#polluzioni
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schizografia · 9 months ago
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Un indizio certo e una prova completa di questa purezza è se, quando riposiamo o dormiamo, non ci viene alcuna immaginazione cattiva”, o, ancora: “Dunque frutto della purezza ed una prova sicura di essa è se, quando dormiamo, non ci assale alcun movimento impuro; e se quello che ci succede durante il sonno, ci avviene come per una necessità di natura”. Tutta la “dodicesima conferenza è dedicata alla questione delle “polluzioni notturne” e alla necessità di “liberarcene con tutte le nostre forze”. Cassiano evoca, a più riprese, qualche santo personaggio, come Sereno, giunto a un grado così elevato di virtù da non essersi mai esposto a simili inconvenienti.
Michel Foucault, Estetica dell’esistenza, etica, politica. Archivio Foucault 3. Interventi, colloqui, interviste. 1978-1985
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salva7orearato · 11 months ago
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Il latte dell'inconscio si è rovesciato sulla scrittura in fiore. Con sbadigli di morte, attorte vipere in amore devastano di polluzioni notturne tutte le lettere dell'alfabeto con parole lugubri, oscene. Una pianta carnivora divora le labbra, la bocca - penetra il linguaggio. Lingua, lingua che scavi nel verso. Altra bufera di lucore che stravolgi il clitoride. In quest'orgia di parole, folate di lettere lunatiche si aprono come regine siamesi germogliate nel sesso. La pioggia santa, l'antico mare. In quale dei due cuori bruciano i tentacoli della scrittura sonnambula?
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giancarlonicoli · 2 years ago
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21 mag 2023 20:46
SULL’ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA PRODI DÀ UNA LEZIONE ALLA SCHLEIN – IL “PADRE NOBILE” DEL PD HA ANALIZZATO IL DISASTRO NELLA SUA REGIONE SENZA MAI TIRARE IN BALLO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO MA PARLANDO DI MANCANZA DI INVESTIMENTI E DI MANUTENZIONE – MAURIZIO BELPIETRO: “MENTRE LA SEGRETARIA DEM SPROLOQUIA SU COSE IMPALPABILI, PARLANDO DI ECONOMIA SOSTENIBILE, DI MUTAZIONI GLOBALI E ALTRE FESSERIE DEL GENERE ROSSOVERDE, PRODI È ANDATO ALLA RADICE DEL PROBLEMA”
Estratto dell’articolo di Maurizio Belpietro per “La Verità”
Mi capita di rado di essere d’accordo con Romano Prodi, anzi a pensarci bene non mi capita mai. Però ieri, dopo aver letto un suo articolo sulla Stampa, per la prima volta non ho potuto che concordare con l’ex presidente del Consiglio.
Infatti, nel suo intervento sull’alluvione in Emilia-Romagna non ha mai nominato il surriscaldamento globale. A differenza di Elly Schlein e della maggior parte degli esponenti della sinistra, colui che è considerato il padre nobile del Pd, ed è il solo che sia riuscito a tenere a bada per qualche tempo la variegata compagnia di giro dei compagni, ha evitato di accodarsi alla narrazione comoda dei cambiamenti climatici per spiegare che cosa sia successo nei giorni scorsi.
Mentre la segretaria sproloquia su cose impalpabili, parlando di economia sostenibile, di mutazioni globali e altre fesserie del genere rossoverde, Prodi ha scritto cose assai più sensate, andando alla radice del problema e facendo capire che se ci sono 14 morti e oltre 30.000 sfollati la colpa non è dell’inquinamento o di qualche altro fenomeno soprannaturale, ma di cose molto terrene, che non si sono fatte o che si sono fatte male.
[…] quelle che lui presenta come riflessioni amare e complesse, sono un atto d’accusa contro la classe dirigente del suo partito. L’ex premier, mentre nega di voler cercare i colpevoli, punta subito il dito sulle pochissime casse d’espansione, ovvero sulle sole opere utili a contenere la furia delle acque e dunque ad evitare morti e disastri.
[…] Secondo Prodi, bisogna prendere atto della realtà. Il senso è chiaro: basta inseguire le farfalle ambientaliste, smettiamola di dare tutte le colpe al surriscaldamento: occorrono mille misure concrete, soprattutto a livello locale. E quali sono questi interventi? Tra di essi non si trova nessuno di quelli sollecitati dalla ex responsabile della transizione ecologica dell’Emilia-Romagna, vale a dire Elly Schlein.
Negli interventi urgenti indicati dall’ex presidente Ue, si parla di opere di contenimento delle acque (le casse di espansione che la Regione si è dimenticata di portare a compimento), di pulizia dei fiumi, di cura dei boschi, di ripristino dei fossati di scolo, di messa in sicurezza degli edifici a rischio, di eliminazione di quelli costruiti in luoghi proibiti.
Si tratta insomma di una serie di provvedimenti che definirei di buon governo del territorio.
