#pulsione sessuale
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- Sono proprio curiosa di sapere cosa intendi per molestia. Se intendi il semplice provarci e fermarsi davanti ad un no, NON è molestia e non avete il diritto di pretendere che noi donne ci asteniamo dall'approcciarvi (in qualsiasi posto: su un social, al supermercato, per strada, sul lavoro...). Senza contare che un uomo, che per sua natura rimane indifferente all'astinenza, minimizza e non può capire cosa significhi una forte pulsione sessuale femminile.
#women in male fields#curiosità#molestia#provarci#fermarsi#diritto#pretendere#donne#approccio#social#social networks#posto di lavoro#supermercato#natura#astinenza#minimizzare#capire#pulsione#pulsione sessuale#pulsione sessuale femminile
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su questo social compaio e scompaio, non lo faccio apposta, sono talmente presa dalla vita, dalla mia testa e talmente persa e alla ricerca di me stessa che a volte mi estraneo.
nessuno mi obbliga ad usare questo social, eppure a volte sento il bisogno di tornarci.
penso mi piacerebbe parlare e raccontare di quello che accade nella mia vita, delle piccole vittorie e scoperte ma poi mi ricordo che questo blog è principalmente erotico e chi mi segue non è interessato alla mia gioia di aver cucinato o di esser uscita a passeggiare con il mio cane, se mai gli interessa del mio corpo o delle mie passioni sessuali… sapete una cosa? in questo periodo ho zero pulsione sessuale e forse per questo quando apro il mio blog e vedo le mie foto e reblog non mi sento a mio agio.
magari creo un blog parallelo, non so
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Il percorso...
... del desiderio è inevitabilmente labirtico e accidentato: mentre l'istinto obbedisce alla legge universale della natura, la pulsione sessuale è senza legge e per principio anarchica, iperedonistica, polimorfa, perversa, non mira alla semplice scarica fisiologica di una tensione accumulata, ma appare calamitata dall'esigenza sempre in eccesso del godimento che come tale non risponde a nessuna legge di natura.
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MASSIMO RECALCATI - Esiste il rapporto sessuale?
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Le passioni più impetuose e travolgenti bruciano con una grande e luminosa fiamma ma lasciano spesso solo cenere e ricordi che ci segnano. Passioni che valgono la pena di essere vissute sempre intensamente.
Ma in attesa della terza parte mi confesso sul tema della settimana. Non ho mai avuto attrazione per un altro uomo né una particolare curiosità, ammiro e mi piace il corpo sia maschile che femminile senza alcun pregiudizio ma per quello maschile non ho mai provato un’attrazione per così dire sessuale o che vada oltre ad una ammirazione estetica incondizionata.
Circa a venti anni, nei confronti di un amico con cui ci siamo frequentati per un periodo ( sci, sport, qualche uscita con amici ) provai, mentre si parlava, una improvvisa pulsione a baciarlo, non dico che mi trattenni ma quasi …. Qui non ci sono state evoluzioni. Desiderio che a seguire negli anni non si è più riproposto né con lui né con altri uomini… 🙄
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Un appartamento è al contempo un privilegio e una forma di controllo sociale, una tecnologia di governo che fissa un vincolo tra un corpo umano e uno spazio, una costruzione sociale tanto quanto lo sono la differenza sessuale o l’assegnazione a una razza. Un’istituzione, una pulsione di morte, una zavorra. Una seconda pelle o un esoscheletro. Un’ortesi. Un carcere e un rifugio. Il loculo d’incubazione della norma sociale. Il giardino artificiale dove si coltiva l’anima. Esco e vado a mangiare una zuppa di soba al ristorante giapponese dietro l’angolo con il desiderio di fuggire e, insieme, con la paura di dimenticare il trucco per aprire la porta.
Paul B. Preciado, Dysphoria Mundi
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Ho appena pensato che è bello poter trovare attraente un uomo proprio al di là e indipendentemente da quella pulsione sessuale che viene dipinta come un'irrefrenabile desiderio di copulare. Mi prendo il diritto di chiamare ugualmente erotica quell'attrazione e allo stesso tempo la difenderò con tutta me stessa dalla necessità di farla scivolare nelle forme comandate dell'espressione sessualizzata dell'erotismo. Non è un uomo che desidero sessualmente, ma nemmeno un amico inteso banalmente e pur sempre in senso sessualizzato come "qualcuno che non scoperei mai", è un amico esattamente perché amico è chi ti attrae in senso ampiamente erotico e nonostante ciò e proprio per questo non necessariamente in modo sessuale.
Di questi uomini che sanno essere amici in tal senso noi donne non abbiamo paura, con questi uomini noi donne sentiamo di poter essere finalmente e per la prima volta donne.
