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“Sono un cane sciolto. E amo gli artisti fuori dai circuiti politici e commerciali”: dialogo con Marisa Zattini, artista e ‘agitatrice’ culturale, su ex voto, libri, Fioravanti, Tonino Guerra…
Descrivere Marisa Zattini è come tentare di inscatolare il vento. O svuotare l’oceano con un cucchiaino da tè. Assurdo. Forlivese con studi a Firenze, architetto, artista – con personali dal 1976, uno degli ultimi cicli, Agricoltura celeste, che sta girando per l’Italia, è di alchemica bellezza, con segni istrionici su lettere antiche – dal 1992 Marisa è il direttore artistico de ‘Il Vicolo’, allo stesso tempo galleria d’arte a Cesena, alcova di eventi artistici disseminati per il Paese, casa editrice, sede di una raffinatissima rivista letteraria, “Graphie”, che va avanti, con discreta magnificenza, dal 1998, da vent’anni. Pressoché infinito il repertorio di mostre e di cataloghi d’arte curati da Marisa (nella fotografia di Gian Paolo Senni), da Arnaldo Pomodoro a Ugo Nespolo, collaborando con le autorità di settore, da Renato Barilli ad Antonio Paolucci (ad ogni modo, quello che ha fatto e fa lo vedete qua). Mecenate dei poeti – tra gli altri, ha pubblicato Tonino Guerra, Nevio Spadoni, Gianfranco Lauretano, Fabio Franzin – e promotrice di artisti, la Zattini si distingue per l’intuito nel creare mostre d’arte particolari, dove l’antico – o il grande ‘classico’ – viene insidiato, per così dire, dall’assoluto contemporaneo. Già fautrice di alcune delle più belle mostre di Ilario Fioravanti (1922-2012), l’immenso artista cesenate, tanto amato da Giovanni Testori ed esaltato da Vittorio Sgarbi (va ricordato Gloria in Excelsis Deo, a Urbino, due anni fa, con i mirabili presepi dello scultore), la Zattini ha realizzato, presso la Biblioteca Malatestiana e la Galleria Comunale d’Arte di Cesena, la mostra Per Grazia Ricevuta, che raduna “ex voto fra arte antica & contemporanea”. Nel repertorio, alcuni micidiali ex voto di Fioravanti realizzati nel 2003, “su sollecitazione dell’amico poeta Tonino Guerra e donati, nel 2012, all’Abbazia del Monte di Cesena”, e pezzi da collezioni antiche, uniche. Questo, infine, lo spunto per una chiacchierata con un atipico – e vulcanico – promotore d’arte del nostro Paese.
Anzi tutto. L’ex voto come forma d’arte. Perché?
“Perché tutta l’arte è un archivio della memoria. Gli ex voto attuano un sincretismo pittorico e oggettuale che trae origine da piccoli e grandi fatti personali. Sono una testimonianza per grazia ricevuta, un racconto di storie di salvezza e di grazia viste dall’osservatorio particolare della fede, dove l’uomo comune è il protagonista prescelto dal divino. Una cristallizzazione di un fatto miracoloso. È indubbiamente una forma d’arte in quanto testimonianza, traccia di un pensiero, di un racconto. Nel mondo degli ex voto si passa dall’espressione più naïve a quella più colta e raffinata, come la ‘collezione Bodini’ accolta in rassegna dimostra”.
Nella collezione in mostra ci sono diverse opere di Ilario Fioravanti, create su ispirazione, ho letto, di Tonino Guerra. Cosa c’è ancora da scoprire di Fioravanti, qual è oggi la sua importanza?
Tonino Guerra con Ilario Fioravanti
“Nel 2003 Tonino Guerra chiese a Ilario di realizzare una serie di ex voto per una mostra da farsi a Cervia. Li sentiva necessari per ‘dare dei suggerimenti’ agli albergatori, per farli ‘uscire dall’arroganza del sole goduto in spiaggia’. Fioravanti ne aveva già fatto uno nel 1993, una scultura ‘a tutto tondo’, L’Ossesso, ispirandosi ad una tavoletta votiva conservata all’Abbazia del Monte di Cesena. Ne realizzò quindici in terracotta policroma, poi, nel 2012, li donò al Monte. Oggi possiamo ammirarli nel Corridoio lapidario della Biblioteca Malatestiana congiuntamente alla scultura dell’Ossesso. Ilario Fioravanti ha lavorato moltissimo e su più fronti. Dunque il suo mondo è ancora molto da scoprire e da valorizzare. Basti pensare ai suoi 94 diari pieni di appunti, schizzi, idee e progetti e agli oltre 7.000 disegni inediti. Il suo valore sta nell’universalità della sua opera, nelle incantagioni delle sue sculture e in quella sua speciale capacità di ‘regalare l’errore’. Forse le parole dell’amico Tonino Guerra esemplarmente esprimono questo concetto: ‘Sono cose che sembrano piene di semplicità mentre invece vanno a scavare, trovano contatti con ricordi antichissimi: è questo che mi piace, cioè: quello che mi affascina è questa loro voglia di nascondere una grande cultura che invece c’è, come se volessero darti un “raccontino elementare’”.
