo in ordine i lego e tutte le mie cose, poi salutavo la nonna e quindi dicevo una preghierina nel caso non fossi più tornato. Più tardi mi diagnosticarono un'ansia da separazione con disturbo ossessivo compulsivo, toccavo tutto tre volte e salivo e scendevo dalla macchina solo col piede sinistro, perché sono mancino, se mi sbagliavo in qualche punto del mio rituale ero certo che non avrei più rivisto la luce del sole. Fu allora che compresi l'ineluttabilità del destino, non era in mio potere salvarmi, non ci potevo fare niente. Ancora oggi non guido la macchina.
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m2024a · 2 months
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Fedez, la sua è una pazza estate da single. Ma con una mano a Chiara Ferragni… Mentre viene avvistato in giro per le località di mare a divertirsi, Fedez non passa inosservato nemmeno nella sua vita online. Come capita spesso, quando si parla di gossip, ogni mossa dei vip è strettamente sorvegliata anche sui social media. E sembra proprio che il rapper abbia tentato un riavvicinamento, almeno digitale, alla sua ex moglie Chiara Ferragni – foto | video Fedez ricoverato in ospedale e Chiara Ferragni se la spassa al mare: lui non la prende affatto bene – guarda VERSO LA PACE? – Dopo mesi in cui i due avevano tagliato i ponti, e si racconta si parlassero solo tramite i nonni per la gestione dei figli, Fedez fa un gesto distensivo nei confronti di Chiara Ferragni: per alcune ore ha ricominciato a seguirla su Instagram. L’imprenditrice non ha al momento ricambiato il follow. Altro dettaglio notato dai fan del rapper: in un video pubblicato da Federico mentre si trovava a Villa Matilda sul lago di Como è comparsa sullo sfondo una foto di famiglia insieme ai figlie e a Chiara. Chiara Ferragni e Fedez, l’accordo per la separazione è vicino. Ma litigano per il cane Paloma – guarda ADOLESCENZA BIS – L’estate di Fedez, in ogni caso, prosegue a gonfie vele e all’insegna del divertimento. Prima di approdare a Saint-Tropez a bordo di uno yacht (in compagnia, tra gli altri di Johnny Depp), il rapper è stato prima paparazzato nella discoteca Ritual in Sardegna, stretto a una ragazza che potrebbe essere Garance Authié, una delle fiamme a cui è stato spesso affiancato dal gossip nelle ultime settimane (tra gli altri nomi c’è quello di Sveva Magatti).
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occhidibimbo · 2 years
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È importante che un bambino impari a dormire da solo senza paura e con dolcezza. A volte, da genitori, si rischia di essere ossessivi o iperprotettivi, minando dalle fondamenta uno dei passi fondamentali per l'autonomia del bambino stesso. Questo passaggio deve avvenire nel modo più naturale possibile, magari creando anche una sorta di rituale che abitua il bambino gradualmente al cambiamento: lavare i denti, pigiama, favole e storie della buonanotte. I genitori devono predisporre un ambiente confortevole che faccia sentire il bambino sicuro e protetto: scegliere lucine colorate a timer o stelline adesive da mettere sul soffitto o sulle pareti crea un'atmosfera magica e rilassante.   Le paure dei bambini Quando arriva la sera una delle paure più frequenti è proprio quella del buio. Infatti al buio il bambino si sente solo, abbandonato e gli incubi terrorizzano perché ancora non è capace di distinguere tra realtà e fantasia. I genitori innanzitutto non devono mai sminuire le paure del loro bambino e possono leggergli storie in cui i protagonisti affrontano in maniera eroica i nemici che incontrano sul loro cammino. Nulla deve essere lasciato al caso e ogni parola diventa veicolo di una preziosa emozione. Il campo delle parole è lo stesso del cuore: cercare di capire significa andare avanti sempre!   L'importanza dei rituali I rituali sono quei gesti regolari ripetuti che aiutano nei momenti di crisi. I bambini vanno assecondati, osservati e ascoltati ma è necessario educarli al bisogno di tranquillità e sicurezza. Infatti l'ansia del distacco dai genitori verso la conquista di uno spazio proprio genera paure che devono essere pian piano superate. Il bambino deve capire sin dal primo anno di vita che il giorno è lo spazio del gioco e dell'esplorazione e la notte è il tempo della nanna e dei sogni. Scandire bene i momenti aiuta a rispettare i ritmi biologici che l'età detta. Ad esempio il pigiama bambino deve essere indossato subito dopo cena quando, senza eccessivi stimoli, ci si prepara ad andare al letto, sì da farlo diventare un'abitudine. Il pigiama bambino può raffigurare anche uno dei personaggi preferiti che fanno compagnia durante il riposo notturno: che sia un personaggio delle fiabe o dei cartoni, l'importante è che per il bambino sia come un compagno di giochi e di fantasie.   Il tempo delle coccole Il tempo delle coccole non deve mai mancare: il bambino deve sentirsi amato perché questo accresce la sua autostima e lo aiuta a crescere serenamente. Il tono di voce deve essere sempre calmo, paziente, rassicurante e positivo: salutarsi con un bacino o un abbraccio o raccontandosi le cose più belle della giornata è un momento di intimità cui non bisogna mai rinunciare. La tipica frase Sogni d'oro piccolino/a è un saluto dolce e tenero che resta impresso nella memoria, magari accompagnandolo anche ad una filastrocca o una canzoncina. Sarà il bambino stesso a far capire ciò che più gli piace.   Consigli per i genitori Alcuni bambini si rifiutano di dormire da soli anche in età avanzata. Questo può essere dovuto all'ansia da separazione dai genitori o alla paura del buio. Bisogna evitare che le paure si trasformino in fobie o ossessioni. Bisogna fare in modo che si crei un equilibrio fra indipendenza e vicinanza e che i figli imparino ad autorilassarsi sì da diventare più fiduciosi.
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... Esistiamo, mi rimbalzava solo nel cervello come una pallina in una stanza vuota, e s i s t i a m o, una metamorfosi delle lettere che si richiudevano su se stesse generando immagini e suoni, rivelando la propria natura misteriosa, e si stia mo e su quelle sillabe ho sentito di scivolare verso una dimensione nuova, la ‘e’ è stata l’introduzione a una liturgia del tempo, un rituale primordiale ricavato dalla memoria dei secoli, l’anticamera di un tributo vellutato da offrire all’ansia di appagare la nostra esigenza estrema di appartenere, di dimensionarci nell’esistenza, e sulla cedevolezza del velluto avanzavo all’interno di un tempio, guadando quella stoffa sospesa, atona, meravigliosa, fino in fondo, raggiungendo il presbiterio della mia curiosità di collocarmi al di fuori di me stesso, e ascoltavo il “si”, vibrante sul pentagramma di un’armonia che nasceva dentro le trame di quella stoffa morbida, una nota prolungata fino a rendersi esplicita affermazione della realtà circostante, e infine diaframma di separazione con l’esterno, in un vuoto vegetale, un velluto, ancora un velluto di erbe rase, un prato di primizie esteso all’infinito attorno a noi, e io potevo rotolare, avvolgermi in quell’umore primaverile fino a farne parte, coprendomi di una seta che si ispessiva su di me, e mi ricopriva comprimendo la percezione del luogo e spingendomi ancora oltre, nel bozzolo dello ‘stia’, un nocciolo denso di coscienza, un nucleo di furore, un sospiro prolungato, un altro gradino verso una luce interiore, più ampia, più concreta, che sapeva condurti dentro di sé spingendoti a velocità inaudite in uno spazio etereo ed esaustivo allo stesso tempo, e ti riempiva all’inverosimile, e poi esplodeva dentro di te e tu con lui, frazionandoti in infiniti ritagli e ricadendo nell’impluvio del ‘mo’ il vascello finale del ritorno, il cuneo nel divenire che frangeva il tumultuoso affollarsi di attimi sottratti alla tua identità e ti sganciava al termine dell’avventura astrale, un alveo di suprema apparenza che ti ricostituiva in unità rilasciandoti sulla levità di una nuova ‘e’… e di nuovo nel velluto della mente… e poi ancora… e poi ancora… e poi ancora…   ....
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lunamagicablu · 3 years
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Se ora mi fermo e respiro la mia visione si allarga, il cuore si espande e vedo. Il seme si separa dall’albero ed entra nel grembo fertile della Terra per rinascere…. Ma prima passa attraverso una morte simbolica… Senza la pianta, il ramo, il fiore dal quale è nato non potrebbe mai essere ciò che è, né divenire ciò che sarà…. Tuttavia deve passare attraverso il distacco e la morte rituale, la separazione e l’individuazione, per sprigionare il suo potenziale e manifestare chi è. Mi piace pensare a questa immagine, all’immagine della ghianda che ha già dentro la possente quercia, mentre mi accingo a scrivere questo articolo che parla di separazione come preparazione, di tranelli e di doni. E penso alla Terra, che custodisce il seme durante l’opera Alchemica che da frutto lo trasforma in fonte di una vita nuova…e penso alla neve, all’aria, al sole, all’acqua e mi perdo un po’ nel gioco delle stagioni, fino a vedere un timido virgulto che finalmente si apre alla sua nuova manifestazione di fronte al Nuovo Mondo che avanza! E ora siediti con me anima di Fiamma, e ti prego, se stai vivendo un momento di gioia e di apertura tieni la mia mano, come quella di tutti gli altri e rafforza il campo, invia la tua luce e il tuo amore ovunque, semplicemente brillando per quello che sei. Se invece proprio ora sei nella sofferenza prendi la mia mano come quella di tutti gli altri e ascolta. Così come tutto è perfetto anche ciò che stai vivendo ora lo è, anche se puoi non crederlo, ciò che stai vivendo è la situazione perfetta che la tua anima ha scelto per evolvere. Anche se ti senti in trappola, anche se ti senti disperato, anche se pensi di aver perso ogni ragione per vivere. In realtà è tutto perfetto.
