#ragazza diversa
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Forse è restando soli che si impara ad amare.
@lovethisbigsilence
#lovethisbigsilence#amore finito#amore#absolute solitude#odio#ragazza diversa#sentimenti mancanze vorreiamartimanonvuoi#amore doloroso#amore perduto#frasi vita
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#Spotify#musica#canzoni#songs#music#ragazza#triste#diversa#altre#maschera#sorride#persone#fidarsi#citazioni#frasi#frasi tumblr#frasi tristi
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È una cosa che domando sempre alle donne che escono con me: “Fra dieci anni, cos’è che ti darà più fastidio di me?” E una di loro, una ragazza che aveva una libreria ad Argüelles, con la quale sono uscito finché abbiamo scoperto che leggevamo la vita in maniera diversa, mi ha risposto: “Questo.” “Questo cosa?” ho domandato. “Che pensi sempre al finale, al deterioramento. Hai un gusto morboso per ciò che si sgretola.”
José Ovejero - L’invenzione dell’amore
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"Due etti di felicità, grazie".
~Mi spiace, signorina, ma non vendiamo felicità qui.
"Capisco. Sa dove posso comprarla?".
~Provi a chiedere più avanti, alla bancarella in fondo alla strada, il signor Destino so che qualche volta l'ha venduta.
~Grazie.
~Lei è il signor Destino?.
"In persona".
~Vorrei due etti di felicità, per favore.
"Ah, mi dispiace, non vendo felicità".
~E perché mai?
"Perché la felicità non si vende e non si compra".
~Sì, ma io ne ho bisogno, devo trovarla subito e so che lei è l'unico a potermi aiutare.
"Le ripeto, io non vendo felicità, semmai la regalo".
~Allora me la regali!.
"Se la vuole sono cento sassi".
~Cento sassi? E dove li trovo ora cento sassi? E come può una ragazza come me portare cento sassi?
"Veda lei, quando avrà portato i sassi le darò la felicità!"
~Tenga i suoi sassi, è stata una fatica enorme trovarli e poi trascinarli fin qui. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di non farcela.
"Ma alla fine ce l'ha fatta... Bene, ecco la sua felicità".
~Posso chiedere come mai mi ha chiesto questi sassi?
"Molti credono che la felicità sia una semplice scelta: vado al bazar, la voglio, la compro.
Non sei felice?
Colpa tua, in fondo la felicità è nelle cose semplici. Questo è quello che si crede.
Si pensa che basti convincersi di essere felici per esserlo davvero. Ma la felicità è una cosa diversa, profonda, a volte capita, o meglio sono io a farla capitare, e altre volte è un'immensa conquista, la cima di una montagna scalata con caparbietà,
il frutto di una grande fatica passata attraverso il dolore.
I sassi non sono altro che il suo lasciapassare per la felicità, signorina".
~Ma perché non chiedere un solo sasso? O dieci magari?
"Perché per raccogliere e portare pochi sassi ci vuole un giorno ma per portarne cento ci vogliono molti giorni".
~Dunque?
"Dunque la tristezza, il dolore, la rabbia, hanno bisogno di molti giorni per essere ascoltati e capiti. In un giorno puoi mettere da parte tutte queste cose, prendere la felicità e indossarla come una maschera ma ti servono più giorni per comprendere la tristezza e il dolore, per cullarli, e per far sì che alla fine la felicità ti entri dentro fino ad appartenerti davvero"...
~ Sabrina Ferri
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Impellenze di una moglie
Non ne poteva più. Maria era sul punto di fare una vera pazzia e tradirlo, a rischio di combinare un macello. La frequentazione della sua amica Lorella, conosciuta da poco, pian piano l'aveva cambiata. Radicalmente. Quella ragazza, più giovane e molto ma mooolto più disinvolta di lei, le raccontava delle sue avventure piccanti con altri uomini all'insaputa del coniuge, di ben quindici anni più anziano di lei. Comunque fosse, Maria non voleva tradire Alfio: era più che altro una questione di carne che bolle. Aveva degli scrupoli morali. Anche se ci pensava sempre più spesso. E si macerava, si struggeva dalla voglia tutto il giorno; non pensava ad altro, ormai.
