#quando ho incontrato te
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Ieri mattina alle sei ho incontrato un signore con ancora le pantofole e la vestaglia che raccoglieva le foglie bagnate davanti al suo palazzo. Aveva almeno 70 anni e impugnava la scopa con forza dando spazzate veloci.
Nel vederlo così agitato, il mio cane si è spaventato e ha fatto un salto indietro.
Al che il signore si è fermato e gli ha detto “vieni qui bello, vieni qui”.
Ma Huck era ancora diffidente e non si è mosso.
“Non volevo spaventarlo” mi ha detto.
“Oh, non si preoccupi, è un attore nato questo qui.”
“Purtroppo stanotte con questa pioggia e il vento sono cadute un sacco di foglie e adesso devo raccoglierle in tempo!”
“In tempo per cosa?”
“Prima che QUELLA esca per prendere la macchina.”
“Quella chi?”
“E ieri sera abbiamo pure litigato!!!”
“Ma con chi?”
“Mia moglie!”
“Oh.”
“Adesso sta ancora dormendo… bella vita!”
“Be’, sono le sei del mattino…”
“Appunto, ma tra poco si sveglia, esce e scivola se non le tolgo, perché gliel’ho detto diecimila volte che deve alzare i piedi ma secondo te lo fa? L’anno scorso è pure caduta e si è rotta una caviglia!”
“Sono un pericolo queste foglie bagnate.”
“Sì, ma basta stare attenti! E invece lei non lo fa… Pensavo avesse capito la lezione e invece anche quest’anno la stessa storia: per fortuna l’altra settimana c’ero io e si è appoggiata a me quando è scivolata, sennò cadeva di nuovo!”
“E quindi sta spazzando le foglie prima che esca?”
“Sì, e prima che si svegli perché non voglio che sappia che sono stato io!”
Anche se hanno litigato, ha spazzato tutto il marciapiedi fino alla macchina di sua moglie.
Se qualcuno, d'ora in poi, mi chiederà cos'è l'amore... gli racconterò questa storia.
- Autore sconosciuto
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@esthergravityfalls made me think of this, so have the Loumand fight adapted into Italian by me
L: "Cosa? Cosa?"
A: "È giorno!"
L: "E allora? Me la passavo-"
A: "Con un ragazzo. Te la spassavi con un ragazzo. Ero a casa a girarmi i pollici sul divano."
L: "Ti ho chiesto di unirti a noi."
A: "La notte è passata, la stanza è un casino e ora sono qui, a pulire con straccio e stupidità."
L: "La stanza si è sporcata, e allora? La pulisco."
A: "No, la pulisco io. Tu fai i casini e io li pulisco. Segnamolo sul calendario, allineiamolo con Orsa Maggiore, il triannuale "vaffanculo, ora trovami" di Louis, con scuse a seguire."
L: "Scusa!"
A: "Ti rifugi nelle braccia di delinquenti e malcapitati e ragazzini distrutti, va bene."
L: "Ah, il va bene che non sembra bene."
A: "Ma rivelare la nostra natura a un reporter che hai incontrato in un bar 10 ore fa... E se avesse pubblicato?"
L: "Mi stavo divertendo, stavo per chiudere la faccenda quando..."
A: "Saresti svenuto sul pavimento di fianco a lui, Louis. Stordito dalle droghe che gli hai dato."
L: "Oh, che noia! Sei noioso. Scolorito, insipido. Settimane noiose, mesi noiosi, un noioso del cazzo!"
A: "Ecco le droghe, dalle zanne giù per la gola fino al cuore, le dita tremanti, i piedi..."
L: "Soffocamento dal cuscino più morbido e beige. Le 10 ore che ho passato con quel ragazzo sono state più interessanti, più affascinanti, di decenni con te! Oh eccolo! Lo sguardo mezzo vacuo, mezzo apocalittico. Ma cosa significa oggi, eh? Mi vuole leccare le scarpe o tagliarmi le mani? Stasera c'è il gremlin o la crocerossina?"
A: "Okay. Okay, forse. Ma sono noioso come il blaterare registrato sulle cassette magnetiche del tuo affascinante ragazzo? Oh, oh, è così difficile essere me!"
L: "Mi giravo i pollici sul divano?"
A: "È così difficile uccidere gli umani,sento i loro sentimenti mentre li prosciugo! Tutti quelli che conosco mi fanno dei torti!"
L: "OK, OK, svegliamo il ragazzo e proviamo con te. Sono il vampiro Armand e il mio papà vampiro mi ha addestrato ad essere una puttanella!"
A: "Mio fratello, si è gettato dal tetto! Mia sorella mi ha sepolto vivo!"
L: "Ma i vampiri che hanno ucciso mio papà mi hanno fatto pretendere di non avere il cazzo per 240 anni."
A: "Mia figlia era mia sorella, era il mio soprammobile. Non mi guardava gentilmente. Lestat, Lestat, Lestat, Lestat"
L: "Ho parlato male di lui tutto il tempo! E allora?"
A: "IL NOME! Il nome, muto nella nostra casa da 23 anni, detto di nuovo e di nuovo finché non mi pulsava in testa come un martello."