Virna Trivellato
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If I now stop and breathe my vision expands, the heart expands and I see. The seed separates from the tree and enters the fertile womb of the Earth to be reborn .... But first it passes through a symbolic death… Without the plant, the branch, the flower from which it was born it could never be what it is, nor become what it will be…. However, he must go through detachment and ritual death, separation and identification, to unleash his potential and manifest who he is. I like to think of this image, the image of the acorn that the mighty oak already has inside, as I am about to write this article that talks about separation as a preparation, traps and gifts. And I think of the Earth, which guards the seed during the Alchemical work that transforms it from fruit into a source of new life ... and I think of the snow, the air, the sun, the water and I get lost a bit in the game of seasons, until we see a shy shoot that finally opens up to its new manifestation in front of the advancing New World! And now sit with me soul of Flame, and please, if you are experiencing a moment of joy and openness hold my hand, like everyone else's and strengthen the field, send your light and your love everywhere, simply shining for who you are. If you are in suffering right now, take my hand like everyone else's and listen. Just as everything is perfect, what you are experiencing now is also perfect, even if you may not believe it, what you are experiencing is the perfect situation that your soul has chosen to evolve. Even if you feel trapped, even if you feel desperate, even if you think you have lost all reason to live. In reality everything is perfect.
Virna Trivellato
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iosonoleossa · 3 years
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mi sento come quando a tre anni non volevo andare all’asilo. la cosa buffa e strana è che riesco esattamente a richiamare in me la stessa atmosfera e le stesse sensazioni precise che vivevo. l’odore dell’ingresso della scuola, un po’ dolce, un po’ di chiuso e un po’ di plastilina modellabile. e vivo l’angoscia di separazione da mia madre, la sensazione di vuoto e di sentirmi sperduta in un posto dove non avevo nessuno. la gentilezza delle bidelle che mi consolavano quando piangevo, la premura della maestra enza nel mettermi accanto a lei e darmi dei fogli per disegnare. la maestra gaetana che mi anticipava tutte le tappe della giornata nel dettaglio per placare la mia ansia, riuscendo effettivamente a farmi sembrare quelle otto ore molto più veloci e tollerabili e ad affievolire la paura della separazione, anche se lei era una stronza. poi tornare a casa e mettermi a giocare per tutto il pomeriggio con mia sorella piccolina e mia madre che stirava, l’autunno, le mew mew in televisione, il cd con le sigle dei cartoni animati. che bella la mia vecchia casa, mi manca sempre tantissimo, la collego solo a momenti belli, per la solita tendenza umana di romanticizzare il passato e ricordarselo sempre e comunque meglio del presente. mi piacerebbe tornarci un giorno, per vedere come è ora e come l’hanno arredata i nuovi inquilini. sono davvero tanti anni che siamo qui, credo una quindicina, chissà quanti proprietari ci sono passati, magari tre o magari sono sempre gli stessi a cui l’abbiamo venduta. mi piace sempre tanto sprofondare nei ricordi belli, mi dà un senso di sicurezza, di malinconia positiva. mi ricordo quando tutte le domeniche andavamo da mia nonna a Roma, un rituale durato una decina di anni. prepararsi la mattina, farsi la nomentana pensando a quale pranzo delizioso ci avrebbe cucinato, poi tornare la sera con la strada illuminata e osservare tutto dal finestrino. ormai la so a memoria, ogni traversa, ogni palazzo, ogni balcone illuminato ogni albero e ogni foglia ingiallita. tutte le sere poi da piccola chiamavo mia zia e stavamo un'oretta al telefono, chissà di cosa parlavamo, non mi ricordo proprio. ricordo solo che una volta le chiesi se baciava il suo fidanzato con la lingua e lei mi disse di sì e rise tantissimo per la mia reazione scandalizzata. chissà nella mia testa cosa facevano le coppie di quarantenni. ora con mia zia parlo una volta l'anno, quando mi fa gli auguri di compleanno su whatsapp e quando glieli faccio io. è tutto cambiato. la domenica pranzo a casa, non ascolto più le colonne sonore dei cartoni, mia madre non stira più, mia sorella è grande e ha le sue cose da fare, però io ancora non voglio andare all'asilo.
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residancexl · 5 years
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Conversazione con Daniele Ninarello #Pastorale
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[Paul Klee, Pastorale (Rhythms), 1927]
Mi parli del tuo nuovo progetto artistico Pastorale, terzo lavoro che fa parte di un ciclo di rituali coreografici esperienziali? Molte idee arrivano mentre lavori e negli anni si accumulano contaminandosi a vicenda. Mentre alcune cerchi di cristallizzarle in una creazione, altre restano ai bordi per poi rientrare in un secondo tempo come dei tasselli che si ricorrono dando vita ad un processo di ricerca nuovo. Da tempo dedico il mio lavoro al tema del disorientamento, in particolare alle modalità in cui il corpo può orientarsi nel costruire le sue molteplici relazioni con l'ambiente, e a come organizza i suoi pensieri e i suoi gesti. Sono interessato alle relazioni che il corpo costruisce con lo spazio che esso stesso genera, uno spazio inteso non unicamente come luogo fisico ma anche umorale, emotivo col quale costantemente si misura, si conosce. Mi è sempre interessata questa relazione. In questi anni ho iniziato a fare dei laboratori di pratica condivisa con dei danzatori e con degli amatori. A Matera in occasione del festival “Nessuno Resti Fuori” ho lavorato sulla migrazione e sul tema dell'inclusione, e per l’occasione avevo ideato una serie di pratiche da condividere con il gruppo di lavoro. Stetti a lungo a guardare questa città molto particolare, costruita dall’uomo ma scavata nella roccia. Quando guardi Matera percepisci una totale armonia nel susseguirsi di forme che creano una sintonia quasi musicale. Mi sono perso in quel panorama e riappacificato. Tutte le pratiche corporee si concentravano sulla camminata, sul migrare e sul camminare come pratica estetica e creativa, ridefinendo il modo in cui descriviamo lo spazio che percorriamo e di conseguenza la relazione che creiamo con questo. Si concentravano su elementi specifici come la derivazione, la continuità, la ripetizione e la comunità. Caratteristiche rappresentative anche del rituale: anch’esso ti ricolloca, ti trasforma rinnovandoti, è comunitario. Da qui ho composto una piccola collezione di pratiche collettive che portavano i corpi ad orientarsi attraverso la percezione della realtà plastica che li circonda. Cominciavo a osservare e comprendere come tutti i segnali che ogni giorno incontriamo informano il corpo. Poi mi sono spostato a New York e qui è proseguita la riflessione sulla pratica del camminare e della migrazione, in particolare sul dualismo tra essere sedentario e essere nomade che è alla base della natura umana. Al MOMA di New York, camminando tra le opere, mi sono imbattuto in una piccola opera di Paul Klee che si chiama Pastorale (Rhythms) e sono rimasto rapito. Mi ha risucchiato, ero ossessionato da questa successione di simboli, di segni che a volte mi rimandavano a una mappa, a volte mi sembravano persone, a volte una partitura musicale e a un certo punto una coreografia. Così ho iniziato a scrivere. Mi sembravano geroglifici, una profezia, un codice da decodificare, qualcosa che appartiene a un passato che arriva semplicemente attraverso l’immediatezza del simbolo, una superficie su cui i segni vibravano tutti insieme. Da qui è arrivata la prima intuizione di scrivere una Pastorale di segni percorsa dai corpi.
Oltre a Klee, qual è l’immaginario che sta nutrendo questo nuovo lavoro? Da una parte il mondo della pastorale a partire dall’opera di Klee. Poi molti altri sono i riferimenti e tra questi c’è Moondog, un musicista non vedente di New York. È un compositore che per molti anni della sua vita si è esibito in strada. Era chiamato il “Vichingo della 6th Avenue” e stava in mezzo alla strada come fosse un oracolo. Registrava i suoni della città e le sue voci, costruiva strumenti musicali. È come se cercasse di entrare a contatto con il mondo, di fotografarlo mentre risuonava tutto insieme. La sua musica è incredibile e non appena l’ho ascoltata è arrivata l’intuizione: la pastorale come l’altrove in cui percepisci che sei mosso nel flusso eterno delle cose, il momento in cui non c’è separazione e riesci a collegarti. Voglio costruire una pratica che permetta al corpo di essere mosso solo attraverso ciò che veramente percepisce, che registra, che scrive, che sia in grado di farsi geroglifico e segno nello spazio a partire da una sensazione che ha percepito, come un gesto che nasce spontaneo nel corpo, un impulso che ti nomina. Il nostro occhio costantemente legge e incorpora le vibrazioni e la ritmica delle geometrie e delle immagini che incontra, possiamo udire e percepire come tutto cade intorno a noi e insieme a noi, come tutto risuona su di noi e di noi. Ho iniziato a lavorare sulla percezione delle realtà architettoniche, di come attivano i nostri sensi, di come noi percepiamo lo spazio in cui ci stiamo muovendo, come lo decifriamo costantemente per poi espandere questa modalità tra i corpi. Durante il processo ho poi ripreso a studiare Numeri di Philippe Sollers, ho deciso di adottare questo testo per il processo poichè ha in sé tutte le questioni centrali di Pastorale. Pastorale ora prende spunto da questi elementi.