Si vestiva, truccava e profumava in modo forse esagerato, per le semplici faccende quotidiane. E facendo la spesa al supermercato, cercava in modo sfacciato gli sguardi e i complimenti degli altri uomini. Di questo tormento Alfio non si rendeva conto. Ma una sera tornando dal lavoro la trovò sul letto nuda, culo alzato e ben aperto. Pronta a ricevere il maschio. E passarono una notte sorprendente: egli si dedicò con scrupolo a fotterla senza posa e a scoprire una donna completamente nuova, assai diversa da quella che aveva sposato. Iniziò quindi con lei un periodo di sesso sfrenato. Meravigliose ore.
Maria però bramava con tutta l'anima essere conquistata e posseduta da un maschio che non fosse suo marito; possibilmente con foga. E voleva finalmente anche lei godere delle gioie del sesso segreto. Quello scorrettissimo, quello che inizia di contrabbando e che ti dà il brivido del rischio. Con tutto il suo essere, lei desiderava proprio tradire suo marito, farlo cornuto e se possibile fargli del male, farlo soffrire, sperimentare. Facendosi scopare da qualcun altro. Spesso, preferibilmente. Ogni volta che fosse stato possibile. Così, inevitabilmente ci fu il primo frettoloso tradimento, grazie anche alla perseveranza paziente e complice di Lorella.
In centro infatti aveva casualmente incontrato un suo amico d'infanzia. Entrarono in un bar elegante, per un caffè e due chiacchiere. Dopo alcuni rapidi convenevoli, Maria andò in bagno e si consultò per telefono con l'amica, che la spinse a darsi una mossa. Perché le occasioni vanno colte al volo. Eccheccazzo: forza, datti da fare, puttana! Seppur inizialmente titubante, finì comunque per fargli soltanto una sega, ben nascosti nel separé più nascosto al secondo piano del locale. L'uomo viveva in un'altra città e si trovava nel quartiere nativo soltanto per le passate feste natalizie. Sarebbe ripartito la sera stessa. Quindi lei, rassicurata da queste cose, elettrizzata e felice di provare il brivido dello scorretto, gli regalò così un bellissimo e appassionato arrivederci.
Nascosti opportunamente alla vista degli unici altri due tavoli occupati nel piano, vicinissima a lui alzò appena la gonna, lo masturbò e quando egli stava per venire, piegandogli il cazzo in maniera opportuna lo fece sborrare sulle sue calze. Poi, sempre fissandolo negli occhi, pian piano raccolse la sborra con le dita e se la gustò tutta, ingoiandola con voluttà. Infine, chinandosi rapida, gli prese il glande in bocca e lo ripulì con due colpi di lingua, sempre guardandolo fisso negli occhi. In pratica, gli fece un mezzo pompino rapido. Inghiottì golosa le ultime gocce di sborra residue nel cazzo dell'uomo. Lui intanto, completamente instupidito da quella femmina, se la guardava rapito. Era in completa ed estatica trance erotica.
Maneggiare il cazzo di un altro uomo, sentirlo totalmente in suo potere e infine vedere il suo amato compagno di scuola sborrarle sulle calze però le aprì la mente e gli orizzonti. Realizzò che dopo l'episodio, a cui ripensava di continuo durante le sue giornate, malgrado i suoi complessi di colpa interiori non successe assolutamente nulla di spiacevole! Perché nessuno si lamentò, non scoppiò alcuno scandalo. Il sole sorgeva ancora tutte le mattine. Soprattutto, molto importante, suo marito continuava a scoparsela felice ogni sera, con gran gusto e ignaro di tutto. Maria cominciò allora la caccia alla prossima trasgressione. Quanto lo desiderava fare!
Nella sua mente passava in rassegna tutti i possibili candidati, soppesandone qualità fisiche e gradevolezza generale. Voleva trovare la prima preda non appena se ne presentasse l'occasione. E poi nel tempo a seguire un'altra e un'altra ancora. Avvalendosi degli smaliziati ed esperti consigli di Lorella, ovviamente. Con lei comunque, se non avevano nessun maschio tra le cosce o nel mirino, dopo la spesa mattutina o comunque quando in mattinata erano sole per qualche ora, in casa dell'una o dell'altra avevano preso l'abitudine di accarezzarsi vicendevolmente in maniera ardita. Molto. Avanzavano ogni volta di più verso l'inevitabile intimità totale tra loro.
