#quando è la giornata del tè nero?
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scuolajaku · 3 months ago
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La giornata internazionale del tè nero
Normalmente pensiamo al Giappone come al Paese del sencha, il famoso tè verde con disattivazione enzimatica a vapore.Ma sapete che proprio in Giappone esiste anche un organo dedicato completamente alla promozione del tè nero?Esatto! È la Japan Black Tea Association [日本紅茶協会] nata nel 1983. Proprietà foto Letizia Del Magro Anche se i giapponesi sono un popolo di bevitori di tè verde, nella prima…
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ufficiosinistri · 2 years ago
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Trade Unions
Sul lato opposto della strada fuori dalla finestra del mio ufficio, ci sono, in sequenza da sinistra a destra, lo studio di un fotografo, una parrucchiera e un bar. Fanno tutti e tre parte del piano terra di un antico palazzo grigio e perennemente in ristrutturazione. Il primo ad iniziare la giornata lavorativa è il bar, ovviamente, che trovo già aperto quando arrivo alla mattina. Poco dopo, magari mentre bevo il primo caffè brodoso della giornata, vedo il fotografo mettere la sua moto nel parcheggio all’angolo della strada, accanto al bar. Chiude il manubrio con un pesante lock nero, si toglie il casco ed entra a far colazione al bar, prima di alzare la serranda del suo laboratorio. Esce senza salutare, come se fosse un’azione autonoma scissa dalla sua personalità.  La parrucchiera è l’ultima ad incominciare.  Non appena le giornate incominciano a riscaldarsi, a metà mattina, il titolare del bar mette una piccola panchina di legno fuori dalla vetrina del locale, tra lui e la parrucchiera, e arriva sempre un po’ di gente a fare capannello. Il lunedì, l’argomento principale è lo sport, mentre già da giovedì iniziano le lamentele per il tempo che farà nel weekend e le incombenze con mogli e nipoti. Tra una cliente e l’altra, la proprietaria del salone esce e partecipa, seppur per poco tempo, a queste conversazioni, che attirano alle volte anche sei o sette nuovi astanti. Il fotografo invece non esce mai, se non per far capolino dall’uscio del suo studio e ridere delle cose vengono dette. Sempre verso metà mattina, il barista esce ogni giorno con un vassoio e porta caffè e cappuccino sia a lui che alla parrucchiera, che di quando in quando ordina anche qualcosa per le sue clienti, soprattutto acqua o tè freddo, se fa caldo. Quando entra qualche cliente nel salone, sento dalla mia scrivania il rumore del campanello della porta.
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Rimanendo aperto anche durante l’ora di pranzo, facendo da piccola tavola fredda, il bar riceve consegne da parte dei corrieri anche per gli altri due negozi.  Di solito arrivano un paio di furgoni intorno all’una, a consegnare prodotti di bellezza e risme di plastica, quando la via è vuota e invasa dal sole, che sembra una strada di un villaggio del far west prima dell’inizio di un duello. Lasciano il rumoroso motore acceso, il barista esce, si fa lasciare il pacco sulla panca mentre firma la bolla d’accompagnamento e lo porta ai vicini non appena riaprono, intorno alle tre e mezza del pomeriggio. Lo fa sorridendo, ogni volta come se fosse la prima, allungandosi sugli usci e chiamando i due colleghi di attività col suo vocione dialettale da persona del Nord.
È un meccanismo perfetto, tenuto insieme dalla routine e, se vogliamo, dalla necessità di mantenere vivo il proprio lavoro. Siamo quotidianamente strattonati, contesi e sbatacchiati da necessità di guadagnare, malattie, impegni, visite mediche urgenti, divani, lavori in casa: da soli non ce la potremmo mai fare. Ogni giorno, tutto il giorno. Anche nel calcio è così, soprattutto nel tanto vituperato calcio moderno. In squadra, ormai, come se fosse una guida, ci vuole un tratto d’unione, una persona e un ruolo in grado di tessere le fila e dare costante sicurezza in caso di bisogno. Nel calcio di oggi, privo, ormai, di terzini puri, da 4-4-2 per intenderci, Robin Gosens è diventato questo tipo di calciatore. In difesa, sì, ma sempre presente anche quando bisogna dare una mano, servire chi sta davanti e chi, soprattutto, non ha la stessa continuità alle redini della squadra.  
Il calcio, come il lavoro, deve essere un diritto fruibile a tutti. Deve essere universale, non deve rifarsi ad utopie o fatalismi. Le concezioni olandesi prima e sacchiane poi del gioco del pallone si riflettono totalmente nelle teorie di squadra adottate da Gasperini dal 2017, anno in cui Robin Gosens arrivò all’Atalanta: non siamo una squadra milionaria ma possiamo farcela, almeno sotto l’aspetto del gioco. Basta lavorare. Gosens ha quindi dovuto, in quel cantiere sportivo ai piedi delle Alpi Retiche, sudarsi una maglia da titolare. Gli esterni a Bergamo non sono mai mancati, ma cercando quella maglia si è creato uno spazio su misura, efficace e duraturo.
È un ruolo, il suo, che nell’Atalanta è andato oltre il fare la classica “spola”. Gosens non è un “motorino” degli anni Novanta (vi ricordate Marco Sgrò e la noiosa dialettica sulla sua quasi servile instancabilità?) e non è nemmeno un “pendolino” degli anni duemila. Queste similitudini futuriste non si addicono ad un giocatore sensibile alla scienza tattica come lui. Empiricamente, il tedesco ha cercato sempre di partire da tentativi ed esperienze, per affinare il suo ruolo in campo. È un tedesco, uno abituato a pensare come porebbe pensare un illuminista europeo.
Questo si chiama lavorare.
Mi domando se le tre persone dalle quali siamo partiti, quando io non sono a lavoro, magari per i weekend, non cambino atteggiamenti nei confronti l’una dell’altra. Se per esempio il sabato mattina, con gli uffici della zona chiusi, i ragazzi delle scuole a casa ed i loro genitori indaffarati a fare spesa o a valutare le offerte negli autosaloni, non stentino a salutarsi. O se non programmino una consegna in un orario in cui il negozio è aperto, per non disturbare il vicino.
Nelle azioni di tutti giorni, che compiamo o che vediamo compiere, risiede il nostro far parte di un’umanità che non potrebbe mai resistere senza imparare da queste stesse azioni.
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golden-hairgirl · 2 years ago
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Avrei voluto dirti di sì e preparare insieme miliardi di scatoloni giganteschi con quei QR che ti davano informazioni sul contenuto, quelli che ti piacevano tanto perchè "sono un perfezionista e voglio che sia tutto in ordine e progettato impeccabilmente". Avrei voluto preparare uno scatolo più piccolo con la tua moka esorbitante, quella mia più piccola e la bilatetti rainbow rossa che mi avevi regalato quando ero in quel folle periodo in cui il rosso era il mio colore preferito. E come dimenticare il montalatte bialetti? Non bevi il caffè se non è schiumato.
Saremmo stati svegli fino a tardi per progettare il contenuto di ogni scatola: io esausta e quasi completamente addormentata sul divano e tu iperattivo con una tazza di tè, il progetto del trasloco, il pc acceso perché non smetti mai di lavorare. Mi avresti coperta con un plaid e dato tanti baci e avresti continuato a progettare e programmare.
Avremmo comprato una libreria smisurata ed esageratamente sproporzionata per il salotto da riempire con i nostri libri che non hanno mai spazio per essere sistemati veramente. Così mi sarei sbarazzata di quella vecchia valigia blu in cui tenevo tutti quelli che non toccavo ormai da anni.
Avremmo comprato tante di quelle piantine grasse perché le ami e basta poco per curarle ma sono di una bellezze infinita. Avrei preso pure un piccolo bonsai perché sai che li trovo buffi e teneri.
Saremmo entrati in quella casetta tutta nostra, semplice e minimalista come la volevamo, ma accogliente e calorosa grazie all'amore e alla costanza che ci avremmo messo per renderla nostra. Una casa nostra.
Avrei avuto il mio studio con quella finestra grande grande, di quelle che sai che mi fanno perdere la testa perché sono perennemente tra le nuvole e una stanza senza finestre e luce mi costringerebbe a non sognare e immaginare. Avrei messo lì la scrivania e avrei passato le giornate a studiare, coccolare il gatto e bere tè, spostando di tanto in tanto lo sguardo verso il verde infinito oltre la finestra.
Avrei aspettato che tornassi da lavoro, così mi avresti dato un bacio sulla fronte per convincermi ad allenarci insieme fuori e farci diventare il nasino rosso come quello di Rudolph. Poi avremmo cucinato un bel minestrone bollente per scaldarci dal freddo e parlato della nostra giornata. Non sarebbe importato se l'università fosse stata pesante, se il mio lavoro sottopagato, se il tuo troppo stressante o se il gatto avesse lasciato troppi peli ovunque: saremmo stati insieme, nel nostro cottage, sul divano abbracciati. Avremmo avuto noi, io per te e tu per me. Per sempre. Così come mi avevi detto quando il mondo mi stava crollando addosso, trascinandomi con sé in un buco nero.
Avremmo avuto così tante cose da fare, da decidere, impacchettare, spacchettare, comprare, rivendere che non ci sarebbe stato tempo per le liti, le urla, la gelosia, gli insulti. Sarebbe stato l'inizio di qualcos'altro e la fine non sarebbe stata dietro l'angolo ad attenderci e dilaniarci.