L: "I nostri problemi non riguardano lui!"
A: "E tu usavi il suo nome solo come copertura, ma poi si tornava sempre a lui!"
L: "L'ho amata!"
A: "Ma lei non amava te! Non come lui, non come me."
L: "Lo so. Lo so! Grazie, grazie per averlo detto."
A few observations
- boy, do they say a lot in 2 minutes
- some things have been changed, such as picking lint off the sofa and idk what Armand meant by "wallowing fingers" at a certain point
- rewatching this scene never gets old
#interview with the vampire#armand#iwtv#iwtv spoilers#iwtv amc#amc iwtv#louis de pointe du lac#Loumand fight
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Mio padre urlando come un matto alle 5 di mattina perché essendo un bambino capriccioso non ha potuto sopportare la crema addosso la notte per cui si è ricoperto d’alcol strofinato malamente con un cencio da mia mamma ed ha sbraitato quanto cazzo siamo pazze maledetto il giorno in cui siamo nate maledetto se stesso perché tutti i suoi problemi sono cominciati quando ci ha incontrato ci ha augurato almeno 10 tumori a testa poi a se stesso ed ha sbattuto la porta per andare a lavorare ed ora sto malissimo perché l’ho disturbato perché l’ho dovuto far stare così, perché è colpa mia e solo mia tutto questo, mi chiedo quale sentimento ci si avvicini di più e posso dire quello di deludere la persona con cui ho una relazione, it’s funny cause tutti i miei problemi sentimentali vengono dal fatto che mio padre ha letteralmente 15 anni e non è in grado di soddisfare 1 bisogno degli altri che sia uno e qualsiasi cosa non sia la perfezione è veleno è un tentativo nostro di attentare alla sua vita, perché gli vogliamo male lo vogliamo segretamente far vacillare e crollare, è così che ci vede lui, due complottiste alle sue spalle pazienti e crudeli che come scopo hanno quello di rovinargli l’esistenza, anche se letteralmente è(???) la vita(?!!) nessuno viene prima di lui nella piramide dell’importanza ed il suo benessere è sempre in cima, intanto io sono qui che prego per te perché la tua giornata sia bella e tranquilla e felice che il tuo panino non si scaldi sotto il sole e che ti sia fonte di energia che non sudi troppo che ti passi una giornata tranquilla di lavoro tranquillo perché ti amo papà ti amo tantissimo anche quando tu non mi ami ed è questa la mia condanna generale, di amare troppo a chi questo amore non serve non ne ha bisogno, di amare chi non ha gli strumenti per prenderlo e farci qualcosa, di potersi curare con esso, di amare sempre chi ama e sceglie prima se stesso ogni dannata volta sperando che il risultato prima o poi sarà diverso
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”Con te sarò nuovo. Ti dico queste parole nel periodo migliore della mia vita, nel periodo in cui sto bene, in cui ho capito tante cose. Nel periodo in cui mi sono finalmente ricongiunto con la mia gioia. In questo periodo la mia vita è piena, ho tante cose intorno a me che mi piacciono, che mi affascinano. Sto molto bene da solo, e la mia vita senza di te è meravigliosa. Lo so che detto così suona male, ma non fraintendermi, intendo dire che ti chiedo di stare con me non perché senza di te io sia infelice: sarei egoista, bisognoso e interessato alla mia sola felicità, e così tu saresti la mia salvezza. Io ti chiedo di stare con me perché la mia vita in questo momento è veramente meravigliosa, ma con te lo sarebbe ancora di più. Se senza di te vivessi una vita squallida, vuota, misera non avrebbe alcun valore rinunciarci per te. Che valore avresti se tu fossi l'alternativa al nulla, al vuoto, alla tristezza? Più una persona sta bene da sola, e più acquista valore la persona con cui decide di stare. Spero tu possa capire quello che cerco di dirti. Io sto bene da solo ma quando ti ho incontrato è come se in ogni parola che dico nella mia vita ci fosse una lettera del tuo nome, perché alla fine di ogni discorso compari sempre tu…”
Tratto da E’ una vita che ti aspetto
p.s.: scusate per questa sdolcineria, ma trovo che sia bellissima
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Ah… ora ci divertiamo!
Il giovedì alle sette e mezzo, dopo una bella cenetta rapida, non esiste nulla di meglio che sentire la chiave che ti ho dato infilarsi nella toppa della porta del mio monolocale di divorziato e vedere te, bella come un’attrice, che vieni a farmi passare un'ora o due con la mia micia preferita.
Vieni qui: ora datti da fare come sai che mi piace e divertiti anche tu. Sei una donna molto raffinata nei gusti. So che adori vestirti di tutto punto, adornarti, profumarti ed essere ammirata, corteggiata. E succede puntualmente: al lavoro quando vai in un ufficio, a far la spesa o passeggiando con un'amica per fare compere.
Tutti gli uomini che incroci ti osservano e ti desiderano. Non potrebbero fare altrimenti. Non passi inosservata e se indossi una gonna corta, le tue gambe fanno quasi venire un infarto a chi non è preparato a tale visione. Non parliamo poi di quando ti gira e indossi un paio di leggins leggerissimi, semi-trasparenti con perizoma: il tuo culo diventa un’arma letale.