Arrivò per lei quindi molto presto il culmine della trasgressione: iniziò perciò e senza ulteriori remore, a far l'amore dapprima con la stessa Lorella: fu bellissimo, eccitante e gustarono entrambe il frutto più proibito e immorale. Da quel momento, Maria perse ogni freno inibitore. Poi spinsero il pedale dell'acceleratore e in una stessa sessione lesbica introdussero un giovane stallone. Che spomparono letteralmente. Ripeterono la cosa altre volte insieme. Maria per conto suo però iniziò a fare pompini ai ragazzi e agli uomini che riusciva ad acchiappare in giro. Non le era difficile, vivendo in una grande città e usando i siti e le app di annunci erotici.
Le piaceva moltissimo lavorare il cazzo e ingoiare la sborra: quando la vedeva schizzare fuori, sentiva in sé una specie di ebbrezza erotica che la gratificava moltissimo. Infine, senza più scrupoli, iniziò a fare l'amore con due uomini contemporaneamente. Le sensazioni che provava prendendo due cazzi in corpo nello stesso momento erano qualcosa di mai provato prima e totalmente appagante. Suo marito non lo seppe mai. Era molto accorta, nel gestire i suoi affari privatissimi. Anche perché aveva organizzato le cose in modo da scopare regolarmente proprio con i due amici più stretti di Alfio: due gemelli omozigoti, entrambi scapoli e non sposati!
Li aveva circuiti con pazienza e scaltra malizia. Loro avevano qualche anno in meno di Alfio ed erano abituati da sempre a scambiarsi o condividere le cose. Dapprima scopò con uno; poi si decisero e si amarono in tre. Alfio a ogni modo era tranquillo, nel menage familiare, anche perché lei non gli faceva assolutamente mai mancare il lungo e appassionato pompino mattutino al risveglio e la torrida scopata serale prima di dormire. Spesso poi, di notte lo svegliava e si faceva inculare sedendoglisi sopra, a cavallo: con le pance e i bacini a contatto, come la dominatrice e padrona che era meritava. E lui allora quanto le sborrava dentro!
Maria provava e perfezionava con Alfio ciò che avrebbe replicato in settimana con i suoi due amanti fissi segreti. Con ognuno di loro o entrambi, molto discretamente e nelle occasionali assenze protratta del marito per lavoro, amava fare l'amore proprio nel talamo coniugale. Per sentirsi femmina desiderata dal genere maschile ma traditrice e sporca al massimo. Godeva doppio, così. C'è da dire che i due coniugi in ogni caso ebbero tra loro un rapporto sereno, lungo e felice. Unione che fu benedetta dopo qualche anno dal matrimonio dalla nascita di ben tre figli. Lorella ovviamente fu la testimone di battesimo per la femmina, così come a turno per i fratellini vennero scelti i gemelli amici di Alfio.
Che erano ormai già profondi conoscitori dell'anatomia di sua moglie, ognuno più generoso dell'altro, con lei. La amavano. Maria quindi continuò per tutto il tempo in cui fu sposata con Alfio a godere della dolce, adorata fregna di Lorella. E dei cazzi arrapati e prepotenti dei suoi amanti. Dei due gemelli amici di famiglia prima di tutto e poi, quando più raramente le capitava, anche di qualcun altro. Alcuni rapporti erano soltanto occasionali e certamente non avrebbe mai più rivisto l'amante del momento, altri invece se li organizzava più o meno regolarmente: aveva infatti in parallelo coi gemelli anche una mezza storia di passione proibita col suo capo.
Un uomo di sessant'anni ben portati che comunque la soddisfaceva molto. La sfondava di dritto e di rovescio. Lui la adorava, perché con Maria ritrovava la sua gioventù, il vigore dei trent'anni. E poi lei aveva l'enorme attrattiva sessuale di una giovane donna, cosa che sua moglie ovviamente non poteva più offrirgli. Ma ciò che lei provava con i due gemelli amici di suo marito ovviamente era senza eguali. Loro man mano che la scopavano la conoscevano sempre meglio e le facevano raggiungere posti lontanissimi, pieni di genuini e soddisfacenti orgasmi. Mentre la riempivano di sborra: da soli o in coppia.
