#rito antico
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La guardava dall'alto
Era un esperto di psicologia applicata, un abile scrutatore degli abissi della mente. In poche parole, un navigato manipolatore. Lei però lo aveva stregato: perché ogni donna è manipolatrice per definizione, soprattutto per ciò che concerne le storie d'amore e di sesso; mentre in merito noi uomini, nella media siamo tutti scolaretti inesperti. E lui c'era cascato, come un pollo. Ma ora voleva troncare: "sai, mia moglie… i figli… la differenza d'età… tu meriti molto di più: un uomo che sappia farti felice… il mio prestigio… la tua posizione... cosa potrebbero dire di te se si sapesse in giro…"
Lei gli sorrise, lo guardò fisso e delicatamente schiuse le bellissime gambe, rivelando al suo sguardo ciò che un uomo generalmente può solo sognare, morendo di passione se non riesce ad averla. Lui balbettò, si inginocchiò e riprese un rito antico: la baciò tra le gambe a lungo e fu ristabilita la corretta catena di comando. Che vede una donna stupenda comandare la mente di chiunque, anche di uno strizzacervelli. Soprattutto di uno strizzacervelli. E poi di qualsiasi uomo pensi di poter essere immune alle grazie femminili. Davanti all'origine della vita e del piacere dato dalla femmina, nessun uomo resiste.
RDA
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un antico rito apotropaico in mondovisione
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Se qualcuno mi domandasse che cosa serve
per stare bene risponderei nascondersi.
Si, ogni tanto nella giornata,
anche per pochi secondi, occorre occultarsi,
sparire dalla vista degli altri.
Nel ripostiglio, in bagno,
dove volete... E la sera,
prima di dormire, immaginare un rifugio.
È il rito più antico che esista.
Salva le energie primordiali del cervello.
Così avviene la rinascita...
Dal web
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La monta
C'è tutta una ritualità propiziatoria dietro l'atto della monta, dietro quell'inseminazione che si pone in quella terra di mezzo tra la natura dell'animale e l'esigenza forzata dell'uomo, del padrone, del fattore, del levatore di bestie.
La monta è un atto spontaneo, innato, ben ficcato nelle membra carnose delle bestie.
La monta non ha stagioni, nella sua necessità perpetua, al di fuori dal patinato mondo equino. Tuttalpiù la monta richiede una selezione di vacche fertili non gravide, un'attenta selezione.
Stride la vacchetta, ferma sotto il peso della bestia, in un rito antico, dove ancora la pratica di inseminazione prevede un membro che penetra, una minchia dura bovina.
Rosetta è curiosa e quella scena agita la sua malizia.
Rosetta guarda sempre la monta, cerca i dettagli, cerca l'animale, il cazzo, il dilatarsi della cloaca. Se lo sente addosso quel peso e sa bene cosa aspettare.
Lo sa che deve solo stare a guardare e non voltarsi mentre quello le mette le mani addosso, mentre le solleva il vestito, mentre si accorge della sua indecenza, della sua voglia indotta da quel gesto così sozzo, da quello stridere di vacca e quel grugnire di toro.
Adesso lo sente bene quel peso, adesso la sente la minchia del fattore farsi strada nelle carni e nei pensieri, sente quell'odore di piscio e violenza concupiscente entrarle dentro.
La virtù le era colata dalle gambe così, non molte volte prima, quando aveva capito che l'odore del suo calore era evidente agli uomini, come ai cani.
Finivano sempre al ritmo delle bestie, come animali, lo stesso subire e lo stesso godere. Solo che loro, si baciano.
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Domenica scorsa sono stato alla messa in rito ambrosiano antico a Santa Maria della Consolazione, Milano. Arrivato in anticipo immaginavo di trovare una chiesa semideserta e invece, pur non piccola, era strapiena. Nessuna possibilità di sedersi se non per terra. Una messa incredibilmente giovane, tanti ragazzi, tantissime ragazze (sedute per l’appunto anche per terra), parecchie donne velate. Devozione vibrante. Preghiere in latino, canti in latino, in italiano solo la breve omelia. Frequenti inginocchiamenti, sforzo minimo per chi dispone di inginocchiatoio, medio per chi disponendo di sedia deve inginocchiarsi sul pavimento ma può appoggiarsi allo schienale davanti, notevole per chi come me pone le rotule sulla pietra senza attenuante alcuna. Organo a canne. Comunione alla balaustra (sulla lingua). Chi frequenta una messa così (la consiglio per domani) mai frequenterebbe quel pezzo di modernariato anni 60-70 che è la messa cattoprotestante, stile Cei, con le chitarre e i bonghi. Mai.