E so anche che ti piace iniziare a flirtare a tua volta: il pensiero che un uomo si ecciti pensando a te ti fa impazzire di piacere. Sei crudele. Ma generosa: regali un sorriso e dieci secondi di pura gioia. Ma quello che piace a me invece è sapere che mentre gli altri apprezzano la donna gentile, bella, educata, colta e discreta che sai essere, tu riservi al mio corpo la tua parte più porca, oscena, assolutamente disdicevole e lasciva.
Con me sei una persona assolutamente immorale! E ti adoro per questo. Arrivi qui. Togli il soprabito e mi guardi come se fossi venuta per divorarmi, sei una tigre dopo una settimana di astinenza dal cibo. Ti piace spogliarmi lentamente, vedere che mi eccito sempre più mentre lo fai, capire che il tuo profumo fa effetto sulla mia libidine e quindi ti metti a giocare con il mio uccello.
Ci passi i migliori minuti della nostra unione segreta. Adori mettertelo pian piano tutto in bocca e giocarci con la lingua, inumidirlo ben bene. Per poi stantuffare lungo l'asta con le labbra, accarezzarmi i coglioni e alte cose meravigliose. Concentratissima, inizi a succhiarmelo per darmi piacere e poi al momento giusto decidi e ti ci infili sopra.
Di culo o di fica, per me è uguale. Adoro sentirti godere, essere felice mentre scopi e amo chiamarti troia, puttana o succhiacazzi, mentre ti do sonore pacche sul culo. Perché la tua parte migliore non è il tuo quoziente intellettivo, il tuo impiego come dirigente o la tua grande cultura umanistica: il top della tua persona è il tuo sodo, tondo, stupendo culo da zoccola, tesoro che curi andando quattro volte a settimana in palestra.
Che poi in effetti sono tre, perché il giovedì ti serve solo da copertura per venire a fartelo infilare e prendere a sberle qui da me. Ti piace, lo so. Ami sentirti posseduta, presa con rudezza e maltrattata. Vuoi l'uomo forte, quello che ti usa e ti mette al tuo posto. Pretendi dalla vita il maschio che t'ha negato, facendoti sposare per convenienza di famiglia un “bravo ragazzo.”
Così ti sei trovata tuo malgrado legata a lui. A quel marito che hai scoperto essere progressivamente sempre più disinteressato al sesso e alle tue esigenze di femmina, al tuo bisogno di essere adorata ma anche domata, cavalcata, soddisfatta. Alla tua sana voglia di cazzo, legittima, abbastanza normale ed evidente in un matrimonio. Idiota e villano. Per fortuna che hai incontrato me.
Gli hai dato dei figli, poi tuttora lo curi, servi e coccoli a puntino. A letto te lo sbaciucchi cercando di eccitarlo, però anche per tenertelo tranquillo e non farlo sospettare. Magari gli fai fare una sveltina rapida. Lui s’accontenta. Purtroppo per lui, nulla lo risveglia dal suo torpore, dal suo mondo fatto di libri, articoli, studio e convegni. Non ti porta mai al cinema o a cena fuori.
Non ti gratifica mai con un complimento, non ti dice mai che sei bella, che lo fai arrapare. In compenso, ti lascia tutta la libertà di questo mondo. Non ti chiede mai dove sei stata o come spendi i soldi. Non fa caso a quando rientri tutta scomposta e ancora accaldata dopo essere stata riempita a dovere, usata e abusata dal sottoscritto. Il tuo culo rosso e rovente non lo incuriosisce né lo eccita.
Stupido: non ha idea di che perfetta macchina del piacere tu sia né di quanti orgasmi mi fai fare dentro di te. Non sa che hai bisogno di scopare regolarmente, che vai farcita a dovere di seme e soddisfatta almeno ogni settimana, che sei esigente e vuoi tanto cazzo, dentro di te. E non immagina che la frase che ti fa venire all'istante è: “pensa a cosa starà facendo ora quel gran cornuto di tuo marito adesso!”
Al solo sentirla, ti inarchi, ti allarghi perché ne vuoi di più e me lo dici. Subito inizi a godere come una troia gemendo. Poi ti muovi a ritmo più forte, pretendendo sempre più cazzo dentro di te. Al culmine urli forte e infine vieni, allagandomi il ventre con un temporale di tuo nettare. Quanto ti adoro, mia stupenda femmina. Quanto godo nello sborrare restandoti dentro a lungo.
"ok: è arrivato il momento che… basta così! Fatti una doccia, rivestiti e vattene, puttana. A giovedì prossimo. Puntuale, mi raccomando…"
"ti amo stronzo, lo sai? Dimmi che mi ami anche tu…" "si, si: ti amo anch'io. Però adesso vai fuori dalle palle e… ma che cazzo fai? Suuu… dai, ora smetti di succhiarmelo… oooooh… be’, magari un'ultimo scarico nella tua gola te lo sei comunque meritato… aaaah, adoro la tua lingua, maledetta puttana… siiii!"
