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rapporto definitivo || final report / differx. 2022
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Doc, cosa direbbe ad un eventuale “figlio nr 1” che arrivato a 35 anni non ha ancora una parte razionale tanto forte da aver eliminato quella emotiva?
Una volte ad una ragazza scrisse una frase che mi è impressa, una cosa tipo “una lunga esposizione all’agente patogeno sviluppa una naturale immunità”, sono stato (mio malgrado) esposto parecchio ma fa ancora schifosamente male.
A volte vorrei non provare più niente, nessun sentimento nei confronti di nessuno. Almeno smetterei anche di starci male.
Al Figlio N.1 direi tre cose:
UNO
'A 35 anni non ha ancora una parte razionale tanto forte da aver eliminato quella emotiva'
Per tua fortuna, anzi, per la fortuna di noi tutti NON FUNZIONA COSI'
Non so chi ti abbia messo questa balzana idea in testa ma nessuno è il piccolo Spock che deve far prevalere il suo lato vulcaniano su quello terrestre... e anche l'idea che esista un lato razionale contrapposto a quello emotivo è frutto di un'errata concezione del rapporto tra noi e il non-noi.
La più fredda delle analisi logiche non può essere scevra dal fine ultimo del riconoscere la reciproca fiamma sempiterna e il più feroce spasmo viscerale del cuore non può che avere nella sua corsa il cammino inciso dal cristallino raziocinio.
Gelida fornace e ghiaccio fiammante mai contrapposti.
DUE
Una lunga esposizione all’agente patogeno sviluppa LA MORTE e se non sei morto significa che sei immune ma manco per il cazzo.
Amore non è amare corrisposti... quello è il risultato dell'amore.
Amore è conoscere il proprio peso e la propria posizione del nostro stare sul braccio della bilancia e poi capire quale peso e che distanza possiamo concedere all'altra persona senza perdere in modo definitivo una parte di noi.
L'amore che ho per te nasce e cresce sull'amore che ho per me.
TRE
'A volte vorrei non provare più niente, nessun sentimento nei confronti di nessuno. Almeno smetterei anche di starci male'
E ancora, non funziona così.
Quello che stai descrivendo è il suicidio di una persona depressa e la negazione di un'emozione è il modo sicuro per sublimarla in qualcosa che poi ti esce da sotto il letto la notte per tagliarti via le palpebre.
Il male è un campanello di allarme: INDIVIDUA COSA TI FA MALE E SMETTILA DI FARLO.
E no, non è la ricerca dell'amore ma piuttosto la tua idea di 'amore', magari.
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Io non credo proprio che avere o meno una laurea sia esattamente il criterio con cui giudicare la preparazione di una persona in una materia. Abbastanza classista come posizione. Una persona può formarsi fuori dal sistema d'istruzione istituzionale. Facendo un esempio concreto e vissuto in prima persona, sono stata recentemente ad un incontro sulla violenza di genere dove una giornalista laureata che ha seguito diversi casi di femminicidio nella mia zona non credeva nell'esistenza del patriarcato...
guarda mi fa piacere che tu abbia deciso di impiegare del tempo della tua vita per commentare un post di tre righe come se esso potesse rappresentare il punto definitivo sul rapporto istruzione-effettiva competenza, non senza buttare lì anche un "ma hai detto una cosa classista", ché evidentemente in questi tempi si deve per forza vivere di emozioni forti.
a dire la verità, andando oltre la superficie (la butto lì: forse perché tre righe di post non sono sufficienti per esprimere un giudizio completo [né questa è mai stata la mia intenzione], né per esprimere gratuitamente un giudizio necessariamente incompleto sul summenzionato?), va a finire che sono più d'accordo con te che altro. il titolo di istruzione può voler dire ben poco. ce n'é finché vuoi di gente iper-titolata a cui non potresti lasciare in mano manco i soldi del caffè da reggere finché ti allacci le scarpe, da quanto è inetta. e, di contro, ci sono sia esempi eccellenti, sia più "ordinari" (che magari conosciamo nella vita quotidiana senza che diventino mai casi noti) di persone con cultura e competenze sconfinate, che non hanno "il pezzo di carta". non stiamo dicendo niente di nuovo, l'acqua è bagnata e il fuoco brucia, tanto per chiudere il cerchio.
in ogni caso, fermo restando quanto detto sopra, non è che proprio tutti possano dire proprio tutto, sempre e in ogni caso. non vai a farti curare dalla persona che si è formata individualmente, non ti fai costruire la casa da una persona che non ha studiato entro il sistema "canonico" ma ha davvero una grande grandissima passione per l'edilizia. e via dicendo. per fare determinate cose servono determinate competenze, le quali, spesso, si acquisiscono mediante uno o più percorsi di studi (o di formazione più empirica, a seconda, ma pur sempre di formazione si tratta - che non rientra nel campo dell'hobby). è una garanzia infallibile? assolutamente no. è però sensato esigere persone competenti, la cui competenza possa essere misurata (anche) secondo un metro di paragone convenzionale, seppur alle volte fallibile? secondo me sì. e il classismo magari lo lasciamo da un'altra parte, ché tanto ne è già pieno il mondo
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Mi rendo conto di quanto sia complicato l'elaborazione di un "lutto" e di quanto tempo realmente ci voglia per metabolizzarlo. Lutto virgolettato perché non mi è morto nessuno di recente, ma di nuovo la mia ex mi ha comunicato che ci sta riprovando con un'altra persona. Al di là della necessità di comunicarlo, che trovo iniqua e alquanto stronza (anche se da parte sua è un modo per stare a posto con la sua - non mia - coscienza), tale notizia dimostra di quanto la sua presenza mentale ed affettiva sia radicata dentro di me, nonostante tutto il male che ci siamo fatti, tutto il male che ho subito, prima, durante e dopo. E' come se avessi maturato una dipendenza affettiva che ha dell'inspiegabile (o forse semplicemente no) tale da definirla, a mente fredda e lucida, un rapporto ad alta tossicità. E come un vero tossico, ogni qual volta che sembra delinearsi un distacco definitivo tra noi io mi sento vacillare. Questa volta meno perché sto molto combattendo con le mie "debolezze" ma ogni volta è come se se ne andasse via un altro pezzo di me. Una vera e propria perdita, a tutti gli effetti un lutto. In questi anni di pseudo distanziamento, abbiamo cercato di costruire un rapporto quanto più simile a quello di un'amicizia: ci siamo fatti compagnia nei momenti di solitudine, abbia condiviso eventi e qualche uscita, ci siamo cercati nel momento del bisogno, per confidarci o chiedere lumi sui problemi che ci tormentavano in quell'istante (e noi siamo persone dai tormenti facili). Insomma il nostro legame non si è mai veramente interrotto. In qualche maniera lo abbiamo consciamente ed incosciamente alimentato, sempre dicendoci (lei molto meno di me, anzi) che tornare insieme non era il caso, che eravamo stati troppo autodistruttivi, che avremmo dovuto vivere le nostre vite. Vite che in qualche modo abbiamo cercato di riafferrare, di vivere indipendentemente l'uno dall'altro, sperando che prima o poi si riuscisse a vivere qualcosa di diverso e con qualcun altro. Ma gira e volta, si tornava alla fine sempre al punto di partenza, e quindi si ricominciava dall'uscita settimanale, dal teatro, dall'andare al mare... abitudini apparentemente innocue e che invece ci ha tenuto insieme per altri 7 anni. Ed ora? ora... e non lo so ora. So solo che è qualche giorno che mi risento strano, monco per qualcosa che mi auguravo da tempo accaddesse davvero, perché non me la sento di vivere affetti e situazione come se avessi sempre un convitato di pietra accato a me. Ed invece lei è lì, fissa nel cuore e nella mente. Mi dico "passerà", me lo auguro sinceramente e cerco di fare altro per non pensarci, ma il senso di perdita stenta a passare. Il senso di vuoto pure.