Nessuna soluzione miracolosa. Niente impegni per la riduzione delle emissioni a livello globale. Zero manifesti anti polluzioni o slogan ambientalisti da Ultima generazione. No, il Prodi che contesta dalla A alla Z le teorie pseudo ambientaliste della segreteria del Pd dice che serviranno molto tempo, molta spesa, molte regole ma, soprattutto, molto senso civico per poter evitare o per lo meno limitare in futuro le conseguenze di quelli che chiama eventi straordinari. […]
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ilcantodelsole · 5 years ago
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Populismo, Salvinismo, Sardinismo
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sisif-o · 3 years ago
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ok la febbre stanotte mi ha fatto delirare e credo pure avere le polluzioni notturne 🤔
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patrizio-t · 4 years ago
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L’ultimo treno della notte e la felicità
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Cercate lontano e la troverete
quella ineffabile felicità
quella matrigna che vi accarezza e dietro ride di voi
nei ricordi che diventano nebbia
nei sogni dei bambini
nelle polluzioni notturne
le risate senza un perchè
perchè questa dovrebbe essere la vita, senza un perchè
le canzoni urlate a squarciagola
e la voglia smisurata di salire su un tavolo
per regalare a tutti il nostro spettacolo.
Cercatela, guardate lontano, più lontano
quando la prima volta avete visto una donna
ed il suo seno che spingeva dietro la maglia
e avete sentito quell’odore di buono che fa la pelle
e l’urgenza di toccarla, di vedere sotto cosa c’è
e il cuore che batte all’impazzata
quel sesso scambiato per amore che stringe la gola
e le parole scritte a fiumi nel diario della scuola
io l’amo, lei non mi ama
che sofferenza, che felicità
sotto quella tenda da campeggio
la prima volta, la prima volta, la prima volta.
Amore pensai, amore, amore mio.
Per sempre.
E poi è tutto un degradare
come la marea di saint Michel che sale piano piano
e tu che ti eri addormentato felice sulla spiaggia
ti ritrovi con l’acqua alla gola
la bocca che era piena di lei
ora è ingolfata solo da te.
Sapore di zolfo e amarezza.
Guardare lontano
è quello che resta. 
testo: PatrizioT © - Image: Marino Sallowicz
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scampoliditesto · 5 years ago
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Andate in Pace
Non mi piace aspettare. Soprattutto non riesco ad aspettare stando fermo. Allora comincio a passeggiare, faccio piccoli passi e seguo il perimetro del piazzale davanti alla chiesa, una costruzione di cemento armato che sembra un ricciolo di margarina, una di quelle robe che si vedevano nelle pubblicità televisive degli anni 80: primo piano sulla punta di un coltello leggermente ricurvo che si conficca nel pappone lipidico e poi una mano intenta a manovrare delicatamente la lama per fare uno sgorbio. E quindi cammino e aspetto, ma dopo un po' il piazzale si riempie di macchine, di gente che posteggia, che sbatte le portiere, che lascia il motore accesso, insomma c'è casino, e a me sembra di stare nell'officina di un concessionario di auto usate e non su un sagrato. Allora esco dal piazzale e vado sulla strada, una salita, una specie di scivolo di bitume rattoppato alla bene e meglio, un groviglio di cicatrici statali, sindacali, clientelari.
Adesso sono in una specie di parcheggio sopraelevato. Cammino e, ogni tanto, mi guardo le scarpe. Il fondo è macchiato da polluzioni meccaniche, chiazze di benzina e gocce di liquidi lubrificanti persi chissà da che giuntura o snodo, ma ci sono anche svariati litri di roba fisiologica che ormai ricopre ogni angolo di Genova: merda di cane e piscio di bestia e cristiano ormai legati dal guinzaglio e dallo spargimento di prodotti metabolici. Un tizio urla al cane "ti spacco la faccia" e lo trascina in macchina. Una tizia entra in retromarcia noncurante del mondo alle sue spalle e inchioda poco prima di andare a sbattere contro il relitto di un motorino. Alzo gli occhi al cielo e vedo la facciata di un condominio: armadi di metallo piazzati senza un criterio sui terrazzini, caldaie arrugginite, fori sulla facciata degni di un architetto spastico. Due ragazzi armeggiano con la testa dentro al cofano di una macchina rossa poco distante da un carro funebre.
Le campane suonano, annunciano che la messa è finita. Allora guardo in basso verso il piazzale e vedo la gente uscire. Vedo le persone andare in pace e salutarsi agitando le mani, mani che hanno ucciso, mai compilato una dichiarazione dei redditi, picchiato, rubato, commesso atti impuri, violentato orifizi, premuto grilletti, raccolto merda di cane, direzionato il getto di cazzi dalle forme disparate e strane, aggiustato assorbenti, grattato culi, indicato difetti con ferocia, accordato strumenti, comprato dischi di trapper, spalmato creme omeopatiche, pregato la morte, causato la morte, schiaffeggiato, picchiato, preso a pugni il parchimetro, negato un saluto, segnato un goal con la mano, fatto gesti osceni, premuto insistentemente il clacson, tentato invano di fermare gli aggiornamenti di Windows, armeggiato con il mouse per condividere e scrivere amen, indicato il cielo per invocare un miracolo, aver suonato le campane mentre qualcuno dormiva beato non pensando al mondo, rullato a calciobalilla, preso in mano bicchieri di orzata, costruito il mondo, gettato una colata di cemento per fare una specie di parcheggio sopraelevato e putrido proprio sopra una chiesa a forma di ricciolo di margarina.