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Fondamentalmente sono consapevole che dovrei stare da sola e aspettare la persona giusta, perché la maggior parte dei ragazzi con cui interagisco non hanno un interesse emotivo nei miei confronti, ma solo sessuale e questo non mi fa bene senza dubbio, però c’ho sta pulsione, sto bisogno fisico e ne risento troppo. Com’è che senza sesso non ci so stare?
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LA DIPENDENZA AFFETTIVA, SESSUALE, EMOTIVA
(Tematica che affronteremo nei 5 seminari gratuiti online dedicati alla dipendenza. Il link per iscrivervi lo trovate qui sotto nei commenti)
"Non puoi cercare di amare, non puoi sforzarti. Non puoi cercare di essere compassionevole.
Un seme non può sforzarsi di essere una pianta.
Ci vorrà del tempo, il seme dovrà maturare lentamente, dovrà passare da uno stato a un altro".
Bisogna avere pazienza ed essere molto presenti, molto sensibili, molto consapevoli, perché questi passaggi non avvengono da soli, in automatico, ma solo se ne comprendiamo la necessità e prepariamo il terreno nella giusta maniera, altrimenti c’è sempre il rischio di rimanere lì impantanati e svuotati di senso, come un seme racchiuso in un vaso, lontano dalla terra fertile ed umida, lontano dal vento e dai raggi di sole.
Il primo stadio della trasformazione inizia dall’energia sessuale che possiamo considerare un seme che un giorno potrà crescere e trasformarsi in amore.
L’amore lo possiamo a sua volta considerare anche un seme, il seme della compassione che forse, e se lo vogliamo davvero, potrà un giorno maturare e fiorire a sua volta facendoci assaporare il punto più alto dell’amore stesso.
Nessuno però può sforzarsi di essere ciò che non è.
Esiste sempre il rischio di ingannare se stessi e gli altri.
Questo rischio deriva dal senso di colpa, dal senso d’inferiorità.
Devo essere il migliore in tutto, così nel mondo esterno, così nel mondo interiore.
La mia famiglia, i miei amici e la società si aspettano delle cose da me, e io devo essere all’altezza delle loro aspettative.
Non sono ancora in grado di amarmi e di accettarmi per quello che sono, per dove sono realmente, ed allora, da una parte, la frustrazione e il senso di colpa, e dall’altra la commedia: mi comporto in maniera adeguata facendo finta di essere positivo, amorevole, accomodante, sensibile, mentre in realtà dentro, se ho il coraggio di affrontare quello che si nasconde dentro di me, c’è un mondo di dolore e di insoddisfazione.
Mi manca la terra sotto i piedi.
Ho perso le mie radici.
Non sono collegato al mio centro più profondo ed intimo: l’Essere.
Come la pianta è radicata profondamente con la terra dalla quale trae nutrimento, sostegno e forza, così l’uomo dovrebbe essere radicato nel suo Centro, il suo Essere reale.
Altrimenti egli è vuoto e vive solo alla periferia di se stesso compensando, in mille modi, il senso di vuoto che sente dentro se stesso e la mancanza di significato della sua vita.
Tornando a noi, e come abbiamo detto poco fa, il primo passo è il sesso, ovvero: l’energia sessuale. Tutti partiamo da lì, dalle nostre funzioni istintuali di base.
La pulsione sessuale fa parte della nostra biologia e deriva dalla nostra funzione (pacchetto base di software) per la sopravvivenza della specie.
Così il mondo animale, e così tutta la natura. Essa ha previsto di replicare se stessa attraverso il desiderio - più o meno automatico - del sesso.
Ma se osserviamo attentamente, possiamo notare che nell’essere umano, a differenza del mondo animale, la sessualità è una scelta, è non un obbligo biologico.
L’uomo ha la possibilità di scegliere e di utilizzare una parte della sua energia di base per la riproduzione, se lo desidera, e la restante parte, sempre se lo ritiene importante per la sua crescita, per lo sviluppo del centro emozionale superiore che comprende la reale capacità di amare – facoltà non prevista dai centri inferiori – e questo è possibile a patto che non abbiamo dei problemi o pregiudizi nei confronti della sessualità.
Qualsiasi giudizio negativo, condizionamento, o blocco dell’energia sessuale, rende molto difficile la trasformazione del sesso in amore.
Inoltre, se rimaniamo confinati nel sesso e nei nostri bisogni “ossessivi” rimarremo confinati nei centri inferiori, certamente molto importanti per la sopravvivenza e per la nostra biologia, ma certamente questa situazione renderà il passaggio dal sesso all’amore quasi impossibile.