Quella donna adorava mettere le corna al coniuge. Soprattutto con i suoi stessi amici intimi. Perché, pensava, con gli altri ormai lei godeva si, ma solo a metà. Però anche per il suo capo aveva una particolare affezione: soprattutto di carattere sentimentale. Con lui infatti non era solo sesso: si sentiva protetta, adorata e amata con vera passione. E di contro anche lei gli si era attaccata. Scopavano con vero e proprio amore. Comunque, tra le altre cose scoprì subito di riuscire con relativa facilità a prenderlo in culo anche a secco, con un'infilata rapida, poi a spompinare ingerendo il cazzo fino alla radice e infine a prendere due uccelli in figa contemporaneamente.
E un po' per sentimento, un po' per le sue specialità da vera troia, veniva cercata spesso, dal suo capo. Ma l'ultima raffinatezza era una cosa che ovviamente riservava solo ai suoi due fedelissimi. Successe quasi per sbaglio: uno dei due, volendo entrare in lei in preda alla foga, non si rese conto di star puntando anche lui allo stesso orifizio in cui già era suo fratello, che era partito come un treno nella scopata. E quando lei urlò di dolore ormai era troppo tardi: aveva due uomini dentro la fregna. Era andata. Continuarono così tutti e tre, fino a un orgasmo sorprendente: caratterizzato da una cospicua eiaculazione maschile e una dolcissima, lunga, soddisfacente estasi d'amore per la donna.
Quindi, ai primi e un po' esitanti tentativi di doppia penetrazione in figa ne seguirono prestissimo molti altri. Ovviamente, seguì la doppia penetrazione anale. Che, seppur con cautela, avvenne con successo e poi ripetutamente. Adorava sentirsi una vera puttana. E usare attrezzi sadomaso, per incrementare la sua sensazione di totalmente sottomessa alle urgenze del maschio. Sperimentarono fino al perfezionamento di tutte le possibili posizioni dell'amplesso a tre. Il sesso le si era piazzato in testa e non poteva far altro che arrendersi ogni volta alla passione urgente. Che era insieme proibita e bellissima. E gli eventuali scrupoli morali venivano coperti agevolmente ormai dal callo dell'intenso godimento provato. Il sesso forte e scorretto, fuori dal matrimonio era divenuto ormai la sua vera, unica e adorata dipendenza. Dolcissima. Irrinunciabile.
RDA
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«Ricordatemi come vi pare. Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai».
Addio Michela Murgia, ragazza libera.
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Il testo parla di una donna, Sally, che ripensa alla sua vita, alle sue scelte sbagliate, agli errori che ha commesso, al dolore che ha subito per colpa di altri. Nella parte finale però la ragazza riesce a trovare dentro di sé la forza per andare avanti. Vasco Rossi racconta di questa ragazza che ha conosciuto durante una sua vacanza come se fosse speciale. L'aveva incontrata tra tante altre, però lei aveva qualcosa in più: non era come tutte le altre, era diversa, era speciale.
youtube
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Come se qualcosa lo avesse toccato dentro. Come se quella ragazza fosse diversa dalle solite. Come se fra loro due dovessero succedere molte altre cose. Come se lui ne fosse uscito differente. Come se Laide incarnasse nel modo più perfetto e intenso il mondo avventuroso e proibito. Come se ci fosse stata una predestinazione. Come quando uno, senza alcun particolare sintomo, ha la sensazione di stare per ammalarsi, ma non sa di che cosa né il motivo. Come quando si ode dabbasso il cigolio del cancello e la casa è immensa, ci abitano centinaia di famiglie e all'ingresso è un continuo andirivieni eppure all'improvviso si sa che ad aprire il cancello è stata una persona la quale viene a cercarci.
Dino Buzzati - "Un amore"
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Ad oggi ho capito che non era niente.
Che non eravamo niente.
@lovethisbigsilence
#lovethisbigsilence#amore finito#absolute solitude#odio#amore#ragazza diversa#sentimenti mancanze vorreiamartimanonvuoi#amore doloroso#amore perduto#frasi vita#solitudine#soli#blog post#sola#dolore#cuore in frantumi#poets on tumblr#amore tumblr#like#cuore che piange
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mmm considerato che esci con una ragazza diversa al giorno a me sembra evidente che non cerchi una relazione
mmm a parte che non esco con così tante persone, in più se sono single evidentemente faccio conoscenze come fanno tutti, se un giorno dovessi trovare una persona con cui sto effettivamente bene emotivamente e lei starà effettivamente bene emotivamente con me sicuramente non me la lascerò scappare perché “non cerco una relazione”, al momento non è la mia priorità perché ho altre cose a cui pensare ma non mi precludo nulla come ho sempre fatto nella vita, personalmente non mi impegno sentimentalmente con chiunque solo per non stare solo in inverno e poi lasciarmi tra 5 mesi che si fa estate come fanno tutti
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presa da un atto di coraggio, recuperai carta e penna, iniziando a scrivere le ultime parole che ti concessi, prima di dirti definitivamente addio.