RDA
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Vorrei poter raccontare di quello che è successo quest'estate. Di come ho incontrato l'amore, quello genuino e sano, per la vita, ma soprattutto per me stessa. Ho anche incontrato qualcuno che mi ha permesso di sentire tutto il bene che ho ancora da offrire. E che mi ha insegnato a lasciare andare, anche per quanto sia difficile farlo. Non posso più vivere nel passato, pensando perpetuamente a "l'ultima volta in cui sono stata felice". Vorrei poter dire che ho trovato la vera felicità, ma mentirei. Posso dire però di aver trovato il coraggio di rischiare, almeno per darmi la possibilità di vivere e non sopravvivere. Sto lasciando la mia città, sto lasciando l'Europa per un grande viaggio che spero mi dia le risposte che cerco, o anche solo dei momenti per dubitare della mia tristezza cronica. È tutto più leggero quando smetti di pensare alle persone che ti hanno ferito e deluso, quando capisci che quello che è accaduto - o non accaduto - era per un obbiettivo più grande. Lo spazio che senti dentro di te non è un vuoto, ma una grandezza pronta ad accogliere più di quello che hai conosciuto finora. La musica non ha smesso di suonare, anche quando sei rimasto nella tua solitudine più profonda. Ed è in quest'ultima che impari a conoscere davvero te stesso e il mondo.
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Mi hai detto di pensare di notte. fuori a camminare nel silenzio della città, lontano da tutti gli stimoli infiniti da cui veniamo costantemente bombardati. dal momento che fuori viene giù il diluvio universale penso che possiamo già adattarci e apprezzare questo momento di riflessione sdraiata a letto. Non ho una particolare ispirazione al momento, volevo solo pensare un po' a te. ho lasciato andare in sordina tanto del nostro rapporto, cercando di nasconderlo nell'oblio quando il ricordo doloroso continuava ad affiorare provocandomi una fitta lancinante. quando ti ho perso il mio terrore era lasciare le nostre memorie, forse nella patetica speranza che finchè tu avessi continuato a vivere nella mia mente non te ne saresti mai andato davvero. continuavo a pensare ai ricordi con te, alle vacanze, ai primi mesi, sperando inconsciamente di dare il giusto peso a quei momenti, quello stesso peso che tu non stavi dando andandotene via. che stupida, pensandoci ora, che stupida sono stata a credere che non fosse stato importante per te, che tutto potesse essere rovinato e definito da una scelta fatta da una persona profondamente diversa rispetto a quella che avevo incontrato nell'ottobre di due anni fa. se ci penso ancora sorrido: rincoglioniti duri, senza sapere dove andare a parare, ci siamo buttati a capofitto completamente alla cieca, senza chiederci se avremmo avuto le forze di rialzarci. ho provato empiricamente che tutti hanno le risorse, o forse �� solo uno stupido discorso che mi faccio senza avere realmente la percezione delle persone a me estranee. io ci ho messo la bellezza di nove mesi e anche se adesso mi sento tranquilla so bene che ci saranno ancora momenti distruttivi. saranno meno, certo, e sarà sempre più il tempo che intercorrerà tra uno e l'altro, ma resteranno finchè non sarò in grado di perdonarmi, di redimermi, di accettare i miei errori come accetto quelli di chiunque altro non sia io. purtroppo o per fortuna, se vogliamo analizzarla nell'ottica della crescita personale perpetua, quel momento non è ancora arrivato.
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A 21 anni la mia prima vera storia è finita
perché la ragazza con cui stavo allora mi ha tradito.
Non una volta. Più volte.
Con persone diverse.
Anche persone che conoscevo
e con cui a volte mi portava fuori a cena…
a 23 anni la mia seconda storia è finita
perché ho trovato la mia ragazza a letto
con il suo migliore amico.
Trovata. letteralmente.
Ho aperto la porta della stanza e lì ho
beccati proprio intanto che…
Lo stesso anno papà si è ammalato di cancro.
Se n’è andato via tre anni dopo.
E mamma ha iniziato a vivere da sola
perché io sono figlio unico
e stavo studiando fuori casa.
È successo che per diversi anni
mi sono sentito perso.
Ho odiato la mia sensibilità e le scelte della vita.
Ma sapete che cosa è successo poi?
E’ successo che qualche anno
dopo a una festa ho incontrato
una ragazza vestita di nero che rideva
in un modo
che non avevo mai visto.
E ci siamo baciati.
E la settimana seguente siamo andati
ai mercatini di Natale.
E poi a mangiare la pizza.
E una mattina le ho mandato
una brioche a lavoro per darle il buongiorno.
E adesso, quasi dieci anni dopo.
È ancora qui.
È successo che durante un’estate
con il cuore rotto
al lago ho conosciuto persone nuove.
E abbiamo fatto dei tuffi,
e poi siamo andati a ballare,
e poi a vedere un concerto.
E adesso sono fra gli amici migliori
che posso desiderare.
Quelli che saranno vicino a me tutta la vita.
E' successo anche che un giorno
sono arrivate delle rose a mamma.
E che mamma ha dovuto combattere
il senso di colpa
verso papà, che non aveva mai smesso
di amare ma che non c'era più.
E alla fine si è buttata.
Si è data un’opportunità.