Osserviamo: nel sesso (a parte l’uso che ne facciamo per la riproduzione), se ci ascoltiamo profondamente e sinceramente, vedremo che quando siamo presi dai nostri bisogni, la nostra consapevolezza tende ad abbassarsi, perdiamo quasi del tutto la coscienza di noi stessi.
E questo è un fatto naturale, previsto dalla natura, perché la sessualità è un fenomeno automatico: non necessita di una particolare coscienza, anzi, più sei inconsapevole e più la natura ti domina e ti controlla.
Quando sei preso dai tuoi bisogni sessuali, non guardi in faccia nessuno, devi ottenere quello che vuoi, è più forte di te, tu devi appagare questo bisogno di “scaricarti”, altrimenti compenserai su altri fronti…
Tutti in un modo o nell’altro si sentono in colpa nel sesso.
Tutti sanno, magari a livello inconscio, che stiamo sfruttando il partner per il nostro piacere personale, per i nostri bisogni, lo stiamo usando come un oggetto per appagare noi stessi. Il fatto che entrambi, siano “quasi sempre” consenzienti è dovuto al fatto che dipendono uno dall’altro, e tutti e due hanno paura di essere abbandonati, rifiutati, non amati, ecc.
Questo è il gioco di dominio fra gli uomini e donne.
L’uomo usa dei sottili e quasi invisibili ricatti per dominare la donna, e la donna fa lo stesso con l’uomo.
Siamo ancora molto lontani dall’amore e lo vediamo bene.
Osserviamo i cosiddetti rapporti: gelosia, invidia, possesso, controllo, paura, sfiducia, sospetto, risentimento, vendetta; ovviamente fra le mura domestiche. Ma lì fuori, in mezzo agli altri, per uno strano e tacito accordo comune si finge che tutto è perfetto, tutto va bene.
So no… cosa penseranno gli altri?
Facci caso che la maggior parte delle persone sta assieme, non per amore, ma per paura della solitudine, e magari anche per dividere le spese...
Non ti piace questa visione delle cose?
Mi dispiace per te, ma non posso farci niente se non ti piace vedere la realtà!
Forse ti piace più credere, ma non vedere…
Vedi forse tutto questo amore nelle persone, nelle famiglie e nel mondo?
Lo vedi realmente?
Non si sono mai spese tante parole sull’amore nei libri, nei film, nella poesia, nell’arte in genere, proprio perché non c’è amore nel mondo.
Se ami realmente, anzi se “vivi in amore” (perché non è un verbo, un fare, l’amore è uno stato di coscienza), non hai bisogno di parlarne continuamente.
Comunque sia, il sesso è la base, il primo stadio dell’amore ed è importante viverlo in modo sano e naturale. Questo è il terreno sul quale potrà crescere l’amore.
Se sei un minimo consapevole, sensibile e rispettoso, potrai cogliere i limiti del sesso.
E se ti guardi dentro senti che ti manca qualcosa, lo sai che anche questa volta non sei realmente appagato, allora forse sei pronto ad andare oltre.
Il sesso ti lascia sempre un senso di vuoto, di mancanza di qualcosa, la sensazione di aver mancato il punto.
Molti a questo punto credono che sia colpa del partner, pensano che non sia la persona giusta, ed allora provano a cambiare partner, ma dopo un po ti ritrovi di nuovo nella stessa situazione... manca sempre qualcosa.
Qui c’è il rischio di rimanere impantanati nel bisogno di soddisfare il proprio piacere pensando che forse devo cambiare ancora persona.
Ed è qui che non utilizziamo sufficientemente la consapevolezza, non ci guardiamo a fondo, sinceramente...
Il sesso non centra; la persona con la quale ti relazioni in realtà non centra; manchiamo il punto, non vediamo la situazione attraverso la consapevolezza... ci manca qualcosa perché abbiamo sempre chiamato il sesso “fare l’amore”. Il sesso è sesso, con i suoi pregi, difetti e limiti.
Sta a te farlo evolvere in amore.
Ma come fai a cercare qualcosa che non conosci?
Come fai a distinguere il vero amore, quello che ti rende totalmente pago di te stesso, in primis, se finora hai conosciuto solo l’attaccamento, la bramosia, il piacere fisico che spesso passa attraverso l’usufrutto di un'altra persona?
Alle volte i rapporti, e i matrimoni, sembrano più una cessione di una persona in accomodato d’uso che ad una vera condivisione di anime.
Nessuno dovrebbe mai usare un'altra persona, e per nessun motivo violare le sue scelte, il suo essere, e la sua unicità.
