#rito antico
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raccontidialiantis · 1 month ago
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La guardava dall'alto
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Era un esperto di psicologia applicata, un abile scrutatore degli abissi della mente. In poche parole, un navigato manipolatore. Lei però lo aveva stregato: perché ogni donna è manipolatrice per definizione, soprattutto per ciò che concerne le storie d'amore e di sesso; mentre in merito noi uomini, nella media siamo tutti scolaretti inesperti. E lui c'era cascato, come un pollo. Ma ora voleva troncare: "sai, mia moglie… i figli… la differenza d'età… tu meriti molto di più: un uomo che sappia farti felice… il mio prestigio…  la tua posizione... cosa potrebbero dire di te se si sapesse in giro…"
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Lei gli sorrise, lo guardò fisso e delicatamente schiuse le bellissime gambe, rivelando al suo sguardo ciò che un uomo generalmente può solo sognare, morendo di passione se non riesce ad averla. Lui balbettò, si inginocchiò e riprese un rito antico: la baciò tra le gambe a lungo e fu ristabilita la corretta catena di comando. Che vede una donna stupenda comandare la mente di chiunque, anche di uno strizzacervelli. Soprattutto di uno strizzacervelli. E poi di qualsiasi uomo pensi di poter essere immune alle grazie femminili. Davanti all'origine della vita e del piacere dato dalla femmina, nessun uomo resiste.
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RDA
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apis-vergilii · 10 days ago
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M. Laeta Francisco Petrarcae epistulam dedicat.
Fu nella tua città di Arezzo, maestro, ove per primo iniziai a dedicarmi alla lingua italiana.
Ero giovanissima, studentessa universitaria, americana, ignorante, peggio di tutto ero musicista, quando per prima sentii il tuo nome. (Petrarch, Petrarca, mi chiedevo, ma chi è questo? Petr-arca, arca di pietro, come un antico tempio romano. Recitavo il tuo nome come un incantesimo per placare il genius loci di Arretium, prima di leggere una tua singola parola. Perdonami.)
Ad Arezzo come in ogni altra città del mondo ero l’estranea di ogni gruppo sociale. La mia esperienza emblematica di questa vita da sempre è: osservare un circolo stretto di amici, dall’altra parte della stanza. Per quello studiavo piuttosto da sola, girovagavo in città da sola. Imparai un giorno che eri un poeta medioevale che cantavi d’amore, per una donna con cui non parlavi mai: come Dante con la sua Beatrice, sognando e piangendo ma sempre senza speranza, eri così per la tua Laura.
Alma del core, spirto dell’alma - sempre costante t’adorerò. Un altro ricordo di Arezzo di quell’estate. Una canzonetta settecentesca, una melodia tenera e semplice. Non c’entravi, eppur quando lo cantavo da sola nella mia voce tenua e fanciullesca, per le strade e nei parchi e boschetti, mi immaginavo di cantare per te, anche mentre cantavi a Laura. All’aria perfettamente vuota.
Una notte con i miei compagni di classe comprammo, con gli occhi sgranati e ridacchiando nervosi per il senso di trasgressione, una bottiglia di assenzio. Chiudemmo le luci a casa e facemmo il rito dello zucchero bruciato per addolcire il liquore amaro, lo bevemmo e ci sedemmo sul balcone della casa a guardare il cielo stellato e attendere le allucinazioni e visioni mistiche a noi promessi dalle leggende urbane e dagli scrittori morti male dell’ottocento. Ovviamente non successe niente tranne una consueta ubriacatura, ma io ad un certo punto iniziai a fissare dei cipressi lontani, alberi eleganti e malinconici, tratti di inchiostro nero che spezzavano il lume delle stelle, mai visti prima nella mia terra e così poetici che mi venne da piangere. I miei compagni di classe mi presero in giro e non mi credettero quando dissi di aver visto lo spirito di Petrarca.
Canzoniere. Io da musicista conoscevo già la parola “canzone”, ma “canzoniere” mi suonava magico, come un sospiro. Troppo romantico. Dovevo finalmente conoscerti. Entrai in una libreria - e maestro, tieni presente che tutto questo accadde prima che io avessi la minima competenza letteraria in italiano. Ero nella classe dei principianti analfabeti, con un’insegnante distratta e antipatica, e dopo un paio di settimane avevo già imparato tutto il materiale che ci aspettava per l’esame e iniziai a saltare le lezioni per pura noia.