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Caro me stesso,
È con il cuore pesante segnalato da un'ECG che mi siedo a scrivere queste parole di addio. La vita, con le sue infinite strade e incroci, ci porta spesso in direzioni che non avremmo mai immaginato. Anche perché soffro di disorientamento topografico. Oggi, le nostre strade si separano e, sebbene questo addio sia doloroso, porto con me i ricordi preziosi dei momenti trascorsi insieme. Per lo meno quelli che mi ricorderò vista la mia amnesia selettiva.
Abbiamo condiviso risate, lacrime, vittorie e sconfitte. Ogni momento è stato un tassello che ha costruito il nostro rapporto contorto, un legame che non sarà spezzato dalla distanza. Soprattutto con dell'alcol in corpo. Anche se i nostri cammini ci porteranno lontano l'uno dall'altro, la nostra stessa matrice rimarrà sempre nel mio cuore. Purtroppo.
Voglio ringraziarti per tutto ciò che mi hai dato: la tua sincerità, il tuo sostegno incondizionato e la tua compagnia. La tua ansia poi, quanta ne abbiamo condivisa. Troppa. Sei stato una presenza costante e affidabile, una roccia nei momenti di tempesta. Mi mancheranno le nostre conversazioni profonde e le risate spensierate, anche se erano indotte dalla paroxetina, ma sono certo che ci porteremo sempre nel cuore. Ma anche un po' sui c0glioni.
Ti auguro tutto il meglio per il futuro. Che tu possa trovare la felicità e la realizzazione in ogni passo del tuo cammino. Sappi che, ovunque tu sia, ci sarà sempre una parte di me che ti pensa e ti ricorda con affetto, almeno finché le benzodiazepine non faranno effetto.
Questo non è un addio definitivo, purtroppo, ma solo un arrivederci. Le nostre vite potrebbero incrociarsi di nuovo, e fino ad allora, porterò con me la luce della tua presenza anche grazie agli stabilizzatori dell'umore.
Mai avrei pensato di trovare un caso umano in una delle mie personalità, tanto da dover utilizzare degli antipsicotici.
Con l'affetto e la gratitudine che un anaffettivo come me può provare, tuo Rino.
Anche un po' meno di "tuo".
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Giorgio Armani parla del dolore per la perdita del compagno di vita e di lavoro Sergio Galeotti
Giorgio Armani, icona della moda mondiale, ha recentemente aperto il suo cuore in un’intervista toccante e sincera, rivelando aspetti intimi e inediti della sua vita. Un racconto senza filtri che tocca temi profondi come l’amore, il dolore per la perdita del compagno di vita e di lavoro, Sergio Galeotti, e la mancanza di figli. Con la sua eleganza e gentilezza, Giorgio Armani ci offre uno spaccato del suo percorso personale e professionale, che lo ha portato a diventare una leggenda della moda, mantenendo sempre un forte legame con le proprie radici. Il legame indissolubile con Sergio Galeotti Uno dei momenti più intensi dell’intervista è il racconto del rapporto tra Giorgio Armani e Sergio Galeotti, il suo socio e compagno di vita, scomparso prematuramente nel 1985. “Con Sergio morì una parte di me“, confessa Armani, con una commozione ancora palpabile. Sergio Galeotti, oltre ad essere il suo partner personale, è stato colui che ha spinto Giorgio a credere nel proprio talento e a fondare l’impero che oggi è sinonimo di eleganza nel mondo. “Mi diede coraggio e fiducia“, ricorda Armani, “Sergio vide in me un potenziale che forse neanche io avevo realizzato”. La loro storia, iniziata casualmente in Versilia, è stata fondamentale non solo per la crescita personale di Giorgio Armani, ma anche per il suo successo professionale. Grazie a Galeotti, Armani ha potuto seguire la sua visione creativa e liberare il mondo della moda da schemi rigidi, offrendo un’interpretazione nuova e moderna dell’eleganza. Il loro sodalizio, sia umano che lavorativo, ha lasciato un segno indelebile, e la perdita di Sergio ha rappresentato una ferita profonda nella vita dello stilista, che non ha mai smesso di ricordarlo con affetto e gratitudine. L’amore, la carriera e i successi senza tempo Giorgio Armani non si limita a parlare di Sergio. Durante l’intervista, lo stilista riflette anche su temi universali come l’amore e la scoperta di sé. Racconta, ad esempio, della sua infanzia a Piacenza durante il fascismo e dei primi turbamenti legati all’attrazione verso un giovane uomo durante il periodo passato nella colonia estiva di Misano Mare. “Era un’attrazione pura, bellissima, una grande emozione,” racconta Armani, svelando una parte di sé mai raccontata prima. Sul fronte lavorativo, Giorgio Armani si è imposto come una delle figure più influenti della moda internazionale. Il suo stile inconfondibile, caratterizzato dalle giacche destrutturate e dai pantaloni morbidi, ha rivoluzionato il guardaroba di uomini e donne, rendendo il marchio Armani un simbolo di raffinatezza senza tempo. Il film American Gigolo del 1980, con Richard Gere come protagonista, ha segnato il suo definitivo ingresso nel gotha della moda internazionale, consacrando il suo stile minimalista e sofisticato. “Quel film ha cambiato tutto“, ammette Armani, “e non posso negare che Richard Gere sia stato un ambasciatore perfetto dei miei abiti”. Il rapporto con la famiglia e la mancanza dei figli Nonostante i grandi successi professionali, Giorgio Armani rivela anche la sua vulnerabilità e i rimpianti personali, come quello di non avere avuto figli. “La mancanza dei figli è un vuoto che sento profondamente,” confessa lo stilista, aggiungendo che, nonostante ciò, ha cercato di colmare questo vuoto attraverso il legame con i suoi nipoti e le persone a lui vicine. Durante l’intervista, Armani racconta anche dei momenti più difficili della sua vita, come l’incendio che ha devastato la sua villa a Pantelleria. Nonostante la perdita di molti oggetti preziosi, uno dei pochi ricordi che riuscì a salvare fu l’anello del suo compagno di vita Leo. “Dal rogo ho salvato l’anello di Leo. Per me ha un valore inestimabile, è un simbolo dell’amore e del tempo che abbiamo passato insieme”. Read the full article
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Everything Everywhere All at Once: La vita, gli universi e tutto quanto
Everything Everywhere All at Once, il fenomenale film con Michelle Yeoh e Jamie Lee Curtis.