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pangeanews · 5 years ago
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Analisi chirurgica dell’opera della Cavaliera Mazzantini, quella della “letteratura con la L maiuscola” e delle “polluzioni fuori programma”
«Guardi, io faccio letteratura con la L maiuscola», Margaret Mazzantini.
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A livello generale, sull’alta caratura artistico-letteraria di Margaret Mazzantini non c’è stata discussione. Subito vincitrice del Premio Campiello (Selezione Giuria dei Letterati) al suo esordio narrativo nel 1994, poi assegnataria del Premio Strega e del Premio Grinzane Cavour per il romanzo Non ti muovere (Mondadori 2002), ha avuto un’importante carriera come attrice, nel cinema e in teatro, e ha scritto diverse sceneggiature felicemente trasposte nel grande schermo.
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La fase più significativa della sua ascesa si può far risalire al 2003, quando viene nominata Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Di conseguenza, come per Silvio Berlusconi si è ritenuto naturale l’appellativo di Cavaliere, qui riteniamo corretto menzionare lo stesso titolo, sia per parità di genere sia come giusto riconoscimento.
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Del romanzo Non ti muovere si è parlato molto all’epoca, come anche della sua trasposizione cinematografica. Resta interessante l’attività di sceneggiatrice della Cavaliera Mazzantini, che vede molti suoi script portati sul grande schermo: oltre a Non ti muovere, diretto e interpretato da suo marito, abbiamo Libero burro, diretto nel 1999 dal marito e interpretato da lei stessa insieme al marito; poi La bellezza del somaro, diretto e interpretato dal marito; poi Venuto al mondo, tratto da un suo romanzo e trasposto in film da suo marito, che vi ha recitato una parte; Poi Nessuno si salva da solo, anch’esso tratto da un suo romanzo e portato al cinema da suo marito; infine, Fortunata, un film diretto dal marito, premiato con un David di Donatello.
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Molti hanno parlato di “impresa familiare”, in cui la moglie scrive raccogliendo appoggi e premi, e il marito provvede a fare i film raccogliendo appoggi, finanziamenti e premi. Ma su questo punto dissentiamo: non si tratta d’impresa familiare, bensì di impresa familistica, perché mentre l’impresa familiare funziona per produrre con risorse e strumenti propri, in un contesto dato e accessibile, l’impresa familistica funziona sostanzialmente per raccogliere privilegi in un contesto chiuso e condizionato.
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Ma la celebrità più significativa della Cavaliera Mazzantini resta quella letteraria, di cui ci vogliamo occupare. Pare che il suo consolidamento sia seguito alla famosa affermazione che fece davanti alle telecamere, quando al microfono di un giornalista mise subito in chiaro: «No, guardi, io faccio letteratura con la L maiuscola». Una dichiarazione tanto chiara e perentoria che non fece nemmeno sensazione, ma suonò come un dato programmatico acquisito e insindacabile: un modo per stabilire a priori il primato di fronte a qualsiasi realtà alternativa, che evidentemente venne preso sul serio da molti. Ma qui intendiamo valutare le cose senza preconcetti o intenti programmatici.
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Nel romanzo Nessuno si salva da solo (Mondadori 2011) si descrive la pesante crisi di una giovane coppia contemporanea, narrata nell’arco di una serata trascorsa al ristorante per riallacciare i discorsi rimasti in sospeso e analizzare le cause della separazione. Lì l’autrice ripropone – prevedibilmente – gli stilemi dei romanzi precedenti, che tanto successo avevano avuto, calcando però la mano sulla crudezza del linguaggio e sulla velocità e brutalità espressiva, nell’evidente tentativo di dare spinta all’effetto sul lettore.
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«Durante i primi baci con la lingua gli aveva fatto sentire i denti consumati dall’acidità del vomito».
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L’incompatibilità maturata fra i due personaggi, che �� al centro dell’impianto narrativo, viene dispiegata e descritta con espressioni forti, a tratti volutamente scabrose, in una sorta di “esibizione dello sgradevole”, che vorrebbe puntare a un estetismo letterario originale: «lo esaltavano le deformità, le macroscopie, le gravidanze plurigemellari dove i feti sembravano formiche nei buchi». Ma questa corsa alla mimesi del narrato, al realismo spinto, alla ricerca della verosimiglianza a tutti i costi porta a eccessi che, alla resa dei conti, rivelano una debolezza di fondo che si fa sentire: «diarrea da diluire in sei puntate»; «anche le lingue erano piene di rabbia, due spade medievali. Come si fa a fare l’amore con il ferro? Ci vorrebbe il cazzo di Iron Man».
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Dunque, la letteratura con la L maiuscola. Che qui, purtroppo, si riduce a una rozza ricerca di originalità e finisce per produrre l’effetto opposto. Sembra di rivedere le prodezze della cosiddetta letteratura “cannibale” che fu brevemente in voga vent’anni fa; ma neanche questo paragone può reggere, perché l’esperienza pulp di allora era comunque permeata da un distanziamento ironico, qualcosa che invece in Mazzantini è assente. Qui l’autrice s’impegna credendo davvero nella drammaticità di queste performance, rendendole pesanti, come se stando chiusa nella sua camera creativa non si rendesse conto di scivolare nel grottesco: «polluzioni fuori programma per sogni bagnati»; «Ore di baci. (…) Vermi caldi, incollati di torpore, che si lasciano cadere, scivolare. Lui s’infilava in quella bocca e ci cadeva, muoveva la lingua come una pala nella polenta». Come una pala nella polenta. Sembra quasi di leggere passi del noto montanaro che scrive libri e va sproloquiando nella tv di Stato, il cui cognome – in questi tempi di pandemia – si fatica a pronunciare perché infausto.