Quel giorno - quel nostro giorno - presi in mano la mia nuova Canzoniere e salii in cima della città, ove regna la cattedrale come una fortezza etrusca costruita sopra la vetta della collina. Il sole quel giorno, quel nostro giorno, era di uno splendore travolgente. Accanto al cattedrale c’è un parco, con il tuo monumento - un po’ pomposo, trionfale, romano, augustiniano, precisamente come piacerebbe a te, ridicolo che sei. Di lauro incoronato.
Mi misi là, sdraiata sul prato, ascoltando in cuffie le sonate di Liszt basate sui sonetti tuoi, e iniziai a sfogliare ciecamente la tua opera. Dietro le parole che faticavo a decifrare percepii una bellezza struggente che mi tenne l’attenzione alla pagina. Poi lo splendore del sole diventò troppo, diventò un fastidio troppo caldo, e andai a cercare riparo ombroso da qualche parte.
Fu tutta una scusa per l’ultimo pelegrinaggio. La tua casa sta ancora là, la casa in cui la beata Eletta ti ha dato alla luce. Quel nostro giorno, la porta del cortile era aperta. Sotto un albero (forse un ampio faggio, se vogliamo citare il nostro Tityrus, ma lui quel giorno mi aspettava ancora, lontano nel mio futuro) aprì di nuovo il libro. Il nome di Laura - o meglio Laureta - mi catturò l’occhio.
Quando io movo i sospiri a chiamar voi,
e 'l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s'incomincia udir di fore
il suon de' primi dolci accenti suoi.
Restai là per forse 2 ore, soffermandomi su ogni parola, strappando i neuroni dal cervello per decifrare il tutto, lentamente, sperdutamente, senza la minima idea di cosa stavo facendo - ma alla fine, lo capì. Per questo lo chiamo quel giorno il nostro: perchè là a casa tua diventasti il mio primo vero maestro d’italiano, e mi hai insegnato una canzone. Rubai per te un fiore dal giardino e scappai via - un regalo per te, che conserverò tra le pagine della tua Canzoniere per sempre.
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deathshallbenomore · 1 year ago
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un antico rito apotropaico in mondovisione
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pensieri-di-dea · 2 months ago
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Se qualcuno mi domandasse che cosa serve
per stare bene risponderei nascondersi.
Si, ogni tanto nella giornata,
anche per pochi secondi, occorre occultarsi,
sparire dalla vista degli altri.
Nel ripostiglio, in bagno,
dove volete... E la sera,
prima di dormire, immaginare un rifugio.
È il rito più antico che esista.
Salva le energie primordiali del cervello.
Così avviene la rinascita...
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Dal web
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solovedreidue · 1 year ago
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La monta
C'è tutta una ritualità propiziatoria dietro l'atto della monta, dietro quell'inseminazione che si pone in quella terra di mezzo tra la natura dell'animale e l'esigenza forzata dell'uomo, del padrone, del fattore, del levatore di bestie.
La monta è un atto spontaneo, innato, ben ficcato nelle membra carnose delle bestie.
La monta non ha stagioni, nella sua necessità perpetua, al di fuori dal patinato mondo equino. Tuttalpiù la monta richiede una selezione di vacche fertili non gravide, un'attenta selezione.
Stride la vacchetta, ferma sotto il peso della bestia, in un rito antico, dove ancora la pratica di inseminazione prevede un membro che penetra, una minchia dura bovina.
Rosetta è curiosa e quella scena agita la sua malizia.
Rosetta guarda sempre la monta, cerca i dettagli, cerca l'animale, il cazzo, il dilatarsi della cloaca. Se lo sente addosso quel peso e sa bene cosa aspettare.
Lo sa che deve solo stare a guardare e non voltarsi mentre quello le mette le mani addosso, mentre le solleva il vestito, mentre si accorge della sua indecenza, della sua voglia indotta da quel gesto così sozzo, da quello stridere di vacca e quel grugnire di toro.
Adesso lo sente bene quel peso, adesso la sente la minchia del fattore farsi strada nelle carni e nei pensieri, sente quell'odore di piscio e violenza concupiscente entrarle dentro.