Everything Everywhere All at Once, il fenomenale progetto targato A24 e diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert (noti come The Daniels), che già dal poster viene definito "Il film definitivo sul multiverso". Parole forti, dopo che i Marvel Studios hanno ormai introdotto, sdoganato e reso remunerativo il concetto di universi multipli su schermo. Parole forti delle quali non si può che confermare la veridicità: il film distribuito da I Wonder non si limita a sfruttare il multiverso come espediente narrativo, lo rende esplosione creativa, fantasia che corre a briglie sciolte, pluralità di intuizioni, trovate e idee in grado di rendere unica e irripetibile l'esperienza cinematografica proposta. Quello che il cinema dovrebbe essere, soprattutto in questo periodo difficile.
Persa in infiniti mondi
Everything Everywhere All At Once: Michelle Yeoh durante una scena del film
Si parte dal piccolo, dall'ordinario, dal quotidiano. Da Evelyn Wang, che gestisce una piccola lavanderia a gettoni con il marito Waymond, che ha una figlia adolescente con la quale non riesce più a comunicare e un padre anziano che non ci sta più con la testa. Una vita fatta di piccole lotte quotidiane che poco per volta sta minando anche il rapporto tra Evelyn e Waymond, che vivono con lo spettro di un divorzio all'orizzonte, fino a un ordinario controllo di routine all'Agenzia delle Entrate che diventa un punto di svolta per le loro esistenze… e per il mondo intero: Evelyn viene catapultata in un'avventura che mai avrebbe immaginato, pericolosa, avvincente e senza regole attraverso tutte le possibili dimensioni dello spazio e del tempo. Il fardello che ricade sulle sue spalle è importante quanto impossibile: affidarsi alle proprie capacità, e al suo coraggio, per affrontare e sconfiggere un nemico che sembra invincibile, per salvare il destino di tutti gli universi e parallelamente rimettere insieme la propria famiglia.
Tutte le possibile Evelyn
Everything Everywhere All at Once: un'immagine del film
Tanti universi, tante versioni diverse degli stessi personaggi. Non è uno spoiler, è il funzionamento stesso del concetto di multiverso, ma anche la difficilissima prova che ha dovuto affrontare Michelle Yeoh per portare su schermo la sua Evelyn e tutte le sue varianti. Michelle Yeoh cambia attitudini e presenza scenica della sua Evelyn all'occorrenza, muta registro e scivola da una suggestione all'altra con la repentina fluidità con cui il suo personaggio precipita da un universo all'altro. Una prova straordinaria che è consigliabile, laddove possibile, di apprezzare in originale.
Everything Everywhere All At Once: Michelle Yeoh in un'immagine
Ma non è sola in questa impresa impossibile, perché perfettamente coadiuvata da un cast ugualmente in forma: accanto a lei nel ruolo di Waymond troviamo Ke Huy Quan, l'interprete che abbiamo conosciuto negli anni '80 come il Data de I Goonies o compagno d'avventura di Indiana Jones nel secondo film dedicato al personaggio, mentre è impagabile la prova autoironica di Jamie Lee Curtis nei panni della spietata impiegata dell'Agenzia delle Entrate con cui Evelyn e Waymond devono vedersela, splendida intuizione di un film che sembra avere sempre una nuova cartuccia da giocarsi.
Un instant cult… in ogni universo
Divertente ed emozionante. Folle, brillante e spiazzante. Everything Everywhere All at Once sembra ricalcare nel suo sviluppo le suggestioni del suo titolo: tutto, ovunque e tutto insieme. Un fuoco di fila di idee che tengono costantemente alta l'attenzione, sovvertono le aspettative, ma allo stesso tempo non risultano macchinose o complesse da seguire. Il motivo è una scrittura pulita pur nella sua esplosiva creatività, credibile e verosimile anche quando sfocia in follie surreali, che non perde di vista i protagonisti, le loro pulsioni e dinamiche interpersonali: che siano il rapporto moglie/marito o madre/figlia, il film riesce a indagare i rapporti e raccontare di Evelyn e Waymond così come del complesso rapporto tra la donna e Joy (un'altrettanto brava Stefani Hsu), senza che questi siano cannibalizzati dalle esigenze di un plot pirotecnico e travolgente dal primo all'ultimo minuto.
Un Instant Cult insomma che arriva nelle nostre sale con questo status già acquisito e consolidato, che si impone come punto di riferimento per le storie che vorranno usare l'espediente dei mondi paralleli da qui in avanti. Un'ulteriore conferma del valore di A24 in termini produttivi, un vero e proprio brand capace di donare a ogni progetto che segue il proprio valore aggiunto.