grande Camillo Langone, via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2024/06/08/news/mai-la-messa-con-le-chitarre-e-coi-bonghi-6622338/
La Messa sia Messa, non una mezza sagra buonista pol.corr.
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Il mio omaggio a #Outlander
Ho finito Outlander, non ne avrò più di nuovo fino a Novembre, oltretutto è finito su un cliffhanger devastante, e io in questo momento, in preda a una vera e propria sensazione di astinenza come mi era successa soltanto con qualche libro da giovane, vorrei potermi smemorizzare come un hard disk.
Invidio chiunque di voi là fuori, anime affini, che non l’abbia ancora visto.
Probabilmente non è pane per i denti di tutti - ad esempio per me la scintilla non è mai scattata con Game of Thrones, e nemmeno con quel freddissimo capolavoro di Boardwalk Empire, per citare alcune serie che scaldano il cuore dei più ma non il mio- ma se amerete Outlander come l’ho amato io in questo mese, in cui mi ha tenuta calda la sera prima di dormire, come avevano potuto fare soltanto i libri della mia infanzia, state per godervi una delle storie più appassionanti degli anni duemila.
Claire (pure il nome!), infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale sui fronti orientali e africani e nelle retrovie del D-Day, nel 1945, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore.
Irrequieta e vivacissima, intelligente e piena di bontà, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, anche lui militare britannico dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono, per cercare di salvare il proprio matrimonio, di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, in una vacanza nei pressi del borgo medievale di Inverness, sulle montagne del nord del paese, per tornare a riconoscersi.
Qui Claire, durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle, dove la notte precedente lei e suo marito, storico militare, avevano assistito a una danza di un gruppo di persone del luogo che avevano salutato l’alba con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”: la storia non lo spiega ma qualche rara persona, forse per un retaggio magico e soprannaturale, per qualche lascito genetico extraterrestre o fatto della stessa essenza della Scozia immortale, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh na Dun, nel cerchio di pietre, Claire, ipnotizzata dal loro canto, che solo lei può sentire, si appoggia ad una di esse e improvvisamente viene catapultata indietro di 200 anni, nel bel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover (gli odierni Windsor).
Da questo inizio sorprendente parte un’avventura alla “Angelica” che attraversa quarant’anni di storia europea e americana, vista attraverso gli occhi puri di Claire, eroina indomita e indimenticabile, pronta ad attraversare tempo e spazio per restare fedele al suo cuore e a quella che è, sempre in dubbio se poter cambiare la storia che lei conosce, o lasciare che le cose (e il dolore che ne deriva) facciano il loro corso ineluttabile.
Outlander è una storia indefinibile, non bene inquadrabile e molto originale, nessuno aveva mai pensato di ambientare un’opera sostanzialmente di fantascienza classica (c’è tutto Herbert G.Wells) nell’ambito delle guerre continentali tra settecento e primi dell’Ottocento, rappresentate come in un romanzo storico più che in un romance di costume e in costume.
L’originalità è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” con la protagonista che si laurea in medicina, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia e vive sostanzialmente una vita dissociata (lei è *sempre* straniera, “outlander”, “sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi) nella Boston della Golden age del secondo dopoguerra, poi torna dal suo grande amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie nel settecento, ma vent’anni dopo, ed entrambi hanno già qualche filo grigio tra i capelli.
Si tratta di una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, ma di una qualità stellare.