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[un’immagine di Moondog]
Mi sembra che la pratica di cui parli lavori principalmente sulla presenza e in questo la relazione con lo spazio mi sembra centrale: entrando in relazione al luogo in cui è viene si modifica la struttura coreografica? Una volta costruita la struttura coreografica generalmente rimane la stessa, ma può subire delle variazioni suggerite dal luogo in cui si colloca. Da luogo a luogo ciò che varia è la percezione del corpo nell'attraversare la struttura coreografica. Tratto lo spazio come una cassa di risonanza, comunico con i suoi elementi che informano e attivano le mie percezioni. Il corpo non è mai indifferente allo spazio che abita, il più delle volte ne è succube, io cerco di ridefinire i rapporti attraverso una maniera diversa di descrivere il luogo che abito. Avviene come un’esperienza sensoriale, una sorta di reintegrazione di architetture, forme ed elementi originariamente generati dal corpo e dal suo passaggio. Credo che il corpo stia allo spazio come il gesto sta al corpo, il corpo è un segno nello spazio. Mi interessa questa relazione, questo confine in cui il corpo si muove parlando in ascolto dei pensieri che nascono da ciò che percepisce nel fuori. Il pensiero è già architettura. Non c’è differenza tra un gesto che facciamo mentre parliamo e il movimento che risponde a qualcosa percepito all'esterno. È come tentare di riallinearsi con il fuori e con il dentro, e quindi portare questo principio come dinamica di relazione tra i corpi. Con Pastorale la volontà è quella di riflettere su queste dinamiche di relazione nel mondo, sulla nostalgia dell'unisono che c'è nelle nostre relazioni, di quanto poco sopportiamo il silenzio che ci unisce. Ritornare all'unisono significa risuonare insieme, percepire come siamo gli uni inscritti negli altri. Avvicinarsi a moti della natura, alla sua bellezza, al suo incessante ed eterno perseguire l'armonia delle forme.
A che punto della tua ricerca coreografica per Pastorale si è inserita la residenza a Vicenza? A Vicenza ho consolidato alcune pratiche che da tempo sto esplorando. La cosa più importante è sempre trovare la giusta modalità di trasmettere ai danzatori questo pensiero. Mi sono posto la domanda: come posso sentirmi libero quando i segni che ho a disposizione per esprimermi sono limitati? Se per esprimere una sensazione chiara ho a disposizione un codice di pochi elementi? [...] mi sto focalizzando su questo punto, sulla possibilità di sentire come la percezione genera un impulso, un pensiero, e su come varia l'intensità e la qualità di un segno nel corpo a seconda del segnale esterno o interno che lo genera. Queste modalità di lavoro erano già nate in Kudoku, dove insieme a Dan Kinzelman esploro questi concetti tra suono e gesto. Quello che mi interessa è che il corpo colga l’istante in cui sta vivendo, che le parole e i movimenti che genera nascano da uno stato contemplativo, che siano frutto di associazioni istantanee, carichi di tutto ciò che hanno da offrire al mondo.
Per Pastorale collabori con la dramaturg Gaia Clotilde Chernetich, come nasce il confronto con la studiosa rispetto al lavoro sulle pratiche di scrittura coreografica? Prima abbiamo lavorato sulla lettura e stesura di molti materiali cercando di tenere il dialogo costante e aperto, e di analizzare da diversi punti di vista la questione centrale al lavoro. In un secondo momento ho cercato di far partire il lavoro da questi materiali, facendo molta ricerca e sperimentando diverse modalità di approccio del corpo. Per me è fondamentale affidarmi alla sensibilità di Gaia, la sento molto vicina. Lei mi ha portato riferimenti molto precisi che hanno alimentato il mio immaginario e stimolato il mio pensare. Ci scambiamo materiali e idee continuamente.
Cosa ti porti a casa dopo questi primi giorni di residenza? Pastorale vuole essere un modo per tornare alla natura, una natura intesa come concedersi alle cose che ci animano, trovare quel silenzio in cui si agitano per scorgere il loro ordine. Pastorale necessita di un abbandono al ritmo di tutte quelle cose che ci cadono negli occhi e che risuonano sulla pelle. Pastorale è una percezione che arriva, un pensiero che nasce e si manifesta in un’esistenza.
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sybilcartomanzia · 2 years
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DESIDERIO DI UN RAPPORTO SIMBIOTICO E FUSIONALE:
Tanti di voi che mi contattate sono particolarmente propense a vivere le relazioni sentimentali in una maniera definita “FUSIONALE”, in cui l’altro viene vissuto come assolutamente indispensabile e si tende a condurre una relazione di coppia in cui prevalgono spazi ed attività totalmente condivisi.
Con la Manipolazione Mentale " la persona lavorata " sente il bisogno assoluto e profondo di avere sempre l’approvazione del Manipolatore, che viene da voi idealizzato in base a
quello che stabiliremo insieme.
In questi casi, con il passare del tempo la vittima, pur di non contraddire Voi, inizia a mettere in discussione la propria visione della realtà e a rinunciarvi insieme ad altre necessità, al fine di mantenere la condizione “FUSIONALE” del rapporto.
Farà di tutto per difendere la vostra unione per lui unica ragione di vita.
Con questo Potentissimo Rituale nella coppia simbiotica il desiderio di unità e di Completa Fusione occupa tutto: Cuore e Mente
La coppia Fusa fa tutto quanto è in suo possesso per diventare una cosa
sola.
"CARNE DELLA MIA CARNE",
è la frase che più la rappresenta.
La lontananza, viene percepita dalla "vittima"come un baratro.
Il fare tutto insieme, l'essere una cosa sola.
Il partner è fermamente convinto che nessuno potrà mai separarvi.
La coppia simbiotica è una coppia creata da questo Rituale per essere Eterna.
La coppia simbiotica, sarà immortale,
Inattaccabile, Infallibile.
ll partner ha improntato la sua vita alla Simbiosi, alla Fusione, all'Attenzione perenne al mondo dell'altro, smarrendo il proprio (mondo e confine).
Vivono l'uno per l'altro, e l'altro per l'uno.
La troppa vicinanza, assolutamente non blocca a lunghissimo andare le ali del desiderio che sarà sempre acceso e di carica erotica smisurata.
La " carcerazione " diventa un bisogno indispensabile, una rassicurazione
estrema per poter amare in sicurezza.
Il passato del partner qualunque cosa vi abbia mai fatto vivere, la causa principale è il tradimento, l'allontanamento, sarà totalmente rimosso dal suo cervello.
La coppia sembrerà abitare dentro una bolla protettiva.
Il bisogno di sicurezza estrema tiene a bada l'ansia da separazione aumentando la passione erotica.
Questo Rituale è un vero portento, diffidate dalle successive "brutte copie" che troverete presto in rete.
Contattami al 3461227782 Sybil.
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carmenvicinanza · 3 years
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Anna Halprin
https://www.unadonnalgiorno.it/anna-halprin/
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Anna Halprin è stata la coreografa e ballerina statunitense che ha aperto la strada alla danza postmoderna.
Ha creato un suo peculiare modo di muoversi utilizzando la consapevolezza cinestetica. Abbandonando le forme stilizzate della tecnica moderna, ha lavorato per riprodurre l’arte della vita quotidiana.
La sua ricerca ha radicalmente rivoluzionato le nozioni tradizionali della danza, ne ha sondato la natura estendendone i confini per affrontare questioni sociali, favorire la guarigione fisica e emotiva, collegare le persone alla natura e costruire comunità. I suoi lavori hanno dato voce alle fasce più deboli della popolazione come le persone soggette a discriminazioni razziali, malate e anziane. La sua tecnica è stata chiamata crescita del potenziale umano. L’obiettivo era mantenere il legame tra il comportamento non verbale e l’esame dell’uso del linguaggio e dell’espressione fisica.
Nata col nome di Hannah Dorothy Schuman il 13 luglio 1920 nell’Illinois da una famiglia di origine ebraica, già a quattro anni era iscritta a una scuola di danza. A 15 anni studiava le tecniche di Ruth St. Denis e Isadora Duncan.
All’Università del Wisconsin è stata allieva di Margaret H’Doubler, sua mentore per tutta la vita e pioniera della danza educativa che ne influenzò profondamente il suo pensiero artistico indirizzandola all’improvvisazione e allo studio anatomico del movimento.
Anna Halprin è stata anche allieva Walter Gropius a Harvard. Le idee del fondatore della Bauhaus sulla creatività collettiva e sull’integrazione dell’arte nella società, divennero principi fondamentali della sua poetica.
Nel 1940 ha sposato Lawrence Halprin, architetto paesaggista, con cui ha elaborato le metodologie RSVP Cycles e Take Part Process per orientare la creatività collettiva dei suoi workshop.
Al termine della seconda guerra mondiale si è trasferita a San Francisco dove gestiva una scuola di danza con Welland Lathrop.
Nel 1955 ha fondato il San Francisco Dancers’ Workshop, gruppo multidisciplinare con un palcoscenico di legno sospeso tra gli alberi dove, con tanti danzatori e danzatrici della futura generazione e celebri artisti dell’avanguardia americana, ebbe modo di sperimentare un nuovo metodo di lavoro, incentrato sull’improvvisazione e sul rapporto con l’ambiente per performance che superassero le convenzioni teatrali e la rigida separazione tra arte e vita.
Ha compilato esercizi di gruppo chiamati Movement Rituals che modellano il modo in cui i corpi si muovevano attraverso lo spazio e il tempo.
Nel 1965 ha fondato la prima compagnia multietnica “fornendo un metodo che consentiva a ogni comunità di essere vista e ascoltata alle proprie condizioni.”
Dal 1972, quando le venne diagnosticato un cancro, ha lavorato con i malati terminali tenendo workshop nei quali la danza assume un potere rigenerativo e terapeutico.
Nel 1978, insieme a sua figlia, ha fondato il Tamalpa Institute, un centro in cui la terapia riabilitativa è affiancata da tecniche somatiche, danza e elaborazione di autoritratti del proprio vissuto attraverso disegni e immagini. Braccio educativo e di ricerca senza scopo di lucro del San Francisco Dancer’s Workshop, offre formazione in un processo creativo che integra psicologia, terapie corporee e educazione con danza, arte e teatro, come percorso verso la guarigione e la risoluzione dei conflitti sociali.