Conclusioni
Everything Everywhere All at Once è un film da non perdere, un’esplosione di creatività, un vortice di idee capace di travolgere lo spettatore e trascinarlo da una sensazione all’altra: stupore, emozione, divertimento, tutto e tutto insieme è presente nel film dei The Daniels, valorizzato dall’incredibile prova di Michelle Yeoh e dall’impagabile partecipazione di Jamie Lee Curtis. Un Instant Cult con cui tutti i futuri film sul multiverso dovranno fare i conti.
👍🏻
Il fuoco di fila di idee e spunti, il vortice di creatività (apparentemente) senza controllo.
Michelle Yeoh, straordinaria nel rendere tutte le possibili Evelyn.
Una impagabile Jamie Lee Curtis.
La capacità di indagare emozioni e rapporti umani pur nei momenti più folli.
👎🏻
Non sarà più possibile vedere altri film sul concetto di multiverso.
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Ponte Milvio. Un giovane colombiano arrestato in flagranza dalla Polizia di Stato in quanto gravemente indiziato del reato di sfruttamento della prostituzione
Ponte Milvio. Un giovane colombiano arrestato in flagranza dalla Polizia di Stato in quanto gravemente indiziato del reato di sfruttamento della prostituzione. Avrebbe gestito, attraverso un sito di incontri, l'attività di prostituzione di una giovane connazionale il 25enne colombiano arrestato dalla Polizia di Stato nel quartiere Fleming. Gli investigatori del Distretto Ponte Milvio erano impegnati in un servizio "in borghese" quando, in una stradina del Fleming, hanno visto un ragazzo seduto alla guida di una berlina tedesca che sembrava pronto a partire. Gli agenti lo hanno fermato trovandolo in possesso di 3 smartphone, tra cui uno sbloccato e connesso su un sito di incontri; nella relativa messaggistica c'era un appuntamento proprio in quella via e in quell'ora. Poco dopo, da una palazzina vicina, è scesa una ragazza, anche lei colombiana, la quale, sentita poi dagli investigatori, ha confermato che aveva appena avuto un rapporto sessuale con un cliente procacciato dal connazionale tramite internet. Versione poi confermata da alcuni riscontri investigativi. Stando a quanto accertato la percentuale destinata all'odierno indagato sarebbe stata del 30% della somma pagata dal cliente e la ragazza non era l'unica gestita dal colombiano. L'uomo è stato arrestato perché gravemente indiziato del reato di sfruttamento della prostituzione e posto a disposizione della Magistratura. La Procura di Roma ha chiesto ed ottenuto dal Giudice per le Indagini Preliminari la convalida dell'arresto e l'adozione della misura cautelare della custodia in carcere. Ad ogni modo l'indagato è da ritenere presunto innocente, in considerazione dell'attuale fase del procedimento, ovvero quella delle indagini preliminari, fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Ceneri defunti: cosa ha stabilito il Vaticano
Ceneri defunti: il Vaticano fornisce nuove disposizioni per la loro conservazione. La prassi della cremazione è sempre più diffusa così come la dispersione delle ceneri. In virtù di ciò, l'arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, cardinale Carlo Maria Zuppi, ha presentato al Dicastero della dottrina e della fede una richiesta di chiarimento in materia. La cremazione in Italia Secondo i dati diffusi da SEFIT Utilitalia, in Italia nel 2022 sono risultati operanti 91 impianti di cremazione, solo 2 in più rispetto all'anno precedente. Tali impianti hanno effettuato, sempre nel 2022, 259.915 cremazioni di cadaveri e 45.986 cremazioni di resti mortali. Nel 2021 le cremazioni di cadaveri erano state 244.186 e quelle di resti mortali 45.987. Per resti mortali si intendono i cadaveri inconsunti per i quali sono scaduti i termini di sepoltura. Se si considera il rapporto tra mortalità e sistema di sepoltura, la cremazione, nel 2022, è stata scelta da circa il 36% degli italiani. Si consideri che nel 1995 la percentuale delle cremazioni era appena al 3%. Cosa motiva l'ascesa di questo trend? Prima di tutto motivi pratici ed economici. Con la cremazione si chiude il capitolo sepoltura in modo definitivo: non si passa cioè per la fase dell'esumazione, con i relativi costi e l'impatto emotivo. Gli anni della pandemia, poi, che hanno visto un aumento vertiginoso della mortalità, hanno spinto ulteriormente verso questa scelta. Altro trend in ascesa, di cui, per ovvi motivi, non si conoscono i numeri è quello della dispersione delle ceneri in un luogo ritenuto caro all'estinto. Complice forse certa cinematografia americana, anche nel nostro Paese si sta diffondendo l'uso di disperdere le ceneri dell'estinto in un luogo da egli stesso indicato. Un trend che il nostro ordinamento giuridico ha recepito dando indicazioni precise. Cosa dice l'ordinamento italiano sulla conservazione delle ceneri La legge 130/2001 prevede che dopo la cremazione, l'urna cineraria, sigillata e con le indicazioni del defunto (nome, cognome, data di nascita e di morte) possa essere alternativamente tumulata, interrata o affidata a un familiare in rispondenza alle volontà del defunto. Elemento da non dimenticare è che non esistono concessioni eterne e pertanto una volta scadute i resti mortali sono trasferiti in spazi comuni dedicati. Quanto alla dispersione delle ceneri, essa deve avvenire solo in aree appositamente destinate a ciò all'interno di cimiteri, in natura o in aree private. In quest'ultimo caso ci deve essere l'autorizzazione dei proprietari. E' vietato disperdere le ceneri nei centri abitati e creare eventi con fini di lucro intorno alla dispersione. Per la dispersione in mare, laghi o fiumi, si può procedere solo in tratti liberi da natanti e da manufatti. La dispersione può essere eseguita da: - coniuge - altro familiare avente diritto - esecutore testamentario - rappresentante legale di un'associazione che abbia nel proprio statuto la cremazione dei cadaveri di propri iscritti In mancanza di queste figure, viene eseguita da personale autorizzato dal comune. La conservazione delle ceneri dei defunti secondo il Vaticano E' in questa cornice in cui va inquadrata la lettera di chiarimento inviata dall'arcivescovo di Bologna, nonché presidente della CEI, cardinale Carlo Maria Zuppi, al Dicastero della dottrina e della fede. Lettera che poneva due quesiti in materia di ceneri di defunti. Il primo quesito