#prima dell’alba
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elenascrive · 1 year ago
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Cara Vostra Maestà,
dopo il trionfante ritorno
nelle vesti d’Eclissi
della scorsa notte,
ora
Le Vostre Dame di Corte
nel tenervi compagnia
hanno finito Loro malgrado
con il starvi troppo addosso,
nascondendovi ai Miei occhi
come sempre bisognosi
del Vostro candore
Così siete stata costretta a farvi largo
abbagliandole della Vostra potente luce,
provocando uno squarcio nel Cielo
che di colpo lo ha illuminato
quasi fosse giorno
Tutto questo solamente per salutarmi
e ricordarmi che anche se non Vi vedo
Voi ci siete lo stesso,
pronta ad abbagliare anche Me
ed il Mio cuore irrequieto
Menomale che ci siete Voi
Mia Amatissima Maestà
@elenascrive
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deeonisia · 2 years ago
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🧁✨💘🐈‍⬛
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armandoandrea2 · 24 days ago
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“Sto ccà”
(“Sto qua”, versione tradotta in Italiano)
Sto, qua, Isabella, sto qua.
Che c’è? Non mi vedi?
Già, non puoi vedermi,
ma sto qua, sono in mezzo ai libri,
tra le carte antiche,
dentro ai cassetti del comò.
Mi trovi quando il sole entra di sguincio,
s’intrufola di taglio
e fa brillare queste cornici dorate
d’argento
grandi e piccoline
di legno pregiato
acero noce palissandro mogano
sembrano finestrini e finestrelle
aperte sul mondo…
Mi trovi quando il sole si fa rosso
prima che tramonti
dipingendo d’oro i rami degli alberi
e s’infila tra le foglie
per farsi guardare.
Altrimenti mi potrai trovare
quando è notte
in cucina, per cercare qualcosa da mangiare
un pezzetto di formaggio, un’insalata,
quel poco che ti sostiene lo stomaco
e poi te ne vai a letto.
Prima della luce dell’alba poi
mi trovi alla scrivania,
con la penna tra le dita
e gli occhi al cielo,
pensando a ciò che ti ho raccontato
e non ho scritto
e chissà se non sia stato un bene
che questi pensieri si siano persi,
distratti, e stanchi di essere pensati,
che volteggiano nell’aria insieme a me.
E se guardi lassù
può succedere
che se ci sono le nuvole
mi trovi.
Il vento straccia le nuvole
e, così, come viene viene,
puoi trovare certi occhi che ti guardano.
Sotto una fronte larga larga
e lunga
e due solchi lungo il viso…
sì, li puoi trovare.
Eduardo De Filippo
Era l’anno 1963, e l’autore si rivolge alla compagna Isabella per narrarle di ciò che sarà oltre la vita terrena, e del sentimento che li lega: “Sai, quando non ci sarò più, guarda bene, perché, in tanti segni, io mi paleserò e tu mi troverai”.
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susieporta · 3 months ago
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Come fare per assaporare l’istante?
Bisogna esserci, essere nel momento.
Quindi divieni attento. Forse all’inizio l’attenzione sarà accompagnata da una qualche tensione, perché è ancora legata allo stato di attenzione mentale che è controllo, concentrazione che ha un obiettivo, ma con la pratica l’abitudine cambierà.
Prova a fare questa esperienza durante le ore notturne o appena prima dell’alba, quando tutto è ancora silenzio ed è più facile percepire. Se ti svegli per esempio durante la notte, entra nel buio, nella sua peculiarità, vivi veramente il buio.
Scivolare dentro l’istante con l’attenzione desta ti porterà al di là dell’osservazione mentale che si ferma, per esempio, al tempo che fa oggi e alla temperatura, per decidere cosa indossare, ti regalerà il respiro della vita intorno a te.
Marina Borruso
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ma-pi-ma · 1 year ago
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..Nella stanza del motel
quella notte, alle prime luci dell’alba,
scostò una tendina alla finestra. Vide nubi
ammucchiate contro la luna. S’appoggiò
al vetro. C’era uno spiffero freddo
che gli toccò il cuore.
Ti amavo, pensò.
Ti amavo tanto.
Prima di non amarti più.
Raymond Carver, da Blu Oltremare
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mucillo · 4 months ago
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La poesia che non ho scritto
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"Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento".