La virtù le era colata dalle gambe così, non molte volte prima, quando aveva capito che l'odore del suo calore era evidente agli uomini, come ai cani.
Finivano sempre al ritmo delle bestie, come animali, lo stesso subire e lo stesso godere. Solo che loro, si baciano.
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abr · 8 months ago
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Domenica scorsa sono stato alla messa in rito ambrosiano antico a Santa Maria della Consolazione, Milano. Arrivato in anticipo immaginavo di trovare una chiesa semideserta e invece, pur non piccola, era strapiena. Nessuna possibilità di sedersi se non per terra. Una messa incredibilmente giovane, tanti ragazzi, tantissime ragazze (sedute per l’appunto anche per terra), parecchie donne velate. Devozione vibrante. Preghiere in latino, canti in latino, in italiano solo la breve omelia. Frequenti inginocchiamenti, sforzo minimo per chi dispone di inginocchiatoio, medio per chi disponendo di sedia deve inginocchiarsi sul pavimento ma può appoggiarsi allo schienale davanti, notevole per chi come me pone le rotule sulla pietra senza attenuante alcuna. Organo a canne. Comunione alla balaustra (sulla lingua). Chi frequenta una messa così (la consiglio per domani) mai frequenterebbe quel pezzo di modernariato anni 60-70 che è la messa cattoprotestante, stile Cei, con le chitarre e i bonghi. Mai.
grande Camillo Langone, via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2024/06/08/news/mai-la-messa-con-le-chitarre-e-coi-bonghi-6622338/
La Messa sia Messa, non una mezza sagra buonista pol.corr.
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ceina · 7 months ago
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Il mio omaggio a #Outlander
Ho finito Outlander, non ne avrò più di nuovo fino a Novembre, oltretutto è finito su un cliffhanger devastante, e io in questo momento, in preda a una vera e propria sensazione di astinenza come mi era successa soltanto con qualche libro da giovane, vorrei potermi smemorizzare come un hard disk.
Invidio chiunque di voi là fuori, anime affini, che non l’abbia ancora visto.
Probabilmente non è pane per i denti di tutti - ad esempio per me la scintilla non è mai scattata con Game of Thrones, e nemmeno con quel freddissimo capolavoro di Boardwalk Empire, per citare alcune serie che scaldano il cuore dei più ma non il mio- ma se amerete Outlander come l’ho amato io in questo mese, in cui mi ha tenuta calda la sera prima di dormire, come avevano potuto fare soltanto i libri della mia infanzia, state per godervi una delle storie più appassionanti degli anni duemila.
Claire (pure il nome!), infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale sui fronti orientali e africani e nelle retrovie del D-Day, nel 1945, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore.
Irrequieta e vivacissima, intelligente e piena di bontà, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, anche lui militare britannico dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono, per cercare di salvare il proprio matrimonio, di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, in una vacanza nei pressi del borgo medievale di Inverness, sulle montagne del nord del paese, per tornare a riconoscersi.
Qui Claire, durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle, dove la notte precedente lei e suo marito, storico militare, avevano assistito a una danza di un gruppo di persone del luogo che avevano salutato l’alba con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”: la storia non lo spiega ma qualche rara persona, forse per un retaggio magico e soprannaturale, per qualche lascito genetico extraterrestre o fatto della stessa essenza della Scozia immortale, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh na Dun, nel cerchio di pietre, Claire, ipnotizzata dal loro canto, che solo lei può sentire, si appoggia ad una di esse e improvvisamente viene catapultata indietro di 200 anni, nel bel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover (gli odierni Windsor).
Da questo inizio sorprendente parte un’avventura alla “Angelica” che attraversa quarant’anni di storia europea e americana, vista attraverso gli occhi puri di Claire, eroina indomita e indimenticabile, pronta ad attraversare tempo e spazio per restare fedele al suo cuore e a quella che è, sempre in dubbio se poter cambiare la storia che lei conosce, o lasciare che le cose (e il dolore che ne deriva) facciano il loro corso ineluttabile.