Eppure, oggi, sono seduta sul divano da sola. Senza piante grasse, senza un gatto e un bonsai di cui prendermi cura. Sono sola in una casa fredda, c'è una finestra grande come quelle che amo, ma non mi fa sognare e immaginare nulla se non te. Il mio bagno profuma di Narciso e non del tuo dopobarba, non vedo i tuoi occhiali disseminati per casa, né i tuoi post it con qualche stramba formula matematica o fisica per dirmi che mi ami.
Avrei voluto dirti di sì, ma non l'ho fatto.
La fine è arrivata e mi ha pugnalata così forte da non riuscire più a respirare.
Ho una libreria sproporzionata da montare per mettere tutti i miei libri, ma tu non lo farai più.
La fine è arrivata e ci ha colpiti entrambi. Io ho smesso di sognare e tu hai smesso di crederci.
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comeleortiche · 5 years ago
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10 Marzo 2020
L’altro giorno leggevo un articolo di i-D che suggeriva 100 cose da fare in queste lunghe giornate di quarantena forzata. Una di queste era scrivere un diario di questi giorni vuoti e lenti, da rileggere poi tra molto tempo. 
  Trovo che sia, oltre ad un esercizio per impegnare il tempo, anche un modo per sfatare le ansie che si annidano nel nostro cervello in questo periodo. Mettere nero su bianco quello che ci passa per la testa, un po’ quando eravamo degli adolescenti introversi e scrivevamo in un quaderno le cotte impossibili per il ragazzo bello (ed etero) della 3A. 
  Vivo a Milano, epicentro della bellavita, degli aperitivi e dalle mille opportunità. Ora sembra che qualcuno abbia improvvisamente abbassato il volume: pochissime persone in giro, negozi, bar e ristoranti chiusi, mezzi di trasporto stranamente vuoti. Tutti si guardano con sospetto e se incroci qualcuno sul marciapiede smetti inconsapevolmente di respirare.
  Ma non voglio parlare di cosa (non c’è) là fuori, piuttosto cercherò di mettere ordine nei pensieri che mi girano per la testa. Partiamo dal qui e ora.
Mi trovo a casa del mio ragazzo - vive da solo, a differenza mia che divido la casa con altre persone che ora sono in smart working - e abbiamo deciso di passare più tempo da lui rispetto che da me. Ora ci troviamo entrambi sul divano, con i nostri Mac sulle ginocchia e Alexa che riempie la stanza con una musica di sottofondo. Tra una video chiamata con i suoi genitori (che vivono poco distante), un tè caldo e una sigaretta fumata alla finestra, anche la giornata di oggi volge al termine. 
  È martedì 10 Marzo 2020. Tra una settimana esatta è il mio trentesimo compleanno. Avevo organizzato una cena con diversi amici in un bellissimo ristorante di Milano, cena che ho dovuto ovviamente annullare. Non mi dispiace tanto per la cena in sé, ma per una volta che avevo deciso di riunire amici e affetti (alcuni non vivono a Milano e avevano prenotato voli, treni e bb per l’occasione), un cazzo di virus ha preso il sopravvento paralizzando il paese. Mi dico “ok, è solo una cena. Rimandiamo tutto quando sarà passata la bufera”, eppure…
  Sono una persona che deve avere sempre tutto sotto controllo e questo periodo in cui qualcosa più grande di noi ha preso il controllo e ci fa stare a casa e cambiare le nostre abitudini mi ha un po’ destabilizzato, devo essere sincero. Ma passati i primi giorni di straniamento, ora mi trovo a riflettere in maniera più calma e ponderata su tantissime cose. Tipo: il bene che provo per le persone che fanno parte della mia vita da tanti anni (vedi gli amici che avevo invitato alla cena e i miei famigliari che vivono in altre città) o a quelle che ne fanno parte relativamente da meno tempo (come la famiglia del mio ragazzo). Penso anche alla continua e incessante smania di fare cose, uscire, comprare, vedere che si comprende solo nel momento in cui siamo obbligati a fermarci. Penso inoltre alle “brutte abitudini” che abbiamo iniziato ad avere in queste giornate a casa: come controllare con troppa frequenza i siti di informazione (non abbiamo la tv) che ovviamente proclamano a gran voce bollettini di guerra e contagi fuori controllo. Voglio impormi di controllare questi siti solamente una volta al giorno, così da non intasare il mio cervello di informazioni che creano solo ansia. 
  Una cosa però non cambia né per me, né per tutti gli italiani fermi a casa: cosa prepariamo da mangiare?   
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waitthetimeyouneed · 5 years ago
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Scelte
Scelte. Ogni giorno siamo chiamati a fare delle scelte. Scegliamo di svegliarci ad una determinata ora la mattina, di fare colazione con il tè piuttosto che con il caffè, di prendere un determinato mezzo pubblico piuttosto che l’auto privata, di organizzare la nostra giornata in base ad predefinito programma invece che di vivere le cose che vengono e anche in questo periodo così difficile e fuori dall'ordinario, compiamo scelte che in qualche modo vanno ad influire sulla vita degli altri, come per esempio, restare a casa (cosa molto giusta). Ma non voglio parlare di questo, non spetta a me, non è corretto. Il fatto è che siamo chiamati a fare delle scelte che in un modo equivocabile o non, influenzeranno il pensiero nostro o quello degli altri, se non addirittura la vita. Non è neanche il fatto di sapere cosa scegliere, è il fatto in sé, di scegliere. Di prendere una decisione a discapito di tutto e di tutti, anche non sapendo le conseguenze (male, sono profondamente convinta che andrebbero vagliate tutte le possibilità e tutti gli esiti possibili ed immaginabili). A volte certo, compiamo scelte sbagliate e chissà per quale motivo lo facciamo. Forse perché convinti di fare la scelta giusta? Forse perché ci sembra la cosa più sensata? Forse prendiamo una decisione per far star bene gli altri, invece che noi stessi? Forse la prendiamo perché crediamo di far del bene? Forse era semplicemente arrivata l’ora di prendere una strada, piuttosto che un’altra? Ci ritroviamo ad un bivio e ci sediamo a guardare, a considerare entrambe le strade e aspettiamo che qualcuno magari passi prima di voi, per vede dove va. Magari aspettiamo tempi migliori. Magari non sappiamo come fare, ed è giusto non saperlo. È giusto, non sapere cosa fare, in determinate situazioni. Trovo sia giusto aspettare e elaborare entrambe le strade, soprattutto se mente e cuore dicono due cose completamente differenti che porterebbero a due reazioni contrapposte ed entrambi sembravano avere delle ragioni più che meritevoli di essere ascoltate, più che giuste. La mente è logica, razionale, ti fa vedere quello che in realtà non vorresti e ti dice “Dopo tutto quello che è successo, ne sei estremamente sicura? Guarda, guarda…” e allora sorgono gli echi di conversazioni ormai lontani, con espressioni dure, con rabbia repressa, con grida strozzare, notti nere e cupe, passate a rimuginare ad asfissiare altre persone, ad asfissiare la tua anima. Ti dice quello che dovresti fare, mettendoti davanti la verità, nuda e cruda, senza filtri rosa, anche senza pietà perché hai bisogno di quello. E ti dici che ha ragione. Ragione da vendere. E poi c’è il cuore. Piccolo. Increspato. Crepato. Rabbioso. Ancora dolorante. Che grida a gran voce, coprendo tutte le più ragionevoli affermazioni della mente. Dice quello che prova, nonostante tutto. Fa valere il suo volere bene, il suo non dimenticarsi, il suo “E’ GIUSTO!”, ti ricorda i suoi momenti, quelli passati mentre la mente continua a invocare il fatto che il passato, è passato. Archiviato. Da dismettere totalmente. Ma il cuore è cieco, il cuore è sordo. Non sente ragioni logiche, non vede il male. Lui accetta. Accetta tutto pur di andare avanti. Pur di fare quel passo, soltanto perché lui lo vuole fare. Il cuore è egoista. Il cuore cerca il bene. Il cuore vuole dare la dimostrazione. Ma è un fuscello. Un qualcosa di fragile, che si spezza, che elargisce senza ricambiare, senza considerare che gli esiti potrebbero essere ben peggiori del previsto e potrebbero farlo cadere e farlo tornare ad un Punto Limite di Non Ritorno, di nuovo. Ecco il prezzo. A volte, non si è pronti per pagarlo e non si vorrebbe neppure pagare, non si vorrebbe fosse così ma talvolta è inevitabile, per tutto ciò che è stato, è inevitabile. Precluderebbe tantissime cose, calpesterebbe forse anche tutti i successi per tornare a quando si faceva il minimo indispensabile. Nel buco nero tu non ci vuoi rientrare. Con il tutto il bene che vuoi agli altri, con tutto il bene che vuoi a te, con tutto il bene che vuoi a quell'essere fragile. Qualcuno una volta mi disse di fare le mie scelte con il cuore. Di scegliere sempre il cuore perché lui sa cosa è giusto e perché non avrei mai potuto sbagliare. Mi sa che si sbagliava. Il cuore, soprattutto se fragile, soprattutto se crede in determinati valori, soprattutto se crede nelle seconde possibilità, cerca di far di tutto per salvaguardare qualcosa a cui tiene, anche facendoti fare le scelte sbagliate. Perché non accetta i cambiamenti, ed io, che ho sempre cercato di seguire solamente il cuore, non li ho mai accettati e tutt'ora li detesto e mi fanno sentire impossibilitata nell'agire. Mi viene in mente un’immagine stupida: in The Big Bang Theory quando Penny chiede a Sheldon di trasferirsi nel suo appartamento con Amy, perché lei vorrebbe vivere con Leonard, Sheldon acconsente di buon grado, salvo poi ritrovarsi in una stazione del treno, pronto a partire: “Non mi piacciono i cambiamenti, non li so affrontare”. Ed ecco. L’ho capito in quel momento. Perché l’animo umano credo sia fragile, vulnerabile, ipersensibile e basta un niente per cambiare il baricentro dell’equilibrio. Ed ecco quindi che ci si ritrova seduti a quel famoso bivio tra mente e cuore, ognuno che batte i pugni sul tavolo, dimostrando di avere ragione alla sua maniera. Due parti della stessa medaglia, di facce contrapposte. Entrambe hanno ragione. Entrambe hanno torto. Le guardi da lontano, sbatti la testa, imprechi, ti fai venire la nausea, il mal di stomaco. Non vuoi vedere, non vuoi sentire, vorresti solo capire qual è la cosa giusta da fare, entrambe posso cambiarti così tanto. Entrambe sono così potenti da farti andare o indietro. Mente e cuore. Sei soltanto una pedina in mano a due bravissimi giocatori. Basta un passo per fare scacco matto. Yin e Yang. Guelfi e ghibellini. Montecchi e Capuleti. Ma cosa scegliere? Basta un soffio di vento. Basta una parola. Un gesto. Le scelte cambiano, anche la più minima. “The butterfly effect”. Le scelte possono rivoluzionare le cose perché niente rimane immutato. Niente rimane “per sempre”. Tutto cambia. Tutto evolve. Tutta riaffiora. Tutto appassisce.