riguardava la conservazione delle ceneri di un defunto; il secondo la conservazione cumulativa commista delle ceneri dopo la scadenza delle licenze cimiteriali. Il cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero della dottrina della fede, ha risposto che una minima quantità di ceneri può essere conservata in un luogo caro al defunto mentre la gran parte va conservata in un luogo sacro che sia un cimitero o altro luogo adibito a questa funzione dall'autorità ecclesiastica. Il cardinale Fernandez ha precisato che l'esigenza di mantenere le ceneri in un luogo sacro evita che vengano meno le preghiere e il ricordo dei parenti ed eventuali mancanze di rispetto verso le spoglie una volta passata la prima generazione di parenti. Per quanto attiene alla conservazione commista delle ceneri, il prefetto ha precisato che è possibile definire un luogo sacro e permanente dove ospitare le urne. Queste però devono riportare l'indicazione del defunto per preservarne la memoria nominale. Le decisioni prese, secondo don Davide Cito, sono un modo per andare incontro agli affetti. Il docente di Diritto penale canonico, vicerettore della Pontificia Università della Santa Croce, nominato dal papa consultore della Congregazione per l’Educazione cattolica, ha precisato che purché non venga oscurato il senso cristiano della sepoltura rappresentano un modo per venire incontro alle diverse sensibilità. In copertina foto di Katja Fissel da Pixabay Read the full article
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LINA ALLEMANO: “ CANON”
Ho sempre amato i titoli rigorosi, magari anche un po’ austeri e così “Canon” di Lina Allemano, in uscita il prossimo 8 dicembre per l’etichetta Lumo Records, mi ha subito attirato. Coi canoni non si scherza, sono rigorose strutture entro le quali l’artista, il compositore in questo caso, fa nascere la poesia. E’ dal massimo rigore che deriva la massima libertà, come sosteneva Paul Valery. Con queste certezze (seppur relative) ho iniziato ad ascoltare “Canon” e nessuna fiducia fu meglio riposta. E’ il lavoro che mi aspettavo, nove brani originali (e non solo nel senso che sono frutto del lavoro della musicista), di cristallina bellezza, dove l’improvvisazione gioca un ruolo fondamentale nel solco del rigore e, a volte, dell’estremo rigore. È “3 Trumpet Canon” ad aprire il disco, brano dall’equilibrio pressoché perfetto e dalle simmetrie appena appena disturbate, in particolare dagli sbuffi e dai refoli nella parte finale del pezzo. Più caldo e colorato “Bobby’s Canon” dove la tromba di Lina è come “temperata “ dagli inserti di violoncello, morbidi e avvolgenti di Peggy Lee. Una melodia dolce e ricorrente percorre tutto il pezzo, facendolo inclinare verso le sonorità di una ballata quasi folk. Più inquieto e dissonante “Shadows”, uno dei quattro pezzi composti con Mike Smith: atmosfera sospesa e piena di attesa dove la tromba di Lina Allemano è sempre in un rapporto di equilibrio/disequilibrio nel tessuto musicale che sembra sfibrarsi per poi ricompattarsi. Anche “Butterscones” sembra strizzare l’occhio alla ballata benché, anche qui, sia il rigore e l’equilibrio la cifra stilistica del brano; tutt’altra musica con il rigore sperimentale di “Wilds”, con quella sua tromba creatrice di equilibrio nel quasi ossessivo refrain e poi dissolutrice dell’equilibrio appena creato. Con “Twinkle Tones”, minimale e sommessamente atonale entriamo nella intimità più profonda con lo strumento di Lina Allemano, un viaggio nel suono profondo come capita in questi casi, viaggio compiuto in compagnia del sintetizzatore di Ryan Driver, del contrabbasso di Rob Clutton e della chitarra di Tim Posgate. Più disteso e pacato, ecco “Moons” con la tromba che pare aprire lunari e placidi orizzonti che ancora persistono, anche col supporto del trombone di Matthias Müller, in “Canon of Sorts”. Chiude il lavoro “Ponds” solo di tromba, in compagnia degli effetti elettronici di Mike Smith. È qui, proprio in questo brano, che l’assoluta autonomia della tromba può dirsi compiuta, anche grazie a questo sentore “definitivo” del timbro. Lina Allemano è una originalissima compositrice ed interprete del jazz contemporaneo, e questo non lo scopro certo io, ma è anche, attraverso la sua musica e la sua ricerca, una delle più grandi assertrici della autonomia e della bellezza della tromba che del jazz ha contribuito a costruirne la leggenda. E siccome sono un inguaribile esteta, nota di merito alla cover di Lena Czerniawska. Disco super.
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Le amicizie più vere e profonde nascono così: ci incontriamo, camminiamo insieme per un tratto più o meno lungo di strada, e durante il cammino ci conosciamo meglio. Conoscersi vuol dire entrare in confidenza, passare insieme tempo di profondità ma anche di leggerezza, custodire e accogliere il vissuto dell’altro.
Gesù mi chiede la stessa cosa: diventare amici, avere una relazione personale con lui e poi rimanergli fedele. Quando affronto le difficoltà di questa vita, quando le circostanze mi mettono alla prova e mi chiedono di rinunciare a questa amicizia, Gesù mi chiede di non chiudere completamente la porta, di non abbandonare in modo definitivo il rapporto con lui.
(getupandwalk)
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27 lug 2023 12:33
1. ALAIN, L'EBREO SCOPANTE! LA CARRIERA DI UN LIBERTINO SPECIALIZZATO NEL FAR FELICI (PER 15 MINUTI) LE MEJO CARAMPANE DE' NOANTRI - NESSUNO, DELLA CONVENTICOLA DEI DONGIOVANNI COLTI, SNOB E CHIC (ECO, GUGLIELMI, CACCIARI, ETC.) HA RISCOSSO PIÙ SUCCESSO DI COLUI CHE SPOSÒ MARGHERITA, LA FIGLIA DELL’AVVOCATO, PER ESSERE POI MESSO ALLA PORTA CON UNO STRATAGEMMA CHE SOLO LA PERFIDIA DEGLI AGNELLI POTEVA INVENTARSI 2. ALCUNE ALAIN-VICTIM: DALLA MARCHESA SANDRA VERUSIO A BENEDETTA FUMI EX PRINCIPESSA LANZA DI SCALEA, DA EMMA BINI, EX MOGLIE DI PHILIPPE LEROY, ALL’ANTIQUARIA ALESSANDRA DI CASTRO, DALLA ZARINA DI “VOGUE” FRANCA SOZZANI A ROSI GRECO, CHE RIUSCÌ NELL’IMPRESA DI PORTARLO ALL’ALTARE. L'UNICA A SFANCULARLO FU IRENE GHERGO, LA MADONNA DEI PARIOLI, CHE UN BEL GIORNO LO MISE ALLA PORTA CON UN SECCO "SEI NOIOSO…"
DAGOREPORT
A Roma, a un certo punto degli anni Settanta, sbocciò una moda intellettuale che, ancor oggi, attizza la scena dei salotti: il ”rimorchio culturale”.