(Raymond Carver)
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smokingago · 7 months ago
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“Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro.
Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa da fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.
Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.”
Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia
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canesenzafissadimora · 6 months ago
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Dal finestrino scoprivo come non fosse necessario divenire un astronauta, non fosse necessario volare oltre la mesosfera, per incappare nella delicatezza incerta della natura, per intravedere ben chiara la precaria bellezza di cui eravamo testimoni. Già non c’era più nessuno in giro. La Basilicata, scoprivo, era terra rarefatta, di uomini e donne sparse. Case silenziose. Muri su cui batteva il sole per tutto il tempo fino a che non giungeva la notte. Senza che nulla, apparentemente, accadesse. E il giorno dopo di nuovo, ancora il sole sullo stesso muro. Sedie impagliate, voci dall’interno delle case. Odori di cibo che si perdevano per la via. Il fumo dei camini. La legna che bruciava. La brace, che restava. Mentre osservavo sorpreso lo spazio attorno, come un astronauta che non aveva avuto bisogno di servirsi dell’esplosione rabbiosa dei razzi nel bel mezzo di un deserto, per essere colpito dalla precaria meraviglia delle curve dei campi di grano, ogni elemento del paesaggio, liberato dalla affollata presenza dell’uomo, appariva come la somma di termini di una lingua che mi affascinava e seduceva e di cui ancora non comprendevo il significato.
La soglia di luce, tra notte e giorno, rendeva i luoghi ancor più nudi e inermi. Lo scrittore William Heat-Moon, quando intraprese il suo viaggio attraverso gli Stati Uniti lungo le strade provinciali, ammise che è “subito prima dell’alba e subito dopo il tramonto” il momento in cui le strade minori “hanno un fascino intenso, e sono aperte, invitanti, enigmatiche: uno spazio dove l’uomo può perdersi”. Per qualche ragione, mi convinsi che anche lui, se avesse dovuto scegliere su quale strada secondaria incamminarsi in Italia, sarebbe partito proprio da qui. Dalla statale 92. La strada più solitaria di tutte, lunga quasi centocinquanta chilometri, ma che per la sua misteriosa disposizione, per il suo andare e venire, per il meditabondo girare su se stessa, per l’insistere sugli angoli sassosi dell’Appennino, finiva per essere assai più lunga e assai più intricata e assai più ricca di sensazioni. Non è certo dalla lunghezza di una strada che si può dedurre la facilità con cui se ne uscirà fuori, o la forza con cui essa ci muterà.
Entravo e uscivo dal fitto della foresta di Rifreddo. Guardavo le forme dei faggi con i loro manti. Mentre guidavo, in quella dimensione solitaria, ero intento ad ascoltare il boscoso discorso che gli alberi dispiegavano tra loro, il ventoso movimento delle foglie. Prima fitto, denso, cupo, poi lieve, quasi silenzioso, impercettibile, come quando ci capita di ascoltare qualcuno che si avvicina mentre scambia delle parole con chi lo accompagna e poi, proprio mentre sta per pronunciare la frase chiave, il piccolo segreto, si allontana e non riusciamo più a sentire quel che di più importante stava per essere pronunciato.
Federico Pace - "Passaggi segreti"
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anima-complicata-80 · 9 months ago
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"Il caffè come abbraccio, rifugio e oasi..il caffè prima dell’alba, prima di partire, prima di entrare nel giorno..Il caffè che scalda, accompagna e ti aspetta ogni volta che hai bisogno...." 🖤 (Fabrizio Caramagna)
Buongiorno anime preziose ☕️...
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elenascrive · 10 months ago
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Si preannunciava una giornata
abbastanza complessa quella odierna,
tra lavoro, scioperi ed appuntamenti vari,
con il timore di poter perdere qualcosa per strada
e con l’ansia che per questo cresceva.
Avevo bisogno di un po’ di carica.
Così mentre uscivo di casa,
come sempre un attimo prima dell’alba,
per andare a fare il Mio dovere,
percorrendo a piedi alcune vie del quartiere,
d’improvviso alzo gli occhi al cielo
e mi appare Lei:
Pienamente abbagliante
per salutarmi in tutto il proprio chiarore smagliante.