Il vero amore (stato di coscienza) rende impossibile a una persona consapevole di interferire nella vita di qualcun altro.
Desideri il suo bene… dunque non interferisci, condividi con lei il tuo essere, non la utilizzi per soddisfare i tuoi “pruriti”.
Roberto Potocniak
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ma è il desiderio sessuale ad uccidere gli amori.
il desiderio vuole il corpo, la carne, l'amore vuole la mente, il cuore, le parole.
l'amante ama, e cerca di soddisfare il proprio desiderio con un'altro partner, sopratutto per quanto riguarda la sessualità maschile.
fa così male pensarlo.
perché siamo nati perversi? io sono una mente traviata e deviata sì, ma non accetto la mia perversità. vorrei essere pura, dolce e romantica solamente. la differenza tra sesso e amore mi fa tanta paura. mi fa paura una cosa che non voglio avere, la pulsione sessuale.
sono stanca anche di avere paura di una cosa così naturale e normale che fa parte di me come di tutti
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Hai mai pensato che il bdsm e la tua propensione a questo sia patolgociamente malato? Non trovi malato il tuo sadismo?
oh questa è una domanda molto interessante, anche se ci leggo una sfumatura di giudizio.
comunque no, nessun comportamento sessuale è considerabile patologico solo sulla base dell'essere un'eccezione piuttosto che la regola. un comportamento sessuale viene definito patologico solo se diviene in via esclusiva l'unico modo con il quale la persona è in grado di soddisfarsi sessualmente. In alternativa rimane solo l'espressione di una propria inclinazione, di un gusto se vogliamo, che di patologico non ha nulla.
poi certo, se lo vuoi vedere dal punto di vista oggettivamente psicologico, nel DSM V sadismo e masochismo vengono riportati come parafilie potenzialmente dannose per l'individuo, ragionando fuori dall'obiettività, chi pratica bdsm in modo serio è in grado di scindere la totale pulsione e l'istinto dall'atto reale che sta compiendo, perchè ha la totale responsabilità sull'altro, perchè il rapporto tra i due in quel momento è assolutamente asimmetrico.
io so da dove deriva il mio sadismo e sono in grado di proiettarlo in modo sicuro e non è l'unica cosa che mi permette di provare eccitazione sessuale.
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Milano: Palazzo Reale e il Museo del Novecento aprono la rassegna dedicata a Mario Nigro
Milano: Palazzo Reale e il Museo del Novecento aprono la rassegna dedicata a Mario Nigro. Si apre al pubblico venerdì 14 luglio, la più ampia rassegna mai dedicata a Mario Nigro (Pistoia 1917 – Livorno 1992), protagonista della scena artistica italiana del '900, che apre al pubblico dal 14 luglio in due sedi: Palazzo Reale (fino al 17 settembre) e Museo del Novecento (fino al 5 novembre). Promossa da Comune di Milano-Cultura, prodotta da Palazzo Reale, Museo del Novecento e Eight Art Project, la mostra è realizzata in collaborazione con l'Archivio Mario Nigro e curata da Antonella Soldaini e Elena Tettamanti. Sono esposte oltre centoquaranta opere dal 1947 sino all'ultima del 1992 tra dipinti, lavori tridimensionali, su carta e una vasta selezione di documenti. La mostra comprende opere esposte alle Biennali di Venezia del 1964, 1968, 1978, 1982, 1986 e alla X Quadriennale di Roma del 1973. In collaborazione con il PAC Padiglione d'Arte Contemporanea, una conferenza ricorderà l'attentato di matrice terroristico-mafiosa del 27 luglio 1993, che, oltre agli spazi del Padiglione, distrusse un'opera di Mario Nigro e danneggiò altri suoi lavori che dovevano essere esposti in un'antologica dedicata all'artista scomparso un anno prima. L'incontro nasce proprio dalla riflessione su questo tragico attentato che colpì Milano e l'Italia e rappresenta il modo più appropriato per affermare, a distanza di trenta anni, il primato dell'arte e della cultura sulla criminalità. Presso Palazzo Reale il percorso segna i diversi momenti stilistici dell'artista. Si sviluppa attraverso otto sale del piano nobile di Palazzo Reale che ripercorrono l'attività di Nigro con dipinti e lavori tridimensionali realizzati a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta: opere testimoni di un linguaggio artistico sperimentale e di un deciso orientamento verso le strutture compositive astratte e geometriche. Dalle prime opere che suggeriscono già un orizzonte tematico segnato dai concetti di "ritmo", "forme" e "spazio", ricorrenti nella ricerca dell'artista, frutto dei suoi studi scientifici e della sua conoscenza delle strutture compositive musicali fino al ciclo più originale dello "spazio totale" dove, a partire dal 1952, si avverte la necessità di andare oltre le questioni di tipo formale e di lasciare spazio a tematiche più espressamente esistenziali. Con l'introduzione tra il 1962 e il 1964 di una nuova dinamica percettiva attraverso la tecnica del collage, così da attenuare la struttura a griglia che aveva fino ad allora connotato la sua produzione, prende avvio la nuova serie dei "collage vibratili" presentati alla XXXII Biennale di Venezia del 1964 a cui partecipa