Si tratta di una pratica che ”consiste nel puntare la preda e trafiggerla attraverso lunghi ragionamenti alti’” oppure ”tramite citazioni librarie” ma anche pose da sapientone, insensatezze profonde e concettose, pause studiate che diano al seduttore culturale la possibilità di spingere la preda a cadere più velocemente nella trappola.
Come maestri del ”rimorchio culturale”, nel corso del tempo, hanno fatto scintille il letterato Umberto Eco, il poeta Valentino Zeichen, l’ex direttore di Rai3 Angelo Guglielmi, il ”pensatore’’ Stefano Bonaga, il filosofo Massimo Cacciari.
Ma nessuno, della conventicola dei dongiovanni colti, snob e chic ha riscosso più successo di Alain Elkann, colui che sposò la figlia dell’Avvocato Agnelli, padre di John, Lapo e Ginevra.
Anche se la fine del matrimonio con Casa Agnelli non fu un episodio tra i più piacevoli per il bel tenebroso, figlio del capo rabbino di Francia. Margherita, dopo aver prodotto cotanta figliolanza, perse la testa per la carismatica bacchetta del fascinosissimo Claudio Abbado.
Ma Alain, di chiudere il rapporto con la rampolla dell’Avvocato, non riusciva a ficcarselo in testa. Fino a che, un bel giorno, di ritorno da un viaggio, l’irriducibile marito entrò in casa, aprì la porta della camera e al posto del letto coniugale si ritrovò davanti un pianoforte… Vero, falso, verosimile? Ah, saperlo… (Comunque, quando Margherita finalmente libera si scapicollò a Londra ritrovò l'amato Abbado già fidanzato con una violinista della sua orchestra...).
Il cuore farfallone di Alain Elkann ha sempre funzionato come una caldaia, specializzato però nella conquista di signore ben stagionate, immancabilmente sedotte e abbandonate dopo 15 minuti, e dopo aver ricevuto in dono la collezione completa dei suoi libri con uscita trimestrale e un vezzoso barboncino (da Elkann al cane, di solito è tutto quello che resta alle ex fiamme).
Alcune Alain-victim: dalla marchesa Sandra Verusio a Benedetta Fumi ex principessa Lanza di Scalea, dall’ex moglie di Philippe Leroy, Emma Bini all’antiquaria Alessandra Di Castro, dalla vedova di Egon, Diane Fustenberg, alla salottista Giovanna Deodato, dalla zarina di “Vogue” Franca Sozzani a Rosi Greco, che riuscì nell’impresa di portarlo all’altare. L'unica a sfancularlo fu Irene Ghergo, la Madonnina dei Parioli, che un bel giorno lo mise alla porta con un definitivo "Quanto sei noioso…".
Dotato di lingua sciolta, l’aria ispirata e un’eleganza su misura Caraceni, magari un po’ stropicciato dagli anni, sempre con l’ascella ripiena di libri. Tutto il contrario di un pappagallo da strada.
Ma per il ”rimorchio culturale”, la “maschera” conta poco. Anzi, a volte rischia l’effetto contrario. Il vero grimaldello per l’incanto è cerebrale: contano più le sinapsi dell’appariscenza. Lo capii bene tanti anni fa durante una festa in casa tampinando, come uno 007, il bel tenebroso Alain alle prese con una fascinosa e matura signora, separata da poco da un noto attore.
Approfittando della calca, mi attaccai alle spalle di Alain e captai così la prima regola: parlare con un filo di voce, un volume bassissimo che costringe il volto di lei ad avvicinarsi agli occhi del conquistador. Peggio di una bestemmia, qualsiasi apprezzamento fisico, Alain accende il fuoco dei sensi sospirando frasi del tipo: ‘’Volevo dirti che hai un talento naturale… un’emotività lontana… devi trasformare la tua fragilità…’’.
E qui sussurra la prima citazione assassina. ‘’Secondo Holderlin, "L’uomo è un dio quando sogna e un pezzente quando riflette…". Ecco l’affondo: hai una Moleskine sul comodino? al mattino trascrivi i tuoi sogni, le fantasticherie del dormiveglia, gli incubi che attanagliano la tua anima… e poi mi scrivi una lettera. Io ti risponderò. Perché sento che possiedi un talento letterario… la tua anima è forte…”.
Nessun prosaico appuntamento carnale da arrapato, al massimo un dannunziano "Sembri uscita da un quadro di Boldini....", ma installare in lei l’idea di essere una Virginia Woolf ancora da scoprire, fino al colpo finale: l’impegno a intrecciare una corrispondenza di amorosi sensi, alla maniera del Laclos di “Relazioni pericolose”. Dalle lettere al letto, il passo è breve.