Era da più di un mese che non la vedevo a quest’ora
e quando l’ho salutata,
un grosso sorriso raggiante e commosso
mi si è stampato immediatamente sulla faccia.
Si è fatta attendere ma n’è valsa certamente la pena,
soprattutto tenendo conto del fatto che
abbia scelto il giorno giusto per poter apparire.
Non è stato un caso infatti che l’abbia fatto proprio stamani,
sapendo quanto avessi bisogno della Sua Regale Presenza
per affrontare ciò che mi attendeva
con maggiore tranquillità.
Lei fa sempre il modo di esserci sempre
nelle occasioni che contano
e anche stavolta non ha deluso per niente,
facendosi dunque trovare pronta all’appello.
Io non so come fa.
Sinceramente non ho capito come riesce a carpire
quanto la Sua Presenza sia fondamentale,
però è così e non posso che prenderne atto
con estrema felicità.
Vederla perciò mi ha portato bene per l’ennesima volta,
poiché sono riuscita a resistere ad ogni evenienza,
sciopero compreso,
portando a casa l’ennesima giornata tosta.
Ora che sta per terminare posso riprendere fiato,
beandomi della fortuna che posseggo,
ad avere Sua Maestà al Mio cospetto,
sempre pronta a proteggermi, a rassicurarmi
e infine ad aiutarmi nei momenti delicati.
Come farei senza di Lei?
Non ci voglio nemmeno pensare!
@elenascrive
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personal-reporter · 8 months ago
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La Messa di Pasqua, il ritorno di Gesù dal sepolcro
Il cuore delle festività della Settimana Santa… La Veglia Pasquale è la messa solenne dove  si celebra la risurrezione di Gesù e che comincia dopo il tramonto del Sabato Santo, prima dell’alba della domenica di Pasqua. Continue reading La Messa di Pasqua, il ritorno di Gesù dal sepolcro
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armandoandrea2 · 3 months ago
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“Sto ccà”
(“Sto qua”)
Dedicata alla moglie Isabella
Sto, qua, Isabella, sto qua.
Che c’è? Non mi vedi?
Già, non puoi vedermi,
ma sto qua, sono in mezzo ai libri,
tra le carte antiche,
dentro ai cassetti del comò.
Mi trovi quando il sole entra di sguincio,
s’intrufola di taglio
e fa brillare queste cornici dorate
d’argento
grandi e piccoline
di legno pregiato
acero noce palissandro mogano
sembrano finestrini e finestrelle
aperte sul mondo…
Mi trovi quando il sole si fa rosso
prima che tramonti
dipingendo d’oro i rami degli alberi
e s’infila tra le foglie
per farsi guardare.
Altrimenti mi potrai trovare
quando è notte
in cucina, per cercare qualcosa da mangiare
un pezzetto di formaggio, un’insalata,
quel poco che ti sostiene lo stomaco
e poi te ne vai a letto.
Prima della luce dell’alba poi
mi trovi alla scrivania,
con la penna tra le dita
e gli occhi al cielo,
pensando a ciò che ti ho raccontato
e non ho scritto
e chissà se non sia stato un bene
che questi pensieri si siano persi,
distratti, e stanchi di essere pensati,
che volteggiano nell’aria insieme a me.
E se guardi lassù
può succedere
che se ci sono le nuvole
mi trovi.
Il vento straccia le nuvole
e, così, come viene viene,
puoi trovare certi occhi che ti guardano.
Sotto una fronte larga larga
e lunga
e due solchi lungo il viso…
Eduardo de Filippo
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crazy-so-na-sega · 25 days ago
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Cliché
SIGNIFICATO Matrice per stampe; modello stereotipato, luogo comune, espressione priva di originalità
ETIMOLOGIA voce francese, di origine onomatopeica.
È una parola che pronunciamo e scriviamo spesso e volentieri, e che come tutte le parole francesi ci fa sentire piuttosto di mondo, quando la usiamo. Ci parla di un modello convenzionale, di un luogo comune, ma (proprio come lo stereotipo) il cliché ci racconta prima di tutto una storia tipografica — e però ci deve rendere conto di una curiosità speciale.
Infatti il cliché è propriamente una matrice zincografica, cioè una matrice metallica (comunemente, come solo le persone più intelligenti possono intuire, di zinco) su cui con procedimenti chimici e meccanici è ottenuta in rilievo e a rovescio un’immagine da imprimere nelle stampe.