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In sostanza, abbiamo una storia d’amore che viene analizzata nel suo naufragio attraverso una scrittura che vuol essere “corporale” a tutti i costi, con un’ansia di realismo “impattante” che, purtroppo, non riesce a trovare una naturalezza espressiva. Che è fondamentale per fare letteratura. In più, a differenza delle prove narrative precedenti, qui la psicologia della coppia non riesce ad assumere spessore, ma si appiattisce nella volgarità di due persone che si ripiegano sull’ombelico dei loro bisogni e dei loro fallimenti, apparentemente ciechi verso tutto ciò che è stato il loro terreno di coltura.
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L’altro titolo apparso lo stesso anno, Mare al mattino (Einaudi 2011), non è migliore. Lì si offrono due storie a confronto, che provengono da due mondi diversi, uno al di qua e l’altro al di là del mare, con il dramma dell’immigrazione clandestina a fare da nerbo all’impianto drammatico. Il libro, molto breve, risulta un insieme di pennellate sparse, più che un quadro compiuto. La sensazione è che l’autrice si senta ormai un’artista affermata che non necessita più di dare organicità all’opera, essendo sufficienti i suoi pochi gesti – non necessariamente coordinati – per creare una legittimazione creativa riconoscibile e riconosciuta.
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«La gente privata di se stessa perde i confini, messa al muro può confessare un omicidio che non ha commesso».
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Ogni pennellata, qui, sembra intendersi come gesto artistico in sé, al di là della plausibilità letteraria, che si dà per assodata (si veda la nota dichiarazione programmatica). In questo, sembra che Mazzantini tenda a scimmiottare – forse inconsapevolmente – alcuni criteri espressivi di Erri De Luca, del cui minimalismo spinto d’impronta ideologica ci siamo già occupati. Il problema è che qui l’effetto ricercato nelle parole – frasi brevi, stile asciutto e sorvegliato – prevale sulla sostanza della storia, quasi dissolvendola. La brevità, esercitata programmaticamente, non dà modo di costruire e compiere un percorso, e somiglia più a un esercizio stilistico-estetico fine a sé. La storia narrata, pur struggente nella concezione, rimane frammentata e poco approfondita, con i personaggi che restano nell’aura del diafano.
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«Gli anni passarono in quella lotta vana. Perché vane diventano le parole ripetute troppe volte. I pensieri sono un gas cattivo».
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L’argomento della mamma e del bambino fuggiti dalla Libia su una carretta del mare sembra scelto per essere struggente e per colpire; ma ciò che essi provano durante il viaggio viene narrato per sprazzi visionari, che appaiono mere proiezioni dell’autrice. Cosa più che legittima, trattandosi di un’operazione somigliante a un esperimento artistico, che è fatto – appunto – di pennellate. E non sfugge che il tema “terzomondista” appare consono alla collana Einaudi Stile Libero, in cui il libro è stato ospitato. Ma tutto questo non è sufficiente.
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Quanto all’ultimo romanzo della Cavaliera Mazzantini, Splendore (Mondadori 2013), così è stato definito in una vetrina promozionale: «un libro che fa male, come un taglio in bocca, un’afta che non si riesce a fare a meno di stuzzicare con i denti». «Un romanzo che è un grande, trionfale, omaggio all’amore omosessuale. Una superba prova di scrittura da parte di un’autrice che ha saputo cogliere le sfumature di un sentimento ibrido, violentemente maschile eppure intensamente femmineo». «La scrittura forbita di Margaret Mazzantini, ricca di iperboli e grandi volute, si asciuga e si affina in questo suo ultimo romanzo, diventa liscia, cristallina eppure rovente come piombo fuso».
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Bastano le ultime note – scrittura forbita, iperboli, grandi volute, cristallina, piombo fuso – per arguire che i carri della promozione avevano ben armato i loro cannoni. E le ambizioni restavano alte, a cominciare dalla trama: uno dei due protagonisti, figlio del portiere dello stabile in cui l’altro protagonista abita al quarto piano, vive nel tanfo di cavolo e di fumo, ovviamente al piano terra. Già si vede un’apertura immediata al luogo comune della condizione sociale modesta rapportata a quella medio-alto-borghese; e a questo luogo comune si aggiungono quelli successivi, imperniati sulla condizione dell’omosessualità sofferta e celata. Una complessa storia d’amore che si dipana «lungo quarant’anni e mezza Europa», con i protagonisti che sono innamorati riluttanti da ragazzi e diventano amanti clandestini per tutta la vita, fra mille traversie, allontanamenti e riavvicinamenti.