Al Cancer Support and Education Center, ha guidato le persone malate di cancro attraverso una serie di esercizi di consapevolezza del corpo che le aiutavano a creare energia per la loro lotta.
Anna Halprin si è spenta il 24 maggio 2021, aveva cent’anni.
Artista raffinata e peculiare ci ha lasciato in eredità libri, documentari e spettacoli sul suo immane lavoro in cui ha utilizzato la danza come strumento politico e sociale.
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napolblog · 6 years
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Friday I'm in LOVE #6
"Bisogna imparare a lasciarsi" dice la Vanoni nella sua ultima canzone. Forse non è un’abilità di tutti, quella di saper comprendere quando è il caso di chiudere i rapporti e di farlo in modo sano. Mi angoscia che la via di mezzo non ci sia praticamente più: o si mantiene tra le persone un laccio sottile ma indissolubile nel tempo, o la cesura è brusca e, da conflittuale, è finita con il diventare asettica.Al netto di quelli che praticano il cosiddetto ghosting e spariscono come gli accendini, chiudere la propria storia per vie digitali è un trend-topic e non vi parlo esattamente di rapporti che si limitano a qualche like buttato random su Facebook. Fin da piccoli ci viene insegnato come iniziare le cose, ma non come porvi termine. Se ci pensate siamo pieni di “rituali di inizio”, ma non abbiamo per nulla l’idea di come funzionino i “rituali di congedo”. Prendete ad esempio il matrimonio: c’è il rituale delle nozze che sancisce il principio di un percorso assieme, ma nel caso in cui le strade si separino non mi risulta ci sia un vero e proprio rituale. Al massimo c’è un rito davanti al giudice. È davvero difficile dare il meglio di sé quando si tratta di mollare qualcuno, ma io credo in maniera impopolare che quando hai amato una persona, se l’hai amata veramente, quella sensazione ti accompagna anche quando la storia finisce, perché ti incide addosso un po' di saudade. Ti porti sulle spalle un piccolo zainetto con quanto hai condiviso, ed idealizzi non tanto la persona in quanto tale, ma quello che quella persona ha rappresentato. Riconosco anche che non è questo, però, il caso degli scaricatori più cinici, quelli per cui i social network e i messaggi istantanei non hanno contribuito solo ad accorciare i gradi di separazione o a zoommare intimità e ricordi, ma hanno anche sistematizzato gli approcci alla fine del sentimento e le “regole” del lasciarsi. Considerate, tra tutte, la famigerata questione del blocco dei profili, una sorta di embargo sadico della comunicazione, ma anche un business per cui le madri delle app sono sempre incinte. Il dilemma dell’ex, come quello del prigioniero, è un gioco non cooperativo che finisce sempre per essere impostato in questi termini, più o meno consci, da ragazzini e non: 1) blocco così non vede proprio neanche una mia foto, capisce che la vita non va avanti senza di me, ma almeno non può vedere cosa faccio; 2) non blocco così vedo cosa fa e conseguentemente vede che la vita va avanti anche senza di lui/lei e ci rosica. Le guerre fredde, si sa, hanno sempre i loro momentanei vantaggi: tengono bloccate le tensioni, permettono di calcolare e ponderare adeguatamente i rischi, di agire con strategia su più fronti e di mobilitare e mettere sull'attenti l'opinione pubblica. Ma non possono durare per sempre. Aprono, prima o poi, a distensioni di convenienza prima di incorrere, inevitabilmente, in nuovi conflitti, anche più esacerbati. Se ci pensate, non c'è niente di più immortale dell'amore e della guerra. E allora a che pro fare lo status grosso e affrettarsi ad azionare cinicamente quel “single” col mouse, manco fosse il pulsante di un razzo atomico, invece che negoziare una tregua dignitosa e uscire vincitori dall'armistizio?
Molto amore bellicoso, P. 💖 #fridayLOVE
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tiseguiro · 4 years
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Gesù Cristo è il vero sacerdote.
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Nella prima lettura, continua ad accompagnaci la lettera agli Ebrei, l'alta teologia e rilettura neotestamentaria del vecchio testamento. Oggi ci parla che Gesù, come ogni sacerdote, è costituito tale, per iniziativa di Dio. Ma Egli è anche sacerdote in quanto "Figlio" e "messia" o re, proclamato dalla parola di Dio. In secondo luogo Gesù, a differenza dei sacerdoti umani, peccatori e limitati, non ha bisogno di offrire sacrifici per se stesso. Anzi, Gesù non presenta a Dio cose, né compie riti simbolici, ma offre se stesso a Dio in una relazione di fedeltà filiale, attuata nella condizione estrema: la sofferenza della morte. Ogni essere umano, sfidato dalla sofferenza e dalla morte, è chiamato a vivere questa liturgia della vita. Gesù è il segno benevolo di Dio per noi. Egli è anche l'uomo che si schiera dalla parte di Dio, a costo della sua vita. È il segno supremo della fedeltà di noi uomini a Dio. Egli è il grande sacerdote che presenta al Padre il dono della sua e della nostra vita. Gesù con la sua missione storica inaugura l'epoca messianica, tempo di gioia e di esultanza spirituale. Egli però sarà riconosciuto messia solo attraverso il dramma della sua morte violenta. Allora la comunità dei discepoli, dopo la Pasqua, ricorderà la separazione dolorosa dal suo Signore, lo sposo, con la pratica del digiuno. L'annuncio gioioso fatto da Gesù. Il regno di Dio si è fatto vicino. Come la fede nella sua resurrezione da morte costituisce il fatto nuovo che non può essere racchiuso nei vecchi schemi della religiosità rituale e legalista. In tale prospettiva anche le pratiche religiose tradizionali devono essere ripensate e vissute nello spirito della gioia e speranza evangelica. Non è più la "Legge" che conta ma lo Spirito.
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compagnedibranco · 4 years
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Cani tra quarantena e Fase #2
“Gli effetti della quarantena” 
Forse non tutti sanno che: anche nell'organismo del cane durante l’attività fisica e mentale (quella positiva, s’intende) vengono rilasciate maggiori quantità di endorfine, cioè gli ormoni del piacere.
Se avete riscontrato dei cambiamenti comportamentali nei vostri cani, in concomitanza con il periodo di isolamento obbligato da cui siamo reduci, niente panico: è perfettamente normale. Non dobbiamo però sottovalutare il fatto che anche i pelosi possono risentire di una situazione così insolita. 
Infatti il cambio repentino di abitudini e la mancanza di attività motoria e/o mentale può facilmente causare stress e ansia anche nei nostri amici a quattro zampe.
Alcuni dei sintomi più evidenti di questo disagio possono essere:
Maggiore nervosismo - reazioni eccessive agli stimoli, autolesionismo, aggressività, distruttività e similari.
Depressione - cani più apatici e pigri.
Ansia - respiro accelerato e affannato, leccamento compulsivo (su loro stessi o sui proprietari).
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Per quanto questi disagi possano toccare tutte le tipologie di cani, un esempio eclatante è rappresentato da i cani da lavoro o comunque tutti quei cani abituati a fare molta attività su base quotidiana. Questi stacanovisti si sono improvvisamente  ritrovati a subire un drastico stop e, proprio come un atleta normalmente abituato a correre tanti km al giorno in mancanza della sua dose di movimento quotidiano, hanno subito una vera e propria crisi di astinenza. 
Per compensare queste mancanze ci sono diverse tipologie di attività divertenti da svolgere in casa col vostro cane; ve ne abbiamo parlato più dettagliatamente in una precedente puntata della nostra rubrica su Radio Parma.
I link per ascoltare tutte le puntate già andate in onda si possono trovare seguendo i social di Compagne di Branco.
N.B: Se avete provato le attività alternative ma i sintomi che vi abbiamo descritto qui sopra continuano a persistere è allora consigliabile rivolgersi a un professionista.
“Fase 2: Ritorno alla normalità”
Forse non tutti sanno che:  i cani , in quanto animali nati per vivere in branco, non ragionano in modo soggettivo (io), ma sempre in funzione del gruppo (noi).
Per quanto bramato da noi esseri umani, il ritorno alla normalità può costituire un vero e proprio disagio per i nostri cani. Durante la quarantena, infatti, si è creato una sorta di habitat ideale, in cui il branco non si separava mai e tutto era sotto controllo (cane-pensiero: “non mi devo preoccupare per te umano quando sei fuori!” ). Per questo motivo i problemi più diffusi ed evidenti della fase 2 saranno quelli legati all'aver perso l’abitudine al distacco. 
Con la parziale ripresa delle normali attività esterne è venuta a mancare questa rassicurante routine ed è del tutto normale che alcuni cani, specialmente quelli molto giovani non ancora emotivamente stabili e quelli adulti con un rapporto un po’ precario col distacco, si siano trovati in difficoltà.
Vediamo insieme cosa potremo aspettarci dai nostri amici “in crisi”:
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Distruttività da scarico: il cane si trova in una situazione molto stressante e per calmarsi sente la necessità di mordere/rosicchiare e, quando non ha alternative, può capitare che lo faccia sugli oggetti di casa.
Minzioni inappropriate: il cane può segnalare il disagio anche attraverso le marcature con urina e/o feci.
Vocalizzazioni: ulula o abbaia, senza un reale motivo, nel disperato tentativo di richiamare l’attenzione del proprietario.
N.B. Per quanto possano essere fastidiosi, questi comportamenti non vanno presi come “dispetti” bensì come vere e proprie manifestazioni di disagio.
“Ok, ma cosa possiamo fare per aiutarli?”
Ecco alcune cose che potreste fare per alleggerire la situazione:
Contribuire ad aumentare il livello di endorfine appagando il cane prima della separazione (con attività fisica e mentale).
Gestire il rituale del saluto rispettando l’idea che la vostra uscita e il vostro rientro siano eventi normali e non straordinari (cerchiamo di non esagerare con le effusioni alla “Carramba Che Sorpresa!”)