Outlander è una storia indefinibile, non bene inquadrabile e molto originale, nessuno aveva mai pensato di ambientare un’opera sostanzialmente di fantascienza classica (c’è tutto Herbert G.Wells) nell’ambito delle guerre continentali tra settecento e primi dell’Ottocento, rappresentate come in un romanzo storico più che in un romance di costume e in costume.
L’originalità è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” con la protagonista che si laurea in medicina, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia e vive sostanzialmente una vita dissociata (lei è *sempre* straniera, “outlander”, “sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi) nella Boston della Golden age del secondo dopoguerra, poi torna dal suo grande amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie nel settecento, ma vent’anni dopo, ed entrambi hanno già qualche filo grigio tra i capelli.
Si tratta di una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, ma di una qualità stellare.
Con momenti anche di stanca (avrei evitato sia la storia del pirata nella quinta stagione sia quella dello stupro di gruppo, c’è qualche scena d’amore sessuale di troppo per i miei gusti, io sono per il vedo non vedo), ma anche momenti di poesia purissima - l’episodio dello schiavo nella piantagione americana salvato da Claire soltanto per poi doverlo poi consegnare, il vecchio crudele abbandonato nella cabina dalla sua moglie bambina; le prime stagioni (meravigliose) che vedono “in diretta” la fine di un mondo ancora quasi medievale come quello delle highlands, in cui si usavano ancora le spade seicentesche di Toledo, per forza di quelli (gli inglesi) che erano a tutti gli effetti degli oppressori, le scene di battaglia nel nuovo mondo e tutto il filone sulla rivoluzione americana, le scene caraibiche degne di Stevenson e i suoi tesori nascosti, le traversate degne di Patrick O’Brian se non di Conrad, il mistero delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”, il personaggio struggente di Lord John, capo militare inglese, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita sapendo di non poterlo mai avere, la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento (Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega)… come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, come dice Jodorowsky. E in questo Ronald Moore (Battlestar Galactica) e Toni Graphia (Dr.Quinn, Medicine Woman) sono maestri.
Elegantissimo pastiche (polpettone? Polpettone sia), Outlander per me resta una delle cose più belle di sempre, degna dei miei libri di bambina, e del ricordo della mia mamma che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, ne è valsa davvero la pena.
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curiositasmundi · 1 year ago
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Un personaggio sempre sullo sfondo di vicende misteriose, che appare e scompare, di quelli che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma il cui nome affiora più volte negli atti giudiziari degli ultimi trent’anni. A volte perché accostato alla mafia siciliana, più di recente alla ‘ndrangheta. L’uomo di cui parliamo ha quasi ottant’anni, è nato in Libia ma vive a Catania.
Si chiama Francesco Rapisarda e nel corso della vita ha stretto relazioni pericolose che – seppure non abbiano mai portato a imputazioni per associazione mafiosa – hanno contribuito ad alimentare sul suo conto ombre e misteri. Alcuni dei quali intrecciati con la massoneria. Ora che è al centro di inchieste dell’antimafia, il modo migliore per conoscerlo è risalire la linea del tempo.
Per ultimo il suo nome è comparso nell’inchiesta della procura di Catanzaro che, a inizio luglio, ha riacceso i riflettori sul villaggio Sayonara di Nicotera (Vibo Valentia), passato alla storia per avere ospitato, nell’estate ’92, uno dei summit in cui le ‘ndrine decisero di aderire alla strategia stragista inaugurata da Cosa nostra con le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che, l’anno dopo, avrebbe portato le bombe a Firenze, Roma e Milano.
Per i magistrati, tre decenni dopo quella riunione, il Sayonara era ancora in mano alla ‘ndrangheta. E a dimostrarlo sarebbe proprio la presenza al suo interno di Rapisarda. Sayonara simbolo di un’alleanza duratura tra le organizzazioni mafiose divise dallo Stretto di Messina.
[...]
Per gli inquirenti, Rapisarda sarebbe arrivato al Sayonara forte di alcune referenze mafiose. In particolar modo da parte della famiglia Santapaola-Ercolano, che a Catania rappresenta Cosa nostra.
A sostegno di questa ipotesi, citano i fatti che nel 2016, l’anno prima di prendere la conduzione del lido, avevano portato Rapisarda e il fratello ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta Brotherood. Al centro dell’indagine erano finiti i punti di contatto tra esponenti della famiglia Ercolano e alcuni appartenenti a una loggia massonica di cui proprio Francesco Rapisarda era il sovrano.