Niente di strano, si può pensare. Se non che, si trova spesso annotato che questo nome ha un’origine fonosimbolica, onomatopeica: ma che diavolo di rumore è cliscé? Che cosa fa cliscé come rumore? E che c’entra con una matrice?
Ora, questo termine è attestato in francese nei primi anni dell’Ottocento: i procedimenti zincografici iniziavano ad essere messi a punto in quegli anni (alternativa interessante alle litografie, che dovevano essere fatte con pietre calcaree bavaresi, di costosa importazione). Precedentemente, se si volevano ricavare semplici matrici metalliche per le stampe, si poteva ricorrere a un’elementare tecnica di calco che consisteva nel battere uno stampo sul metallo fuso in solidificazione. Cliscé. Ecco un rumore piuttosto liquido e sfrigolante. Migliorata la tecnica, il nome della matrice che veniva così ottenuta, cliché, è rimasto.
Figuratamente (e in italiano dall’inizio del Novecento) il cliché è il luogo comune trito, esausto, e ha delle applicazioni amplissime: può riferirsi a una regola di comportamento modello, per cui alla cena in cui non vogliamo grane seguiamo il cliché dello studente sedulo; può riguardare un’espressione linguistica cristallizzata senza originalità, per cui Il blitz è scattato alle prime luci dell’alba; può riguardare narrazioni e strategie comiche stirate, bisunte e finite, per cui nelle commedie romantiche prima si odiano, lei era bruttina ma poi diventa bella, e il colpo di scena arriva puntuale sul …parli ora o taccia per sempre.
Anche se il nesso tipografico non balza subito all’occhio, il cliché ci parla di matrici. Di produzioni in serie, modelli sempre uguali. Che alla fine non vogliono dire più niente.
P
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/cliche
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cliché del giorno: le donne hanno una marcia in più 😉
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ninoelesirene · 2 years ago
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Caro cuore,
ti rimprovero sempre di dare troppo valore alle cose. Non ti attraggono gli oggetti come strumenti di affermazione, ché non ci portiamo dietro niente, quando scompariamo. Al contrario, hai bisogno che le cose ti accolgano in sé stesse e siano custodi dello spirito. È per questo che anche uno scontrino, un orologio fermo o un coriandolo di carta piovuto dal soffitto possono diventare un amuleto per te.
Di recente senti moltissimo, sempre sul punto di straripare. “The water edge”, qualcuno ti tradurrebbe. E mi accorgo di aver aspettato una vita per farti posto e darti una casa da abitare. Sarà per questo che, tra le “cose” di cui ti parlo oggi, ci sono soprattutto luoghi. La nostra è una necessità spaziale.
C’è un film abbastanza noto intitolato “Prima dell’alba”. Racconta un amore speciale esploso in un attimo, un fulmine di luce lungo 24 ore. I protagonisti, conosciutisi per caso su un treno, trascorrono un giorno insieme e alla fine si salutano. Prima dei titoli di coda e un attimo dopo la separazione, la macchina da presa torna nei luoghi delle loro chiacchiere, dei loro sguardi, del loro amore perfetto, manifesto per 24 ore. Sembrano piazze vuote e strade deserte, ma sono storie, memoria fisica di un mondo interiore, due mondi interiori, mille mondi interiori che le hanno riempite e cambiate per sempre. So che sai di cosa parlo.
Camminavo, proprio ieri, su un lungomare. Ti sentivo esplodere, smarrito, esposto, vibrante. Avrei voluto armarmi della mia antica strategia per contenerti, ma non ci riesco più. Ho voluto dimenticarla e l’ho fatto per te, cerca di capirmi. Così ho lasciato che ti espandessi e mettessi alla prova i tessuti, le funzioni, la luce negli occhi. Ho preso un respiro e abbracciato la paura che mi fai.
Caro cuore, la verità è che prima di sopravvivere, vorrei che tu vivessi e trovassi il tuo luogo e lo abitassi, non da solo. Questa è una promessa.
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musicwithoutborders · 1 month ago
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Marco Persichetti, Prima dell’alba I Il tempo, la memoria e lei, 1984
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mucillo · 3 months ago
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Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.
(Haruki Murakami)
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