Tutto cambia. Con una scelta.
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cr8k-embz10-blog · 4 years ago
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Come fare una dieta di definizione
Caffè con latte, caffè nero, tè nero o verde, bevanda alla frutta (senza fronzoli), tisane (preferibilmente appunto Questa ricetta per la colazione è utile per chi ha tempo di cuocere la casseruola al forno. In un'intervista racconta come è riuscita a ottenere un ottimo risultato componendo la propria dieta. Acquista capsule pillole tailandesi (orsi, yanghee) per dimagrire nel negozio online pillole tailandesi - informazioni dettagliate sul prodotto: le pillole tailandesi sono un set Ciao!.. [Continua a leggere→]
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Como perder la panza rapido en una semana
Tutti hanno già notato che ho perso molto peso. Consigli di Olga Kartunkova. Se sei allergico a qualsiasi alimento o hai controindicazioni mediche, consulta il nostro dietologo. Quindi la formazione passerà quasi inosservata. Grazie alla sua composizione chimica unica, questo prodotto ... L'effetto magico dell'aceto di sidro di mele sull'eccesso di peso è stato ripetutamente dimostrato dagli stessi consumatori. Non si può usare l'aceto con maggiore acidità di stomaco, con il tè matcha giapponese individuale: i benefici ei rischi di un regalo dal Paese del Sol Levante. La formazione su questo simulatore contribuisce allo sviluppo dei sistemi cardiovascolare e respiratorio, che è un'eccellente prevenzione di molte malattie (prima ... Voglio offrire a tutti voi una ricetta per fare l'aceto di mele. Quando si perde peso a causa di stress e disagio emotivo, sono necessarie le cause comuni di perdita di peso.
Perdere grasso camminata veloce
La pancia dimagrisce le cinture dimagranti? Ma è possibile bere il caffè mentre si è a dieta e aiuta o danneggia la perdita di peso? Trasferire i cetrioli e le erbe in una ciotola del frullatore, riempire il tutto con kefir di qualsiasi contenuto di grassi. Per mantenere il tono muscolare e perdere peso più velocemente, puoi fare esercizi di hatha yoga. Sono leggeri e anche eccellenti ... L'impacco dimagrante alla senape dura dai 20 ai 30 minuti. Consiglio agli amici: non consiglierò questo metodo per perdere peso ... Fornisce una sensazione di calore e comfort alla schiena. Sono stati scritti interi trattati sulle proprietà benefiche di tutti i tipi di archi. Perdere peso mangiando pane bianco non funzionerà, soprattutto se è dolce.
Grasso addominale uomo rimedi naturali
Per aiutare i nuovi arrivati ​​e metterli sulla strada ... Cinture ortopediche. Una ricetta veloce per la zuppa di purea di pomodoro e fagioli. Nessuno discuterà con il fatto che al momento la perdita di peso ha un numero enorme di possibilità molto diverse. Prova i germogli, hanno un gusto neutro, il loro ... Il massaggio Shiatsu è un tipo di massaggio giapponese basato sulla digitopressione su alcune zone del viso utilizzando le falangi dei pollici. Crusca d'avena. Il tipo più comune di crusca per la perdita di peso in molti Qual è la crusca migliore per la perdita di peso? Quindi, per perdere peso, devi mangiare erbe per dimagrire. Il confezionamento è meglio farlo dopo lo sport e una doccia di contrasto.
La dieta mima digiuno cosa mangiare
Una cintura in neoprene è una fascia elastica che viene messa sulla parte problematica del corpo (principalmente la pancia) e fissata con elementi di fissaggio. L'assorbimento dei carboidrati avviene sotto forma di glucosio, cioè non è così importante che tu abbia caramelle, pane o porridge nel tuo piatto - è ancora una fonte di glucosio, l'unica differenza è con ... L'automassaggio dell'addome per la perdita di peso è un modo altrettanto efficace per affrontare le pieghe spiacevoli in vita. Caratteristiche di un clistere per la perdita di peso: preparazione per la procedura e creazione di una soluzione. Me li ha consigliati il ​​medico, perché non ci sono effetti collaterali da loro e sono migliori in termini di efficienza. Tuttavia, questo è quando si sceglie un'opzione molto difficile, quindi puoi preparare una zuppa di purea di cavolo bianco non dietetica in modi diversi. Ecco tutti i feedback sui risultati ... Come fare una dieta di definizione Per cercare in tutte le tabelle contemporaneamente ... Pertanto, tutti i nutrizionisti raccomandano di combinare qualsiasi dieta con l'esercizio. Ricorda la regola principale per perdere peso: non fare del male!
Cyclette e addominali per dimagrire
Pertanto, ho deciso di continuare a utilizzare l'esclusiva cintura dimagrante Tiansha. Il cerchio massaggiante è comodo e facile da usare. Mezzo limone; Mela verde - un pezzo; Una banana; Cetriolo - 150 g Come preparare un frullato di sedano per dimagrire? Quindi, mi assicura che seduto su una dieta priva di carboidrati, devi assolutamente mangiare grassi, gli ugdevod si trovano in tutte le verdure, ma come il cavolo romano, i ravanelli, i cetrioli, ci sono i carboidrati ... La tempistica delle fasi di riposo dovrebbe essere regolata in Durata e Programma. In cima alla lista c'è la nostra vecchia amica la foglia alessandrina. Una serie efficace di esercizi di ginnastica Pilates per principianti per praticare a casa TOP Esercizi di Pilates per principianti. Puoi acquistare l'estratto di guaranà in quasi tutte le farmacie o nei negozi di nutrizione sportiva. Per un breve periodo di tempo (fino a un massimo di 10 giorni), la zuppa di cavoli dietetica diventa il piatto principale e principale della giornata. Ho letto molto tempo fa che c'è molto calcio nel sesamo.
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Finalmente siamo arrivati ​​a questo! È ottimale mangiarli non più di 50 ... Nei giorni di rifiuto del cibo, è necessario bere una grande quantità di liquido in modo che le tossine escano più velocemente e non avvelenino ... La procedura viene eseguita parallelamente all'implementazione di alcuni esercizi sportivi. Il clenbuterolo è un integratore alimentare sportivo progettato per aiutare l'atleta a mettersi in forma ottimale durante il periodo di asciugatura. I benefici del massaggio al miele per la perdita di peso sono anche che aiuta a prevenire il rilassamento cutaneo o stringe le recensioni esistenti. Se non ci sono opportunità o fondi per partecipare a sessioni di massaggio professionale, puoi ... Con il suo aiuto, tutti i gruppi muscolari vengono elaborati e viene attivato il processo di combustione potenziata ... Non è necessario mangiare troppo, ma allo stesso tempo non è possibile sperimentare tutta la verità sul grano saraceno con kefir usato per la perdita di peso.
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Non importa come sia. Consiglio: se vuoi comunque provare questi cocktail su te stesso, acquistali rigorosamente nei punti vendita ufficiali o in farmacia. Bruciagrassi Fito Slim Balance ... Propongo di cucinare un ipocalorico, con un grande ... Con pronazione neutra, con iperpronazione. Esercizi di stretching e rilassamento. A molte persone piace decorare il piatto con noci, sciroppi, altrimenti l'indice glicemico del piatto aumenterà, ostacolando la perdita di peso. Quasi tutti gli organi interni si trovano nella cavità addominale e il loro lavoro chiaro è anche ... Con gastrite e ulcere.
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michelecristianoaulicino · 6 years ago
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Le vite degli altri
Le vite degli altri.
Dice, sai le vite...
Quali vite?
Le vite degli altri
In cui entri per tre secondi
Passando la bustina di zucchero di canna
Al bancone di un bar qualsiasi
In un posto qualsiasi.
Embé?