Mettere la casa in sicurezza togliendo dalla portata del cane oggetti fragili, preziosi o pericolosi.
Lasciare al cane un diversivo sul quale poter scaricare lo stress (snack da masticare o giocattoli resistenti per esempio).
Con alcuni cani può essere utile ridurre gli spazi a loro disposizione.
Non bisogna dimenticare che un’altra categoria penalizzata è quella dei cuccioli in quell’età cruciale tra i 2 e i 6 mesi,  la cui socializzazione è stata interrotta dalla reclusione forzata, per non parlare di quei cani già particolarmente reattivi, che, in questo periodo, hanno perso l’abitudine alla presenza di estranei.
Non temete: in entrambi i casi si può sempre porre rimedio o raggiungere un compromesso soddisfacente; per questo vi diamo appuntamento alla settimana prossima dove vedremo insieme alcuni consigli e idee per le attività ludiche da svolgere insieme ai vostri amici cani.
Per ulteriori informazioni vi consigliamo di seguire l’appuntamento settimanale di “Compagne di Branco” in podcast su Spotify e tutte le piattaforme di streaming.
FB: compagnedibranco
IG: @compagnedibranco
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annalisalanci · 5 years
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La magia. Premessa
La Magia Premessa
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Mago adepto di Satana
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Strega di campagna
La magia è parte integrante della nostra cultura. C'è qualcosa che preme e che si trova al di là dell'apparenza, al di là di quanto risulta tangibilmente connesso con le regole della fisica, ascrivibile tra i parametri della scienza. In alcuni casi non vi è una netta separazione tra pensiero religioso e pensiero magico (emblematiche in questo senso sono le esperienze della preistoria); ma già dall'antichità si poneva in rilievo la differenza tra quanto era culto consolidato, inserito in un preciso iter rituale, e quanto apparteneva a mere pratiche magiche, cioè a una dimensione dominata da fini pratici e materialistici, del tutto priva di istanze religiose.Anche nel nostro mondo contemporaneo, da un lato siamo immersi in uno spirito positivistico, sempre alla ricerca di dimostrazioni che soddisfano modelli matematicamente ripetibili. Dall'altro abbiamo l'irrazionalità più esasperata, che accetta come realtà ogni forma di magia, di mitologia, di divinazione. Oggi la magia, i culti esoterici e il satanismo non hanno più il loro luogo deputato nelle campagne, bensì nelle città industriali, dove certi valori venuti meno e si sono affermate prospettive esistenziali basate solo sul profitto immediato. La magia, è oggetto di credenza: la fede in essa precede necessariamente l'esperienza, pertanto <<la credenza nella magia è quasi obbligatoria, a priori, e perfettamente analoga a quella della religione>>. La magia ha tanti aspetti, tante facce, tanti ruoli. C'è una grande differenza tra la magia della fattucchiera contadina e quella del mago che dice di essere adepto di Satana. De Martino, <<il momento magico diventa percepibile di volta in volta il suo esatto significato storico solo quando venga giudicato nella dinamica di un particolare contesto culturale, nel plesso vivente di una civiltà, nella concretezza di una definita epoca morale e mentale>>.La magia non ha storia, nel senso che riceve il proprio senso storico dal processo culturale in cui è inserita. Inoltre è per definizione materia statica, ripetitiva, che non ricerca un'evoluzione nell'esperienza, ma afferma il proprio modus operandi secondo procedure fisse e stereotipate. Tra contrasti e risonanze, ogni civiltà ha nella magia un referente dialetticamente impegnato a fornire, comunque delle risposte. Ma, soprattutto, ogni società trova nella pratica magica un'opportunità per scorgere una strada <<altra>>; attraverso la quale abbattere i limiti dell'umana fragilità.  
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21 Questions
Pubblicato il 3 maggio 2016 da WorldArts Music
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NH – sono Nick Harcourt, questa è Transmissions dal palco di WorldArts, Los Angeles, California e la nostra ospite è LP. Grazie per la tua presenza e la tua musica.
LP - sono molto felice di essere qui.
NH – 21 domande, sei pronta?
LP – grande! Fantastico, sì!
NH – sembri davvero eccitata! Il tuo primo ricordo musicale?
LP – penso sia riferito a me che canto qualche filastrocca all’asilo, non ricordo esattamente. Qualcosa di americano, tipo “questa Terra è la tua Terra” e a mia madre che mi cantava qualcosa, sicuramente.
NH – quando ti sei accorta che la Musica era ciò che volevi fare?
LP – poco dopo la morte di mia madre ho capito che la vita è breve e che potevo fare di meglio, in termini di emozioni. E vincere a livello psicologico se avessi fatto ciò che voglio io, invece di quello che si aspettava mio padre e diventare medico.
NH – posso chiederti che età avevi quando è accaduto?
LP – ero adolescente, direi 18 anni.
NH – e stavi già facendo musica a quel tempo?
LP – no, cioè cantavo già e cose così, ma a scuola andavo discretamente e anche mio fratello. Lui è neurochirurgo.., provengo da una famiglia di studiosi, sai …
NH – qual è stato il tuo primo strumento musicale?
LP – la chitarra, credo. Ma ho iniziato tardi, perché con i gruppi musicali succede che se canti bene vogliono che tu faccia solo quello e i tuoi amici cercano di assicurarsi il proprio ruolo, sai… Sì, la chitarra.
NH – ricordi il primo pezzo che hai cantato o suonato? Filastrocche a parte.
LP – probabilmente “Hard Day’s Night”.
NH – qual è il tuo artista preferito, morto o vivente, che fa quello che fai tu?
LP – penso, ce ne sono talmente tanti, è difficile definirne uno. Credo sia Robert Plant, per il suo modo di "essere posseduto" dalla musica.
NH – ne stavamo giusto parlando prima, è per il suo addome piatto, no? 
LP – (ride) … e per il tipo che lo interpreta in Vinyl (film – 2012 / serie tv – 2016).
NH – ma fondamentalmente è per l’unicità della voce di Robert Plant, giusto?
LP – si, è la personificazione del cantante, perdutamente travolto dalle divinità del rock… e per me quella è una band così sexy!
NH – i Led Zeppelin? Ho avuto l’opportunità di intervistarlo (si riferisce al frontman) qualche tempo fa e non riesco a non pensare al suo personaggio di “Almost Famous” (film - 2000), lassù sul tetto…
LP – oh sì, è così, è così che dovrebbe esser! Beh, voglio dire...circolava parecchia droga, e sai…hey...
NH – se tu non facessi…
LP – cosa, uso di droghe? 
NH – certo. Se tu non ti facessi, perché lo sei proprio adesso, (sotto effetto di droghe) no? ovviamente… (ridono). Se tu non facessi musica, cantassi, suonassi la chitarra, l’ukulele, cos’altro potresti fare?
LP – in tutta onestà probabilmente avrei fatto il medico. Lo trovavo interessante a scuola, penso che forse sarei tornata a studiare, per trovarmi uno sbocco professionale nel campo medico. Sento che la musica aiuta le persone e mi piace sentirmi coinvolta nel benessere delle persone. Quindi penso che avrei seguito quella direzione.
NH – qual è la tua idea di felicità?
LP – principalmente avere intorno persone che mi piacciono e che mi fanno sentire a mio agio, al sicuro, felice. Buoni amici e “donne, vino e canzoni” in fondo. E poi quando vivo quei momenti creativi, quando sento che ho qualcosa per le mani, che sto scrivendo un bel pezzo. Quello è davvero un momento felice, perché sai...scrivo canzoni anche per altri e c’è tanto di quel materiale. Non sono un tipo pessimista, ma so bene che l'80% di queste non sarà pubblicato, cioè delle volte sì, altre volte no, ma quando sento che sono su un gran bel pezzo, allora quello è certamente la felicità per me. 
NH – qual è la tua idea di tristezza?
LP – oh. Il contrario di tutto quello che ho appena detto! Portamelo via, negamelo. No, vabbe...Ho attraversato una brutta separazione ed è stato davvero triste. Dubitare di te stesso e non sentirti amato, questo è l’infelicità. Perdere le persone...
NH – sei il tipo di persona che viene destabilizzata da queste cose?
LP – oh, sì! Posso sentirmi sprofondare per questo genere di cose. Sono così e sono anche di umore altalenante. Devo fare attenzione…
NH – parliamo di eroi. Eroi maschili.
LP – scelgo James Baldwin, lo scrittore. Lo amo.
NH – eroine?
LP – Mia madre, di sicuro.
NH – dimmi perché.
LP – penso sia perché ha avuto una la vita difficile, con non molta gioia né felicità ma ha saputo donare molto amore, gioia e felicità a me e mio fratello. E anche per le cose che diceva, da mamma.
NH – il tuo luogo preferito.
LP – il posto che preferisco sulla Terra…il mio posto felice! Mmh…non so…mi piace Mexico City al momento. È divertente, un buon posto…
NH – se fossi su un’isola deserta e potessi portare con te solo una cosa, quale sarebbe?
LP – omg! credo sarebbe la mia chitarra, il mio ukulele. Sennò sarebbe davvero noioso…
NH – se governassi il mondo, e potessi fare qualunque cosa, che faresti?
LP – se governassi il mondo? Uh. Qualunque cosa? Renderei obbligatoria la felicità! Tutti dovrebbero essere felici! Devo farlo! Oh no, anzi! La settimana lavorativa di 4 giorni! Per me non è così importante, per il lavoro che faccio...voglio dire, metà del tempo mi sento comunque in vacanza, sono una fortunata.
NH – se avessi un superpotere, quale sarebbe? 
LP – mi piacerebbe viaggiare nel tempo, e occupare qualunque corpo volessi. Sai, tipo, essere un’aquila e poter volare, trasformarmi in qualunque cosa.