su invito di Lucio Fontana. A partire dalla metà degli anni Sessanta, Nigro coniuga la libertà cromatica con l'esigenza di ottenere una maggiore strutturazione geometrica, instaurando così un dialogo vitale con l'architettura. Alla tipologia di opere a carattere ambientale appartiene l'opera "Dallo spazio totale: componibile in 7 pezzi in contrasto simultaneo di progressioni ritmiche" (1965), che racchiude un valore simbolico particolare nella sua storia: l'opera è simile a "Dallo spazio totale Totem, 1954-1956" (1965), lavoro andato distrutto durante l'attentato del 1993 al PAC Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano. Con il ciclo "tempo totale" si sviluppa l'attività pittorica che va dal 1966 al 1979 dove la linea diventa protagonista del linguaggio. Le opere definite dallo stesso artista "strutture fisse con licenza cromatica", sono caratterizzate dal dialogo tra il "segno-colore" e lo sfondo a campitura monocromatica e trattano anche il tema dell'amore, vissuto sia come pulsione sessuale sia come desiderio romantico. Alla fine degli anni Settanta risalgono le opere di impronta metafisica in cui una sola linea suddivide asimmetricamente i pannelli e il cui fondo è connotato da un colore nei toni del verde, lilla, azzurro-blu, rosso come "Dalla metafisica del colore: i concetti strutturali elementari geometrici, Ettore e Andromaca" (1978) esposta alla Biennale di Venezia dello stesso anno. L'assoluta centralità della linea prosegue nelle nuove ricerche dei "terremoti" e degli "orizzonti". In questo ultimo caso il tracciato non tocca le estremità della tela, ma si interrompe prima ad enfatizzare un senso di solitudine. Abbandonata la logica precisa e rigorosa, la sua pittura si fa sempre più introspettiva fino a segmentare la linea nella sua unità inscindibile, il punto. Dal 1987 fino al 1992, anno della sua scomparsa, si assiste ad un infittirsi di cicli pittorici. Dai "ritratti" basati sulla riflessione sull'azione del dipingere ai "dipinti satanici" in cui la pennellata si impone come una solida colonna che riempie quasi completamente il campo e dove il colore si fa più drammatico per approdare negli ultimi anni della sua vita, riattivando l'interesse per una tavolozza chiara, alle "strutture", realizzate tra il 1990 e il 1992 di cui sono presenti in mostra "6 strutture" (1991) e "25 strutture" (1992), l'ultima opera dipinta dall'artista. Nello Spazio Archivi del Museo del Novecento è esposta una vasta selezione di documenti ed è possibile approfondire la conoscenza di lavori su carta. Tra i materiali di documentazione provenienti dall'Archivio Mario Nigro, alcuni mai esposti in precedenza, sono presenti appunti, lettere, brochure, cataloghi e inviti, testi dell'artista relativi al ciclo "spazio totale", alcuni scatti di fotografi, tra cui Aurelio Amendola, Nataly Maier, Maria Mulas e Ugo Mulas. L'opera su carta emerge come un luogo centrale e ricorrente del suo percorso multiforme, di cui si può considerare laboratorio di pensiero, incubatrice d'idee e officina d'immagine. La sequenza di opere su carta, che si lega idealmente a quanto presentato nella mostra a Palazzo Reale, permette di seguire i diversi cicli pittorici dell'opera dell'artista. In particolare, sono esposti esempi della serie denominata "pannelli a scacchi" e preziosi disegni, che sono la genesi da cui Nigro sviluppa il ciclo dello "spazio totale", tutti concepiti negli anni Cinquanta. Al "tempo totale", iniziato nella seconda metà degli anni Sessanta, ai "terremoti", ideati tra il 1980 e il 1981, fino agli "orizzonti" e alle "orme", risalenti agli anni Ottanta, alle "meditazioni" e alle "strutture", eseguite negli anni Novanta, si riferiscono i lavori realizzati con tempera, pastello e acquarello su carta intelata che hanno permesso all'artista di raggiungere notevoli dimensioni, pur rimanendo nell'ambito dell'opera su carta. Nell'ambito della rassegna "Performing PAC. Dance with me To the End of Love" (11 luglio – 10 settembre), dedicata al rapporto tra arte e memoria in occasione del trentennale della strage di via Palestro, l'opera "Senza titolo" (1952) di Mario Nigro viene esposta nella sezione focalizzata sulla ricostruzione dell'attentato allestita come una grande timeline. Il 25 luglio alle ore 18.30 la conferenza tematica "Esercizi di memoria. Mario Nigro 1993" - introdotta da Diego Sileo, moderata da Antonella Soldaini ed Elena Tettamanti, a cui partecipano Gianni Nigro, Luigi Sansone, Angela Vettese - ricorda la sua esposizione mai realizzata e le opere gravemente danneggiate nell'attentato. Il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, contiene un saggio di Antonella Soldaini, un'intervista di Elena Tettamanti a Tommaso Trini sul lavoro e la figura di Mario Nigro, un saggio di Francesca Pola dedicato all'opera su carta, una dettagliata cronologia e un aggiornato apparato bio-bibliografico. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Risposta sul nudismo:
Frequento abitualmente saune in Alto Adige, dove esiste l'obbligo di usare il costime, ed ammetto di non aver mai provato nessuna pulsione sessuale.