Con momenti anche di stanca (avrei evitato sia la storia del pirata nella quinta stagione sia quella dello stupro di gruppo, c’è qualche scena d’amore sessuale di troppo per i miei gusti, io sono per il vedo non vedo), ma anche momenti di poesia purissima - l’episodio dello schiavo nella piantagione americana salvato da Claire soltanto per poi doverlo poi consegnare, il vecchio crudele abbandonato nella cabina dalla sua moglie bambina; le prime stagioni (meravigliose) che vedono “in diretta” la fine di un mondo ancora quasi medievale come quello delle highlands, in cui si usavano ancora le spade seicentesche di Toledo, per forza di quelli (gli inglesi) che erano a tutti gli effetti degli oppressori, le scene di battaglia nel nuovo mondo e tutto il filone sulla rivoluzione americana, le scene caraibiche degne di Stevenson e i suoi tesori nascosti, le traversate degne di Patrick O’Brian se non di Conrad, il mistero delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”, il personaggio struggente di Lord John, capo militare inglese, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita sapendo di non poterlo mai avere, la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento (Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega)… come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, come dice Jodorowsky. E in questo Ronald Moore (Battlestar Galactica) e Toni Graphia (Dr.Quinn, Medicine Woman) sono maestri.
Elegantissimo pastiche (polpettone? Polpettone sia), Outlander per me resta una delle cose più belle di sempre, degna dei miei libri di bambina, e del ricordo della mia mamma che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, ne è valsa davvero la pena.
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Un personaggio sempre sullo sfondo di vicende misteriose, che appare e scompare, di quelli che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma il cui nome affiora più volte negli atti giudiziari degli ultimi trent’anni. A volte perché accostato alla mafia siciliana, più di recente alla ‘ndrangheta. L’uomo di cui parliamo ha quasi ottant’anni, è nato in Libia ma vive a Catania.
Si chiama Francesco Rapisarda e nel corso della vita ha stretto relazioni pericolose che – seppure non abbiano mai portato a imputazioni per associazione mafiosa – hanno contribuito ad alimentare sul suo conto ombre e misteri. Alcuni dei quali intrecciati con la massoneria. Ora che è al centro di inchieste dell’antimafia, il modo migliore per conoscerlo è risalire la linea del tempo.
Per ultimo il suo nome è comparso nell’inchiesta della procura di Catanzaro che, a inizio luglio, ha riacceso i riflettori sul villaggio Sayonara di Nicotera (Vibo Valentia), passato alla storia per avere ospitato, nell’estate ’92, uno dei summit in cui le ‘ndrine decisero di aderire alla strategia stragista inaugurata da Cosa nostra con le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che, l’anno dopo, avrebbe portato le bombe a Firenze, Roma e Milano.
Per i magistrati, tre decenni dopo quella riunione, il Sayonara era ancora in mano alla ‘ndrangheta. E a dimostrarlo sarebbe proprio la presenza al suo interno di Rapisarda. Sayonara simbolo di un’alleanza duratura tra le organizzazioni mafiose divise dallo Stretto di Messina.
[...]
Per gli inquirenti, Rapisarda sarebbe arrivato al Sayonara forte di alcune referenze mafiose. In particolar modo da parte della famiglia Santapaola-Ercolano, che a Catania rappresenta Cosa nostra.
A sostegno di questa ipotesi, citano i fatti che nel 2016, l’anno prima di prendere la conduzione del lido, avevano portato Rapisarda e il fratello ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta Brotherood. Al centro dell’indagine erano finiti i punti di contatto tra esponenti della famiglia Ercolano e alcuni appartenenti a una loggia massonica di cui proprio Francesco Rapisarda era il sovrano.
Grazie a tali convergenze l’uomo, che è anche rappresentante di un’associazione che rimanda all’organo di governo del Rito Scozzese Antico ed Accettato, sarebbe riuscito a turbare un’asta giudiziaria e rientrare in possesso di un complesso industriale. Vicende per le quali Rapisarda è stato condannato a due anni e otto mesi in appello, dopo essere stato assolto in primo grado.
Per spiegare perché la vicinanza agli Ercolano avrebbe rappresentato un buon biglietto da visita agli occhi di Mancuso, i magistrati ricordano invece l’amicizia che lega il boss di Limbadi ad Aldo Ercolano, nipote del capomafia Nitto Santapaola e condannato all’ergastolo per diversi omicidi, tra cui quello del giornalista Giuseppe Fava.