Dico, là, hai due possibilità
puoi sorridere ed essere gentile
o farti sopraffare
Dalla soppraffazioine della vita
Ed essere scortese e tignoso
Alle sette del mattino.
Qusto fa la differenza sul futuro delle vostre vite, ma lo capirai dopo diverso tempo
Oppure pui conoscere una ragazza un giorno
Ad un tavolino sempre di un bar
sorseggiando del tè nero Per esempio -
e guardarla negli occhi con insistenza -
quasi a piegare i pensieri
E ad infilarglieli nel cervello
Come un tormentone estivo degli anni 90
Del tipo: "mare mare mare ma che voglia di arrivare"; hai presente?
E poi succede che dagli occhi arrivi al cuore
E quindi al culo e alle mani e alle labbra
E non è facile ma può anche succedere
Che parliate di amore un giorno
Senza capire un cazzo di niente
Come due fessi qualsiasi
Mentre magari lei ha il tuo pisello in bocca
O sei tu tra le sue gambe e sussurri qualcosa tipo: ti amo
ma non sono necessarie proprio le parole. Non sempre. Dipende dalle situazioni.
E comunque entri in questa vita,
dico, e lei nella tua
E si cerca a strattoni questo nuovo equilibrio e tu sai che il caffè lo prende amaro e lei sa che a te per esempio piace la pizza col salame piccante
e allora c'è qualcosa nell'aria anche durante le litogate furibonde con la vita
Ché spesso si litiga per ribellarsi a questo sistema del cazzo
Che ci ruba il tempo per fare niente o l'amore
Dico, c'è qualcosa che diciamo sentimento credo
che ci tiene uniti come una squadra di Curling, e ci diamo da fare con gli scopini
Come fosse l'ultima partita del secolo
E forse lo sarà. Occhio. Giocatela bene, come puoi. Senza paura di scivolre. Scivolerai.
Ma andrai avanti fino a quando vorrete
Oppure accade che ci scanniamo come aguzzini - come arrotini di palotini.
E ci facciamo del male fatto bene
Ma poi ci diciamo che passa, ed è vero
e si ritorna a ordinare pizze e a incrociare caffé e telefonate e scopate e sudate e cose che avremmovolutofaremacheinvece...
E poi un giorno, magari mentre attraversate dei periodi di merda -
Succede qualcosa. Cambia lo scenario.
Diventiamo estranei. Il tuo cazzo è un pezzo d'arredo, mi segui? Immaginalo come un peluches impolverato
ed il suo culo un ricordo di qualcosa che hai amato follemente sulla spiaggia di chissàquantoprimafà.
Dico. Può succedere no?
Allora poi ci si separa e parte qualche vaffanculo terra-aria che manco gli SCUD
e qualcuno ferisce qualcuno e viceversa
che è uguale
e si sta un po' male
Ma alla fine l'importante è la salute e il volersi bene, vi direte a bocce ferme.
Magari a telefono. Più ferme di così!
Stai pensando alle sue bocce, lo so. Sei un uomo medio come me.
E quindi succede che ti vuoi bene ma non ti consideri più. E vai in cerca di conforto e di qualcosa da bere che dia una scossa alle budella un poco intorcinate e cominci a farti quelle domande esistenziali che significano
Che stai attraversando un periodo marrone
Ma infondo pensi che la vita è carina
Ché c'è tanto da fare o da non fare
E che anche una partita di calcio
O una corsa in montagna o un buon libro o un cane oppure nessuno e dici che
Basta il silenzio di una porta socchiusa
La penombra dell'estate ed una tenda verde
Col vociare in dialetto e le bestemmie
Che sotto al balcone fanno le veci del mare
Quando è un poco incazzato. Questo rassicura.
Dico, capisci? Che cosa diventiamo se non dei mostri che trasformano i sentimenti in balconi socchiusi o in parole oppure in opere mozze e omissioni spaziali?
Cosa voglio dire? Non lo so mica.
Passami un bicchiere con qualcosa di fresco
Si sta così bene all'ombra quando il sole che incendia i pensieri va sotto l'orizzonte degli eventi sconosciuti e la sera annuncia la fine
Illusoria di qualcosa. E puoi dire con poca convinzione: ahh anche questa giornata
È stata archiviata. Avanti il prossimo!
Bicchiere? E cos'altro?
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canesenzafissadimora · 6 years ago
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Alcune ragazze sono diverse.
Alcune ragazze preferiscono una bella partita alla playstation al posto di una giornata di shopping sfrenato.
Alcune ragazze preferiscono le unghie senza smalto; gli occhi che ancora si riescono a distinguere, senza tutto quel nero attorno; il profumo della propria pelle e non quello artificiale che tutti possono avere.
Alcune ragazze talvolta non sorridono piuttosto di sfoggiare un bellissimo sorriso falso e non piangono davanti agli altri non per evitare di apparire deboli, ma perché si vergognano del fatto che nessuno riesca a renderle pienamente felici, nemmeno loro stesse.
Alcune ragazze si fissano sugli occhi di un ragazzo, piuttosto che sui suoi addominali; o si fissano su sogni che cercano di portare a termine, è per questo che soffrono molto, perché credono a tutto, anche a ciò che non esiste.
Alcune ragazze non sanno neanche di quanto siano belle, fin quando qualcuno non glielo fa notare nelle piccole cose, perché loro adorano le piccolezze, le cose quasi invisibili, che possono notare solo loro, e non il mondo intero.
Alcune ragazze sceglierebbero le librerie piuttosto delle discoteche, o un tè freddo piuttosto di dieci vodka.
Alcune ragazze passano il loro tempo a leggere e non al telefono a parlare di trucchi, tacchi e vestiti.
Alcune ragazze escono di casa con i capelli arruffati e spesso evitano di guardarsi allo specchio, preferiscono specchiarsi negli occhi di uno sconosciuto, perché le persone che non si conoscono saranno sempre le migliori per loro.
Alcune ragazze quando qualcuno fa loro qualche complimento chinano il capo e fissano le proprie scarpe arrossendo, perché cercano sempre di sfuggire ai complimenti per paura di affezionarsi al primo che riesca a guardarle fisse negli occhi senza distogliere lo sguardo neanche un attimo.
Alcune ragazze vivono la vita sognando, guardando il cielo e quando camminano scalze lungo la spiaggia guardano verso il mare sperando di trovare qualche messaggio in bottiglia, aspettano sempre persone da salvare, perché si sono arrese all'idea che qualcuno possa salvare loro.
Alcune ragazze hanno solo bisogno di essere prese per mano, di essere accarezzate.
Alcune ragazze sono diverse.
S. Bortolato
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ameliarighetti-blog · 6 years ago
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Convivenza con Sherlock Holmes - Capitolo 1
CAPITOLO 1
Mi ero ripromesso di scrivere ogni tre, massimo quattro, giorni.
È così. Ma non avevo considerato le necessità della vita che ti portano spesso a riconsiderare le tue necessità.
Inizio questo diario sotto l'effetto di una sostanza comunemente conosciuta come mescalina.
Una sostanza naturale che provoca ansia, paranoia, euforia, delirio, aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco.
Volevo tenere un diario, certo, e stavo cambiando casa. Beh, che dire. Una sistemazione alla fine l'ho trovata.
Conobbi il signor Porridge nelle vicinanze dell'abazia di Westminster, in un piccolo e sudicio locale.
Ci eravamo sentiti per telefono e mi aveva dato appuntamento li dicendomi che mi avrebbe fatto conoscere un mio potenziale coinquilino.
“Una casa a metà strada tra un bellissimo parco ed il centro.”
Non mi aveva detto altro.
Ed ero arrivato li.
C'era aria di chiuso e di fregatura in quell'ufficio.
Mentre aspettavo impazientemente l'arrivo di un mio potenziale coinquilino, il signor Porridge, dall'alto dei suoi centodieci chili abbondanti, giocherellava con i bottoni del suo gilet marrone scuro, che sembrava essere fatto su misura ma decisamente largo.
Il campanello alla porta suonò annunciando a tutti che qualcuno aveva varcato la soglia.
Mi voltai e lo vidi.
Un uomo alto, magro, con il volto affilato mi scrutava con occhi fissi ma in qualche modo rapidi e veloci.
Si fermò davanti a me estraendo la mano dalla tasca dell'impermeabile nero.
-Piacere, sono Sherlock Holmes.
-John Watson, molto piacere. Lei è il mio potenziale futuro coinquilino.
-Ovviamente, John. Posso chiamarla John?
-Si, certo.
Risposi preso alla sprovvista.
-Signor Porridge, sono sicuro che andrà benissimo. - disse Holmes al signor Porridge rivolgendomi un sorriso.
-Molto bene. Lo accompagna lei, signor Holmes?
-Certamente.
Rimasi immobile per qualche secondo, guardando la scena scorrere. Poi decisi di interromperli.
-Scusate signori.
Calò il silenzio.
-Sono venuto qui per vedere una casa. Non conosco il signor Holmes e non conosco tanto meno lei, signor Porridge. Non ho ancora deciso se accetterò l'affitto.
Holmes mi guardò con espressione compiaciuta.