E è successo che adesso mamma è felice,
ha un compagno che amo
e che qualche volta mi dà una pacca
sulla spalla e mi chiama “figliolo”.
E io gli voglio bene come a poche altre persone.
Quello che voglio dirvi è questo.
E’ che a volte succedono delle cose
che ci rompono.
Perdiamo amori, lasciamo andare la fiducia,
smarriamo per strada amici e un po’
anche noi stessi,
vediamo soffrire le persone che amiamo
e ci sentiamo impotenti.
E pensiamo che non saremo mai più felici.
Ma non è vero.
Arriva sempre un amore nuovo.
E arrivano sempre persone nuove
che saranno i tuoi nuovi amici
e scoprirai che se quelli di prima li hai persi
c’era una ragione. Anche se non la vedevi.
Quando qualcosa ti rompe il cuore
Pensi sempre che non riuscirai ad uscirne.
Ma non è così.
Anche il sole del giorno più brutto
prima o poi deve tramontare.
La vita a volte ti mette davanti a cose
che ti rompono
il cuore anche se non te le cerchi da sola.
E allora non rendere la tua vita impossibile tenendoti stretto
qualcuno che non può amarti.
Starai bene anche senza di lui.
Vedrai.
Riccardo Bertoldi
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“Non so se oggi sarei la donna che sono, non fosse stato per te, anche se magari tu pensi di non aver fatto niente. Del resto, spesso le persone non fanno niente per cambiarci, è sufficiente che ci siano. lo ho reagito a te. Tu mi hai influenzata. Mi hai aiutata. Sei stato l'amico più strano, l'orecchio più gentile. Durante una di quelle lunghe notti fredde e buie al tavolo in giardino, una volta mi hai detto una cosa che ti imbarazzava dire, e probabilmente eri troppo ubriaco per ricordare di averla detta: che quando ti sentivi chiuso fuori, al freddo e al gelo, io ogni volta ti facevo entrare. Allora ti avevo risposto di getto, senza coglierne appieno il significato, che eri stato tu a darmi le chiavi. Credo tu abbia fatto lo stesso per me.”
Cecilia Ahern, Da quando ti ho incontrato
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Sono andata a scuola con Pamela Mastropietro, la ragazza romana uccisa e smembrata nel 2018.
Mentre scrivo cerco di rendere quello che sento e che ho sentito all’epoca il meno autoreferenziale possibile, eppure mi accorgo che non riesco, ché mi viene da scriverne perché poco fa ho visto un video con la sua faccia dove veniva ripercorsa la vicenda, apprendendo ulteriori scenari, e non riesco perché ogni volta che mi torna in mente lei mi ricordo la sensazione corporea quando ho appreso della sua morta, scorrendo il cellulare, ed ho capito che una ragazza che vedevo fino a dieci giorni prima in classe era stata fatta a pezzi e messa in una valigia. Lo so, è ancora autoreferenziale, ed è il motivo per cui non parlo di questa storia mai - non è la mia, non ne ho il diritto -, anche se mi lacera ancora oggi, ed è forse il motivo per cui non ho mai toccato droghe pesanti in quel periodo orribile.
Io vorrei descrivere Pamela, darne un ritratto fedele, autentico, descrivere il suo accento romano, la sua camminata, il suo atteggiamento duro e spaccone - tranne quando si rivolgeva a me, ché ero fragile all’epoca e forse lei lo aveva capito. Vorrei parlare del rapporto che aveva con la mia professoressa di filosofia, di quanto fosse in gamba, di come parlasse bene, ma non riesco, perché io non sono stata niente per lei, io ero solo una spettatrice, e non posso neanche avere il diritto di sentirmi così dilaniata.
Succede che poco fa apprendo che, prima della sua morte, ben due autisti di taxi hanno consumato un rapporto con lei in cambio di un passaggio per Roma - era appena scappata da una comunità per tossicodipendenti. Solo successivamente ha incontrato lo spacciatore che poi l’ha uccisa, dopo avere abusato di lei. Quando leggo questo io non riesco più neanche a parlare di Pamela, non riesco a dare un ritratto non autoreferenziale della mia angoscia perché mi sale la rabbia cieca e frustrata e senza speranza nel pensare che in quei due giorni ogni figura maschile e adulta incontrata non le abbia teso una mano, non abbia chiamato le autorità, non abbia infierito su quel corpo e quella psiche a pezzi. Aveva 17 anni.
Come si può tollerare una violenza sistemica così atroce? Come si possono tollerare la negligenza e la noncuranza verso una vita così indifesa e fragile? Come non può estendersi, questo fatto, a macchia d’olio, e non farmi salire una rabbia atroce e disperata nei confronti della violenza, della violenza sui deboli - della violenza sulle donne, sempre loro.
Io non lo so come si fa a non mettere la propria sofferenza in mezzo, scusa Pame’, ma ogni tanto m’incazzo; avrei tanto voluto che qualcuno ci fosse stato per te.
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Una parte di me ti amerà sempre,
anche se lascerà spazio ad altri incontri, anche se abbiamo dovuto salvarci in qualche modo.
Ti cercherò fra sogni, rime e case,
pagine strappate, che sanno leggere meglio di me.