[...]
l capitolo più misterioso della biografia di Francesco Rapisarda risale, però, a tempi più remoti. Si tratta di una vicenda in cui, in prima battuta, venne tirato in ballo insieme al fratello Carmelo, per poi uscire di scena: il duplice delitto della Megara.
È il 30 ottobre 1990 quando, nella zona industriale di Catania, l’auto su cui viaggiavano Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio – amministratore e dirigente della più grande acciaieria di Sicilia – viene crivellata di colpi da un commando che, per gli investigatori dell’epoca, agì con «tecniche quasi militari».
Ad oggi non esistono colpevoli e l’indagine per tre volte è finita sul binario morto della richiesta di archiviazione. L’ultima attende il responso del gip, chiamato a valutare l’opposizione dei parenti delle vittime, convinti che non tutto il possibile sia stato fatto.
Sullo sfondo di questa storia c’è posto non solo la criminalità organizzata. Il 5 novembre 1990 una telefonata all’Ansa di Torino annunciò l’esecuzione di Rovetta e Vecchio per conto della Falange Armata, la sigla che ha accompagnato parte dei misteri italiani dagli anni Novanta in poi – dai delitti della Uno Bianca alle stragi – e che sarebbe sorta all’interno della settima divisione del Sismi, il servizio segreto militare. Di fatto, il duplice omicidio della Megara fu la seconda rivendicazione nella storia della Falange.
A mancare finora è stato anche il movente. L’acciaieria da tempo era nella morsa del racket e, con all’orizzonte una ristrutturazione miliardaria, Cosa nostra avrebbe avuto tutto l’interesse a evitare il clamore di un delitto eccellente.
È tra questi punti interrogativi che, a metà anni Novanta, compaiono sulla scena i fratelli Rapisarda: entrambi attivi nell’indotto della Megara, a citarli è il collaboratore di giustizia Giuseppe Ferone. Secondo il quale, Vecchio sarebbe stato ritenuto colpevole della riduzione di commesse a favore di una delle loro ditte e per questo destinatario di un’estorsione da parte degli emissari di un clan locale, a loro volta vicini ai Rapisarda.
[...]
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La notte di San Giovanni è una notte davvero davvero speciale in molte parti del mondo. Questa notte magica tra il 23 e il 24 giugno è ricca di rituali e tradizioni ancestrali.Un rito davvero molto antico, tra sacro e profano, è quello della barca di San Giovanni il cui risultato porta a prevedere come sarà l’anno a venire.
Secondo l’antica tradizione contadina, per vedere la barca di San Giovanni occorrono pochissimi ingredienti, ossia un contenitore di vetro o di plastica, acqua e un albume d’uovo.
Nella notte magica di San Giovanni verranno innalzate le vele del benessere e della realizzazione.Tu dovrai:
* Versare nel contenitore dell’acqua
* Aggiungere l’albume di un uovo
* Portare il contenitore sul balcone, in giardino o in terrazzo e lasciarlo lì una notte intera.
* Internazionalizza con un desiderio del cuore ogni evento e attendi il mattino.La mattina seguente, si può ammirare la barca di San Giovanni e a seconda della posizione delle vele,è possibile prevedere come andrà l’anno. ❤️tizianacerra.com
Foto web
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FIDATI DEL BUIO ORA
Se sei perso.
Se nulla ha più un senso.
Se tutti i tuoi punti di riferimento
sono crollati.
Se la vecchia vita ora si sta sgretolando.
Se la mente è annebbiata, stanca, occupata.
Se l’organismo è esausto
e desidera riposare.
Festeggia.
Fidati.
È un rito di passaggio,
non un errore.
Stai guarendo
in un modo tutto tuo.
Ora contatta la terra.
Inspira. Espira.
Fa’ spazio per gli ospiti:
La tristezza, il dubbio, la paura, la rabbia.
Un antico senso di vuoto -
Vogliono solo essere sentiti.
Vogliono solo attraversarti.
Sei un recipiente, non un sé separato.
Sei un cielo, non il clima di passaggio.
Una vecchia vita se ne sta andando.
Una nuova vita sta nascendo.
Gli altri potrebbero non comprendere.
Ma fidati comunque.
Festeggia.
Contatta la terra.