23 novembre 2023
Ciao amore,
sono passati un po’ di mesetti dall'ultima volta che ti scrissi una lettera, ormai ne ho scritte così tante che ne ho perso il conto, anche se a dire la verità non le ho mai contate.
come ben sai, scrivere è il mio unico modo per esprimere ciò che ho dentro e ciò che non riesco a dire a voce...
in alcune lettere menziono sempre il fatto di dove io avessi sbagliato, di come avrei potuto fare scelte diverse o semplicemente raccontare le mie giornate o quello che comunque faccio nel presente.
poche volte menziono i ricordi, molte volte ripeto quanto ti abbia amato, e soprattutto quanto ancora ti amo.
questa è l'ultima lettera che ti scriverò, ho deciso di mettere la parola fine e il punto a tutto ciò che c'è stato in passato, ma soprattutto alla nostra storia, consapevole che il sentimento che ho provato per te, non lo proverò con nessuno.
ho capito che ci sono un'infinità di amori, che ogni amore con una persona è diverso dall'amore con un'altra, questo l'ho capito con il passare del tempo, e mi dispiace se me ne sia accorta troppo tardi.
ho provato a fare del mio meglio, come tu hai provato a fare del tuo, lottando con anima e corpo.
ogni tanto la sera prima di andare a dormire, rileggo le tue lettere, ogni volta è sempre un'emozione diversa, ogni volta ricado nei ricordi ed è bellissimo riprovare certe emozioni, ma è alquanto bruttissimo invece leggere e rileggere le stesse righe, le stesse frasi, le stesse parole, senza essermi resa conto dei dettagli.
citavi sempre che io meritassi di meglio, che ti sentissi sbagliato per me, e l'ultima volta che le ho rilette, ho capito troppo tardi che tu non ti sentissi all'altezza, e ti chiedo scusa se non me ne sia accorta, ti chiedo scusa se ti ho fatto sentire così, ti chiedo scusa se non ho fatto nulla per far si che non pensassi più cose del genere.
tu mi meritavi, tu eri all'altezza, senza di te mi sarei sentita persa, senza di te sarei crollata ancora prima di rialzarmi, senza di te sarei annegata, per farti capire che tu per me eri importante.
eri tu tra i due il più forte, eri tu tra i due che non mollava, eri tu tra i due che lottava, eri tu e sei sempre stato tu a non mollare tutto. sei determinato, furbo, intelligente, forte, un po' testardo, ma hai un grandissimo cuore e tanto da offrire a mio parere, ora non so come tu sia, ovviamente grande vaccinato e maturo, ma quando ami dai il mondo.
ci siamo sempre detti che nonostante non ci fosse più un per sempre tra di noi, di non mettere al primo posto nessun altro, io l'ho fatto, ma ora ti chiedo di non farlo a te, metti al primo posto Lei, dalle il mondo, amala, rendila felice, voglio che tu sia felice, che tu stia bene in primis, anche se questo porta a lei al primo posto anziché me.
in futuro se mai avrai una famiglia, oltre ad essere un buon padre, che ci scommetto che lo sarai, non raccontare di me, del tuo amore che hai provato per me, non raccontarlo, significherebbe raccontare il dolore, e l'amore non dovrebbe essere dolore, dovrebbe essere felicità.
tienimi solo come un bel ricordo, come una lezione di vita non so, ma tienimi solo per te come la ragazza dagli occhi belli da dio che hai conosciuto al lago durante una banalissima e noiosissima gita scolastica. solo questo ti chiedo.
ama tanto e sii amato, te lo meriti. spero con tutto il cuore che Lei ti stia dando tutto ciò che io non sono riuscita o non ho potuto darti.
grazie per aver fatto parte della mia vita, ti devo molto, ho anche mantenuto la promessa di non farmi del male, ma ora è arrivato il momento di lasciarti andare del tutto e volevo dirti anche che quel giorno dopo le lezioni di recupero in estate, quando hai ammesso di aver sbagliato a fare quello che hai fatto, lo stesso giorno in cui mi hai accompagnata in autobus ascoltando la nostra canzone e canticchiandola labbra contro labbra, in quel esatto momento ti avevo già perdonato, non mi importava del male che mi avevi fatta, non mi importava del male che poi in futuro mi avresti fatto, non mi importava perchè il sentimento che provavo per te era così forte e bello che sovrapponeva il dolore.
però so che tu non mi hai mai perdonata per la scelta che ho fatto, e va bene così, questo ha portato a un te felice ora, e se tu lo sei la sono anche io.
grazie per tutto.
per sempre tua.