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Anche qui la scrittura vuol essere colta e forbita, fatta di ricerca estetica, ma risulta – quasi inevitabilmente – fredda e slegata dalla consistenza della storia. E anche qui, per dare robustezza all’operazione, si esercita una crudezza espressiva che a tratti sconfina nella volgarità: non in considerazione di una “convenienza” stilistica, ovviamente (all’arte non si comanda), ma per l’insufficienza della resa estetico-espressiva messa in rapporto con l’autenticità e l’urgenza di ciò che si narra. Quando l’autenticità e l’urgenza sono carenti, la resa espressiva non può essere all’altezza, soprattutto se condizionata da intenzioni artistico-estetiche che preesistono e non s’incardinano nelle istanze di base. Qui, l’unica “urgenza” che si lascia intravedere è quella di confezionare un nuovo prodotto narrativo da inserire nel segmento “letteratura”, per non lasciar trascorrere troppo tempo fra una pubblicazione e l’altra e non rischiare di veder appannare l’appeal e la trazione commerciale di cui era capace l’autrice. In altre parole, il racconto appare calato dall’alto, anziché scaturire da queste istanze, cioè da un ribollire artistico che viene dal basso. Così, il libro parte con buone intenzioni ma si arena in questi condizionamenti artificiosi, richiamando il già visto, al punto che a molti sono tornati in mente, nel dipanarsi della storia, i due cowboy omosessuali del famoso film I segreti di Brokeback Mountain.
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Concludendo, la produzione narrativa di Margaret Mazzantini risulta ferma a sette anni fa; ciò può far supporre che l’auto-attribuzione della letteratura con la L maiuscola abbia dato appagamento sufficiente per potersi mettere a riposo. Anche perché mantenere alto il livello artistico è spesso difficile e, a quanto dicono, sono soprattutto i geni a poterselo permettere.
Paolo Ferrucci
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lfk74 · 8 years ago
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Scoperta la pietra filosofale per scindere il vaccino esavalente
Scoperta la pietra filosofale per scindere il vaccino esavalente
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Dov’è l’acquario? Clamorosa scoperta, qualche giorno fa, nei laboratori farmaceutici di Sant’Arcolino di Spumante, in provincia. I ricercatori hanno annunciato di aver scoperto la pietra filosofale che, per il momento, ha la capacità di scindere il vaccino esavalente in sei vaccini monovalenti. “Un piccolo passo per l’umanità, un grande passo per lo spasso del contrappasso” dice commosso Giulando…
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alexanderaster · 6 years ago
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Recensione: Moonlight
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Un film che non sono proprio riuscito a farmi piacere. C’è qualcosa ce non va. Scelte registiche discutibili, una trama troppo sterile e un canovaccio opprimente. Cominciamo dall'analisi della trama riepilogando quanto accade nel film:
Capitolo I. Piccoletto
Chiron è un bambino afroamericano e vive con la madre in un quartiere nella periferia di Miami. La sua vita non è per niente facile. Quotidianamente subisce in silenzio i dispetti e le prese in giro dei coetanei che lo chiamano "checca" per via dei suoi comportamenti effeminati. Isolato dai suoi compagni, Chiron trova conforto nell'amicizia con Kevin, un ragazzino con cui lega molto e che sembra voglia essergli amico. La madre è una tossicodipendente e si prostituisce ogni sera per racimolare quei pochi spiccioli che le servono a comprarsi la dose successiva. È una madre divorata dalla dipendenza, che quotidianamente sfoga le sue frustrazioni sul piccolo Chiron il quale, incapace di reagire, spesso scappa di casa. Lega molto con Juan e Teresa un'altra coppia di afroamericani del suo quartiere che gli offrono asilo e protezione ogni qualvolta il piccolo scappa da casa. Juan è uno spacciatore di droga che controlla il quartiere e prende Chiron in simpatia, rassicurandolo che non deve incolpare nessuno per come è. Una sera sulla spiaggia Juan racconta a Chiron di quando era ancora bambino e scorrazzava per le strade di Cuba; una sera una donna anziana gli disse che i bambini di colore diventano blu quando vengono illuminati dai raggi della luna. Questa scena rappresenta un punto fondamentale per la narrazione. In ogni sequenza narrativa le scene in cui Chiron può essere realmente se stesso sono al chiaro di luna, come se il colore blu lo alleggerisse dal peso che ogni giorno è costretto a sopportare. Come se si spogliasse della maschera che ogni giorno è tenuto a indossare per poter essere finalmente se stesso. È solo illuminato dai raggi lunari che Chiron può sentirsi fragile senza paura di rompersi.
Capitolo II. Chiron
Salto temporale. Chiron è un adolescente e frequenta il liceo del suo quartiere. Anche lì è preso di mira dai bulli e l'unica persona di cui si fidi rimane Kevin. Juan è morto, presumibilmente per via della vita pericolosa che conduceva. La madre di Chiron è ancora nell'abisso della tossicodipendenza, ha toccato il fondo, è disperata al punto da rubare i soldi al suo stesso figlio per comprarsi la droga. Nel frattempo Teresa continua a prendersi cura di Chiron. Una sera, soli, sulla spiaggia Chiron e Kevin si incontrano e parlano delle loro vite, si divertono, fumano uno spinello e il tempo sembra volare. Tra i due c'è sintonia e si lasciano andare in un bacio appassionato sotto la luce della luna. A quel punto Kevin masturba Chiron, che gode della sua prima esperienza omosessuale. Ma la notte passa in fretta e col sorgere del sole l'atmosfera surreale di quella sera sembra svanire. Il giorno dopo un bullo a scuola convince Kevin a picchiare Chiron, il quale sentendosi tradito dall'amico di cui era innamorato, accumula rabbia e sensi di colpa che sfociano in un gesto disperato. Il giorno successivo alla rissa Chiron spacca una sedia sopra il bullo che ha convinto Kevin a picchiarlo, il tutto di fronte agli occhi increduli della sua classe e del professore che terrorizzato chiama la polizia. Chiron viene arrestato e spedito in riformatorio.