È capitato di parlare con persone in sauna da nudi e poi di ritrovare dopo cena vestite e continuare tranquillamente la conversazione.
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Il Lunedì Onirico
Il Fetish
Capitolo I
“Perché il fetish?
Perché ci sto sotto con le parole; perché amo fare ricerche; perché questo termine, nella sua accezione puramente contemporanea, è connesso ad ambientazioni in sintonia con una grossa fetta della mia anima.
La parola italiana che traduce il termine Fetish è “Feticcio”, un oggetto; in latino il suo significato è “fittizio, artificioso”.
Questa parola porta con sé una storia, di tradizioni e superstizione, fino a diventare, nel linguaggio corrente, il sinonimo di pratiche sessuali.
Il termine è stato coniato qualche secolo fa, per descrivere gli oggetti che le tribù africane usavano come amuleti e talismani o nei loro rituali voodoo.
Un oggetto al quale si attribuivano poteri magici e soprannaturali; spesso erano usati per causare danno a persone, conferendo loro caratteristiche umane.
Come siamo arrivati al feticismo? Perché riporre un significato strettamente sessuale a una pratica tribale?
Per istinto, mi viene da rispondere con un classico: le culture occidentali, contaminate dal cristianesimo, hanno demonizzato tutto ciò che fosse tradizione popolare, culto, prima del suo avvento, creando il connubio demonio - sesso; il sesso ti separa da Dio.
Adorare un oggetto come fosse Dio.. mi viene da sorridere pensando ai cattolici che ADORANO oggetti come le croci o le reliquie, in maniera estatica. Lo possiamo definire un feticismo?
Quello che è stato demonizzato non è il solo sesso ma la pulsione primordiale dalla quale scaturisce il sesso, che ne è una delle sue molteplici espressioni.
La creatività e non la riproduzione ma anche la paura, in termini di energia, pulsione appunto, hanno origine “lì sotto” e da lì si diffondono.
Nelle tradizioni orientali, “quel punto” viene associato al primo chakra; la spinta creativa, il radicamento e l’eros.
Perché la paura ha origine in quel luogo, dove si diffonde l’amore, la spinta creativa per eccellenza?
Perché la paura e l’amore sono la stessa cosa, vista da lati opposti; sono entrambe le facce della stessa medaglia.. come dio e il suo antagonista (non il diavolo, ne satana “il maligno” ma “quella cosa” che risiede al centro del lago ghiacciato, dove la materia si condensa - che secondo alcune antiche tradizioni è il principio femmineo di dio, curioso - ).
Mi oppongo a una definizione legata a significati fuorvianti; ci sono oggetti che mi suscitano una tale emozione, che riproduce quella sensazione lì ma che non è finalizzata al sesso e, per me sono dei veri feticci.
Le scatole; le rotoballe (devono essere rotonde, quelle a forma di parallelepipedo non mi entusiasmano come quelle tonde) e le pale eoliche.
Quando mi trovo davanti a questi oggetti, inizio a pulsare laggiù; io le chiamo le sfregole.
Vivo la vista dell’oggetto in questione, come qualcosa di paradisiaco, di divino, estasi pura.
Come sono arrivata a considerare le sfregole per quello che sono, è una storia altrettanto lunga e la racconterò la volta successiva; le sfregole oggi sono divertenti e suscitano in me euforia e curiosità.
Per uno di questi oggetti, sono risalita alle dinamiche mentali per le quali mi emoziono così tanto; per gli altri due oggetti, non ancora.