NH – come quel dottor Who trasformista e viaggiatore del tempo… (Doctor Who, serial tv 1963-1989 ndt) 
LP - ah sì? Ma io voglio potermi trasformare in qualunque animale!
NH – certamente.
LP – si, tramutarmi in aquila e andarmene a volare sul Gran Canyon.
NH – sei un tipo mattiniero o più del genere nottambulo? (lett: allodola o gufo)
LP – sarei più un gufo notturno, ma ho un cane e quindi mi ritrovo ad essere più mattiniera di quanto vorrei, ma è bello poter vivere entrambi questi aspetti.
NH – è più facile scrivere una canzone d’amore o di vendetta?
LP – penso che quando si tratta di scrivere di emozioni così vere, come nel caso di una vendetta, è più facile perché non stai inventando. Le provi, e allora riesci ad andare davvero in profondità.
NH – e le elabori attraverso i testi delle tue canzoni…
LP – sì. Le canzoni d’amore sembrerebbero forse più facili, quando sei innamorato, ma dipende comunque da come mi sento, a che punto sono, e cose così. Alcune volte sono talmente coinvolta, rapita e felice, da non riuscire ad articolare adeguatamente, in termini di musica e testi. 
NH – digitale o analogico?
LP – beh, sai, penso che “analogico” sia meglio per quando incido, ma “digitale” è talmente utile per quanto riguarda lo scrivere (canzoni) – come accennavamo prima, sugli arrangiamenti, posso metterci dei giorni interi, e quindi non essendo un processo velocissimo sono felice che esistano entrambe le possibilità.
NH – quale programma o sistema utilizzi?
LP – sì mi muovo tra Logic e Pro-tools, dipende.
NH – hai un tuo rituale prima di uno show o una registrazione, o quando stai per metterti a produrre?
LP – sì, esercizi di riscaldamento per la voce. Ho studiato canto lirico, scale musicali e per mezz’ora almeno mi ci dedico. Ho quest’incubo ricorrente dove devo andare in scena e non trovo il telefono per fare il mio riscaldamento e sono tipo "aaaaah!" Ma una volta fatti quelli posso starmene in compagnia e occuparmi d’altro. 
NH – hai mai visto qualcosa, nel backstage, o in tour al quale avresti preferito non assistere?
LP – a volte vedo persone che non sono grate per quello che hanno, sai…
NH – puoi spiegarti meglio, anche senza fare nomi?
LP – vedo persone infastidite, tipo: “questo non va, quell’altro neppure!” e penso, sai, anch’io mi trovo spesso in situazioni improvvisate e quando vedo gente che di solito ha tutto a posto e se la prende...ok, dai, anche a me dà sui nervi però…
NH - qual è il titolo del film sulla tua vita?
LP – mmh… “la strada più lunga e tortuosa”? 
NH – il tuo stato mentale al momento?
LP – buono, sto bene. Mi sento davvero bene e fortunata.
NH – perché stai parlando con me, ovviamente.
LP – ovviamente, sì. Mi hai sbalordito con le tue parole… Grazie. (risate)
NH – grazie.
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Traduzione a cura di Alexandra Cavo 
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barbaraincucina · 8 years
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Conoscere l'Olio
Gli olii vegetali sono condimenti utilizzati in diverse tradizioni culinarie e possiedono caratteristiche molto interessanti dal punto di vista nutrizionale.
L'olio di oliva merita una menzione particolare per l'importanza che riveste nella tradizione alimentare mediterranea, ma spesso gli viene conferita una superiorità dal punto di vista salutistico che non trova riscontri scientifici. Infatti, se è vero che un buon extravergine contiene diverse sostanze preziose per l'organismo umano, è altrettanto vero che altri olii vegetali gli sono superiori sotto altri punti di vista, come ad esempio l'apporto di aminoacidi essenziali contenuti in pochissimi alimenti. Nella opinione comune, gli “altri” olii vegetali, e in particolare gli olii di semi, rappresentano l'alternativa “povera” all'olio di oliva, buona al massimo per friggere ma senz'altro inferiore sotto il profilo qualitativo. In realtà il confronto è falsato dalla disponibilità di mercato prevalente per quanto riguarda gli olii di semi. Dal momento che l'olio extravergine di oliva è spremuto esclusivamente a freddo, il confronto andrebbe effettuato con altri olii vegetali spremuti esclusivamente a freddo.
L'olio d'oliva
In tutte le civiltà sorte nel bacino Mediterraneo, l'olivo è stato sempre ritenuto un albero sacro e l'olio estratto dai suoi frutti veniva utilizzato non solo come alimento ma anche a scopo religioso e rituale: gli Egizi lo consideravano un dono degli dei, i Fenici lo diffusero con il loro commercio, definendolo "oro liquido", i Greci e i Romani lo usavano per scopi medicamentosi e come combustibile nelle lampade votive, gli Ebrei lo adoperavano per "ungere" il loro Re, i Cristiani da sempre lo impiegano nei riti più significativi. L'olio d'oliva rappresenta per tradizione alimentare, uno dei prodotti fondamentali dell'agricoltura mediterranea, di indiscusso valore nutrizionale per la composizione chimica e le caratteristiche organolettiche esaltate dal suo impiego come condimento.
Composizione dell'olio di oliva
L'olio di oliva è chimicamente costituito, per la quasi totalità, da trigliceridi (98-99,5%), esteri della glicerina con acidi grassi, la cui composizione media è rappresentata da acidi grassi saturi (16% circa tra cui predomina il palmitico), acidi grassi monoinsaturi (circa il 75% con netta prevalenza dell'acido oleico) e di acidi polinsaturi (circa il 9% con prevalenza di acido linolenico e limitate quantità di linoleico). Oltre a questi componenti principali, l'olio di oliva contiene altri composti che costituiscono la frazione dell'insaponificabile e, seppur presenti in minima quantità (0.5-2%), influiscono in maniera determinante sulla qualità merceologica, nutrizionale ed organolettica (steroli, alcoli alifatici e triterpenici, polifenoli, tocoferoli, componenti dell'aroma…).
L'olio di oliva, la medicina e la chimica
Anticamente l'olio di oliva veniva particolarmente raccomandato per la conservazione dei capelli e per il mantenimento del loro colore naturale; per la cura dei sofferenti di stomaco, di fegato e di intestino; per rimarginare la pelle dalle ustioni e per preservarla dall'irraggiamento solare; era considerato indispensabile per i massaggi muscolari e articolari. L'attuale ricerca medica, pur non smentendo le prescrizioni sopra indicate, anche se un po' troppo generiche, raccomanda l'uso dell'olio di oliva nell'alimentazione per prevenire l'invecchiamento e per preservare l'organismo dalle malattie cardiocircolatorie. Infatti, gli approfondimenti clinici e terapeutici hanno dimostrato che il particolare rapporto fra acidi saturi, monoinsaturi e polinsaturi che caratterizzano la composizione dell'olio di oliva e la naturale presenza di microcostituenti, quali tocoferoli e polifenoli, fanno sì che esso possegga una serie di prezione proprietà, quali, ad esempio, facile digeribilità e resistenza alla cottura, azione ritardante l'invecchiamento cellulare, azione preventiva nei confronti della formazione di calcoli biliari, effetto favorevole per lo sviluppo celebrale, effetto antitrombico ed ipocolesterolimizzante. Da quanto è stato detto, emerge che l'olio extra vergine di oliva, oltre ad un elevato valore nutrizionale, ha anche un pregio organolettico che è dovuto al territorio di produzione delle olive, alla varietà degli oliveti, alle tecniche di conservazione e lavorazione dei frutti.
Caratteristiche dell'olio
L'olio d'oliva ha delle qualità eccezionali che variano a seconda della zona in cui viene prodotto. Contiene carotene, tocoferoli, fosfolipidi e sostanze che proteggono e aiutano l'organismo umano come acidi grassi e proteine. Oltre ad avere un'ottima digeribilità e assorbinemto, aiuta anche la digestione. Le qualità di questo prodotto aiutano l'organismo degli individui di qualsiasi età. Per apprezzare ed assimilare le sue qualità è consigliabile utilizzarlo crudo, per insalate, condimenti etc. ma è anche ottimo cotto e per le fritture. Le tipologie sono tante, l'olio d'oliva per eccellenza è "l'olio extra vergine di oliva", e questo prodotto si ottiene quando si utilizzano olive di qualità, vengono portate al frantoio subito dopo la raccolta e vengono lavorate accuratamente. Bisogna saper apprezzare le vere qualità di questo prodotto in quanto sono davvero uniche ed insostituibili. L'olio extra vergine di oliva è un alimento fondamentale nella dieta dei bambini in quanto è ricco di acido oleico; è particolarmente indicato nella dieta di chi fa sport perché è fonte di energia prontamente digeribile ed è essenziale nell'età senile in quanto limita la perdita di calcio nelle ossa. È ricco di grassi di origine vegetale molto importanti per dare energia e salute al nostro organismo. Inoltre gli aromi presenti nell'olio, rendono i cibi particolarmente gustosi. Specialmente se usate olio extra vergine di oliva italiano. Protegge cuore e arterie, rallenta l'invecchiamento celebrale, previene l'arteriosclerosi e abbassa il livello del colesterolo del sangue,e, soprattutto,combatte i radicali liberi. L'olio di oliva extra vergine non è solo una delizia per il palato. Fa anche bene alla salute. Questo prezioso alimento, grazie all'elevato contenuto di acido oleico, protegge cuore e arterie, rallenta l'invecchiamento celebrale, previene l'arteriosclerosi. Abbassa il livello del colesterolo LCL (il colesterolo "cattivo"), mentre innalza quello HDL ("buono"). Come prescrivono i nutrizionisti, l'olio extra vergine d'oliva è quel prodotto che, sia in cottura che a crudo, viene facilmente digerito dall'organismo perché la sua percentuale di acidi grassi è molto simile a quella del latte materno, alimento perfetto sotto qualsiasi punto di vista.