Capitolo III. Nero
Secondo salto temporale. Ormai adulto, Chiron è diventato un nerboruto spacciatore di droga in un quartiere afroamericano di Atlanta. Conduce le stessa vita che faceva Juan, unico esempio genitoriale maschile che abbia mai avuto. L'unico che potrebbe considerare come un padre. Chiron ora è autonomo, ma infelice. Cerca disperatamente di dimenticare il passato, le angherie della madre, il bullismo e il riformatorio. Ma al tempo stesso ripensa a Kevin, l'unico che lo abbia mai toccato. Talvolta lo sogna, per poi svegliarsi di soprassalto in seguito a polluzioni notturne. Un giorno riceve una telefonata che lo sconvolge. Kevin è riuscito a procurarsi il suo numero, vive ancora a Miami e vorrebbe vedere il suo vecchio amico. Chiron torna a Miami per trovare la madre, la quale si sta apparentemente riprendendo in un istituto per tossicodipendenti. Ma Chiron non ha più bisogno di lei. Ormai è solo uno spettro di pentimento e rimorso per non essere stata una brava madre. Ha reso la sua vita un inferno, e non c'era ad assisterlo nei momenti cruciali della sua vita. La sera Chiron va a trovare Kevin nel locale in cui lavora come cuoco. I due parlano delle loro vite, Kevin è divorziato con un figlio ed ora vive da solo. Kevin invita l'amico a ritirarsi a casa sua per la notte, lì lontani da occhi e orecchie indiscrete possono finalmente parlare liberamente delle proprie emozioni. In camera da letto Kevin masturba Chiron per la seconda volta. Chiron, a dispetto del suo aspetto imponente, si lascia andare sulla spalla di Kevin, e gli sovviene alla mente un immagine di lui da bambino in riva al mare illuminato sotto i raggi della Luna. Finalmente Chiron è felice e può sfogare le sue pulsioni. È libero tra le braccia dell'amico che ha sempre amato, come se fosse al chiaro di luna.
Il film ha una narrazione, sebbene marcatamente divisa in 3 sequenze, non molto intrigante e non sono riuscito a trovarci qualcosa di realmente interessante. Vuole presentarsi come un pellicola profonda, introspettiva e romantica. Ma risulta più asfissiante che romantica. Improduttiva più che introspettiva. Non abbastanza profonda. È la storia cruda e tristemente verosimile dell'esistenza soffocata di questo ragazzo omosessuale alla ricerca di un posto nel mondo. Ogni personaggio è tendenzialmente piatto, senza una vera caratterizzazione. Solo al chiaro di luna il protagonista ritrova se stesso. Abbandonando le ipocrisie e i pregiudizi. Un agnello travestito da lupo che può finalmente mostrarsi fragile senza paura. Non sto dicendo che è un film da gettare nel dimenticatoio, ha i suoi punti di forza, è tremendamente realistico. Ma non condivido il fatto che sia stato definito il miglior film #lgbt della storia del cinema. È una pellicola che non cattura e le vicende si susseguono passivamente. Un film che non lascia niente allo spettatore se non l'amaro in bocca.
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jenaplissken · 3 years ago
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Rotolando verso Sud
Esiste un Sud misterioso, al di là delle cartoline e dei luoghi comuni, positivi o negativi che siano. 
Dal Molise, dopo l’abbazia San Vincenzo al Volturno e ammirato il tempio Italico sannita di Pietrabbondante, che non ha niente da invidiare  ai luoghi magici e storici della Grecia Antica, si può fare tappa a Capua e Nola, nel Casertano. 
Da Benevento, poi, attraverso la Via Appia, si raggiungono, in quasi cinque ore di automobile, ma con opportune soste, le meraviglie giottesche di Galatina e bizantine di Casaranello, nella chiesa di Santa Maria della Croce .
A Los Angeles, ad esempio, facevano la fila al Getty Museum, per vedere il vaso decorato del Ratto di Europa, creato dall'artigiano di scuola greca Asteas, del IV secolo A.C. 
Oggi è stato restituito per vendita fraudolenta ed è conservato nel castello di Montesarchio, non lontano da Benevento.
Oggi chi lo conosce?.Chi va a vederlo ?. 
E' tutto poco pubblicizzato, fuori dalle grandi rotte turistiche, nascosto sotto terra o in luoghi dimenticati, ma forse proprio per questo vale la pena di mettersi in cammino. 
Ed ecco il centro sud quello della Magna Grecia, delle antiche tribù italiche, di Romani e Longobardi, Sanniti, Sabini, barbari, Goti e Bizantini, di Normanni, Angioini e Aragonesi, ma anche quello dei califfi arabi di Bari, di Turchi e Saraceni.
Il sud di Andrea Sabatini, pittore manierista e forse allievo di Raffaello, ammiratore del Pinturicchio e del Perugino. 