J. Foster
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IG alfaromeoitaliaofficial - 13th June 2023
🏎️
Saluti da Brescia! Oggi abbiamo assistito al prestigioso rito della punzonatura in Piazza della Vittoria. Concepita per certificare l’idoneità delle vetture in gara, questa usanza conserva ancora molto del suo antico fascino. La #1000Miglia2023 è ufficialmente partita! #1000Miglia #AlfaRomeo @museoalfaromeo @millemigliaofficial @fcaheritage.official
Greetings from Brescia! Today we attended the prestigious sealing ceremony in Piazza della Vittoria. Held to confirm the eligibility of the cars competing in the race, this ritual still retains a lot of its old charm. The #1000Miglia2023 has officially started! #1000Miglia #AlfaRomeo @museoalfaromeo @millemigliaofficial @fcaheritage.official
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La Settimana santa a Molfetta
Pasqua - Settimana Santa a Molfetta
La Settimana Santa a Molfetta è caratterizzata da tre processioni che si svolgono durante la settimana che precede la Pasqua dove si avverte nelle persone che partecipano, un sottile strato di emozione, malinconia e tristezza.
La processione più antica è quella del Venerdì Santo dei Misteri dell’Arciconfraternita di Santo Stefano, durante la quale sono portate in spalla cinque statue rappresentanti i Misteri dolorosi.
Queste statue, realizzate nella seconda metà del XVI secolo da autore ignoto, si muovono lente per le strade del centro sulle note delle marce funebri.
Anche la processione della Beata Vergine Addolorata, che si svolge il venerdì che precede la domenica delle Palme, è molto suggestiva e il rito ha inizio nel pomeriggio alle 17,00 sul sagrato della chiesa del Purgatorio, dove è posto un baldacchino nero sollevato e sulla soglia della chiesa appare la statua dell'Addolorata.
Questa processione, accompagnata dalla banda cittadina che intona "La Sventurata" .
Le statue portate in spalla dai confratelli dell’Arciconfraternita della Morte, sono San Pietro, la Veronica, Maria di Cleofe, Maria di Salomè, Maria Maddalena, San Giovanni e infine la bellissima “Pietà”.
Le pregiatissime statue sono in cartapesta, opere realizzate dallo scultore molfettese Giulio Cozzoli.
la Settimana Santa a Molfetta è un'esperienza intensa e coinvolgente per tutti i partecipanti.
**NON TUTTI SANNO CHE …**
Durante la processione dei cinque misteri a Molfetta, si narra che un tempo, le donne si sporgevano dai balconi per toccare la croce di Gesù al Calvario e per strappare un rametto d'ulivo dall’albero di Gesù nell'Orto.
Questo antico rito era considerato propiziatorio per la salute e la prosperità delle famiglie, purtroppo è andato perduto nel tempo.
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LUCE, MUSICA E MAGIA: IL PRESEPE VIVENTE DI NARDÒ
Come ogni anno, il presepe porta con sé luci e celebrazioni. Un rito religioso atteso da tutti. Nel borgo antico della città di Nardò il suono melodioso delle zampogne, in una festa di luci, suoni e colori sta per accogliere la nascita del piccolo Bambino. Mercoledì 18 dicembre alle ore 17.00 la scuola dell’infanzia “C. Collodi” del POLO 1 di NARDO’ presenterà “Insieme per il Natale”, il primo…
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Bellissimo articolo di #chiaradegliesposti pubblicato su #larivistaintelligente
Una immagine del serial televisivo
Fantascienza Favola Romanzo d'appendice
Omaggio a Outlander
Di CHIARA DEGLI ESPOSTI - 17 Dicembre 2024 - Storia, televisione
“Quando mi troverò di fronte a Dio, vorrò fargli molte domande, ma non gli chiederò della natura del tempo. L’ho vissuta.”
Così l’incantevole protagonista esprime l’essenza di una delle serie più belle che, se vi acchiapperà, avrete la fortuna di vedere per la prima volta: Outlander.
Outlander si offre allo spettatore come un vero e proprio sontuoso compendio barocco del canone amoroso e avventuroso occidentale, pescando a piene mani dal vostro, nostro immaginario letterario e cinematografico: da Barry Lyndon a Via Col Vento, passando per i più gustosi romanzi di appendice e di avventura della nostra infanzia, riuscendo a stupire e a emozionare come poco altro nell’offerta odierna delle storie tv.