[…]
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Ho vissuto 17 anni a Pola ed è stata una vita da favola: è quella la mia terra e mi manca tanto. Siamo andati via nel 1946 perché c’erano già state le prime foibe, in Istria si sapeva, a Pola meno. Venivano di notte, chiamavano la persona e dicevano “Vieni, ti devo parlare”, e quella spariva. Poi ci accorgemmo che, dopo tempo, a Pola, sui tabelloni di un cinema erano esposti cadaveri; così la gente andava alle foibe per cercare lembi di indumenti dei familiari scomparsi. Fummo sfollati a Orsera (in croato Vrsar) nel 1944-’45, quando avevo 14 anni, perché gli alleati bombardavano e c’erano i tedeschi. Ricordo un presidio di giovani soldati, 18 o 19 anni, che furono convinti dalla popolazione pro-Tito a lasciare il presidio e andare in bosco coi titini. Questi presero le armi dei nostri soldati e si vestirono con le loro divise: i giovani che andarono in bosco non tornarono più. Le mamme andavano a chiedere a don Francesco Dapiran, poi parroco di Fertilia, dove fossero i loro figli, e lui andò a cercarli paese per paese, chiedendo alla popolazione dove fossero stati portati: erano tutti morti gettati nelle foibe. Tornammo a Pola e riprendemmo la vita di tutti i giorni. Vivevamo in mezzo a gente slava, ma non lo sapevamo, eravamo tutti una comunità. Furono alimentati rancori e odi, ma in realtà non c’era questo fra noi, eravamo gente buona. Mio padre, originario di Buggerru, e mia madre ripresero a lavorare, io proseguii gli studi. Poi anche da noi iniziarono le uccisioni e facemmo domanda per espatriare. La nostra partenza fu fissata il 10 febbraio 1947, ma l’uccisione del generale De Winton la rinviò. Essendo una ragazza di 17 anni, vivevo quell’esperienza non come un disagio, ma come un’avventura. Partimmo col successivo imbarco, il pomeriggio di sabato 15 febbraio. La domenica, a bordo, il parroco celebrò la messa, quindi, nel pomeriggio, arrivammo ad Ancona. Mi aspettavo una festa d’accoglienza, con le bandiere, invece ci vennero incontro delle barche con a bordo uomini che, col pugno chiuso, ci insultavano gridando: “Tornate a casa vostra, fascisti!”. Se non ci fossero stati i carabinieri quelli ci avrebbero buttati in mare: li ringrazierò per sempre per quello che hanno fatto per noi. In treno raggiungemmo Civitavecchia da dove c’imbarcammo per la Sardegna. Il giorno dopo sbarcammo ad Olbia, quindi ci trasferimmo a Sassari e da lì prendemmo il treno per Cagliari. Il paesaggio che si presentò ai miei occhi era desolante, mi sembrava di attraversare la steppa; ricordo delle cavallette enormi ma anche un bel sole, che ci accolse con tutto il suo calore. Il primo impatto con Cagliari fu positivo: il municipio e il bel giardino antistante mi diedero subito l’impressione di una bella città, nonostante i danni subiti dalla guerra appena terminata. Ci condussero nel campo profughi, situato tra le vie Logudoro e San Lucifero, e lì l’accoglienza fu buona. La città mi piaceva e mi piace, ma mi sono inserita con difficoltà, la mia mentalità era diversa da quella che ho trovato e non riuscivo a capire le persone che si esprimevano solo in sardo. Sono arrivata a 80 anni e ringrazio Dio e ringrazio la Sardegna perché mi trovo bene, la vita è tranquilla, una pensione l’ho avuta, ho pochi amici ma buoni e tengo collegata tutta la ‘mia’ gente, sparsa in tutto il mondo.