Come di consueto, tu fai dialogare alcuni artisti contemporanei con forme e figure ‘antiche’. Come mai? Quale idea artistica ti anima?
Un’opera della Marisa Zattini artista
“Ho sempre amato avvicinare e mettere a confronto, a stretto contatto, realtà culturali differenti. Nell’architettura come nell’arte. Sono laureata in Restauro e consolidamento dei monumenti e amo le abitazioni poste nei centri storici, quelle che vivono del sapore del passato ma con un respiro forte nel presente. Così tutto si esalta maggiormente, in un gioco di contrasti e di rispecchiamenti di bellezza. Penso al progetto di Rocche & scultori contemporanei, che coniugava l’espressione della scultura contemporanea in contesti architettonici fortemente connotati, come le nostre rocche in Romagna. E andando indietro con la memoria, una delle mie prime mostre la realizzai proprio nella stanze della rocca di Caterina Sforza, a Forlì… luogo magico e suggestivo”.
Tu sei grande ‘animatrice’ culturale, editrice, architetto e artista. Come si conciliano tutte queste anime? Qual è l’anima prevalente, se ce n’è una che cannibalizza le altre?
“Forse la mia prima, quella di artista… La formazione di architetto è stata fondamentale per ‘strutturarmi’ meglio, perché gli artisti spesso volano e sono poco concreti. Fare un libro in fondo è come fare un progetto architettonico: sei al servizio di ciò che devi rappresentare. Tutto è fatto di rapporti armonici – o dissonanti, dipende – di pause, di vuoti e di pieni. Il numero sottende tutto. Negli anni ’80 mi occupavo solo delle mie mostre. Poi, le circostanze della vita mi hanno portato ad occuparmi degli altri, dapprima di amici artisti, così, quasi per gioco. All’inizio degli anni ’90, vincendo due bandi nazionali, la passione si è trasformata nella mia professione principale. Una fortuna incredibile poter fare ciò che ti appassiona e che ami, scegliendo liberamente!”.
Come si lavora, da privato, da privato che non appartiene a grandi gruppi, nell’organizzazione di mostre d’arte? Hai difficoltà nei rapporti con le istituzioni? Basta la creatività e l’ingegno o ci vuole un surplus di scaltrezza per sopravvivere al mondo dell’arte contemporanea? Insomma, come vivi?
“Ci vuole resilienza e un po’ di fortuna. Non mi sono mai preoccupata del futuro e ho vissuto senza accorgermi che il tempo passava. E questo è bellissimo. Sono un cane sciolto, senza padroni. Amo la libertà e non potrei vivere diversamente. Ho avuto la fortuna di relazionarmi con istituzioni fatte da persone disponibili, che condividevano quanto volevo fare. Ho avuto molti amici e anche tanti nemici… Credo che il mio angelo custode abbia avuto piuttosto da fare per proteggermi! Oggi nell’organizzazione di eventi e mostre ci sono gruppi forti, in tutti i sensi. Con loro non ci può essere gara: sono la politica e le lobby che comandano. Credo che creatività e ingegno non siano sempre sufficienti per riuscire. Ci vuole molta perseveranza, un po’ di coraggio, un po’ di fortuna e tanta, tanta resilienza”.
Dacci un giudizio sommario sul mercato dell’arte contemporanea: è tutto oro quello che luccica? E poi. Un artista di oggi su cui scommetti per il domani.
“Il mercato dell’arte non lo frequento troppo. Amo gli artisti fuori dai circuiti commerciali, quelli che non si preoccupano troppo di essere sulla cresta dell’onda, ma che pensano piuttosto a ‘fare’ bene ciò che fanno. Come ha fatto Ilario Fioravanti… Mi piace promuoverli, fare gruppo con loro, lavorare insieme per progetti interdisciplinari, fare un lavoro di storicizzazione degli artisti che amo, sia quelli famosi sia quelli sconosciuti… purché di talento! Scommettere su qualcuno? Non potrei mai farlo, perché non sono il nome e la fama a fare l’artista e il mio interesse non sta nella scommessa economica, ma nella ‘sincerità’ della sua opera”.
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