Forse un giorno la vita ci riporterà vicini ma se non dovesse essere,
voglio dirti che mi ritengo fortunato, perché io, grazie a te, ho provato quello che ogni uomo e ogni donna vorrebbe
e che molti si ostinano a negare perché non lo hanno mai incontrato.
Nessuno ci ha promesso eternità, nessuno ha stabilito cosa voglia dire restare vivi oltre le logiche e lo spazio e il tempo.
Sono io. E un po' sono e un po' sarò.
Una parte di te custodirà il ricordo di tutte le mie follie.
I miei respiri ti correranno incontro quando ti sentirai sola e ti mancherà l’aria,
e avrai voglia di scrivermi di notte per chiedermi "Come stai?".
Prima di noi, e dopo di noi, c’è stato altro
e qualcos’altro ancora ci sarà.
Noi che sappiamo cosa voglia dire avere il mare "forza 9" nel cuore.
Ma io ti proteggerò per sempre,
anche da lontano,
perché sapere di essere stati amati profondamente ci protegge per sempre.
Massimo Bisotti
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Da quando il malessere è diventato questa brutta parola: Depressione, ho imparato cosa significa perdere tutto. Ho perso me stesso, ho perso la capacità di apprezzare tutte le qualità che tanto mi facevano amare (almeno il mio carattere), ho perso ogni forma d'affetto, la salute fisica e non per ultima, la persona che credevo essere l'amore della mia vita. Sapete, quando si entra in questo vortice (non quello gioioso di Annalisa), nulla è più come prima, non sei piú capace di gestire le tue emozioni.. vieni trasportato su un altro pianeta, quello dell'angoscia perenne, quello dell'odio verso te stesso che ti fa perdere il controllo e diventare ciò che non avresti mai voluto essere; Niente puo' farti tornare.. le persone credono tu sia lo stesso, magari ti vedono anche uguale al solito, ma dentro, è già iniziata una guerra che prego ogni giorno possa avere una fine. Ho incontrato tanta gente che mi ha sempre detto io non avessi voglia di uscirne, che alla fine a me, piacesse tanto stare male; Nulla di più falso, lotto da tanti anni contro questo mostro e vi assicuro che annulla, cancella, disintegra e, molto spesso, non possiamo che esserne sopraffatti. Levatevi dalla testa i sensi di colpa per ciò che state passando, non ascoltate la gente, la depressione è una vera e propria malattia e come tale va trattata; Piuttosto chiedete aiuto, subito.. appena ne avete possibilità, non lasciate che come ha fatto con me.. penetri anche nella vostra anima fino a rendervi incapaci di trattenere qualsiasi forma di bene. Oggi però provo una rabbia immensa, sono stanco.. stanco di vedere nella morte l'unica soluzione, stanco di credere che non valgo niente e che meritavo di perdere ogni cosa; Attraverso la terapia (purtroppo irrinunciabile) e quella forza che vorrei tanto ritrovare dentro me, voglio tornare nella mia Itaca.. tornare sulla terraferma.
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Non mi aspettavo finisse così presto. Sapevo da un po' che questa storia non sarebbe potuta andare avanti per molto, ma una parte di me non era ancora pronta ad accettare di non poter più avere tutto questo. È difficile immaginare che non avremo più quei nostri piccoli momenti di tenerezza e felicità. Quando ti ho incontrato per la prima volta non mi sarei mai immaginata che potessi darmi così tanto. Ero un piccolo cuore rotto e indifeso e tu ti sei preso cura di me con i gesti più semplici e dolci. Non mi sono mai fidata di nessuno, eppure con te è stato così semplice aprirmi. Darti parte del mio mondo per prendermi in po' del tuo è una di quelle cose di cui non mi pentirò mai, anche se adesso fa male il pensiero di non poterlo più fare. Ma ti porto con me, in ogni mia canzone, in ogni mio viaggio, in ogni opera d'arte che mi fermerò a guardare. Mi dispiace che sia finita soprattutto perché avevo trovato in te una persona con cui parlare di tutto, anche delle cose più assurde. Mi hai insegnato molto e so di averti insegnato qualcosa anche io. Eravamo destinati ad incontrarci, ma non ad essere. Non ho nessun rancore e non ho nessun rimpianto. Sono uscita dai miei schemi grazie a te. Ho imparato a vedere il lato positivo delle cose, anche quando tutto sembra buio. Abbiamo riso tanto e abbiamo pianto tanto. Abbiamo condiviso qualcosa di straordinariamente bello e mi sento fortunata per questo. Mi rincuora sapere che per quel tempo che abbiamo avuto insieme siamo stati noi stessi e abbiamo fatto del nostro meglio per capirci e volerci bene. Le nostre strade si sono intrecciate per poco tempo, ma questo tempo ha un valore unico e che non può essere sostituito. Mi hai insegnato che sono in grado di amare qualcuno e che posso ricevere altrettanto amore e questa è una lezione che non potrò mai dimenticare.
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E TUTTO IL RESTO.