Nerina Milia, esule da Pola
#La signora Melia scrisse abbastanza spesso sull’Arena di Pola negli anni Ottanta#Esodo giuliano-dalmata#Giorno del ricordo
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Un amore del profondo Sud
"Ecco la pena che aveva nel cuore. La sua ragazza era Concia, l’amante di un sudicio vecchio e la libidine dei ragazzini. Ma l’avrebbe voluta diversa? Concia veniva da luoghi anche piú rintanati e solitari che il paese superiore. Ieri, contemplando un balcone dalle latte di gerani, Stefano gliel’aveva dedicato respirando voluttuosamente l’aria lucida e forte che gli ricordava quell’elastico passo danzante. Persino le sudice stanze basse dalle madie secolari festonate di carta rossa o verde, e dagli scricchiolii del tarlo, giuncate di pannocchie e ramulivi come stalle, supponevano il suo viso caprino e la sua fronte bassa, e una torva e secolare intimità."
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C'è questa ragazza/influencer che seguo su ig che come contenuti porta outfit midsize. Lei è bellissima, i suoi outfit pazzeschi, e non so se sono io ad avere un'idea diversa di "midsize", però io non la definirei per nulla così.
Come quando sui vari siti di abbigliamento alla sezione "curvy" trovi modelle che al massimo arrivano ad una 46, mentre stanno pubblicizzando una taglia 50 o più. Boh non ha senso
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Vuoi sentire una storia? Ti racconterò la storia di quella ragazza, quella che vedi laggiù in quell'angolo, lei è fredda e grigia, è piena di fiori, le piacciono il loro profumo, i loro colori, quelli che lei non riesce più a vedere.
Ti racconto la storia di quella ragazza, quella che metteva sempre al primo posto le altre persone piuttosto che sé stessa, quella ragazza che riceveva silenzi e coltellate da chi riempiva di conforto e carezze sul cuore.
Ti racconto la storia di quella ragazza che non riusciva a dormire, che era piena di incubi, voleva dormire per zittire i pensieri, ma iniziarono a seguirla anche dentro al letto, anche dentro ai sogni.
Ti racconto la storia di quella ragazza che aveva la testa altrove, che pensava troppo, che si faceva troppe paranoie, che a causa dei pensieri si scuciva la pelle.
Ti racconto di quella ragazza che non riusciva a studiare, perché si sentiva diversa, perché si sentiva pesante, perché si sentiva non all'altezza.
Ti racconto di quella ragazza che stava male, anche se non lo dava a vedere, che copriva le occhiaie e gli occhi secchi dalle lacrime della notte con il trucco, copriva la sua smorfia di dolore verso la vita con un sorriso.
Ti racconto di quella ragazza che cercava l'amore, quello vero, quello che ti scalda il cuore, ma che puntualmente trovava qualcuno che le faceva colare il mascara.
Ti racconto di quella ragazza che scriveva, scriveva per cercare di vomitare tutti quei pensieri che le comprimevano il cervello, e per un po' funzionò forse, ma poi neanche quello riuscii più ad aiutarla.
Ti racconto di quella ragazza che voleva vivere, voleva essere libera, voleva essere felice.
Ti racconto di quella ragazza piena di traumi, di graffi, di tagli, di morsi.
Ti racconto di quella ragazza che piangeva in silenzio la notte, sola in una stanza per non fare rumore, per non fare scalpore.
Ti racconto di quella ragazza che si alzava la mattina volendo solo rimanere sul letto a guardare il soffitto, ti racconto della sua forza nel prepararsi ed indossare il suo ennesimo falso sorriso che l'avrebbe accompagnata per l'intera giornata.
Ti racconto di quella ragazza, che alla fine non ce la fece più, i pensieri la stavano sovrastando, le persone la stavano schiacciando, il suo cuore diventava sempre più freddo.
Ti racconto di quella ragazza, quella che vedi laggiù in quell'angolo, lei è fredda e grigia, è piena di finti fiori, ma nessuno va più da lei, ha lasciato troppo dolore, troppe domande, troppi rimpianti.
Ti racconto di quella ragazza che tutti piansero, che tutti non capirono, che tutti amarono.
Ti racconto di quella ragazza che voleva essere libera, ed ora lo era, senza pensieri, senza dolore, senza lacrime e senza persone.
Ti racconto di quella ragazza.. quella che, forse sei anche te.
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