Claire, infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale nelle retrovie del D-Day, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore. Intelligente e di buon cuore, irrequieta e vivacissima, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, una vacanza nei pressi del borgo medievale montano di Inverness, per cercare di salvare il matrimonio e tornare a riconoscersi.
Durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, Claire viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle. La notte precedente lei e suo marito avevano assistito qui a una danza di un gruppo di persone del luogo, che avevano salutato l’alba di Samhain con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”. Qualche rara persona, forse per un retaggio magico, per qualche lascito genetico extraterrestre o costruito della stessa essenza misteriosa della Scozia, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh Na Dun, nel cerchio di pietre, ipnotizzata dal loro canto che solo lei può sentire, Claire si appoggia ad una di esse e precipita nel tempo, in una vera e propria tana del bianconiglio che la scaraventa indietro di 200 anni, nel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover.
Questo inizio sorprendente è il prologo di un’avventura alla “Angelica” che attraverserà cinquant’anni di storia europea e americana nei tempi cruciali dell’illuminismo e delle Rivoluzioni.
Eventi che conosceremo dal punto di vista di Claire, attraverso il suo sguardo puro di eroina indomita e pronta ad attraversare tempo e spazio, per restare fedele al suo cuore e a ciò che è, sempre in dubbio se cambiare la storia che conosce, o lasciare che essa faccia il suo corso ineluttabile con il carico di dolore che ne deriverà.
Outlander è una favola difficile da inquadrare in un genere: parte come un racconto di fantascienza classica alla HG Wells, e finisce a raccontare le guerre continentali tra settecento e primi dell’ottocento, rappresentate come in un romanzo storico alla Walter Scott più che in un romance di costume e in costume – che comunque non mancheranno.
L’originalità di questa storia è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” della protagonista, che si laurea in medicina nella Boston della Golden Age del secondo dopoguerra, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia, ma infine sceglie di tornare nel settecento dal suo amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie, quando entrambi avranno già qualche filo grigio tra i capelli. Claire è *sempre* straniera, “Outlander”, “Sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi. Claire è più vecchia di Jamie, e Jamie amerà la sua “Lesbia” con meraviglia e devozione, diventando grazie a lei un grande uomo leader di uomini.
Outlander è una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, con momenti meno riusciti e altri di una bellezza purissima che vi scalderà il cuore. Vi racconterà di famiglia, di onore, di ambiguità e odio; di fanatismo e di luce, di bontà e crudeltà, di destino e coraggio.
Vi racconterà di guerra e scelte, di come qualsiasi scelta, anche fatta per amore, o per salvare vite, significhi inevitabilmente prendere bivi che lasciano qualcosa o qualcuno indietro.
Vedrete “in diretta” un genocidio, la fine di un mondo e di una cultura ancora quasi medievale come quelli delle highland scozzesi, in cui si usavano ancora le spade secentesche di Toledo, per forza degli inglesi, autentici oppressori. Vedrete nascere l’America dalla Rivoluzione, vedrete scene di mare degne di Stevenson e dei suoi tesori nascosti, o di Patrick O’Brian e di Conrad con le loro tempeste. Conoscerete il mistero “azzurro” del potere di Claire di guarire, i segreti delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”; incontrerete Jack Randall, uno dei più oscuri e spaventosi antagonisti della storia della TV.
Amerete lo struggente Lord John, capo militare dei dragoni, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita pur sapendo di non poterlo mai avere.
Vedrete la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento: Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega.
Non dimenticherete più personaggi che escono dallo schermo come fossero reali, recitati meravigliosamente, e finalmente liberi, nel loro candore ottocentesco, dal cinismo obbligatorio e dalla corrosività noiosa e d’ordinanza così prevedibili e uguali, cui sono condannati i caratteri nelle sceneggiature moderne.
Come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, dice Jodorowsky. Elegantissimo pastiche di bellezza distillata, Outlander è un’avventura degna dei miei libri di bambina, e del ricordo di mia madre che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, per me ne è valsa davvero la pena.