Grazie a tali convergenze l’uomo, che è anche rappresentante di un’associazione che rimanda all’organo di governo del Rito Scozzese Antico ed Accettato, sarebbe riuscito a turbare un’asta giudiziaria e rientrare in possesso di un complesso industriale. Vicende per le quali Rapisarda è stato condannato a due anni e otto mesi in appello, dopo essere stato assolto in primo grado.
Per spiegare perché la vicinanza agli Ercolano avrebbe rappresentato un buon biglietto da visita agli occhi di Mancuso, i magistrati ricordano invece l’amicizia che lega il boss di Limbadi ad Aldo Ercolano, nipote del capomafia Nitto Santapaola e condannato all’ergastolo per diversi omicidi, tra cui quello del giornalista Giuseppe Fava.
[...]
l capitolo più misterioso della biografia di Francesco Rapisarda risale, però, a tempi più remoti. Si tratta di una vicenda in cui, in prima battuta, venne tirato in ballo insieme al fratello Carmelo, per poi uscire di scena: il duplice delitto della Megara.
È il 30 ottobre 1990 quando, nella zona industriale di Catania, l’auto su cui viaggiavano Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio – amministratore e dirigente della più grande acciaieria di Sicilia – viene crivellata di colpi da un commando che, per gli investigatori dell’epoca, agì con «tecniche quasi militari».
Ad oggi non esistono colpevoli e l’indagine per tre volte è finita sul binario morto della richiesta di archiviazione. L’ultima attende il responso del gip, chiamato a valutare l’opposizione dei parenti delle vittime, convinti che non tutto il possibile sia stato fatto.
Sullo sfondo di questa storia c’è posto non solo la criminalità organizzata. Il 5 novembre 1990 una telefonata all’Ansa di Torino annunciò l’esecuzione di Rovetta e Vecchio per conto della Falange Armata, la sigla che ha accompagnato parte dei misteri italiani dagli anni Novanta in poi – dai delitti della Uno Bianca alle stragi – e che sarebbe sorta all’interno della settima divisione del Sismi, il servizio segreto militare. Di fatto, il duplice omicidio della Megara fu la seconda rivendicazione nella storia della Falange.
A mancare finora è stato anche il movente. L’acciaieria da tempo era nella morsa del racket e, con all’orizzonte una ristrutturazione miliardaria, Cosa nostra avrebbe avuto tutto l’interesse a evitare il clamore di un delitto eccellente.
È tra questi punti interrogativi che, a metà anni Novanta, compaiono sulla scena i fratelli Rapisarda: entrambi attivi nell’indotto della Megara, a citarli è il collaboratore di giustizia Giuseppe Ferone. Secondo il quale, Vecchio sarebbe stato ritenuto colpevole della riduzione di commesse a favore di una delle loro ditte e per questo destinatario di un’estorsione da parte degli emissari di un clan locale, a loro volta vicini ai Rapisarda.
[...]
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tizianacerralovetrainer · 7 months ago
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La notte di San Giovanni è una notte davvero davvero speciale in molte parti del mondo. Questa notte magica tra il 23 e il 24 giugno è ricca di rituali e tradizioni ancestrali.Un rito davvero molto antico, tra sacro e profano, è quello della barca di San Giovanni il cui risultato porta a prevedere come sarà l’anno a venire.
Secondo l’antica tradizione contadina, per vedere la barca di San Giovanni occorrono pochissimi ingredienti, ossia un contenitore di vetro o di plastica, acqua e un albume d’uovo.
Nella notte magica di San Giovanni verranno innalzate le vele del benessere e della realizzazione.Tu dovrai:
* Versare nel contenitore dell’acqua
* Aggiungere l’albume di un uovo
* Portare il contenitore sul balcone, in giardino o in terrazzo e lasciarlo lì una notte intera.
* Internazionalizza con un desiderio del cuore ogni evento e attendi il mattino.La mattina seguente, si può ammirare la barca di San Giovanni e a seconda della posizione delle vele,è possibile prevedere come andrà l’anno. ❤️tizianacerra.com
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esplorandolacitta · 2 years ago
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La Settimana santa a Molfetta
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Pasqua - Settimana Santa a Molfetta
La Settimana Santa a Molfetta è caratterizzata da tre processioni che si svolgono durante la settimana che precede la Pasqua dove si avverte nelle persone che partecipano, un sottile strato di emozione, malinconia e tristezza.