-Lei non mi conosce John ma io conosco lei. Ex militare, probabilmente congedato per una ferita alla spalla destra. Ha servito il paese ma con rimorso, non le piace uccidere innocenti quando non è necessario e sono sicuro che ha dovuto farlo, una. No, più volte. Sta cercando una casa modesta, con l'affitto basso ed un coinquilino che non le rompa le scatole. Ogni tanto fuma ma oggi non ha ancora fumato, è single, sta cercando una fidanzata ma più probabilmente una compagna ma cosa più importante delle altre è stanco, non parlo di stanchezza fisica, parlo di stanchezza mentale. Dopo la ferita, l'ospedale, il congedo ed il rimpatrio, le sue aspettative di trovare un casa lussuosa si sono notevolmente abbassate. Il che la porterà ad accettare la casa in questione con il sottoscritto come coinquilino.
Holmes vomitò un fiume di parole. Un fiume in piena che mi travolse completamente. Rimasi immobile, completamente ammutolito di fronte a così tanta verità.
-Non si preoccupi signor Watson. Holmes è un brav'uomo, fa così con tutti.
-Come sapeva...?   - dissi rivolgendomi ad Holmes
-Venga signor Watson, glielo spiego mentre andiamo. Da questa parte.
Così mi lasciai convincere.
Chiamammo un taxi e dopo aver caricato le valigie mi sedetti di fianco ad Holmes, che mi aspettava impaziente.
-Come sapeva tutte quelle cose?
-Ci pensi John, ci pensi bene.
-Ci ho pensato signor Holmes. Posso capire il fatto di cercare una compagna. Tutti la cercano, ma il resto? Sono informazioni personali. Ci siamo già incontrati per caso?
-No, John, non ci siamo mai visti prima di oggi ma la differenza tra me e lei è che lei guarda soltanto mentre io osservo anche.
-Cosa vorrebbe dire?
-Lei è un ex militare. I suoi vestiti sono bene stirati, perfetti, troppo. Il suo abbigliamento è moderno ma ricorda pur sempre una divisa, mi scusi John, ma è così.
Ha una ferita alla spalla destra, quando mi ha dato la mano ha abbassato leggermente il labbro, segno che probabilmente il braccio le fa male, ma quando le ho stretto la mano l'ho fatta oscillare  leggermente verso di lei e non c'è stata reazione, allora ho capito che era la spalla.
-Mi scusi. Disse il tassista interrompendo la spiegazione.
Capii subito che a Sherlock Holmes non piaceva essere interrotto.
-221B di Baker Street.    - disse al tassista.
-Subito signori.    - rispose il tassista mettendo in moto il veicolo.
-Per quanto riguarda il resto?   -chiesi ad Holmes.
-Molto bene Watson, è anche una persona curiosa, molto bene. Per quanto riguarda il resto è sempre tutto li, su di lei. A quasi nessuno piace uccidere innocenti e quando l'ho detto lei ha abbassato lo sguardo e quando ho detto che ha dovuto farlo una sola volta non ha mosso un muscolo, così ho alzato la posta ed ho ottenuto una reazione. Ha dovuto farlo più volte. Cerca una compagna, vista la sua età, non più una fidanzata. Cerca di vestirsi bene, è rasato di fresco, profuma e i suoi abiti sono perfetti. In più è ben pettinato. La stanchezza mentale è ovvia così come il bisogno di rimettersi in gioco. E lei fuma, oggi no perché altrimenti l'odore si sentirebbe ma si deduce dai suoi denti.
-Sono sbalordito, complimenti signor Holmes. Lei cosa fa?
-Sono un detective, ovviamente. Lei è un medico, John?
-Si, sono chirurgo.
-Eccellente.    -disse Holmes sorridendo come un bambino.
-Perché me lo chiede.
-Io aiuto la polizia, i privati e anche le aziende se le cose si fanno interessanti, John. Ma spesso ci sono dei cadaveri. E dio solo sa quanto sono incompetenti i medici della polizia. E i detective e tutti gli altri.
-Mi sta ingaggiando per un lavoro?
-Oh no, no, no. Qui non si tratta di soldi. Si tratta di ricchezza mentale, di sapere.
-Si, beh. Ma l'affitto?
-È proprio quello che otterremo oggi da Scotland Yard. Un affitto permanente.
-Se lo dice lei signor Holmes.
-Ci può scommettere, John, ci può scommettere!
-Sarà meglio di no.
-Brutta cosa quella del gioco. Almeno non le costerà l'affitto, si rallegri.
Il viaggio durò una ventina di minuti e dopo questa breve conversazione il signor Holmes mi chiese cortesemente se potevo rimanere in silenzio, poiché doveva pensare.
Uscimmo dal taxi ed il signor Holmes si avviò verso l'ingresso del numero 221B, lasciandomi il dovere di pagare il tassista.
Il nostro numero era alto e stretto, leggermente più piccolo in larghezze dei numeri vicini al nostro.
Sherlock bussò tre volte alla porta che subito si aprì rivelando una signora sulla settantina col volto sorridente.
-Buongiorno signora Hudson, costui è John Watson, il nostro nuovo coinquilino.
-Molto piacere signor Watson, molto piacere!  -disse la signora stringendomi in un abbraccio invadente.
-Finalmente, così mi aiuterà con il signor Holmes.
-Aiutarla per cosa?    -chiesi alla signora Hudson, non capendo a cosa si riferisse
-Vedrà John, ma non si preoccupi. Santo cielo, è sempre così turbabile lei?
Non risposi, cercando di decidere se entrare davvero oppure andarmene di corsa, quando Holmes mi spinse leggermente, facendomi varcare la soglia di casa.
L'interno era magnifico.
Vi erano poltrone, tavolini e divani un po' ovunque. Quasi senza senso.
Superammo i primi piani, che non erano di nostra competenza ed arrivammo all'ultimo.
Anche questo era come gli altri, stessi arredamenti, stesso caos piacevole ma vi erano due cucine.
Ed è li, che avremmo abitato.
Da quel giorno è passata esattamente una settimana. Solo una settimana ed all'inizio di questo scritto vi ho detto che sono sotto l'effetto di una sostanza dagli effetti pericolosi.
Posso dirvi che Sherlock Holmes ha stravolto la mia vita in una settimana più di quanto non abbia fatto la guerra. In modo diverso, certo, ma l'ha fatto. E lo fa sempre. Ogni giorno.
Ma torniamo a noi.
Mi accomodai nella nuova abitazione cercando di gestire gli spazi al meglio.
Se non altro avrei avuto una stanza privata in cui dormire e mi ero già assicurato che la porta si chiudesse a chiave, ricevendo in risposta da Holmes un gran sorriso.
Mi buttai sul divano ed una nube di polvere si levò in aria passando davanti alla finestra dalla quale traspariva un pallido raggio di sole.
-Non trova che in queste stanze ci sia un po' odore di chiuso, signor Holmes?
-E polvere.    -aggiunse lui.
-Si, e polvere.
-Non si ripeta John, può assumere una domestica o mettersi a pulire. Io di certo non pulirò ma cosa assolutamente certa è che lamentarsi è tempo perso.
-La signora Hudson non è...?
-No, non è una domestica, come vi ripeterà lei stessa più volte, non appena la vedrà comparire con il suo tè di benvenuto.
-Con cosa?
E proprio in quel momento la signor Hudson bussò alla porta chiedendo di entrare per offrirmi il suo tè di benvenuto.
Lo accettai volentieri scoprendo che era il miglior tè che avessi mai bevuto.
Mi complimentai con lei e proprio in quel momento accadde ciò che Holmes aveva preventivato.
-Mi fa molto piacere che le piaccia, John, ma voglio essere chiara fin da subito. Lei mi sembra una persona più ragionevole del signor Holmes. Io il tè ve lo faccio volentieri, a tutti e due, ma non sono una domestica ne una cameriera. Che sia chiarissimo.
-Signora Hudson la ringrazio ed è chiarissimo, anche Holmes me lo stava riferendo giusto prima che lei bussasse.
La signora non rispose offrendomi un sorriso.
Radunò il servizio da tè e si incamminò verso l'uscita, ci augurò una buona giornata e chiuse la porta.
-Finalmente silenzio.    -disse Holmes che era seduto silenzioso su una poltrona.
-Allora John, oggi pomeriggio, alle cinque, dobbiamo andare a Scotland Yard.
-Va bene Holmes, accetto di lavorare con lei, ma accetto io, perché lo voglio io.
-Certo che lo vuole lei, ma che discorsi fa? Non ne staremmo parlando se non fosse un interesse comune.
-Benissimo.  -risposi secco.
-Dicevamo, mi hanno chiamato stamattina ma ho detto che avevo da fare e che sarei passato nel pomeriggio. Non farà differenza se saremo in due.
Terminai di sistemare i miei effetti personali e ben presto ci ritrovammo in un freddo obitorio, nel sotterraneo di Scotland Yard.
Dopo pochi minuti di attesa passata ad osservare le sagome dei cadaveri coperti dai lenzuoli bianchi, fummo raggiunti da un uomo vestito con jeans usurati, una camicia ed una giacca larga.
-Ispettore Lestrad, buonasera, costui è il mio nuovo collaboratore, John Watson, un eccellente medico chirurgo che mi aiuterà nelle indagini. Di cosa avete bisogno?
-Piacere signor Watson   -disse Lestrad stringendomi la mano
-Forza, non perdiamo tempo.   -ci ammonì Holmes.
-Questo caso è complesso signor Holmes.    -disse Lestrad mentre si accingeva a scoprire il cadavere di una donna.