Come conservare l'olio
Un buon olio d'oliva dà il meglio dopo 4-6 mesi di maturazione, ma dopo 18-24 mesi ha perso gran parte della sua fragranza e freschezza. L'olio non si guasta ma risulta perdere molte delle sue componenti, vitamina E, ed altri antiossidanti, cambia il suo aroma e sapore. Poiché il calore, gli sbalzi di temperatura, l'aria e la luce ne provocano la rapida ossidazione, l'olio va sempre conservato in un contenitore ben chiuso, al buio, ad una temperatura possibilmente costante di circa 14° C. È preferibile usare dei recipienti di acciao inox, molto facili da lavare anche solo con acqua, sicuramente impermeabili alla luce e molto più igienici di altri contenitori
Tecniche di produzione dell'olio
L'estrazione dell'olio - L'operazione si può dividere in tre/quattro fasi principali: frangitura, gramolatura (indispensabile per il metodo "continuo"), spremitura e separazione acqua/olio.
Frangitura - Frangere (da cui il nome frantoio) vuol dire letteralmente rompere: in questa fase infatti la polpa e i noccioli delle olive vengono lacerati a fondo attraverso le molazze (l'antica macina dalle ruote di pietra) o i moderni frangitori a martelli. Si ottiene così una pasta di olive formata da polpa e nocciolo entrambi frantumati. Dunque, la tecnologia tradizionale usa le macine di granito, ovvero ruote che girano su una lastra (piano) anch'esso di granito, schiacciando con il loro peso le olive. Il metodo moderno invece utilizza frangitori a martelli o a dischi rotanti, che frantumano velocemente le olive fino a quando la pasta ottenuta non fuoriesce dal frangitore attraverso una grata forata (i fori sono di diametro noto). Sicuramente con questi frangitori la granulometria della parte solida (nocciolo) è più uniforme della pasta ottenuta con le macine tradizionali, frantumano una quantità maggiore di olive nell'unità di tempo, ma, poichè lacerano troppo velocemente la polpa delle olive, producono un aumento repentino della temperatura della pasta, e alterazione delle sensazioni organolettiche, quali amaro e piccante (molto più pronunciati). Nel caso di utilizzo delle ruote di granito, lo svantaggio sta nella bassa capacità lavorativa.
Gramolatura - Consiste in un continuo e prolungato rimescolamento della pasta di olive proveniente dalla frangitura (o molazzutura). Ciò favorisce l'unione delle goccioline d'olio in gocce sempre più grandi, tali che queste si separino piu facilmente nella fase seguente dalla parte solida. Nel caso di utilizzo di frangitori meccanici, tale fase è indispensabile in quanto deve favorire la rottura delle emulsioni acqua olio, formatesi durante la rapida frangitura. Inoltre, utilizzando in seguito il metodo di estrazione moderno, è anche inevitabile dover riscaldare la pasta ad una determinata temperatura. I vecchi impianti operavano a temperature più elevate, intorno ai 40-45°C, mentre i nuovi lavorano a temperature più basse, sui 28-30°C. Ecco perchè questo metodo è anche detto "a caldo"; diversamente dal metodo tradizionale a pressione , dove non c'è alcuna somministrazione di calore nella pasta.
Spremitura (separazione liquido/solido) - Una volta pronta la pasta di olive si procede alla fase dell'estrazione vera e propria, che porta alla separazione delle tre componenti della pasta, ossia sansa, acqua di vegetazione e olio. Esistono vari metodi per giungere al prodotto finito, ma a grandi linee possono essere ricondotti a due grandi gruppi, fondati sul carattere discontinuo o continuo dell'operazione. Al primo gruppo fa capo il più tradizionale dei sistemi, l'estrazione per pressione meccanica: la pasta viene posta sui dischi di fibra vegetale (i fiscoli, che oggi sono fatti più spesso di materiali sintetici) e i dischi vengono impilati su carrelli e intervallati da dischi di accaio per uniformare la pressione. In seguito il carrello caricato viene posto sotto la pressa, dove la pressione, crescendo nell'arco di circa un'ora, fa fuoriuscire la componente liquida oleosa (mosto oleoso, ovveo olio e acqua di vegetazione). La parte solida che dopo la spremitura resta aderente ai fiscoli è la sansa. Questa è un ottimo combustibile, e contiene ancora dal 5 al 8% di olio, che potrà essere separata solo con l'impiego di particolari solventi, esano soprattutto, con procedimento analogo a quello utilizzato per gli oli di semi. I metodi continui, oggi maggiormente utilizzati, hanno sostituito alla pressione altri principi fisici che conducono alla separazione dell'olio dalla parte solida. Il sistema estrattivo principale è quello per centrifugazione (decanter) e sfrutta il diverso peso specifico dei singoli componenti. La pasta infatti viene immessa in grosse centrifughe, ma prima è anche necessario fluidificarla con l'aggiunta di acqua corrente (sempre alla stessa temperatura della pasta di olive). Le elevate velocità raggiunte nel decanter, portano alla separazione delle tre componenti: olio, acqua di vegetazione e sansa. Un altro metodo, la percolazione, fa leva invece sulla diversa tensione superficiale che l'olio possiede rispetto all'acqua di vegetazione; nell'immersione ritmica di lamine di metallo inossidabile nella pasta di olive, viene progressivamente raccolto il liquido che aderisce alla loro superficie. Con questo sistema si estrae solo una piccola percentuale dell'olio contenuto nelle olive. La parte rimanente viene separato dai residui di buccia e noccioli in un sistema centrifugo (decanter).
Separazione olio/acqua di vegetazione - Questa è l'ultima fase. Utilizzando il diverso peso specifico (l'olio è più leggero dell'acqua) è possibile quindi separare il mosto oleoso. L'olio ottenuto, non è perfettamente trasparente, ma leggermente torbido, opaco. È perfettamente commestibile, crudo emana un profumo molto intenso di olive, comunque è preferibile lasciarlo a riposo qualche mese, cosìcche possa decantarsi. Le sostanze estranee si depositano così sul fondo, producendo piccole tracce di "impurità". Queste non sono altro che piccolissime particelle di acqua che il separatore non è riuscito a separare e che quindi sono state trascinate con l'olio.
Definizione degli oli
Secondo le leggi vigenti gli oli di oliva presenti sul mercato, in relazione alle tecnologie di produzione e a determinate caratteristiche chimiche, prima fra tutte l'acidità libera (espressa in grammi di acido oleico per 100 grammi di olio), sono distinti nelle seguenti categorie merceologiche:
"Olio extra vergine di oliva": estratto per semplice molitura delle olive e avente un'acidità massima dell'1%. È il prodotto qualitativamente migliore;
"Olio vergine di oliva": anch'esso ottenuto per semplice molitura delle olive, avente però un'acidità massima del 2%;
"Olio di oliva": con acidità non eccedente l'1,5%, ottenuto dalla miscela di "olio di oliva raffinato" e di oli vergini (extra vergine, vergine, vergine corrente);
"Olio di sansa di oliva": ottenuto dalla miscela di "olio di sansa raffinato" e di oli vergini, anch'esso con acidità non superiore all'1,5%.
In aggiunta ai precedenti, nella vigente legislazione ci sono altri tipi di oli che non sono però ammessi al consumo diretto:
"Olio di oliva vergine corrente";
"Olio di oliva vergine lampante";
"Olio di oliva rettificato";
"Olio di sansa di oliva greggio";
"Olio di sansa di oliva rettificato".
L' "Olio di oliva vergine corrente" ha un'acidità massima del 3,3% e, se unito all' "Olio di oliva rettificato", darà l' "Olio di oliva". L' "Olio di oliva vergine lampante" può avere un'alta acidità e/o difetti organolettici; dopo la rettificazione chimica darà l' "Olio di oliva rettificato", utilizzato per ottenere l' "Olio di oliva" mescolandolo con i vergini (o extra o vergine o corrente). L' "Olio di sansa di oliva greggio" è prodotto mediante trattamento chimico-fisico dei residui di lavorazione delle olive (sansa) con i solventi e, dopo la rettificazione, darà l' "Olio di sansa di oliva rettificato" che, mescolato con i vergini (o extra o vergine o corrente) darà "Olio di sansa di oliva". Va specificato che: gli oli rettificati (sia di sansa che di oliva) hanno subito una lavorazione che ne ha compromessa la parte aromatica caratteristica degli oli di oliva atti al consumo; nell' "Olio di oliva" e nell' "Olio di sansa di oliva" non è prescritta la quantità minima di olio vergine (o extra o vergine o corrente) che deve comporre la miscela.
Come scegliere un ottimo "extra"
Quando si parla di un alimento, a volte si è costretti a specificare bene cosa significa buono e cosa significa di qualità. Questo perchè si tende a identificare con la parola " buono" il significato di "qualità". Buono significa, nella maggior parte dei casi che piace, che è di proprio gusto, ma non sempre indica la qualità del prodotto. Ogni individuo ha una propria scala di valori, ciò che per qualcuno può essere buono, per qualcun altro può non esserlo. Esempio: se si compra un Lambrusco secco DOP, bottiglia numerata, di indubbia provenienza e quindi di alta qualità, potrebbe anche risultare non gradevole al palato di quel tal commensale, e quindi non buono, ma ciò non implica assolutamente che quel vino non sia di qualità. Per calzare l'esempio a ciò che più ci preme, ecco la classica frase che si sente quando messi a confronto più campioni di olio viene chiesto di esprimere un'opinione in proposito: "questo olio è buono, a differenza di quest'altro che è acido perchè pizzica in gola e oltretutto è anche amaro". La medesima affermazione si sente quando, per ottemperare agli obblighi della nostra cucina tradizionale, ci si reca presso un contadino per effettuare direttamente dal produttore l'acquisto dell'olio.