Ecco: per le donne abituate a sentirsi dire “quando se magna?... che stai a fa’, lo yoga?... sabato, scopiamo?’’, il rimorchio culturale, soprattutto il più fasullo, è il più irresistibile afrodisiaco. E nella dura tenzone della seduzione, gli alainelkann vinceranno sempre perché sanno che il punto “G” è nella testa. Chi lo cerca più in basso non è un Alain…
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Quesito Buonasera padre fra Angelo Bellon, una persona che vuole mettersi insieme a una persona divorziata commette peccato? Saluti. Grazie in anticipo. Andrea Risposta del sacerdote Caro Andrea, 1. voler mettersi insieme con una persona divorziata è la stessa cosa che voler mettersi in uno stato di adulterio permanente. Il divorzio ottenuto davanti allo stato davanti a Dio non conta niente. I due rimangono costantemente uniti nel matrimonio con vincolo indissolubile. Gesù ha detto: “Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto»” (Mt 19,4-6). 2. Si legge ancora nel Vangelo: “A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio»” (Mc 10,10-12). 3. Per quanto si ottenga da parte dell'autorità civile una sentenza di divorzio il vincolo di indissolubilità permane. I due coniugi nel giorno delle loro nozze si sono in qualche modo espropriati di se stessi. In essi non rimane più alcun appiglio per una possibile revoca. Sono ormai una cosa sola. 4. Pensare di mettersi insieme con una persona divorziata à la stessa cosa che mettersi in uno stato di adulterio permanente. Ciò significa che si pone un impedimento ad essere assolti in confessione e ad accostarsi alla Santa Comunione. 5. Giovanni Paolo II in Familiaris consortio ha scritto: “La Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio” (FC 84). 6. Papa Francesco in Amoris laetitia scrivendo “mentre va espressa con chiarezza la dottrina” (AL 79) fa capire che la dottrina non muta. Del resto la dottrina della Chiesa non è sua, ma è lo stesso insegnamento del suo Maestro e Signore. 7. Papa Francesco sempre in Amoris laetitia riprende l'insegnamento di Benedetto XVI, il quale “nell’Enciclica Deus caritas est ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cfr. 2). Egli ribadisce come "il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano” (DCE 11)"” (AL 70). 8. Questa verità era già stata espressa in altri termini da Giovanni Paolo II: “La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi»” (FC 13). 9. Il principio che illumina tutto questo discorso è che l’uomo è chiamato alla santificazione. Per la gran parte della gente la santificazione passa attraverso la via del matrimonio. Alla luce di questo obiettivo “l’indissolubilità del matrimonio non è da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio” (AL 62). È un dono per la vita presente che aiuta a superare le tentazioni e limiti personali. È soprattutto un dono per la vita futura alla qua
le ci si prepara conformandosi sempre di più all’amore fedele ed esclusivo di Dio per l’uomo e di Gesù Cristo per la Chiesa. Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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Out of the Blue - “Pirate Queens”
Un album dedicato alle storie delle piratesse al loro coraggio e al loro esempio di autodeterminazione
Dieci tracce in cui la musica scritta e interpretata da Giovanni Pollastri e Annie Saltzman Pini diventa un epico sottofondo alle loro gesta. “Pirate Queens” è un album dedicato alle donne pirata realmente esistite, che hanno combattuto fianco a fianco con i leggendari pirati della storia, lasciando un marchio indelebile nel mondo della pirateria.
I dieci brani raccontano le avventure di alcune tra le figure più leggendarie grazie alla particolarissima voce di Annie Saltzman Pini, nata a New York City, che ha saputo interpretare il carattere e lo spirito di queste donne. Giovanni Pollastri ha invece prodotto e suonato quasi tutti gli strumenti presenti nelle registrazioni. Entrambi vivono a Milano.
Non solo, “Pirate Queens” è un viaggio musicale fra storia e territori, dall’irlandese Anne Bonny, attraversando l’Atlantico, a Jeanne de Belleville, conosciuta come la Leonessa di Bretagna; da Sadie Farrel, una gang leader che compiva atti di pirateria lungo il fiume Hudson a Manhattan, a Sayyida Al Hurra, una Pirate Queen del Mediterraneo, solo per menzionarne alcune. Ogni brano è dedicato a una piratessa descrivendone le gesta, a volte narrando la storia della sua vita, a volte soffermandosi più sul carattere e sul difficile rapporto con un mondo, quello della pirateria, totalmente maschile, dove non veniva dato alcuno spazio alle donne per emergere.
Il progetto nasce con il duplice intento di proporre un contenuto che possa essere di interesse culturale, o anche semplicemente di intrattenimento, ma con un focus sulla parità di genere in un ambiente così difficile, complesso e maschilista come è stato la pirateria. Una rivalsa che ai giorni nostri inizia già nel rispondere alla domanda: «Ma esistevano le piratesse?». Lo strumento più importante utilizzato in questo progetto, quindi, non è suonato all’interno dei brani, ma è l’immaginario che si crea nell’ascoltatore, avendo utilizzato la loro sensibilità e suonato la loro mente.
Track by track
https://direzione816.wixsite.com/biografiedcod/outoftheblue
Giovanni Pollastri
Musicista polistrumentista, compositore, produttore e arrangiatore, nasce a Milano nel 1967. La passione per la musica lo porta ad avere sin da bambino il suo strumento, una batteria. Cresce affascinato dalle ritmiche dei dischi dei Led Zeppelin, dei Deep Purple, dei Grand Funk e della PFM e ascoltando David Bowie, Beatles, Rolling Stones, Battisti, Guccini, De Gregori, Finardi, PFM. Successivamente, con l’arrivo del punk e della new wave, decide di imbracciare la chitarra e il basso e scopre ulteriori stimoli nella soul music, nel blues e nel R&B di Aretha Franklin, Otis Redding, Ray Charles e altri grandi nomi che lo spingono a creare le prime band e suonare nei locali milanesi verso la seconda metà degli anni Ottanta. L‘incontro con numerosi addetti ai lavori in ambito musicale lo porta a collaborare con artisti di fama internazionale, anche per semplici apparizioni televisive, tra cui Joe Cocker, Anastacia, Geri Halliwell, Andy Summers, Fernando Saunders e Lou Reed (con questi ultimi due nel 2011 realizza anche un brano presente nell’album di Saunders ‘Happiness’, edizioni VideoRadio/Rai Trade). Il nome di Giovanni Pollastri è presente su numerose release in veste di produttore, autore, collaboratore o semplicemente nei ringraziamenti per il supporto dato in fase di realizzazione del progetto (lo trovate anche nel box definitivo in vinile dei Police, collabora con Stewart Copeland dal 2002). Giovanni Pollastri è anche un addetto ai lavori, avendo lui stesso lavorato con numerose etichette discografiche, sia major che indipendenti, oltre a essere stato tour manager e addetto ufficio stampa di numerosi artisti in ambito locale e internazionale. In ambito editoriale ha scritto tre libri dedicati a Sting & The Police. Nel disco “Pirate Queens” Giovanni è compositore, arrangiatore, produttore e suona tutti gli strumenti ad eccezione di alcuni ospiti al violino, alle percussioni e all’organetto. Il 24 febbraio esce “Anne Bonny”, primo singolo estratto dall’album “Pirate Queens”.