-Sarà complesso per lei, Lestrad, non di certo per me.    -rispose Holmes
-Donna, quarantasette anni, settantotto chili. Sono stati sparati due colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata, con una Browning 6,35 che l'hanno colpita alla testa. La vittima però è morta per soffocamento causato da un sacchetto di plastica. L'esame balistico ha suggerito la presenza di un cuscino usato come silenziatore e sulla scena abbiamo trovato il corpo con un sacchetto in testa, chiuso in un armadio sigillato con del silicone. E qui c'è il fatto strano. Durante il primo sopralluogo, ieri, nessuno si è accorto del cadavere nell'armadio né del silicone. Stamattina invece, durante la raccolta delle prove, abbiamo sentito l'odore.
-La donna era struccata al momento del ritrovamento?   -chiese Holmes
-Si, era struccata ed aveva una vestaglia da notte.
-La scena è ancora intatta?
-Abbiamo rimosso solo il corpo.
-John, andiamo, qui abbiamo finito.
La mia presenza non si rivelò utile in quel momento e mi limitai a seguire Holmes e a salire sul taxi con lui.
-Qual'è l'indirizzo, Lestrad?
-Bloomfield Terrace, numero 29.
-Lei prenda un altro taxi, oppure un'auto della polizia, devo parlare con il signor Watson.
E chiuse la portiera.
Conoscevo abbastanza bene quel quartiere e sapevo che da Scotland Yard sarebbero bastati una quindicina di minuti.
-Interessante, non trova?  - mi chiese Holmes guardando fuori dal finestrino.
-Non molto, fin'ora.
-Si lamenta del suo scarso coinvolgimento nella faccenda? La sto coinvolgendo ora, ne sto parlando con lei.
-Chi può aver sopraffatto una signora così? L'ha vista? Io non credo ci sarei riuscito.
-Interessante punto di vista, John. La signora deve necessariamente aver aperto alla sua vittima. Struccata ed in vestaglia da notte non avrebbe mai accolto uno sconosciuto. E parliamo di un uomo poiché spostare un cadavere di quella stazza non è cosa semplice.
-Possiamo ipotizzare quindi che sia una persona vicina alla vittima.
-Eccellente, John. Magari una frequentazione. Anche se non ha affatto l'aria di un omicidio passionale, non c'è violenza ma neanche metodo. Due colpi alla testa ed il soffocamento indicano inesperienza.
-Una pistola di piccolo calibro è anche più facile da reperire.
-Esatto John.
Arrivammo a destinazione in un attimo ed entrammo nella casa.
Holmes si diresse verso il centro del locale quadrato ed iniziò ad ispezionare ogni dettaglio, senza battere ciglio.
-C'è disordine, John, ma non ci sono segni evidenti di colluttazione. Ai bordi dell'armadio c'è una trapunta, suppongo ci fosse avvolto il cadavere. Indica pudore. Non voglio farlo ma sono costretto, dopo però non ti maltratto.
-Quindi un regolamento di conti, magari.
-Perspicace, John. Può essere.
-Come sono andate le cose, Lestrad?
-Ci ha chiamati la figlia, preoccupata perché la madre non rispondeva alle sue chiamate. In un primo momento siamo entrati e la casa era solo un po' in disordine ed abbiamo pensato che fosse uscita di fretta. Solo stamattina c'è stato il ritrovamento.
Holmes si diresse verso la cucina, aprì l'anta di un pensile sopra al lavandino ed ispezionò i bicchieri.
-Come sapeva in che anta sarebbero stati i bicchieri, signor Holmes?   -chiesi, noncurante della situazione.
-Non abbiamo tempo per queste sciocchezze.   -disse sorridendomi.
-Lestrad, venga qui, prenda questo bicchiere, è stato lavato di recente ma non è stato asciugato. Probabilmente l'assassino l'ha usato per bere con la vittima alla quale ha somministrato un sonnifero. Completate l'autopsia e vedrete che ci saranno tracce di sedativi. Controllate le frequentazioni della vittima, dovrebbero essere due uomini, uno dei due mente. Probabilmente uno  aveva un debito che non poteva estinguere. L'altro non c'entra nulla. Non si faccia fregare, Lestrad.
-Bene ma...? cercò di rispondere l'ispettore.
-Qui abbiamo finito, John. Andiamo.
E Holmes si incamminò lasciando Lestrad senza ulteriori risposte.
Lo seguii e ci dirigemmo di nuovo verso casa.
-Come faceva a sapere che erano in due?
-Deve osservare meglio, John, piuttosto le chiedo, perché sigillare l'armadio con il silicone?
-Me lo stavo chiedendo poco fa. Il cadavere sarebbe comunque stato scoperto.
-A volte le persone fanno cose poco sensate quando perdono la testa.
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sillyvale · 6 years ago
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La prima volta con Isaacs non si scorda mai
Fan-reportage: StarCon Italia 2018
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Foto di Marilena Berera
Tornate con me a sei mesi fa, al 26 maggio, a quando molte di noi fortunate ragazze del fanclub abbiamo incontrato Jason per la prima volta.
Scoprite di come il ruolo di Capitano gli andasse stretto (non solo per colpa del costume di scena), del suo modo di intendere la recitazione, della nascita del look di Lucius Malfoy...
Jason ha scostato il tendone facendoci entrare nel mondo delle meraviglie dietro le quinte.
E si è rivelato, fuori dal palco, più affascinante del suo miglior personaggio.
L’annunciazione
Ho ancora lo screenshot della newsletter della StarCon che ho mandato immediatamente a mio marito. Il messaggio era breve e incisivo: “Ci andiamo, VERO?!”
C’è voluto qualche minuto per normalizzare la respirazione. La sera stessa ho acquistato gli ingressi e prenotato un delizioso B&B, per far felice anche il mio accompagnatore, pensando che sarebbe stato felice di parcheggiarsi a bordo piscina. Mi sbagliavo, voleva partecipare, forse anche per controllare che non gettassi la fede nuziale con gesto teatrale per buttarmi tra le braccia di un certo ospite…
Per un paio di mesi ho avuto un sorriso da scema stampato in faccia. Camminavo a una spanna da terra, in preda a un’incontenibile e perenne euforia, al pensiero di quello che stava per accadere. Mi sembrava incredibile. Già l’anno prima la StarCon mi aveva fatta tornare bambina portando in Italia Doc Christopher Lloyd, icona della mia trilogia preferita di sempre. Ma Isaacs?! Nooo, Isaacs è un sogno, è l’uomo perfetto, è un SemiDio dal sorriso sfolgorante, cioè… non esiste davvero. E se esiste, non respira la mia stessa aria, non calpesta il mio stesso suolo, è inconcepibile trovarselo davanti, guardarlo senza la mediazione di uno schermo, ascoltarlo, toccarlo… (Toccarlo?!? Che pensiero conturbante…!)
Perdonatemi. Lo confesso: sono una fan scatenata di Jason Isaacs dal 2002, quando mi folgorò la sua interpretazione del sadico Tavington de Il Patriota, e sono anche una fervente potteriana. Voi capite che alla possibilità di incontrarlo di persona, stringergli la mano e – con buona probabilità – confessargli tutto il mio amore, la quindicenne che mi porto dentro era riemersa prepotentemente e si stava scatenando.
I mesi sono passati in fretta tra binge-watching e scandagliamento compulsivo del web, grazie al quale ho conosciuto un gruppo di persone assolutamente fuori dal comune: le ragazze del Jason Isaacs Fanclub Italia, con le quali ho cominciato subito a collaborare e a condividere di tutto, al limite dello spam! E anche se la nostra crescente ansia quasi non ci ha permesso di crederci davvero fino all’ultimo, alla fine il giorno fatale è arrivato. Esattamente sei mesi fa.
Ci siamo: inizia la StarCon! – Dove scopriamo che Jason Isaacs esiste davvero
A Chianciano incontro per la prima volta dal vivo le amiche conosciute in chat, ed è gioia pura. Ovviamente siamo tutte in preda a un misto di frustrazione per l’attesa, euforia, picco ormonale e terrore puro, ma quasi tutte abbiamo almeno l’età anagrafica di un membro adulto e produttivo della società, quindi cerchiamo, come possiamo, di dissimulare. Le divise della Flotta Stellare e quelle della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts colorano la scena. Ci sono i ragazzi di Ritorno al Futuro Club Italiano con la loro splendida DeLorean, in brodo di giuggiole per la fantastica Claudia Wells. C’è un Tardis. C’è Dobby! Incontriamo altri ospiti, gironzoliamo tra le bancarelle, intanto il tempo passa lentissimo…! E poi il cuore manca un battito quando lo vediamo arrivare, circondato dai suoi accompagnatori, in jeans e maglietta, barbetta di qualche giorno, bello e raggiante con la sua tazza di ceramica per il tè e il suo zainetto da viaggio. È lui. È davvero lui!
Il trauma della foto, primo momento d’incontro, è ancora vivo... L’attesa in fila è veloce ma straziante. Prima di riuscire a farmi coraggio ecco, è già il momento, tocca a me. A me? Io? Che? Cosa?! Lo guardo e rimango bloccata come un cerbiatto davanti ai fari del tir. Niente ci separa, tranne la mia paralisi agli arti inferiori. Lui mi guarda (oddio, sta guardando ME) e spalanca le braccia sorridendo incoraggiante, e io realizzo - non in maniera razionale, ché il pensiero cosciente era congelato, ma a un livello più profondo e istintivo del mio essere - che Jason Isaacs esiste davvero, ed è qui! DEVO andare verso di lui, l’impulso finalmente arriva, a fare quei due difficilissimi passi. Poi faccio l’errore, stringendogli la mano che lui calorosamente mi porge salutandomi (oddio, lo sto toccando!) di alzare lo sguardo e incrociare i suoi occhi, e per un po’... si fa tutto nero! Black out!! Ci sono (appunto) delle foto a testimonianza del momento, per fortuna, perché il cervello non ha registrato niente se non una leggera euforia che somiglia - credo - a quella che chiamano estasi mistica. Consiglio per la prossima volta: indossare occhialetti protettivi per eclisse solare.