La processione più antica è quella del Venerdì Santo dei Misteri dell’Arciconfraternita di Santo Stefano, durante la quale sono portate in spalla cinque statue rappresentanti i Misteri dolorosi.
Queste statue, realizzate nella seconda metà del XVI secolo da autore ignoto, si muovono lente per le strade del centro sulle note delle marce funebri.
Anche la processione della Beata Vergine Addolorata, che si svolge il venerdì che precede la domenica delle Palme, è molto suggestiva e il rito ha inizio nel pomeriggio alle 17,00 sul sagrato della chiesa del Purgatorio, dove è posto un baldacchino nero sollevato e sulla soglia della chiesa appare la statua dell'Addolorata.
Questa processione, accompagnata dalla banda cittadina che intona "La Sventurata" .
Le statue portate in spalla dai confratelli dell’Arciconfraternita della Morte, sono San Pietro, la Veronica, Maria di Cleofe, Maria di Salomè, Maria Maddalena, San Giovanni e infine la bellissima “Pietà”.
Le pregiatissime statue sono in cartapesta, opere realizzate dallo scultore molfettese Giulio Cozzoli.
la Settimana Santa a Molfetta è un'esperienza intensa e coinvolgente per tutti i partecipanti.
**NON TUTTI SANNO CHE …**
Durante la processione dei cinque misteri a Molfetta, si narra che un tempo, le donne si sporgevano dai balconi per toccare la croce di Gesù al Calvario e per strappare un rametto d'ulivo dall’albero di Gesù nell'Orto.
Questo antico rito era considerato propiziatorio per la salute e la prosperità delle famiglie, purtroppo è andato perduto nel tempo.
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nardonews24 · 1 month ago
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LUCE, MUSICA E MAGIA: IL PRESEPE VIVENTE DI NARDÒ
Come ogni anno, il presepe porta con sé luci e celebrazioni. Un rito religioso atteso da tutti. Nel borgo antico della città di Nardò il suono melodioso delle zampogne, in una festa di luci, suoni e colori sta per accogliere la nascita del piccolo Bambino. Mercoledì 18 dicembre alle ore 17.00 la scuola dell’infanzia “C. Collodi” del POLO 1 di NARDO’ presenterà “Insieme per il Natale”, il primo…
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incamminoblog · 2 months ago
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don lucio d'abbraccio "Avvento: tempo di vigilanza e preghiera!"
I Domenica di Avvento (Anno C)  (01/12/2024) Liturgia: Ger 33, 14-16; Sal 24; 1Ts 3, 12-4, 2; Lc 21, 25-28.34-36 Oggi la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico: l’Avvento. Questo itinerario è formato, nel Rito Romano, dalle quattro settimane che precedono il Natale del Signore, cioè il mistero dell’Incarnazione. La parola «avvento» significa «venuta» o «presenza». Nel mondo antico indicava la…
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roma-sera-giornale · 3 months ago
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Massoneria Leo Taroni é il nuovo G.M. del Grande Oriente d'Italia
De Ficchy Giovanni  Leo Taroni, l’imprenditore grado 33 e Sovrano Gran Commendatore del rito scozzese antico e accettato. E’ il nuovo Gran Maestro del Goi , la decisione è del Tribunale di Roma. Alla luce della recente sentenza del Tribunale di Roma, Leo Taroni è stato riconosciuto come il nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia (GOI). La pronuncia giuridica arriva in un momento di…
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littl3pin3 · 4 months ago
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Ma tutti a ottobre escono?!! Il secondo di Oliver Pötzsch. Promette molto bene e sono contenta di ritrovare questa insolita coppia! Data di uscita: 29 ottobre.