Annie Saltzman Pini
Cantante, compositrice e autrice, nata a New York e cresciuta tra le melodie di Broadway. La sua eclettica cultura musicale spazia da Harry Belafonte e Ma Rainy a Mott The Hopple e Emerson, Lake & Palmer. Debutta alla Carnegie Hall all’età di dodici anni come cantante in un coro ed è lì che nasce l’amore per il palco. I primi brani iniziano a scriverli all’età di dieci anni. Studia Film e Performing Arts al Bard College e si laurea alla New School a Manhattan. Lavora ai Bearsville Studios a Woodstock dove incontra Joe Cocker e Bobby Keys. Trasferitasi a San Francisco nei primi anni Ottanta, conosce un gruppo di musicisti italiani che la invitano a Milano a unirsi a loro come cantante. Il primo anno lo trascorre in una casa occupata insieme al gruppo punk-rock al femminile Remote Control, suonando nella cerchia della scena underground di Milano. Si unisce successivamente ai Casbah, band che vince il Camel Trophy come “Miglior band emergente italiana” a cui viene data la possibilità di aprire i concerti di Vasco Rossi e Joe Jackson. In contemporanea inizia anche a collaborare con Lu Colombo e il produttore Franco Godi, che le propone di cantare per alcuni jingle pubblicitari. Nei primi anni Novanta incontra Giovanni Pollastri con cui nasce un’ottima alchimia sia artistica che personale. Formano la band Street Tease, dalle tipiche sonorità grunge, e dopo lo scioglimento decidono di continuare a collaborare insieme fino ai giorni nostri. Il 24 febbraio esce “Anne Bonny”, primo singolo estratto dall’album “Pirate Queens”.
Etichetta/Distribuzione Digitale: LowCoost Records
Facebook: https://www.facebook.com/OutOfTheBluePirateQueens
Instagram: https://www.instagram.com/outoftheblue_pirates/
YouTube: https://www.youtube.com/@OutOfTheBlue_PirateQueens
l’altoparlante - comunicazione musicale
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Covid, un nuovo rapporto Usa torna sull'origine del virus: "Probabilmente nato da fuga in laboratorio"
NEW YORK – Il Covid era nato in un laboratorio cinese? L’intelligence americana ha fatto un altro passo verso questa conclusione, in base ad un rapporto del dipartimento all’Energia rivelato dal Wall Street Journal. La Casa Bianca frena, sottolineando che tra le varie agenzie non c’è ancora un consenso unanime definitivo sulla provenienza del virus, però conferma la determinazione del presidente…
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Gianna Furio: l’ex moglie di Luca Giurato che lo ha reso padre
Luca Giurato, nome noto del panorama televisivo italiano, è stato un personaggio amato e ricordato per la sua lunga carriera come giornalista e conduttore televisivo. Uomo di grande carisma e ironia, ha saputo conquistare il cuore del pubblico non solo per la sua professionalità, ma anche per le sue celebri gaffe, che lo hanno reso una figura simpatica e vicina al popolo. Il suo recente decesso, avvenuto l’11 settembre 2024, ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo dello spettacolo italiano, suscitando commozione tra i colleghi e i fan. Luca Giurato: il giornalista tra ironia e riservatezza Luca Giurato è stato una presenza costante nel mondo della televisione italiana, noto soprattutto per aver condotto programmi di successo come La Vita in Diretta, Uno Mattina e Domenica In. La sua carriera, iniziata nel giornalismo e poi proseguita in televisione, lo ha reso una delle voci più riconoscibili del panorama mediatico. Sempre sorridente e pronto a scherzare anche su se stesso, è stato protagonista di numerose gaffe in diretta, che lo hanno reso particolarmente amato dal pubblico. Negli ultimi anni, però, la sua presenza in televisione era diventata più sporadica. La malattia al cuore, che lo affliggeva da tempo, lo aveva costretto a ritirarsi dalla scena pubblica, conducendo una vita più tranquilla. Si era trasferito a Roma, in una zona esclusiva vicino a Villa Borghese, dove passava le sue giornate passeggiando e godendosi la natura. Lontano dai riflettori, Luca Giurato ha continuato a mantenere un profilo basso, pur restando sempre nel cuore dei suoi fan. Il suo addio definitivo alla televisione era arrivato nel 2016, quando aveva lasciato il programma Uno Mattina con un commosso saluto, dichiarando di aver “finito” la sua carriera. Gianna Furio: l’ex moglie che lo ha reso padre Luca Giurato non è stato solo un volto noto del piccolo schermo, ma anche un uomo di famiglia. Dalla sua unione con Gianna Furio, è nato il suo unico figlio, che ha giocato un ruolo importante nella sua vita privata. Sebbene non si conoscano molti dettagli su Gianna Furio, a causa della sua scelta di mantenere un alto livello di privacy, è chiaro che il loro legame abbia segnato una fase importante della vita di Giurato. Dopo la separazione da Gianna, il giornalista ha mantenuto un rapporto stretto con il loro figlio, il quale lo ha reso nonno, un ruolo che Giurato ha sempre vissuto con grande gioia e orgoglio. Nonostante la separazione da Gianna Furio, Luca Giurato ha sempre messo la famiglia al centro della sua vita. Il loro figlio, di cui poco si conosce pubblicamente, ha comunque avuto un ruolo centrale nel mantenere il legame affettivo tra l’ex coppia. Si racconta che Luca, nonostante i suoi impegni lavorativi, abbia sempre cercato di essere presente come padre e nonno, trovando nella famiglia una fonte di serenità. Dopo il matrimonio con Gianna Furio, Luca Giurato ha trovato un nuovo amore nella giornalista Rai Daniela Vergara, con la quale ha vissuto gli ultimi anni della sua vita. Sebbene dal matrimonio con Daniela non siano nati figli, il loro legame è stato saldo e duraturo. La coppia viveva a Roma, e insieme hanno condiviso momenti di serenità e complicità lontano dai riflettori. Daniela è stata un supporto fondamentale per Luca durante gli anni della malattia, rimanendo al suo fianco fino agli ultimi giorni. Read the full article
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