Mettendo un attimo da parte la mia incontenibile emozione e quindi il mio punto di vista totalmente parziale, posso solo dire che Jason Isaacs è stato spettacolare. Credo che nessuno dei visitatori, ed eravamo tanti e ben preparati, si aspettasse di assistere a quello che è successo. Parliamo del suo panel, che forse vi interessa di più dei miei turbamenti interiori (altrimenti poi dovrei pagarvi la seduta e tornare la settimana prossima). Sì, il panel. Parliamone.
One man show: “Non c’è niente da vedere”
Non ha bisogno di mediazione, non sta seduto. Non si limita a rispondere alle domande. No: il suo è uno spettacolo vero e proprio. Lo invita sul palco Fabrizio Pucci, uno dei suoi doppiatori storici (Star Trek: Discovery, Morto Stalin se ne fa un altro, Brotherhood) col quale ha un delizioso scambio di battute sul fatto che adora la sua voce e vorrebbe essere sempre doppiato da lui, per favore, che lo preferisca a Hugh Jackman, se si trovassero nello stesso film! Poi Fabrizio lascia il palco e Jason si scatena. Chi se lo aspettava così scoppiettante, così divertente? Non è da tutti tenere un palcoscenico da soli, semplicemente coinvolgendo il pubblico coi propri racconti. Fa scintille e ha una parlantina incredibile.
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Aggiungeteci una presenza fisica e una mimica da attore consumato: per prima cosa, Jason si muove un po’ per il palco per farci vedere che c’è ben poco da filmare o fotografare, niente per cui valga la pena sprecare memoria sul telefonino. “Sono solo io, un tizio un po’ attempato in jeans e maglietta”. Come no, Jason, ci hai proprio convinte, se non fosse che dal vivo sei inquietantemente più giovane e ancora più bello che sullo schermo. “Questo è il mio profilo destro… questo è il sinistro… questo il didietro…” e per un attimo si volta come se niente fosse a mostrarci il suo rimarchevole lato B, facendo spallucce. Che ipocrita.
Si scusa per non avere niente di particolare da farci vedere. Anzi, sì! Qualcosa ce l’ha! Ed estrae un oggettino dalla tasca. Si rimette di spalle, armeggiando a lungo con la maglietta, mentre in platea ci ritroviamo tutte col fiato sospeso perché stiamo intravedendo il suo ombelico, e per la rinnovata visione del suddetto, notevole, lato B. Per fortuna riesce a sistemare l’oggetto: noi riprendiamo fiato e scopriamo che è il suo distintivo da capitano, che – parole sue – è l’unica cosa che è riuscito a rubare dal set di Discovery! “Nel futuro abbiamo questa fantastica tecnologia. I magneti.”
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Racconta a lungo del costume da ufficiale della Flotta, e con interessante dovizia di particolari. La tuta era talmente stretta da impedirgli certi movimenti, e fastidiosamente priva di tasche, per cui - vista anche la scarsità di oggetti coi quali interagire - gli attori non sapevano come tenere le braccia per non risultare forzati. All’inizio di una scena, il più svelto si metteva a braccia incrociate, e gli altri non potevano imitarlo… “Quando lo riguarderete, guardate il tizio a braccia incrociate, e sappiate che tutti gli altri lo stanno odiando!”. Descrive l’indossare l’uniforme la mattina come “essere ricoperti da una gomma liquida che col passare della giornata si restringe, una tortura” e racconta che ha sofferto la fame sul set, “perché se mangiavi anche solo un pomodoro, sembrava che aspettassi un bambino! Quella tuta era come un bendaggio gastrico.” Qui si volta verso la cabina di regia a chiedere al suo interprete “Sai tradurre ‘bendaggio gastrico’?”. Il favoloso Paolo Attivissimo, ovviamente, lo sa fare.
Poi interroga i presenti: in quanti avevano capito che... *ALLERTA SPOILER!* ...il Capitano Lorca proveniva dall’universo alternativo? Quanti, che l’Imperatore era l’alter-ego del Capitano Georgiou? Alla vista di tante mani alzate ride, dicendo che a quanto pare gli sceneggiatori hanno fatto un pessimo lavoro… o forse siamo noi troppo ferrati su Star Trek e troppo furbi! Per lui la serie, sin dai suoi esordi, è sempre stata innovativa e fenomenale. Discovery, poi, affronta temi a lui molto cari: ci parla di come sia presente un importante messaggio di inclusione. “Per la prima volta abbiamo un capitano che è una donna asiatica, la protagonista è una ragazza di colore, ci sono due ufficiali che sono una coppia gay…” ma la serie non si basa su questo, racconta altro. I gusti sessuali o la provenienza etnica non sono importanti. L’apparente diversità è invece presentata come normale, dice; dell’equipaggio fanno parte persone di ogni genere, ed è questo il messaggio sotteso e importante.
Jason confessa che il ruolo di Capitano gli andava stretto. Gli si chiedeva di entrare a far parte di una saga storica e molto amata anche da lui stesso, e aveva paura di rovinarla con una performance non all’altezza. Ci rivela di aver riflettuto a lungo prima di accettare, finalmente convinto quando ha avuto più dettagli sulla parabola del suo personaggio, resosi conto che la trama era davvero intrigante. Gli si offriva un ruolo ambiguo, il tema del doppio, uno dei suoi più amati: come rifutarlo?
A proposito di buoni e cattivi: sappiamo tutti che sono stati i suoi fantastici villain a renderlo famoso, ma quali ruoli preferisce intrepretare? È una domanda che si pone da solo, perché – dice – preferisce cavarsi subito il dente rispondendo alle domande che gli fanno sempre, così da evitarci l’imbarazzo di porgliele. Risposta: non cambia nulla, per lui. Che il personaggio sia buono o malvagio, ha comunque le sue motivazioni. Sono quelle che lui come attore deve indagare per rendere il personaggio credibile. I cattivi non pensano mai a se stessi come dei cattivi: pensano di stare facendo la cosa giusta (per sé o per il loro ideale). “Ricordate Tavington? Non era esattamente un bravo ragazzo, ma cercava di vincere la guerra.”
E Lucius Malfoy? “Oh, lui è un totale sfigato. Fa parte di un’elite che vorrebbe conservare i privilegi perduti cercando di fermare il progresso, quindi ha già perso in partenza. È un classista e un maledetto razzista, ed è completamente succube di Voldermort. È un vigliacco, la sua cattiveria deriva dalla paura: ha paura dei babbani e del progresso.” Uncino invece è un cattivo davvero singolare, perché completamente privo di potere, praticamente farsesco. Quando lo conosciamo ha già perso contro Peter, rimettendoci la mano. Anche lui ha paura dei cambiamenti, dei giovani; è un uomo di mezz’età ossessionato dal ticchettio dell’orologio, che rappresenta la paura di invecchiare, “quindi è stato facile per me interpretarlo!”
Il suo film preferito, tra tutti quelli che ha interpretato, è proprio Peter Pan. Innanzitutto gli ricorda un periodo bellissimo: mentre lo girava ha vissuto per più di un anno con la moglie e la prima figlia, appena nata, in una bella casa sulla spiaggia in Australia. Poi ci racconta di amare moltissimo il modo in cui il film pone l’accento sulla crescita di Wendy. “Il libro s’intitola ‘Peter Pan’ ma dovrebbe chiamarsi ‘Wendy’, è lei il fulcro della storia.” La vicenda infatti può essere letta anche così, come lui suggerisce: parla di una ragazzina che ama le storie di pirati alla quale un giorno dicono ‘Adesso sei grande, è ora di sposarsi e mettere da parte le fantasticherie’. “Ho due figlie adolescenti di 13 e 16 anni e vedo quanto è difficile essere una ragazza al giorno d’oggi, come allora. Pensateci: avete 15 anni e tutto quello che vi va di fare è andare al centro commerciale, e improvvisamente vi dicono che è ora di avere dei bambini vostri!” Quella notte Wendy sogna un mondo in cui i bambini possono decidere di non crescere mai e vivere le più grandi avventure. E in quel sogno c’è un uomo affascinante che somiglia a suo padre: Wendy affronta e supera il complesso edipico. Il film è stato un flop, ma è rimasto nei cuori di tutte le sue fan per la sua stupenda doppia interpretazione: mite e dolce Mr Darling, sexy e dark capitano Uncino. Ah, questi capitani...!!
Isaacs torna a scherzare raccontando che sul set di Peter Pan, interamente girato all’interno di capannoni su cui picchiava un sole impietoso, abbiano rischiato di finire tutti arrostiti. Il rumore dei condizionatori influiva troppo sul sonoro, quindi mentre si girava dovevano stare spenti. C’è stato qualche svenimento, e lui sotto parrucca, trucco e strati e strati di velluto soffriva come un disperato. Un giorno il regista gli propose di indossare una speciale tuta sotto gli abiti di scena. “Non ho già abbastanza roba addosso?!” Scoprì che si trattava di una tuta composta di tubicini che, riempiti di aria fredda, l’avrebbe rinfrancato tra una scena e l’altra. “A quanto pare l’avevano creata per Tom Cruise in un qualche Mission: Impossible. Spero tanto che l’avessero lavata!” Per farla funzionare dovevano agganciare il bocchettone dell’aria fredda nel foro d’ingresso posizionato proprio sul sedere. Un poco imbarazzante, ma... cosa non si sopporta per la recitazione!