Le scatole suggestionano il mio subconscio con il linguaggio simbolico: rendere ordinate le apparenze, sottraendo alla vista il caos. E’ una forma di controllo, che lascia una scappatoia.
Ha generato un gran conflitto, ai suoi tempi: la sensazione di non mettere mai veramente in ordine, nascondendosi, facendo finta.
Con infinita pazienza, sto imparando a sistemare anche i contenuti delle scatole, riponendo ogni cosa al posto che merita; è più semplice fare ordine in comparti di dimensioni minori, se davanti agli occhi hai lo spazio sgombero dalla confusione totale.”
Le rotoballe e le pale eoliche restano un mistero.
Mi vuoi aiutare? Secondo te che significato simbolico possono avere?
E tu, hai dei feticismi? Quali sono?
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ANALISI DI LOLITA – VLADIMIR NABOKOV
Chi mi conosce sa perfettamente come Lolita sia il mio libro preferito. L’ho letto tre o forse quattro volte. Mi emoziona scrivere qualcosa a riguardo perché non credo di esserne all’altezza, sinceramente. Venero talmente tanto questo libro che ho paura a condividere con qualcuno le mie riflessioni. Quasi mi sento nuda in mezzo a un’aula.
Non ho mai potuto parlarne perché nessuno dei miei amici lo ha mai letto. E ancora una volta, chi mi conosce sa perfettamente quanto io ami discutere di ciò che mi appassiona e trovare nuovi spunti. È noto come, tralasciando questioni palesi ed elementi universalmente riconosciuti quali parte integrante, chiunque legga un libro o fruisca di un’opera ci vedrà cose diverse.
In questa analisi vorrei innanzitutto convincere qualcuno a leggere questo libro. Vi ricordo che io sono il Sir Nessuno e non ho alcuna pretesa di professionalità in quello che faccio. E che ci saranno spoiler.
Iniziamo.
Lolita è un romanzo di Vladimir Nabokov pubblicato in inglese e solo successivamente tradotto in russo. Un romanzo che diede tremendo scandalo per via del tema da esso trattato (comprensibilmente).
Si parla della passione di un uomo di una certa età per una pre-adolescente, Dolores Haze, in arte Lolita.
Sarebbe, tuttavia, un clamoroso errore ritenerla un’opera di incitazione alla pedofilia. Invero, Nabokov secondo me condanna Humbert Humbert (da qui in avanti H.H.), nella sua condizione e nelle sue azioni. Anzi, è lo stesso H.H. a consegnarsi a una giuria popolare, in un misto di desiderio di punizione e richiesta di assoluzione.
Gli elementi di forza del romanzo, a mio avviso, sono due. Il primo è indubbiamente la storia, il secondo è la prosa. Forse più la prosa della storia. Chi spera di trovarci scene piccanti rimarrà ampiamente deluso, non è un romanzo erotico vero e proprio. La componente erotica c’è sicuramente, ma con raffinatezza e senza mai descrivere un rapporto sessuale.
Il romanzo si articola come difesa davanti a una giuria popolare. Molto teatrale, drammatica e intensa. Possiamo quasi figurarci il protagonista in mezzo a un palco mentre recita con veemenza frasi quali “Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia!”. A me nella forma ricorda anche un diario personale o una raccolta di memorie da cui estrapolare un romanzo. Questo perché il protagonista è a sua volta uno scrittore, che parrebbe tenere frammenti di quello che leggiamo all’interno dei cassetti della propria scrivania. Brandelli di sensazioni vissute tramite il quale canalizzare le sue fantasie erotiche, sfogandole nell’arte invece che nella realtà.
Elemento fondativo della sua condizione infelice è l’aver amato e perso, durante la sua pre-adolescenza, Annabel, ragazza che sveglia in lui la pulsione sessuale e con la quale inizia scoprirne i piaceri. Una passione che non verrà appagata per via della di lei prematura morte. Fiamma che, purtroppo, non si spegnerà e che negli anni arriverà a consumarlo. Il trauma ha bloccato la sua crescita, sessuale e relazionale, in quel periodo della sua vita, senza rimedio. Finché finisce per reincarnare Annabel in Lolita.
H. H. pretende di somministrare a noi la sua miserabile condizione sotto forma di voluttà estetica. Ogni frase del romanzo incontra un lessico ricercato, un erotismo raffinato, malato e a tratti infantile. Come un bambino che gioca a fare il grande scrittore, ma con la cultura derivante da anni effettivamente spesi e vissuti. Raccontandolo bene e in maniera convincente spera che condivideremo il suo struggimento.