Ci ritroveremo fra sette minuti, caro Nicola e rifaremo tutto da capo. Avevamo detto così, no? Tutto da capo, cristo santo, non vedo l’ora di tornare a Villafalletto, fra quei campi che profumano di olivi e vigneti e terra bagnata e zolle leggere. Roba che quando la tieni fra le mani non puoi fare meno di baciarla, ti viene voglia di amarla davvero, quella terra.
Quando me ne andai presi una manciata e la misi in tasca, è una roba strana da fare, lo so, ma volevo portarmi dietro un ricordo concreto mentre partivo per la maledetta America. Già, la maledetta America, uno se la immagina smisurata e felice e disposta ad amarti. Ci pensi e ti vedi in una casa da muri bianchi e il tetto rosso e spiovente, che deve essere proprio uno spettacolo quando viene Natale. E poi il giardino e la strada alla fine del prato, ma non quelle polverose di Cuneo, no, strade pulite e lisce e infinite. Uno se la immagina piena di possibilità, la maledetta America, una roba che di giorno fai un lavoro dignitoso e la sera te ne stai seduto nel portico a chiacchierare e a bere un vino strano e magari a fumarti una sigaretta e guardi dentro casa la luce oltre la finestra e pensi che forse te la sei meritata davvero quella felicità. Uno se la immagina come il posto ideale in cui mettere radici e incontrare una donna e costruirci insieme un figlio nuovo di zecca e sentire che quello è il migliore dei mondi possibile, è il mondo di quelli che vanno là e ci restano per sempre, perché quella è l’America, amico mio, la maledetta America.
Un giorno l’ho fatto, sono saltato su una nave e sono venuto qui, “La providence” si chiamava, il nome prometteva bene. Uno schifo di viaggio, onde che sembravano uscite dal culo dell’inferno, e noi giù in terza classe a vomitare l’anima, fra le valigie di cartone e i mocciosi con i calzoni corti e le gabbie con le galline e le donne a pregare e i mariti a tirare giù bestemmie come sassate. Che poi un paio di volte l’avevo visto, il mare, e non sembrava così insopportabile, ma qui era un’altra faccenda, qui si trattava del fottuto Atlantico, amico mio, e quello quando ci si mette sa essere davvero cattivo. Me l’aveva detto mio padre una volta: “Attento Trômlin che quell’oceano lì è un gran figlio di puttana”, mi disse così, una volta soltanto e quello fu l’unico tentativo che fece per trattenermi.
Era frenetica, era urlante, era grande, cristo santo se lo era, smisurata da non rendersi conto quanto avresti dovuto camminare per vederne la fine, era ruvida, era diffidente, era fredda. Era New York.
Avrebbero dovuto dircelo, prima di farci rischiare la pelle sul fottuto Atlantico, intendo, doveva venire qualcuno a spiegarci com’era davvero, la maledetta America. Dovevano dirci che se sbarchi da emigrante ti trattano da pezzente e ti smistano insieme alle gabbie delle galline e a tutto il resto. Ti parcheggiano lì e ti urlano contro e tu non capisci una parola e quelli urlano ancora di più e ti spintonando come a ricacciartela in gola la tua dignità. Dovevano dirci che no, non c’è niente da fare, se sbarchi da emigrante non c’è modo di uscire da quel sobborgo popolato da valigie di cartone e gabbie e galline. E pezzenti. Era questa, la maledetta America.
E ci ho provato, amico mio, a tirarmi fuori da quello schifo di sobborgo. Ho dormito per strada, cristo santo se l’ho fatto, con il treno della sopraelevata che mi sferragliava sulla testa e le macchine che neanche si fermavano e la gente che rispondeva e il freddo e il tram e la maledetta America. E tutto il resto.
Ci ho provato, ho servito ai tavoli della gente che sta bene, mi sono bruciato i polmoni nella cave e logorato le mani in quella fottuta fabbrica di cordami. Alla fine mi sono stancato di prendere spintoni, penso sia normale incazzarsi un po’ e ho scoperto di non essere l’unico e che potevamo fare qualcosa e poi ho incontrato te. E tutto il resto.
Ma questo posto non li sopporta i pezzenti che alzano la voce, qui devi stare al posto tuo, fare la tua parte e crepare senza disturbare nessuno. Avrebbero dovuto dircelo, amico mio, che qui vincono sempre loro, questi sono capaci di metterti in casa una rivoltella e convincere il mondo intero che sei un delinquente e che mesi prima hai ammazzato un tizio di una banca e devi pagarla cara. E tutto il resto.
Dovevano dircelo di non pensarci neanche alla dignità, che se provi a farti rispettare va a finire che qui qualcuno si indispettisce e si mette a starnazzare frasi cattive sugli stranieri, come se essere emigranti fosse una colpa. Dovevano dircelo che per sentirsi migliori un sistema l’avrebbero trovato e che saremmo finiti su questa fottuta sedia, a farci friggere come stronzi, per un crimine che neanche abbiamo capito bene quale sia. Il tizio della banca, hanno detto che siamo stati noi, mi pare di aver capito così, che poi neanche sappiamo dove sia quella diavolo di banca. Ma dice che questo non importa, siamo stati noi e dobbiamo pagarla cara e gli emigranti sono tutti delinquenti e l’America ha il diritto di dormire tranquilla e che questo è in assoluto il migliore dei mondi. La maledetta America.