A proposito di costumi: stando a quanto racconta Isaacs, è suo il merito di aver creato gli elementi salienti dell’iconico look del fetentissimo Lucius Malfoy. Quando andò per fare la prima prova di trucco, gli fecero provare un completo gessato di taglio classico, da banchiere, e visto che ha dei bellissimi capelli, pensarono che non avesse bisogno di altro. Lui protestò: “Insomma, è un mago!! Dov’è la magia? E inoltre è uno snob e odia i babbani, perché dovrebbe vestirsi e pettinarsi come loro?” Jason racconta di essersi fatto dare una parrucca bionda di scarsissima qualità e di essersi buttato un pezzo di stoffa a mo’ di mantello sulle spalle, per presentarsi così al regista Chris Columbus, che a momenti non lo riconosceva. Questi rimase un po’ perplesso ma lo lasciò spiegare.
“Vorrei avere un look bizzarro, che rifletta il suo essere nobile e potente, che si distingua”.
“Uhm… ok. E… c’è altro che ti piacerebbe provare?”
“Sì ecco… Mi piacerebbe un bastone!”
“Un bastone?! C’è qualcosa che non va con le tue gambe?”
“No, no! è solo che mi darebbe un’aria nobile e antica. E poi potrei estrarne la mia bacchetta, come fosse un coltello, hai presente…?”
Jason racconta che il regista, un carissimo ragazzo, sospirò dicendo “Credo che i produttori di giocattoli ti adoreranno.”
Ma torniamo a Lorca. La domanda non poteva non essere posta: tornerà? “Tutto quello che dovete sapere su Lorca è che…” comincia Isaacs, ma… anche se lui parla, dalle casse non esce un suono. C’è forse qualche problema col microfono? No, ovviamente ci sta prendendo in giro replicando la famosa scena di Forrest Gump che parla alla folla della guerra in Vietnam! “...e spero che questo vi abbia tolto qualsiasi dubbio”, conclude.
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Se non nei panni di Lorca, è possibile che prenda parte alla nuova serie interpretando un altro personaggio? “Mi piacerebbe, farei qualunque cosa! Tranne il Klingon. Quei poveracci che interpretano i Klingon fanno una vita di m****!” Ci racconta delle alzatacce e delle sfinenti ore di trucco. A quanto pare la testa è così pesante che hanno dovuto nascondergli nel costume un sostegno per il collo, e le maschere non sono abbastanza mobili da permettergli di mangiare, così sono costretti a sorbirsi dei beveroni e a stare sdradiati per riposare i muscoli delle spalle, durante le pause. Capiamo, Jason. Niente Klingon. Certo, a confronto la tua tuta apprezzabilmente stretta non sembra più così tremenda!
Ci racconta anche la storia di come ebbe la parte del dottor Hap in The OA, serie della quale va molto orgoglioso perché la trova “assurdamente innovativa e visionaria”, e della quale aspettiamo l’uscita a breve della seconda stagione. Dice di aver ricevuto i copioni una sera tardi dalla sua agente americana, con l’ordine di leggerli subito perché alle due di notte il regista lo avrebbe chiamato via Skype. Non voleva farlo, era stanco, ma l’agente lo convinse. Fu tassativa: doveva leggerli, era roba forte, una produzione Netflix. Un altro attore si era tirato indietro e i tempi erano strettissimi: se il provino fosse andato bene doveva partire la mattina stessa per New York. Quindi Jason li lesse, trovò la sua parte della storia estremamente accattivante, fece il provino… e la mattina dopo baciò moglie e figlie chiedendo perdono, perché partiva per cinque mesi. “È la vita dell’attore. Torno appena posso”. A proposito: lui e la moglie hanno appena festeggiato il loro trentesimo anniversario di vita insieme, quindi è stato perdonato. “Appena arrivato a New York ho raggiunto la Grand Central Station e abbiamo girato direttamente la scena del primo incontro tra Hap e Prairie. Quello che vedete ero io, nei miei vestiti, con il mio trolley e un volo di sei ore alle spalle.”
Il personaggio di Hap, uno scienziato che ha dedicato la sua vita allo studio delle esperienze di pre-morte e che non esita a rinchiudere e torturare cavie umane, l’ha molto colpito. Si stupisce che tutti lo etichettino come “cattivo”. “È uno scienziato e persegue forse lo scopo più alto di tutti: liberare l’umanità dalla paura della morte.” Inoltre è evidente il suo tormento interiore, perché non è né un sadico né un uomo privo di morale, ma per la sua ricerca decide di sacrificare anche la sua umanità. “I film che mi piace fare sono quelli che indagano la natura umana. Innescano un dibattito: io cosa farei, in una situazione del genere? Tu, cosa sceglieresti?” Isaacs crede che sia questo lo scopo dell’arte, cinema compreso: indagare e rappresentare le infinite sfumature dell’animo umano. “Forse suona un po’ pretenzioso, da parte mia. Diciamo che mi sento fortunato quando posso fare questo genere di film. Faccio questi, e poi faccio delle cagate per soldi” dice sorridendo.
Non bisognerebbe mai incontrare i propri idoli.
In poco più di un’ora Isaacs ha raccontato questo e molto altro. Ha risposto a tutte le domande con il suo pungente umorismo e con benevola ironia (“Ti ho adorato nei panni di Tavington!” “Dovresti farti vedere da uno bravo.”) Ha anche saputo dire dolcissime parole di conforto a una giovane fan che ha raccontato in lacrime la sua esperienza di bullismo a scuola, e di quanto sia stata per lei di supporto la sua passione per la lettura e la rivincita che ottengono i buoni, vessati e malridotti ma vincitori, nella saga di Harry Potter.
Al momento degli autografi, subito dopo il panel, Jason ha dedicato a ogni suo fan il tempo di fargli qualche domanda extra e ha raccontato spontaneamente altre curiosità, elargendo calorose strette di mano e pericolosissimi sorrisi a non finire. Si è complimentato con tutti i cosplayer, mostrandosi sinceramente divertito e grato per gli omaggi ricevuti, e ringraziando i Serpeverde di portare lo stemma della sua casa. A vederlo, pareva che non avrebbe mai smesso di chiacchierare, fosse stato per lui. La fila era lunga ma alla gente non dispiaceva aspettare un po’, sapendo che avrebbe avuto un momento di vero contatto. La sua energia colpiva, il suo buonumore era elettrizzante.
Per mantenere una briciola di dignità non vi racconterò di come la mia paralisi motoria e cognitiva si sia trasformata, al momento dell’autografo, in una prolissità imbarazzante a cui lui ha risposto con signorile pazienza. Non lo farò. Dirò solo che avrei voluto restare anche il giorno dopo, la domenica, per ripetere tutto daccapo. Il prossimo anno non mancherò.
Arrivavo con aspettative altissime ma la mia esperienza umana, di fan, di utente della convention, insomma a 360 gradi, è andata molto oltre. Grazie Starcon, grazie Jason, grazie meravigliosi compagni multifandom!
Non bisognerebbe mai incontrare i propri idoli, come dicono. È verissimo. A questo punto credo che possa finire solo in due modi: o si dimostrano freddi e antipatici, e quindi ci deludono, o si rivelano ancora più affascinanti, più simpatici, più brillanti e talentuosi e affabili e divini di quanto ce li eravamo sognati. E allora è finita, siamo segnati per sempre!
La mia dipendenza da Isaacs non ha ancora dato sostanziali segni di recessione. Ma per fortuna non sono sola ;)
Valeria
(aka -Brodie-)
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Foto di Marilena Berera
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heresiae · 6 years ago
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Siccome ormai la maggior parte del mio tempo la passo all’Impero, una delle cose che non ritengo più valga la pena di investire in azienda, è mantenere la fornitura di tè. Di conseguenza quando finii il tè verde non comprai un nuovo sacchetto, ma andai avanti per un po’ a quello nero+caffè+cioccolata, che è buono eh, ma aumenta troppo la mia dipendenza da caffeina.  A casa però il tè verde ce l’ho. Oggi mentre mi preparavo una bustina per la giornata in azienda (una bustina dura tutto il giorno, date retta a zio Paperone, spreconi!) e l’avvolgevo nella stagnola, mi immaginavo un’ipotetica pattuglia di carabinieri che me la trovava addosso (il motivo non si sa, dato che sono anche l’unica persona nella storia dell’Impero la cui sicurezza all’ingresso non l’ha minacciata di ritorsioni a più di un mese della mancanza del badge fisso, cosa che di solito avviene entro due settimane), cercava di appiopparmi una denuncia per possesso. Io gli davo degli idioti in politicamente corretto, così loro facevano venire un cane che me l’annusava sbausciandola e si allontanava schifato. Quando il carabiniere me la ridava indietro io la guardavo schifata e dicevo “No grazie, il tè alla bava di cane non è esattamente il mio genere” e me ne andavo.
Secondo me questi sono gli effetti collaterali di Ally McBeal che stanno tornando in superficie...
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