Il tipico giudizio in presenza di un olio " pizzicante".
Certamente è molto difficile sfatare questa opinione comune. Questo perchè,vuoi per volontà degli Industriali che propendono piu' per l'abbattimento dei prezzi che alla qualità dell'olio, e vuoi per i metodi tradizionali di raccolta e stoccaggio delle olive, si tende ancora ad avere sui mercati dell'olio ancora in dipendenza del gusto e non della qualità. E' chiaro comunque che con degli oli simili vengono a mancare tutte le indubbie qualità medicamentose e salutistiche preventive di un olio extravergine ottenuto secondo metodi canonici ed indubbi. Pertanto ci si accontenta solamente di dare soddisfazione al proprio palato senza rispettare la nostra salute. In realtà quel pizzicore e quell'amaro, sono sinonimo di qualità dell'olio. Il motivo di tale affermazione è da ricercare in due fatti: il nostro corpo si deteriora ed invecchia per l'ossidazione delle cellule, l'olio di oliva di qualità è un antiossidante naturale. Nei campioni di olio cosiddetto " buono" riscontriamo un alto numero di perossidi sinonimo di presenza di agenti ossidanti, anche se esso è nella forchetta del minimo e del massimo prevista per l'extravergine. Quest'olio può essere sofisticato in tutti i modi possibili per renderlo più gradevole, tranne che con l'aggiunta di conservanti perchè impossibile chimicamente e perchè soprattutto l'olio contiene già degli antiossidanti chiamati polifenoli, suoi naturali ed insostituibili conservanti. Ed è alla presenza di questi polifenoli, antiossidanti naturali dell'olio e salvavita per noi umani, che dobbiamo quel "pizzicore" in gola che proviamo quando consumiamo dell'ottimo extravergine. Più è fresco e meno è alterato, più i polifenoli saranno esaltati. La riprova di ciò è nella semplice operazione di assaggio di qualsiasi olio presso un frantoio, appena sgorga dal separatore: anche l'olio ottenuto da olive di mediocre qualità, appena centrifugato, possiede una certa carica di polifenoli e quindi, senza alcun dubbio, proveremo quel "pizzicore" più o meno amaro. Pertanto ci si chiede, ma se appena molite le olive si ottiene un olio che comunque pizzica, allora questa sensazione che poi scompare nel tempo se l'olio non è di pregiata fattura è sintomo di acidità o di qualità? E se è sintomo di acidità, come mai l'olio fresco, appena ottenuto, è acido e poi non lo è piu'?
Olio extra-vergine di oliva l'amico del nostro corpo
L'olio extra-vergine di oliva non è solo una delizia per il palato. Fa anche bene alta salute. Questo prezioso alimento, grazie all'elevato contenuto di acido oleico, protegge cuore e arterie, rallenta l'invecchiamento celebrale, previene l'arteriosclerosi. E non basta abbassa il livello dei colesterolo LCI, (colesterolo "cattivo"), mentre innalza quello HDL ("buono"). Come prescrivono i nutrizionisti, l'olio extra-vergine d'oliva è quel prodotto che, sia in cottura che a crudo, viene facilmente digerito dall'organismo perché la percentuale di acidi grassi è molto simile a quello del latte materno, alimento perfetto sotto qualsiasi punto di vista.
E' di fondamentale importanza sapere che l'olio extra-vergine e vergine di oliva:
1. Ottenuto da un frutto, mentre tutti gli altri oli, da semi;
2. Estratto da olive con mezzi meccanici, al contrario degli oli che vengono estratti tramite prodotti chimici (normalmente solventi);
3. E immediatamente commestibile in quanto non ha bisogno di alcun processo di rettificazione chimica;
4. Conserva integro tutto il suo patrimonio nutrizionale che possedeva all'interno del frutto stesso.
Altri olii vegetali
Gli olii vegetali diversi da quello di oliva sono solitamente ottenuti da semi di svariati tipi di piante. Le loro caratteristiche (e quindi anche i loro impieghi ideali) variano notevolmente a seconda del vegetale di origine, delle condizioni climatiche e del terreno in cui sono stati coltivati e delle peculiarità genetiche delle piante stesse, che sono spesso OGM. Da un punto di vista nutrizionale, si tratta di alimenti formati in massima parte da grassi mono e polinsaturi, alcuni dei quali contengono acidi grassi essenziali preziosi per il nostro organismo, non presenti nell'olio d'oliva né nei condimenti a base di grassi animali.
Come riconoscere un buon olio
Per prima cosa bisogna accertarsi che l'olio in questione sia stato prodotto esclusivamente mediante estrazione meccanica. Come nel caso dell'olio di oliva, infatti, anche gli altri olii vegetali possono essere ottenuti sia per spremitura a freddo (processo qualitativamente migliore) sia per raffinazione chimica. Questo secondo metodo è il più economico e anche il più largamente impiegato, ma purtroppo, oltre a rendere l'olio quasi insapore, distrugge gran parte delle sostanze nutritive utili che altrimenti potrebbero essere parte integrante dell'olio, come ad esempio vitamine e, minerali, lecitina, fitosteroli, e acidi grassi essenziali. In pratica, i semi vengono trattati con apposite sostanze chimiche (solitamente derivati del petrolio) oppure con vapore ad alta temperatura, o ancora con una combinazione delle due tecniche. Questa procedura serve ad eliminare in modo veloce, conveniente e pratico le parti indesiderate dei semi o della polpa, lasciando soltanto la parte oleosa. Purtroppo, le alterazioni chimiche e fisiche a cui è sottoposta la materia prima eliminano anche alcuni dei nutrienti migliori in essa contenuti.
Per quanto riguarda l'attitudine alla frittura, molti di questi olii raffinati si rivelano completamente inadeguati: spesso sono instabili al calore, quindi tendono a bruciare e generare molto fumo; inoltre, possono generare sostanze estremamente pericolose (come ad esempio l'acrilammide) se portati ad alte temperature. Non di rado si trovano in commercio olii raffinati ottenuti da piante OGM che compensano in parte questo difetto: è il caso ad esempio dell'olio di semi di girasole, che in condizioni normali non sarebbe adeguato per uesto metodo di cottura. Si ha inoltre spesso la formazione di grassi idrogenati, che se da un lato assicurano la migliore conservazione del prodotto (nonché la possibilità di maggiore riutilizzo per numerose fritture) dall'altro sono molto dannosi per la salute umana.
L'etichetta di un buon olio vegetale deve quindi contenere una chiara indicazione che attesti la sua produzione con soli mezzi meccanici. La consuetudine culinaria italiana fa sì che gli olii vegetali spremuti a freddo siano pressochè sconosciuti nel nostro Paese (fatta eccezione ovviamente per l'olio di oliva). Normalmente questi prodotti si possono trovare nei reparti dei supermercati dedicati ad alimenti salutistici (come ad esempio quelli per i celiaci o senza zucchero), in alcune erboristerie o negozi di prodotti biologici. Il loro prezzo è sostanzialmente equivalente a quello di un buon olio d'oliva extravergine.
Quale usare per friggere
Oltre al summenzionato olio di semi di girasole, il più adatto alla frittura tra gli olii di semi è senz'altro quello ricavato dalle arachidi, il più simile per composizione all'olio di oliva, ricco di grassi monoinsaturi (stabili al calore) e povero di grassi polinsaturi (instabili e tendenti a formare sostanze nocive e fumo).
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Quali evitare
Gli olii tropicali (olio di palma, di palmisti e di cocco) sono molto ricchi di grassi saturi, caratteristica che li accomuna agli alimenti di origine animale. Questo tipo di grassi tendono ad esercitare effetti negativi sui livelli di colesterolo nel sangue ed è quindi meglio non abusarne. Nonostante non siano abitualmente commercializzati per uso alimentare, sono invece impiegati abitualmente per la frittura dai ristoratori, che ne apprezzano l'elevato ciclo vitale (ossia la possibilità di “riciclarli” a lungo, a volte anche per una settimana) ed entrano spesso a far parte di alimenti confezionati. In quest'ultimo caso purtroppo non è obbligatorio indicare l'esatta natura dell'olio utilizzato, quindi il consumatore si trova davanti all'ambigua dicitura “olii vegetali”.
Olii da condimento a crudo
Molti olii vegetali presentano un profilo nutrizionale molto interessante che però rimane tale solo se non sono sottoposti a cottura. Sono molto delicati e temono luce e calore: bisogna quindi conservarli in frigorifero e all'interno di contenitori opachi.
L'olio di semi di girasole, ricco di acido linoleico e vitamina E, è uno dei più comuni, insieme al'olio di semi di mais, dalla composizione molto simile, che tuttavia è meno deperibile.
Un caso a parte è rappresentato dall'olio di semi di lino, ricchissimo di acidi grassi Omega 3, in particolare acido linolenico. Una piccola quantità (soltanto 6 grammi) soddisfa il fabbisogno giornaliero di un adulto di questi fondamentali nutrienti. Purtroppo è difficile reperire in commercio un olio di lino qualitativamente interessante, ossia prodotto con il metodo Baglioni, l'unico che presenta le caratteristiche positive sopra menzionate, oltre a un sapore caratteristico con sentori di noce.
L'olio di semi di soia è completo dato che contiene tutti e due gli acidi essenziali, linoleico (50% circa) e linolenico (8% circa). Ne bastano 20 grammi per soddisfare il fabbisogno giornaliero di entrambi.
Da evitare l'olio di semi di colza, dato che presenta una notevole quantità di acido erucico, una sostanza dannosa per l'organismo. Anche se il suo contenuto può essere per legge solo il 5% del totale si tratta pur sempre di un componente nocivo.
Tipico della cucina orientale, l'olio di semi di sesamo ha un buon contenuto di acido oleico e linoleico, ed emana aromi molto caratteristici. Consigliato a chi ama i sapori della cucina cinese.
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