Dolore è una parola chiave. Dolore è anche il nome di Lolita, Dolores Haze.
Innamoratosi perdutamente della sua ninfetta si fa risoluto nel non toccarla, nel non sporcarla con il suo ripugnante desiderio, e a questo sano principio intende rimanere fedele. Il nostro protagonista è infatti (almeno inizialmente) un pedofilo virtuoso, che non vuol cedere alla propria lussuria riconoscendo il demone che ne attizza il fuoco.
Tutto cambia quando, divenuto tutore di una Dolores Haze orfana, Lolita gli mostra interesse fisico. Un episodio in particolare azzera i suoi freni inibitori e H. H. si convince di poter finalmente vivere un amore appagante, nel pieno consenso della sua dolce metà. Di poter portare realizzare quel suo amore infantile.
Affrontiamo quella che è una delle critiche più spietate che si muove alla protagonista della storia. C’è chi sostiene che Lolita se la sia cercata, essendo la bambina stessa a provocare sessualmente il protagonista. Cosa c’è di vero e cosa di falso in questa considerazione?
Innanzitutto partiamo da un presupposto fondamentale. Lolita è per H.H. un demone ed al lettore può apparire tale laddove la sua descrizione è operata dall’indemoniato stesso. Ciò non implica che lo sia realmente, ma solo che ad essa è stato attribuito tale ruolo.
È innegabile che Lolita nutra verso H.H. un interesse di tipo sessuale. Lei si trova nell’età della scoperta e delle pulsioni, H.H. è un uomo molto avvenente e incontra il suo gusto. È quindi vero che lei lo provoca, spesso e volentieri. È lei a baciarlo la prima volta, è lei a volergli dimostrare la sua destrezza nelle arti amatorie. Ciò però rende Lolita meritevole del rapporto tossico che viene a instaurarsi? È pur sempre una dodicenne e, in quanto tale, ha tutto il diritto di comportarsi nella maniera sbagliata, di non rendersi conto delle situazioni e non avere piena cognizione di cosa significhi avere un rapporto carnale. Per lei infatti è tutto un gioco, finché non si rende conto che il gioco si è trasformato in un rapporto che la disgusta.
H.H. narra di un viaggio splendido e insperato vissuto da lui come una luna di miele, mentre in realtà Lolita medita la fuga. Descrive la sua Lo come una bambina squisitamente capricciosa, nella convinzione che essa nutra per lui i medesimi sentimenti che egli nutre per lei, quando la realtà dei fatti (per noi lettori, giuria super partes) è chiara come il sole. Quella che all’apparenza potrebbe risultare una storia d’amore vera e propria non lo è mai stata. Non dimentichiamoci che leggiamo tutto raccontato da H.H., la cui visione dei fatti è ottenebrata dalla malsana passione e dal desiderio di amore.
Lolita è una dodicenne orfana di madre, la cui sola famiglia rimasta è un uomo che invece di ricoprire il ruolo di padre si abbandona al ruolo di amante. Non ha nessun posto dove andare, non vuole abbandonare la sua unica figura di riferimento, ma è astuta e coraggiosa abbastanza da costruire la propria fuga. H.H. la vizia in tutto e lei gli offre sesso, in cambio di soldi. Soldi che metterà da parte in vista della futura evasione.
Che questo romanzo rosa si sia svolto solo nella mente di un narratore ubriaco d’amore, il cui il disagio ha azzerato la capacità di giudicare con coerenza, diviene palese nel finale. H.H. vede tutto filtrato da un velo che è incapace di squarciare.
Egli scopre di amare Lolita anche oltre i suoi dodici anni, ritrovandola quando ne ha diciassette incinta di un altro. In questa scena Humbert realizza che l’avrebbe amata per sempre, a prescindere dalla sua età, e di essere finalmente guarito. Che la sua ossessione per Lolita non ha più a che vedere con la parafilia, ma è qualcosa di sincero e autentico. Quando però le chiede di seguirlo e invecchiare insieme lei gli risponde di no. Quella risposta è carica di compassione e tradisce l’idea che la ragazza ha di lui, di un vecchio miserabile con una passione nei suoi confronti. Un vecchio che può ancora sfruttare in caso di necessità, come ha sempre fatto.
Per questo motivo l’opera di Nabokov non può e non deve considerarsi un’ode alla pedofilia, perché alla fine dei conti non è mai stato fatto mistero di come il comportamento di H.H. abbia avuto gravi ripercussioni sulla crescita della bambina, su come lei fosse infelice e su quanto il loro rapporto sia ripugnante. Ciò nonostante non si coglie un totale e completo disprezzo verso la figura di Humbert, piuttosto miseria e compassione.
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