Molto è ancora nascosto, sotto terra, tanto è stato trafugato o mutilato e chissà quando verrà riportato alla luce, come nel caso di San Vincenzo.
Una abbazia immensa e potentissima, forse la più importante di Europa. Oggi, ci regala ancora la cripta di Epifanio e ci riporta al IX secolo avanti Cristo. Per il resto il tempo e gli eserciti sono stati inclementi per distruzioni e saccheggi. 
Un lungo viaggio nel tempo che congiunge romani ed egizi con il piccolo museo di Benevento, che racchiude i resti del tempio di Iside, fatto costruire da Domiziano, prima che il Cristianesimo si mangiasse tutto. 
Una stele egizia in marmo rosa originale per le strade di Benevento, ebbene si, non lontano da un Arco trionfale di Traiano. 
Chi passa poi da Salerno per andare a Paestum e verso la costiera amalfitana dovrebbe fermarsi una giornata per visitarla. Ecco il castello di Arechi che domina la città e la costa, adorato dal Foscolo e usato come luogo per una tragedia. 
Quell'Arechi, re Longobardo che ritroviamo anche a San Vincenzo e a Benevento, con la bellezza di Santa Sofia e del suo chiostro.
I Longobardi convertiti abbracciarono il Cristianesimo e lo protessero e glorificarono con l' Abbazia benedettina del Volturno e con Santa Sofia. 
Ma tornando a Salerno, la città non è solo il Castello o lo splendido Duomo con quadriportico, è la meravigliosa collezione, quasi unica al mondo, degli avori salernitani. Una volta facenti parte della copertura, il paliotto, dell'altare del Duomo. 
Sono le opere che inneggiano a Raffaello del Sabatini, nel museo diocesano e nella pinacoteca, essendo la sua città natale.
Salerno è anche il Complesso archeologico di San Pietro a Corte.
Quello che resta dell'antica reggia di Arechi e della Cappella Palatina, inglobato nel tempo nel tessuto urbano. Un inno alla bellezza, tutto questo sconosciuto Sud, dove la luce, i colori e i rimandi ci fanno assaporare l'Oriente.
Un inno al sic transit gloria mundi, nel disfacimento degli imperi e dei poteri, in quegli affreschi consunti dal tempo e recuperati dal lavoro certosino, per quanto è stato possibile, di solerti e appassionati archeologici, in barba ai millenni, all'umidità, all'erosione del tempo. Ora bizantini, ora gotici, ora medievali, ora giotteschi.
Chiese crollate, monconi di dipinti che stupiscono ancora e ci raccontano storie, leggende, l'evolversi di narrazioni e iconografie. 
Dal monastero del Sinai nel deserto egiziano si giunge ipoteticamente fino al Salento, a Galatina, Lecce, con la chiesa di Santa Caterina. 
Caterina fu una Martire cristiana e il fondatore della chiesa, un crociato, strappò un dito al cadavere, con i denti.Ora è venerato in Puglia come reliquia.
Un inno peraltro, di scuola giottesca alla pittura più pura.
E potevano mancare le delizie bizantine, di Casaranello, non lontano da Galatina, imparentate con quelle di Ravenna, Napoli, Roma o Albenga.
Cosa dovevano essere questi luoghi ai loro tempi, anche se in gran parte inaccessibili alla plebe, ma riservati a monaci e signori, eserciti e conquistatori.
Torniamo ancora un po'indietro geograficamente a Nola e Capua e alla vicina Cimitile con i resti delle basiliche paleocristiane e dei rispettivi affreschi, da vedere a parte anche il favoloso Mitreo, anche se, ad oggi, è chiuso per restauro.
L’ orientale Dio Mitra era venerato anche qui, ci si può consolare comunque con l' Anfiteatro e con le storie di Spartaco e i gladiatori.
Questo è un percorso magico e poco battuto, segue la romana via Appia per quasi tutto il percorso e ci riporta al viaggio di Orazio e Mecenate in compagnia di Virgilio, fino a Brindisi.
Che trio viaggiante, inebriati dai vini locali del Sannio o Irpini e con un Orazio consolato solo da polluzioni notturne al ricordo di una bella pastorella che lo ingannò con una falsa promessa di raggiungerlo in stanza, in quel di Trevico, con i suoi mille metri il luogo più alto dell' Irpinia. 
Ma non basta, come raccontare la bellezza del Sarcofago di Rapolla, rinvenuto da un contadino sotto terra e creato da maestranze greche ed oggi nel museo del castello di Melfi in Basilicata ?. 
Non si può o forse non si deve, meglio istillare nei miei venticinque lettori, la curiosità, e la passione, forse qualcuno ne farà buon uso.
O anche che dire dell' emozione di giungere a Venusia, città Natale del poeta romano Orazio, ora Venosa, che lo celebra e lo coccola ?.
Queste sono solo alcune particolarità, ma ci sarebbe molto altro da dire e ci vorrebbe un libro intero.
Un viaggio che può durare una settimana, un mese o forse una vita, ma che a mio modesto parere non può non essere intrapreso.
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b0ringasfuck · 4 years ago
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Stessa roba qua.
Fuori dalle balle un Selfini c’è pronta Meloni per dire e anche le coglionerie con cui han riempito la testa della gente rimarranno.