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--- Sinossi. Vienna, 1894. Augustin Rothmayer, il singolare becchino del cimitero centrale, uomo colto che sa tutto sulla morte, riceve un’insolita richiesta dall’ispettore Leopold von Herzfeldt, con cui ha già collaborato in precedenza: deve raccontargli tutto sulla conservazione dei defunti. La richiesta nasce dal nuovo caso che Leopold è stato incaricato di risolvere: nel Kunsthistorisches Museum è stato rinvenuto un sarcofago contenente un cadavere. Ma non si tratta di una mummia vecchia di secoli. Il morto è un famoso professore di egittologia il cui corpo è stato preparato solo di recente secondo un antico rito. Si ipotizza subito che il professore sia rimasto vittima di una maledizione. Ma né Rothmayer né von Herzfeldt credono a una spiegazione soprannaturale. Il professore è stato ucciso, ne sono certi. Nel frattempo Vienna è scossa da una brutale serie di omicidi. I corpi orribilmente martoriati di alcuni giovani vengono ritrovati in varie zone della città. E, come se non bastasse, la morte di un guardiano dello zoo del Prater solleva numerosi interrogativi. Per la modalità degli omicidi, l’investigatore e il becchino nutrono forti sospetti che a commetterli sia stata un’unica mano, che ora minaccia anche loro. «Osservò le fotografie a una a una, pensierosa. Il caos nel capannone, poi i primi piani. Le terribili ferite, il sangue che nelle immagini appariva nero, il volto truccato del ragazzino, gli occhi sbarrati dal terrore… C’era qualcosa che la turbava, qualcosa di diverso da come sarebbe dovuto essere. Ma che cosa?»
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copperw · 4 months ago
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Per due volte, quando ho avuto la fortuna di averla sotto gli occhi mentre camminavo dietro di lei, ha tirato fuori dalla borsa a tracolla una spazzola con cui si è pettinata, un comportamento strano che non avevo mai visto. Non ho avuto nemmeno modo di guardarla davvero in viso, ma forse è stato meglio, perché così sopravvivrà più facilmente l’illusione che fosse una ragazza diversa, così diversa dal genere di persone che partoriscono queste strade. Magari appassionata di arte, magari romantica, magari avida ascoltatrice di vinili di cinquant’anni fa, magari passatele da qualche parente, magari custoditi sul fondo di un armadio. Forse nemmeno parlava questa lingua, e forse la cosa non mi sarebbe dispiaciuto, perché sarebbe stata ancora più speciale. In fondo una ragazza del genere è quello che credo di aver sempre voluto, almeno da quando avevo vent’anni, e credevo che la vita dovesse aprirmi davanti tutte le porte, come se dovesse iniziare il mio personale romanzo di formazione. Ma niente o quasi si è rivelato come un romanzo francese, e quasi nessuno si è avvicinato a quell’ideale di ragazza, che comunque non ho mai smesso di amare, anche se solo in astratto. Ora la vado cercando fra i visi delle turiste in centro il sabato mattina, anche se sono molto più vecchio del ragazzino che ero. In quelle fantasie, ormai scadute ma non per questo meno dolci, a un certo punto io e quella ragazza ci trovavamo, soli, sul suo letto, anche se non era indicato chi fosse a dover cominciare. Ed era tutto diverso da come avrei potuto temere. Non poi così spaventoso. Non poi così difficile. E niente sarebbe stato lo stesso, o così mi piaceva pensare. Che sarei passato a un livello di vita diverso, avrei acquistato una consapevolezza diversa, dopo quel rito di passaggio antico quanto il mondo. Ero molto stupido, ma quella stupidità mi piaceva. Sono cresciuto, da allora, si implica che io sia anche cambiato, ma non è mai cambiata dentro di me quella fantasia, di stringere una ragazza in un maglione troppo grande, quando l’autunno fa cadere le prime foglie. E sentirle nell’incavo del collo un profumo tutto diverso, la promessa di giardini incantati, libri illustrati che aspettano su uno scaffale di rivelare segreti.
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sardies · 6 months ago
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A Villanova Monteleone tre giorni di festa per “Chenamos in carrela”
Villanova Monteleone. Tre giornate di festa per suggellare il valore dell’ospitalità rievocando un antico rito sociale da condividere con chiunque abbia piacere di scoprire le tradizioni, il buon cibo e le tipicità. Il 7, 8 e 9 agosto la comunità di Villanova Monteleone apre le sue porte ai visitatori per l’evento clou della 16ª edizione di “Chenamos in carrela”, che troverà il suo apice in una…
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