(Ogni sabato su Sky/Now, in corso la seconda parte della settima stagione, in attesa dell’ottava ultima nel 2026).
A Tribute to Outlander
By Chiara Degli Esposti – December 17, 2024
“When I stand before God, I’ll have many questions for Him, but I won’t ask about the nature of time. I’ve lived it.”
With these words, the enchanting protagonist captures the essence of one of the most beautiful series you could ever have the good fortune to watch for the first time: Outlander.
Outlander unfolds as a sumptuous, baroque compendium of Western romantic and adventurous canon, drawing freely from our shared literary and cinematic imagination: from Barry Lyndon to Gone with the Wind, with echoes of the most gripping adventure and serial novels of our childhood. It surprises and moves its audience in ways few other shows manage to achieve in today’s television landscape.
Claire, a British military nurse and war veteran, is accustomed to the horrors of the Second World War, having lived through the aftermath of D-Day. While the world celebrates victory, she feels like a stranger—not only in her homeland but also within her own soul. Intelligent, kind-hearted, restless, and vivacious, she bears the scars of pain and a hidden post-traumatic stress disorder that manifests strongly through her reaction to loud noises. Claire has grown distant from her husband Frank; too much war and too much separation have driven a wedge between them.
In an attempt to rekindle their relationship, they decide to take a “second honeymoon” in Scotland, near the medieval village of Inverness. During a solitary walk to collect flowers, Claire is inexplicably drawn to an ancient stone circle. The night before, she and Frank had witnessed a group of locals perform a ritual dance there to celebrate the dawn of Samhain.
What Claire doesn’t know is that she is a “traveler.” Certain rare individuals—perhaps due to a magical legacy, a genetic gift from another realm, or a deep connection to the mysterious essence of Scotland—can resonate with specific stone circles, which are actually portals to the past. At Craigh Na Dun, Claire, entranced by the sound emanating from the stones—a melody only she can hear—touches one of them and is suddenly thrown back in time. She lands two centuries earlier, right in the middle of the wars between England and Scotland over the Stuart-Hanoverian succession.
This extraordinary beginning sets the stage for an “Angelica”-style adventure that spans fifty years of European and American history during the pivotal eras of the Enlightenment and the Revolutions. Claire, with her pure, unyielding gaze, becomes an indomitable heroine who journeys through time and space, torn between staying true to her heart and grappling with whether to change the history she knows or let it unfold as destined, with all the suffering that entails.
Outlander is a tale that defies classification. It begins as a classic science fiction story in the vein of H.G. Wells but evolves into a historical epic akin to Walter Scott, chronicling continental wars from the 18th to early 19th century. Along the way, it incorporates elements of costume drama and romance, without ever losing its originality.
A unique aspect of the story is the twenty-year gap between Claire’s two journeys “back in time.” In the interim, she earns a medical degree in post-war Boston, becomes a skilled surgeon, and raises her daughter. Yet, she ultimately chooses to return to the 18th century for her love: Jamie, a Highlander who is as fierce and violent as he is tender and devoted. When they reunite, both bear the marks of time, but their passion remains undiminished.
Claire is always an outsider—an “Outlander,” a “Sassenach”—no matter the place or era. She is older than Jamie, yet his love for her only deepens as he reveres her with wonder, transforming himself into a great leader of men through her influence.
Outlander is an elegant reimagining of the classic serial novel. While some moments are less effective than others, the show offers instances of pure beauty that will warm your heart. It speaks of family, honor, ambiguity, and hatred; of fanaticism and light, kindness and cruelty, fate and courage.
It explores the sacrifices inherent in every choice, even those made for love or to save lives—choices that inevitably leave someone or something behind. Through Claire, you’ll witness a genocide: the obliteration of a culture, that of the Highland Scots, swept away by English power. You’ll see the birth of America, experience seafaring adventures reminiscent of Stevenson or Patrick O’Brian, and unravel the mysteries of Claire’s healing powers, the stones, and the “noise” only travelers can hear.
You’ll meet Jack Randall, one of the darkest and most terrifying villains in television history, and you’ll adore the poignant Lord John, a noble and pure-hearted soldier who loves Jamie unconditionally, knowing he can never have him.