Gente che ha le polluzioni per l’uomo solo al comando e poi si innamora di burattini sostituibili.
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patrizio-t · 5 years ago
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Non ti seguo più
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Perdonami se non ti seguo
sono quello che sta dall’altra parte del fiume
quello che non vedi, l’opaco
per questo muro oscuro che ci divide
per il tuo cielo che non è il mio
per questa luna maledetta che stasera non vuole uscire
ed i miei pensieri che girano e girano
e mi riportano giù
come le giostre impazzite
che inseguivo da ragazzo
che sembravano sogni
in quelle estati calde di polluzioni notturne
e di bambine bionde innamorate 
e che ridevano di me
e di gelati che non scadevano mai
come quel prato pieno di sangue
che mi ha ferito il cuore e tolto l’armatura per sempre
cosicché sono quel che sono
un cavaliere eternamente errante
su questo fazzoletto di terra
che non mi basta più
che mi fa solo pena e rabbia
per coloro che non torneranno
che sono morti per stupidi ideali
e per finire la vita
perdonami
ai tuoi santi preferisco i miei demoni.
(testo PatrizioT © - immagine Raymond Depardon - Italia 1979)
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b0ringasfuck · 4 years ago
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A quando le polluzioni nel Tevere con l’ampolla?
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Silvano Santini
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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Le due facce dell’alcol divise dalla quantità. Mai sotto 16 anni, alla guida, in gravidanza
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(di Nicola Simonetti) “L’alcol è una sostanza edonica, ma – avvertono la prof. Carmelina Loguercio  ed il prof. Domenico Alvaro, ordinari di gastroenterologia rispettivamente delle università di Napoli e La Sapienza di Roma – esso, nel creare piacere, può indurre dipendenza e certamente generare danno a vari organi e apparati. Per i giovani, l’alcol rappresenta un rischio ancora maggiore poiché i ragazzi lo metabolizzano male, ne abusano spesso senza neanche rendersene conto, si abituano ad un approccio alle bevande alcoliche che può durare tutta una vita, lo usano per 'sballare' senza spendere granché e senza avere rapporti con l’illegalità. Spesso, inconsapevoli, si mettono alla guida di veicoli e muoiono (o fanno morire)”. Diversi articoli denunciano, nei titoli, un rapporto alcol-cancro ma, poi, nei testi, si rileva che “l’associazione forte è, anche a basse dosi di alcol, solo per cancro della mammella dopo la menopausa, della prostata (su cui tuttavia incide la presenza di insulino-resistenza) e forse del melanoma (su cui pesa come fattore confondente l’esposizione a raggi solari). Addirittura si documenta effetto protettivo dell’alcol per tumore vescicale, renale, ovarico e linfomi”. L’American Institute for Cancer Research, nel 2018 dopo attenta revisione della letteratura, invita a  tener presente il contenuto alcolico di un drink (unità di misura per il consumo di alcolici) che cambia a seconda dei Paesi. Ad esempio, in Gran Bretagna, il vino è servito in un bicchiere di 250 ml contro i 125 ml generalmente considerato in Italia. Vanno anche valutati i 'confounders' , cioè i fattori intrinseci (metabolici, ormonali, genetici, ecc.) o estrinseci (altre abitudini voluttuarie, dieta, esposizioni ambientali e lavorative, sede di residenza, ecc.) che certamente possono influenzare l’insorgenza di cancro. Gli autori concludono: “stretta associazione tra alcol e cancro-tumore mammella in epoca pre-menopausale e, carcinoma squamoso dell’esofago (nessuna relazione con adeno-carcinoma). Per fegato, colon e stomaco bisognerebbe superare i 30- 45 grammi di alcol/die (riferimento non al “bicchiere” ma a quanto alcol è presente nella bevanda, cioè alla sua gradazione alcolica) per avere una significativa associazione, e per il pancreas, non vi è alcun dato conclusivo. Infine un lavoro di marzo 2019 (Int J Cancer 2019), in cui sono stati valutati come fattori di rischio per tumore il fumo, l’alcol, l’indice di massa corporea, la dieta, l’attività fisica, il digiuno prolungato, le infezioni e le polluzioni ambientali, mostra come circa il 35 per cento di nuovi casi di tumore nell’adulto siano collegati all’associazione di più fattori, fra cui particolarmente la ridotta attività fisica e il fumo”. “Quello che ci preme sottolineare - dice Alvaro, presidente Società italiana gastroenterologia – é il ruolo delle società scientifiche  nella interpretazione e diffusione delle novità scientifiche riguardanti la salute dell’uomo”. La Sige e le altre società scientifiche devono tutte insieme lottare contro il non corretto uso dell’alcol, e ci sono categorie in cui il no è assoluto (al di sotto dell’età legale, alla guida, sui posti di lavoro, se si assumono farmaci, in gravidanza, ecc.). Tuttavia non possiamo, alla luce dei dati scientifici, affermare che un bicchiere di vino o una lattina di birra nella nostra alimentazione quotidiana, faccia venire qualunque tipo di cancro”. Il cittadino va informato correttamente, ricordando, fra l’altro, che ogni proibizione porta, inevitabilmente, alla trasgressione”. Read the full article
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credoaltuoodore-blog1 · 7 years ago
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Mai avuto polluzioni notturne ?
Si ahaha
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