Sono passati sette minuti caro Nicola e sto arrivando, hanno appena dato il segnale, sto tornando lì, fatti trovare pronto che dobbiamo fare tutto da capo. Con questa manciata di terra nella tasca che mi porto dietro da tutta la vita e il fottuto Atlantico e la maledetta America. E tutto il resto.
“Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra, non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico, ho sofferto perché sono un italiano, e davvero io sono un italiano. Se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già”. (dal discorso di Bartolomeo Vanzetti prima di essere giustiziato sulla sedia elettrica a sette minuti di distanza da Nicola Sacco. Questo brano è per loro e per tutti quelli che sono calpestati).
Francesco Lollerini
23 Agosto 1927
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"Questa mattina mi sono svegliata e come prima cosa ho aperto l’app della banca per controllare che fosse arrivato un bonifico che sto aspettando. Era troppo presto, se anche arrivasse oggi, alle cinque e mezza non l’avrei trovato. Infatti non c’era. Ho pensato a come è cambiato il mio rapporto con il denaro. A come è cominciato, nella famiglia in cui sono cresciuta: come una ferita. E non sapendo cosa fare per prendermene cura, per moltissimo tempo ho pensato che i soldi non contassero poi un granché per me, e ho agito di conseguenza. È un riassunto molto stringato di quel che è stato ma, scrivendo il saggio che ho appena pubblicato, ho scoperto che molte donne in Italia hanno avuto o hanno tuttora un rapporto con il denaro non molto diverso da quello che ho avuto io. Chi insegna alle donne a gestire i soldi? Nel libro ho messo molte interviste, pezzi della mia storia, dati italiani e non solo: chi insegna alle donne che il lavoro di cura ha un valore e non è vero che siamo nate per farlo e, quindi, che in famiglia è naturale che tocchi a noi? Nel libro, c’è una domanda chiave che ho fatto a tutte le donne che ho incontrato, e anche a me stessa: cosa dice di te il tuo conto corrente? E provando a rispondere a quella domanda, le donne mi hanno raccontato delle loro relazioni con madri, nonne, figlie, datori di lavoro. Mi hanno raccontato di aborti, separazioni, adozioni, rimpianti. Di amori violenti. Di cosa parliamo, allora, quando parliamo di soldi? Di persona, a loro io non ho raccontato quasi nulla di me, ma nel libro ho scritto di quando, da bambina e da adolescente, ho assistito più volte a litigi dei miei genitori in cui mio padre rinfacciava a mia madre di averle comperato ‘anche le mutande ’da quando stavano insieme. Ho visto mio padre negare a mia madre il permesso di lavorare, in particolare quando avrebbe potuto candidarsi a un posto di maestra d’asilo. A quel tempo, avevo già sedici anni e non vedevo l’ora di andarmene da lì e di essere indipendente. Chi insegna alle donne che i soldi sono importanti?"
Il #Risveglio speciale di Natascha Lusenti oggi ospite a #Radio2SocialClub dalle 10.30 su #RaiRadio2 e sul canale tv 202
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- Per quanto tempo si può amare senza essere riamati? Donare senza ricevere? Dedicarsi alla felicità di un’altra persona senza che lei si preoccupi della tua? Ci sarà pure una scadenza all’amore ad oltranza, che vive nel solo nome dell’amore stesso!?
- Io credo di sì. Io credo che, a un certo punto, anche la pianta più ricca di fiori e frutti, si avvizzisca… se nessuno la nutre.
- Quindi non devo sentirmi in colpa se tutto ciò che mi è sempre mancato, ora, mi manca di più? Se non mi basta più amare… amare a basta?
- Direi proprio di no.
- Sai cos’è… è che te ne accorgi solo quando incontri qualcuno che finalmente ti ami, che ti ami davvero, che ti ami come hai sempre sognato… Allora ti rendi conto di quante forze impiegate a dare/fare/esserci/amare… Di colpo, quel “non sentirsi mai abbastanza da meritare”, si trasforma nella consapevolezza che non devi fare nulla per essere amato, perché chi ti ama… ti ama e basta. Per quello che sei. Per il semplice fatto che esisti. Anche se non sei perfetta. Anche se non ti piaci. Anche se non sei sempre in corsa per dimostrare qualcosa a qualcuno che tanto non s’innamorerà mai di te… Non come vorresti. Non come hai sempre creduto di meritare.
- L’hai incontrato.
- È una domanda?
- No. Un’affermazione.
- Ho paura a crederci.
- Non crederci. Non è necessario. Vivilo. Vivilo e basta. Hai il diritto di essere amata. L’hai sempre avuto.
- È… è che mi guarda e mi fa sentire speciale. È che mi accarezza come fossi la cosa più preziosa al mondo. E io non riesco a non piangere, a non piangere d’amore, e a non pensare: “Che bello essere amati!”. Allora è così che ci si sente. Me l’ero dimenticato.
- Spero tu possa non dimenticarlo più.
- Spero ci sia sempre Lui a ricordarmelo.
Letizia Cherubino, tratto da -Se non t'incontro nei sogni, ti vengo a cercare-
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