Claire’s advanced medical knowledge often clashes with 18th-century superstitions, placing her at risk of being condemned as a witch.
The characters, brought to life with extraordinary performances, leap off the screen, feeling as real as they are unforgettable. Liberated from the forced cynicism of modern storytelling, they exude a refreshing, almost 19th-century candor that captivates.
As Jodorowsky said, it’s not about what you take from collective imagination but where you take it. Outlander, with its distilled beauty, is an adventure worthy of the books of my childhood and the memory of my mother, who first placed them in my hands.
For this alone—for the way this extraordinary story made me think of her—it was truly worth it.
(Every Saturday on Sky/Now. The second part of the seventh season is currently airing, with the eighth and final season expected in 2026.)
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Quattro tavole originali del Necron di Magnus, due del Dick Tracy di Chester Gould, due del Li’l Abner di Al Capp, un Cocco Bill dedicatomi da Jacovitti; una calcografia di Piranesi, altrettanto originale; una madonna lignea del Cinquecento, con tracce dell’antica doratura; l’Oca di Enzo Mari; la lampada Toio di Achille Castiglioni; la prima edizione dell’Ortis foscoliano, quella dei Canti orfici di Dino Campana, quella del Voyage au bout de la nuit autografata dall’autore… Quel certo oggettino, in cui si rapprendeva una tenerezza lontana, quei testimoni fraterni ormai radioattivi… Contemplai qualche altra beltà, indugiando del guardo come a sussumerla nelle avide entragne, e questa, e quest’altra, e quelle che non vedevo ma sapevo esserci in giro, nelle altre stanze, o al chiuso; poi, quasi strappandomi a me stesso, spensi la luce e uscii. Girai la chiave secondo l’immutabile rito, quattro mandate a destra, una indietro, un’altra a destra, poi tre conati di spinta a saggiare l’avvenuta chiusura, per un totale di nove operazioni: undici con l’inserimento e il disinserimento.Potevo dunque andare, ma in quella, alzando lo sguardo, vidi una cosa strana. Sulla porta, subito sopra lo spioncino, un segno fatto con il gesso: una croce, cm. 10 x 10 all’incirca. Non una X: una croce, ciò che rendeva quel segno, già di per sé inquietante nel suo abuso vigliacco, ancora piú spiacevole. Non infatti un segno, ma IL segno: e che segno! Ancorché anacronistico, se riferito al testamento antico… Cercai di ricordare il passo preciso, i due angeli segnavano le case che dovevano essere distrutte o quelle che sarebbero state risparmiate? La Bibbia del Diodati, dovevo controllare, ma intanto non potevo sfuggire alla domanda che mi rintronava in capo siccome tempesta: ero un giusto, io? Potevo sperare di essere considerato tale? Ne dubitavo, e comunque un controllo: salii e scesi le scale per esaminare le altre porte, su cui niente, nessun tipo di segno. Cosí ero io, il prescelto, ma prescelto per cosa? Non volevo saperlo, reinfilai la chiave nella toppa e aprii senza rispettare il rituale, corsi in cucina, inumidii una spugna e tornai fuori, a cancellare lo stigma.
Michele Mari, Locus desperatus
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don lucio d'abbraccio "Avvento: tempo di vigilanza e preghiera!"
I Domenica di Avvento (Anno C) (01/12/2024) Liturgia: Ger 33, 14-16; Sal 24; 1Ts 3, 12-4, 2; Lc 21, 25-28.34-36 Oggi la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico: l’Avvento. Questo itinerario è formato, nel Rito Romano, dalle quattro settimane che precedono il Natale del Signore, cioè il mistero dell’Incarnazione. La parola «avvento» significa «venuta» o «presenza». Nel mondo antico indicava la…
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Massoneria Leo Taroni é il nuovo G.M. del Grande Oriente d'Italia
De Ficchy Giovanni Leo Taroni, l’imprenditore grado 33 e Sovrano Gran Commendatore del rito scozzese antico e accettato. E’ il nuovo Gran Maestro del Goi , la decisione è del Tribunale di Roma. Alla luce della recente sentenza del Tribunale di Roma, Leo Taroni è stato riconosciuto come il nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia (GOI). La pronuncia giuridica arriva in un momento di…
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